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MISCELLANEA 2004 2005.pdf - Liceo Ginnasio Statale Orazio di ...

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Ma il fuggitivo nella sua nuova patria non avrebbe saputo darsi pace. Dopo<br />

l’arresto <strong>di</strong> Eichmann nel 1960 (com’è noto venne rapito davanti alla sua<br />

casa in Argentina da agenti del Mossad), Bormann, spaventato dal proposito<br />

del nuovo presidente Arturo Fron<strong>di</strong>zi <strong>di</strong> far rintracciare e arrestare i nazisti<br />

rifugiati, avrebbe trovato ancora ricovero in un convento servendovi come<br />

<strong>di</strong>acono. Questa e consimili storie ingarbugliate, fatte circolare a bella posta,<br />

hanno creato nel corso degli anni la leggenda <strong>di</strong> un Martin Bormann re<strong>di</strong>vivo<br />

e protetto, ad opera della CIA, dalla condanna a morte in contumacia comminatagli<br />

a Norimberga.<br />

Nel <strong>di</strong>cembre 1972 avviene, però, un colpo <strong>di</strong> scena: proprio qualche<br />

giorno dopo la pubblicazione <strong>di</strong> un voluminoso “Dossier Bormann” sul<br />

Daily Express, vengono rinvenuti a Berlino, presso il Parco Giochi Ulap,<br />

un teschio e alcuni frammenti ossei da due sterratori che lavorano alle tubature.<br />

Il teschio è riconosciuto per quello <strong>di</strong> Bormann dal dentista Fritz Echtmann,<br />

che aveva curato il gerarca: quin<strong>di</strong>, dopo che nel 1973 una sentenza<br />

del tribunale <strong>di</strong> Francoforte ha accertato in via definitiva la morte <strong>di</strong> Bormann<br />

a Berlino la notte del primo maggio 1945 (sulla base dei reperti rinvenuti),<br />

il mistero appare finalmente risolto. Tanto più che, a convalidare<br />

definitivamente la verità giu<strong>di</strong>ziaria, sopraggiunge l’esame del DNA effettuato<br />

sui medesimi resti nel 1999, con la conferma che si tratta proprio <strong>di</strong><br />

Martin Bormann. Dunque non sembra esservi più dubbio alcuno: Bormann<br />

è morto a Berlino la notte del primo maggio 1945, probabilmente suicidatosi<br />

dopo aver constatato l’impossibilità <strong>di</strong> sfuggire all’accerchiamento dei<br />

Russi.<br />

Senonché una recentissima pubblicazione viene a rimettere in dubbio<br />

ciò che sembrava definitivamente acquisito dagli storici. Si tratta dello<br />

straor<strong>di</strong>nario racconto <strong>di</strong> Christopher Creighton, Salvate Bormann (trad. <strong>di</strong><br />

Brunello Lotti, Rizzoli, Milano 1996), presentato come il resoconto autentico<br />

della rischiosissima operazione <strong>di</strong> salvataggio <strong>di</strong> Martin Bormann.<br />

Questa sarebbe stata compiuta dai commandos inglesi per incarico <strong>di</strong><br />

Churchill, che intendeva avere dal gerarca le chiavi d’accesso dei conti<br />

esteri in cui erano depositati i tesori accumulati dai nazisti: secondo l’autore,<br />

il cui vero nome è John Ainsworth-Davis, figlio <strong>di</strong> un me<strong>di</strong>co dell’e-<br />

vd. anche Gian Franco Vené, Bormann: il fantasma inafferrabile, in La caccia ai criminali<br />

nazisti, cit., pp. 114-125 (più prudente nelle conclusioni); invece Richard Garrett, Bormann è<br />

fuggito?, in I gran<strong>di</strong> misteri insoluti, a cura <strong>di</strong> John Canning, trad. <strong>di</strong> Marco Veronesi, Mondadori,<br />

Milano 1991, dà cre<strong>di</strong>to al mito della sopravvivenza del gerarca nazista.<br />

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