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MISCELLANEA 2004 2005.pdf - Liceo Ginnasio Statale Orazio di ...

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v. 123: con lei ti lascerò: quanta premura, quasi materna, in queste parole <strong>di</strong><br />

Virgilio che, superato momentaneamente lo sconforto, rientra nel ruolo<br />

della guida sempre affidabile e sicura! Ma, anche, quanta allegoria! È<br />

chiaro, infatti, l’impianto tomistico della scena: è la Ragione che, giunta<br />

ai limiti delle sue possibilità, deve cedere il posto ad una “facoltà” più<br />

alta, sovrumana, la Fede, o Verità rivelata, o anche Teologia, rappresentata<br />

da Beatrice. Nel Para<strong>di</strong>so, reggia <strong>di</strong> Dio, l’uomo non ha più nulla<br />

da capire: l’unica sua possibile attività è la contemplazione del Mistero,<br />

fonte <strong>di</strong> ogni beatitu<strong>di</strong>ne ed attingibile solo con la fede.<br />

v. 124: imperador: la politica contemporanea a Dante pone una rigida <strong>di</strong>scriminazione<br />

tra re ed imperatore, il primo governando su un territorio occupato<br />

da un popolo omogeneo per etnia, lingua, tra<strong>di</strong>zioni, il secondo<br />

invece raccogliendo sotto la propria autorità un insieme <strong>di</strong> genti anche<br />

<strong>di</strong>versissime tra loro; è inteso che quest’ultimo, a sua volta, ha giuris<strong>di</strong>zione<br />

specifica, da re, su una ben determinata regione. Come vuole la<br />

concezione figurale me<strong>di</strong>oevale, che nella Divina Comme<strong>di</strong>a ha uno<br />

degli esempi più eclatanti, Dante applica al Cielo ciò che è in terra: così,<br />

Dio è imperatore sull’universo, ma re in Para<strong>di</strong>so, come avrà modo <strong>di</strong><br />

specificare nei versi seguenti (in tutte parti impera e quivi regge, v. 127)<br />

attraverso Virgilio che, da Romano, quin<strong>di</strong> incline alle sottigliezze giuri<strong>di</strong>che<br />

e giuris<strong>di</strong>zionali, non vuol lasciare dubbi in proposito.<br />

v. 125: ribellante: Virgilio usa nei propri confronti una parola forte, volutamente<br />

ambigua, che accentua la sua posizione <strong>di</strong> “colpevole” rispetto<br />

alla giustizia <strong>di</strong>vina, quasi a voler convincere Dante dell’equità della<br />

propria condanna: in realtà il termine è da considerare non nella sua<br />

accezione comune, quanto in quella <strong>di</strong> “estraneo”, “alieno”. La rigida<br />

concezione me<strong>di</strong>oevale, ma neanche troppo <strong>di</strong>versa da quella o<strong>di</strong>erna,<br />

che <strong>di</strong>ce “extra ecclesiam nulla salus”, <strong>di</strong>videva infatti gli uomini in<br />

“cristiani” e “infedeli”, anche in<strong>di</strong>pendentemente dalle leggi della storia.<br />

v. 126: per me si vegna: da notare l’uso del gallicismo “per” (da “par”),<br />

che si accompagna a quello della forma dell’impersonale “si vegna”:<br />

Virgilio nella sua <strong>di</strong>gnitosa <strong>di</strong>sperazione sembra quasi ripu<strong>di</strong>are il suo<br />

“sé” <strong>di</strong> uomo precristiano che gli ha fatto perdere il Para<strong>di</strong>so, a lui che<br />

cantò la virtus e l’humanitas, valori sommi ma assolutamente privi <strong>di</strong><br />

significato senza il superiore suggello della Fede.<br />

– 140 –

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