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MISCELLANEA 2004 2005.pdf - Liceo Ginnasio Statale Orazio di ...

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smarrimento d’amore, infatti, provoca la concentrazione del sangue nella<br />

cavità car<strong>di</strong>aca ed il conseguente pallore tipico della fisionomia dell’amante.<br />

Il fenomeno clinico-poetico è descritto dallo stesso Dante nella<br />

rima Donne io non so, allorché si sente catturato dagli occhi della sua<br />

donna, dai quali “<strong>di</strong>scende una saetta che [gli] asciuga il lago del cor”.<br />

v. 21: notte: da sempre l’immaginario religioso, in particolar modo quello<br />

ebraico-cristiano, ha sentito la notte come momento <strong>di</strong> offuscamento<br />

spirituale: nel Purgatorio, come vedremo, durante la notte le anime<br />

bloccheranno il loro cammino penitenziale, impraticabile in assenza<br />

della luce-Dio (cfr. n. al verso 17). Qui, specificatamente, il periodo notturno<br />

<strong>di</strong> Dante è “il tempo in che nella ignoranza era stato” (Jacopo Alighieri):<br />

un tempo ormai passato, come abbiamo avuto modo <strong>di</strong> riba<strong>di</strong>re,<br />

ma rievocato da Dante a monito costante del pericolo sempre in agguato<br />

e sul quale deve soffermarsi la me<strong>di</strong>tazione del cristiano.<br />

Comunque, la notte è solo un brutto ricordo, superato ormai dall’alba,<br />

rassicurante emblema dell’imminente avvento della Grazia salvifica:<br />

Dante ancora non conosce forme e modalità <strong>di</strong> questa, che è tuttavia<br />

intuita attraverso la presenza del sole.<br />

pièta: dal greco πα´ θος , trasmesso ai Romani come pietas (che però si connota<br />

<strong>di</strong> una polisemia contestualizzata al co<strong>di</strong>ce culturale romano) in<strong>di</strong>ca<br />

un sentimento, o meglio una sensazione, che Dante proverà più volte nel<br />

corso del suo cammino infernale e che si potrebbe definire come uno<br />

stato <strong>di</strong> angustia morale, <strong>di</strong> turbamento <strong>di</strong> fronte ad un’umanità, nella<br />

quale il Poeta include se stesso, tanto sor<strong>di</strong>da e vile e tanto capace <strong>di</strong><br />

peccare contro quello stesso Dio che l’ha dotata <strong>di</strong> “intelletto e amore”.<br />

v. 22: E come...: è la famosa bellissima prima similitu<strong>di</strong>ne delle molte (cinquecentonovantasette)<br />

presenti del poema. Perfetta nella sua architettura<br />

retorica si compone, strutturalmente, <strong>di</strong> tre versi per parte con un<br />

effetto <strong>di</strong> armonia potenziato dal perfetto péndant tra le singole espressioni<br />

(“lena affannata” - “ancor fuggiva”; “uscito fuor” - “si volse a<br />

retro”; “l’acqua perigliosa - che non lasciò giammai persona viva”).<br />

Tuttavia, nonostante il rigore retorico che anima la comparazione, non<br />

si ha neanche per un attimo la sensazione <strong>di</strong> stentatezza o <strong>di</strong> macchinosità<br />

talvolta ingenerato da simili artifici letterari: Dante riesce infatti a<br />

celare il tecnicismo del suo gioco <strong>di</strong> poeta <strong>di</strong>etro immagini <strong>di</strong> possente<br />

realismo e <strong>di</strong> forte impatto psicologico.<br />

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