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squadra di commandos e trasportato di notte, su kayak, lungo i fiumi della Sprea e dell’Havel, in direzione nordovest, fino all’Elba, per essere qui consegnato alle truppe alleate. Dopo essersi ancora incontrati con von Ribbentrop e Bormann nel marzo 1945 (è stupefacente l’irrisoria facilità con cui i due inglesi entrano ed escono dalla Germania ormai ridotta a campo di battaglia), l’operazione inizia il 24 aprile 1945. Paracadutatisi di notte a Berlino, i commandos (un folto gruppo di centocinquanta persone, comprendente molte donne e i giovani membri di una brigata ebraica di Combattenti per la libertà) s’imbarcano sulla riva del Müggelsee, navigano lungo la Sprea per 19 chilometri e attraccano i kayak al ponte di Weidendamm, ove costituiscono una base abilmente mimetizzata. Quindi Creighton e Fleming, in compagnia del tenente della marina americana Barbara Brabenov, tanto avvenente quanto bravissima coadiutrice nell’impresa, si incontrano con Bormann tra le rovine della Cancelleria e, dopo essersi accordati per prelevarlo il primo maggio, vi rimangono fino al 29 aprile (riuscendo prodigiosamente a scampare all’attenzione di tedeschi e russi). La notte del primo maggio i tre, portandosi dietro un prigioniero tedesco, tale Günther, un perfetto sosia di Bormann, prelevano il gerarca e, confusi tra soldati tedeschi che continuano a non accorgersi di loro, si accodano a un carro armato. Sulla Friedrichstrasse il carro è colpito dall’artiglieria russa e salta in aria. A questo punto Creighton uccide il sosia di Bormann, per far credere alla morte del gerarca, mentre quello vero viene imbarcato sul kayak. La fila dei kayak naviga lungo la Sprea e poi l’Havel, in direzione nordovest, passa sotto i ponti Charlotten, Dischinger e Pichelsdorf, superando ogni tipo di sbarramento. Dopo vari giorni di navigazione notturna e sosta diurna i kayak giungono l’undici maggio ad Havelberg, sulla riva dell’Elba, dove Bormann è finalmente consegnato agli alleati. Il nazista è quindi portato in Inghilterra, sottoposto a una operazione di plastica facciale e relegato nella cittadina di Highgate, dove vive indisturbato dal 1945 al 1956 (ma nel 1946 è portato dagli inglesi ad assistere al processo di Norimberga), rendendo preziosi servigi alla CIA e al servizio segreto inglese, soprattutto nella ricerca dei suoi ex camerati in fuga. Quindi Bormann muore in Paraguay nel 1959. Ma le peripezie non sono finite: dopo qualche tempo le sue spoglie sono riesumate da agenti inglesi e portate a Berlino, dove casualmente vengono rinvenute nel 1972, sotto il Parco Giochi Ulap. Come si vede, si tratta di un resoconto più simile a un romanzo di avventure alla 007 che a una pagina di storia, a cui, a nostro avviso, riesce –54–
oltremodo difficile attribuire il crisma dell’autenticità. D’altronde, tanta ricchezza di particolari non riesce a convincerci della veridicità del racconto, tanto che esso ci sembra costruito ex post. 44 I punti che, già a una prima lettura, ci fanno molto dubitare sono i seguenti. 1) La biografia dell’autore è basata su imprese mirabolanti, compiute fin dall’adolescenza. Un talento così precoce da diventare agente segreto a sedici anni non può non destare sospetti. 2) Lord Louis Mountbatten, cugino del re, succedette il 27 ottobre 1941 a Sir Roger Keyes al comando delle Combined Operations, le operazioni dei commandos, ma non risulta da nessuna parte l’unità segreta COPP, nella quale sarebbe stato arruolato Creighton. Non ne fa menzione, ad esempio, il Comandante di Brigata Peter Young, che fu uno dei primi a formare il corpo dei commandos nel 1940 e partecipò anche a numerose azioni, nel suo serio e documentato saggio sull’attività di questo corpo speciale dell’esercito inglese (Peter Young, Commando, 1971). 45 Lord Mountbatten non avrebbe potuto creare un’unità segreta e tenerne accuratamente celata l’esistenza, quando proprio lui sollecitava una maggior collaborazione tra i servizi interni dell’Ammiragliato inglese, da cui i commandos dipendevano (così Young, cit., p. 56). 3) Nessuna delle persone citate da Creighton come partecipanti alla “operazione James Bond” è menzionata da Young nel suo saggio che rievoca le imprese dei commandos durante la seconda guerra mondiale (incursioni nelle isole Lofoten e Spitzbergen, a Bardia, in Siria, a Sphakia, a Tobruk, a Beda Littoria, all’isola di Vaags, a St. Nazaire, a Cape Barfleur, al faro di Casquet, a St. Honoré, all’isola di Sark, a Dieppe). Per portare in salvo Bormann da Berlino assediata dai russi vennero scelti commandos, a parte l’autore, che non avevano praticamente esperienza. Il che è molto curioso. 4) Ian Fleming stesso, il quale durante la guerra fu realmente un agente del servizio segreto inglese M-I5, non ha lasciato alcun resoconto dell’impresa, neppure una indiretta allusione, nelle sue carte e nei suoi romanzi, ammesso che questa sia stata realmente compiuta. 5) Poco convincente è la folta presenta di donne, che nel resoconto di Creighton risultano molto più capaci e professionali dei loro colleghi uomini, in una rischiosissima missione di commando. Ma alle operazioni dei commandos non partecipavano donne. Non 44 Esprime le sue giuste perplessità su questo resoconto Silvio Bertoldi, La grande truffa di Martin Bormann, in «Sette», suppl. «Corriere della Sera», nn. 33/34, 1996, pp. 50-52. 45 Peter Young, Commando, trad. di Camilla Occhi Bozzuffi, Ermanno Albertelli Editore, Parma 1971. –55–
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superando ogni tipo <strong>di</strong> sbarramento. Dopo vari giorni <strong>di</strong> navigazione<br />
notturna e sosta <strong>di</strong>urna i kayak giungono l’un<strong>di</strong>ci maggio ad Havelberg,<br />
sulla riva dell’Elba, dove Bormann è finalmente consegnato agli alleati. Il<br />
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facciale e relegato nella citta<strong>di</strong>na <strong>di</strong> Highgate, dove vive in<strong>di</strong>sturbato<br />
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Bormann muore in Paraguay nel 1959. Ma le peripezie non sono finite:<br />
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Come si vede, si tratta <strong>di</strong> un resoconto più simile a un romanzo <strong>di</strong><br />
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