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1 universita' degli studi della tuscia “viterbo” - Unitus DSpace

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ne loro concessa di lettrici, ma anche per il fatto che tutta l’odeporica sembra<br />

essere solo ed esclusivamente produzione maschile, nel doppio ruolo che il<br />

viaggiatore ricopre di protagonista e narratore dei propri viaggi 138 .<br />

Di solito la letteratura di viaggio parla <strong>della</strong> mobilità <strong>degli</strong> uomini che<br />

si mettono in cammino per andare alla ricerca di nuove vie commerciali o<br />

cambiare le sorti <strong>della</strong> storia umana attraverso la scoperta di nuovi mondi. Sin<br />

dalle epoche più antiche è l’uomo a muoversi, la donna al contrario rappresenta<br />

l’incarnazione del luogo, il porto sicuro cui l’eroe vuole far ritorno. Tuttavia,<br />

è nell’800, che si assiste ad una radicale trasformazione di questa tradizione<br />

consolidata ed emerge l’idea di viaggio come attività non più puramente<br />

virilizzante. Le donne si mettono in cammino armate di quell’entusiasmo e<br />

curiosità intellettuale che da sempre erano state negate loro.<br />

Sono, in particolare, le viaggiatrici inglesi, più di ogni altre, a partire<br />

alla volta di itinerari continentali, finendo spesso per fare del viaggio una<br />

condizione stessa di vita. E’ tale condizione errante che per queste eroine diventa,<br />

più che per i loro colleghi maschi, metafora di una ricerca <strong>della</strong> propria<br />

identità, di quell’io nascosto che in patria era stato da sempre soffocato dai<br />

limiti di un’educazione estremamente repressiva. Libere dalle catene imposte<br />

da una società maschilista, queste viaggiatrici che preannunciano e preparano<br />

l’emancipazione femminile del XX secolo, ritrovano attraverso il viaggio in<br />

paesi stranieri la propria individualità.<br />

Esemplari di questo processo di liberazione, sono tre donne, Lucie<br />

Duff Gordon [1821-1869], la figlia Janet Ross [1824-1927] e Virginia Fielden<br />

138 Scrive Gaetano Platania che «tra Cinque e Seicento si viaggiava prevalentemente al maschile. Una verità recentemente<br />

ribadita da Antoni Maczak il quale ha posto l’accento su come nella società dei viaggiatori nei secoli XVI-<br />

XVII, alle donne fosse riservato uno spazio minimo. Soprattutto, scrive lo storico polacco, trasferirsi per piacere o<br />

per turismo da un luogo ad un altro, non era per il sesso debole, seppure la donna, va detto, ha saputo ritagliarsi in<br />

questo preciso ambito, un suo spazio quantunque accanto ad un uomo, sia stato il padre, il marito, il figlio». G. Platania,<br />

Viaggio a Roma sede d’esilio. Sovrane alla conquista di Roma, secoli XVII-XVIII, Roma 2002, p. 12.<br />

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