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Settembre - CAI L'Aquila

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SETTEMBRE 2007<br />

Anno 5, n 9<br />

IN FIAMME L’ABRUZZO AQUILANO<br />

La montagna di San Giuliano è stata<br />

distrutta da un incendio che per giorni ha<br />

tenuto col fiato sospeso gli aquilani ed in<br />

particolar modo i soci del <strong>CAI</strong> nel<br />

vedere compromessa l’incolumità della<br />

chiesetta della Madonna Fore.<br />

Pur lambita dal fuoco si è salvata!…<br />

Tutt’intorno terra bruciata! Pini,<br />

sottobosco: solo cenere. La “Crocetta” è<br />

ormai una zona desolata.<br />

Ma l’habitat del luogo deve continuare a vivere e ce la<br />

metteremo tutta per riportare la montagna cara agli aquilani,<br />

al vecchio splendore; “non buttiamo la spugna” e, come<br />

ormai è consuetudine, anche quest’anno ci ritroveremo nella<br />

chiesetta per la XV a edizione della rievocazione storica dei<br />

Canti di Montagna alla Madonna Fore e per ripartire con<br />

questa manifestazione beneaugurante. Cari soci intervenite.<br />

L’OMETTO DI PIETRA<br />

CLUB ALPINO ITALIANO - SEZIONE DELL’AQUILA<br />

COMMISSIONE ESCURSIONISMO<br />

“IN … MONTAGNA” con il C.A.I. dell’AQUILA<br />

Alla Madonna Fore –domenica 19 agosto<br />

Guerra con il fuoco!…<br />

Foto: Monte Castelvecchio dopo il rogo e a sn. il<br />

Sindaco dell’Aquila Massimo Cialente insieme<br />

con i volontari del <strong>CAI</strong> dell’Aquila<br />

VENERDÌ 7 SETTEMBRE<br />

Rievocazione della escursione storica notturna alla “Madonna Fore” (XV a edizione)<br />

“Non tà mancà chi tè poch’ e core a mezzanotte alla Madonna Fore”<br />

Allo scoccare dei 99 tocchi i soci della sezione aquilana del Club Alpino Italiano invitano la cittadinanza a<br />

partecipare alla rievocazione della festa delle canzoni al santuario della Madonna Fore.<br />

PROGRAMMA<br />

ore 18.30 - Presso la Sede C.A.I. in Via Sassa, n. 34, esibizione di Cori<br />

ore 22.00 - Partenza per la Madonna Fore<br />

ore 22.30 - Partenza da San Sisto<br />

ore 24.00 - S.E. l’Arcivescovo Metropolita Giuseppe Molinari celebrerà la S. Messa con la partecipazione del<br />

Coro polifonico di Tempera-<strong>CAI</strong> L’Aquila diretto da<br />

Con la Commissione Escursionismo collabora l’Arciconfraternita di Maria S.S. ma Addolorata.<br />

Redazione: Gaetano Falcone, Bruno Marconi, Valentina Panzanaro, Leucio Rossi, Luca Sette


