MISCELLANEA 2004 2005.pdf - Liceo Ginnasio Statale Orazio di ...

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05.06.2013 Views

E adesso mi rivolgo ai genitori e ai professori. I ragazzi sono come noi li facciamo. Quanti di noi hanno trovato l’uomo... E allora capite il messaggio. Chiuderò con la scultura di Michelangelo. 3 Voi vedete lo schiavo che è immerso nella materia, perché Michelangelo diceva che la scultura avviene non aggiungendo marmo a marmo, ma con il “torre”, cioè il togliere, perché già esiste all’interno del marmo la figura che io voglio far nascere. E allora questo schiavo immaginatevelo nel blocco intero di marmo. Lo schiavo già esiste dentro il marmo, nel cuore del marmo, e lo scultore Michelangelo lo ha visto con la luce della sua intelligenza e lo vuole tirar fuori. E lo schiavo aiuta lo scultore. Vedete, vi ho messo anche dietro le immagini, il braccio che quasi vuol scrollare da sé la materia sorda, il caos materiale che lo circonda. Lo schiavo vuole uscire alla luce, e già parte del suo corpo è arrivato alla luce. Vedete il ginocchio, parte del tronco, il braccio di destra, e poi chi si mette dal lato sinistro, vede il braccio sinistro. E allora tutti quanti noi già esistiamo in potenza, noi già siamo quello che saremo se ci mettiamo di lei, ma spetta ai professori, spetta ai genitori tirar fuori da quello che siete oggi i nuovi professionisti, gli uomini di domani, come Michelangelo ha tirato fuori da questo blocco il suo schiavo. E noi genitori torniamo a casa e chiediamoci, e noi docenti andiamo a casa e domandiamoci, ed io dirigente vado a casa e mi domando: ma l’uomo che io cercavo a dieci, a quindici, a diciott’anni, c’è? Non c’è? Dov’è andato a finire? Io auguro a tutti quanti voi, ragazzi, di trovare l’uomo che è in voi. Auguri e buon anno. (Vivissimi applausi) 2. Agli studenti del Liceo Linguistico (Aula Magna, 13 ottobre 2005) Allora, ben arrivati, buongiorno a tutti, buenos días, bonjour, guten Tag, good morning. Siete tutti quanti del Linguistico e quelli del Linguistico, anche se a volte non sempre mi vedono dall’altra parte, mi stanno nel cuore come e più di quelli della Centrale, perché gli alunni del Linguistico e gli alunni della Centrale, e quindi quelle che chiamiamo succursale e sede centrale, non sono più realtà distinte, separate, ma sono due braccia dell’unico corpo. Uno è il Liceo Orazio con due braccia, con due indirizzi. Il fatto che io studi in una stanzetta di questo liceo, la succursale, e l’altro figlio studia 3 Allude all’immagine proiettata sullo schermo rappresentante uno dei Prigioni di Michelangelo. –22–

in un’altra stanzetta, sede centrale, non significa che non sia la stessa cosa, non significa che il padre non sia unico, non significa che coloro che si interessano di far andare bene tutta quanta la casa, cioè il liceo, non curino tutti i figlioli che stanno nella casa. Per cui io vi assicuro che state nella mia intenzione, nella mia mente, nei miei interessi e nel mio cuore come quelli della centrale. Il fatto che a volte possa stare più qui che in succursale, questo può succedere, anche in casa a volte il figlio va a fare un lavoro un po’ più lontano, ma non viene amato meno di quelli che abitano in famiglia in continuazione. Io ho avuto mia figlia che è stata in Francia sei mesi, ma non per questo l’amavo meno del fratello. Io stesso ho avuto mio fratello, ho avuto mio padre nel Venezuela – tra l’altro qui c’è proprio il console del Venezuela – a Caracas tanti anni, ma non per questo lui amava meno noi e noi amavamo meno lui. Anzi, a volte è più presente chi è lontano, è più presente alla mente e al cuore di chi è vicino. E allora ecco che voi siete due braccia della stessa comunità. Siete voi che scrivete le pagine della vostra vita. E allora bisogna dire sì a tante cose. E allora ci dobbiamo chiedere, casomai: ma tra tutti questi che io chiamo figli (e forse per la mia età dovrei chiamarli nipoti), fra tutti questi che io chiamo figli, chi è il migliore? Il migliore non dipende dal fatto che si stia in centrale o in succursale, il migliore dipende da quello che siamo noi, uno per uno, dalle scelte che facciamo noi. Io ricordo quello che sta scritto nel Vangelo, una cosa interessantissima. C’erano due figli. 4 Uno dice sì al padre che gli chiede di fare un servizio, ma non lo fa. L’altro figlio dice no, ma lo fa. Chi dei due è il migliore? E allora un giorno lessi un’interpretazione, un commento che diceva che il migliore è il terzo. Cioè quello che dice sì e lo fa. E allora io vorrei dire a voi: ma voi volete essere il primo, quello che dice “sì papà, sì professore, però poi dopo non lo faccio”? A volte anche tra noi adulti, tra noi docenti, c’è chi dice “sì sì, preside”, ma poi non fa. Oppure voi volete essere l’altro figlio, quello che dice “no no”, però poi lo fa? Oppure volete essere il migliore, quello che dice sì e lo fa? Allora il vostro linguaggio sia sì. Ma a che cosa dovete dire sì veramente e a che cosa dovete dire no veramente? “Sì” a che cosa? Sì all’accoglienza, sì all’onestà, sì alla giustizia, sì alla solidarietà, sì all’equità, sì alla disponibilità, sì alla presenzialità, alla partecipazione, all’interesse, all’amore. Questo è il sì che vale. E sia no alla meschinità, no alle piccolezze, no ai sotterfugi, 4 Mt 21,28-32. –23–

