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Migranti e reciprocità nella rete e nella formazione - Casa di Carità ...

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A cura <strong>di</strong>:<br />

Laura Bonica<br />

<strong>Migranti</strong> e Reciprocità<br />

<strong>nella</strong> Rete e <strong>nella</strong> Formazione<br />

© 2000 <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri<br />

Progetto grafico e impaginazione elettronica: Arcastu<strong>di</strong>o<br />

Torino, Settembre 2000


INDICE<br />

Prefazione p. 9<br />

Introduzione p. 11<br />

1. Perché migranti?<br />

2. La Formazione Professionale Regionale p. 11<br />

come contesto favorevole<br />

3. I.Ter. Integra p. 13<br />

3.1. Il corso <strong>formazione</strong> formatori e il manuale p. 14<br />

3.2. Grafico n.1: attività previste dal progetto I.Ter. Integra p. 15<br />

4. Il progetto <strong>di</strong> costruzione del manuale p. 16<br />

4.1. Articolazione dei due moduli p. 17<br />

4.2. Altri materiali utilizzati per la stesura del manuale p. 18<br />

5. Guida alla lettura del manuale p. 19<br />

Parte prima: IL CONTESTO<br />

CAPITOLO 1<br />

PRESENZA DEI MIGRANTI A TORINO E IN PIEMONTE<br />

Silvia Zabaldano<br />

1.1. Premessa p. 25<br />

1.2. Nicchie settoriali e territoriali p. 26<br />

1.3. Il lavoro p. 27<br />

1.4. La scuola p. 27<br />

1.5. Dati quantitativi sulla presenza e sulle caratteristiche p. 28<br />

dei gruppi etnici nel territorio torinese<br />

CAPITOLO 2<br />

LA CASA DI CARITÀ ARTI E MESTIERI E I MIGRANTI<br />

Michele Grisoni e Silvia Zabaldano<br />

2.1. Corsi per migranti alla <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri p. 31<br />

2.2. Lo Sportello <strong>di</strong> Orientamento al Lavoro: O.L.M. p. 37<br />

2.3. Considerazioni sugli esiti del percorso formativo p. 38<br />

del migrante alla <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri<br />

e situazione attuale dei corsi<br />

2.4. Direttive e linee metodologiche p. 40<br />

della <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri<br />

2.4.1. Direttive specifiche p. 40<br />

2.4.2. Linee metodologiche p. 40


2.4.3. Grafico n.3: Schema <strong>di</strong> progetto <strong>di</strong> corso p. 43<br />

2.4.4. Grafico n.4: Modello sistemico/ecologico p. 44<br />

2.4.5. Grafico n.5 e 5a: rapporto formatore/allievo a e b p. 45<br />

2.5. Il rapporto tra la Formazione Professionale p. 47<br />

e i servizi territoriali <strong>di</strong> Torino<br />

2.5.1. La <strong>rete</strong> citta<strong>di</strong>na dei servizi dal punto <strong>di</strong> vista p. 47<br />

della <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri<br />

2.5.2. Grafico n.6: la <strong>rete</strong> territoriale per migranti p. 49<br />

dal punto <strong>di</strong> vista della Formazione Professionale<br />

2.6. Progetti <strong>di</strong> azioni integrate per la realizzazione p. 50<br />

<strong>di</strong> opportunità stabilizzanti<br />

Parte seconda: OPZIONI TEORICO-METODOLOGICHE<br />

CAPITOLO 3<br />

PER UN MODELLO DI COMUNICAZIONE FONDATO SULLA RECIPROCITÁ’<br />

Laura Bonica<br />

3.1. Premessa p. 53<br />

3.2. Qual è la metafora della natura umana che ci ispira? p. 54<br />

3.2.1. Meccanicismo e costruttivismo p. 54<br />

3.2.2. La prospettiva della complessità p. 58<br />

3.3. Concetti utili per una chiave <strong>di</strong> lettura ispirata p. 58<br />

alla <strong>reciprocità</strong> tra persone e tra istituzioni<br />

3.3.1. Autoreferenzialità,vincoli, <strong>reciprocità</strong> p. 58<br />

3.3.2. Ascolto attivo, conflitto, negoziazione p. 62<br />

3.3.3. Contratto e gioco p. 63<br />

3.3.4. Coevoluzione e co-costruzione p. 66<br />

3.3.5. Verso un approccio ecologico-evolutivo p. 68<br />

al concetto <strong>di</strong> contesto<br />

3.3.6. Dalle <strong>di</strong>cotomie verso la complementarietà p. 70<br />

3.4. Per concludere… p. 71<br />

CAPITOLO 4<br />

UN DISPOSITIVO PER LA COMUNICAZIONE<br />

INTEGRATA NEL TERRITORIO<br />

Laura Bonica<br />

4.1. Premessa p. 73<br />

4.2. Le sequenze del <strong>di</strong>spositivo p. 74<br />

4.2.1. La scelta: mi interessa o no collaborare? p. 76<br />

4.2.2. Chi ha fatto la prima mossa p. 77<br />

e come è stato il primo incontro<br />

4.2.3. Quali sono i rispettivi vincoli istituzionali? p. 81<br />

Di che cosa mi sento veramente responsabile?


4.2.4. Quali potrebbero essere le incertezze pertinenti, p. 82<br />

i no<strong>di</strong> critici, le buone domande da con<strong>di</strong>videre?<br />

4.2.5. Come potremmo ridefinire i nostri vincoli p. 84<br />

per rispondere a queste domande?<br />

In vista <strong>di</strong> quali opportunità comuni?<br />

4.2.6. Co-costruzione <strong>di</strong> un referenziale comune p. 85<br />

4.2.7. Ritorno alla propria istituzione e rinegoziazione p. 86<br />

dei propri vincoli interni in funzione<br />

<strong>di</strong> un progetto interistituzionale<br />

4.3. Discussione p. 88<br />

4.4. Allegato: le schede <strong>di</strong> lavoro proposte ai gruppi. p. 91<br />

CAPITOLO 5<br />

ANALISI DI 4 ESEMPI<br />

Laura Bonica<br />

5.1. Esempio 1: Vincoli autoreferenziali e <strong>di</strong>stanza p. 97<br />

rispetto all’utenza: <strong>reciprocità</strong> e ruoli asimmetrici.<br />

5.2. Esempio 2: L’importanza della prima mossa: p. 99<br />

invenzione <strong>di</strong> una strategia.<br />

5.3. Esempio 3: Autodefinizione all’interno della <strong>rete</strong>: p. 101<br />

un minore seguito da tutti, ma in mezzo ad<br />

equivoci e frainten<strong>di</strong>menti<br />

5.3.1. Finalità e contesto p. 101<br />

5.3.2. Descrizione p. 101<br />

5.3.3. Commento p. 104<br />

5.4. Esempio 4: Collaborazione riuscita tra due soggetti p. 104<br />

della <strong>rete</strong>: la <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri e la Scuola<br />

5.5. Osservazioni conclusive p. 107<br />

Parte terza: MIGRANTI E COMUNICAZIONE DI RETE<br />

CAPITOLO 6<br />

PERCORSI DI RETE ed AREE D’INTERVENTO<br />

Laura Bonica, Michele Grisoni, Silvia Zabaldano<br />

6.1. Ricostruzione <strong>di</strong> percorsi <strong>di</strong> <strong>rete</strong>, p. 111<br />

dal punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> migranti, prima del 1990<br />

6.2. La situazione attuale p. 112<br />

6.2.1. Frequenza scolastica e ricongiungimenti familiari p. 116<br />

6.2.2. La genitorializzazione dei minori p. 117<br />

6.2.3. Commento p. 117


6.3. Ricostruzione <strong>di</strong> percorsi <strong>di</strong> <strong>rete</strong> p. 118<br />

dal punto <strong>di</strong> vista dei servizi<br />

6.3.1. Il percorso standard del migrante p. 119<br />

6.4. Schede <strong>di</strong> autodefinizione delle aree d’intervento p. 124<br />

rivolte ad utenza migrante<br />

6.4.1. La prima e seconda accoglienza p. 124<br />

6.4.2. La scuola p. 127<br />

6.4.3. La <strong>formazione</strong> professionale p. 130<br />

CAPITOLO 7<br />

INTERDIPENDENZA TRA LE TRE AREE E NODI CRITICI<br />

Laura Bonica, Michele Grisoni, Silvia Zabaldano<br />

7.1. Premessa p. 135<br />

7.2. Ipotesi per un <strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong> accompagnamento, p. 135<br />

orientamento e <strong>formazione</strong><br />

7.3. Le figure del tutor e del me<strong>di</strong>atore culturale p. 140<br />

7.3.1. Il ruolo del tutor secondo <strong>di</strong>verse prospettive p. 140<br />

7.3.2. Organizzazione dello stage p. 144<br />

7.3.3. Il ruolo del me<strong>di</strong>atore culturale p. 147<br />

7.4. I criteri <strong>di</strong> valutazione dei prerequisiti linguistici p. 148<br />

7.4.1. Prerequisiti linguistici per la <strong>formazione</strong> <strong>di</strong> una classe p. 148<br />

7.4.2. Prerequisiti linguistici specifici <strong>di</strong> accesso p. 149<br />

ad un corso professionale<br />

7.5. Conclusioni p. 150<br />

CAPITOLO 8<br />

CILS - CERTIFICAZIONE DI ITALIANO COME LINGUA STRANIERA<br />

Gioia Maestro<br />

8.1. Premessa p. 151<br />

8.2. Contestualizzazione p. 152<br />

8.3. Una lingua da imparare, una lingua da usare p. 154<br />

8.4. Dimostrare certificare le proprie conoscenze p. 156<br />

e competenze linguistiche<br />

8.5. Linee guida per la CILS p. 158<br />

8.5.1. Il sasso nello stagno: attrazione p. 158<br />

<strong>di</strong> una proposta altamente flessibile<br />

8.5.2. Coor<strong>di</strong>nate informative per il conseguimento p. 162<br />

<strong>di</strong> un titolo caratterizzato da procedure<br />

e meccanismi operativi semplificati


Parte quarta: MIGRANTI E FORMAZIONE<br />

CAPITOLO 9<br />

RECIPROCITÀ e FORMAZIONE<br />

Laura Bonica, Simona Negri<br />

9.1. Qualche chiarimento ancora sul concetto <strong>di</strong> <strong>reciprocità</strong> p. 167<br />

9.2. Storie personali e traiettoria evolutiva p. 170<br />

9.2.1. Vincoli spaziali, temporali e sociali p. 170<br />

9.2.2. Ambivalenze p. 171<br />

9.2.3. I rischi <strong>di</strong> un adattamento imme<strong>di</strong>ato e forzato p. 172<br />

9.2.4. Una visione più ottimistica p. 174<br />

9.2.5. Riflessioni e proposte p. 177<br />

9.3. Suscettibilità rispetto al setting formativo p. 179<br />

ed ai modelli <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento-insegnamento<br />

9.3.1. Ritornare a scuola: un ulteriore transizione p. 179<br />

tra presente e futuro<br />

9.3.2. Una motivazione speciale p. 180<br />

9.3.3. Le regole del setting formativo p. 182<br />

9.3.4. Il rapporto con l’imparare p. 184<br />

9.4. Che fare? p. 187<br />

CAPITOLO 10<br />

SPECIFICITÁ DELLA CLASSE MULTIETNICA<br />

Silvia Zabaldano<br />

10.1. Elementi <strong>di</strong> eterogeneità p. 189<br />

10.1.1. L’età p. 189<br />

10.1.2. I titoli <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o p. 190<br />

10.1.3. La provenienza etnica p. 191<br />

10.1.4. Le <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> genere p. 192<br />

10.1.5. La conflittualità interetnica in classe p. 195<br />

10.1.6. Richieste in<strong>di</strong>viduali dei corsisti esterne p. 196<br />

all’iter <strong>di</strong>dattico<br />

CAPITOLO 11<br />

L’INSEGNAMENTO - APPRENDIMENTO DELLA LINGUA ITALIANA<br />

NELLE CLASSI MULTIETNICHE<br />

Gioia Maestro, Silvia Zabaldano<br />

11.1. La lingua italiana nel corso professionale (Silvia Zabaldano) p. 199<br />

11.1.1. Metodologie <strong>di</strong> insegnamento p. 200<br />

11.2. Per chi vuole saperne <strong>di</strong> più sulla lingua (Gioia Maestro) p. 202<br />

11.2.1. Suggerimenti per la costruzione <strong>di</strong> un’esercitazione<br />

<strong>di</strong>dattica per l’appren<strong>di</strong>mento della lingua italiana p. 205


Parte quinta: RECIPROCITÀ E VULNERABILITÀ<br />

RISPETTO ALL’AUTODEFINIZIONE<br />

CAPITOLO 12<br />

VIOLAZIONI DELLA RECIPROCITÀ<br />

Laura Bonica<br />

12.1. Definizioni p. 211<br />

12.2. Far giocare le <strong>di</strong>fferenze p. 214<br />

12.2.1. Descrizione dell’esempio p. 215<br />

12.2.2. Analisi e commenti p. 217<br />

12.3. La moltiplicazione delle cornici p. 222<br />

CAPITOLO 13<br />

APPRENDERE AD APPRENDERE: RELAZIONI, EMOZIONI<br />

E CONTESTI DI APPRENDIMENTO<br />

Maria<strong>nella</strong> Sclavi<br />

13.1. Premessa p. 225<br />

13.2. Esercizio n.1: il gioco delle premesse implicite p. 226<br />

13.3. Esercizio n.2: il gioco della visione binoculare p. 232<br />

(doppia descrizione)<br />

13.4. Esercizio n.3: nel taccuino dell’antropologa: p. 234<br />

comportamenti, emozioni e <strong>di</strong>ssonanza <strong>di</strong> cornici<br />

13.5. Esercizio n.4: il gioco delle narrazioni parallele p. 240<br />

13.6. Conclusioni: l’abduzione p. 246<br />

CONCLUSIONI p. 247<br />

BIBLIOGRAFIA p. 253<br />

Allegato n. 1<br />

Corsi <strong>di</strong> orientamento <strong>di</strong> 30 ore rivolti p. 257<br />

ai minori stranieri<br />

Allegato n. 2<br />

Esempi <strong>di</strong> schede <strong>di</strong> resoconto in<strong>di</strong>viduale p. 267


Prefazione<br />

Il Progetto Integra I.Ter. ha rappresentato una grande opportunità per la<br />

<strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri, consentendo <strong>di</strong> sistematizzare e formalizzare il<br />

lavoro che ormai da più <strong>di</strong> 10 anni, si stava sviluppando sul tema MIGRANTI.<br />

L’occasione è ancora più importante per il periodo storico nel quale si<br />

colloca, tra le evidenti <strong>di</strong>fficoltà che le realtà sociali dei paesi della Comunità<br />

incontrano nell’accettare e nell’affrontare contestualmente i <strong>di</strong>versi aspetti <strong>di</strong><br />

questo problema, la cui rilevanza anche numerica è ormai sotto gli occhi <strong>di</strong><br />

tutti e non più facilmente elu<strong>di</strong>bile.<br />

In qualche modo la ricerca ed il manuale che oggi licenziamo riassumono<br />

la storia <strong>di</strong> una avventura, le cui tappe sono tutte presenti <strong>nella</strong> realtà<br />

complessa dell’oggi; il <strong>di</strong>ario <strong>di</strong> un percorso che ha conosciuto successi e<br />

<strong>di</strong>fficoltà, momenti belli e brusche frenate, accompagnando - spesso anche<br />

prevedendo alla luce dell’esperienza via via maturata - le <strong>di</strong>verse complessità,<br />

i cammini contorti, le emergenze che in questi anni si sono succedute.<br />

Infatti, gli acca<strong>di</strong>menti politici e sociali degli ultimi anni <strong>di</strong> questo secondo<br />

millennio hanno indotto trasformazioni profonde dei flussi migratori come<br />

erano ancora sul finire degli anni ’80.<br />

La <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> ha sperimentato tutte queste realtà, così <strong>di</strong>verse e<br />

complesse, a partire dai primi corsi finalizzati a immigrati adulti provenienti<br />

dalla sponda africana del Me<strong>di</strong>terraneo (tunisini e marocchini in larga<br />

prevalenza) per via via sviluppare attività con i giovani e le donne e affinare il<br />

p roprio impegno con persone provenienti da realtà sociali, culturali,<br />

geografiche e storiche profondamente <strong>di</strong>verse: la Somalia e il Centro Africa,<br />

l’Albania e l’est europeo, il Centro America e le Malaysia.<br />

Come <strong>di</strong>cevo innanzi, il progetto I.Ter. rappresenta dunque una sintesi<br />

ragionata <strong>di</strong> un processo esperienziale <strong>di</strong> 10 anni in cui confluiscono attività,<br />

modalità operative e sensibilità che affondano le loro ra<strong>di</strong>ci <strong>nella</strong> storia e <strong>nella</strong><br />

stessa ragion d’essere della <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> e che sono espresse <strong>nella</strong> Proposta<br />

Formativa dell’Ente.<br />

Questa visione metastorica ha permesso <strong>di</strong> conciliare <strong>formazione</strong> culturale,<br />

tecnica e professionale in un contesto multiculturale e interculturale; ha<br />

sviluppato conseguentemente buone pratiche che hanno influito positivamente<br />

nel rapporto con i servizi territoriali; ha reso possibile in un rapporto <strong>di</strong> stima<br />

vicendevole ricadute positive sulle attività dell’Ente e arricchimento e<br />

valorizzazione delle conoscenze delle culture “altre”.<br />

9


Infine il processo <strong>di</strong> integrazione <strong>di</strong> attività formative così <strong>di</strong>versificate e<br />

con target così vario e multi-culturale ha indotto positivi riscontri anche sulla<br />

organizzazione interna dell’Ente, che ha potuto prepararsi ai nuovi scenari <strong>di</strong><br />

sviluppo organizzativo e produttivo, basati sulla flessibilità, la quale può<br />

davvero rappresentare un modello interculturale <strong>di</strong> interazione <strong>di</strong> competenze<br />

tecnico-professionali e relazionali-comunicative.<br />

Questi pochi spunti penso possano rappresentare altrettante chiavi <strong>di</strong><br />

lettura per seguire il <strong>di</strong>panarsi del Progetto I.Ter. della <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e<br />

Mestieri nei suoi <strong>di</strong>versi sta<strong>di</strong>, dalla progettazione, alla attuazione, alle<br />

necessarie verifiche e regolazioni.<br />

Ringrazio tutti gli attori della Rete, che hanno contribuito alla realizzazione<br />

<strong>di</strong> questo progetto e mi scuso per le eventuali inesattezze e omissioni.<br />

I miei complimenti e ringraziamenti a coloro che hanno steso i <strong>di</strong>versi<br />

capitoli nei quali si articola il manuale e la ricerca; in particolare alla prof.ssa<br />

Laura Bonica, ed al prof. Maurizio Ambrosini che hanno coor<strong>di</strong>nato i due lavori<br />

e che hanno saputo, con de<strong>di</strong>zione, impegno e grande entusiasmo, affrontare<br />

la complessa materia, inquadrandola culturalmente e dando spessore e <strong>di</strong>gnità<br />

scientifica al nostro operare.<br />

Infine non posso <strong>di</strong>menticare la persona che, da <strong>di</strong>eci anni, con umiltà,<br />

profonda convinzione e fiera cocciutaggine, opera alla <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> nel<br />

settore ed ha consentito il realizzarsi <strong>di</strong> tutto questo: lui, Michele Grisoni, è<br />

stato davvero il lievito che ha portato colleghi e <strong>di</strong>rezione ad impegnarsi<br />

fattivamente su queste tematiche.<br />

10<br />

Torino, 25 agosto 2000<br />

Il Direttore Generale<br />

Ing. Attilio Bondone


1. Perché migranti?<br />

INTRODUZIONE<br />

Questa guida è rivolta a coloro che, in <strong>di</strong>versi contesti, si trovano a fare<br />

<strong>formazione</strong> con persone straniere, emigrate - immigrate nel nostro paese.<br />

Poiché spesso esse arrivano alla <strong>formazione</strong> dopo percorsi <strong>di</strong> emigrazione<br />

multipli e con un obiettivo <strong>di</strong> stabilità futura ancora incerto, le loro<br />

problematiche d’inserimento possono essere variamente articolate a seconda<br />

dell’età, dello status sociale e scolastico precedente e degli eventuali iter <strong>di</strong><br />

ricongiungimento familiare. Proprio partendo da queste considerazioni la <strong>Casa</strong><br />

<strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri ha proposto <strong>di</strong> definire questa utenza più globalmente<br />

come “migrante”. Inoltre questo è il termine utilizzato anche dalla Comunità<br />

Europea per definire tale tipologia <strong>di</strong> soggetti.<br />

Ciò non significa volerla relegare in una etichetta <strong>di</strong> mobilità a vita, o <strong>di</strong><br />

privarla dell’identità <strong>di</strong> un luogo caro da cui un giorno è partita, ma più<br />

semplicemente evitare <strong>di</strong> definirla solo dal nostro punto <strong>di</strong> vista e, al<br />

contempo, riconoscerle uno stato attuale <strong>di</strong> transizione verso una opportunità<br />

stabilizzante, che starà all’utenza stessa decidere se e come utilizzare.<br />

2. La Formazione Professionale Regionale<br />

come contesto favorevole<br />

ad accogliere l’utenza migrante<br />

Nel panorama del sistema scolastico italiano la Formazione Professionale<br />

Regionale risulta essere uno dei contesti più sensibili rispetto alla instaurazione<br />

<strong>di</strong> un <strong>di</strong>alogo tra allievi e docenti e più aperti al rapporto tra teoria e pratica,<br />

tra educazione e lavoro, tra scuola e imprese, anticipando così alcune delle<br />

linee innovative cui è chiamato a rispondere tutto il sistema scolastico <strong>nella</strong><br />

prospettiva dell’autonomia.<br />

Da ricerche, recentemente condotte a livello nazionale, che hanno<br />

investigato sia sullo staff <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione che su 595 operatori, stratificati in sette<br />

regioni (Malizia, Borsato, Frisanco, Pieroni, 1996), così come dall’indagine Isfol<br />

(1996), che ha raggiunto il parere <strong>di</strong> 450 allievi, oltre che dei rispettivi docenti<br />

e genitori, la Formazione Professionale Regionale emerge come un contesto<br />

vivo, efficace nell’opera <strong>di</strong> reinserimento formativo e sociale dei giovani e <strong>di</strong><br />

cui si ritengono sod<strong>di</strong>sfatti sia gli operatori che gli utenti.<br />

Se ricor<strong>di</strong>amo che sui 450 allievi intervistati, il 40% era già stato bocciato<br />

almeno una volta <strong>nella</strong> sua carriera scolastica, è plausibile dedurre che<br />

nell’ambito della Formazione Professionale Regionale è già presente una<br />

11


<strong>di</strong>sponibilità a considerare la <strong>di</strong>fferenza delle traiettorie evolutive degli allievi<br />

come una risorsa e che ciò ha consentito <strong>di</strong> arricchire la professionalità dei<br />

docenti <strong>di</strong> saperi innovativi rispetto alla messa in atto <strong>di</strong> strategie <strong>di</strong> ri-motivazione<br />

all’appren<strong>di</strong>mento e <strong>di</strong> accompagnamento dei giovani alla vita adulta.<br />

Tuttavia, più del 40% degli operatori intervistati si lamenta <strong>di</strong> un certo<br />

isolamento, che passa attraverso il <strong>di</strong>sinteresse degli Enti Locali o attraverso<br />

lo scollamento tra la scuola, la Formazione Professionale Regionale ed il<br />

mondo aziendale.<br />

Quin<strong>di</strong>, se l’inserimento sempre più massiccio <strong>di</strong> utenza migrante minore e<br />

adulta nei <strong>di</strong>versi livelli del nostro sistema scolastico e formativo trova <strong>nella</strong><br />

Formazione Professionale Regionale una comunità <strong>di</strong> pratiche già pre<strong>di</strong>sposta ad<br />

una cultura dell’accoglienza della <strong>di</strong>versità, occorre sottolineare che la<br />

Formazione Professionale vive, nel confronto con le altre istanze del territorio,<br />

anche il senso <strong>di</strong> una identità incerta e poco compresa. Infatti, come scuola, la<br />

