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MISCELLANEA 2004 2005.pdf - Liceo Ginnasio Statale Orazio di ...

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Fellini si aspettava per la sua generazione un cambiamento tanto imminente<br />

quanto ra<strong>di</strong>cale, come nella Roma <strong>di</strong> Petronio poteva essere stato<br />

l’avvento del cristianesimo.<br />

“Mutamento molto profondo, al quale la nostra generazione non è preparata:<br />

onde resta sull’altra riva a guardare delle forme confuse, che oggi<br />

possono essere la rivolta dei giovanissimi e tutto ciò che i giovani rappresentano<br />

o tendono a rappresentare; e che ieri, per i pagani, potevano essere i<br />

primi cristiani sostenitori <strong>di</strong> nuovi ideali”.<br />

ARTICOLI CRITICI E RICONOSCIMENTI CINEMATOGRAFICI<br />

La regia <strong>di</strong> Fellini ebbe la nomination all’Oscar, ma buona parte del<br />

cast non fu da meno: Fanfulla, uno degli attori non protagonisti, ricevette<br />

nel 1970 il nastro d’argento, insieme a Giuseppe Rotunno per la fotografia e<br />

a Danilo Donati per la scenografia e i costumi.<br />

Una volta <strong>di</strong>stribuito nelle sale, il film seminò consensi e <strong>di</strong>ssensi, la<br />

critica fu letteralmente <strong>di</strong>visa a metà, sui giornali <strong>di</strong> settore si leggevano<br />

opinioni totalmente <strong>di</strong>scordanti.<br />

Eccone riportate alcune:<br />

“Se si passa dalle premesse culturali ai concreti risultati espressivi, le<br />

riserve non mancano: programmatica fin che si vuole, la frammentarietà<br />

non riesce a <strong>di</strong>ventare una cifra stilistica: si ha l’impressione che il film<br />

potrebbe durare mezz’ora in meno o due ore in più senza che il risultato<br />

cambi. Soprattutto se paragonata con quelle delle sue opere precedenti,<br />

la galleria dei mostri finisce con l’essere un esercizio <strong>di</strong> alta acrobazia<br />

barocca fine a se stessa. (Morando Moran<strong>di</strong>ni, “Il Tempo”, 11 ottobre 1969)”<br />

“Tutto il Satyricon è realizzato come una gigantesca caccia all’immagine<br />

che, a costo <strong>di</strong> bruciare i vecchi mo<strong>di</strong> stilistici, <strong>di</strong>a il massimo d’evidenza<br />

figurativa alle fantasie <strong>di</strong> Fellini e le orchestri in un arcano gioco <strong>di</strong><br />

luci e <strong>di</strong> ombre. Qui è la sua gloria, e qui il suo azzardo. Siamo, davvero, su<br />

un altro pianeta. Fin dall’inizio, alle Terme fumiganti, e poi, nel teatro <strong>di</strong><br />

Vernacchio, s’avverte che Fellini ideando le scenografie (come ha tenuto a<br />

far sapere nei titoli <strong>di</strong> coda) ha sfrenato il proprio genio prospettico in una<br />

crescita <strong>di</strong> tensioni figurative. Dal lurido paesaggio dell’Isola Felice al<br />

luminoso sorriso della Pinacoteca, dalla corposa atmosfera della cena ai<br />

panorami marini popolati <strong>di</strong> navi fiabesche, dalla limpida, castissima<br />

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