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MISCELLANEA 2004 2005.pdf - Liceo Ginnasio Statale Orazio di ...

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v. 62: mi si fu offerto: da notare l’uso <strong>di</strong> un tempo alquanto inconsueto, il<br />

trapassato remoto, con il quale il Poeta vuol informarci che la misteriosa<br />

apparizione si trovava in quel luogo ancor prima <strong>di</strong> essere da lui<br />

scorta. Anche in questo caso, come si vede, la comparsa <strong>di</strong> un personaggio<br />

si presenta improvvisa, come era accaduto per le tre fiere:<br />

questo ci inserisce in un’atmosfera solenne e carica <strong>di</strong> attesa, benché<br />

in questa circostanza sembra <strong>di</strong> avvertire piuttosto chiaramente che<br />

ciò che sta per avvenire non avrà l’impatto negativo delle esperienze<br />

precedenti, bensì prepara all’uscita dalla trappola.<br />

v. 63: parea: qui il verbo non ha sfumature oniriche (come vedremo nel<br />

Para<strong>di</strong>so) ma risponde al significato <strong>di</strong> “apparire”.<br />

silenzio-fioco: ai nostri occhi <strong>di</strong> lettori moderni che non sanno più leggere<br />

<strong>di</strong> poesia (tanto meno crearla, come si <strong>di</strong>sperava Leopar<strong>di</strong>), il verso<br />

appare ricco <strong>di</strong> insanabili contrad<strong>di</strong>zioni: anticamente, infatti, si ritenne<br />

che “fioco” fosse da relazionare alla voce, che non parla da tanti secoli,<br />

<strong>di</strong> Virgilio che, però, almeno per il momento, non fa motto... Si può allora<br />

ricorrere al significato allegorico, escamotage non <strong>di</strong> basso profilo,<br />

se si pensa al calibro, se non altro storico, <strong>di</strong> chi l’ha suggerito: Pietro,<br />

figlio <strong>di</strong> Dante: “...Dante...vuol significare in che modo la ragione in<br />

questo inizio non gli parlava ancora in modo <strong>di</strong>stinto”. Ma, come recita<br />

la regola d’oro del dantista, l’allegoria deve sempre essere sostenuta dal<br />

senso letterale del testo: Boccaccio, piuttosto ingiustamente, mi sembra,<br />

ritenne che Dante si volesse riferire, con “lungo silenzio”, all’in<strong>di</strong>fferenza<br />

che ai suoi tempi aveva ormai avvolto l’opera <strong>di</strong> Virgilio: cosa<br />

che davvero non si può <strong>di</strong>re, se pensiamo che, anzi, il Poeta latino<br />

costituì un punto <strong>di</strong> riferimento sia letterario sia morale lungo tutto il<br />

corso del me<strong>di</strong>oevo. Il Pagliaro (Ulisse. Ricerche semantiche sulla<br />

Divina Comme<strong>di</strong>a, Messina-Firenze, 1967) <strong>di</strong>ede il suo contributo<br />

correlando “fioco” all’inconsistenza corporea delle anime in generale<br />

(ipotesi negata dal “mi si fu offerto”, che fa pensare ad un’immagine<br />

ben rilevata, ma contemporaneamente sostenuta da “od ombra od omo<br />

certo!”) e “lungo silenzio” alla morte del personaggio, avvenuta molto<br />

tempo prima. Il Mazzoni (Saggio <strong>di</strong> un nuovo commento della Divina<br />

Comme<strong>di</strong>a, Firenze, 1967) propone una lettura alquanto convincente,<br />

anche sotto il profilo allegorico: Dante stenterebbe a <strong>di</strong>stinguere i tratti<br />

(“fioco”) <strong>di</strong> colui che ha <strong>di</strong> fronte a causa dell’assenza del sole (“silenzio”),<br />

qui nella piaggia, dove il buio è fisico ma anche segno tangibile<br />

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