Formazione Professionale Regionale viene spesso definita un coraggioso terreno<br />

<strong>di</strong> frontiera, la cui utenza fa un po’ paura; al tempo stesso, il riconoscimento <strong>di</strong><br />

questo “coraggio” non si traduce in un aumento <strong>di</strong> interesse allo scambio e si<br />

percepisce quin<strong>di</strong> una definizione della Formazione Professionale Regionale<br />

come scuola <strong>di</strong> serie B, caratterizzata da una sorta <strong>di</strong> cultura debole, come deboli<br />

sono considerate le fasce <strong>di</strong> utenza <strong>di</strong> cui si occupa.<br />

D’altronde, come luogo <strong>di</strong> inserimento sociale dei migranti, essa appare<br />

invece privilegiata, perché, rispetto alle strutture <strong>di</strong> prima accoglienza, essa<br />

riceve persone che avendo già il permesso <strong>di</strong> soggiorno dovrebbero avere<br />

ormai superato la prima fase <strong>di</strong> emergenza 1.<br />

L’avvio <strong>di</strong> una integrazione più feconda tra scuola, Form a z i o n e<br />

Professionale Regionale, università e sistema delle imprese è auspicata anche<br />

da Besozzi (1998), <strong>nella</strong> conclusione del suo esauriente saggio sulla<br />

Formazione Professionale: l’autrice sottolinea inoltre che tale cambiamento non<br />

può poggiare solo sulla buona volontà <strong>di</strong> singoli centri <strong>di</strong> Formazione<br />

P rofessionale, ma richiede, piuttosto, interventi <strong>di</strong> promozione e <strong>di</strong><br />

coor<strong>di</strong>namento da parte dell’autorità pubblica a livello nazionale e locale.<br />

1 Ciò è stato confermato anche nell’ambito del nostro corso, soprattutto nelle giornate de<strong>di</strong>cate al<br />

punto <strong>di</strong> vista della scuola e al punto <strong>di</strong> vista della prima accoglienza<br />

12


3. I.Ter. Integra<br />

I.Ter., Integrare nel Territorio, è un progetto Europeo gestito dalla <strong>Casa</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Carità</strong> Arti e Mestieri che si propone <strong>di</strong> raccordare gli interventi dei vari servizi<br />

che si occupano dell’inserimento lavorativo degli stranieri attraverso la<br />

creazione <strong>di</strong> un modello strutturato <strong>di</strong> percorso <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> da realizzarsi<br />

nelle agenzie formative e che si esplicita nelle seguenti attività riportate anche<br />

nel grafico n.1:<br />

Corso <strong>di</strong> <strong>formazione</strong>/formatori e <strong>di</strong> operatori territoriali con la finalità<br />

<strong>di</strong> uniformare ed orientare le conoscenze e le azioni spen<strong>di</strong>bili nel settore <strong>di</strong><br />

riferimento;<br />

Corso <strong>di</strong> qualifica <strong>di</strong> me<strong>di</strong>atore culturale <strong>di</strong> 900 ore finalizzato<br />

all’inserimento lavorativo utilizzando un <strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong> accoglienza, <strong>di</strong><br />

inserimento nelle aziende/servizi, attraverso l’azione coor<strong>di</strong>nata <strong>di</strong> formatori<br />

interni ed esterni specializzati nel settori ed appartenenti ad associazioni,<br />

professioni, servizi specializzati;<br />

Tre corsi <strong>di</strong> orientamento strutturati in <strong>rete</strong>: due rivolti a minori<br />

migranti soli non accompagnati e uno a donne migranti, propedeutico ad<br />

un corso formativo e/o lavorativo;<br />

Apertura ed attivazione <strong>di</strong> uno sportello permanente in grado <strong>di</strong><br />

assicurare un servizio <strong>di</strong> in<strong>formazione</strong>/manutenzione e orientamento per le<br />

necessità legate all’accoglienza, all’integrazione, alla <strong>formazione</strong> e agli<br />

inserimenti lavorativi;<br />

Produzione <strong>di</strong> un manuale che si pone la finalità <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare una<br />

chiave <strong>di</strong> lettura per sistematizzare le metodologie formative;<br />

Produzione <strong>di</strong> una ricerca quantitativa/qualitativa su dati recenti<br />

nell’ambito teorico (<strong>formazione</strong>/integrazione/professionalizzazione), operativo<br />

(immigrati nelle varie realtà: Torino, Milano, Brescia) e esperienziale (interviste:<br />

utenza migrante, operatori <strong>di</strong> <strong>formazione</strong>).<br />

Per la <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri il progetto I.Ter. rappresenta anche una<br />

preziosa occasione per giungere ad una sintesi ragionata del percorso<br />

esperienziale degli ultimi <strong>di</strong>eci anni, in cui sono nate e si sono concretizzate<br />

idee, iniziative, strategie, costruite in un “corpo a corpo” con l’utenza migrante<br />

e mirate al progetto <strong>di</strong> stabilizzazione.<br />

13


14<br />

3.1. Il Corso <strong>di</strong> <strong>formazione</strong>/formatori<br />

ed il manuale: uno spazio per pensare<br />

e progettare “insieme”<br />

Occorre tuttavia ricordare che queste esperienze costituiscono, in gran<br />

parte, un sapere sommerso, perché, come spesso capita quando si è impegnati<br />

in una innovazione, il tempo per la riflessione e per il confronto tra gli<br />

operatori sfugge a favore del “fare”. Ad esempio, anche se la <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti<br />

e Mestieri persegue da anni rapporti con gli altri attori della <strong>rete</strong>, il più sovente<br />

essi sono avvenuti nell’emergenza, sulla base <strong>di</strong> richieste pressanti formulate<br />

dall’una o dall’altra parte, il più delle volte condotti per volontà e passione <strong>di</strong><br />

singoli operatori, senza che fosse previsto un tempo istituzionale per fermarsi,<br />

per confrontare le domande <strong>di</strong> fondo che guidavano proprio gli interventi, più<br />

innovativi, o i dubbi che li accompagnavano.<br />

Nell’ambito del progetto I.Ter. Integra, la stesura del manuale ed il corso <strong>di</strong><br />

f o rm a z i o n e / f o rmatori, sono stati visti da subito come due pro g e t t i<br />

reciprocamente funzionali alla contestualizzazione e concettualizzazione <strong>di</strong><br />

queste esperienze in vista <strong>di</strong> più obiettivi:<br />

• consolidare i rapporti <strong>di</strong> <strong>rete</strong> già esistenti, creando le opportunità per<br />

collaborazioni più sistematiche e istituzionalizzate 2;<br />

• in<strong>di</strong>viduare e confrontare con altri attori della <strong>rete</strong> i no<strong>di</strong> critici d’interesse<br />

comune;<br />

• puntare alla costruzione <strong>di</strong> una chiave <strong>di</strong> lettura del rapporto tra operatori<br />

e migranti, utilizzabile da attori eterogenei, <strong>nella</strong> <strong>formazione</strong>, ma non solo,<br />

e trasversale alle <strong>di</strong>verse tipologie <strong>di</strong> corsi e <strong>di</strong> utenza.<br />

Lo spazio concesso dal progetto europeo è stato quin<strong>di</strong> interpretato come<br />

un luogo privilegiato per potenziare il riconoscimento re c i p roco e la<br />

comunicazione con i servizi che entrano quasi quoti<strong>di</strong>anamente in contatto con<br />

la Formazione Professionale Regionale.<br />

L’idea è che l’aumento sempre più massiccio <strong>di</strong> utenza migrante costituisca<br />

un’importante sollecitazione alla collaborazione interistituzionale e che una<br />

migliore capacità <strong>di</strong> comunicazione tra istituzioni favorisca <strong>di</strong> per sé, in ritorno,<br />

la facilitazione dei percorsi <strong>di</strong> stabilizzazione da parte dei migranti.<br />

2 Si ricorda, ad esempio che a Torino esiste dal 1990 una Convenzione sui problemi scolastici<br />

dell’utenza migrante stipulata tra Provve<strong>di</strong>torato, Comune, Regione, a cui si è aggiunta dal 1999<br />

anche la Provincia, da cui la Formazione Professionale,che intrattiene rapporti continui con la scuole<br />

<strong>di</strong> alfabetizzazione, è stata esclusa almeno sul piano formale.


3.2. Grafico n.1: attività previste dal progetto<br />

I.Ter. Integra<br />

5.<br />

MANUALE<br />

Metodologie formative<br />

3.<br />

ORIENTAMENTO<br />

MINORI<br />

DONNE<br />

ADULTI<br />

6.<br />

RICERCA<br />

<strong>Migranti</strong>: Formazione<br />

Inserimenti<br />

Difficoltà<br />

Tutor mentor: Competenze<br />

Funzioni<br />

2.<br />

CORSO<br />

MEDIATORE CULTURALE<br />

INTEGRA<br />

I.TER.<br />

4.<br />

SPORTELLO<br />

<strong>di</strong>:<br />

Accompagnamento<br />

Orientamento<br />

1.<br />

CORSO<br />

FORMAZIONE FORMATORI<br />

15


16<br />

4. Il progetto <strong>di</strong> costruzione del Manuale<br />

La progettazione e la cura scientifica <strong>di</strong> queste due iniziative, il Corso per<br />

formatori ed il Manuale, è stata affidata a Laura Bonica, docente <strong>di</strong> Psicologia<br />

dello sviluppo e dell’educazione presso il Dipartimento <strong>di</strong> Psicologia<br />

dell’Università <strong>di</strong> Torino, in seguito all’interesse dello staff della <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong><br />

Arti e Mestieri verso il modello per la comunicazione integrata sul territorio da<br />

lei elaborato e già validato in due esperienze <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> europea finanziate<br />

dalla CEE 3. Il corso <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> è stato, quin<strong>di</strong>, progettato in modo da<br />

coinvolgere <strong>di</strong>versi attori della <strong>rete</strong> citta<strong>di</strong>na e finalizzato alla sperimentazione<br />

<strong>di</strong> una metodologia, ispirata alla <strong>reciprocità</strong>, che favorisse il confronto fra gli<br />

attori della <strong>rete</strong> sociale in vista della definizione <strong>di</strong> prassi e <strong>di</strong> procedure<br />

con<strong>di</strong>vise. Il Manuale costituisce al tempo stesso la testimonianza <strong>di</strong> questo<br />

percorso e dei materiali che sono stati prodotti nei <strong>di</strong>versi gruppi <strong>di</strong> lavoro, ed<br />

una proposta <strong>di</strong> percorso da effettuare per chi volesse ricostruire, a partire dalla<br />

propria posizione specifica, un modello relazionale (fra persone e strutture<br />

della <strong>rete</strong>) fondato sulla <strong>reciprocità</strong>.<br />

Al fine <strong>di</strong> contestualizzare questo percorso accenniamo all’articolazione dei<br />

due moduli del corso <strong>di</strong> <strong>formazione</strong>-formatori 4.<br />

3 Una, nell’ambito del RIF (Reseau Institutions de Formation) riguardante l’inserimento scolastico degli<br />

studenti immigrati (Bonica, Biarnes, 1995) e l’altra nell’ambito <strong>di</strong> un progetto Socrates-Comenius,<br />

riguardante la <strong>formazione</strong> <strong>di</strong> responsabili <strong>di</strong> progetti d’innovazione, centrati sul tema della solidarietà<br />

educativa (Mouvet B., Barbosa L., Bonica L. ed altri, 1997; Bonica L., Mouvet B., 1997).<br />

4 Le opzioni teorico-metodologiche ed i risultati del percorso formativo sono riportati rispettivamente<br />

<strong>nella</strong> seconda e <strong>nella</strong> terza/quarta parte <strong>di</strong> questo testo.


4. l. Articolazione dei due moduli<br />

Partecipanti<br />

Il gruppo era formato da 24 persone, aventi in comune un impegno<br />

professionale-istituzionale o volontario nell’ambito del lavoro con migranti. Gli<br />

ambiti <strong>di</strong> attività coprivano un raggio abbastanza ampio <strong>di</strong> settori:<br />

Settore mas fem totale Note<br />

Prima accoglienza 2 2 Un operatore <strong>di</strong> strada palestinese e un<br />

educatore<br />

Alfabetizzazione e 150 h 2 2 Insegnati<br />

Sostegno scolastico 2 2 Volontari<br />

<strong>nella</strong> scuola dell’obbligo<br />

Centro Interculturale 1 1 Dirigente<br />

del Comune <strong>di</strong> Torino<br />

Consorzio Intercomunale <strong>di</strong> Susa 1 1 Assistente sociale<br />

Formatori della <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> 2 2 4 Docenti in corsi per migranti: minori, donne e<br />

Arti e Mestieri uomini adulti, carcere<br />

Tutor della <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> 2 2 Tutor interni: uno per i corsi <strong>di</strong> meccanica<br />

Arti e Mestieri (minori e Arti e Mestieri adulti uomini), l’altro<br />

per donne e per me<strong>di</strong>atori culturali<br />

S p o rtello orientamento per migranti 1 1 F o rm a t o re addetto per alcune ore allo sport e l l o<br />

Progettazione corsi 1 1 2 Uno della <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri<br />

e l’altro Ciofs<br />

Me<strong>di</strong>azione culturale 2 2 Congo e Albania<br />

Consulente aziendale peruviana 1 1 Libera professionista e volontaria alla Caritas<br />

Tirocinanti universitarie 4 4 Scienze dell’Educazione e Psicologia<br />

Totale 8 16 24<br />

Tempi e contenuti<br />

Nel primo modulo (6 giornate, 42 ore) si è cercato <strong>di</strong> arrivare alla<br />

con<strong>di</strong>visione <strong>di</strong> un elenco <strong>di</strong> questioni comuni, sia attraverso la<br />

sperimentazione del modello <strong>di</strong> comunicazione integrata sul territorio (due<br />

g i o rnate e mezzo condotte da Laura Bonica, per un totale <strong>di</strong> 17 ore), sia<br />

attraverso contributi su temi specifici: l’insegnamento della lingua e la CILS<br />

(6 ore, Gioia Maestro), re c i p rocità, transizioni ecologiche e traiettorie evolutive<br />

(4 ore, Laura Bonica), i gruppi <strong>di</strong> ascolto (6 ore, Ines Damilano), la gestione<br />

creativa dei conflitti e la comunicazione interculturale (6 ore, Maria<strong>nella</strong> Sclavi)<br />

17


Il secondo modulo è stato progettato, insieme ai partecipanti stessi, come<br />

un’occasione <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>mento, allargato ad altre esperienze ed istanze<br />

territoriali, sui no<strong>di</strong> critici emersi dal primo modulo. Esso è stato articolato in<br />

tre giornate seminariali, ognuna centrata su una specifica area d’intervento:<br />

l’accoglienza, la scuola e la <strong>formazione</strong> professionale regionale. Per ogni area<br />

sono stati invitati, in modo mirato, attraverso un’intervista preliminare,<br />

rappresentanti significativi delle istituzioni torinesi e <strong>di</strong> altre città: in particolare,<br />

per la prima e seconda accoglienza: don Fredo Olivero della CARITAS 5, e<br />

Giovanna Zal<strong>di</strong>ni dell’ALMA MATER 6, entrambi torinesi; per la scuola: il<br />

CIDISS 7 <strong>di</strong> Torino, rappresentato dalla Preside Demo e da un insegnante per<br />

ogni or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> scuola, e la Preside della scuola Me<strong>di</strong>a Giovanni Pascoli <strong>di</strong><br />

Milano; per la <strong>formazione</strong> professionale: Samia Quoider, sociologa, formatrice<br />

ed esperta <strong>di</strong> fenomeni migratori, e Gianni Daniele e Paola Massignan del<br />

CEDRITT 8 <strong>di</strong> Genova.<br />

18<br />

4.2. Altri materiali utilizzati per la stesura del<br />

manuale<br />

Per la stesura <strong>di</strong> questo testo, oltre ai materiali inerenti i due moduli, ci si<br />

è avvalsi <strong>di</strong> interviste in profon<strong>di</strong>tà rivolte a docenti e coor<strong>di</strong>natori della <strong>Casa</strong><br />

<strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri, della documentazione relativa alla progettazione <strong>di</strong><br />

corsi, a convenzioni interistituzionali e al monitoraggio del percorso degli<br />

allievi, e, infine, della consultazione bibliografica.<br />

Poiché non è stato possibile, come sarebbe stato nelle intenzioni iniziali,<br />

affiancare un progetto <strong>di</strong> osservazione sistematica in aula, durante lo<br />

svolgimento dei corsi, abbiamo fatto ampio riferimento a testimonianze<br />

riportate in altre ricerche (soprattutto in Massa e altri, 1994) ed in Carlini (a cura<br />

<strong>di</strong>, 1991), oltre che ad esperienze tratte dai precedenti progetti europei, già<br />

citati sopra.<br />

5 La Caritas, associazione cattolica, <strong>nella</strong> <strong>di</strong>ocesi torinese ha istituito uno specifico Servizio <strong>Migranti</strong><br />

con un’attenzione alle problematiche <strong>di</strong> prima accoglienza e dell’inserimento sociale e lavorativo<br />

dello straniero.<br />

6 L’Alma Mater, centro interculturale delle donne si occupa <strong>di</strong> sostenere, attraverso l’incontro <strong>di</strong>retto,<br />

donne con problemi collegati ai bisogni <strong>di</strong> prima accoglienza come il lavoro, l’assistenza ai figli,<br />

l’inserimento abitativo.<br />

7 CIDISS, Centro <strong>di</strong> In<strong>formazione</strong> e Documentazione per l’inserimento scolastico degli stranieri (minori<br />

e adulti), nato nel 1990 da una convenzione tra Provve<strong>di</strong>torato agli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Torino, il Comune <strong>di</strong><br />

Torino e la Regione Piemonte.<br />

8 CEDRITT, Centro <strong>di</strong> Documentazione e <strong>di</strong> Ricerca sui Trasferimenti <strong>di</strong> Tecnologie, si occupa dei<br />

rapporti Nord-Sud e <strong>di</strong> ricerca sulla Cooperazione internazionale. La sua sede è a Genova ed il<br />

Direttore attuale è Gianni Daniele, sociologo.


5. Guida alla lettura al manuale<br />

Il testo risente dell’articolazione del percorso seguito, per cui la seconda<br />

parte può essere vista come illustrazione delle opzioni teoriche e della<br />

metodologia seguita nel corso, mentre le due parti successive, relative<br />

rispettivamente alla Rete e alla Formazione, possono essere viste come i<br />

“risultati”. Questi includono sia alcuni dei materiali emersi dai lavori <strong>di</strong> gruppo<br />

e dalle interviste, sia ulteriori documenti ed approfon<strong>di</strong>menti, che sono stati<br />

scelti tenendo presenti i no<strong>di</strong> critici ed alcune delle priorità suggerite dai<br />

partecipanti durante il corso <strong>di</strong> Formazione/Formatori.<br />

Al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> questa precisazione, il testo è stato articolato in capitoli e sezioni,<br />

pensando a quattro funzioni principali, che possono rispondere ad altrettante<br />

esigenze, a cui i lettori possono attingere in<strong>di</strong>pendentemente. Ve<strong>di</strong>amo ora,<br />

una per una, queste funzioni ed i relativi capitoli <strong>di</strong> riferimento:<br />

• Una funzione <strong>di</strong> invito alla riflessione teorico-metodologica, sul duplice<br />

versante dello scambio etico-professionale tra attori della <strong>rete</strong> e della<br />

progettazione della <strong>formazione</strong>. Rientrano in questa finalità i capitoli che<br />

presentano il modello <strong>di</strong> comunicazione ispirato alla <strong>reciprocità</strong>, come la<br />

chiave <strong>di</strong> lettura che può consentire un isomorfismo nell’analisi dei <strong>di</strong>versi<br />

tipi e livelli <strong>di</strong> intervento. Il capitolo 3 fornisce alcune coor<strong>di</strong>nate teoriche<br />

riguardo ai concetti che sono implicati <strong>nella</strong> opzione etico-epistemologica<br />

verso la <strong>reciprocità</strong>, in una prospettiva costruttivista e sistemico-ecologica;<br />

la terminologia è talora inconsueta e quin<strong>di</strong> la lettura può risultare<br />

impegnativa; il lettore non si preoccupi: l’opzione verso la <strong>reciprocità</strong><br />

deriva, in definitiva, da una scelta etica personale e non dal<br />

padroneggiamento <strong>di</strong> questi concetti; tuttavia il supporto della teoria può<br />

costituire un elemento confortante ed anche utile per avanzare più<br />

velocemente verso la costruzione <strong>di</strong> un referenziale comune.<br />

Il capitolo 4 presenta il modello operativo che è stato applicato nei moduli<br />

<strong>di</strong> <strong>formazione</strong>/formatori; i capitoli 5 e 12 presentano l’analisi <strong>di</strong> situazioni<br />

<strong>di</strong> comunicazione tra attori della <strong>rete</strong> e/o nel rapporto con utenza migrante,<br />

che possono fungere sia da chiarimento e supporto empirico per il modello<br />

teorico, sia da esemplificazione <strong>di</strong> un metodo <strong>di</strong> analisi della propria pratica<br />

professionale ed infine, per alcuni dei contenuti tematici che emergono,<br />

possono arricchire la funzione informativa su alcuni dei no<strong>di</strong> critici della<br />

comunicazione <strong>di</strong> <strong>rete</strong>. Essi rispondono, quin<strong>di</strong> a più funzioni e potrebbero<br />

essere letti in modo in<strong>di</strong>pendente o affiancati ai capitoli informativi.<br />

• una funzione informativa, che si sviluppa attraverso le <strong>di</strong>verse sezioni e<br />

che, letta in sequenza, può essere utile ad un operatore o ad un formatore<br />

che si occupa per la prima volta <strong>di</strong> utenza migrante e che voglia<br />

contestualizzare meglio la sua posizione. Si può partire da una panoramica<br />

della immigrazione torinese (cap.1) per poi entrare nel merito <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse<br />

19


20<br />

sfaccettature <strong>di</strong> tale problematica, che sono state accorpate in due <strong>di</strong>verse<br />

sezioni:<br />

- la <strong>rete</strong>, e quin<strong>di</strong>: i percorsi <strong>di</strong> <strong>rete</strong> che in<strong>di</strong>viduano le aree <strong>di</strong> intervento<br />

con cui la Formazione Professionale Regionale è più strettamente collegata,<br />

come la prima e seconda accoglienza e la scuola e le <strong>di</strong>verse tipologie <strong>di</strong><br />

funzioni svolte in tali aree (cap.6); i no<strong>di</strong> critici più con<strong>di</strong>visi e le tipologie<br />

professionali che svolgono un ruolo <strong>di</strong> ponte tra queste <strong>di</strong>verse aree, con<br />

particolare riferimento alle tipologie <strong>di</strong> tutor e ai me<strong>di</strong>atori culturali (cap.7).<br />

- la docenza in aula, riferita agli elementi <strong>di</strong> maggiore eterogeneità che si<br />

possono incontrare in una classe multietnica (cap.10), e al problema della<br />

comprensione/insegnamento della lingua italiana (cap.11).<br />

• una funzione <strong>di</strong> sensibilizzazione alla riflessione sulle problematiche<br />

del cambiamento connesso all’emigrare e alle sfide che questo può<br />

comportare nello spazio della <strong>formazione</strong>. Rientrano in questa finalità i<br />

capitoli 9 e 12 che trattano <strong>di</strong>versi aspetti della suscettibilità rispetto<br />

all'autodefinizione dei migranti (traiettorie evolutive, setting formativo,<br />

modelli <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento-insegnamento, violazioni <strong>di</strong> <strong>reciprocità</strong>) ed il<br />

contributo tematico <strong>di</strong> Maria<strong>nella</strong> Sclavi che, attraverso la proposta <strong>di</strong> alcuni<br />

esercizi/ esempi invita a riflettere, <strong>nella</strong> prospettiva delineata da Bateson,<br />

sui quei livelli <strong>di</strong> cambiamento che implicano una mo<strong>di</strong>fica ra<strong>di</strong>cale delle<br />

proprie premesse epistemologiche e che sono particolarmente favoriti dalle<br />

situazioni <strong>di</strong> confronto interculturale (cap.13)<br />

• una funzione <strong>di</strong> stimolo al confronto professionale tra responsabili/<br />

formatori/progettatori/coor<strong>di</strong>natori, <strong>di</strong> Enti <strong>di</strong> Formazione Professionale, su<br />

alcuni aspetti dell’intervento con utenza migrante. Possono rispondere a<br />

questa finalità le parti che presentano dati informativi sulle attività pro m o s s e<br />

dalla <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri come il capitolo 2, o che illustrano ipotesi<br />

