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MISCELLANEA 2004 2005.pdf - Liceo Ginnasio Statale Orazio di ...

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tra eros e thanatos, così afferma Freud – o tra voluntas e noluntas, come sostiene<br />

Schopenhauer.<br />

Un grande scrittore <strong>di</strong> cultura mitteleuropea, Italo Svevo, suggestionato<br />

da queste fonti filosofiche, variamente combinate con la teoria dell’evoluzione<br />

<strong>di</strong> Darwin e con la critica nietzscheana condotta contro gli stereotipi<br />

mentali e le convenzioni sociali persistenti, reinterpreta letterariamente il<br />

tema della morte in tutti e tre i suoi romanzi, nei quali rappresenta una nuova<br />

tipologia umana, quella dell’inetto. L’inetto Alfonso Nitti sembra fare apposta<br />

a scegliere i percorsi più fallimentari nel lavoro e nella vita sociale<br />

come nell’amore, cosicché il suici<strong>di</strong>o a cui approda non è che inevitabile<br />

conclusione delle sue fughe e <strong>di</strong> quei ghirigori mentali nei quali vanifica<br />

anche ciò che <strong>di</strong> buono il caso, nuovo deus ex machina del romanzo novecentesco,<br />

sembra avergli offerto: la frequentazione <strong>di</strong> casa Maller, l’infatuazione<br />

<strong>di</strong> Annetta Maller per lui, infine la seduzione. In una delle scene memorabili<br />

del romanzo Una Vita, mentre si trovano in barca nel golfo <strong>di</strong><br />

Trieste, quando ancora le sorti del gioco sono in bilico e sembrano favorire<br />

Alfonso, Macario, cugino <strong>di</strong> Annetta e suo futuro marito, mostra al suo rivale<br />

dei gabbiani che si immergono a carpire la preda nelle acque, osservando che<br />

alcuni in<strong>di</strong>vidui della specie umana nascono come i gabbiani, forniti <strong>di</strong><br />

becchi e artigli, ed altri ne sono invece sprovvisti: Alfonso è tra questi ultimi.<br />

Facile profezia. Preda delle pulsioni <strong>di</strong> morte, l’inetto, un passo dopo<br />

l’altro, si metterà in un tunnel senza uscita.<br />

Ma dove il tema della morte si presenta nella <strong>di</strong>mensione più originale e<br />

sfaccettata è nel capitolo IV de La coscienza <strong>di</strong> Zeno. L’antieroe, protagonista<br />

e narratore omo<strong>di</strong>egetico 7 del romanzo, ricostruisce questa pagina fondamentale<br />

della sua vita già fornendone una chiave <strong>di</strong> lettura come <strong>di</strong> una<br />

vera trage<strong>di</strong>a, tale da rendere sbia<strong>di</strong>ta la precedente esperienza della morte<br />

della madre. Prendono rilievo qui non solo le capacità narrative, apprese su<br />

Flaubert, <strong>di</strong> ricostruire nelle sue fasi strazianti e per scorci potenti la malattia<br />

e l’agonia, ma tutta una serie <strong>di</strong> temi sveviani ed universali: l’ambivalenza<br />

7 Quando la voce narrante in un romanzo è quella dello stesso protagonista si definisce<br />

“omo<strong>di</strong>egetica”; è questo il punto <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza maggiore con il romanzo ottocentesco, in cui il<br />

narratore “esterno onnisciente” costituisce un vero e proprio personaggio, portatore <strong>di</strong> valori,<br />

fabbro e ideatore <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zi, intrecci, prolessi, descrizioni, tutte all’apparenza “vere”, anzi<br />

“oggettive”, incar<strong>di</strong>nate nel principio della causalità. Nel romanzo <strong>di</strong> Svevo, come in quelli <strong>di</strong><br />

Pirandello, anch’essi a narratore omo<strong>di</strong>egetico (Il fu Mattia Pascal e Uno, nessuno e centomila),<br />

la destrutturazione del romanzo ottocentesco comincia dal totale soggettivismo e relativismo del<br />

racconto.<br />

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