MISCELLANEA 2004 2005.pdf - Liceo Ginnasio Statale Orazio di ...
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XX, 10; Pd. IX, 132; Pd. XXV, 6). In effetti non pochi riferimenti lo<br />
autorizzavano a tale operazione: S. Paolo, in 1Tm. 6,10), scriveva infatti:<br />
“La cupi<strong>di</strong>gia... è la ra<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> tutti i mali”; cfr. anche Ez 20,27, Os<br />
13,5 e infine, Ger. 5,6. Così, sulla base scritturale, colorata però <strong>di</strong><br />
straor<strong>di</strong>naria forza immaginifica, Dante crea una situazione che oscilla<br />
sapientemente tra un energico realismo ed una potente carica simbolica,<br />
ciò che si spiega con il particolare interesse che il Poeta sentiva<br />
nei confronti <strong>di</strong> problema morale così attuale e gravido <strong>di</strong> conseguenze;<br />
infatti egli guardava con sempre crescente preoccupazione a<br />
quella sua società comunale sempre più incline ad una gestione economica<br />
<strong>di</strong> tipologia capitalistica ante litteram. Si venivano sempre più<br />
precisando le linee <strong>di</strong> una nuova organizzazione sociale, il cui fine era<br />
ormai <strong>di</strong>venuto, materialisticamente, l’accumulo <strong>di</strong> ricchezze, che<br />
creavano un sistema gerarchico non più basato sulla nobiltà <strong>di</strong> sangue<br />
o, come avrebbe voluto Dante, <strong>di</strong> sentire, bensì sul possesso. Tutto ciò,<br />
ovviamente, a detrimento <strong>di</strong> quei valori umani universali <strong>di</strong> cui la civiltà<br />
classica prima ed il mondo cortese poi, si erano mantenuti attenti<br />
depositari; potente sincretizzatore <strong>di</strong> quella e <strong>di</strong> questo, Dante non poteva<br />
rassegnarsi alla per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> quelle inestimabili ricchezze dell’anima<br />
che vedeva <strong>di</strong>sfarsi ogni giorno sotto i colpi del mercantilismo imperante.<br />
E non ha senso parlare <strong>di</strong> un Dante reazionario, avversario del<br />
progresso ed inconsapevole dei mutamenti storici che si producevano<br />
sotto i suoi occhi: a parte il fatto che l’intellettuale non deve essere necessariamente<br />
un “integrato” nella società, non forzatamente deve farsi<br />
“vate” dei suoi tempi, ma può benissimo opporre una sua Weltanschauung<br />
a quella a lui contemporanea (devo citare Foscolo, Leopar<strong>di</strong>,<br />
gli Scapigliati, S. Weil...?), il Poeta, ma sarebbe meglio <strong>di</strong>re l’uomo in<br />
generale, ha il <strong>di</strong>ritto, inalienabile, <strong>di</strong> perseguire un ideale per cui vivere,<br />
e, magari, morire. Quello <strong>di</strong> Dante, per il quale egli si è giocato<br />
“ogne cosa <strong>di</strong>letta”, era l’Or<strong>di</strong>ne: il superiore or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>vino, concretizzabile<br />
sulla terra nelle forme della monarchia universale e nella Chiesa<br />
ecumenica, ognuno con le sue competenze e le sue funzioni, ma entrambi<br />
con lo scopo sublime <strong>di</strong> favorire quell’istinto naturale che porta<br />
l’uomo verso Suo Padre, se non è “torto da falso piacere”.<br />
v. 50: carca... magrezza: interessante proce<strong>di</strong>mento ossimorico, che avvicina<br />
un aggettivo in<strong>di</strong>cante abbondanza (“carca”) ad un sostantivo<br />
denotante privazione (“magrezza”); come sempre, non si tratta <strong>di</strong> un<br />
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