<strong>di</strong> progetti integrati, come il Dispositivo per l’accompagnamento,<br />

l’orientamento e la <strong>formazione</strong> (cap.7, pr.7.1) o gli allegati che forniscono<br />

esempi <strong>di</strong> documentazione <strong>di</strong> corsi realizzati. Può rientrare in questa finalità<br />

anche il contributo tematico <strong>di</strong> Gioia Maestro che, illustrando il sistema<br />

della CILS, introduce una documentazione utile agli Enti, in sede <strong>di</strong><br />

progettazione e <strong>di</strong> definizione dei prerequisiti linguistici (cap. 8)<br />

Nella nostra visione, l’elemento coesivo, sta nell’aver proposto una chiave<br />

<strong>di</strong> lettura, l’opzione verso la <strong>reciprocità</strong>, e <strong>di</strong> aver cercato <strong>di</strong> evidenziarne la<br />

pertinenza ai <strong>di</strong>versi livelli <strong>di</strong> articolazione degli interventi: la comunicazione <strong>di</strong><br />

<strong>rete</strong>, la <strong>formazione</strong> dei formatori, la docenza <strong>di</strong> aula.<br />

In effetti, i riferimenti ad una visione sistemica, alla <strong>reciprocità</strong>, intesa<br />

come il riconoscimento del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> ogni migrante e <strong>di</strong> ogni attore della <strong>rete</strong><br />

ad autodefinirsi ed alla esplicitazione dei rispettivi vincoli eticop<br />

rofessionali e culturali, come base per re n d e re operativo questo<br />

riconoscimento, hanno costituito i concetti base del modello sperimentato nel


corso, e sono stati anche il punto <strong>di</strong> partenza da cui è nato il contratto per la<br />

stesura del manuale.<br />

Infine, si tratta <strong>di</strong> un manuale che vuole invitare alla riflessione ed al<br />

confronto, senza p<strong>rete</strong>ndere <strong>di</strong> dare ricette. Vogliamo sottolineare due limiti:<br />

l’assenza <strong>di</strong> esempi concreti <strong>di</strong> rapporto con il mondo impren<strong>di</strong>toriale e la<br />

c a renza <strong>di</strong> esempi tratti da un’osservazione <strong>di</strong>retta <strong>di</strong> situazioni <strong>di</strong><br />

appren<strong>di</strong>mento nei laboratori tecnici. Entrambi queste carenze testimoniano<br />

che siamo ancora in una fase sperimentale dell’innovazione; così, da un lato,<br />

è <strong>di</strong>fficile per gli operatori protagonisti delle esperienze più innovative fermarsi<br />

a documentare, riflettere, scrivere essi stessi e dall’altro queste esperienze sono<br />

ancora troppo fragili per inglobare anche la collaborazione sistematica con un<br />

osservatore esterno.<br />

L’entusiasmante sfida <strong>di</strong> portare alla luce il sapere sommerso della<br />

<strong>formazione</strong> professionale regionale nei confronti dei migranti (in particolare<br />

quello realizzato dalla <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri <strong>di</strong> Torino) si conclude,<br />

quin<strong>di</strong>, da un lato, con la consapevolezza che il manuale rispecchia una<br />

minima parte delle esperienze in atto, dall’altro con la speranza che esso<br />

inneschi comunque curiosità e desideri, ed anche un criterio <strong>di</strong> lettura, per<br />

addentrarsi ulteriormente <strong>nella</strong> comprensione delle conc<strong>rete</strong> situazioni<br />

quoti<strong>di</strong>ane.<br />

21


Prima parte<br />

IL CONTESTO<br />

23


Capitolo 1<br />

Presenza dei migranti a Torino<br />

e in Piemonte<br />

Silvia Zabaldano<br />

1.1. Premessa<br />

La presenza dei migranti in Piemonte si è andata consolidando negli ultimi<br />

25 anni ed è <strong>di</strong>ventata oggetto <strong>di</strong> iniziative <strong>di</strong> accoglienza verso la<br />

regolarizzazione già dalla prima metà degli anni Ottanta9. Dagli anni ’90 il numero degli immigrati, il loro inserimento nel mercato del<br />

lavoro regolare o irregolare, la loro integrazione sociale, la loro visibilità sono<br />

andati aumentando, grazie anche alle varie regolarizzazioni. Esse sono state il<br />

principale strumento con cui il governo ha affrontato le problematiche dei<br />

migranti, in assenza <strong>di</strong> norme e regolamenti tali da consentire un accesso<br />

graduale e regolare degli immigrati. Questo vale sia per la legge n.40 del 1998<br />

sia per la legge precedente (n.39 Legge Martelli) che sono rimaste<br />

sostanzialmente inoperanti, ad eccezione della sanatoria.<br />

Quin<strong>di</strong> in Italia, più che in altri Paesi, il flusso reale dei migranti e il flusso<br />

misurabile hanno presumibilmente andamenti molto <strong>di</strong>versi.<br />

Il numero <strong>di</strong> permessi <strong>di</strong> soggiorno e quello dei residenti si impennano<br />

infatti soprattutto nei perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> regolarizzazione, quando il grosso degli<br />

irregolari <strong>di</strong>venta regolare e, probabilmente, vari irregolari arrivano con la<br />

speranza <strong>di</strong> una possibile regolarizzazione.<br />

Inoltre il numero degli stranieri cresce per i casi <strong>di</strong> ricongiungimento<br />

familiare, fenomeno sempre più <strong>di</strong>ffuso; tale ricongiungimento può essere <strong>di</strong><br />

vari tipi: ad esempio la madre e i figli che raggiungono il padre che ha ottenuto<br />

un lavoro regolare o il padre e i figli che raggiungono la madre (generalmente<br />

collaboratrice domestica), o figli soli che raggiungono un genitore o entrambi<br />

i genitori, già arrivati in Italia da alcuni anni10. Oggi sono passati circa due anni dall’ultima sanatoria (marzo 1998), si è<br />

o rmai esaurita la coda delle regolarizzazioni, ma nonostante questo è aumentato<br />

il numero degli irregolari, anche se non si sa con esattezza <strong>di</strong> quanto (da una<br />

r i c e rca della CISL il numero <strong>di</strong> Somali irregolari è vicino a zero, ma vi sono però<br />

moltissimi casi <strong>di</strong> irregolari rumeni, Est - Europei o Latino Americani)<br />

Gli irregolari non sono <strong>di</strong>stribuiti uniformemente per provenienza e quin<strong>di</strong><br />

il loro aumento rende sempre meno sod<strong>di</strong>sfacente qualsiasi ragionamento <strong>di</strong><br />

carattere generale.<br />

9 Tutti i dati <strong>di</strong> questo capitolo sono forniti dall’IRES, Piemonte Economico e Sociale. 1997, 1998 e dal<br />

Ministero del Lavoro, Piemonte: Indagine statistica trimestrale per autorizzazione al lavor o.<br />

settembre 1999-gennaio 2000.<br />

10 Si vedano gli esempi “flash”, capitolo 6 paragrafo 6.2.<br />

11 Si veda la tabella 1.5.4.<br />

1 1.<br />

25


La presenza degli immigrati in Piemonte è ovviamente concentrata in<br />

Torino e provincia. Le varie ondate migratorie sono inizialmente maschili nel<br />

caso <strong>di</strong> senegalesi, marocchini e albanesi o femminili per le etnie somale,<br />

filippine o peruviane. I ricongiungimenti familiari tendono con il tempo a<br />

riequilibrare tutte le provenienze. Gli uomini sono oggi intorno al 58% del<br />

totale a Torino città e in regione, mentre in provincia intorno al 56%.<br />

I dati <strong>di</strong>sponibili provengono dalle Questure per i permessi <strong>di</strong> soggiorno,<br />

dai Comuni per le anagrafi, dai Provve<strong>di</strong>torati per la scuola e dagli Uffici<br />

Provinciali del Lavoro per il collocamento. Le varie fonti non riguardano<br />

esattamente lo stesso universo, perché non solo tutti i presenti sono regolari, ma<br />

non tutti i regolari sono iscritti all’anagrafe, non tutti i minori vanno a scuola e<br />

non tutti quelli che vanno a scuola sono regolari e infine non tutti quelli che<br />

c e rcano lavoro lo cercano nel luogo <strong>di</strong> residenza o <strong>nella</strong> provincia in cui hanno<br />

il permesso <strong>di</strong> soggiorno. E’ evidente quin<strong>di</strong> l’insufficiente completezza dei<br />

d a t i1 2.<br />

26<br />

1.2. Nicchie settoriali e territoriali<br />

Chi si inserisce in un Paese straniero facendo un mestiere particolare,<br />

appartenente magari alla tra<strong>di</strong>zione del proprio luogo d’origine, sia pur<br />

modernizzato e mo<strong>di</strong>ficato, generalmente viene seguito da parenti e conoscenti<br />

che giungono richiamati dalla possibilità <strong>di</strong> svolgere quel particolare lavoro. In<br />

questo senso vanno viste le nicchie settoriali per alcuni lavori specifici.<br />

É una nicchia <strong>di</strong> provenienza ad esempio quella dei muratori marocchini;<br />

sono numerosi, arrivano per catene migratorie, sono spesso anche regolari, con<br />

buone retribuzioni e con un rapporto <strong>di</strong> fiducia stabile con il datore <strong>di</strong> lavoro.<br />

In realtà non sono in senso stretto una nicchia territoriale perché spesso il<br />

legame con l’azienda porta a spostamenti anche notevoli. Infatti ci sono<br />

piastrellisti e muratori marocchini che da Torino si spostano a Cuneo, entrando<br />

così in concorrenza con piastrellisti e muratori cinesi.<br />

Nel settore agricolo forte è la presenza <strong>di</strong> albanesi, inseriti nell’agricoltura<br />

avanzata e <strong>nella</strong> viticoltura dell’astigiano; nello stesso ambito, <strong>nella</strong> provincia<br />

<strong>di</strong> Cuneo, numerosi sono i macedoni e i montenegrini, soprattutto nel settore<br />

della raccolta della frutta.<br />

Sono una nicchia i senegalesi nelle fonderie, gli iraniani nel commercio dei<br />

tappeti a Torino, i sarti centroafricani, i pakistani e gli in<strong>di</strong>ani per le attività<br />

autonome nel campo della compraven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> tessuti, i cuochi e i pizzaioli<br />

egiziani, le collaboratrici domestiche filippine, le donne peruviane o somale<br />

che assistono gli anziani e infine le mogli tailandesi ed est - europee che,<br />

soprattutto nelle valli alpine, svolgono adesso il ruolo che un tempo era<br />

proprio delle donne venete o meri<strong>di</strong>onali.<br />

12 Si vedano le tabelle 1.5/ 1.5.1/ 1.5.4.


1.3. Il lavoro<br />

I lavoratori migranti assunti a livello regionale sono per l’88% circa uomini<br />

e solo per il 12% donne. La maggioranza degli avviamenti al lavoro registrati<br />

in Piemonte è avvenuta in provincia <strong>di</strong> Torino, seguita da Cuneo.<br />

Il numero più alto <strong>di</strong> inserimenti avviene nel settore industriale, inclusa<br />

l’e<strong>di</strong>lizia e le attività ad essa collegate. Al secondo posto troviamo gli<br />

avviamenti al settore terziario, <strong>di</strong> cui la maggior parte nei pubblici servizi<br />

(lavori domestici, assistenza agli anziani o bambini, imprese <strong>di</strong> pulizia,<br />

bar/ristoranti…). All’agricoltura spetta l’ultimo posto, ma forte è la<br />

concentrazione in alcune province (Cuneo, Asti e Vercelli).<br />

I lavoratori immigrati extracomunitari avviati senza alcun titolo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o<br />

a p p a rente rappresentano quasi l’89% del totale, nel quale sono compresi anche<br />

quelli che hanno un titolo ma non lo <strong>di</strong>chiarano, sia per evitare le pre v e d i b i l i<br />

d i fficoltà <strong>di</strong> riconoscimento, sia perché ritenuto sostanzialmente inutile<br />

all’inserimento lavorativo, almeno iniziale. I migranti sono consapevoli del fatto<br />

che più del percorso <strong>di</strong> scolarizzazione pre g resso nel paese d’origine sia<br />

importante il conseguimento <strong>di</strong> un titolo (es. qualifica professionale o licenza<br />

m e d i a )in Italia<br />

1 3.<br />

Gli avviati al lavoro hanno prevalentemente un’età maggiore <strong>di</strong> 25 anni.<br />

Quelli compresi tra i 25 e i 29 anni rappresentano il 27% del totale, mentre<br />

quelli con più <strong>di</strong> 30 anni costituiscono da soli il 55%. É chiaro quin<strong>di</strong> che i<br />

migranti arrivano al lavoro regolare dopo un periodo abbastanza lungo <strong>di</strong><br />

irregolarità e <strong>di</strong> spostamenti geografici in varie regioni italiane.<br />

I contratti delle donne hanno maggiore durata rispetto a quelli<br />

degli uomini; anche se numericamente le donne avviate sono un decimo degli<br />

uomini, il 75% <strong>di</strong> esse ha un contratto a tempo indeterminato, mentre per gli<br />

uomini si tratta solo del 48% 14.<br />

1.4. La scuola<br />

Il numero <strong>di</strong> minori stranieri è in aumento più che proporzionale per tutte<br />

le provenienze, in tutte le scuole <strong>di</strong> ogni or<strong>di</strong>ne e grado, sia a causa dei<br />

ricongiungimenti familiari sia a causa della maggiore natalità dei migranti<br />

rispetto agli italiani. Altri fattori che contribuiscono all’aumento della nuova<br />

generazione sono la maggiore percentuale, rispetto alla popolazione residente,<br />

<strong>di</strong> uomini e donne stranieri in età riproduttiva e, nello stesso tempo, le azioni<br />

positive per la regolarizzazione, l’accoglienza e l’inserimento scolastico dei<br />

minori stranieri, verso i quali si è rivolta una riuscita azione coor<strong>di</strong>nata <strong>di</strong> Enti<br />

locali (Comune <strong>di</strong> Torino, Provincia, Regione Piemonte), Magistratura,<br />

Questura, Provve<strong>di</strong>torato e Formazione Professionale Regionale.<br />

13 Si vedano le tabelle 1.5.2/1.5.3.<br />

14 Si vedano le tabelle 1.5.5/1.5.6.<br />

27


Grazie a questo coor<strong>di</strong>namento, i minori irregolari infatti hanno potuto in<br />

questi anni iscriversi alle scuole e frequentare i corsi, sia pure in maniera<br />

provvisoria. Inoltre per i “minori stranieri non accompagnati” è previsto<br />

l’affidamento e la tutela <strong>di</strong> competenza del Tribunale per i minori, dei servizi<br />

locali e del Giu<strong>di</strong>ce tutelare, e il successivo rilascio del permesso <strong>di</strong> soggiorno<br />

fino al compimento del 18° anno.<br />

Un <strong>di</strong>scorso a parte merita la presenza, in notevole aumento, <strong>di</strong> giovani e<br />

adulti extracomunitari (anche se non si <strong>di</strong>spongono dati su tutte le province<br />

piemontesi) nei corsi <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> professionale soprattutto per i mestieri<br />

tra<strong>di</strong>zionali legati alle attività nel settore industriale. A Torino questo fenomeno<br />

è particolarmente accentuato in due centri <strong>di</strong> Formazione, la <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti<br />

e Mestieri e il Centro <strong>di</strong> Formazione Mario Enrico 15.<br />

28<br />

1.5. Dati quantitativi relativi alla presenza<br />

ed alle caratteristiche dei gruppi etnici nel<br />

territorio torinese 16<br />

I citta<strong>di</strong>ni migranti presenti a Torino sono così ripartiti:<br />

AFRICA 54,3%<br />

AMERICA 13,2%<br />

ASIA 15,4%<br />

AUSTRALIA 0,1%<br />

EUROPA 17,0%<br />

In particolare i paesi più rappresentati sono i seguenti:<br />

Magreb 44%<br />

Est Europa 15%<br />

Africa Centrale 15%<br />

Cina e Filippine 12%<br />

Sud America 12%<br />

Altri 2%<br />

15 Dati forniti dall’Ires, Piemonte economico sociale 1997.<br />

16 Elaborazione dati dell’IRES <strong>di</strong> Torino<br />

(fonte: Progetto ATLANTE su Internet: http://www.provincia.torino.it/atlante/index.xtm)


1.5.1. Gruppi etnici con maggiore <strong>di</strong>fficoltà d’inserimento<br />

(1 a Accoglienza)<br />

Secondo i dati emersi dagli osservatori citta<strong>di</strong>ni 17 le etnie bisognose <strong>di</strong><br />

particolare attenzione e più a rischio per i fenomeni <strong>di</strong> marginalità e “devianza”<br />

risultano essere le seguenti:<br />

MAGREB (Marocco, Tunisia, Egitto, Algeria)<br />

EUROPA DELL’EST (Albania, Romania, Bosnia, ex Jugoslavia<br />

e ex Unione Sovietica)<br />

CENTRO AFRICA (Nigeria, Senegal)<br />

CINA E FILIPPINE<br />

SUD AMERICA (Perù, Brasile)<br />

1.5.2. Grado <strong>di</strong> istruzione <strong>di</strong> residenti stranieri<br />

a Torino 1996 18<br />

Grado <strong>di</strong> istruzione 1996 Percentuale<br />

Nessun titolo 3.098 15,5<br />

Analfabeta 701 3,5<br />

Scuola dell’obbligo 7.331 36,5<br />

Diploma 6.706 33,5<br />

Laurea 2.201 11<br />

Totale 20.037 100<br />

1.5.3. Titoli <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o per nazionalità extra comunitarie 19<br />

Paese Analfabeta Scuola Diploma Laurea Nessun titolo<br />

dell’obbligo riconosciuto<br />

Ex Jugoslavia 11,6 0,4 39,1 16,2 31,7<br />

Iran 13.8 1 61.8 15.5 7.9<br />

Cina 31.7 2.1 13.2 4.1 48.9<br />

Filippine 14.8 0.4 37.8 6.8 40.2<br />

Egitto 20 2.6 40.3 19.9 17.2<br />

Marocco 14.1 7.1 25.4 3.5 49.9<br />

Tunisia 13.2 2.6 20.3 1.8 62.1<br />

Senegal 7.3 16.1 9.1 1 66.5<br />

Somalia 15.7 2.7 43.9 6.1 31.6<br />

Brasile 11.6 0.4 39.1 16.2 31.7<br />

17 Osservatorio provinciale sull’immigrazione presso la Prefettura <strong>di</strong> Torino ed integrato nel progetto<br />

“Atlante immigrazione”.<br />

18 Reginato, 1997, pag.21<br />

19 Ibidem, pag.22<br />

29


Paese d’origine Immigrati illegali Immigrati legali<br />

Marocco 24.939 119.381<br />

Albania 19.380 70.897<br />

Romania 17.232 29.738<br />

Tunisia 15.980 40.592<br />

Ex Jugoslavia 14.762 73.126<br />

Totale 235.567 806.036<br />

30<br />

1.5.4. Stima immigrati legali e illegali in Italia 20<br />

1.5.5. Avviamenti al lavoro <strong>di</strong> extracomunitari in Piemonte<br />

a tempo determinato (periodo sett.’99-gen.2000) 21<br />

Settore Numero avviati<br />

Industria 10<br />

Agricoltura 44<br />

Terziario 8<br />

Totale 62 (<strong>di</strong> cui 48 uomini, 14 donne)<br />

1.5.6. Avviamenti al lavoro <strong>di</strong> extracomunitari in Piemonte<br />

a tempo indeterminato (periodo sett.99-gen.2000) 22<br />

Settore Numero avviati<br />

Industria 164<br />

Agricoltura 24<br />

Terziario 644<br />

Totale 832 (<strong>di</strong> cui 403 uomini, 429 donne)<br />

20 Dati elaborati nel progetto Atlante su Internet, si veda la nota 15.<br />

21 Ministero del lavoro - Piemonte, Indagine statistica trimestrale per autorizzazioni al lavoro rilasciate<br />

ai sensi dell’art.22 D. Lgs 286/98<br />

22 Ibidem.


Capitolo 2<br />

La <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri e i migranti<br />

Michele Grisoni, Silvia Zabaldano<br />

2.1. Corsi per migranti<br />

alla <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri<br />

Prima del ’90 erano pochissimi gli extracomunitari che si iscrivevano ai<br />

corsi della <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri.<br />

Dal ’90 la Direzione ha ritenuto, comunque, importante intraprendere una<br />

nuova strada, introducendo corsi specifici per migranti, che tenessero conto<br />

delle loro esigenze in modo non generico. La <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri si<br />

è così rivolta all’Ufficio Stranieri del Comune <strong>di</strong> Torino, che aveva fornito la<br />

lista dei primi nominativi <strong>di</strong> migranti da inserire nei corsi 23.<br />

Si è arrivati quin<strong>di</strong> al primo corso preserale nell’anno scolastico 90/91; la<br />

tipologia del corso era Elementi <strong>di</strong> Officina Meccanica, rivolto a quattor<strong>di</strong>ci<br />

migranti adulti, quasi tutti provenienti dal Marocco, con un grado <strong>di</strong><br />

<strong>formazione</strong> me<strong>di</strong>o-alta acquisita nel paese d’origine, o <strong>di</strong>soccupati o de<strong>di</strong>ti a<br />

lavori saltuari non regolari. I soggetti avevano una conoscenza <strong>di</strong>screta della<br />

lingua italiana ma, dai colloqui, emergevano evidenti <strong>di</strong>fficoltà materiali:<br />

precarietà residenziale, lavorativa, problemi per l’ottenimento e rinnovo del<br />

permesso <strong>di</strong> soggiorno.<br />

L’intuizione dell’Ente è stata quella <strong>di</strong> collegarsi, già nei mesi precedenti<br />

all’inizio del corso, ai Servizi per stranieri presenti sul territorio torinese, in<br />

modo da ottenere informazioni per la risoluzione <strong>di</strong> casi specifici. In questo<br />

modo si sono sviluppate quelle sinergie proficue capaci <strong>di</strong> risolvere e gestire<br />

la complessità <strong>di</strong> un’utenza caratterizzata da un doppio or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio<br />

lavorativo e sociale.<br />

Distinzione dei corsi per migranti: minori, adulti e donne.<br />

Questa stessa tipologia <strong>di</strong> corso è stata presentata nei due anni seguenti<br />

(92/93-93/94); tra i partecipanti si andava a delineare, in forma sempre più<br />

consistente, una presenza eterogenea <strong>di</strong> minori e <strong>di</strong> adulti, che spesso rendeva<br />

<strong>di</strong>fficile l’intervento formativo e l’attività <strong>di</strong> tutorato e <strong>di</strong> accompagnamento<br />

durante il percorso.<br />

Per i giovani migranti si richiedeva infatti una maggiore attenzione da parte<br />

degli operatori, tanto più che si andava a delineare una tipologia <strong>di</strong> minori del<br />

tutto nuova, quella <strong>di</strong> “minore straniero non accompagnato”, il più delle volte<br />

senza una figura <strong>di</strong> riferimento adulta.<br />

23 Negli anni successivi le iscrizioni sono invece avvenute attraverso il filtro dei Servizi territoriali della<br />

Rete o al passaparola tra i migranti stessi.<br />

31


Le specifiche caratteristiche <strong>di</strong> questa utenza hanno spinto così la <strong>Casa</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Carità</strong> Arti e Mestieri ad approfon<strong>di</strong>re le conoscenze e le risorse presenti sul<br />

territorio; ci si è resi conto che altri servizi, come il Comune, l’associazionismo<br />

laico e cattolico, il Ministero <strong>di</strong> Grazia e Giustizia, il Provve<strong>di</strong>torato, la<br />

