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MISCELLANEA 2004 2005.pdf - Liceo Ginnasio Statale Orazio di ...

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della morte della speranza, uccisa dal peccato. Altri tentativi <strong>di</strong> <strong>di</strong>panare<br />

l’intricata matassa, nonostante il notevole sforzo esegetico, sono apparsi<br />

meno persuasivi, talvolta forzati.<br />

v. 65: miserere: sembra <strong>di</strong>fficile che Dante, in questo momento <strong>di</strong> concitazione<br />

ed angoscia, si senta in vena <strong>di</strong> citare un testo sacro (con Miserere<br />

inizia, infatti, il Salmo 50): piuttosto credo che qui al Poeta, istintivamente,<br />

sia corsa sulle labbra un’invocazione propria del linguaggio<br />

colloquiale, benché <strong>di</strong> ascendenza liturgica.<br />

v. 66: qual...certo: Dante non è affatto sicuro che la figura che gli compare<br />

davanti sia un essere vivente, ma la sua angoscia è tale da spingerlo ad<br />

aggrapparsi anche a qualcosa <strong>di</strong> indefinito o sconosciuto: segno che il<br />

peccato ha intaccato le sue facoltà razionali, ma anche che egli non si<br />

rassegna a soggiacergli e con tutte le forze, anche con quelle dell’irrazionale,<br />

si <strong>di</strong>batte per sfuggirgli.<br />

v. 67: non...fui: con un andamento che sembra riecheggiare certe movenze<br />

da letteratura popolare, in cui l’antagonista risponde al protagonista<br />

riprendendo la sua stessa espressione, Virgilio, con una flemma che non<br />

avrà certamente contribuito a rassicurare Dante, procede all’autopresentazione.<br />

Innanzitutto tiene a precisare la sua attuale con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> “non<br />

più uomo”, che rappresenta in fondo anche la sua situazione morale.<br />

Infatti, privato del corpo (“omo già fui”, sembra <strong>di</strong>re con una punta <strong>di</strong><br />

nostalgia), privato della possibilità <strong>di</strong> nutrire l’anima della luce <strong>di</strong> Dio,<br />

egli vive una sofferenza tutta interiore, che ne fa una figura <strong>di</strong> considerevole<br />

spessore elegiaco, ben tornita da Dante con l’efficace strumento<br />

stilistico del chiasmo. Da questo momento faremo bene a prestare una<br />

delicata attenzione verso questo straor<strong>di</strong>nario carattere, che, <strong>di</strong>gnitoso e<br />

sempre all’altezza della sua missione, porterà dentro <strong>di</strong> sé, senza mai<br />

ostentarlo, un dolore chiuso ed irrime<strong>di</strong>abile: è quella Sehnsucht virgiliana<br />

che si materializza ora in una parola, ora in un gesto, ora (questo<br />

sarà visibile nel Purgatorio) in un momento <strong>di</strong> incertezza. Spesso gli insegnanti<br />

non sanno cosa rispondere a quella domanda che, puntuale,<br />

viene loro rivolta ogni anno dagli allievi che non possono capacitarsi<br />

dell’“ingiustizia” subita dal grande poeta latino: cosa ha fatto per meritarsi<br />

la dannazione eterna? Cosa ha a che spartire con la lussuriosa<br />

Francesca, con l’eretico Farinata, con il suicida Pier delle Vigne? Da-<br />

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