in un’altra stanzetta, sede centrale, non significa che non sia la stessa cosa,<br />

non significa che il padre non sia unico, non significa che coloro che si interessano<br />

<strong>di</strong> far andare bene tutta quanta la casa, cioè il liceo, non curino tutti<br />

i figlioli che stanno nella casa. Per cui io vi assicuro che state nella mia<br />

intenzione, nella mia mente, nei miei interessi e nel mio cuore come quelli<br />

della centrale. Il fatto che a volte possa stare più qui che in succursale,<br />

questo può succedere, anche in casa a volte il figlio va a fare un lavoro un<br />

po’ più lontano, ma non viene amato meno <strong>di</strong> quelli che abitano in famiglia<br />

in continuazione. Io ho avuto mia figlia che è stata in Francia sei mesi, ma<br />

non per questo l’amavo meno del fratello. Io stesso ho avuto mio fratello,<br />

ho avuto mio padre nel Venezuela – tra l’altro qui c’è proprio il console del<br />

Venezuela – a Caracas tanti anni, ma non per questo lui amava meno noi e<br />

noi amavamo meno lui. Anzi, a volte è più presente chi è lontano, è più<br />

presente alla mente e al cuore <strong>di</strong> chi è vicino. E allora ecco che voi siete due<br />

braccia della stessa comunità.<br />

Siete voi che scrivete le pagine della vostra vita. E allora bisogna <strong>di</strong>re sì<br />

a tante cose. E allora ci dobbiamo chiedere, casomai: ma tra tutti questi che<br />

io chiamo figli (e forse per la mia età dovrei chiamarli nipoti), fra tutti<br />

questi che io chiamo figli, chi è il migliore? Il migliore non <strong>di</strong>pende dal<br />

fatto che si stia in centrale o in succursale, il migliore <strong>di</strong>pende da quello che<br />

siamo noi, uno per uno, dalle scelte che facciamo noi. Io ricordo quello che<br />

sta scritto nel Vangelo, una cosa interessantissima. C’erano due figli. 4 Uno<br />

<strong>di</strong>ce sì al padre che gli chiede <strong>di</strong> fare un servizio, ma non lo fa. L’altro figlio<br />

<strong>di</strong>ce no, ma lo fa. Chi dei due è il migliore? E allora un giorno lessi un’interpretazione,<br />

un commento che <strong>di</strong>ceva che il migliore è il terzo. Cioè<br />

quello che <strong>di</strong>ce sì e lo fa. E allora io vorrei <strong>di</strong>re a voi: ma voi volete essere il<br />

primo, quello che <strong>di</strong>ce “sì papà, sì professore, però poi dopo non lo faccio”?<br />

A volte anche tra noi adulti, tra noi docenti, c’è chi <strong>di</strong>ce “sì sì, preside”, ma<br />

poi non fa. Oppure voi volete essere l’altro figlio, quello che <strong>di</strong>ce “no no”,<br />

però poi lo fa? Oppure volete essere il migliore, quello che <strong>di</strong>ce sì e lo fa?<br />

Allora il vostro linguaggio sia sì. Ma a che cosa dovete <strong>di</strong>re sì veramente e<br />

a che cosa dovete <strong>di</strong>re no veramente? “Sì” a che cosa? Sì all’accoglienza, sì<br />

all’onestà, sì alla giustizia, sì alla solidarietà, sì all’equità, sì alla <strong>di</strong>sponibilità,<br />

sì alla presenzialità, alla partecipazione, all’interesse, all’amore. Questo<br />

è il sì che vale. E sia no alla meschinità, no alle piccolezze, no ai sotterfugi,<br />

4 Mt 21,28-32.<br />

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