Prefettura, la Questura, lavoravano su questo target <strong>di</strong> giovani. L’idea accettata<br />

da tutti gli attori della <strong>rete</strong> era quella della necessità <strong>di</strong> cre a re un<br />

coor<strong>di</strong>namento capace <strong>di</strong> gestire le politiche <strong>di</strong> integrazione nel tessuto sociale,<br />

formativo e lavorativo specifiche per la realtà giovanile 24.<br />

In questo modo, dal 1992, sono iniziate le collaborazioni tra <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong><br />

Arti e Mestieri, le scuole per stranieri Parini e Braccini, l’Ufficio Stranieri del<br />

Comune, i Servizi Sociali e il Tribunale; lo scopo era quello <strong>di</strong> portare il minore<br />

ad ottenere il permesso <strong>di</strong> soggiorno ed inserirlo in un progetto <strong>di</strong> crescita e<br />

<strong>di</strong> <strong>formazione</strong>.<br />

Dal 94/95 la <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri è arrivata ad avviare un corso<br />

<strong>di</strong>urno specifico per minori migranti (in maggioranza non accompagnati)<br />

prevedendo un modulo <strong>di</strong> 1200 ore nell’orario <strong>di</strong>urno, rivolto a do<strong>di</strong>ci minori 25.<br />

Tutti i partecipanti, che non avevano la licenza me<strong>di</strong>a italiana, avrebbero<br />

potuto frequentare i corsi serali delle 150 ore presso le scuole per stranieri<br />

Parini e Braccini. L’obiettivo era quello <strong>di</strong> garantire ai minori che terminavano<br />

il corso annuale la possibilità <strong>di</strong> iscriversi al secondo anno regolare (inseriti in<br />

una classe <strong>di</strong> coetanei italiani) per ottenere l’attestato <strong>di</strong> qualifica; ma per tale<br />

iscrizione era necessaria la licenzia me<strong>di</strong>a e quin<strong>di</strong> il collegamento con le<br />

scuole delle 150h doveva essere rafforzato. I minori più meritevoli e con<br />

possibilità <strong>di</strong> mantenimento (accompagnati o che vivevano in comunità)<br />

avrebbero potuto iscriversi al secondo anno <strong>di</strong>urno, mentre gli altri a quello<br />

serale 26. Attualmente questa procedura è in crisi perché sono avvenute delle<br />

mo<strong>di</strong>ficazioni strutturali del sistema scolastico e formativo (ve<strong>di</strong> la riforma<br />

scolastica, l’appren<strong>di</strong>stato e gli orientamenti della <strong>formazione</strong> professionale).<br />

Nell’anno 1996 avviene un cambiamento importante per quanto riguarda<br />

la durata dei corsi specifici per stranieri: il modulo <strong>di</strong> 1200 ore viene ridotto a<br />

600 ore sia nei corsi pre-serali sia in quelli <strong>di</strong>urni, in base alla nuova<br />

Direttiva Europea.<br />

24 Si ricorda che nel ’95 nasce la <strong>rete</strong> territoriale per Minori Stranieri non accompagnati con l’adesione<br />

dell’Assessorato ai Servizi Sociali, l’Assessorato al Sistema educativo, il Tribunale dei Minori <strong>di</strong><br />

Torino, i Giu<strong>di</strong>ci Tutelari, il Servizio <strong>Migranti</strong> della Caritas, le Scuole per Stranieri (Parini/Braccini),<br />

la <strong>formazione</strong> professionale e associazioni <strong>di</strong> volontariato.<br />

25 Come è precisato in seguito si ricorda che dal 1996 tutti i corsi per migranti vengono ridotti da 1200<br />

a 600 h, anche quelli specifici per minori.<br />

26 Si ricorda che la partecipazione al corso <strong>di</strong>urno prevede l’inserimento in una classe con coetanei<br />

italiani; il corso serale, pur portando alla qualifica, comporta l’iscrizione ad un corso che ha al suo<br />

interno una maggioranza <strong>di</strong> utenza adulta, ma offre la possibilità <strong>di</strong> lavorare durante il giorno.<br />

Inoltre dal 95/96, per il proseguimento al secondo anno nell’orario <strong>di</strong>urno per i corsisti migranti<br />

occorre una procedura <strong>di</strong> inserimento che giustifichi le 600 ore in meno svolte al primo anno rispetto<br />

all’utenza dei corsi or<strong>di</strong>nari che al primo anno invece <strong>di</strong> 600 ore frequenta un modulo <strong>di</strong> 1200 ore.<br />

32


Dal 97/98 la <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri definisce un altro corso<br />

specifico per minori presso la sede <strong>di</strong> “Città dei Ragazzi”, utilizzando il<br />

finanziamento della Legge 216, che aveva permesso l’utilizzo <strong>di</strong> risorse<br />

economiche nell’ambito <strong>di</strong> progetti rivolti specificatamente al “minore straniero<br />

non accompagnato” 27.<br />

Per quanto riguarda i corsi specifici per donne straniere la prima<br />

tipologia <strong>di</strong> corso prevista dalla <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri risale al 1994/95.<br />

L’idea iniziale si collega alla lettura <strong>di</strong> un articolo della Stampa in cui si parlava<br />

<strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> nigeriane uscite dalla prostituzione grazie all’intervento della<br />

Caritas Sezione Femminile e della Questura che aveva concesso a queste<br />

donne il visto <strong>di</strong> soggiorno.<br />

Grazie alla collaborazione tra la Caritas e la <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri si<br />

è arrivati così a elaborare un progetto <strong>di</strong> corso <strong>di</strong> <strong>formazione</strong>, rivolto a questa<br />

utenza specifica (donne dell’area del <strong>di</strong>sagio), con l’obiettivo della<br />

regolarizzazione attraverso la stabilizzazione professionale.<br />

27 I servizi <strong>di</strong> sostegno al “minore straniero non accompagnato” prevedevano:<br />

1. frequentare il corso “Elementi operativi <strong>di</strong> Officina meccanica” propedeutico ad un primo<br />

inserimento lavorativo ed all’ottenimento, con la frequenza <strong>di</strong> ulteriori corsi, della qualifica<br />

professionale. Tale corso può essere frequentato sia in orario <strong>di</strong>urno sia in orario preserale;<br />

2. usufruire della ristorazione self-service interno alla scuola e partecipare a tutte le attività lu<strong>di</strong>che<br />

e ricreative che vengono normalmente organizzate;<br />

3. essere seguiti da un servizio <strong>di</strong> dopo-scuola, organizzato in collaborazione con i volontari e<br />

finalizzato alla assistenza, al sostegno ed al recupero delle situazioni più <strong>di</strong>fficili;<br />

4. seguire i corsi <strong>di</strong> alfabetizzazione e delle “150 h” per il conseguimento della Licenza Me<strong>di</strong>a nelle<br />

strutture tra<strong>di</strong>zionalmente preposte, con i docenti della Pubblica Istruzione e del Comune. Questi<br />

corsi possono essere svolti, più utilmente, presso il Centro <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> professionale: in questo<br />

caso si risponde in modo organico alle esigenze <strong>di</strong> migliore funzionalità ed interscambio degli attori<br />

nel processo educativo-formativo nell’ambito dell’educazione Scolastica e dell’educazione al lavoro<br />

(docenti del Centro, volontari, docenti del Comune e della Pubblica Istruzione);<br />

5. ottenere l’intervento tempestivo dei formatori, coor<strong>di</strong>nati dai <strong>di</strong>versi attori <strong>di</strong> <strong>rete</strong> (uffici comunali,<br />

comunità, volontari, me<strong>di</strong>atori, educatori <strong>di</strong> strada, assistenti sociali...), per le soluzioni dei problemi<br />

che possono emergere, quali ad esempio:<br />

- l’accompagnamento e l’assistenza presso vari uffici (comunali, consolari...) per regolarizzare la<br />

posizione del giovane in riferimento alla sua con<strong>di</strong>zione giuri<strong>di</strong>ca (ottenimento del permesso <strong>di</strong><br />

soggiorno);<br />

- le situazioni <strong>di</strong>fficili che possono richiedere anche assistenza legale;<br />

6. partecipare e contribuire a realizzare gite e incontri <strong>di</strong> tipo ricreativo, culturale e inter-culturale<br />

volti ad approfon<strong>di</strong>re le tematiche delle specificità culturali e della necessaria integrazione nel Paese<br />

ospitante;<br />

7. frequentare un secondo anno preserale con attività lavorativa <strong>di</strong>urna utilizzando la Borsa lavoro<br />

pre<strong>di</strong>sposta dal Comune e/o da Associazioni <strong>di</strong> imprese al fine <strong>di</strong> traghettare il giovane verso la<br />

qualifica professionale;<br />

8. frequentare un terzo anno preserale con attività lavorativa <strong>di</strong>urna utilizzando la Borsa lavoro in<br />

collaborazione con il Comune oppure avere un inserimento lavorativo presso un’azienda<br />

metalmeccanica. Nel terzo anno si concluderà il ciclo formativo con il conseguimento della Qualifica<br />

professionale. In seguito il giovane avrà la possibilità <strong>di</strong> continuare la Formazione <strong>di</strong> un ulteriore<br />

anno nei corsi <strong>di</strong> Secondo livello <strong>di</strong> Specializzazione con relativo inserimento lavorativo;<br />

9. utilizzare un mezzo <strong>di</strong> trasporto privato per accompagnare gli utenti presso il Centro formativo<br />

collocato nel Comune <strong>di</strong> Torino se la zona è sprovvista <strong>di</strong> mezzi pubblici.<br />

33


Questo corso, nell’ambito della ristorazione, era <strong>di</strong> 600 ore <strong>di</strong>urne,<br />

prevedeva quattor<strong>di</strong>ci corsiste, scelte grazie al filtro della Rete territoriale<br />

(Caritas, Questura…).<br />

Dal 97/98 oltre al corso <strong>di</strong> cucina è stato introdotto un altro corso <strong>di</strong>urno<br />

(sempre <strong>di</strong> 600 ore) <strong>di</strong> taglio e cucito per donne straniere senza lavoro; anche<br />

per questi corsi si utilizzava il finanziamento della <strong>di</strong>rettiva 331 per migranti che<br />

prevedeva una borsa lavoro <strong>di</strong> 4.000 £ orarie.<br />

Un’altra tipologia <strong>di</strong> corso è quella del Me<strong>di</strong>atore Culturale, destinata a<br />

migranti con una conoscenza me<strong>di</strong>o-alta dell’italiano ed una elevata<br />

scolarizzazione pregressa nel paese d’origine.<br />

I corsi <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>atore Culturale sono iniziati nel 96/97, grazie all’intervento <strong>di</strong><br />

un soggetto esterno alla <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri. L’associazione Nova<br />

Familia aveva preso contatti con la Direzione del nostro Centro per richiedere<br />

la presentazione e attuazione <strong>di</strong> un corso per Me<strong>di</strong>atori Culturali; questa<br />

richiesta <strong>di</strong>mostrava come il territorio ritenesse cruciale la <strong>formazione</strong> <strong>di</strong> questa<br />

nuova figura professionale.<br />

La <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri recepì questa esigenza e definì un corso<br />

per Me<strong>di</strong>atori Culturali <strong>di</strong> 900 ore rivolto a se<strong>di</strong>ci corsisti che avrebbero<br />

conseguito una qualifica regionale riconosciuta: era il primo corso per migranti<br />

che prevedeva un esame finale con una Commissione Regionale.<br />

Per la buona riuscita del corso la <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri aveva<br />

elaborato il progetto insieme all’associazione Nova Familia, caratterizzato da<br />

una preparazione soprattutto in ambito sanitario. Alcuni formatori della <strong>Casa</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Carità</strong> Arti e Mestieri si erano così occupati <strong>di</strong> contattare l’Ufficio d’Igiene <strong>di</strong><br />

Torino e l’Ospedale Amedeo <strong>di</strong> Savoia, per richiedere una collaborazione <strong>di</strong><br />

me<strong>di</strong>ci preparati che partecipassero come docenti al corso. Tutti i servizi<br />

convocati per le ore <strong>di</strong> docenza <strong>di</strong>mostrarono una <strong>di</strong>sponibilità totale,<br />

rafforzando in questo modo i rapporti tra il Centro e la <strong>rete</strong> territoriale (alcuni<br />

interventi del giu<strong>di</strong>ce Giannone, dell’avv. Pastore dell’Asgi e <strong>di</strong> Kivar della CISL,<br />

Ufficio Stranieri).<br />

Dopo il successo del primo anno il corso si è ripetuto negli anni seguenti<br />

grazie ai finanziamenti del Progetto Integra I.Ter. che prevedeva, tra le varie<br />

iniziative, anche un corso per me<strong>di</strong>atore culturale 28. Rispetto al modulo<br />

precedente la <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri ha privilegiato un rapporto integrato<br />

con i servizi territoriali, inserendo nel suddetto corso, una docenza<br />

specializzata che rappresentasse l’associazione <strong>di</strong> appartenenza 29. Questa linea<br />

<strong>di</strong> condotta avrebbe determinato infatti un salto <strong>di</strong> qualità <strong>nella</strong> fase <strong>di</strong> stage<br />

dei corsisti e una eventuale facilitazione nel loro futuro inserimento lavorativo.<br />

28 Si veda il grafico 1 all’interno dell’Introduzione.<br />

29 Si veda il grafico n.2, schema formatore/docenza nel corso <strong>di</strong> me<strong>di</strong>atore culturale.<br />

34


Per questa tipologia <strong>di</strong> corso, <strong>nella</strong> scelta dei partecipanti, la <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong><br />

Arti e Mestieri ha dovuto considerare da una parte la percentuale <strong>di</strong> presenza<br />

nel territorio torinese dei <strong>di</strong>versi gruppi etnici, con una particolare attenzione<br />

a quelli con maggiore <strong>di</strong>fficoltà d’inserimento (problemi relativi alla<br />

1 a Accoglienza) 30 e dall’altra le richieste dei servizi territoriali, interessati<br />

all’inserimento <strong>di</strong> me<strong>di</strong>atori culturali <strong>di</strong> certe etnie e non <strong>di</strong> altre.<br />

Non va infine <strong>di</strong>menticato che, sempre all’interno del progetto I.Ter.<br />

Integra, i corsisti qualificati nel secondo modulo <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>atore Culturale sono<br />

stati inseriti in attività lavorative presso i servizi territoriali, con un salario<br />

part-time in Borsa Lavoro della durata <strong>di</strong> 6 mesi per un totale <strong>di</strong> 480 ore.<br />

Questa esperienza ha avuto tre funzioni:<br />

• abituare i servizi territoriali a questa nuova figura professionale;<br />

• affinare le abilità e le competenze professionali dei me<strong>di</strong>atori;<br />

• facilitare l’inserimento lavorativo.<br />

30 Gruppi con maggiore <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> inserimento: Magreb (Marocco, Tunisia, Egitto, Algeria), Europa<br />

dell'Est (Albania, Romania, Bosnia, ex Jugoslavia e ex Russia), Centro Africa (Nigeria, Senegal), Cina-<br />

Filippine e Sud America (Perù, Brasile). Elaborazione dati dell’Ires, su Internet Progetto Atlante, si<br />

veda nota 15.<br />

35


36<br />

Grafico n.2<br />

SCHEMA DI FORMAZIONE/DOCENZA<br />

NEL CORSO DI MEDIATORE CULTURALE<br />

MODULO<br />

LINGUISTICO<br />

MODULO<br />

ANTROPOLOGICO<br />

(Alma Mater)<br />

MODULO<br />

SOCIO-SANITARIO<br />

(ISI-A.S.L.1)<br />

MODULO MEDICINA<br />

E PUERICULTURA<br />

(Amedeo <strong>di</strong> Savoia,<br />

Camminare Insieme)<br />

MODULO<br />

INTERCULTURA<br />

E LAVORO<br />

MODULO<br />

ANALISI CASI<br />

(Me<strong>di</strong>atore Culturale)<br />

SCHEMA DOCENZA ESTERNA<br />

MODULO<br />

PSICOLOGICO<br />

(Franz Fanon)<br />

MODULO LEGISLAZIONE<br />

ASGI; I.S.I.-A.S.L. 1<br />

(Uff. Stranieri del Comune)<br />

MODULO<br />

INFORMATICO<br />

MODULO<br />

SOCIOLOGICO<br />

(Caritas/IRES)<br />

MODULO ASSISTENZIALE<br />

E SCOLASTICO<br />

(Uff. Stranieri Minori del<br />

Comune e C.T.P. Parini)<br />

MODULO<br />

IGIENE<br />

(Ufficio d’igiene)


2.2. Lo Sportello <strong>di</strong> Orientamento al Lavoro: O.L.M.<br />

Grazie alla esperienza dei corsi per migranti alla <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e<br />

Mestieri in questi anni, è emersa con forza l’idea <strong>di</strong> offrire ai citta<strong>di</strong>ni migranti<br />

un luogo dove poter essere informati e guidati <strong>nella</strong> scelta formativa e <strong>nella</strong><br />

ricerca del lavoro, anche perché in questo ambito specifico le risorse del<br />

territorio sono ancora molto limitate: attualmente Informagiovani e Cilo 31 non<br />

sono ancora in grado <strong>di</strong> offrire risposte complete per questo tipo <strong>di</strong> utenza; le<br />

sole azioni specifiche sono condotte dalla Caritas, dai sindacati e da alcuni<br />

sportelli che possono vantare contatti <strong>di</strong>retti con le aziende.<br />

La <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri ha così scelto <strong>di</strong> aprire uno Sportello<br />

per stranieri l’“O.L.M.”, in cui lavorano attualmente (seconda fase<br />

<strong>di</strong>c. ‘99 – giu.2000) un operatore italiano e un operatore algerino 32.<br />

Lo sportello apre tre giorni alla settimana per un totale <strong>di</strong> 12 ore, <strong>di</strong>sposte<br />

su tre fasce giornaliere (mattino, pomeriggio, sera); l’attività è quella <strong>di</strong><br />

accogliere i migranti, registrando su scheda in<strong>di</strong>vidualizzata i dati anagrafici, le<br />

esperienze scolastiche e professionali, in una prospettiva <strong>di</strong> counseling,<br />

e fficace per “scoprire capacità e attitu<strong>di</strong>ni nascoste” relativamente ad<br />

esperienze che gli stessi utenti sono spesso restii a comunicare.<br />

In base alle informazioni ricavate dal primo incontro (schede raccolta dati<br />

utenti), l’operatore passa ad una trasposizione dei dati in form a<br />

computerizzata, verso la creazione <strong>di</strong> apposite banche dati, dalle quali attingere<br />

eventuali “risorse umane” in relazione alle offerte <strong>di</strong> lavoro pubblicate (ed<br />

accuratamente vagliate!) su riviste specializzate.<br />

Un’attenta analisi delle richieste <strong>di</strong> manodopera ha permesso quin<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

effettuare una ricerca precisa, sulla base della <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> nominativi degli<br />

utenti, classificati per categorie professionali (adulti donne, adulti uomini,<br />

minori; con o senza permesso <strong>di</strong> soggiorno).<br />

Il Centro ha ritenuto importante dare la possibilità al migrante <strong>di</strong> esprimersi<br />

liberamente <strong>nella</strong> propria lingua attraverso il confronto con un operatore<br />

straniero; è stata quin<strong>di</strong> una risorsa il fatto che tra gli operatori del servizio<br />

operassero anche migranti a testimonianza <strong>di</strong> un clima <strong>di</strong> <strong>di</strong>sponibilità e <strong>di</strong><br />

accoglienza reale.<br />

L’insieme <strong>di</strong> problematiche che uno Sportello si trova ad affrontare è<br />

vastissimo.<br />

Le persone che si presentano al servizio spesso non solo cercano lavoro ma<br />

non sanno dove dormire o mangiare, non hanno il permesso <strong>di</strong> soggiorno e<br />

non sanno dove rivolgersi per un’eventuale assistenza sanitaria.<br />

31 Il Cilo è il centro <strong>di</strong> iniziativa locale per l’occupazione, con la funzione <strong>di</strong> favorire l’incontro<br />

domanda/offerta <strong>di</strong> lavoro, promuovendo e o pubblicizzando occasioni <strong>di</strong> orientamento e<br />

<strong>formazione</strong>.<br />

32 Nella prima fase (febbraio - giugno ‘99) erano stati inseriti anche un obiettore <strong>di</strong> coscienza e alcuni<br />

me<strong>di</strong>atori culturali in stage.<br />

37


Per questo fondamentale è l’azione coor<strong>di</strong>nata con le strutture territoriali;<br />

la <strong>rete</strong> è formata da attori istituzionali (ospedali, circoscrizioni, scuole, servizi<br />

assistenziali e culturali del comune e servizi giu<strong>di</strong>ziari), volontariato (Caritas,<br />

Camminare insieme, Coop. Sociali...) e mondo del lavoro (sindacati, enti <strong>di</strong><br />

<strong>formazione</strong>, aziende, agenzie <strong>di</strong> lavoro interinale).<br />

Le persone che vengono allo sportello sono quasi sempre <strong>di</strong>sposte a<br />

svolgere qualsiasi lavoro. É <strong>di</strong>fficile far emergere la professionalità che molti <strong>di</strong><br />

loro possiedono, soprattutto se questa è stata acquisita nel paese d’origine. Gli<br />

stranieri tendono a ritenere le esperienze pregresse poco importanti, quasi<br />

fossero da cancellare nel momento dell’arrivo in Italia. Così i laureati cercano<br />

posti da <strong>di</strong>plomati o qualificati e sono <strong>di</strong>sposti a svolgere quelle professioni che<br />

noi italiani non abbiamo più intenzione <strong>di</strong> fare.<br />

Alcune volte ci si trova <strong>di</strong> fronte a datori <strong>di</strong> lavoro che hanno scarsa<br />

conoscenza delle potenzialità e delle competenze lavorative degli stranieri<br />

p e rché ancora ostacolati da stereotipi che frenano il processo <strong>di</strong> inserimento.<br />

Un primo fattore <strong>di</strong>scriminante è la lingua: lo straniero non capisce quello<br />

che deve fare e quin<strong>di</strong> spesso non fa imme<strong>di</strong>atamente ciò che gli viene assegnato<br />

. Per questo è importante far capire ai migranti che uno dei passaggi obbligati<br />

per tro v a re lavoro si collega alla buona conoscenza della lingua italiana.<br />

Un’altra <strong>di</strong>fficoltà è quella del lavoro sommerso e dello sfruttamento,<br />

soprattutto per le donne: le addette all’assistenza alla persona o ai lavori<br />

domestici sono, <strong>nella</strong> maggioranza dei casi, irregolari. Lo stesso vale per gli<br />

operai, inseriti nelle imprese e<strong>di</strong>li o nelle piccole aziende, che raramente sono<br />

a norma con i libretti.<br />

Una risorsa dello sportello è quella <strong>di</strong> conoscere una serie <strong>di</strong> aziende, con<br />

le quali la <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri ha rapporti <strong>di</strong> collaborazione<br />

pluriennali, potendo offrire in alcuni casi garanzie essenziali per la tutela dei<br />

<strong>di</strong>ritti e la regolarità nell’assunzione. Un nodo critico emerge quando,<br />

accompagnando/orientando un migrante ad un lavoro al <strong>di</strong> fuori dalla <strong>rete</strong><br />

delle professioni collegate al comparto meccanico o informatico (ambiti<br />

specifici dei corsi tra<strong>di</strong>zionali della <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri), esiste il<br />

rischio <strong>di</strong> inserire in un’attività in cui è possibile il rischio <strong>di</strong> sfruttamento o <strong>di</strong><br />

“lavoro in nero”, ad esempio nel campo della ristorazione o dell’e<strong>di</strong>lizia.<br />

38<br />

2.3. Considerazioni sugli esiti del percorso<br />

formativo del migrante alla <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e<br />

Mestieri e situazione attuale dei corsi.<br />

Per quanto riguarda la <strong>di</strong>spersione formativa, minimo è stato il numero<br />

degli stranieri che non hanno concluso il corso per superamento del tetto<br />

massimo <strong>di</strong> assenze previste; i casi verificati sono tutti collegati a motivi <strong>di</strong><br />

lavoro (<strong>di</strong>spersione massima <strong>di</strong> uno o due allievi per corso) o <strong>di</strong> salute (nel<br />

caso <strong>di</strong> donne adulte nel periodo della maternità).


