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05.06.2013 Views

Il viaggio come processo di conoscenza di sé ed arricchimento interiore ricorre anche nelle parole di Goethe che alla vigilia della partenza per l’Italia così ne parla: Io non imprendo questo viaggio meraviglioso per ingannare me stesso, bensì per imparare a conoscere me stesso attraverso i vari oggetti 6 Da John Locke, autore del fondamentale saggio Some Thoughts Concerning Education [1693] a Edward Gibbon o il già citato Francis Bacon del massimo trattato pedagogico del tempo [Of Travel], molte furono le voci di intellettuali e filosofi inglesi che cercarono di promuovere in ogni modo il viaggio continentale e quello in Italia come tappa culminante di esso. Tuttavia, il viaggio come occasione di crescita non fu un’idea condivisa da tutti. La stessa Inghilterra che soprattutto all’indomani della fine delle guerre napoleoniche si pose sempre più come una Nazione di viaggiatori 7 , guardando con rinnovato interesse ai viaggi non solo continentali ma anche a quelli verso paesi lontani e terre sconosciute, viene scossa dall’interno da una forte opinione pubblica particolarmente critica verso la dilagante moda britannica dei viaggi. Frances Power Cobbe, nel 1864, dà voce al risentimento tutto puritano dell’Inghliterra vittoriana verso tale pratica: This poor choice to give up England in our manhood, and abandon for ever all its purpose and its noble strife for the lotos-eater life of the South. At this hour, when every arm are needed to grapple with error, and want, and sin […] it is, I say, a pitiful thing to quit the 6 Ivi, p. 90. 7 Nel suo poema Italy, che negli anni ’30 dell’800 fu tra i testi più letti da chi si accingeva a visitare l’Italia, Samuel Rogers rimarcava: “La nostra è una nazione di viaggiatori: a nessuno manca il pretesto. Se ricchi vanno per divertirsi, se poveri per economizzare, se malati per curarsi, se studiosi per imparare, se dotti per ricrearsi dallo studio” Cit. in G. A. Treves, Anglo-fiorentini di cento anni fa, Firenze, 1982, p. 4. 10

field and wander away, and gaze, and ponder; and live as perhaps man may have earned the right to live in centuries to come, when Giant Despair and Giant Sin are dead 8 . Questo coro di proteste, tuttavia, non servì a frenare migliaia di intrepidi viaggiatori che ogni anno si riversavano nei porti britannici per imbarcarsi alla volta dei paesi stranieri: It has been estimated that in the 1830s something like 50,000 passengers left the country every […] by the channels port alone; and by 1913 the corresponding figure was in excess of 660,000 9 . Meta privilegiata, oggetto massimo del desiderio, luogo eletto per eccellenza, è ancora nell’800, l’Italia 10 . Chi si incammina per le strade d’Europa alla volta dell’Italia, lo fa spesso armato di una serie di guide e resoconti di viaggio di coloro che li avevano preceduti attraverso i quali già in patria il viaggiatore comincia a visitare luoghi lontani e, incamminandosi con l’immaginazione per le vie dei paesi sognati, si prepara mentalmente ai viaggi reali. Forse non c’è paese al mondo su cui è stata prodotta così tanta letteratura nei secoli passati come l’Italia. Dai primi resoconti dei pellegrini inglesi diretti a Roma in epoca medioevale che facevano largo uso dei Mirabilia Urbis Romae, alle Crudities di Thomas Coryate, pubblicato nel 1611 a metà tra il diario e la guida di viaggio, al Voyage of Italy di Richard Lassels [1670] a quello di Maximilien Misson A new Voyage of Italy, [1698] fino agli Handbooks di John Murray e di Baedeker del 1800, passando per la magistrale opera Remarks on several parts of Italy di Addison [1705], sono gli inglesi 8 Cit. in J. Pemble, The Mediterranean Passion. Victorians and Edwardians in the South, Oxford University Press, Oxford, 1988, p.55. 9 J. Pemble, The Mediterranean Passion.., op. cit. p. 1 10 In generale rimando al nuovo lavoro di A. Brilli, Il viaggio in Italia. Storia di una grande tradizione culturale, Bologna, 2006 11

Il viaggio come processo di conoscenza di sé ed arricchimento interiore<br />

ricorre anche nelle parole di Goethe che alla vigilia <strong>della</strong> partenza per<br />

l’Italia così ne parla:<br />

Io non imprendo questo viaggio meraviglioso per ingannare me stesso, bensì per imparare<br />

a conoscere me stesso attraverso i vari oggetti 6<br />

Da John Locke, autore del fondamentale saggio Some Thoughts Concerning<br />

Education [1693] a Edward Gibbon o il già citato Francis Bacon del<br />

massimo trattato pedagogico del tempo [Of Travel], molte furono le voci di<br />

intellettuali e filosofi inglesi che cercarono di promuovere in ogni modo il<br />

viaggio continentale e quello in Italia come tappa culminante di esso.<br />

Tuttavia, il viaggio come occasione di crescita non fu un’idea condivisa<br />

da tutti. La stessa Inghilterra che soprattutto all’indomani <strong>della</strong> fine delle<br />

guerre napoleoniche si pose sempre più come una Nazione di viaggiatori 7 ,<br />

guardando con rinnovato interesse ai viaggi non solo continentali ma anche a<br />

quelli verso paesi lontani e terre sconosciute, viene scossa dall’interno da una<br />

forte opinione pubblica particolarmente critica verso la dilagante moda britannica<br />

dei viaggi.<br />

Frances Power Cobbe, nel 1864, dà voce al risentimento tutto puritano<br />

dell’Inghliterra vittoriana verso tale pratica:<br />

This poor choice to give up England in our manhood, and abandon for ever all its<br />

purpose and its noble strife for the lotos-eater life of the South. At this hour, when every arm<br />

are needed to grapple with error, and want, and sin […] it is, I say, a pitiful thing to quit the<br />

6 Ivi, p. 90.<br />

7 Nel suo poema Italy, che negli anni ’30 dell’800 fu tra i testi più letti da chi si accingeva a visitare l’Italia,<br />

Samuel Rogers rimarcava: “La nostra è una nazione di viaggiatori: a nessuno manca il pretesto. Se ricchi<br />

vanno per divertirsi, se poveri per economizzare, se malati per curarsi, se <strong>studi</strong>osi per imparare, se dotti per<br />

ricrearsi dallo <strong>studi</strong>o” Cit. in G. A. Treves, Anglo-fiorentini di cento anni fa, Firenze, 1982, p. 4.<br />

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