MISCELLANEA 2004 2005.pdf - Liceo Ginnasio Statale Orazio di ...
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MARINA CASTELLANO<br />
Proposta <strong>di</strong> analisi critica<br />
del I canto dell’Inferno<br />
Per entrare subito nel vivo delle vaste problematiche offerte già dalla<br />
lettura delle prime terzine del canto muoviamo da un’osservazione <strong>di</strong> Sanguineti<br />
a proposito della nuclearità <strong>di</strong> due termini presenti già nel terzo<br />
verso: selva e paura, che ricorreranno più volte nello svolgimento del canto<br />
ma che già inizialmente in<strong>di</strong>cano le linee <strong>di</strong>rettrici dei motivi su cui si<br />
muove l’intera cantica, precisando imme<strong>di</strong>atamente l’assoluto parallelismo<br />
tra motivo paesistico-itinerale e motivo psicologico. Si potrebbe ad<strong>di</strong>rittura<br />
<strong>di</strong>re che il paesaggio costituisce la metafora dell’iter psicologico. Tre quin<strong>di</strong><br />
le <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> questo avvio <strong>di</strong> canto: paesaggio, cammino, psicologia; ma<br />
non basta, in quanto non è enucleabile un concetto <strong>di</strong> cammino senza una<br />
determinazione temporale, che leghi questo al paesaggio che muta ed alla<br />
psicologia che attraversa <strong>di</strong>versi stati. Infatti Dante, grazie alle sue capacità<br />
<strong>di</strong> possente sintesi, ci fornisce anche la quarta <strong>di</strong>mensione scolpendola in<br />
quel “già” <strong>di</strong> v. 17, pregnante evocazione <strong>di</strong> un percorso temporale scan<strong>di</strong>to<br />
passo dopo passo dall’azione fisica e morale. Come ha notato, da poeta,<br />
Ungaretti, proprio nello stesso periodo storico Giotto scopriva, unificandoli<br />
nel compen<strong>di</strong>o figurativo, il volume, lo spazio, la durata terrena dell’uomo,<br />
il tempo. Ed è proprio il tempo che passa a concretizzare il passaggio psicologico<br />
tra “paura” e “bene sperar” nelle due succedenti visioni paesistiche,<br />
rispettivamente, della “valle” e del “colle”. Il tutto è risolto dall’apparizione<br />
<strong>di</strong> Virgilio, “figura”, come <strong>di</strong>rebbe Auerbach, del “colle”: il poeta latino<br />
restituisce a Dante il suo tempo, cioè lo pone in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> entrare nel<br />
tempo della “speranza dell’altezza” che presto <strong>di</strong>venterà il tempo dell’“altro<br />
viaggio”. Mi sembra che queste semplici considerazioni, del resto niente<br />
affatto nuove, siano sufficienti a leggere con una certa <strong>di</strong>ffidenza (che in me<br />
si risolve in ferma <strong>di</strong>ssidenza) quanto affermava Croce sulla “stentatezza”, e<br />
quin<strong>di</strong> l’impoeticità, <strong>di</strong> questo avvio <strong>di</strong> canto: la selva è la selva e le fiere<br />
sono le fiere, anzi questa e quelle connettono il proprio significato letterale<br />
a quello psicologico attraverso il senso etico, che rappresenta in effetti la<br />
finalità <strong>di</strong>chiarata del viaggio stesso. Senza poi contare che la stessa paura<br />
che Dante <strong>di</strong>chiara <strong>di</strong> avvertire si fa sempre poesia, laddove la stessa realtà<br />
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