Tutti i minori stranieri che hanno finito il secondo anno, conseguendo la<br />

qualifica, sono stati assunti in azienda e hanno visto riconosciuta la loro<br />

professionalità; lo stesso vale per gli adulti stranieri che, concluso il primo<br />

corso <strong>di</strong> 600 ore e la seconda annualità (corso serale regolare con italiani),<br />

hanno tutti trovato un lavoro.<br />

Nell’anno formativo 1999/2000 la domanda da parte dei migranti è stata<br />

superiore rispetto all’offerta <strong>di</strong> corsi da parte della <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri.<br />

Il numero <strong>di</strong> migranti, in confronto all’anno formativo 1998/1999, risulta<br />

superiore <strong>di</strong> 28 unità anche se si avverte una flessione nei corsi preserali<br />

perché molti <strong>di</strong> questi non sono stati approvati.<br />

La situazione attuale risulta quin<strong>di</strong> costituita da 169 frequentanti 33 (100 in<br />

riserva) così <strong>di</strong>stribuiti:<br />

• Donne 38<br />

• Uomini 81<br />

• Minori 50 (<strong>di</strong> cui 24 nati nel 1982, 18 nel 1983 e 8 nel 1984)<br />

Complessivamente i corsi che sono stati approvati e finanziati dalla Regione<br />

Piemonte nell’anno 1999/2000 sono:<br />

• Me<strong>di</strong>atore interculturale (600 ore) 1<br />

• Servizi <strong>di</strong> ristorazione <strong>di</strong> base (600 ore) 1<br />

• Taglio e cucito (600 ore) 1<br />

• Costruzioni alle Macchine Utensili (600 ore) 4<br />

• Orientamento <strong>di</strong> 30 ore all’interno del progetto Integra - I.Ter. 3<br />

(2 per minori e 1 per donne)<br />

• Orientamento <strong>di</strong> 50 ore dei C.T.P. 2<br />

La positività <strong>di</strong> questi risultati può essere ricondotta all’azione centrale del<br />

tutorato realizzata durante il percorso del migrante, soprattutto con i minori<br />

non accompagnati; questa azione si è realizzata attraverso una raccolta dati sui<br />

migranti frequentanti, che ha permesso <strong>di</strong> rendere efficaci eventuali interventi<br />

degli organi territoriali (giu<strong>di</strong>ziari e socio-assistenziali) preposti a valutare e<br />

r i c o n o s c e re la legalità dello straniero e <strong>di</strong> pro d u r re una ricostruzione<br />

atten<strong>di</strong>bile della sua storia personale. Infatti questi dati 34, raccolti in schede<br />

personali, riportano le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> arrivo e quelle <strong>di</strong> vita attuali e, nel caso <strong>di</strong><br />

minori soli, l’in<strong>di</strong>cazione del tutor referente.<br />

33 I migranti sono così ripartiti nei vari centri della <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri:<br />

• Torino, Corso Benedetto Brin, 26 49<br />

• Torino1, Corso Trapani, 25 40<br />

• Grugliasco (TO), V. Generale Perotti, 94 8<br />

• Città dei Ragazzi, Torino, Strada al Traforo <strong>di</strong> Pino, 6 35<br />

• Ivrea (TO), V. Piave, 11 7<br />

• Susa (TO), V. Madonna delle Grazie, 4 19<br />

• Ovada (AL), V. Gramsci, 9 11<br />

34 Si vedano, <strong>nella</strong> documentazione allegata, gli esempi delle schede compilate dalla <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti<br />

e Mestieri per ciascuno degli iscritti ai <strong>di</strong>versi corsi. Da queste si può constatare che le iscrizioni dei<br />

minori sono state gestite in stretta collaborazione con le scuole <strong>di</strong> alfabetizzazione e 150 ore.<br />

39


Tutto questo risulta prezioso per la <strong>formazione</strong> professionale regionale<br />

perché riduce l’abbandono ai corsi e permette <strong>di</strong> svolgere una <strong>formazione</strong> <strong>di</strong><br />

qualità come è richiesta dalle aziende nel momento degli stage, dei tirocini,<br />

delle borse lavoro, e delle future assunzioni 35.<br />

40<br />

2.4. Direttive e linee metodologiche della<br />

<strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri<br />

2.4.1. Direttive specifiche<br />

Dal 1990 il documento che vincola è la DIRETTIVA ANNUALE SULLA<br />

FORMAZIONE PROFESSIONALE FINALIZZATA ALLA LOTTA CONTRO LA<br />

DISOCCUPAZIONE dell’obiettivo, asse, sub asse 3.3.1.<br />

OBIETTIVO 3: “Lotta contro la <strong>di</strong>soccupazione <strong>di</strong> lunga durata, inserimento<br />

professionale dei giovani, integrazione delle persone minacciate <strong>di</strong> esclusione<br />

dal mercato del Lavoro”<br />

Asse 3: “Integrazione per migranti, immigrati e noma<strong>di</strong>”<br />

Sub-Asse 1: Formazione per migranti, immigrati e noma<strong>di</strong><br />

Beneficiari: immigrati, migranti o noma<strong>di</strong> privi <strong>di</strong> titoli <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o o con titoli <strong>di</strong><br />

stu<strong>di</strong>o non adeguati, per i quali sono necessari interventi formativi <strong>di</strong><br />

qualificazione o <strong>di</strong> specializzazione.<br />

Durata massima: 600 ore per ogni tipologia <strong>di</strong> corso<br />

Red<strong>di</strong>to allievi: massimo £ 4.000 per ora allievo.<br />

2.4.2. Linee metodologiche della<br />

<strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri<br />

Cogliendo lo spirito <strong>di</strong> Cresson e Flynn (1996) l’intervento formativo della<br />

<strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri cerca <strong>di</strong> confrontarsi con il nuovo modo <strong>di</strong><br />

operare, auspicato tra i soggetti del mondo del lavoro. In particolare vengono<br />

considerati gli aspetti che più qualificano oggi un'azienda moderna: la<br />

concorrenza <strong>di</strong> tutti i partecipanti all’evento produttivo per il perseguimento<br />

della Qualità Totale, la flessibilità delle persone e delle strutture, la ricerca e la<br />

valorizzazione <strong>di</strong> un rapporto <strong>di</strong> collaborazione che conduca ad una<br />

sod<strong>di</strong>sfazione tra tutte le parti.<br />

35 Si veda l’ipotesi <strong>di</strong> Dispositivo per l’orientamento, l’accompagnamento e la <strong>formazione</strong>, presentato<br />

nel capitolo 7, pr.7.2.


Per progettare l’intervento formativo secondo questi criteri <strong>di</strong> qualità, è<br />

stato considerato opportuno procedere secondo un approccio sistemico, il<br />

quale richiede una scuola integrata , non solo nelle sue variabili interne, ma<br />

anche in relazione al territorio circostante. Ciò comporta la tensione a costruire<br />

una coerenza tra piano educativo, programma <strong>di</strong> attuazione e progetto<br />

operativo. Più in particolare, per attivare corsi <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> in grado <strong>di</strong><br />

assorbire utenza migrante capace <strong>di</strong> terminare i corsi e <strong>di</strong> inserirsi nel mondo<br />

del lavoro, viene ritenuto necessario promuovere una mentalità nuova che<br />

consiste nell’integrare nel territorio la <strong>formazione</strong> professionale, i servizi <strong>di</strong><br />

accoglienza e <strong>di</strong> alfabetizzazione e le aziende.<br />

Si tratta <strong>di</strong> un agire locale che tende a riconoscere il ruolo della molteplicità<br />

<strong>di</strong> protagonismi che concorrono alla <strong>formazione</strong> professionale. D’altra parte<br />

per lavorare in <strong>rete</strong> occorre un coor<strong>di</strong>namento e collegamento a livello<br />

territoriale con un approccio culturale che viene definito, ad un tempo “del<br />

limite” e “dell’estremo”. Sviluppando la cultura del limite, si pone come<br />

obiettivo quello <strong>di</strong> esplicitare i propri vincoli e <strong>di</strong> riconoscere quelli altrui,<br />

mentre con la cultura dell’estremo, si ricerca un’apertura ad una interpretazione<br />

innovativa, creativa, <strong>di</strong> tali vincoli anche in funzione della negoziazione con gli<br />

altri attori istituzionali 36. Rifugiandosi solo in una o nell’altra <strong>di</strong> queste culture<br />

si rischierebbe invece o <strong>di</strong> rimanere immobilizzati dai limiti, o <strong>di</strong> restare isolati<br />

dalla eccessiva volontà <strong>di</strong> espansione e <strong>di</strong> in<strong>di</strong>pendenza.<br />

Lo scopo quin<strong>di</strong> è quello <strong>di</strong> superare immobilismi e isolamenti. Il territorio<br />

<strong>di</strong>venta un ambiente innovatore nel quale anche i corsi possono trovare nuove<br />

forme <strong>di</strong> gestione e <strong>di</strong> monitoraggio.<br />

C’è, inoltre, la forte convinzione che l’integrazione <strong>nella</strong> <strong>di</strong>versità<br />

multiculturale è un’acquisizione che ha bisogno <strong>di</strong> politiche e <strong>di</strong> strategie<br />

d’interazione.<br />

Un primo obiettivo può essere quello <strong>di</strong> sostituire alla materia, intesa come<br />

costrutto unitario in<strong>di</strong>viduale, l’area delle materie. Ad esempio:<br />

• l’area tecnico operativa<br />

• l’area tecnico scientifica<br />

• l’area culturale/multiculturale/interculturale<br />

Un secondo obiettivo può essere quello <strong>di</strong> concretizzare l’invito contenuto<br />

ancora in Cresson e Flynn (1996), attraverso un maggiore coinvolgimento dello<br />

straniero, evidenziando, cioè, il suo ruolo centrale e co-progettuale rispetto al<br />

percorso formativo proposto.<br />

36 In questa prospettiva si pone il Dispositivo per la comunicazione integrata sul territorio , presentato<br />

nel capitolo 4.<br />

41


La missione fondamentale dell’istruzione è <strong>di</strong> aiutare ogni in<strong>di</strong>viduo a<br />

<strong>di</strong>ventare un essere umano completo e non uno strumento per l’economia;<br />

l’acquisizione delle conoscenze e delle competenze deve essere accompagnato<br />

da un’educazione del carattere, da un’apertura culturale e da un<br />

interessamento alla responsabilità sociale.<br />

Alla luce <strong>di</strong> queste opzioni lo strumento operativo adottato dalla <strong>Casa</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Carità</strong> Arti e Mestieri, è caratterizzato dalla sigla P.D.C.A 37, uno strumento nato<br />

per guidare le politiche <strong>di</strong> miglioramento continuo in azienda, ma<br />

perfettamente applicabile nel campo dell’innovazione formativa.<br />

Cosa vuol <strong>di</strong>re?<br />

• P. sta per PLAN e si riferisce alla pianificazione accurata che parte da una<br />

buona in<strong>di</strong>viduazione delle esigenze, in un'ottica sistemica ed evolutiva.<br />

• D. sta per DO e si riferisce alla esecuzione operativa, che riguarda i<br />

contenuti, l’attrezzatura, la produzione e più in generale comprende il<br />

motivare e l’incentivare a produrre bene.<br />

• C. sta per CHECK e si riferisce al controllo della qualità rispetto a ciò che<br />

si è pianificato, e comporta il fissare gli standard e garantirne il rispetto.<br />

• A. sta per ACTION e si riferisce al mantenere o correggere, cioè fare il<br />

follow-up; adottare quin<strong>di</strong> le misure correttive in<strong>di</strong>cate dalla funzione<br />

qualità, in<strong>di</strong>rizzare gli allievi verso strutture che rispondano alla <strong>formazione</strong><br />

acquisita, assistere gli allievi e raccoglierne le in<strong>di</strong>cazioni.<br />

Dall’Action, la volta successiva, si determinerà un miglioramento nel<br />

successivo P.D.C.A.<br />

37 Si veda nei GRAFICI n.3,4, 5a e 5b il funzionamento del P.D.C.A. nell’azione della <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong>.<br />

42


2.4.3. Grafico n. 3: schema <strong>di</strong> progetto in corso<br />

Milieu innovateur<br />

è definibile come area territoriale limitata in cui<br />

grazie alla presenza <strong>di</strong>:<br />

• prossimità spaziale fra imprese (servizi);<br />

• facile circolazione dell’in<strong>formazione</strong><br />

• forte senso <strong>di</strong> appartenenza a una comunità<br />

territoriale.<br />

• comuni ra<strong>di</strong>ci socio-culturali nelle <strong>di</strong>versità<br />

(multiculturalità e interculturalità)<br />

Si realizzano rapi<strong>di</strong> processi <strong>di</strong> confronto e <strong>di</strong><br />

imitazione che fondano l’“appren<strong>di</strong>mento<br />

collettivo”. In definitiva occorre cogliere le<br />

caratteristiche e le potenzialità del territorio.<br />

PROGETTAZIONE<br />

ATTIVAZIONE DEL<br />

PERCORSO<br />

COINVOLGIMENTO<br />

DEI SERVIZI<br />

RACCOLTA<br />

DATI<br />

P D<br />

C A<br />

In questo schema si evidenzia che l’innovazione non riguarda la singola istituzione<br />

ma il territorio <strong>di</strong> partenza. Nel momento in cui si progetta un corso occorre tenere<br />

conto che si è parte <strong>di</strong> un contesto <strong>di</strong> <strong>rete</strong>. La progettazione non avviene quin<strong>di</strong> in<br />

un contesto concettuale <strong>di</strong> isolamento ma si cerca il più possibile <strong>di</strong> far riferimento<br />

al territorio. Punti <strong>di</strong> vista <strong>di</strong>fferenti possono prodursi reciprocamente attraverso<br />

uno scambio <strong>di</strong> significati tra gli attori della <strong>rete</strong>. Questo territorio <strong>di</strong>venta<br />

innovatore se le risorse <strong>di</strong> ognuno vengono riconosciute dagli altri e se c’è la<br />

<strong>di</strong>sponibilità a raggiungere accor<strong>di</strong> con<strong>di</strong>visi. Ogni istituzione (scuola, <strong>formazione</strong>,<br />

azienda, sanità, giustizia) ha una sua cultura e vincoli propri e il milieu innovateur<br />

si riferisce proprio alla possibilità <strong>di</strong> rendere fruibili reciprocamente le iniziative, le<br />

innovazioni che possono prodursi nei <strong>di</strong>versi punti della <strong>rete</strong>.<br />

43


44<br />

2.4.4. Grafico n. 4: modello sistemico/ecologico<br />

MILIEU INNOVATEUR<br />

ORGANIGRAMMA<br />

DEL CENTRO PROFESSIONALE<br />

A/B<br />

A: materiale<br />

Competenze tecniche,<br />

in<strong>di</strong>catori risultati<br />

TEAM A/B<br />

FORMATORE/I<br />

A/B<br />

PROPOSTA<br />

FORMATIVA<br />

dell’ENTE<br />

A/B<br />

B: immateriale<br />

Idee, esperienze, comunicazione,<br />

relazioni, creatività, abilità<br />

Competenze trasversali<br />

Intese come “un insieme <strong>di</strong> abilità <strong>di</strong> ampio spessore, che<br />

sono implicate in numerosi tipi <strong>di</strong> compiti dai più elementari<br />

ai più complessi e che si esplicano in situazioni tra loro<br />

<strong>di</strong>verse e quin<strong>di</strong> ampiamente generalizzabili”


2.4.5. Grafico n. 5: rapporto formatore/allievo<br />

FORMATORE (fornitore) ALLIEVO (utente/cliente)<br />

COSTRUZIONE DI UN CONTESTO ESPERIENZA<br />

FAVOREVOLE ALL’AZIONE<br />

FOCALIZZAZIONE ATTENZIONE<br />

ESEMPLIFICAZIONE RIPRODUZIONE<br />

SPIEGAZIONE DOMANDA<br />

SOSTEGNO ALLA COSTRUZIONE RAPPRESENTAZIONE<br />

CHIARIFICAZIONE/SEMPLIFICAZIONE/ PROBLEMATIZZAZIONE<br />

RIFORMULAZIONE<br />

RISPECCHIAMENTO/RINFORZO IPOTIZZARE<br />

SOLUZIONE AUTONOMA<br />

Anche <strong>nella</strong> relazione <strong>di</strong>retta docente/<strong>di</strong>scente utilizzare il PDCA significa<br />

optare per un ruolo <strong>di</strong> sostegno e promozione che può essere identificato con il<br />

tutoring descritto dagli approcci che si rifanno alla scuola storico – culturale <strong>di</strong><br />

Vygotskji (Pontecorvo, 1999, Pontecorvo, Ajello, Zucchermaglio, 1995) 38<br />

38 Si vedano il paragrafo 3.3. sulla coevoluzione e la co-costruzione, all’interno del capitolo 3.<br />

45


46<br />

Grafico n.5a<br />

FORMAZIONE CONTINUA<br />

(Il mondo della vita entra nel mondo del lavoro)<br />

SOLUZIONE<br />

AUTONOMA<br />

DOMANDA<br />

RIPRODUZIONE<br />

ESPERIENZA<br />

RAPPRESENTAZIONE<br />

IPOTIZZARE<br />

PROBLEMATIZZAZIONE<br />

ATTENZIONE<br />

Nel grafico si vede come questo processo che parte dell’esperienza dell’allievo<br />

(utente/cliente), in un contesto favorevole preparato dal formatore, abbia un<br />

andamento circ o l a re in cui le <strong>di</strong>verse componenti contribuiscono all’esito<br />

formativo, attraverso processi <strong>di</strong> costruzione, chiarificazione e riformulazione del<br />

problema.


2.5. Il rapporto tra la Formazione Professionale<br />

e i servizi territoriali <strong>di</strong> Torino<br />

In tema <strong>di</strong> <strong>Migranti</strong> posti in situazione <strong>di</strong> “Disagio” sono state realizzate a<br />

Torino iniziative <strong>di</strong>verse, che si sono collocate soprattutto nell’ambito del<br />

contenimento e della prevenzione a carattere giu<strong>di</strong>ziario, dell’or<strong>di</strong>ne pubblico,<br />

dell’emergenza. Ultimamente si assiste ad un salto <strong>di</strong> qualità ed il nuovo<br />

orientamento è quello <strong>di</strong> traghettare il migrante verso l’integrazione nel tessuto<br />

sociale torinese attraverso gli inserimenti scolastici, formativi, lavorativi,<br />

culturali che coinvolgono tutte le istituzioni pubbliche, private ed il<br />

volontariato citta<strong>di</strong>no.<br />

Sono state, ad esempio, realizzate iniziative <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento degli<br />

apparati giu<strong>di</strong>ziari, dei servizi sociali, dell’alfabetizzazione e 150 h, del<br />

volontariato, della Formazione Professionale Regionale, della Prefettura e del<br />

Ministero degli Affari Sociali. Ma tali esperienze, pur <strong>di</strong>mostrando un notevole<br />

potenziale <strong>di</strong> efficacia, sono state centrate unicamente sulle risorse dei “corsi”,<br />

e si sono potute rivolgere, quin<strong>di</strong>, ad una quota estremamente limitata <strong>di</strong><br />

popolazione interessata.<br />

In ogni caso, <strong>di</strong>fficilmente esse hanno potuto operare in modo da<br />

sviluppare un reale “percorso virtuoso”, tale da favorire per i migranti implicati<br />

un effettivo itinerario volto all’inserimento <strong>nella</strong> realtà sociale e lavorativa.<br />

Ciò a causa della mancanza <strong>di</strong> una prospettiva programmata e strutturata a<br />

monte, capace, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong> dare continuità interattiva ed interfacciale ai vari<br />

interventi, ed in particolare in relazione ai tre sistemi quali:<br />

• Servizi sociali<br />

• Istruzione-educazione<br />

• Formazione e lavoro<br />

Occorre, tuttavia, valorizzare al massimo tali esperienze, e quant’altro è<br />

stato sviluppato in quest’ambito (accoglienza, modelli <strong>di</strong> orientamento, <strong>di</strong><br />

counselling, progetti <strong>di</strong> prevenzione...).<br />

Tale valorizzazione può avvenire attraverso un progetto sperimentale<br />

centrato sulla creazione <strong>di</strong> un vero e proprio sistema in<strong>di</strong>vidualizzato ed<br />

integrato <strong>di</strong> interventi fondati sulla logica delle “opportunità stabilizzanti per<br />

migranti” coerente con le in<strong>di</strong>cazioni provenienti dall'Unione Europea e con le<br />

spinte e gli orientamenti innovativi della città <strong>di</strong> Torino attenta ad un forte<br />

coor<strong>di</strong>namento operativo <strong>di</strong> servizio all’utenza migrante.<br />

2.5.1. La <strong>rete</strong> citta<strong>di</strong>na dei servizi<br />

dal punto <strong>di</strong> vista della <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri<br />

La struttura della <strong>rete</strong> cambia a seconda dell’Ente <strong>di</strong> riferimento, del tipo <strong>di</strong><br />

progetto (es. minori/adulti stranieri, uomo/donna migrante) e del criterio <strong>di</strong><br />

47


accorpamento degli interlocutori con cui si stabiliscono i rapporti (contatti<br />

frequenti/rari, primari/secondari).<br />

Nel grafico 6, si intuisce subito come la <strong>rete</strong> territoriale <strong>di</strong> un Centro<br />

professionale sia ampia e articolata in <strong>di</strong>versi livelli.<br />

Partendo dal centro, il primo livello comprende i Centri con cui la<br />

<strong>formazione</strong> professionale ha contatti molto frequenti, quasi quoti<strong>di</strong>ani. Essi<br />

sono prevalentemente i servizi che si occupano della prima e seconda<br />

accoglienza (Uffici pubblici, Servizi socio-assistenziali, Servizi sanitari pubblici<br />

e privati, Servizi educativi e scolastici, Servizi culturali e Associazioni <strong>di</strong><br />

volontariato).<br />

Il secondo livello comprende invece contatti che possono nascere o da un<br />

progetto mirato (per esempio il progetto Lia, finalizzato alla creazione <strong>di</strong> una<br />

guida ai Servizi della città) o dalla partecipazione a strutture <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento<br />

che si incontrano regolarmente, ma una tantum (es. Coor<strong>di</strong>namento volontari<br />

del Comune).<br />

Il terzo livello comprende il contatto con gli Enti locali o con Centri<br />

nazionali <strong>di</strong> ricerca ed è caratterizzato da un lato da una maggiore <strong>di</strong>stanza<br />

rispetto alle emergenze quoti<strong>di</strong>ane, dall’altro da un collegamento ai problemi<br />

<strong>di</strong> gestione (finanziamenti, leggi) o <strong>di</strong> pro g e t t a z i o n e / p i a n i f i c a z i o n e<br />

(commissionamento <strong>di</strong> ricerche o utilizzazione <strong>di</strong> ricerche svolte). All’interno<br />

del centro professionale chi gestisce questo livello è prevalentemente lo staff<br />

<strong>di</strong>rezionale che, a sua volta, ha un rapporto meno <strong>di</strong>retto con l’utenza<br />

migrante, in confronto ai tutor e ai formatori.<br />

Complessivamente i <strong>di</strong>versi livelli <strong>di</strong> contatto consentono al Centro <strong>di</strong><br />

ricevere contributi concreti per la risoluzione <strong>di</strong> problemi <strong>di</strong> funzionamento<br />

interni ai corsi (stage, selezione dei corsisti, referenti per i minori soli, ricerche<br />

sulle opportunità occupazionali per migranti…) o risposte ai bisogni specifici<br />

degli utenti (permesso <strong>di</strong> soggiorno, inserimento abitativo, supporto<br />

psicologico…).<br />

D’altra parte anche gli altri attori della <strong>rete</strong> sono interessati a entrare in<br />

contatto con il Centro <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> professionale per esigenze specifiche<br />

interne; ad esempio le Scuole per stranieri possono in<strong>di</strong>rizzare i minori verso i<br />

corsi professionali e alcuni Servizi territoriali richiedono me<strong>di</strong>atori culturali al<br />

