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05.06.2013 Views

Ripercorrendo, ad esempio, la biografia di Lindsay o quella di Ruskin, si vede come la città toscana divenisse, grazie al suo passato artistico, luogo privilegiato di “conversione” all’arte medioevale, o comunque luogo in cui poter meglio verificare il mutamento di gusto intervenuto 68 . Fu proprio Ruskin, l’artista inglese che più di tutti promosse in patria l’arte italiana del tre e quattrocento, che nel 1852, così descriveva il fascino antico di Firenze, in contrapposizione alla sterilità degli edifici di Londra e Monaco: “The buildings of London and Munich are not charged with the fullness of the national heart as were the domes of Pisa and Florence” 69 . A portare alla ribalta in tutta Europa la città granducale furono anche i ritrovamenti in quegli anni di importanti cicli di affreschi. Nel 1840, all’interno del palazzo del Bargello, furono scoperti alcuni affreschi attribuiti a Giotto, tra cui il ritratto di Dante. Promotori dell’impresa furono artisti inglesi residenti a Firenze e famosi dantofili, Seymour Kirkup e l’anglo-italiano Audrey Bezzi. Vastissima fu l’eco nella stampa internazionale e soprattutto in quella inglese della grandiosa scoperta, che promosse un rinnovato interesse verso la Toscana e Firenze. La vera e propria mania per gli Early Masters che scoppiò a metà Ottocento negli ambienti eruditi stranieri e che rivoluzionò il mercato artistico europeo, è efficacemente evidenziata dal giovane Wornum, che in occasione del suo primo viaggio in Italia, così ricordava al padre: […] all the good landscape painters now in Rome are German or English. The Modern Italians appear to be chiefly engaged in copying old pictures, that is in manufacturing original old masters for the English market. 70 68 Cit. in D. Levi, William Blundell Spence a Firenze, op. cit., p. 98. 69 Ivi, p. 98 70 R. N. Wornum, Wornum’s Diary, op. cit. Letter XXVI, 1838. 40

Una appassionata viaggiatrice inglese, Susan Horner, che visitò il nostro paese tra il 1847-1848 con gli occhi affascinati dai suoi tesori artistici, ricorda più volte nel suo Journal of Italy le lunghe ore trascorse all’interno delle collezioni pubbliche e private di Firenze a disegnare copie dalle opere dei grandi pittori italiani: March 13, I spent the morning in the Uffizi Gallery colouring my sketch from Fra Angelico. The mere act of making this rough copy has made me better acquainted with his mode of arranging his colours, so as to give that almost supernatural light, which seems to emanate from the gold round, here really appearing like a blaze of glory 71 . W. B. Spence fu uno tra i principali sostenitori del così detto Tuscan revival, promuovendo soprattutto all’estero con la sua famosa guida Lions of Florence, la visita a Firenze, in cui tutto aveva un forte potere evocativo, anche il mobilio o gli utensili di uso quotidiano delle classi meno abbienti: Florence was especially the cradle of all that was great and enlightened in science and art, the influence of which, was not only felt in fine buildings, pictures and statues, the property of the nation, and the rich, but in the most trivial and everyday article of jewellery, furniture or pottery that was used by the middle and even poorer classes 72 . Ciò che rendeva ancora più stimolante l’ambiente fiorentino, era la presenza in città di una attiva comunità di artisti ed eruditi stranieri, raccolta spesso intorno a figure di spicco come Lord Holland, ministro plenipotenziario presso il Granduca di Toscana, che aveva stretto forti legami con gli eruditi locali. I collezionisti J. J. Jarves, H. Hombert, A. Barker, Fox-Strangways, i già citati dirigenti della National Gallery, Sir Charles Eastlake, Otto Mündler e Wornum, accanto agli artisti americani ed inglesi, H. Greenough, Powers, S. 71 S. Horner, Journal of a Tour in France and Italy, 1847-1848, f. 77 r. Il taccuino di viaggio manoscritto è conservato nella Library del British Institute a Firenze accanto a quello che lei realizzò in occasione del suo secondo viaggio in Italia nel 1861-1862, Journal 1861-1862. 72 Cit. in D. Levi, William Blundell Spence a Firenze, op. cit., p. 113. 41

Ripercorrendo, ad esempio, la biografia di Lindsay o quella di Ruskin, si vede come<br />

la città toscana divenisse, grazie al suo passato artistico, luogo privilegiato di “conversione”<br />

all’arte medioevale, o comunque luogo in cui poter meglio verificare il mutamento di gusto<br />

intervenuto 68 .<br />

Fu proprio Ruskin, l’artista inglese che più di tutti promosse in patria<br />

l’arte italiana del tre e quattrocento, che nel 1852, così descriveva il fascino<br />

antico di Firenze, in contrapposizione alla sterilità <strong>degli</strong> edifici di Londra e<br />

Monaco: “The buildings of London and Munich are not charged with the fullness<br />

of the national heart as were the domes of Pisa and Florence” 69 .<br />

A portare alla ribalta in tutta Europa la città granducale furono anche i<br />

ritrovamenti in quegli anni di importanti cicli di affreschi. Nel 1840,<br />

all’interno del palazzo del Bargello, furono scoperti alcuni affreschi attribuiti<br />

a Giotto, tra cui il ritratto di Dante. Promotori dell’impresa furono artisti inglesi<br />

residenti a Firenze e famosi dantofili, Seymour Kirkup e l’anglo-italiano<br />

Audrey Bezzi. Vastissima fu l’eco nella stampa internazionale e soprattutto in<br />

quella inglese <strong>della</strong> grandiosa scoperta, che promosse un rinnovato interesse<br />

verso la Toscana e Firenze.<br />

La vera e propria mania per gli Early Masters che scoppiò a metà Ottocento<br />

negli ambienti eruditi stranieri e che rivoluzionò il mercato artistico<br />

europeo, è efficacemente evidenziata dal giovane Wornum, che in occasione<br />

del suo primo viaggio in Italia, così ricordava al padre:<br />

[…] all the good landscape painters now in Rome are German or English. The Modern<br />

Italians appear to be chiefly engaged in copying old pictures, that is in manufacturing<br />

original old masters for the English market. 70<br />

68<br />

Cit. in D. Levi, William Blundell Spence a Firenze, op. cit., p. 98.<br />

69<br />

Ivi, p. 98<br />

70<br />

R. N. Wornum, Wornum’s Diary, op. cit. Letter XXVI, 1838.<br />

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