RIFUGIO G. GARIBALDI - 22 LUGLIO 2007<br />

Intervento di Sergio Del Grande, responsabile della<br />

Commissione Rifugi ed Opere Alpine, al convegno<br />

culturale tenutosi il 22 luglio al rifugio Garibaldi.<br />

Il raduno di oggi, promosso dalla sezione <strong>CAI</strong><br />

dell’Aquila e organizzato dalla Commissione<br />

Rifugi e opere Alpine, rientra in un programma<br />

di rilancio dei rifugi della sezione. L'incontro ci<br />

permette di rinverdire l'importanza e la<br />

tradizione storica, ultracentenaria del sodalizio e<br />

l'importanza delle strutture realizzate in quota.<br />

La prospettiva che questa manifestazione e<br />

soprattutto quest’incontro ci offre è quella<br />

continuità e tradizione come fatto culturale, di<br />

partecipazione nello spazio ambientale montano<br />

dai grandi orizzonti, e dai grandi silenzi. Silenzi<br />

che si agganciano al passato come trasmettitori,<br />

coinvolgendo il nostro pensiero la nostra mente,<br />

le nostre passioni. Tradizioni che nel tempo<br />

subiscono modificazioni ma che difficilmente si<br />

possono cancellare. La definizione di rifugio e<br />

di bivacco fisso è quella di struttura intesa per<br />

rispondere alle molteplici attività di carattere<br />

escursionistico o di alpinistico come base di<br />

arrivo o di partenza per ascensioni, di sosta ai<br />

rientri o di riparo in caso di avverse condizioni<br />

atmosferiche, o di operazioni di soccorso. Alla<br />

luce di un interesse conoscitivo scientifico e di<br />

studio delle nostre montagne con escursioni<br />

mirate, si fa sempre più necessaria la presenza<br />

di un manufatto ricettivo come punto di<br />

riferimento osservativo e valorizzante del<br />

territorio attraverso una rete sentieristica di<br />

comunicativa presenza attiva, per la conoscenza,<br />

il recupero e la valorizzazione del tenitorio sotto<br />

gli aspetti naturalistici e umani, storici, di<br />

folclore ecc. …, non divisi dalla pura passione<br />

escursionistica su sentieri e roccia.<br />

(Sergio Del Grande)<br />

FANTASIE<br />

E' notte.<br />

Aju rifuggiu se chiacchera, se racconta<br />

e certe ote s'apre pure ju core.<br />

Sdrajatu alla supjna, sottu nu celu stellatu,<br />

rjmucinenno la mente, penseo che se tutte<br />

quelle<br />

lucciole se potessero mette 'nsieme<br />

e formà nà sola lampadina<br />

chi sà se ju celo se pò vedè nu pocu mejo.<br />

Ma ecco come nu furminu appare<br />

Na striscia bianca e scompare.<br />

Non sò fattu attempu nemmeno de penzà<br />

nu desjderjo.<br />

Vo vedè che se sta a furminà la lampadina<br />

prima ancora d'accennese!<br />

(Sergio Del Grande)<br />

Sergio Del Grande durante il suo intervento.<br />

Al centro Marcello Borrone, consigliere <strong>CAI</strong> della<br />

Commissione centrale Rifugi e Opere Alpine, a<br />

destra Davide De Carolis, il gestore del rifugio<br />

Garibaldi. (Foto: B. Marconi)