Centro professionale.<br />

Ogni struttura avrà quin<strong>di</strong> un suo modello <strong>di</strong> <strong>rete</strong> <strong>di</strong> riferimento specifica,<br />

in base ai settori <strong>di</strong> intervento e al ruolo ricoperto nel contesto <strong>di</strong> attività.<br />

48


2.5.2. Grafico n. 6: Rete territoriale per migranti<br />

Prefettura<br />

<strong>di</strong> Torino<br />

ISI<br />

Ospedali<br />

Pretura e<br />

Giu<strong>di</strong>ci Tutelari<br />

Ferrante Aporti<br />

Assistenti<br />

sociali<br />

Centro<br />

Frantz Fanon<br />

Enti locali<br />

IRES CICSENE<br />

Centri per<br />

l’impiego<br />

Coor<strong>di</strong>namento<br />

volontari del Comune<br />

ASGI<br />

Direzione provinciale<br />

del Lavoro<br />

CENTRO DI<br />

FORMAZIONE<br />

PROFESSIONALE<br />

Consultori<br />

OIRM<br />

Servizio migranti<br />

Caritas<br />

Associazione<br />

ALMA MATER<br />

Associazioni <strong>di</strong><br />

volontariato privato<br />

CIDISS<br />

Centro Interculturale<br />

Progetti mirati<br />

Tribunale<br />

dei minori<br />

Scuole <strong>di</strong> alfabetizzazione<br />

e 150 ore<br />

Ufficio stranieri<br />

del Comune<br />

Centro<br />

interculturale<br />

Camminare<br />

insieme<br />

Consulta<br />

Educatori<br />

<strong>di</strong> Strada<br />

Comunità <strong>di</strong><br />

accoglienza e alloggio<br />

Ufficio stranieri<br />

della Questura<br />

49


50<br />

2.6. Progetti <strong>di</strong> azioni integrate per la realizzazione<br />

<strong>di</strong> opportunità stabilizzanti<br />

Per opportunità stabilizzante per migranti si intende la capacità che ha<br />

il sistema territoriale <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare, attraverso un percorso strutturato <strong>di</strong><br />

orientamento alla <strong>formazione</strong> e al lavoro, le conoscenze, le abilità acquisite dal<br />

migrante nel suo paese d’origine o <strong>nella</strong> sua storia passata; fare emergere<br />

queste competenze significa riconoscere al soggetto <strong>di</strong>gnità, orientandolo, in<br />

un percorso formativo e/o lavorativo il più possibile coerente con la propria<br />

storia.<br />

Tale opzione ripropone, verso l’utenza migrante, lo stesso orientamento<br />

che la <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri ha assunto nei confronti dei minori italiani,<br />

e cioè un orientamento ispirato alla Pedagogia del successo. Esso consiste nel<br />

cercare <strong>di</strong> entrare in contatto con le componenti vitali, adattive della persona<br />

e nel selezionare le <strong>di</strong>fficoltà dei compiti e degli obiettivi in funzione della<br />

possibilità, da parte della persona stessa, <strong>di</strong> sperimentarli e superarli con<br />

successo. Tutto ciò nell’intento <strong>di</strong> favorire l’aumento del senso <strong>di</strong> padronanza<br />

degli strumenti conoscitivi e della stima <strong>di</strong> sé.<br />

Le principali strategie operative per un’azione <strong>di</strong> questo tipo potrebbero<br />

essere:<br />

1) F o rm a re operatori specializzati (tutor) <strong>nella</strong> conduzione <strong>di</strong> pro g e t t i<br />

in<strong>di</strong>vidualizzati per migranti in situazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio, secondo la logica della<br />

valorizzazione e promozione personale, soggetti che siano quin<strong>di</strong> in grado<br />

<strong>di</strong> sfruttare le leve della prima accoglienza, dell'orientamento, della<br />

<strong>formazione</strong> e del lavoro.<br />

2) Consolidare le sinergie esistenti, ed eventualmente attuarne <strong>di</strong> nuove , tra<br />

gli operatori pubblici e privati presenti sul territorio al fine <strong>di</strong> massimizzare<br />

le opportunità per i migranti in situazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio e <strong>di</strong> evitare<br />

incongruenze e sovrapposizioni indesiderate, quali, ad esempio, la non<br />

approvazione <strong>di</strong> corsi considerati strategici ed innovativi per tali soggetti.


Parte seconda<br />

OPZIONI<br />

TEORICO-METODOLOGICHE<br />

51


Capitolo 3<br />

Per un modello <strong>di</strong> comunicazione<br />

fondato sulla <strong>reciprocità</strong><br />

Laura Bonica<br />

3.1. Premessa<br />

Muoviamo dalla consapevolezza che il fenomeno migratorio, soprattutto<br />

nelle sue forme così <strong>di</strong>ffuse come <strong>nella</strong> fase attuale, sia un evento <strong>di</strong><br />

straor<strong>di</strong>naria complessità che coinvolge/stravolge contemporaneamente la vita<br />

dei singoli migranti ed i mon<strong>di</strong> che ne sono toccati, sia quello <strong>di</strong> partenza che<br />

quello <strong>di</strong> accoglienza. Sia l’uno che l’altro non saranno mai più gli stessi,<br />

perché saranno ora descritti, nominati, sentiti sulla base <strong>di</strong> un confronto che<br />

porterà alla luce proprio le caratteristiche più or<strong>di</strong>narie, più primarie, dell’uno<br />

e dell’altro, quelle che stanno alla base della con<strong>di</strong>visione <strong>di</strong> ciascuna cultura;<br />

queste non risulterebbero forse mai visibili se non avvenisse questa transizione,<br />

questo passaggio che apre un nuovo spazio mentale <strong>di</strong> ridefinizione <strong>di</strong> ciò che<br />

“era” familiare e <strong>di</strong> ciò che è “nuovo”, <strong>di</strong> ciò che si era nel passato e <strong>di</strong> ciò che<br />

si potrà essere nel futuro.<br />

Nell’ambito della <strong>rete</strong> territoriale e dei processi formativi questa complessità<br />

conduce ad assumere una prospettiva teorica abbastanza articolata che ci aiuti,<br />

sostanzialmente, a riconoscere le <strong>di</strong>fficoltà ed i vantaggi della comunicazione<br />

interculturale: che renda conto perciò del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> ogni in<strong>di</strong>viduo, cultura e<br />

istituzione ad autodefinirsi nelle situazioni, che ci consenta <strong>di</strong> scorgere,<br />

nell’intreccio delle storie personali, delle culture e delle istituzioni coinvolte, il<br />

potenziale evolutivo e riorganizzatore delle fasi <strong>di</strong> transizione e <strong>di</strong> <strong>di</strong>sequilibrio,<br />

e che ci pre<strong>di</strong>sponga a riconoscere, nelle <strong>di</strong>namiche connesse ai processi <strong>di</strong><br />

insegnamento – appren<strong>di</strong>mento, quegli spunti che possono re n d e rc i<br />

consapevoli del “nuovo” che sta accadendo attraverso l’incontro tra le nostre<br />

menti e quelle dei migranti.<br />

Il modello proposto è fondato su alcune ipotesi principali:<br />

• che il cambiamento umano sia fondamentalmente il frutto <strong>di</strong> un processo<br />

<strong>di</strong> comunicazione/negoziazione che avviene in conc<strong>rete</strong> situazioni sociali<br />

• che per comunicare produttivamente sia necessario avere reciproca fiducia<br />

e riferirsi allo stesso dominio descrittivo, allo stesso problema<br />

• che le istituzioni possano essere considerate come sistemi autoorganizzati,<br />

dotati <strong>di</strong> caratteristiche affini a quelle dei sistemi viventi<br />

• che, soprattutto nelle situazioni <strong>di</strong> eterogeneità, la collaborazione possa<br />

essere facilitata se l’atteggiamento che guida l’incontro con l’altro è<br />

improntato ad una specie <strong>di</strong> paradosso: aspettarsi <strong>di</strong>fferenze ed imprevisti,<br />

53


54<br />

come l’evento più probabile e, al contempo, sentirsi sicuri <strong>di</strong> poter sempre<br />

ricondurre questa <strong>di</strong>fferenza ad una profonda similarità <strong>di</strong> base con l’altro:<br />

siamo tutti esseri viventi complessi, capaci <strong>di</strong> autodefinirci, <strong>di</strong> avere<br />

sentimenti, idee e progetti e tutti abbiamo dei vincoli.<br />

Il supporto empirico deriva da ricerche condotte nell’ambito<br />

dell’educazione e della <strong>formazione</strong>, svolte <strong>nella</strong> prospettiva sistemicocostruttivista<br />

(Bonica, 1984, 1989, 1990a, 1990b, 1991, 1992, 1999;<br />

Merenda,1993; Parrinello, 1993; Negri S., 1999)<br />

Più in dettaglio, l’ispirazione principale per la costruzione <strong>di</strong> questo<br />

modello mi è stata suggerita dall’intreccio tra due esperienze. Da un lato<br />

l’attività <strong>di</strong> ricerca sulla risoluzione autonoma dei conflitti tra bambini piccoli:<br />

la loro imme<strong>di</strong>ata reazione al non sentirsi considerati dall’altro e le svariate<br />

strategie messe in atto per ricostruire una forma basilare <strong>di</strong> <strong>reciprocità</strong>,<br />

nonostante la loro giovane età, mi hanno spinto ad utilizzare, anche nelle<br />

negoziazioni tra adulti e tra istituzioni, i concetti <strong>di</strong> autoreferenzialità, vincolo,<br />

<strong>reciprocità</strong>, negoziazione e gioco delle <strong>di</strong>fferenze.<br />

D a l l ’ a l t ro il coor<strong>di</strong>namento della <strong>formazione</strong> continua e della<br />

sperimentazione <strong>di</strong>dattica delle strutture socioeducative del Comune <strong>di</strong><br />

Genova, da cui ho tratto la convinzione che un sistema sociale organizzato<br />

funzioni come un sistema vivente e che qualsiasi cambiamento venga proposto<br />

o p<strong>rete</strong>nda <strong>di</strong> essere imposto dall’esterno debba tener conto del sapere agito<br />

degli operatori e cioè della capacità <strong>di</strong> autoorganizzazione del<br />

servizio stesso e dei vincoli che ne costituiscono l’identità .<br />

Di conseguenza, l’opzione verso la <strong>reciprocità</strong> verrà fondata principalmente<br />

sul riconoscimento dell’autodefinizione e sulla esplicitazione dei vincoli tra<br />

sistema che osserva e sistema che è osservato.<br />

Procederemo in due fasi. Dapprima, cercherò <strong>di</strong> supportare l’opzione verso<br />

la <strong>reciprocità</strong> anche sul piano teorico. In seguito presenterò il modello<br />

operativo, un <strong>di</strong>spositivo per la comunicazione integrata sul territorio, che è<br />

stato utilizzato nel corso Formazione Formatori, affinchè il lettore stesso possa<br />

provare a rispondere attivamente alle <strong>di</strong>verse proposte ed eventualmente<br />

utilizzarlo, a sua volta, per favorire la comunicazione <strong>di</strong> <strong>rete</strong>.<br />

3.2. Qual è la metafora<br />

della natura umana che ci ispira?<br />

3.2.1. Meccanicismo e costruttivismo<br />

Pensiamo all’attimo che precede il nostro primo incontro con “l’altro -<br />

immigrato - sconosciuto”, persona o gruppo o istituzione, in funzione del quale<br />

si giustifica il nostro ruolo professionale <strong>di</strong> quel momento: formatore,


educatore, insegnante, tutor, <strong>di</strong>rigente amministrativo, assistente sociale, ecc.<br />

Qual è la metafora della natura umana che ci ispira?<br />

Nel modo <strong>di</strong> rappresentarci l’altro, più o meno attivo/passivo, più o meno<br />

capace <strong>di</strong> autodefinirsi, noi, non solo esprimiamo una prima definizione del<br />

nostro ruolo e <strong>di</strong> quello che attribuiamo all’altro, ma anche la nostra visione<br />

della natura umana e del tipo <strong>di</strong> comunicazione che riteniamo opportuna tra<br />

esseri viventi.<br />

Pur con <strong>di</strong>verse sfumature, <strong>nella</strong> storia del mondo occidentale si possono<br />

in<strong>di</strong>viduare due principali metafore o concezioni dell’essere umano che hanno<br />

trovato supporto anche <strong>nella</strong> letteratura scientifica:<br />

a) macchina ALLOPOIETICA (visione comportamentista- meccanicistica)<br />

b) macchina AUTOPOIETICA (visione organismica - costruttivista)<br />

a) La concezione meccanicistica vede l’essere umano come una “macchina”<br />

composta <strong>di</strong> parti, alle quali possono essere applicate delle forze che<br />

provocano una reazione a catena, per cui la macchina si muove da uno<br />

stato all’altro. In teoria <strong>di</strong>venta così possibile avere una capacità pre<strong>di</strong>ttiva<br />

profonda, in quanto la conoscenza completa che posse<strong>di</strong>amo sullo stato<br />

della macchina e sulle forze che agiscono in un dato momento ci permette<br />

<strong>di</strong> fare inferenze sullo stato successivo (Miller, 1994, p. 28). Questa<br />

macchina può essere definita “allopoietica” nel senso che, per funzionare,<br />

<strong>di</strong>pende da input esterni (Maturana e Varela, 1980). Secondo questo<br />

para<strong>di</strong>gma un determinato sistema A (ad es. un docente, un operatore,<br />

ecc.) può agire su un altro sistema B (ad es. una classe <strong>di</strong> studenti, un<br />

gruppo <strong>di</strong> migranti) secondo un rapporto causale <strong>di</strong> stimolo-risposta da<br />

cui derivano i concetti <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zionamento e <strong>di</strong> istruzione.<br />

Una concezione allopoietica dell’essere umano implica, quin<strong>di</strong>:<br />

• un rapporto <strong>di</strong> non <strong>reciprocità</strong> tra la persona/istituzione/sistema A<br />

e la persona /istituzione/sistema B<br />

Ad esempio, A osserva, definisce ed istruisce B, in base a presupposti<br />

unilaterali, mentre B, l’osservato, deve applicare più o meno passivamente<br />

le istruzioni, senza che venga tenuto conto della sua capacità <strong>di</strong> definirsi o<br />

<strong>di</strong> pensare altrimenti.<br />

• una prospettiva semplificatrice <strong>di</strong> preve<strong>di</strong>bilità oggettiva<br />

Il sistema A, che istruisce, presume che la sua descrizione delle<br />

caratteristiche del sistema B possa coincidere con le caratteristiche reali <strong>di</strong><br />

B, o con quelle che B dà <strong>di</strong> se stesso e che, quin<strong>di</strong>, certi comportamenti <strong>di</strong><br />

B possano essere causati dalle istruzioni <strong>di</strong> A e stu<strong>di</strong>ati - valutati - misurati<br />

oggettivamente.<br />

55


• la sottovalutazione o la mancanza dell’analisi dei vincoli<br />

dell’osservatore:<br />

La presunta oggettività, sopra citata, spesso induce il sistema che istruisce<br />

a <strong>di</strong>menticare che i propri vincoli incidono sulle proprie definizioni del<br />

sistema B.<br />

56<br />

Applicando questa prospettiva al rapporto con utenza migrante e al mondo<br />

della <strong>formazione</strong>, un centro professionale potrebbe definire i “bisogni”<br />

dell’utenza migrante da formare, e costruire e valutare il setting formativo<br />

corrispondente, misurando gli esiti in funzione della deviazione dal<br />

modello <strong>di</strong> risposte previste, senza aver tenuto conto né della definizione<br />

che i migranti avrebbero dato dei propri bisogni, né delle loro eventuali<br />

definizioni del setting formativo stesso 39. Tale semplificazione occulterebbe<br />

tutta la <strong>di</strong>namica comunicativa delle rispettive attribuzioni <strong>di</strong> significato<br />

rispetto al setting, e rischierebbe <strong>di</strong> vanificare la vali<strong>di</strong>tà della procedura <strong>di</strong><br />

valutazione, in quanto <strong>di</strong>venterebbe molto <strong>di</strong>fficile stabilire che cosa<br />

realmente quei risultati hanno misurato.<br />

Oppure, noi occidentali potremo tendere a giu<strong>di</strong>care i bisogni ed i<br />

comportamenti degli extracomunitari, <strong>di</strong>menticando che anche i nostri<br />

giu<strong>di</strong>zi sono, a loro volta, inseriti in una storia <strong>di</strong> vincoli sociali, storici e<br />

culturali, oltre che personali.<br />

L’occultazione dei vincoli del sistema che osserva/definisce/istruisce è<br />

spesso favorita da una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> maggior potere, e questo favorisce la<br />

tendenza a ra<strong>di</strong>calizzare le rispettive posizioni e <strong>di</strong>fferenze. Infatti, se<br />

i vincoli del sistema che ha maggior potere, non sono esplicitati, e vengono<br />

mascherati <strong>di</strong>etro al ruolo istruttivo, essi tenderanno ad essere percepiti dal<br />

sistema istruito, solo come i “privilegi”; mentre i vincoli del sistema istruito,<br />

mascherati <strong>di</strong>etro il bisogno o il “deficit”, tenderanno ad essere percepiti<br />

solo come gli ostacoli da rimuovere. In questo modo, chi ha più potere<br />

appare, in qualche modo, senza vincoli, mentre chi ha meno potere<br />

appare, in qualche modo, senza risorse 40.<br />

A partire dalla fine degli anni ’50, questa visione è stata criticata per il<br />

riduttivismo e l’inadeguatezza a spiegare fenomeni complessi come le<br />

strategie cognitive innovative, la comunicazione umana ed i cambiamenti<br />

psicologici che comportano delle trasformazioni profonde del sistema <strong>di</strong><br />

credenze personali. Tuttavia possiamo constatare che il modello del deficit<br />

ha caratterizzato per lungo tempo la politica sociale nei confronti delle<br />

fasce deboli (Bronfenbrenner, 1979) e che <strong>nella</strong> vita quoti<strong>di</strong>ana, soprattutto<br />

39 Si veda il capitolo 9 paragrafo 3 sulla suscettibilità rispetto al setting formativo e ai modelli <strong>di</strong><br />

appren<strong>di</strong>mento-insegnamento e la parte quinta, capitolo 12 e 13 sulla <strong>reciprocità</strong> e vulnerabilità<br />

rispetto all’autodefinizione.<br />

40 Si veda esercizio n.1 all’interno del capitolo 5, paragrafo 5.1.


quando esiste un’asimmetria sul piano dei ruoli e del potere, o una<br />

<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> cultura, la tendenza a considerare “l’altro” come se fosse una<br />

macchina semplice, cioè più preve<strong>di</strong>bile e meno complessa, per esempio<br />

<strong>di</strong> quanto siamo noi stessi, è tuttora presente in molte situazioni <strong>di</strong><br />

appren<strong>di</strong>mento e <strong>di</strong> rapporto tra istituzioni.<br />

b) La concezione organismica e costruttivista si è andata affermando, nel<br />

corso degli anni ’60 in alternativa alla visione meccanicistica, assumendo<br />

come metafora l’essere vivente stesso. Essa mette in primo piano la qualità<br />

“vivente e attiva” dell’essere umano e lo vede come una macchina<br />

autopoietica, cioè come un’unità attiva ed autoorganizzata in continuo<br />

cambiamento.<br />

Un ecosistema autopoietico non può essere istruito meccanicamente<br />

dall’esterno in quanto esso seleziona autonomamente ciò che gli serve.<br />

S. H. White descrive così un organismo attivo:<br />

Definiamo attivo un organismo che dà forma alla propria esperienza, mentre è passivo<br />

un organismo che prende forma dalla propria esperienza. Gli organismi attivi sono<br />

dotati <strong>di</strong> scopi e sanno prestare attenzione, ragionare e percepire in maniera selettiva.<br />

Tutto questo fa sì che l’organismo attivo sia in grado <strong>di</strong> selezionare, mo<strong>di</strong>ficare o<br />

respingere influenze provenienti dall’ambiente che premono su <strong>di</strong> esso (White, 1976, in<br />

Miller, 1994, p. 28).<br />

Piaget può essere considerato il primo teorizzatore sistematico <strong>di</strong> una<br />

concezione autopoietica dello sviluppo umano. Secondo Piaget (1936), ad<br />

ogni età ed in ogni interazione con l’ambiente, fisico e sociale,<br />

l’autoorganizzazione si manifesterebbe attraverso vincoli biologici, detti<br />

invarianti funzionali (l’assimilazione, l’accomodamento e l’equilibrazione),<br />

che fonderebbero un rapporto bi<strong>di</strong>rezionale tra le strutture cognitive<br />

dell’in<strong>di</strong>viduo e le sollecitazioni, presupposte come in<strong>di</strong>spensabili,<br />

dell’ambiente.<br />

Le sollecitazioni dell’ambiente vengono chiamate “perturbazioni” per<br />

<strong>di</strong>stinguerle dal concetto <strong>di</strong> stimolo, utilizzato dalle teorie<br />

comportamentiste; la loro funzione non è quella <strong>di</strong> “causare” delle risposte<br />

determinate e preve<strong>di</strong>bili, al contrario è quella <strong>di</strong> attivare processi <strong>di</strong><br />

interpretazione e <strong>di</strong> riorganizzazione delle conoscenze che dovranno<br />

sempre essere ipotizzati come originali e parzialmente impreve<strong>di</strong>bili; infatti<br />

sarà lo stesso soggetto a costruire la realtà, inserendola in un sistema <strong>di</strong><br />

significati in funzione del mantenimento della sua autoorganizzazione e<br />

secondo livelli <strong>di</strong> complessità compatibili con l’organizzazione attuale delle<br />

sue strutture mentali.<br />

57


58<br />

3.2.2. La prospettiva della complessità<br />

La prospettiva costruttivista <strong>di</strong> Piaget è stata ripresa dalla fase più recente<br />

<strong>di</strong> evoluzione del pensiero sistemico, che va sotto il nome <strong>di</strong> prospettiva della<br />

complessità. Essa prende le sue mosse, già negli anni ’60, dalle ricerche<br />

dell'antropologo Gregory Bateson 41 sull’ecologia della mente e si sviluppa negli<br />

anni ’80 e ’90 attraverso le ricerche dei biologi Maturana e Varela (1980),<br />

