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suo cameriere Heinz Linge, per ordine di Eva Braun che ne era divenuta l’amante, e al cadavere sarebbe stato versato in bocca il cianuro dal dottor Stumpfegger (pp. 228-238). Tutti, poi, compresa la Braun, si sarebbero allontanati dal bunker. È una versione che si fatica ad accettare, sia perché riduce la fine del dittatore a un mediocre feuilleton sia perché presuppone nella Braun una libertà di iniziativa e un coraggio di cui mai diede prova nel suo rapporto col Führer sia, infine, perché mancano riscontri, e persino semplici voci, che attestino una sopravvivenza della Braun oltre il 30 aprile 1945. Non sopravvissuto alla storia, Hitler sopravvive nella narrativa di spionaggio e fantastica, posto al centro di complotti che oscure potenze tramano per riportare alla ribalta della storia il nazismo. A garantire la sopravvivenza di Hitler oltre lo spazio e il tempo, si è fatto ricorso, nella fantasia dei romanzieri, anche alla clonazione. È quanto prevede, sognando la letterale rinascita del Führer, il diabolico piano escogitato dal redivivo dottor Mengele: mediante la clonazione il dittatore rivivrà nel corpo di novantaquattro bambini, tutti portatori dei geni di Hitler, e da lui fatti adottare ad ignari genitori sparsi nel mondo. Così è la trama del romanzo di Ira Levin, I ragazzi venuti dal Brasile (The Boys from Brazil, 1976), 33 che vede però un agente israeliano sventare il progetto e il folle dottor Mengele finire sbranato dai cani di uno dei suoi bambini creati in laboratorio. Eva Braun, invece, sopravvive nel romanzo Il settimo segreto di Irving Wallace (The Seventh Secret, 1986): l’indagine per far luce sulla misteriosa scomparsa del padre (uno storico di Oxford che si era recato a Berlino per cercare notizie sulla morte di Hitler), conduce la protagonista del romanzo, la giovane Emily Ashcroft, sulle tracce di una organizzazione neonazista che nasconde un incredibile segreto. In un gigantesco e segretissimo bunker posto sotto la città di Berlino, sorvegliato da centinaia di guardie armate, vive Eva Braun, rimasta sola dopo la morte del dittatore (l’autore la pone al 1963 per il morbo di Parkinson), il quale si sarebbe rifugiato là per attendere l’olocausto nucleare e organizzare una impossibile rinascita del Terzo Reich. 34 Nel romanzo vi è anche una figlia di Hitler e della Braun, la quale, appena conosciuti i suoi natali, è presa dall’orrore e si suicida. Provvedono ad ammantare di mistero la sopravvivenza del nazismo anche le organizzazioni segrete, la più famosa delle quali è certamente 33 Ira Levin, I ragazzi venuti dal Brasile, trad. di Adriana Dell’Orto, Club degli Editori, Milano 1977, su licenza della Mondadori. 34 Irving Wallace, Il settimo segreto, trad. di Olivia Crosio, Sperling & Kupfer, Milano 1987. –48–