CINQUE ANNI AL VETTORE<br />

Vorrei raccontare un’esperienza ormai dimenticata,<br />

in cui parteciparono quasi tutti i montanari che<br />

praticavano il Gran Sasso, ed in cui noi del Cai<br />

L’Aquila, ci facemmo apprezzare da tutti gli<br />

alpinisti appenninici.<br />

Si tratta del trofeo Zilioli al Monte Vettore, che fu<br />

organizzato dal GAP e dalla sezione <strong>CAI</strong> di Ascoli<br />

Piceno dal 1961 al 1971. Per noi tutto cominciò<br />

con una chiamata da parte di Nestore Nanni e<br />

Dario Torpedine, rispettivamente presidente e<br />

segretario della sezione, per Lucio e Fosco: “ci<br />

sarebbe una gara di marcia in montagna…..”.<br />

Questa era in programma al Vettore, per squadre di<br />

tre membri su un percorso, da fare a cronometro,<br />

abbastanza duro: Forca di Presta (1534 m) Rifugio<br />

Zilioli (2240 m) -Monte Vettore (2476 m) - Lago<br />

di Pilato (1949 m), si proseguiva in piano per<br />

alcuni chilometri fino a Forca Viola (1936 m); fin<br />

qui un percorso di circa 12 km e 900 metri di<br />

dislivello da farsi, secondo le guide, in 6 ore, e poi<br />

uno sbalzo ripido di quasi 400 metri di dislivello su<br />

prati che, a farli “rittu pe rittu”, la bocca brucava<br />

le spighe, fino quasi alla Cima dell’Osservatorio<br />

dove la linea<br />

di cresta si addolciva per salire alla Cima del<br />

Redentore (2448 m); da qui, ancora per creste fino<br />

ad attaccare la discesa, che con una volata di 1200<br />

metri di dislivello portava a Pretare. Ce n’era<br />

abbastanza anche per noi.<br />

La squadra, il trenino lo chiamavamo, c’era.<br />

C’era la “locomotiva”, Lucio, dal passo<br />

impressionante. Nei campi di atletica era noto per i<br />

tempi di tutto rispetto ottenuti nel mezzo-fondo<br />

così, d’amblai, con la sua falcata sciolta da keniano ante litteram, senza una preparazione specifica e senza<br />

frequentare le piste. In salita era incredibile. Impiegava meno di 55’ per risalire dalla stazione base alla stazione<br />

superiore della funivia di Campo Imperatore (1100 m di dislivello). Ma ancora più forte andava in discesa.<br />

Infatti nel fare il percorso a scendere batteva la stessa funivia. Avevamo messo a punto una tecnica, derivata<br />

dalle volate sui brecciai e dallo sci, per cui non scendevamo, ma saltavamo, molleggiando sulle gambe come in<br />

uno slalom, ed eravamo capaci di tenere questa andatura anche per qualche ora. Lo scotto a questa tecnica lo<br />

pagherò caro 25 anni dopo. Ero salito di corsa al rifugio du Glacier Blanc (3.600 m) per fare la Barre des Ecrins<br />

(4.102 m), nel Delfinato spingendomi fino in vetta, in uno di quegli exploit che mi venivano bene quando ero in<br />

giornata. Solo scendendo mi resi conto che Maria ed Elisa erano senza notizie, mentre mi aspettavano al Pré di<br />

Madame Carle 1700 metri più in basso. Venni giù come ai vecchi tempi, ma erano passati 25 anni e così ci<br />

lasciai i menischi. Di tutti quelli che ho conosciuto, solo Piergiorgio era capace di scendere più veloce di Lucio.<br />

La sua tecnica era più raffinata, aveva copiato i camosci e si buttava giù anche da alcuni metri ammortizzando<br />

sulle gambe, con agilità unica. Mi racconta Fosco che, in una gara a staffetta, se lo vide passare sopra la testa<br />

come negli effetti speciali di un film.<br />

Da sinistra: Fosco De Paolis, Lucio De Paolis e Domenico<br />

Alessandri (detto Mimì)<br />

Foto: proprietà Fosco De Paolis)<br />

C’era il “macchinista”, Fosco, il futuro scienziato della psicomotricità, ancora agli inizi, abilissimo nelle fasi di<br />

preparazione, allenamento, alimentazione, psicologia; già allora minuzioso nella cura dei dettagli e nella<br />

metodologia della misura che, nel corso della sua carriera di medico dello sport, metterà a punto e che ne farà un<br />

riferimento internazionale. Aveva studiato tutto il percorso, preparato le tabelle di marcia, prendeva i tempi sui<br />

passaggi degli avversari, facendo accelerare o rallentare Lucio, dosando lo sforzo. In tutti gli sport che<br />

praticavamo insieme, lo sci di fondo in inverno, l’alpinismo e l’escursionismo, in estate e, nelle mezze stagioni,


atletica e pattinaggio a rotelle ci consigliava e dirigeva. Probabilmente anche questa dieta sportiva, così ricca e<br />

variata, da sola già spiegava molto delle grandi prestazioni.<br />

Ci mancava solo un vagone. Era importante trovarlo bravo perché il tempo di tutta la squadra sarebbe stato<br />

quello dell’ultimo componente arrivato. All’Aquila non ne conoscevamo con la velocità e la tenuta richieste.<br />

