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MISCELLANEA 2004 2005.pdf - Liceo Ginnasio Statale Orazio di ...

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la visione non come contemplazione fine a se stessa, ma come apertura,<br />

superamento dell’apparenza, ingresso nella profon<strong>di</strong>tà che si traduce in<br />

nuove forme <strong>di</strong> azione e <strong>di</strong> comunicazione. In un mondo in cui prevale la<br />

tecnica, in cui il corpo si espande oltre misura, c’è bisogno, come <strong>di</strong>ce<br />

Bergson, <strong>di</strong> un “supplemento <strong>di</strong> anima”, la meccanica esigerebbe una<br />

mistica. Il filosofo si pronunciava in questo senso mentre l’Europa combatteva<br />

il cancro del nazismo, già vittorioso in paesi come la Francia e in altre<br />

nazioni. Egli auspicava l’intervento salvifico <strong>di</strong> un genio mistico animato<br />

da un amore profondo ed eccezionale per il genere umano. Personalità<br />

<strong>di</strong> questo tipo sono comparse nell’antica Grecia e nell’In<strong>di</strong>a, anche se in<br />

quest’ultimo paese il bud<strong>di</strong>smo si è risolto in un misticismo contemplativo<br />

non votato all’azione. I mistici cristiani come San Paolo, San Francesco,<br />

Santa Caterina, Santa Teresa, hanno coltivato l’estasi, non come un punto<br />

<strong>di</strong> arrivo ma come punto <strong>di</strong> partenza dell’azione trasformatrice del mondo.<br />

La particolare esperienza dei mistici rappresenta un modo unico <strong>di</strong> “vedere<br />

Dio” e <strong>di</strong> amarlo <strong>di</strong> quell’amore assoluto che trasfuso negli uomini si renda<br />

tangibile al punto <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare le loro relazioni. Non è una <strong>di</strong>mensione<br />

irrazionale, non è la visione dell’assurdo: è una prospettiva. È trascorso ancora<br />

altro tempo, siamo stati capaci <strong>di</strong> ulteriori manipolazioni della natura,<br />

abbiamo costruito macchine infernali, sappiamo lanciare missili a <strong>di</strong>stanze<br />

supersoniche,eppure mai come oggi siamo solo apparentemente felici.<br />

IL DOVERE DELLA SPERANZA<br />

Nella Retorica Aristotele afferma che “la paura è un’agitazione prodotta<br />

dalla prospettiva <strong>di</strong> un male futuro che sia capace <strong>di</strong> generare morte o<br />

dolore”. In realtà gli uomini poco si preoccupano <strong>di</strong> ciò che appare loro<br />

come lontano, specie se nel frattempo fanno esperienza della loro forza e<br />

della loro potenza acquistando ricchezza, rincorrendo il potere, ottenendo il<br />

successo. Da questi due sentimenti uniti,cioè da quello della nostra forza e<br />

da quello della nostra miseria derivano tutte le passioni perché, come affermano<br />

molti stu<strong>di</strong>osi, se insistiamo sulla piccolezza e la miseria rischiamo<br />

<strong>di</strong> uscire da noi stessi, se abbiamo consapevolezza e cre<strong>di</strong>amo nelle nostre<br />

risorse ci apriamo a quella fiduciosa attesa dell’avvenire che si chiama<br />

speranza. Nel 1959 E. Bloch pubblicò un libro dal titolo emblematico “Il<br />

principio speranza”. Qui la speranza <strong>di</strong>venta il principio dell’azione, un<br />

pensiero che si pone come “OLTREPASSAMENTO” del presente proprio<br />

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