MISCELLANEA 2004 2005.pdf - Liceo Ginnasio Statale Orazio di ...

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05.06.2013 Views

adesso che non lavoro più. Perché allora alla mattina alle sette e mezza incominciavano a telefonarmi, poi dovevo stare attenta a come rispondevo alle mamme, lavoravo venivo a casa pranzavo, riposavo un po’. Facevo l’ambulatorio il pomeriggio poi la sera prima delle nove facevo qualche altra visita e questo io lo ho fatto fino ai miei settant’anni. Ma poi anche in pensione mi chiamavano privatamente adesso sono quattro anni che non lavoro più. Adesso che ho la mattinata libera piacevolmente leggo delle cose, mi guardo storia dell’arte e improvvisamente mi metto a piangere perché torno indietro. La tragedia in fondo la vivo questi anni che non ho niente da fare. Quando facevo il pediatra ero occupata, dovevo stare attenta a quello che facevo. Io ho avuto la grazia di avere un lavoro per cinquant’anni impegnativo. Oggi che cosa sente rispetto a tutto questo? Piango. Purtroppo non so fare altro che piangere quei tempi, quei bambini morti, quei poveri morti che avevano aiutato dei partigiani, che sono scappati di là, i partigiani via dall’altra parte. E noi d’altra parte avevamo la base. Se stavano male stavano da noi, gli si faceva il pane, gli si lavava la biancheria. Un posto stupendo, magnifico. Lei non ha mai parlato di questa storia in una sede non privata, in una sede pubblica, istituzionale? Ma io non ne sento il bisogno. Sono esperienze, è vita mia e non è giusto che venga condivisa. Siccome non sono cose allegre, sono cose tristi non voglio rattristare la gente. Me li tengo per me, non sono balli a Schömbrunn. Come cittadina italiana lei cosa si sentirebbe di dire ai ragazzi che del ventennio non sanno quasi nulla, di questa storia così violenta... della guerra? La zia Amalia quella che mi ha fatto da mamma la hanno portata via da Trieste. Zia Amalia e il marito quando è morta mia mamma che io avevo sedici anni mi hanno preso in casa loro e mi ha fatto lei da mamma. La hanno portata via con il marito Alberto, 5 lui era ingegnere, io tante volte piangevo 5 Ida fa qui riferimento, evidentemente, alla deportazione dei suoi familiari ad Auschwitz [n.d.r]. – 210 –

per zia Amalia. Quella bestia del mio papà si è fatto mandare al confino politico, quando è morta mia mamma, quando mia mamma è stata male. Già mi avevano buttato fuori scuola come sporca ebrea, mia mamma aveva avuto un tumore al cervello, è morta a quarantotto anni, per fortuna è stata male solo venticinque giorni perché il tumore è stata un’emorragia ed è morta subito; l’imbecille era al confino politico, mio papà si è fatto due anni di confino. Buttato fuori dalle Assicurazioni Generali come sporco ebreo, allora lui ha cominciato a scrivere lettere contro il fascismo, stupidaggini. Così lo hanno beccato: due anni di confino politico a Moliterno. E a mamma le venne il tumore, per fortuna emorragia cerebrale e in venticinque giorni è andata. Ma io i giorni di malattia di mia mamma me li sono fatti tutti da sola, perché quell’imbecille era al confino politico. Io sono forte come carattere, come mio nonno boemo. Io sono un misto di culture e di esperienze di vita. Queste esperienze si sentono ora che ho il tempo di pensarci, perché prima ero talmente indaffarata... che non avevo neanche il tempo... GLI EVENTI La ricostruzione dei fatti avvenuti il 13 e 14 aprile 1944 a Stia Vallucciole non è del tutto priva di elementi di incertezza: almeno su alcuni “dettagli” restano dubbi significativi. Nella primavera-estate del 1944 ci troviamo in una fase critica del conflitto: la ritirata tedesca, la rapida avanzata degli alleati, l’assestamento della linea gotica. Per quel che riguarda l’Italia Centrale, e la Toscana in particolare, emerge l’importanza di una strategia militare tedesca, messa a punto dopo l’attentato romano di Via Rasella, il cosiddetto “sistema degli ordini” emanato da Kesserling, autore della famosa “clausola dell’impunità” garantita a chi avesse “ecceduto” nella repressione dell’attività partigiana. Si tratta di un tipo di guerra “totale” in cui il confine fra combattenti e civili è veramente labile. Tutta l’atroce catena di eccidi, stragi e rappresaglie, censite in Toscana tra la primavera e l’autunno del ’44 evoca appunto una spaventosa e indiscriminata “guerra ai civili”. 6 Sui fatti di Stia Vallucciole esistono versioni divergenti nel riferire alcuni dati. Sembra tuttavia sufficiente- 6 Cfr., in particolare, BATTINI-PEZZINO, Guerra ai civili. Occupazione tedesca e politica del massacro. Toscana 1944, Padova, Marsilio, 1997; L. Paggi, Storia e memoria di un massacro ordinario, Roma, manifestolibri, 1996. – 211 –