Molti dei più famosi camminatori veloci del Cai non tenevano il mio passo, ed io non ero ancora pronto per<br />

essere inserito in squadra. Spargemmo la voce per trovare qualcuno e un giorno uno della funivia, Checco o<br />

Giacobbe, non ricordo, ci disse che c’era uno di Tempera, che, come noi, aveva la “panza a lebbiro” e che,<br />

secondo lui, potevamo prendere in squadra. Cosi, a Tempera, facemmo la conoscenza del “sergente” Alessandri<br />

Domenico: Mimì, un agricoltore parecchio più vecchio di noi che a tempo perso studiava Geologia<br />

all’Università. Si fecero dei test e fu inserito in squadra. Fu necessario insegnargli le tecniche di discesa, il passo<br />

lungo e veloce di Lucio, ma la stoffa c’era e imparò. C’era anche il problema della tessera. La squadra era del<br />

Cai L’Aquila e bisognava essere soci, ma, con la nostra garanzia, convincemmo senza fatica il presidente ad<br />

iscriverlo gratis.<br />

Così quell’anno in settembre, Lucio e Fosco, senza dire nulla a casa, poiché pensavamo che i nostri genitori non<br />

avrebbero approvato, partirono con Mimì per Arquata del Tronto. Il mio incarico, avevo 14 anni, era di fare la<br />

copertura inventando una scusa per giustificare l’assenza. A Pretare c’era il fior fiore dei montanari dell’Italia<br />

Centrale. I nostri arrivarono solo quarti, anche a causa di qualche errore dovuto dell’inesperienza. Attaccarono<br />

con un passo deciso ma non fortissimo ed in cima al Vettore erano stati superati da alcuni atleti in pantaloncini<br />

corti e scarpe da corsa che effettivamente correvano letteralmente anche in salita. Ma quando nella discesa sul<br />

Lago di Pilato presero a sorpassare scendendo alla nostra maniera, ebbero gli applausi degli altri concorrenti, tra<br />

cui Giuliano Mainini, insieme con il quale, negli anni successivi facemmo bellissime escursioni e salite.<br />

L’anno dopo le insistenze del Presidente della Sezione del <strong>CAI</strong>, Nestore Nanni, avevano fatto breccia in casa ed<br />

avemmo il permesso di partecipare. Anch’io fui coinvolto con l’incarico di assistente, vivandiere e<br />

cronometrista. Si andava con una minuscola NSU Prinz di un socio volenteroso. C’erano però solo tre posti ed io<br />

dovetti arrangiarmi. Col mio bravo zaino presi, il giorno prima, l’autobus per Amatrice alle nove del mattino e,<br />

quando arrivai, la coincidenza per Arquata del Tronto partiva alle 14. Invece di star lì ad annoiarmi per quattro<br />

ore mi incamminai sulla Salaria e me ne arrivai a Pretare (30 km). I nostri non erano ancora giunti così<br />

approfittai per fare una ricognizione sul primo tratto del percorso, che da quell’anno iniziava e finiva a Forca<br />

Presta, per familiarizzare con i luoghi.<br />

Il giorno dopo, partendo in anticipo, mi piazzai alla Sella delle Ciaule per cronometrare i passaggi; il trenino<br />

dell’Aquila era già in testa, e me ne andai tutto tranquillo sulla Cima del Redentore, dove era piazzato il<br />

controllo, seguendo la gara dall’alto col binocolo. La sfida era tra noi e gli Ascolani, che avevano in Marco<br />

Florio il pezzo da 90 di una squadra complessivamente forte ed affiatata. I nostri accumulavano vantaggio ed io<br />

mi sentivo sicuro. Su Forca Viola non poteva batterli nessuno. Andai loro incontro sulle creste e li rifornii.<br />

