1 universita' degli studi della tuscia “viterbo” - Unitus DSpace
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den fu preceduta nel 1974 da quella di William Scovil, che lasciò all’Istituzione fiorentina una raccolta di volumi appartentuti a persone diverse, in particolare ai componenti della famiglia De Cosson. Altro autorevole lascito da parte di un forestiero al Gabinetto Vieusseux, fu quello di Sheldon. Si tratta di viaggiatori inglesi che scelsero di passare gran parte delle proprie vite a Firenze, e che furono evidentemente assidui frequentatori del Gabinetto letterario e scientifico di Piazza Strozzi. Sembrerebbe strano, infatti, che iniziative importanti come quella di donare intere biblioteche private ad un’istituzione pubblica straniera, possano essere opera di viaggiatori di passaggio. A questo proposito, Alessandro Bonsanti ricorda in questi termini i donatori dei fondi Scovil-Sheldon: il dono generoso di due consistenti raccolte di libri inglesi fatto in questi giorni al nostro Istituto da parte di lettori affezionati che hanno dovuto rinunciare alla loro biblioteca 150 Consci dell’impronta internazionale del luogo e del materiale librario in esso conservato, particolarmente ricercato dai frequentatori stranieri, non potevano che optare per esso nella scelta dei luoghi culturali italiani cui effettuare le preziose donazioni. Si tratta quindi di personaggi che prima di essere viaggiatori, sono anzitutto lettori. Consapevoli dell’importanza dei libri di viaggio per la conoscenza di realtà diverse e spinti da una sorta di spirito solidale tra la comunità dei viaggiatori, scelgono di donare intere biblioteche sul viaggio ad un’istituzione culturale, unica in Italia, quale luogo di incontro privilegiato 150 Citato nella tesi di Laurea di G. Gregni dal titolo Uno sguardo su un ceto sociale che non c’è più: il fondo Scovil custodito presso il Gabinetto G.P. Vieusseux di Firenze: gli ultimi anglo-beceri, anno accademico, 2002-2003. 82
degli stranieri in transito per il nostro paese, come il Gabinetto G.P. Vieusseux. Lontani dal concetto che il libro sia strumento ad uso e consumo di pochi spiriti eletti, da custodire gelosamente all’interno di spazi intimi e privati – a tal proposito Diomede Bonamici, medico e bibliografo livornese, criticando un atteggiamento diffuso tra gli intellettuali della sua epoca, scriveva: “Vi sono taluni che pensano di rendere i loro libri più preziosi, se li tengono nascosti nelle loro biblioteche” 151 - questi personaggi mettono a disposizione di tutti il proprio patrimonio culturale. Anche la Fielden, in base ad una tradizione anglosassone consolidata, doveva conoscere i segreti del mondo prima di tutto attraverso la lettura, come se leggere e viaggiare fossero due azioni inscindibili ed irrinunciabili per chi, mettendosi in cammino per strade mai battute, puntava alla scoperta di realtà non familiari. In questo la Fielden è una delle ultime eredi di un modello di viaggiatore erudito che appartiene ormai al passato, sostituito da quello attuale che conosce i paesi stranieri, prima di visitarli, attraverso diversi mezzi di informazione, quelli, in particolare, forniti dai canali del progresso tecnologico. I suoi libri, quindi, oltre che fornirci una mappa dei suoi percorsi intorno al mondo tra le mete di viaggio più varie che toccò, rappresentano soprattutto una guida unica alla crescita culturale dell’autrice e una sorta di chiave di volta per accedere alle sue meditazioni più intime. Sia nel contenuto che nella forma in cui sono stati assemblati, risulta evidente la duplice funzione di questi testi: da una parte essi si rendono funzionali a chi viaggia, nella loro valenza documentaria, come mezzo di cono- 151 Cit. in G. Del Bono, Storia delle biblioteche fra settecento e novecento…, op. cit. p. 49 83
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<strong>degli</strong> stranieri in transito per il nostro paese, come il Gabinetto G.P. Vieusseux.<br />
Lontani dal concetto che il libro sia strumento ad uso e consumo di<br />
pochi spiriti eletti, da custodire gelosamente all’interno di spazi intimi e privati<br />
– a tal proposito Diomede Bonamici, medico e bibliografo livornese, criticando<br />
un atteggiamento diffuso tra gli intellettuali <strong>della</strong> sua epoca, scriveva:<br />
“Vi sono taluni che pensano di rendere i loro libri più preziosi, se li tengono<br />
nascosti nelle loro biblioteche” 151 - questi personaggi mettono a disposizione<br />
di tutti il proprio patrimonio culturale.<br />
Anche la Fielden, in base ad una tradizione anglosassone consolidata,<br />
doveva conoscere i segreti del mondo prima di tutto attraverso la lettura, come<br />
se leggere e viaggiare fossero due azioni inscindibili ed irrinunciabili per<br />
chi, mettendosi in cammino per strade mai battute, puntava alla scoperta di<br />
realtà non familiari. In questo la Fielden è una delle ultime eredi di un modello<br />
di viaggiatore erudito che appartiene ormai al passato, sostituito da quello<br />
attuale che conosce i paesi stranieri, prima di visitarli, attraverso diversi mezzi<br />
di informazione, quelli, in particolare, forniti dai canali del progresso tecnologico.<br />
I suoi libri, quindi, oltre che fornirci una mappa dei suoi percorsi intorno<br />
al mondo tra le mete di viaggio più varie che toccò, rappresentano soprattutto<br />
una guida unica alla crescita culturale dell’autrice e una sorta di<br />
chiave di volta per accedere alle sue meditazioni più intime.<br />
Sia nel contenuto che nella forma in cui sono stati assemblati, risulta<br />
evidente la duplice funzione di questi testi: da una parte essi si rendono funzionali<br />
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