MISCELLANEA 2004 2005.pdf - Liceo Ginnasio Statale Orazio di ...
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selva: si tratta <strong>di</strong> un luogo-simbolo enormemente pregnante, <strong>di</strong> antica<br />
ascendenza allegorica, come si vedrà, e scelto da Dante a racchiudere<br />
una vera e propria “selva” <strong>di</strong> significati. Il senso allegorico che appare<br />
imme<strong>di</strong>atamente è quello, è evidente, del peccato: se l’immagine è<br />
mutuata da Virgilio (la selva intricata dell’Averno), da testi me<strong>di</strong>oevali<br />
(la foresta in cui, nel Trésor, Brunetto Latini racconta <strong>di</strong> essersi smarrito<br />
al ritorno dalla Spagna) ed anche dalla <strong>di</strong>mestichezza <strong>di</strong> Dante con<br />
il paesaggio rustico della Toscana <strong>di</strong> allora, l’allegoria è <strong>di</strong> <strong>di</strong>retta derivazione<br />
agostiniana (Conf. X, 35), scritturale (Eccl. 7,27) e... dantesca<br />
(Conv. IV, XXIV, 12: “la selva erronea <strong>di</strong> questa vita”). Ma, come<br />
spesso accade nella Divina Comme<strong>di</strong>a, l’allegoria morale si accontenta<br />
<strong>di</strong> un ruolo da comprimaria per lasciare spazio alla metafora ideologica<br />
e politica: così, la selva incarnerà la lotta per il potere tra Chiesa ed<br />
Impero, causa <strong>di</strong> decadenza e <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne (Sanguineti), ma anche la<br />
Firenze corrotta, meschina ed avida (la “trista selva” <strong>di</strong> Purg. XIV, 74)<br />
forgiata a propria immagine e somiglianza dalla gretta borghesia<br />
mercantile che da decenni deteneva il potere economico della città.<br />
oscura: determinante questa assenza <strong>di</strong> luce, riba<strong>di</strong>ta a v. 60 dal “tacere” del<br />
sole; la luce, infatti, è il luogo dell’armonia, nella quale, per citare<br />
Guar<strong>di</strong>ni, “il significato si rivela”. Qui, infatti, nulla può essere rivelato,<br />
proprio per la mancanza della luce-Dio, che non può essere attinta<br />
senza il cammino teoretico: “...Dante, dalla sua oscurità, non la può<br />
raggiungere <strong>di</strong>rettamente. Deve prima attraversare tutta l’esistenza, riconoscersi<br />
nelle immagini della storia <strong>di</strong>venute manifeste nella luce<br />
dell’eternità e, superandosi, giungere alla libertà” (R. Guar<strong>di</strong>ni, Stu<strong>di</strong> su<br />
Dante, Brescia, 1979, pp. 281-2).<br />
che: benché non causi mutamenti determinanti nell’intelligenza generale del<br />
passo, la locuzione sembra passibile <strong>di</strong> varie sfumature interpretative:<br />
causale (“perché”), consecutiva (“così che”), modale (“nella con<strong>di</strong>zione<br />
in cui”).<br />
<strong>di</strong>ritta: dopo tanta simbologia, l’aggettivo ci rammenta che Dante è, soprattutto,<br />
poeta e profondo conoscitore della letteratura contemporanea:<br />
non gli saranno state certamente estranee le selve dei romanzi cavallereschi,<br />
dove l’eroe, al culmine del dramma, doveva scegliere la via <strong>di</strong>ritta,<br />
cioè la destra, quella del bene. Anche in Dante, come nell’immaginario<br />
poetico collettivo, la selva avrà rappresentato il luogo dell’avventura,<br />
così come sarà per Ariosto e, in modo molto più complesso,<br />
per Tasso.<br />
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