Andavano fortissimo. Qualche minuto dopo sento del vociare e vedo più in basso, gli Ascolani correre forte<br />

tagliando le creste. Quando arrivai al traguardo seppi che eravamo secondi. Con Fosco discutemmo a lungo di<br />

come potevano aver fatto gli Ascolani a recuperare il forte svantaggio su quel tratto. Io sostenevo di averli visti<br />

correre, Fosco affermava che non si potesse fare sulle pendenze di quel tratto. Solo alcuni anni dopo, al<br />

Franchetti, complici parecchi bicchieri sciogli-lingua, avemmo la rivelazione: mentre la segnaletica della gara<br />

correttamente tagliava il sentiero andando dritto sulla linea di massima pendenza, da un lato, quasi all’inizio<br />

dell’impettata di Forca Viola si staccava una traccia di sentiero, che saliva a pendenza costante permettendo la<br />

corsa, fino alla Cima del Redentore accorciando il percorso e tagliando i saliscendi delle creste. Era il giusto<br />

vantaggio di chi giocava in casa ed aveva la migliore conoscenza del terreno!<br />

Non ci arrendemmo. L’anno successivo, era il 1963, anno dei Beatles, della morte di papa Giovanni e<br />

dell’elezione di Paolo VI, della strage di Ciaculli e del disastro del Vajont, del discorso del sogno di Martin<br />

Luther King e dell’assassinio di Kennedy, del Nobel a Natta e del Moplen. Il Molise diventa regione autonoma;<br />

L’anno di 8 e 1/2, del Gattopardo, della Spada nella Roccia. Nel mio piccolo mi ero appena iscritto al <strong>CAI</strong> che<br />

compiva cento anni; per me, studente squattrinato, pagarmi la tessera era stato un sacrificio, ma era valso l’onore<br />

di essere socio. Avevo partecipato ai raduni del centenario ed ad altre gite, avevo contribuito a dipingere la<br />

segnaletica, a manutenere le ferrate, dando il contributo a me richiesto dalla sezione dell’Aquila. Avevo 16 anni,<br />

ma mi sentivo già grande.<br />

Forti dell’esperienza e convinti di poter vincere, ci eravamo preparati molto bene. Lo volevamo proprio, non<br />

certo per i premi che comunque ci facevano piacere, ma per la voglia di fare meglio e per lo spirito sportivo che<br />

era una parte fondante della nostra mentalità. Ma più di tutto sapevamo di rappresentare il Cai L’Aquila ed il<br />

Gran Sasso e questo ci dava una carica fortissima: eravamo decisi a vincere e vincemmo in maniera indiscutibile.<br />

Nel 1964 ci fu la novità della gara femminile e pure lì avemmo qualcosa da dire. Scesero in campo le sorelle: la<br />

nostra Ninì e Cesarina Alessandri, la sorella di Mimì. Si batterono bene ed arrivarono terze. Anch’io debuttai


organizzando la seconda squadra, un trenino tutto mio, con Dante Alessandri, con cui avevo fatto parecchie<br />

uscite, e Giovanni Rossi, che Dante aveva scovato in quel di Paganica. Ci piazzammo terzi alle spalle di Lucio<br />

Fosco e Mimì che arrivarono secondi, battuti di poco dagli ascolani che fecero un tempo eccezionale.<br />

Il 65 fu per me l’anno della maturità scientifica, delle vittorie ai campionati studenteschi, delle arrampicate<br />

difficili, del corso da istruttore. Era l’anno giusto. A fare l’assistente/vivandiere c’era Roberto Berardi, l’amico<br />

fraterno. Anche nella gara femminile fu allestito un trenino di tutto rispetto con Gunhild, la futura moglie di<br />

Lucio e la recidiva Cesarina. Ci fu però qualche novità. Quell’anno Fosco era stato molto impegnato dagli studi<br />

universitari e da numerosi viaggi in giro per il mondo e non si era allenato come si doveva. E’ vero che, stando a<br />

