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MISCELLANEA 2004 2005.pdf - Liceo Ginnasio Statale Orazio di ...

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v. 12: verace via: l’espressione rappresenta una variatio <strong>di</strong> “<strong>di</strong>ritta via”; ma<br />

mentre questa appartiene all’ambito morale, “verace” suggerisce un più<br />

intimo contatto con la sfera religiosa, dove Dio è verità. Come appare<br />

evidente, qui Dante ha ben presente la <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> Cristo in Gv.<br />

14,6: “Ego sum via et veritas et vita”.<br />

v. 13: colle: come appare dal “ma” che, aprendo il verso, chiude la scena<br />

angosciosa precedente, troviamo qui il primo in<strong>di</strong>zio materiale della<br />

salvezza imminente, o almeno della possibilità, per Dante-umanità-<br />

Istituzioni, <strong>di</strong> coltivare una sia pur labile speranza: è il colle, simbolo<br />

della vita virtuosa, quella cui porta la “<strong>di</strong>ritta-verace” via, che Dante<br />

ha “smarrito”, ma non perso, e che gli si pone come obbiettivo. Come<br />

presto gli sarà chiaro, il percorso fisico che conduce al colle non è<br />

affatto agevole, ma arduo ed ad<strong>di</strong>rittura impraticabile se non preceduto<br />

da un durissimo percorso iniziatico-morale che lo guiderà dapprima alla<br />

conoscenza delle profon<strong>di</strong>tà del peccato, quin<strong>di</strong> all’esercizio <strong>di</strong> una<br />

asperrima penitenza, infine alla non meno dolorosa penetrazione della<br />

accecante gloria <strong>di</strong> Dio.<br />

v. 14: valle: notevole la “quasi rima” con la quale Dante lega “colle” <strong>di</strong> v.<br />

13 con “valle” <strong>di</strong> v. 14, quasi a creare tra i due termini, <strong>di</strong> per sé pressoché<br />

omofoni, una forte opposizione. In effetti i due elementi paesaggistici<br />

rappresentano realtà profondamente antitetiche: mentre la valle,<br />

infatti, <strong>di</strong>pinge un Dante ignaro <strong>di</strong> sé ed intorpi<strong>di</strong>to dal sonno spirituale<br />

che porta al peccato, il colle già lo in<strong>di</strong>vidua come uomo autocosciente<br />

e pronto all’azione per riconquistare la sua identità morale. Significativa<br />

mi sembra anche la <strong>di</strong>versa esposizione alla luce scelta dal Poeta<br />

per <strong>di</strong>fferenziare nettamente l’una e l’altra realtà etico-ambientale:<br />

oscura la valle ed evocatrice <strong>di</strong> insicurezza e <strong>di</strong> paura; risplendente <strong>di</strong><br />

sole, invece, il colle, e garanzia <strong>di</strong> stabilità morale nella certezza dell’approvazione<br />

<strong>di</strong> Dio (“mena dritto”).<br />

v. 16: in alto: l’“uomo nuovo” in Dante, già preconizzato dall’apparizione<br />

del colle, si concretizza tutto in questo guardare in alto, quasi a rispondere<br />

il suo “sì” all’azione salvifica <strong>di</strong> Dio. Il poeta, benché ancora lontano<br />

dal pieno compimento, su <strong>di</strong> sé e su tutta l’umanità, <strong>di</strong> questa<br />

azione, è però già <strong>di</strong>sponibile a farsene strumento. Egli è già risorto dal<br />

peccato.<br />

– 108 –

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