<strong>di</strong>ffondendosi in svariati ambiti <strong>di</strong> ricerca come un para<strong>di</strong>gma alternativo alla<br />

concezione meccanicistica e deterministica degli eventi e trovando, in ambito<br />

evolutivo-educativo, punti <strong>di</strong> convergenza anche con il filone della psicologia<br />

storico-culturale <strong>di</strong> Vygotskij e <strong>di</strong> Bruner. I principali no<strong>di</strong> affrontati in questa<br />

prospettiva, riguardano: il ruolo dell’osservatore ed il ruolo del contesto<br />

socio-culturale. (Bocchi, Cerruti 1987)<br />

Il prendere sempre più coscienza del ruolo dei vincoli dell’osservatore<br />

umano, sia quando osserva i fenomeni fisici, sia, e soprattutto, quando osserva<br />

un altro sistema vivente, ha condotto, da un lato a ritenere che la descrizione<br />

scientifica dell’universo richieda sempre anche una descrizione <strong>di</strong> colui che<br />

descrive e dall'altro a fondare un principio metodologico <strong>di</strong> RECIPROCITÀ tra<br />

il sistema che osserva ed il sistema che è osservato.<br />

Questa maggiore attenzione al ruolo dell’osservatore ha condotto a<br />

rivedere molti degli assunti della scienza classica ed a costruire una sorta <strong>di</strong><br />

nuovo vocabolario. Nel prossimo paragrafo verranno illustrati i concetti ritenuti<br />

più utili a progre<strong>di</strong>re <strong>nella</strong> costruzione della chiave <strong>di</strong> lettura, qui proposta, per<br />

f a c i l i t a re la comunicazione tra attori del territorio e nei rapporti <strong>di</strong><br />

insegnamento-appren<strong>di</strong>mento.<br />

3.3. Concetti utili per una chiave <strong>di</strong> lettura<br />

ispirata alla <strong>reciprocità</strong> tra persone<br />

e tra istituzioni<br />

In questo paragrafo verranno approfon<strong>di</strong>ti i concetti ritenuti utili, sia per<br />

una migliore comprensione dei risvolti teorici del Dispositivo presentato nel<br />

capitolo 4, sia per operativizzare, anche ad un altro livello <strong>di</strong> elaborazione,<br />

alcune delle opzioni principali della <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri rispetto al<br />

percorso dei migranti: opportunità stabilizzanti, pedagogia del successo,<br />

impegno etico-professionale, da parte degli operatori.<br />

3.3.1. Autoreferenzialità, vincoli, <strong>reciprocità</strong><br />

Maturana e Varela si sono posti l’obiettivo <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>re la visione<br />

autopoietica della natura umana. Nel loro libro, “Autopoiesi e cognizione”<br />

(1980), essi hanno proposto una descrizione dei sistemi viventi complessi,


come organismi dotati <strong>di</strong> un carattere unitario. L’unitarietà è da riferirsi alla<br />

integrazione tra il ruolo <strong>di</strong> attore e <strong>di</strong> osservatore che caratterizza ogni essere<br />

umano, in quanto organismo vivente cognitivamente complesso. Il ruolo <strong>di</strong><br />

attore è riferito all’organismo vivente in senso ontologico, che, come tale fa<br />

parte dell’universo vivente, e quello <strong>di</strong> osservatore è riferito alla capacità<br />

cognitiva <strong>di</strong> questo stesso organismo nel descrivere i fenomeni ontologici e<br />

quin<strong>di</strong> anche se stesso, all’interno <strong>di</strong> particolari vincoli neurobiologici ed<br />

evolutivi.<br />

Questi autori definiscono autoreferenzialità la capacità <strong>di</strong> ogni organismo<br />

vivente <strong>di</strong> subor<strong>di</strong>nare tutti i cambiamenti al mantenimento dell’autoo<br />

rganizzazione. L’autoorganizzazione, cioè la capacità <strong>di</strong> selezionare<br />

autonomamente ciò che è favorevole o nocivo alla sopravvivenza, sarebbe<br />

specificata dai vincoli.<br />

I v i n c o l i sono definiti come i fattori invarianti che specificano<br />

l’organizzazione <strong>di</strong> sopravvivenza <strong>di</strong> un dato sistema vivente e che ne<br />

costituiscono l’identità, in<strong>di</strong>pendentemente dalla varietà <strong>di</strong> trasformazioni<br />

della sua struttura, connesse ai cicli <strong>di</strong> riorganizzazione interna o alle<br />

interazioni (perturbazioni) con altri sistemi .<br />

L’autoreferenzialità ed i vincoli sarebbero quin<strong>di</strong> da intendersi come<br />

caratteristiche proprie dell’essere vivente, e sarebbero proprio queste le<br />

caratteristiche che fondano, al tempo stesso, un principio <strong>di</strong> unitarietà nello<br />

stesso soggetto, in quanto attore e potenziale osservatore <strong>di</strong> se stesso e la<br />

<strong>reciprocità</strong> tra attori/osservatori; infatti, se l’osservatore è un sistema vivente,<br />

esso non può essere privo <strong>di</strong> vincoli, sia quando osserva/definisce se stesso sia<br />

quando osserva/definisce l’altro, perché tutto ciò che si applica ai sistemi<br />

viventi, si applica anche a lui (Maturana e Varela, 1980). Quando due persone<br />

<strong>di</strong>scutono, esse agiscono nel dominio linguistico, descrittivo, che è<br />

con<strong>di</strong>zionato dai rispettivi vincoli ontologici, e, quin<strong>di</strong>, ciò che viene detto non<br />

va confuso con la realtà ontologica. In altri termini, quando formuliamo<br />

un’asserzione sulla realtà, dovremo chiederci sempre “Chi l’ha detto?, Quali<br />

sono i criteri che l’hanno guidato? In che relazione <strong>di</strong> accordo/<strong>di</strong>saccordo sta<br />

con i miei criteri?” Detto ancora in altri termini, gli osservatori non possono<br />

essere responsabili degli aspetti ontologici della vita/della realtà <strong>di</strong> cui sono<br />

parte, ma possono e dovrebbero essere responsabili dei criteri che adottano<br />

per interpretare questa realtà. Sarebbe, quin<strong>di</strong> opportuno, se si desidera fare<br />

delle azioni insieme, esplicitare i criteri che le guidano e costruire un dominio<br />

descrittivo comune, cioè un referenziale con<strong>di</strong>viso.<br />

A loro volta, questi criteri, queste teorie agiscono sulla realtà orientando i<br />

concreti comportamenti degli attori e <strong>di</strong>ventando quin<strong>di</strong> suscettibili <strong>di</strong> produrre<br />

trasformazioni più o meno favorevoli al mantenimento dell’autoorganizzazione.<br />

Secondo questa visione, l’organismo vivente tende al mantenimento<br />

dell’autoorganizzazione, ma le teorie che il soggetto assume, nel ruolo <strong>di</strong><br />

59


osservatore, potrebbero essere più o meno adatte all’autoconservazione, così<br />

da orientare comportamenti più o meno vitali, che possono mettere in pericolo<br />

o rompere questo equilibrio, oppure trasformarlo in senso positivo.<br />

É infatti interessante sottolineare che, <strong>nella</strong> nuova prospettiva considerata,<br />

il concetto <strong>di</strong> vincolo viene coniato in alternativa al concetto <strong>di</strong> legge proprio<br />

per riferirsi ad un limite che non viene più visto con le caratteristiche <strong>di</strong><br />

necessità <strong>di</strong> una legge e, quin<strong>di</strong>, la nozione <strong>di</strong> invarianza che esso implica è da<br />

intendersi soprattutto come funzionale all’osservatore (per avere un parametro<br />

da cui progettare il cambiamento), piuttosto che da riferirsi ad una legge<br />

esterna data come immutabile. (Cerruti, 1986)<br />

Il modello <strong>di</strong> comunicazione, qui proposto si fonda, per una buona parte,<br />

su una elaborazione <strong>di</strong> questi concetti, anche in chiave educativa ed<br />

inter-istituzionale. (Bonica, 1992)<br />

I vincoli, oltre che biologici ed esistenziali, possono essere storici, culturali,<br />

istituzionali, professionali. Nella interpretazione che proponiamo, essi<br />

segnalerebbero ad un tempo l’identità del sistema considerato, soggetto umano<br />

o istituzione e la prospettiva del cambiamento possibile in quel momento.<br />

Nel caso degli attori territoriali i vincoli potrebbero corrispondere alle<br />

invarianti istituzionali.<br />

Per invarianti istituzionali si potrebbero intendere quelle caratteristiche<br />

che specificano l’identità del servizio e che possono essere riconosciute come<br />

stabili nonostante i cambiamenti che possono essere innescati da riforme<br />

strutturali (per esempio l’attuale riforma della autonomia scolastica) o da<br />

iniziative innovative che partono dall’interno, o ancora dall’incontro con altri<br />

sistemi.<br />

I vincoli possono quin<strong>di</strong> rappresentare il luogo in cui il cambiamento si<br />

manifesta prevalentemente come capacità <strong>di</strong> salvaguardare la sopravvivenza<br />

del servizio a cui è legato il proprio posto <strong>di</strong> lavoro ed il ruolo professionale;<br />

questo cambiamento è inerente a due <strong>di</strong>mensioni principali: la vivibilità del<br />

soggetto stesso all’interno dell’istituzione, ed il consenso dell’utenza <strong>di</strong>retta;<br />

quando sono in pericolo questi due fattori, può manifestarsi, in modo più<br />

visibile, la capacità degli attori <strong>di</strong> eserc i t a re un potere soggettivo <strong>di</strong><br />

reinterpretazione dei vincoli, che fino ad allora potevano essere stati vissuti<br />

come invarianti immutabili dotate <strong>di</strong> un potere coercitivo pro v e n i e n t e<br />

dall’“alto” o, comunque, dall’“esterno”. La soggettiva percezione dei vincoli<br />

può comportare un margine <strong>di</strong> opzionalità che può oscillare attraverso un<br />

continuum che va da comportamenti mirati alla conservazione dello status<br />

quo, a comportamenti che, in nome della buona conservazione dell’identità del<br />

sistema, implicano trasgressioni o innovazioni. In questa chiave <strong>di</strong> lettura la<br />

cosiddetta “resistenza al cambiamento” delle istituzioni, spesso imputata<br />

dall’“esterno”, dovrebbe essere ogni volta riletta dal punto <strong>di</strong> vista interno<br />

all’istituzione: ciò che dall’esterno appare come conservazione potrebbe<br />

costituire, invece una scelta innovativa, o viceversa.<br />

Può risultare quin<strong>di</strong> più chiaro che, in questa pro s p e t t i v a ,<br />

60


autoreferenzialità non significa automaticamente corporativismo o chiusura<br />

persistente nei confronti dell’altro, o egoismo, ma la tendenza <strong>di</strong> ogni sistema<br />

vivente/istituzione a subor<strong>di</strong>nare tutti i cambiamenti al mantenimento<br />

della sua identità, intesa come capacità <strong>di</strong> autoorganizzazione. Come<br />

abbiamo detto sopra, questa capacità <strong>di</strong> autoconservazione non sarebbe da<br />

vedersi opposta od alternativa alla capacità <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficarsi o <strong>di</strong> entrare in<br />

interazione con un altro sistema autopoietico, proprio perché i vincoli che<br />

fonderebbero le rispettive autopoiesi non opererebbero come costrizioni<br />

esterne, al contrario entrerebbero a far parte del processo coevolutivo. Sul<br />

processo <strong>di</strong> co-evoluzione e <strong>di</strong> co-costruzione delle conoscenze, ritorneremo<br />

successivamente. Ora vorrei sottolineare come la natura dei cambiamenti<br />

strutturali possa essere compatibile con la conservazione dell’identità.<br />

Ripren<strong>di</strong>amo l’esempio delle riforme scolastiche o pensiamo a certi processi<br />

d’innovazione educativa partenti dal basso: essi innescano cambiamenti a livello<br />

strutturale che rimangono peraltro compatibili con la salvaguar<strong>di</strong>a dell’identità<br />

della scuola. Ad esempio, uno dei vincoli in<strong>di</strong>spensabili, almeno al momento<br />

storico attuale, per la sopravvivenza delle istituzioni scolastiche, può essere la<br />

<strong>di</strong>mensione collettiva dell’apprendere-insegnare, rispetto ad altri sistemi<br />

che, invece, prevedevano un rapporto <strong>di</strong>a<strong>di</strong>co, come per esempio l’istituzione<br />

del precettore a domicilio. Occorrerebbe, quin<strong>di</strong>, che il cambiamento non<br />

comportasse una per<strong>di</strong>ta drastica delle iscrizioni degli studenti. D’altra parte<br />

questo livello d’identità è compatibile con la <strong>di</strong>fferenza, perché ogni istituzione<br />

scolastica, pur con<strong>di</strong>videndo con le altre lo stesso vincolo <strong>di</strong> base, può<br />

interpretarlo in mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versificati. Dietro ad ognuno <strong>di</strong> questi mo<strong>di</strong> c’è una<br />

quota <strong>di</strong> rischio assunto soggettivamente ed una storia <strong>di</strong> negoziazioni e<br />

con<strong>di</strong>visioni con gli utenti ed i colleghi.<br />

Vincoli, opportunità, unità <strong>di</strong> analisi e sapere agito<br />

Possiamo constatare che questo stesso vincolo, non solo segnala il punto<br />

<strong>di</strong> partenza ed il limite entro cui può essere affrontato un cambiamento, ma<br />

segnala anche l’opportunità <strong>di</strong> costruire un sapere specifico, che, riprendendo<br />

l’esempio <strong>di</strong> prima, riguarda “l’appren<strong>di</strong>mento-insegnamento in situazione<br />

collettiva”. Ciò significa che questo vincolo in<strong>di</strong>ca anche qual è l’unità <strong>di</strong><br />

analisi minima utilizzata dai docenti nelle conc<strong>rete</strong> situazioni e suggerisce,<br />

quin<strong>di</strong>, uno dei criteri autoreferenziali, identitari, per esplicitare e confrontare<br />

questo sapere con altre figure professionali, ed anche per migliorarlo in modo<br />

creativo. Se, però, questo sapere non viene assunto come una specifica<br />

opportunità offerta dai propri vincoli istituzionali perché questi ultimi vengono<br />

considerati solo come un ostacolo, “malgrado” il quale si realizza il processo<br />

<strong>di</strong> insegnamento-appren<strong>di</strong>mento, rispetto, per esempio, al “privilegio” <strong>di</strong> chi<br />

può permettersi <strong>di</strong> trattare con un utente per volta, c’è il rischio che il confronto<br />

avvenga al’insegna <strong>di</strong> un equivoco e che questo sapere resti sommerso. D’altra<br />

parte questo equivoco può scattare anche <strong>nella</strong> fase <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> degli<br />

insegnanti, quando le unità <strong>di</strong> analisi proposte, in sede <strong>di</strong> <strong>formazione</strong>, sono<br />

riduttive o, comunque non rappresentative, della complessità dei vincoli delle<br />

61


situazioni professionali. In ogni caso il sapere agito e costruito in situazione,<br />

grazie alle strategie <strong>di</strong> negoziazione dei rispetti vincoli con gli utenti <strong>di</strong>retti ed<br />

i colleghi, costituirà sempre una componente “viva” della professionalità. É<br />

infatti universalmente riconosciuto che in fase <strong>di</strong> stage, <strong>di</strong> tirocinio, <strong>di</strong><br />

appren<strong>di</strong>stato si ha l’opportunità <strong>di</strong> apprendere qualcosa in più e <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso,<br />

rispetto al setting scolastico, perché ci si rapporta con esperti che traducono<br />

il sapere tecnico in azioni e decisioni negoziate all’interno <strong>di</strong> una comunità <strong>di</strong><br />

pratiche. In questo senso i vincoli possono anche essere visti, più<br />

complessivamente, come luoghi <strong>di</strong> sintesi tra la <strong>di</strong>mensione tecnico-scientifica<br />

e la <strong>di</strong>mensione etico-professionale del proprio lavoro.<br />

In questa prospettiva l’opzione verso la <strong>reciprocità</strong> si fonderebbe quin<strong>di</strong><br />

su un assunto <strong>di</strong> similarità <strong>di</strong> base fondata sull’autoreferenzialità e sui vincoli,<br />

e si manifesterebbe attraverso il riconoscimento reciproco <strong>di</strong> questo potere<br />

autoasserente.<br />

62<br />

3.3.2. Ascolto attivo, conflitto, negoziazione<br />

Il tener conto che anche l’altro ha sempre un suo punto <strong>di</strong> vista e quin<strong>di</strong><br />

anche una sua capacità <strong>di</strong> definire sé stesso e l’altro, comporta che<br />

l'atteggiamento conseguente per la costruzione <strong>di</strong> un accordo consensuale sia<br />

un atteggiamento <strong>di</strong> cautela, <strong>di</strong> domanda, <strong>di</strong> ascolto, <strong>di</strong> attesa, <strong>di</strong> negoziazione<br />

in alternativa ad un atteggiamento <strong>di</strong> presupposizione unilaterale .<br />

Ciò presuppone, da un lato un atteggiamento <strong>di</strong> fiducia, dall’altro la<br />

<strong>di</strong>sponibilità ad assumersi il rischio del rifiuto, del conflitto, della rottura,<br />

dell’insuccesso.<br />

Come abbiamo appena accennato sopra, l’opzione nei confronti della<br />

<strong>reciprocità</strong> <strong>di</strong>viene più evidente nelle situazioni <strong>di</strong> conflitto, <strong>di</strong> asimmetria <strong>di</strong><br />

potere e, più in generale, <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenza. Infatti, non ci può essere né conflitto<br />

né negoziazione tra persone che non si riconoscono reciprocamente il <strong>di</strong>ritto<br />

ad avere sentimenti, pensieri, opinioni personali.<br />

In un modello d’interazione fondato sulla <strong>reciprocità</strong> il conflitto può<br />

rappresentare un momento importante <strong>di</strong> crescita del rapporto tra in<strong>di</strong>vidui e/o<br />

istituzioni, in quanto esso presuppone un riconoscimento dell’altro come<br />

persona capace <strong>di</strong> autodefinirsi, in alternativa ad un atteggiamento <strong>di</strong><br />

svalutazione o <strong>di</strong> <strong>di</strong>sconferma che, rispetto ai migranti, può rivolgersi alla loro<br />

stessa presenza nel qui ed ora.<br />

D’altra parte, perché la negoziazione sia possibile occorre con<strong>di</strong>videre un<br />

dominio <strong>di</strong> descrizioni, vale a <strong>di</strong>re, riferirsi allo stesso problema e quin<strong>di</strong><br />

parlare lo stesso linguaggio. Spesso si resta invece nel frainten<strong>di</strong>mento e nel<br />

conflitto “non detto”, perché la <strong>di</strong>fferenza delle rispettive posizioni <strong>di</strong> partenza<br />

(i vincoli) fa sì che ognuno attribuisca un suo e <strong>di</strong>verso significato alla stessa<br />

cosa e quin<strong>di</strong>, pur parlando apparentemente della stessa cosa, non si con<strong>di</strong>vide<br />

lo stesso problema.


La ricerca scientifica sulle prime fasi <strong>di</strong> sviluppo infantile ci suggerisce che<br />

questa specie <strong>di</strong> Torre <strong>di</strong> Babele va considerata come un fenomeno normale,<br />

intrinseco alla complessità della mente umana; per quanto possa<br />

meravigliarci, stiamo scoprendo che il modo in cui un bambino <strong>di</strong> tre anni<br />

comunica con un coetaneo è in un certo senso più consono alla complessità<br />

della mente umana <strong>di</strong> quanto non lo sia il modo <strong>di</strong> un adulto che utilizza la<br />

sua maggiore esperienza per “sostituirsi” al bambino <strong>nella</strong> definizione <strong>di</strong> sé.<br />

I bambini, infatti, non potendosi ancora muovere all’interno <strong>di</strong> una sapiente<br />

logica <strong>di</strong> giustificazioni razionali a supporto dei propri comportamenti, si<br />

muovono secondo una epistemologia più <strong>di</strong>namica e flessibile: la loro<br />

preve<strong>di</strong>bilità è quasi totalmente basata sull’ascolto attento ed attivo <strong>di</strong> ciò<br />

che avviene intorno e pur non <strong>di</strong>sponendo <strong>di</strong> una astratta teoria della<br />

comunicazione, riescono a comunicare e arrivano a con<strong>di</strong>videre attività <strong>di</strong><br />

gioco complesse. Come mai? Forse perché trovano normale che l’altro sia<br />

impreve<strong>di</strong>bile, e quin<strong>di</strong> non scappano dalle <strong>di</strong>fficoltà; ciò li porta ad affrontare<br />

via via i conflitti o i malintesi che nascono <strong>nella</strong> relazione con l’altro. Quando<br />

riescono a superare un momento d’impasse sembrano molto contenti e, nel<br />

loro gioco imme<strong>di</strong>atamente successivo, sembrano <strong>di</strong>vertirsi a rimettere in<br />

scena quegli equivoci, come se attraverso le provocazioni sui reciproci mo<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> essere potessero al tempo stesso rassicurarsi sull’accettazione dei<br />

rispettivi limiti ed inoltrarsi verso la scoperta <strong>di</strong> nuove parti <strong>di</strong> sé e dell’altro.<br />

La loro epistemologia, per quanto ru<strong>di</strong>mentale e intuitiva, sembra improntata<br />

al para<strong>di</strong>gma della complessità, perché sembre rebbe fondarsi sulla<br />

inevitabilità dell’inter<strong>di</strong>pendenza e su una quota <strong>di</strong> impreve<strong>di</strong>bilità della<br />

natura umana (Bonica, 1990 b).<br />

3.3.3. Contratto e gioco<br />

Secondo Cerruti il reinserimento del soggetto e dell’osservatore nel<br />

processo <strong>di</strong> conoscenza prospetta un mutamento epistemologico nel pensiero<br />

scientifico che si può definire come passaggio da una scienza della necessità a<br />

una scienza del gioco. (Cerruti,1986)<br />

La strategia che è prevalente in una logica <strong>di</strong> <strong>reciprocità</strong> è una strategia<br />

contrattualistica; ci si muove con la fiducia che sia possibile arrivare ad un patto<br />

con<strong>di</strong>viso. L’obiettivo non dovrebbe essere tanto quello <strong>di</strong> convincere l’altro<br />

attraverso la seduzione o l’estorsione o la forza,come se quella che<br />

proponiamo fosse la realtà o l’unica interpretazione possibile, quanto quello,<br />

appunto, <strong>di</strong> confrontare le rispettive autoreferenzialità, i rispettivi vincoli,per<br />

riuscire a raggiungere un accordo consensuale sui criteri.<br />

Il termine gioco è allora molto appropriato.<br />

É giocando a “far finta” che i bambini <strong>di</strong> tre anni apprendono i vincoli interni<br />

delle relazioni interpersonali, cioè la necessità <strong>di</strong> arrivare ad un consenso<br />

con<strong>di</strong>viso. Proprio la mancanza <strong>di</strong> vincoli esterni rispetto al contenuto del<br />

gioco (si può infatti far finta che esistano anche due soli, o due mamme),<br />

63


64<br />

mette maggiormente in evidenza la necessità che i giocatori si accor<strong>di</strong>no<br />

sulla cornice (è per finta), sui significati (ad esempio “questo bambolotto è il<br />

nostro bambino”) e sui ruoli interpersonali nelle decisioni che riguardano la<br />

tras<strong>formazione</strong> del gioco. Facendo questo, spontaneamente, i bambini cocostruiscono<br />

un copione fantastico ricco <strong>di</strong> temi che si trasformano in mo<strong>di</strong><br />

coerenti. Come ci arrivano? Per arrivarci, scoprono e costruiscono via via un<br />

sistema <strong>di</strong> norme <strong>di</strong> vali<strong>di</strong>tà della comunicazione, fondato sulla <strong>reciprocità</strong>.<br />

Paradossalmente i rispettivi egocentrismi fanno sì che, da un lato, ognuno<br />

tenda inizialmente a trattare l’altro come se fosse facilmente manipolabile, e<br />

dall’altro che ognuno reagisca prontamente a tali violazioni. Ognuno è così<br />

costretto a inoltrarsi al <strong>di</strong> là del suo progetto iniziale, a scoprire che l’altro non<br />

è trasparente, ma complesso, a ritornare su battute precedenti, a fare una<br />

specie <strong>di</strong> bilancio retroattivo, a mo<strong>di</strong>ficare i propri comportamenti e ad<br />

esigere mo<strong>di</strong>fiche da parte dell’altro, fino ad arrivare ad un accordo<br />

consensuale. Rispetto alla <strong>reciprocità</strong>, il momento più significativo <strong>di</strong> questo<br />

processo è quello in cui ogni bambino sembra arrivare autonomamente alla<br />

comprensione che occorre una rinuncia attiva, che occorre trovare un<br />

equilibrio tra strategie <strong>di</strong> persuasione e strategie <strong>di</strong> concessione, per<br />

continuare a giocare insieme. Da parte dei bambini, la voglia <strong>di</strong> continuare a<br />

giocare insieme e l’accettazione dell’inter<strong>di</strong>pendenza come <strong>di</strong> un fatto<br />

normale sembrano i fattori determinanti che li aiutano a inoltrarsi <strong>nella</strong><br />

<strong>di</strong>fferenza dell’altro, a inventare strategie creative <strong>di</strong> risoluzione dei conflitti e,<br />

così facendo, a scoprire e costruire nuove parti <strong>di</strong> sé oltre che ad inventare<br />

nuovi mon<strong>di</strong> con<strong>di</strong>visi (Bonica, 1989 e 1990 b).<br />

Noi adulti siamo senz’altro più capaci <strong>di</strong> anticipare mentalmente lo<br />

svolgimento <strong>di</strong> un incontro, <strong>di</strong> attribuire caratteristiche psicologiche e culturali<br />

all’altro, ma questo succede anche in virtù del fatto che siamo più cristallizzati<br />

nelle norme <strong>di</strong> riferimento della nostra cultura e più abituati a fidarci della<br />

razionalità ed a <strong>di</strong>ffidare delle emozioni; <strong>di</strong>venta così, paradossalmente, più<br />

<strong>di</strong>fficile per noi uscire dalla cornice abituale ed aprirci alla scoperta <strong>di</strong> nuovi<br />

mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> vivere o attribuire nuovi significati agli eventi e, più in generale, essere<br />

<strong>di</strong>sposti ad osservare con interesse e curiosità ciò che può capitarci se ci<br />

inoltriamo a riconoscere, ad ascoltare davvero la <strong>di</strong>fferenza dell’altro. Per noi<br />

adulti occorre quin<strong>di</strong> una scelta consapevole: vogliamo partecipare a questo<br />

gioco? Siamo motivati a vivere il rischio <strong>di</strong> esserne un po’ trasformati?<br />

Riteniamo che si possa arrivare a con<strong>di</strong>videre delle norme <strong>di</strong> vali<strong>di</strong>tà della<br />

comunicazione, pur partendo da professioni <strong>di</strong>verse o da culture <strong>di</strong>verse?<br />

La scelta della metafora del gioco e della <strong>reciprocità</strong> come norma <strong>di</strong> vali<strong>di</strong>tà<br />

della comunicazione non è quin<strong>di</strong> da confondersi con una logica libertaria ed<br />

egualitaria o con una logica <strong>di</strong> compiacenza e <strong>di</strong> seduzione volta<br />

all’affrancamento dell’altro per omologarlo alla nostra cultura. (Labelle, 1996)<br />

Né si tratta <strong>di</strong> un ottimismo utopistico esclusivamente rivolto alla “accettazione<br />

incon<strong>di</strong>zionata dell’altro”.