Firenze, tutti i santi giorni andava a correre su e giù per il Campanile di Giotto, (fatto 10 volte equivaleva a 800<br />

m di dislivello) ma non era sufficiente. Si doveva scegliere come sostituirlo e la decisione fu unanime: dalla<br />

seconda squadra avremmo tolto un vagone. Lucio, sfruttando l’esperienza, avrebbe fatto da solo da locomotiva e<br />

macchinista della prima squadra; io avrei mantenuto lo stesso suo ruolo nella seconda squadra. Dante passava<br />

nella prima, Roberto, renitente perchè non specificamente preparato, fu persuaso, direi a forza, ad entrare nella<br />

seconda squadra, insieme con Giovanni Rossi; Fosco avrebbe fatto il vivandiere. Fu un trionfo. Al passaggio sul<br />

Redentore eravamo primi e secondi, le ragazze avevano già praticamente in tasca la vittoria. L’en plein fu però<br />

Profilo altimetrico della gara<br />

rovinato nella discesa, in cui la mia squadra andò gravemente in crisi, ma eravamo talmente in vantaggio che<br />

perdemmo solo qualche posizione. Lucio e la sua squadra arrivarono primi, surclassando il record precedente,<br />

noi quarti, con un tempo da secondi nella edizione precedente, preceduti da due squadre per solo qualche minuto.<br />

Nella femminile fummo primi stabilendo un record che non è stato più migliorato.<br />

Poi l’università a Firenze, per me, per Lucio e Fosco le lauree, nel 66 noi non c’eravamo. Ero in attesa di notizie<br />

e mi arrivò una lettera di Roberto, dispiaciuto ed ancora arrabbiato, che mi scriveva come era andata: il<br />

coordinamento aveva fatto acqua da tutte le parti. Mimì, promosso da vagone a locomotiva e macchinista, aveva


messo in squadra uno di Napoli (Roberto lo chiamava Napolengo) che come merito principale aveva quello di<br />

essere il relatore della sua tesi di laurea, e Mario Angelantoni, alla sua prima gara. Erano rimasti fuori Dante,<br />

uno dei vincitori della precedente edizione, e Giovanni Rossi che andava molto forte ed aveva esperienza. Non<br />

aveva formato la seconda squadra, pur con parecchi giovani pronti. Ma Roberto si era dato da fare ed in extremis<br />

aveva recuperato il sempre disponibile Giovanni Rossi e Roberto Marotta reduce dalle vittorie ai mondiali di<br />

pattinaggio. In gara, senza rendersi conto della debolezza della formazione, Mimì era partito troppo forte e<br />

Napolengo era già in crisi in vetta al Vettore. Finirà la gara trainato, con un tempo appena da seconda squadra,<br />

con tutte e due le due squadre molto vicine tra loro, distanziate di mezz’ora dai primi. Quel giorno non toccai<br />

cibo dal dispiacere e chi mi conosce sa che dovevo essere proprio abbattuto per arrivare a tanto! Per fortuna le<br />

ragazze, Luciana e Silvana Pomanti, alla prima esperienza, erano arrivate seconde.<br />

L’anno dopo ero allenatissimo, ma venne la dipartita di Roberto Berardi e mi tolse ogni voglia.<br />

Per tre anni all’Aquila non si parlò più dello Zilioli, poi nel ’71, ultima edizione, i fondisti Roberto Jafrate, Carlo<br />

e Troiano Manzolini fecero un tentativo che fu coronato da un secondo posto con un buon tempo. Non ne<br />

conosco i dettagli, ormai lavoravo a Milano ed il mio terreno di gioco erano le Alpi e non più gli Appennini.<br />