l’organizzazione “Odessa” (acronimo di Organisation der SS-Angehörigen, organizzazione degli ex appartenenti alle SS), che sarebbe stata costituita nel 1947 alla scopo di facilitare la fuga dei ricercati nazisti dall’Europa (le vicende dell’organizzazione hanno ispirato al romanziere Frederic Forsyth un famoso romanzo tra spionaggio e fantapolitica, Dossier Odessa). 35 L’“Odessa” scelse l’Italia come crocevia per gli itinerari dei nazisti in fuga (è noto che Roma e Genova sono state tappe importanti per la via di fuga dei nazisti e fascisti ricercati in tutta Europa). Per quasi tutti la meta privilegiata era il Sudamerica, dov’erano fiorite da tempo prospere colonie tedesche, come a Bariloche in Argentina. 36 Secondo alcune versioni la CIA avrebbe fornito uomini e mezzi per assicurare ai nazisti la salvezza in Sudamerica, ricevendone in cambio preziose indicazioni sui tesori da quelli accumulati durante gli anni del Terzo Reich e arruolandoli tra le file dello spionaggio americano in funzione antisovietica: uomini come Eichmann, Barbie, Mengele, Priebke e molti altri sarebbero espatriati grazie ai passaporti falsi forniti da agenti americani. 37 La salita al potere del generale Juan 35 The Odessa File, 1972, trad. di Marco Tropea, Mondadori, Milano 1989, II rist. Nel romanzo l’organizzazione trama un diabolico piano per dotare il presidente Nasser di missili con testate chimiche e batteriologiche, con cui bombardare Israele. Il nazista che appare nelle pagine del romanzo, Eduard Roschmann, è realmente esistito: era il comandante del ghetto di Riga e, dopo la guerra, riuscì a fuggire in Sudamerica grazie proprio alla “Odessa”. Sarebbe morto in Paraguay nel 1977. Su Roschmann vd. Simon Wiesenthal, Giustizia, non vendetta, trad. di Carlo Mainoldi, Mondadori, Milano 2004, rist., pp. 128-136. 36 Svela la rete di complicità e silenzi che avvolse la fuga dei nazisti il saggio di Giovanni Maria Pace, La via dei demoni, Sperling & Kupfer, Milano 2000 (sugli ambienti ecclesiastici coinvolti vd. le pp. 3-32). Nell’opera di aiuto ai nazisti in fuga si sarebbe distinto monsignor Alois Hudal, rettore del Collegio germanico di Santa Maria dell’Anima a Roma, il quale avrebbe preparato la cosiddetta “via romana”, assieme a Walter Rauff, capo dell’SD (il servizio di sicurezza nazista) nell’Italia del Nord, e sarebbe stato coinvolto nella fuga di Bormann, come si legge in Storia segreta della Gestapo, presentata da Jean Dumont, vol. IV, Edizioni Ferni, Ginevra 1972, pp. 165-169 e 193-194 (notizie da vagliare con cautela). Peraltro, per ordine di Pio XII, mons. Hudal protestò fermamente nell’ottobre 1943 con il governatore tedesco di Roma, generale Stahel, per gli arresti degli ebrei: vd. Anthony Rhodes, Il Vaticano e le dittature 1922-1945, trad. di Paolo Colacicchi, Mursia, Milano 1975, p. 361; Andrea Tornielli, Pio XII, ed. spec. per «Famiglia Cristiana» su lic. Edizioni Piemme, Bergamo 2002, pp. 238-239. 37 Sulla ricerca dei criminali nazisti nel dopoguerra vd.: La caccia ai criminali nazisti, suppl. a «Storia Illustrata», n. 186, 1973. Sulla fuga di Mengele e le complicità del governo argentino e della CIA: Leonardo Coen, Passaporto per il dottor Mengele, in «La Republica», 22 febbraio 1992; vd. anche Maurizio Molinari, «Così la Cia ha protetto i criminali nazisti», in «La Stampa», 28 aprile 2001. Non crede alla morte di Mengele, annunciata nel 1979, Simon Wiesenthal, Giustizia, non vendetta, cit., pp. 139-152. Sulle protezioni di cui ha goduto Erich Priebke in Sudamerica vd. Mary Pace, Dietro Priebke, Edizioni Piemme, Casale Monferrato 1997. –49–

l’organizzazione “Odessa” (acronimo <strong>di</strong> Organisation der SS-Angehörigen,<br />

organizzazione degli ex appartenenti alle SS), che sarebbe stata costituita<br />

nel 1947 alla scopo <strong>di</strong> facilitare la fuga dei ricercati nazisti dall’Europa (le<br />

vicende dell’organizzazione hanno ispirato al romanziere Frederic Forsyth<br />

un famoso romanzo tra spionaggio e fantapolitica, Dossier Odessa). 35<br />

L’“Odessa” scelse l’Italia come crocevia per gli itinerari dei nazisti in fuga<br />

