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Harry Harrison in Terzo Reich parallelo (Down to Earth, 1963) 107 narra di due disgraziati astronauti che cambiano, per una distorsione temporale, universo e atterrano su una terra dominata dalle truppe naziste. Gli ultimi resistenti combattono disperatamente nelle regioni libere d’America una battaglia impari. I due astronauti, Gino Lombardi e Dan Glazer, riescono a fuggire fortunosamente da quell’orribile realtà, ma per ritrovarsi non proprio a casa loro. Mentre infatti si avvicina l’incrociatore venuto a recuperare gli astronauti ammarati, essi lanciano un grido strozzato: è la bandiera americana, con le sue strisce bianche e rosse e le cinquanta stelle bianche su campo nero ad avvertirli che sono entrati in un altro, chissà quanto dissimile, universo. Asimov riprende lo stesso tema in Spazio vitale (Living space, 1957): 108 in un pianeta desertico un astronauta incontra un altro proveniente da una terra dominata dai nazisti. L’incontro avviene nell’anno 2364 dell’“era hitleriana”. Una certa compassione non mancano di suscitare i tre vecchi scienziati ebrei del racconto Nella mente di Dio di Howard Fast (The mind of God, 1972). 109 Spendono milioni di dollari e anni di studi per progettare una macchina del tempo, con cui mandare un uomo indietro nel passato: nel 1897, in un paesino austriaco, Braunau. Lì l’uomo dovrà tagliare la gola ad un bambino di otto anni, di nome Adolf. Sfortunatamente egli perde ogni ricordo della sua missione e torna nel presente senza aver concluso nulla. Nessun uomo, infatti, come spiega desolatamente uno dei tre, Goldman, può guardare nel futuro e sapere l’ora della sua morte. Cosicché, quando hanno inviato il loro compagno nel passato, il futuro si è chiuso davanti a lui, separandolo da tutti i suoi ricordi di dolori e sofferenze, che, nel 1897, appartengono appunto al futuro. Come bambini che stuzzicano l’ignoto essi comprendono che non potranno mai più cambiare nulla del loro passato e di quello di milioni di esseri che hanno conosciuto la sventura dei campi di sterminio. Il mondo dovrà perciò conoscere, nelle infinite possibilità di rivisitazione del passato, gli orrori del periodo nazista. Di fronte a un passato 107 Harry Harrison, Terzo Reich Parallelo, trad. di Beata della Frattina, in Aa. Vv., Contatto col nemico («Urania», n. 359), Milano 1964. 108 Isaac Asimov, Spazio vitale, trad. di Riccardo Valla, in La terra è abbastanza grande, Editrice Nord, Milano 1975. 109 Howard Fast, Nella mente di Dio, trad. di Beata della Frattina, in La mano («Urania», n. 649), Mondadori, Milano 1974. –88–

incancellabile, all’invincibile necessità della storia, la rassegnazione e la malinconia dei tre vecchi sono l’inevitabile risposta ad una domanda (perché Dio ha permesso il nazismo e l’olocausto?) che si perde nell’insondabilità metafisica. Soffuso di una vena di poesia, tipica dello stile di questo autore, è il racconto di Ray Bradbury, Breve storia del quarto Reich (Darling Adolf, 1974). 110 Hitler è qui impersonato da un attore di mezza tacca, ingaggiato per interpretare il Führer da un produttore americano. Ma il gioco prende la mano all’attorucolo che comincia a credere di essere realmente la reincarnazione del dittatore tedesco. Si comporta in modo arrogante verso il regista e il produttore, farnetica di grandezza della Germania e di rinascita del Reich e pretende una costosissima ricostruzione del raduno di Norimberga, con fiaccolata e cineprese come un tempo quelle di Leni Riefenstahl. Improvvisamente accade il peggio: altri tre attori dello stesso film, somigliantissimi a Goebbels, Goering ed Hess, rapiscono Hitler e lo portano a Norimberga, nello stadio della città, ove hanno realmente organizzato un grandioso raduno, chiamando a raccolta una folla di redivivi nazisti. È l’ora di un’incredibile, insperata resurrezione? No, e qui sta la trovata del racconto. Di fronte a una folla isterica e delirante, pronta a lacerare l’aria con l’assordante grido “Sieg Heil!” e ad osannare il ritrovato Führer, proprio l’attore che impersona Hitler riporta tutti alla vera realtà, spezzando la magia dell’illusione. Egli confessa, infatti, di non essere altro che un attore ingaggiato per recitare la parte di Hitler e di essere per giunta stanco di quel ruolo: non è colpa sua se è stato portato in quel posto da tre esaltati che hanno organizzato quell’assurda, folle, mascherata. Ma perché la finzione continui a restare tale, prega il regista di terminare la scena; poi, tutti andranno a casa. Sembra chiedere l’autore al lettore: se il vero Hitler avesse provvidenzialmente sospeso la sua recita di fronte alle masse osannanti, quanti orrori sarebbero stati risparmiati al mondo? È indubbiamente un racconto suggestivo sia per l’atmosfera in cui è ambientato, perennemente sospesa tra finzione e realtà, sia per le citazioni e le tematiche a cui l’autore rimanda. Non è possibile, in questo caso, non ricordare il rapporto tra il cinema e il nazismo, un rapporto che fu molto stretto, se si pensa alla cura minuziosa, quasi ossessiva, con cui i nazisti filmarono ogni momento della loro storia (dalle adu- 110 Ray Bradbury, Breve storia del quarto Reich, trad. di Antonangelo Pinna, in Molto dopo mezzanotte («Urania», n. 732), Mondadori, Milano 1977. –89–

