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MISCELLANEA 2004 2005.pdf - Liceo Ginnasio Statale Orazio di ...

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finisce con <strong>di</strong>sconoscerne l’intenso conflitto che caratterizzò la sua vita <strong>di</strong>visa<br />

tra una natura appassionata e profonda e la rigida educazione vittoriana<br />

che aveva ricevuto.<br />

È per questa persistente mancanza <strong>di</strong> riconoscimento da parte <strong>di</strong> una<br />

certa cultura “co<strong>di</strong>ficata” italiana che mi sembra giusto contribuire a <strong>di</strong>ffondere<br />

<strong>di</strong> lei un’immagine meno falsamente “poeticizzata” e più intimamente<br />

autentica.<br />

Quasi tutte le scrittrici dell’Ottocento inglese che hanno raggiunto<br />

qualche forma <strong>di</strong> notorietà – poiché possiamo presumere che <strong>di</strong> altre non si<br />

sia mai scoperta l’opera nascosta in qualche sperduto cassetto – non si sono<br />

mai sposate o per lo meno non hanno avuto una vita matrimoniale convenzionale<br />

o stabile. Parliamo <strong>di</strong> Jane Austen, <strong>di</strong> Dorothy Wordsworth, <strong>di</strong><br />

Anne, Charlotte e Emily Brontë, <strong>di</strong> Elizabeth Gaskell, <strong>di</strong> George Eliot, <strong>di</strong><br />

Elizabeth Barrett Browning e <strong>di</strong> Christina G. Rossetti, per citare solo alcune<br />

delle scrittrici più note. Altri tratti che le caratterizzarono e che le <strong>di</strong>stinsero<br />

dalle altre donne del loro tempo sono che, nella maggioranza dei casi, non<br />

ebbero figli, dovettero usare uno pseudonimo per pubblicare o non pubblicarono<br />

mai in vita – come nel caso della sorella <strong>di</strong> William Wordsworth –<br />

poterono in qualche modo permettersi <strong>di</strong> non lavorare e osarono scrivere<br />

in un contesto a loro totalmente ostile, in cui anche gli intellettuali più progressisti<br />

trovavano incomprensibile che una donna potesse avere le capacità<br />

adatte per esprimersi nella scrittura e potesse avere qualcosa <strong>di</strong> rilevante<br />

da <strong>di</strong>re. 4 Il curriculum <strong>di</strong> una donna sposata consisteva nel <strong>di</strong>ventare una<br />

perfetta donna <strong>di</strong> casa, modello che era stato co<strong>di</strong>ficato nel poema The<br />

Angel in the House (1854-56) <strong>di</strong> Coventry Patmore, e una zelante generatrici<br />

<strong>di</strong> figli, 5 in modo tale che, specialmente nel caso <strong>di</strong> appartenenza a una<br />

classe sociale me<strong>di</strong>a e non me<strong>di</strong>o-alta o alta, il coinvolgimento con la routine<br />

familiare l’avrebbe resa incapace <strong>di</strong> adempiere ad altro che non fossero<br />

la cura dei figli, l’accu<strong>di</strong>mento dei parenti più anziani e il ruolo <strong>di</strong> moglie<br />

perfetta.<br />

4 Possiamo ricordare qui che il poeta Robert Southey, amico <strong>di</strong> William Wordsworth,<br />

rispose alla ventenne Charlotte Brontë, che gli aveva mandato alcune sue poesie che “la letteratura<br />

non è un’attività adatta alle donne”.<br />

5 Il che ci riporta a Martin Lutero che, come è stato rilevato da Margaret L. King in Women<br />

in the Renaissance, University of Chicago Press, 1991 (trad. ital. Le Donne nel Rinascimento,<br />

Bari, Laterza, 1991), “auspicava che le donne si consumassero pure <strong>di</strong> stanchezza, perché fare i<br />

figli era ‘questo lo scopo per cui esistono’”.<br />

– 183 –

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