Anche nelle gare di marcia in montagna era cambiato molto. Da episodi rari stavano sempre più diventando una<br />

serie regolare. Da un approccio alpinistico si era passati ad uno atletico ed era cambiata anche la figura dei<br />

partecipanti. Ad escursionisti ed alpinisti che si confrontavano in allegria e col sorriso, si passò ai professionisti<br />

dei gruppi sportivi militari. Di noi, solo Fosco ne disputò ancora una, con Piergiorgio giovanissimo compagno,<br />

ma ormai non era più il nostro tempo. Passarono alcuni anni ed anche il Cai L’Aquila organizzò una gara di<br />

marcia in montagna che intitolò a Piergiorgio. A qualcuna partecipò anche Fosco ormai solo per onorare il<br />

ricordo: Se ne disputarono ben 12 edizioni, poi la cosa finì.<br />

Qualcuno vorrà raccogliere il testimone?<br />

È l’invito che faccio al Presidente Marconi ringraziandolo dell’ospitalità su quest’ “Ometto di pietra”, mentre<br />

approfitto per ringraziare Enrico Palumbo, per l’aiuto e lo stimolo per buttare giù questo schizzo, e Francesco<br />

Saladini, delle “Vecchie Glorie”, per le informazioni e le ricerche d’archivio che sono state indispensabili per<br />

ricostruire quegli anni lontani, superando le deficienze della memoria.<br />

(Bepi de Paulis)<br />

Fronte e retro delle medaglie del Trofeo Tito Zilioli<br />

N.d.R. [… Il 30 marzo 1958 moriva sul Vettore Tito Zilioli, tra i più attivi nella costituzione del Gruppo (GAP – Gruppo<br />

Alpinisti Piceni) e suo segretario. Fu un duro colpo; ma le ragioni che avevano spinto Tito a battersi perché<br />

l’associazione esistesse divennero ancora più chiare; il GAP pubblicò un opuscolo in onore del compagno caduto e<br />

continuò nel suo ricordo lungo la strada già tracciata.<br />

Anzitutto dando impulso alla costituzione di un Comitato cittadino per la costruzione di un rifugio sulla Sella delle<br />

Ciàule, a quota 2240 del Vettore; sulla base di contributi di enti e di amici, e con una spesa di circa un milione, nel 1959<br />

fu ultimata la “Capanna Tito Zilioli”, assegnata al <strong>CAI</strong> dal Comitato nel 1960; e, procedendo poi all’attuazione<br />

dell’intero programma, rimandata soltanto a momenti finanziari più propizi l’organizzazione del Trofeo di marcia in<br />

montagna. …]<br />

(AA.VV., Gruppo Alpinisti Piceni 1958 – 1968, Club Alpino Italiano – Sezione di Ascoli Piceno, Numero Unico per il<br />

decennale, edito a cura del Gruppo Alpinisti Piceni nel dicembre 1968).<br />

Gli interessati possono “sfogliare” la pubblicazione sul Sito internet delle “Vecchie Glorie del Gran Sasso”<br />

