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MISCELLANEA 2004 2005.pdf - Liceo Ginnasio Statale Orazio di ...

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Né io mi arrabbiai! Incantato stetti a sentire. Era una malattia che mi<br />

elevava alla più alta nobiltà. Cospicua quella malattia <strong>di</strong> cui gli antenati<br />

arrivavano all’epoca mitologica! E non mi arrabbio neppure adesso che<br />

sono qui solo con la penna in mano. Ne rido <strong>di</strong> cuore.”<br />

La descrizione della morte del padre è per Svevo solo un mezzo <strong>di</strong> indagine<br />

per risalire alla propria malattia, riannodando le fila del suo itinerario<br />

tortuoso nel labirinto della “coscienza”: vengono così alla luce le false<br />

costruzioni, gli alibi, le bugie, l’assenza <strong>di</strong> principi e <strong>di</strong> “carattere” che<br />

fanno <strong>di</strong> Zeno, uno “straniero” (Xenos in greco vuol <strong>di</strong>re straniero), un<br />

uomo-onda, che non si può più definire né buono né cattivo, né bello né<br />

brutto ma solo “originale”, proprio come la vita.<br />

Oggi il prolungamento della vita me<strong>di</strong>a in Occidente, favorito dalla me<strong>di</strong>cina<br />

preventiva e dalla sanità pubblica, dalle misure igienico-sanitarie, dal<br />

benessere e dai progressi straor<strong>di</strong>nari della ricerca scientifica, dà all’uomo<br />

l’illusione della propria eternità: si pensa inconsciamente che la morte toccherà<br />

a qualcun altro, e che la propria eventuale malattia sarà curabile, e<br />

d’altronde persone più che adulte spesso non hanno mai materialmente assistito<br />

alla morte <strong>di</strong> qualcuno, o sono state sfiorate dal lutto altrui solo episo<strong>di</strong>camente;<br />

questo ha mo<strong>di</strong>ficato profondamente le strutture psicologiche e<br />

mentali, e ha rimosso nell’immaginario collettivo la realtà della fine. Leggendo<br />

il romanzo <strong>di</strong> Yeoshua, Viaggio alla fine del millennio, ambientato nel<br />

primo millennio dopo Cristo, allorché ci si imbatte in un ricco mercante<br />

ebreo <strong>di</strong> origine africana che, trentacinquenne, pensa già a far testamento e<br />

calcola in termini <strong>di</strong> pochi anni le proprie possibilità <strong>di</strong> sopravvivenza, pur<br />

essendo nel pieno vigore fisico e mentale <strong>di</strong> padre e <strong>di</strong> marito, si rimane<br />

quasi traumatizzati, tanto siamo abituati a considerare in modo retroattivo<br />

il privilegio della nostra generazione <strong>di</strong> poter giungere ottuagenari, se non<br />

centenari all’appuntamento con la morte. E <strong>di</strong> questa si ha pudore: persino<br />

la chiesa, come sempre prontissima a cogliere le trasformazioni in atto, per<br />

rendere meno traumatico l’impatto con l’Estrema Unzione, la fa impartire<br />

collettivamente, in cerimonie serene, ad anziani in buone con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

salute, e che siano ovviamente consenzienti.<br />

Ma, come hanno <strong>di</strong>mostrato sia Ariès in Storia della morte in Occidente,<br />

sia Norbert Elias in La solitu<strong>di</strong>ne del morente, questo sentire collettivo ha dei<br />

costi: intanto oggi è rarissimo che si muoia nel proprio letto e nella propria<br />

casa, assistiti dai propri cari: tutti hanno fretta, nessuno, neanche i me<strong>di</strong>ci<br />

<strong>di</strong> famiglia, è <strong>di</strong>sponibile al prezzo da pagare in pazienza, de<strong>di</strong>zione, costi<br />

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