incancellabile, all’invincibile necessità della storia, la rassegnazione e la<br />

malinconia dei tre vecchi sono l’inevitabile risposta ad una domanda<br />

(perché Dio ha permesso il nazismo e l’olocausto?) che si perde nell’insondabilità<br />

metafisica.<br />

Soffuso <strong>di</strong> una vena <strong>di</strong> poesia, tipica dello stile <strong>di</strong> questo autore, è il racconto<br />

<strong>di</strong> Ray Bradbury, Breve storia del quarto Reich (Darling Adolf,<br />

1974). 110 Hitler è qui impersonato da un attore <strong>di</strong> mezza tacca, ingaggiato<br />

per interpretare il Führer da un produttore americano. Ma il gioco prende la<br />

mano all’attorucolo che comincia a credere <strong>di</strong> essere realmente la reincarnazione<br />

del <strong>di</strong>ttatore tedesco. Si comporta in modo arrogante verso il regista e<br />

il produttore, farnetica <strong>di</strong> grandezza della Germania e <strong>di</strong> rinascita del Reich<br />

e pretende una costosissima ricostruzione del raduno <strong>di</strong> Norimberga, con<br />

fiaccolata e cineprese come un tempo quelle <strong>di</strong> Leni Riefenstahl. Improvvisamente<br />

accade il peggio: altri tre attori dello stesso film, somigliantissimi a<br />

Goebbels, Goering ed Hess, rapiscono Hitler e lo portano a Norimberga,<br />

nello sta<strong>di</strong>o della città, ove hanno realmente organizzato un gran<strong>di</strong>oso<br />

raduno, chiamando a raccolta una folla <strong>di</strong> re<strong>di</strong>vivi nazisti. È l’ora <strong>di</strong> un’incre<strong>di</strong>bile,<br />

insperata resurrezione? No, e qui sta la trovata del racconto. Di<br />

fronte a una folla isterica e delirante, pronta a lacerare l’aria con l’assordante<br />

grido “Sieg Heil!” e ad osannare il ritrovato Führer, proprio l’attore<br />

che impersona Hitler riporta tutti alla vera realtà, spezzando la magia dell’illusione.<br />

Egli confessa, infatti, <strong>di</strong> non essere altro che un attore ingaggiato<br />

per recitare la parte <strong>di</strong> Hitler e <strong>di</strong> essere per giunta stanco <strong>di</strong> quel ruolo: non<br />

è colpa sua se è stato portato in quel posto da tre esaltati che hanno organizzato<br />

quell’assurda, folle, mascherata. Ma perché la finzione continui a restare<br />

tale, prega il regista <strong>di</strong> terminare la scena; poi, tutti andranno a casa.<br />

Sembra chiedere l’autore al lettore: se il vero Hitler avesse provvidenzialmente<br />

sospeso la sua recita <strong>di</strong> fronte alle masse osannanti, quanti orrori sarebbero<br />

stati risparmiati al mondo? È indubbiamente un racconto suggestivo<br />

sia per l’atmosfera in cui è ambientato, perennemente sospesa tra finzione e<br />

realtà, sia per le citazioni e le tematiche a cui l’autore rimanda. Non è possibile,<br />

in questo caso, non ricordare il rapporto tra il cinema e il nazismo, un<br />

rapporto che fu molto stretto, se si pensa alla cura minuziosa, quasi ossessiva,<br />

con cui i nazisti filmarono ogni momento della loro storia (dalle adu-<br />

110 Ray Bradbury, Breve storia del quarto Reich, trad. <strong>di</strong> Antonangelo Pinna, in Molto dopo<br />

mezzanotte («Urania», n. 732), Mondadori, Milano 1977.<br />

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