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MISCELLANEA 2004 2005.pdf - Liceo Ginnasio Statale Orazio di ...

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si conosce facile preda <strong>di</strong> quel vizio, ma proprio per questo si trova più<br />

a suo agio nell’affrontarlo, mentre la cupi<strong>di</strong>gia è un male epocale, verso<br />

il quale è necessario affilare ancora le armi. Siamo così giunti al culmine<br />

del climax <strong>di</strong> comportamenti (degli animali e, conseguentemente,<br />

<strong>di</strong> Dante) che aveva visto la luce con la “lonza”: questa, infatti, ostacola<br />

il Poeta ma non gli si fa contro, mentre il leone si fa più aggressivo<br />

nel ruggito e nell’incedere; la lupa, infine, non solo assale Dante, ma lo<br />

respinge anche verso la selva.<br />

v. 54: la speranza de l’altezza: espressione molto sintetica, efficacissima,<br />

che ci mostra un Poeta ormai vinto dallo strapotere della lupa; egli<br />

ha “perso” qualcosa <strong>di</strong> vitale, non “smarrito”, come ad inizio canto,<br />

quando la sua inconsapevolezza non gli aveva ancora mostrato l’“altezza”.<br />

Così la <strong>di</strong>sperazione si concentra in un sostantivo astratto (“altezza”),<br />

che qualifica un profondo stato <strong>di</strong> svuotamento interiore, come<br />

prima il concreto “gravezza” aveva espresso, invece, un’impressione<br />

pesantemente fisica.<br />

v. 55: quei che volentieri acquista: ancora una metafora, meno chiara della<br />

precedente, che evoca una tipologia umana; l’ipotesi tra<strong>di</strong>zionale vede<br />

nel personaggio la figura dell’avaro, che soffre nel perdere, per circostanze<br />

impreve<strong>di</strong>bili, quanto ha accumulato con tanta cura. Ma è possibile<br />

che qui Dante si paragoni proprio al portatore del vizio contro il<br />

quale ha appena pronunciato la sua allegorica requisitoria? Più convincente<br />

l’ipotesi del Contini, che pensa al personaggio del giocatore: “Il<br />

linguaggio allude... al giocatore..., in assoluta coerenza con la con<strong>di</strong>zione<br />

<strong>di</strong> Dante che si è ‘giocata’ o vede ‘in gioco’, improvvisamente, la<br />

sua salute” (G.F. Contini, Varianti e altra linguistica, Einau<strong>di</strong>, Torino<br />

1979, p. 429). Comunque sia, l’immagine, oltre a caratterizzare con<br />

piena aderenza lo stato d’animo <strong>di</strong> Dante, che vede svanire quella salvezza<br />

che riteneva acquisita, ha una funzione <strong>di</strong> exemplum: come spesso<br />

ammonisce il Vangelo, è necessario vegliare continuamente contro la<br />

subdola (“lonza”), minacciosa (leone), aggressiva (lupa) minaccia del<br />

peccato.<br />

v. 57: piange e s’attrista: siamo davanti ad una non frequente forma retorica,<br />

quella dello ‘υ´στερον πρóτερον: infatti è logico pensare che ci rattristi<br />

prima <strong>di</strong> piangere.<br />

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