(è noto che Roma e Genova sono state tappe importanti per la via <strong>di</strong> fuga<br />

dei nazisti e fascisti ricercati in tutta Europa). Per quasi tutti la meta privilegiata<br />

era il Sudamerica, dov’erano fiorite da tempo prospere colonie<br />

tedesche, come a Bariloche in Argentina. 36 Secondo alcune versioni la CIA<br />

avrebbe fornito uomini e mezzi per assicurare ai nazisti la salvezza in<br />

Sudamerica, ricevendone in cambio preziose in<strong>di</strong>cazioni sui tesori da quelli<br />

accumulati durante gli anni del Terzo Reich e arruolandoli tra le file dello<br />

spionaggio americano in funzione antisovietica: uomini come Eichmann,<br />

Barbie, Mengele, Priebke e molti altri sarebbero espatriati grazie ai passaporti<br />

falsi forniti da agenti americani. 37 La salita al potere del generale Juan<br />

35 The Odessa File, 1972, trad. <strong>di</strong> Marco Tropea, Mondadori, Milano 1989, II rist. Nel<br />

romanzo l’organizzazione trama un <strong>di</strong>abolico piano per dotare il presidente Nasser <strong>di</strong> missili<br />

con testate chimiche e batteriologiche, con cui bombardare Israele. Il nazista che appare nelle<br />

pagine del romanzo, Eduard Roschmann, è realmente esistito: era il comandante del ghetto <strong>di</strong><br />

Riga e, dopo la guerra, riuscì a fuggire in Sudamerica grazie proprio alla “Odessa”. Sarebbe<br />

morto in Paraguay nel 1977. Su Roschmann vd. Simon Wiesenthal, Giustizia, non vendetta,<br />

trad. <strong>di</strong> Carlo Mainol<strong>di</strong>, Mondadori, Milano <strong>2004</strong>, rist., pp. 128-136.<br />

36 Svela la rete <strong>di</strong> complicità e silenzi che avvolse la fuga dei nazisti il saggio <strong>di</strong> Giovanni<br />

Maria Pace, La via dei demoni, Sperling & Kupfer, Milano 2000 (sugli ambienti ecclesiastici<br />

coinvolti vd. le pp. 3-32). Nell’opera <strong>di</strong> aiuto ai nazisti in fuga si sarebbe <strong>di</strong>stinto monsignor<br />

Alois Hudal, rettore del Collegio germanico <strong>di</strong> Santa Maria dell’Anima a Roma, il quale<br />

avrebbe preparato la cosiddetta “via romana”, assieme a Walter Rauff, capo dell’SD (il servizio<br />

<strong>di</strong> sicurezza nazista) nell’Italia del Nord, e sarebbe stato coinvolto nella fuga <strong>di</strong> Bormann, come<br />

si legge in Storia segreta della Gestapo, presentata da Jean Dumont, vol. IV, E<strong>di</strong>zioni Ferni,<br />

Ginevra 1972, pp. 165-169 e 193-194 (notizie da vagliare con cautela). Peraltro, per or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

Pio XII, mons. Hudal protestò fermamente nell’ottobre 1943 con il governatore tedesco <strong>di</strong><br />

Roma, generale Stahel, per gli arresti degli ebrei: vd. Anthony Rhodes, Il Vaticano e le <strong>di</strong>ttature<br />

1922-1945, trad. <strong>di</strong> Paolo Colacicchi, Mursia, Milano 1975, p. 361; Andrea Tornielli, Pio XII,<br />

ed. spec. per «Famiglia Cristiana» su lic. E<strong>di</strong>zioni Piemme, Bergamo 2002, pp. 238-239.<br />

37 Sulla ricerca dei criminali nazisti nel dopoguerra vd.: La caccia ai criminali nazisti, suppl.<br />

a «Storia Illustrata», n. 186, 1973. Sulla fuga <strong>di</strong> Mengele e le complicità del governo argentino<br />

e della CIA: Leonardo Coen, Passaporto per il dottor Mengele, in «La Republica»,<br />

22 febbraio 1992; vd. anche Maurizio Molinari, «Così la Cia ha protetto i criminali nazisti»,<br />

in «La Stampa», 28 aprile 2001. Non crede alla morte <strong>di</strong> Mengele, annunciata nel 1979, Simon<br />

Wiesenthal, Giustizia, non vendetta, cit., pp. 139-152. Sulle protezioni <strong>di</strong> cui ha goduto Erich<br />

Priebke in Sudamerica vd. Mary Pace, Dietro Priebke, E<strong>di</strong>zioni Piemme, Casale Monferrato 1997.<br />

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