www.vecchiegloriedelgransasso.it/LaStoria/GAP.pdf<br />

L’OMETTO DI PIETRA, settembre 2007, Anno 5, n. 9


Premio “Stele Papa Giovanni Paolo<br />

II”<br />

alla Sezione aquilana del Club Alpino Italiano<br />

Domenica 12 agosto al Presidente del Club<br />

Alpino Italiano della Sezione dell’Aquila,<br />

l’Associazione “San Pietro della Ienca”, ha<br />

consegnato la Stele Papa Giovanni Paolo II.<br />

Un importante riconoscimento per i circa 750<br />

soci del sodalizio per i quali la montagna oltre<br />

che essere un bene da vivere, rappresenta un<br />

bene comune da preservare.<br />

«Questo incontro», ha affermato il Presidente<br />

Bruno Marconi nel suo discorso, «per la nostra<br />

associazione, ha un significato particolare:<br />

quello di ritrovarci ancora una volta, nella<br />

suggestiva cornice del Gran Sasso e nella<br />

chiesetta frequentata da Papa Giovanni Paolo II<br />

incastonata in un maestoso paesaggio a Lui ben<br />

noto e caro.<br />

Qui il silenzio della montagna ci indica il<br />

mistero dell’infinito e ci aiuta ad umanizzare la<br />

nostra vita e i reciproci rapporti. Oggi si sente<br />

un gran bisogno di allentare i ritmi talvolta<br />

ossessivi delle nostre giornate ed il contatto con<br />

la natura, con la sua bellezza e la sua pace ci<br />

ritempra e ci ristora.<br />

La montagna con le sue asprezze, i suoi misteri<br />

ed il suo fascino ci incanta, ma essa apre i suoi<br />

segreti solo a chi ha il coraggio di sfidarla;<br />

richiede sacrificio e allenamento,<br />

consapevolezza e prudenza; obbliga a lasciare la<br />

sicurezza delle valli, ma offre a chi osa il<br />

coraggio dell’ascesa, gli spettacoli stupendi<br />

delle cime innevate.<br />

La gloriosa Sezione aquilana del Club Alpino<br />

Italiano, che mi onoro di presiedere, si adopera<br />

da moltissimi anni nel territorio soprattutto per<br />

inculcare nelle giovani generazioni la passione<br />

per la montagna con attività didattiche e<br />

divulgative, all’insegna di uno stile di vita<br />

ambientalista promuovendo azioni tese al<br />

rispetto e ad una coerente fruizione dei luoghi<br />

montani nonché, la conoscenza delle valenze<br />

naturalistiche e culturali dei nostri borghi.<br />

Il riconoscimento conferitoci ci segna nel<br />

profondo ed è motivo di orgoglio poiché<br />

rafforza in noi l’azione di volontariato e di<br />

associazionismo portato avanti in nome di quei<br />

valori umani che ispirarono Quintino Sella a<br />

fondare nel lontano 1863 quella che era<br />

destinata a diventare la grande “famiglia” del<br />

<strong>CAI</strong>.<br />

Un fervido grazie all’Associazione San Pietro<br />

della Ienca, agli intervenuti e a tutti i soci del<br />

<strong>CAI</strong> dell’Aquila».<br />

Gruppo di soci del Club Alpino Italiano a San<br />

Pietro della Ienca. (Foto Tarquinio Tarquini)


ATTIVITÀ OTTOBRE<br />

7 - DOMENICA<br />

Parco Sirente - Velino<br />

Monte S. Nicola<br />

Difficoltà E<br />

14 - DOMENICA<br />

Escursione sulla Maiella<br />

in collaborazione con la sezione di Guardiagrele<br />

Difficoltà E<br />

21 - DOMENICA<br />

INTERREGIONALE - Monte Calvo<br />

Con la Sezione <strong>CAI</strong> di Rieti e la Sottosezione <strong>CAI</strong> di Antrodoco.<br />

In collaborazione con la Pro Loco di Scoppito<br />

Difficoltà E<br />

28 - DOMENICA<br />

In collaborazione con il Comune di Barete<br />

Rifugio Santa Pupa<br />

Difficoltà E<br />

GRUPPO GROTTE E FORRE “F.DE MARCHI”<br />

OTTOBRE<br />

Parco Nazionale Gran Sasso - Laga<br />

“Puliamo il Buio 2007”<br />

Pulizia della Grotta Amare, Assergi (AQ)<br />

Le foto del mese<br />

“Nuova cartografia” e “nuovo escursionismo<br />

famigliare” alla Ienca!!!<br />

12 agosto 2007<br />

Foto: Bruno Marconi<br />

“ Le notizie dell’attività sezionale “<br />

CLUB ALPINO ITALIANO – SEZIONE<br />

DELL’AQUILA<br />

Via Sassa, n°.34 - TEL-FAX 0862-24342

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