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MISCELLANEA 2004 2005.pdf - Liceo Ginnasio Statale Orazio di ...

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della sensazione è accompagnata dalla ben nota fenomenologia fisiologica,<br />

che si fa immagine reale, concreta e visibile, anche piuttosto caricata dal<br />

Poeta (tremar le vene e i polsi, lago del cor ecc.).<br />

Ma il canto presenta anche un’altra tematica <strong>di</strong> chiaro interesse, coagulata<br />

intorno alla parola nostra, che lo Spitzer definisce “possessive of<br />

human solidarity”: già dal primo verso, a quanto pare, Dante cerca <strong>di</strong> coinvolgerci<br />

in questo suo-nostro viaggio, soprattutto <strong>di</strong> chiarire alla nostra<br />

intelligenza la portata universale <strong>di</strong> questa sua esperienza, che riguarda tutti,<br />

e a cui in qualche modo dobbiamo tutti prender parte. Non è più il momento<br />

(lo vedremo dal canto VI, politico nel senso più greco della parola, come si<br />

cercherà <strong>di</strong> precisare in quella sede) <strong>di</strong> rimanere inerti, ognuno nel proprio<br />

guicciar<strong>di</strong>niano “particulare”: in una situazione <strong>di</strong> sbandamento politico, <strong>di</strong><br />

corruzione a livello <strong>di</strong> curia papale, <strong>di</strong> instabilità sociale, l’uomo, ogni<br />

uomo, è chiamato da Dante all’impegno personale, che parte dal momento<br />

etico in<strong>di</strong>viduale per risolversi sul piano storico religioso. Quel nostra<br />

muove certamente da una constatazione cronologica (trentacinque anni<br />

rappresentavano “il mezzo” dell’aspettativa <strong>di</strong> vita dell’uomo me<strong>di</strong>oevale),<br />

ma si precisa subito in una “chiamata alle armi” contro un nemico che è<br />

interiore (il peccato) ma che tarla quelle istituzioni (Chiesa e Impero) necessarie<br />

al benessere, ad ogni benessere dell’umanità; e sarà Dante stesso a<br />

guidare questo esercito virtuale che porrà le basi morali <strong>di</strong> una palingenesi<br />

globale. Dante ha bisogno dei suoi lettori; essi sono il suo esercito, il prototipo<br />

dell’uomo nuovo. Come si vede, secoli prima dell’Illuminismo, che<br />

avrebbe conferito all’intellettuale il ruolo <strong>di</strong> educatore del popolo, e del<br />

Romanticismo, che lo avrebbe visto come vate della liberazione nazionale,<br />

Dante aveva già ben chiaro il compito cui l’uomo <strong>di</strong> cultura era chiamato,<br />

un compito ben più arduo e totalizzante: messaggero <strong>di</strong> Dio (compagna la<br />

Ragione), esorcista contro il Male che semina i vizi sulla Terra, stabilizzatore<br />

politico, equilibratore sociale, insomma guida morale dell’umanità<br />

verso il suo Principio Primo passando necessariamente attraverso quei<br />

principi da Lui scaturenti che si sommano nei concetti <strong>di</strong> pace e giustizia.<br />

Anche interessante mi sembra l’altra tematica espressa da Dante nella<br />

seconda terzina, quella del sermo deficit (ahi quanto a <strong>di</strong>r qual era è cosa<br />

dura, io non so ben ri<strong>di</strong>r) soprattutto per la possibilità <strong>di</strong> chiarire meglio la<br />

<strong>di</strong>fferenza che intercorre tra questo concetto e quello ricorrentemente<br />

espresso nel Para<strong>di</strong>so. Mentre l’ineffabile del Para<strong>di</strong>so aveva come background<br />

una serie <strong>di</strong> giustificazioni teologiche che penetravano la realtà del<br />

rapporto tra uomo e Dio (la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> livello tra intelletto e memoria,<br />

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