adesso che non lavoro più. Perché allora alla mattina alle sette e mezza<br />

incominciavano a telefonarmi, poi dovevo stare attenta a come rispondevo<br />

alle mamme, lavoravo venivo a casa pranzavo, riposavo un po’. Facevo<br />

l’ambulatorio il pomeriggio poi la sera prima delle nove facevo qualche<br />

altra visita e questo io lo ho fatto fino ai miei settant’anni. Ma poi anche<br />

in pensione mi chiamavano privatamente adesso sono quattro anni che non<br />

lavoro più. Adesso che ho la mattinata libera piacevolmente leggo delle<br />

cose, mi guardo storia dell’arte e improvvisamente mi metto a piangere<br />

perché torno in<strong>di</strong>etro. La trage<strong>di</strong>a in fondo la vivo questi anni che non ho<br />

niente da fare. Quando facevo il pe<strong>di</strong>atra ero occupata, dovevo stare attenta<br />

a quello che facevo. Io ho avuto la grazia <strong>di</strong> avere un lavoro per cinquant’anni<br />

impegnativo.<br />

Oggi che cosa sente rispetto a tutto questo?<br />

Piango. Purtroppo non so fare altro che piangere quei tempi, quei bambini<br />

morti, quei poveri morti che avevano aiutato dei partigiani, che sono scappati<br />

<strong>di</strong> là, i partigiani via dall’altra parte. E noi d’altra parte avevamo la<br />

base. Se stavano male stavano da noi, gli si faceva il pane, gli si lavava la<br />

biancheria. Un posto stupendo, magnifico.<br />

Lei non ha mai parlato <strong>di</strong> questa storia in una sede non privata, in una<br />

sede pubblica, istituzionale?<br />

Ma io non ne sento il bisogno. Sono esperienze, è vita mia e non è giusto che<br />

venga con<strong>di</strong>visa. Siccome non sono cose allegre, sono cose tristi non voglio<br />

rattristare la gente. Me li tengo per me, non sono balli a Schömbrunn.<br />

Come citta<strong>di</strong>na italiana lei cosa si sentirebbe <strong>di</strong> <strong>di</strong>re ai ragazzi che del<br />

ventennio non sanno quasi nulla, <strong>di</strong> questa storia così violenta... della<br />

guerra?<br />

La zia Amalia quella che mi ha fatto da mamma la hanno portata via da<br />

Trieste. Zia Amalia e il marito quando è morta mia mamma che io avevo se<strong>di</strong>ci<br />

anni mi hanno preso in casa loro e mi ha fatto lei da mamma. La hanno<br />

portata via con il marito Alberto, 5 lui era ingegnere, io tante volte piangevo<br />

5 Ida fa qui riferimento, evidentemente, alla deportazione dei suoi familiari ad Auschwitz<br />

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