Giocare le <strong>di</strong>fferenze comporta spesso confrontarsi anche con problemi<br />

spinosi: forse, nessuno <strong>di</strong> noi europei si sentirebbe <strong>di</strong>sposto ad ammettere<br />

pratiche che consideriamo lesive e violente come quella dell’infibulazione,<br />

oppure vorrebbe trovarsi personalmente costretto a subire un’atmosfera<br />

chiassosa durante una veglia funebre 42. Anche noi abbiamo i nostri vincoli <strong>di</strong><br />

vivibilità, d’identità culturale che devono essere riconosciuti. Ma è proprio il<br />

c o n f ronto, la partecipazione al gioco che può farci rispettivamente<br />

comprendere quali sono i vincoli che veramente possono ledere la nostra<br />

traiettoria evolutiva, la nostra capacità <strong>di</strong> autoregolazione, la nostra identità <strong>di</strong><br />

base e quali quelli che, invece, possono essere rinegoziati senza costi troppo<br />

esosi per la nostra sopravvivenza. Per esempio, la decisione dello stato<br />

francese <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re il chador era poi così in<strong>di</strong>spensabile?<br />

Occorre anche riconoscere che la logica contrattualistica non può sempre<br />

essere esplicita e razionalmente verbalizzata: le nostre ed altrui reazioni sono<br />

spesso impreve<strong>di</strong>bili, la loro base è inconscia e si manifestano attraverso<br />

in<strong>di</strong>catori emotivi e non verbali come il senso d’imbarazzo, il senso del ri<strong>di</strong>colo<br />

o il <strong>di</strong>sgusto e lo spaesamento. I lavori <strong>di</strong> Gregory Bateson e gli esempi riportati<br />

da Maria<strong>nella</strong> Sclavi ci in<strong>di</strong>cano una via originale, interessante e preziosa per<br />

non negare queste emozioni, senza peraltro subirle solo in modo passivo 43.<br />

Questi in<strong>di</strong>catori possono infatti <strong>di</strong>ventare i nostri alleati che ci aiutano a<br />

riconoscere i nostri vincoli culturali. Questo riconoscimento autoreferenziale<br />

può essere già un passo per entrare o per restare nel gioco.<br />

Il gioco rappresenta per G.Bateson (1979) un esempio para<strong>di</strong>gmatico della<br />

comunicazione a più livelli. Infatti per giocare bisogna comunicare<br />

contemporaneamente che questa è la realtà, ma anche che questa non è la<br />

realtà e tuttavia il gioco sta proprio nell’impegno a fare “come se” quella fosse<br />

davvero la realtà. L’umorismo, ad esempio, può permetterci <strong>di</strong> comunicare<br />

contemporaneamente l’accettazione ed il <strong>di</strong>sagio.<br />

Anni fa ho collaborato con quin<strong>di</strong>ci scuole genovesi in una ricerca<br />

interculturale sugli in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> <strong>reciprocità</strong>. Una classe <strong>di</strong> quinta elementare si<br />

è interrogata sulla <strong>di</strong>fferenza che c’è tra il “prendere in giro” offensivo ed il<br />

prendere in giro scherzoso e bonario; i bambini e le bambine hanno convenuto<br />

che la <strong>di</strong>fferenza è molto sottile perché sta nel tono della voce, nello sguardo<br />

e spesso nell’accompagnare le parole ad una pacca sulla spalla, al toccare<br />

l’altro… La classe si è impegnata e <strong>di</strong>vertita a giocare anche con quelle<br />

<strong>di</strong>fferenze che sono generalmente considerate “i <strong>di</strong>fetti”. Un bambino si è<br />

espresso così:<br />

…è una specie <strong>di</strong> liberazione poter scherzare senza offendere perché puoi<br />

<strong>di</strong>re al tuo compagno che è ciccione o fargli il verso <strong>di</strong> come sbaglia le parole<br />

42 Si veda l’esempio n.3 riportato da M. Sclavi nel capitolo 13.<br />

43 Si veda M. Sclavi, capitolo 13.<br />

65


italiane, ma fargli anche capire che ti è simpatico così… ma se non glielo <strong>di</strong>ci<br />

finisce che ci pensi da solo a queste cose un po’ <strong>di</strong>fettose e poi ti <strong>di</strong>venta<br />

antipatico davvero.<br />

66<br />

3.3.4. Coevoluzione e co-costruzione<br />

Nei contesti finalizzati ad un compito, come la scuola, la <strong>rete</strong> territoriale o<br />

la <strong>formazione</strong>, come sono visti i processi che sottostanno alla con<strong>di</strong>visione dei<br />

significati ed alla trasmissione delle conoscenze?<br />

Riprendendo i fondamenti del costruttivismo, le perturbazioni esterne,<br />

come un corso <strong>di</strong> <strong>formazione</strong>, un ciclo <strong>di</strong> incontri <strong>di</strong> <strong>rete</strong>, la spiegazione <strong>di</strong> una<br />

nozione, l’esemplificazione <strong>di</strong> un comportamento, l’azione congiunta con un<br />

collega, possono innescare un <strong>di</strong>sequilibrio che ogni soggetto/istituzione,<br />

tratterà in modo autore f e renziale, cioè, come già detto, filtrandolo e<br />

rielaborandolo cognitivamente, in modo tale da non perdere la propria identità.<br />

Questo adattamento, che avviene per compensazioni attive, può (non “deve”)<br />

innescare un potenziale processo co-evolutivo tra i soggetti protagonisti dello<br />

scambio. In questa prospettiva l’attenzione è posta sul come la reciproca<br />

influenza può portare ognuno a interpretare in modo originale gli spunti colti<br />

nell’altro o intenzionalmente forniti dall’altro, <strong>di</strong> modo che l’esito <strong>di</strong> questo<br />

processo non può più essere ricondotto solo alla mente <strong>di</strong> uno o dell’altro , ma<br />

allo stesso processo <strong>di</strong> co-costruzione.<br />

L’aspetto interessante del cambiamento riguarda, quin<strong>di</strong>, il “come” punti<br />

<strong>di</strong> vista <strong>di</strong>versi o nuovi possano prodursi reciprocamente.<br />

Riconducendo questo principio coevolutivo alla tematica <strong>di</strong> cui ci stiamo<br />

occupando, sorge l’esigenza <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare quali potrebbero essere i criteri <strong>di</strong><br />

facilitazione della comunicazione in gruppi eterogenei, come quelli costituiti<br />

dai <strong>di</strong>versi attori della <strong>rete</strong>, o da una classe multietnica.<br />

Nell’ambito <strong>di</strong> una concezione autopoietica dell’essere umano, <strong>di</strong>sponiamo<br />

principalmente <strong>di</strong> due modelli <strong>di</strong> facilitazione della comunicazione centrata su<br />

un compito: il modello del conflitto socio-cognitivo, che è stato elaborato<br />

all’interno del costruttivismo neopiagetiano (Doise e Mugny, 1981) ed il<br />

modello del tutoring, che si è sviluppato a partire dalla psicologia storicoculturale,<br />

che fa capo a Vygotskij. (Vygotskij, 1974)<br />

Il primo è maggiormente interessato allo sviluppo spontaneo delle<br />

acquisizioni, cioè a quelle trasformazioni delle strutture cognitive che<br />

avvengono in<strong>di</strong>pendentemente da una finalità pedagogica istituzionale, e<br />

sembrerebbe, quin<strong>di</strong>, più adatto a facilitare i processi <strong>di</strong> co-costruzione che<br />

avvengono tra partner eterogenei e simmetrici, come, potrebbe essere<br />

l’interazione <strong>di</strong> gioco tra coetanei, o il gruppo <strong>di</strong> <strong>formazione</strong>-formatori del<br />

nostro corso. In questo caso l’elemento facilitatore del processo co-costruttivo<br />

sarebbe rappresentato dall’asserzione dei <strong>di</strong>versi punti vista, e dal conseguente<br />

potenziale conflitto cognitivo che, costringendo ognuno dei partner ad<br />

esplicitare ed argomentare il proprio punto <strong>di</strong> vista, innescherebbe una<br />

<strong>di</strong>namica interattiva favorevole, sia a sviluppare le strutture cognitive <strong>di</strong> tutti i


partecipanti (sia quelli più avanzati che quelli meno avanzati, purchè la<br />

<strong>di</strong>stanza tra i loro livelli non sia troppo ampia), sia a costruire nuove ipotesi,<br />

nuove definizioni della realtà considerata.<br />

Il secondo si sviluppa a partire da domande che riguardano l’educabilità<br />

dell’essere umano, dentro ad una cultura <strong>di</strong> riferimento; sembrerebbe, quin<strong>di</strong>,<br />

più adatto a spiegare i processi <strong>di</strong> co-costruzione che possono avvenire tra<br />

generazioni <strong>di</strong> età <strong>di</strong>verse o tra un partner esperto ed un novizio, o nei processi<br />

<strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento-insegnamento, cioè in situazioni sociali caratterizzate da<br />

asimmetria e relativa omogeneità culturale. Il tutoring non è da intendersi<br />

come un insieme <strong>di</strong> mosse lineari e uni<strong>di</strong>rezionali che vanno dall’esperto alla<br />

mente del novizio, ma come un processo complesso situato in un preciso<br />

contesto culturale, che si fonda su <strong>di</strong>verse strategie che sono considerate<br />

efficaci, <strong>nella</strong> misura in cui si ancorano allo sviluppo autopoietico attuale<br />

dell’altro, consentendo una con<strong>di</strong>visione reciproca <strong>di</strong> significati e tendono a<br />

spostare l’equilibrio <strong>di</strong> potere a favore della persona che sta ricevendo l’aiuto.<br />

Equilibrio <strong>di</strong> potere non significa uguale potere, ma significa, appunto,<br />

accettazione <strong>di</strong> una asimmetria in cui chi ha più potere in quel momento non<br />

ostacola, anzi favorisce che l’altro assuma sempre maggiori responsabilità. Tali<br />

strategie possono essere: l’esempio <strong>di</strong>mostrativo, la spiegazione, il<br />

rispecchiamento della frase o del comportamento, il fornire una impalcatura<br />

che aiuti a restare focalizzati sul compito. Dal punto <strong>di</strong> vista del <strong>di</strong>scente o del<br />

novizio questo processo viene definito <strong>di</strong> “appropriazione culturale”, cioè il<br />

fare “proprio”, in modo selettivo, secondo criteri compatibili con la propria<br />

autoorganizzazione, i contenuti e gli strumenti <strong>di</strong> una professione, <strong>di</strong> una<br />

<strong>di</strong>sciplina, <strong>di</strong> una cultura.<br />

Entrambi questi modelli possono essere tenuti presenti da un formatore, e<br />

integrati, a seconda dello svolgimento in itinere della situazione interattiva 44.<br />

Analogamente, lo spazio interculturale può essere visto come uno spazio <strong>di</strong> cocostruzione<br />

tra soggetti eterogenei e può fondarsi sia su processi <strong>di</strong> confronto<br />

tra le culture, sia su processi <strong>di</strong> progressiva appropriazione dei significati della<br />

cultura ospite, nel corso della con<strong>di</strong>visione <strong>di</strong> esperienze significative,<br />

connotate dal reciproco riconoscimento della propria autopoiesi. Il concetto<br />

stesso <strong>di</strong> INTERCULTURA <strong>di</strong>fferisce dal concetto <strong>di</strong> multicultura o <strong>di</strong><br />

acculturazione, perché si riferisce al processo <strong>di</strong> co-costruzione, guarda, cioè,<br />

a quella <strong>di</strong>mensione nuova, da considerarsi sempre parzialmente<br />

impreve<strong>di</strong>bile, che può nascere solo in seguito a catene circolari <strong>di</strong> reciproche<br />

perturbazioni in cui vengono, ogni volta, ridefiniti i rispettivi vincoli ed i<br />

significati ad essi attribuiti.<br />

44 Una proposta <strong>di</strong> integrazione tra questi due modelli, e ricerche sull’appren<strong>di</strong>mento, in una<br />

prospettiva storico culturale sono presentate dal gruppo <strong>di</strong> ricerca <strong>di</strong>retto da C.Pontecorvo in <strong>di</strong>versi<br />

testi. Si segnala qui: Pontecorvo 1999 e Pontecorvo, Ajello, Zucchermaglio, 1995.<br />

67


68<br />

3.3.5. Verso un approccio ecologico/evolutivo<br />

del concetto <strong>di</strong> contesto<br />

Nella prospettiva co-costruttiva, appena delineata, il contesto, non viene<br />

più visto come una variabile in<strong>di</strong>pendente che circonda l’in<strong>di</strong>viduo, e incombe<br />

come una realtà a lui esterna, ma come qualcosa nel quale l’in<strong>di</strong>viduo è<br />

immerso fin dalla nascita, ed i cui confini vengono <strong>di</strong> volta in volta ridefiniti<br />

dalle pratiche culturali, educative e lavorative con<strong>di</strong>vise, dai significati<br />

scambiati nelle relazioni, e tra generazioni, che sono, si, ra<strong>di</strong>cate <strong>nella</strong> storia<br />

e <strong>nella</strong> cultura, ma che sono esse stesse produzione <strong>di</strong> nuova storia e <strong>di</strong><br />

nuova cultura, attraverso un’oscillazione continua tra sfera della canonicità (i<br />

vincoli, le invarianti che sono espresse attraverso il <strong>di</strong>ritto, le leggi che<br />

sistematizzano la cultura) e sfera delle possibilità cui l’in<strong>di</strong>viduo partecipa<br />

attivamente, attraverso l’esercizio delle sue potenzialità e nell’incontro con<br />

gli altri soggetti.<br />

Il contesto è, <strong>di</strong> conseguenza, inteso in modo ampio, al <strong>di</strong> là dei<br />

rapporti più imme<strong>di</strong>ati, faccia a faccia, anche se non può non pre s c i n d e re<br />

da questi.<br />

Bronfenbrenner (1979) descrive i cambiamenti inerenti allo sviluppo<br />

umano come cambiamenti che interessano sia le percezioni che i soggetti<br />

traggono dalle interazioni reciproche con i <strong>di</strong>versi ambienti nei quali essi si<br />

sviluppano, sia il rapporto che questi ambienti intrattengono tra <strong>di</strong> loro.<br />

Egli <strong>di</strong>stingue quattro livelli ambientali: il m i c ro s i s t e m a, la cui<br />

caratteristica sono i rapporti faccia a faccia (la famiglia, la scuola, il posto <strong>di</strong><br />

lavoro, ecc.,); il mesosistema che costituisce il collegamento tra i <strong>di</strong>versi<br />

microsistemi e che si estende ogni volta che l’in<strong>di</strong>viduo entra a far parte <strong>di</strong> una<br />

nuova situazione ambientale: esso può compre n d e re legami interm e d i<br />

all’interno <strong>di</strong> una <strong>rete</strong> sociale, comunicazioni formali e informali tra situazioni<br />

ambientali <strong>di</strong>verse; l’esosistema che si riferisce agli ambienti <strong>di</strong> cui l’in<strong>di</strong>viduo<br />

non fa parte <strong>di</strong>rettamente ma che influenzano la qualità delle attività, dei ruoli<br />

e delle relazioni nell’ambito dei microsistemi (per esempio l’esistenza <strong>di</strong> élite<br />

che me<strong>di</strong>ano tra l’in<strong>di</strong>viduo ed il potere istituzionale, come potrebbero essere<br />

le associazioni <strong>di</strong> volontariato per una famiglia che ha un bambino<br />

han<strong>di</strong>cappato, oppure le associazioni etniche per un migrante, o ancora le<br />

associazioni professionali degli insegnanti, la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> un centro<br />

professionale, ecc.) ed il macrosistema, che costituisce il livello della cultura,<br />

dei programmi nazionali, delle leggi e delle congruenze che possono essere<br />

osservate a livello dei microsistemi. Infatti, benché culture e subculture<br />

possano <strong>di</strong>fferire l’una dall’altra, come si nota confrontando, per esempio,<br />

istituzioni <strong>di</strong>verse, possiamo aspettarci che esse siano relativamente omogenee,<br />

nel loro interno. Questa omogeneità, che specifica le caratteristiche culturali <strong>di</strong><br />

questi microsistemi, emergerà con più chiarezza nelle fasi <strong>di</strong> grande<br />

cambiamento politico – economico - sociale, oppure quando si osservano gli<br />

ambienti <strong>di</strong> vita dal punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> un’altra cultura.


L’unità minima <strong>di</strong> analisi presa in considerazione per descrivere il<br />

funzionamento ed il cambiamento, in ognuno <strong>di</strong> questi livelli ambientali,<br />

comprende:<br />

• le attività molari, cioè quelle attività che hanno una <strong>di</strong>mensione<br />

progettuale e si fondano sulla motivazione intrinseca e che l’in<strong>di</strong>viduo<br />

svolge e vede svolgere da altre persone per lui significative;<br />

• i ruoli, cioè le reciproche aspettative in termini <strong>di</strong> funzioni svolte e <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stribuzione del potere e<br />

• la qualità delle relazioni affettive, con particolare riferimento alle<br />

pratiche che fondano fiducia e <strong>reciprocità</strong> tra i soggetti.<br />

L’omogeneità <strong>di</strong> una cultura può riguardare, quin<strong>di</strong>, i tipi <strong>di</strong> situazioni<br />

ambientali <strong>di</strong> cui la persona entra a far parte in momenti successivi della vita,<br />

il contenuto e l’organizzazione delle attività progettuali, dei ruoli e delle<br />

relazioni riscontrabili all’interno <strong>di</strong> ciascun tipo <strong>di</strong> situazione, il grado e la<br />

natura delle connessioni esistenti tra le situazioni ambientali <strong>di</strong> cui la persona<br />

che cresce fa parte o che influiscono sulla sua vita.<br />

In questa prospettiva lo sviluppo dell’in<strong>di</strong>viduo è visto in funzione della<br />

progressiva partecipazione a nuove situazioni ambientali, ed ognuno <strong>di</strong> questi<br />

passaggi viene definito transizione ecologica, cioè un evento che comporta una<br />

tras<strong>formazione</strong> <strong>di</strong> ambiente e <strong>di</strong> ruolo. Esempi <strong>di</strong> transizione ecologica si<br />

manifestano nell’arco <strong>di</strong> tutta la vita: sposarsi, avere un bambino; tornare a casa<br />

dall’ospedale; trovare lavoro, perderlo, cambiarlo; andare in pensione, e<br />

naturalmente, emigrare. L’emigrazione può essere definita, quin<strong>di</strong>, come<br />

una transizione ecologica a livello <strong>di</strong> macrosistema. Quando un soggetto<br />

si inserisce in un nuovo ambiente è sollecitato a mo<strong>di</strong>ficare lo schema <strong>di</strong><br />

attività, ruoli e relazioni che ha consolidato fino a quel momento.<br />

Bronfenbrenner definisce traiettoria evolutiva questa modalità propria a<br />

ciascun in<strong>di</strong>viduo <strong>di</strong> impegnarsi, nell’ambito della famiglia e <strong>di</strong> altri eventuali<br />

contesti significativi e duraturi, nelle attività, nei ruoli e nelle relazioni.<br />

Affinché la transizione ecologica abbia un ruolo <strong>di</strong> promozione dello sviluppo<br />

è necessario che esistano dei collegamenti <strong>di</strong> sostegno tra le situazione<br />

primarie in cui quegli schemi si sono consolidati e la situazione nuova, in<br />

modo da controbilanciare gli ostacoli dell’inserimento.<br />

Diventa quin<strong>di</strong> fondamentale, per il soggetto migrante, la funzione <strong>di</strong><br />

accoglienza svolta dalle comunità etniche e le funzioni <strong>di</strong> sostegno,<br />

orientamento e accompagnamento che implicano anche iniziative <strong>di</strong> politica<br />

sociale a livello del mesosistema e dell’esosistema per favorire la<br />

comunicazione tra le <strong>di</strong>verse situazioni ambientali.<br />

I n o l t re il potenziale evolutivo delle situazioni ambientali risulta<br />

incrementato <strong>nella</strong> misura in cui le modalità <strong>di</strong> comunicazione tra <strong>di</strong> esse sono<br />

<strong>di</strong> tipo personale, quin<strong>di</strong> in or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>scendente: comunicazione faccia a faccia,<br />

lettera o nota personale, lettera ufficiale, avviso. La con<strong>di</strong>zione meno<br />

favorevole allo sviluppo, quin<strong>di</strong>, è quella in cui i collegamenti supplementari<br />

o non danno alcun sostegno, o mancano del tutto, cioè quando il mesosistema,<br />

la <strong>rete</strong>, è scarsamente collegata.<br />

69


70<br />

3.3.6. Dalle <strong>di</strong>cotomie verso la complementarietà.<br />

Per concludere questa rassegna delle opzioni che ci sono sembrate più utili<br />

a costruire una chiave <strong>di</strong> lettura adatta alla complessità del lavoro con utenza<br />

migrante, vorremmo sottolineare la tendenza <strong>di</strong> fondo, in questa prospettiva, a<br />

muoversi verso criteri <strong>di</strong> analisi che privilegiano la complementarietà delle<br />

descrizioni, in alternativa a criteri che privilegiano principi <strong>di</strong>cotomici.<br />

Questa opzione comporta <strong>di</strong>verse conseguenze nell’interpretazione dei<br />

fenomeni umani, che, in parte dovrebbero essere emerse dall'elaborazione dei<br />

concetti sopra esposti. Va, per esempio, in questa <strong>di</strong>rezione la maggiore<br />

considerazione attribuita al ruolo degli stati <strong>di</strong> <strong>di</strong>sequilibrio del sistema, che<br />

vengono visti come fasi complementari e non contrapposte alle fasi <strong>di</strong><br />

equilibrio; la scienza classica, invece, tendeva a privilegiare lo stu<strong>di</strong>o degli stati<br />

<strong>di</strong> equilibrio, considerando quest’ultimo come la meta <strong>di</strong> tutti i processi<br />

evolutivi. Ciò va <strong>nella</strong> <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> favorire il superamento <strong>di</strong> altre <strong>di</strong>cotomie,<br />

per esempio la tendenza a contrapporre il razionale e l’emotivo, la forza e la<br />

debolezza, l’attività e la pausa, la necessità ed il caso, la legge ed il fenomeno<br />

secondario, evidenziando come anche i momenti <strong>di</strong> incertezza, <strong>di</strong> fragilità, <strong>di</strong><br />

attesa o eventi casuali concorrano alla costruzione dell’equilibrio e<br />

d e l l ’ a u t o o rganizzazione. (Cerruti, 1986; Fabbri Montesano, Munari 1984,<br />

Bonica, 1992). L’interesse per le transizioni tra equilibrio e <strong>di</strong>sequilibrio ha<br />

messo in evidenza, per esempio, che è proprio <strong>nella</strong> transizione che certi<br />

fenomeni, che stanno sullo sfondo, che riposano <strong>nella</strong> consuetu<strong>di</strong>ne, possono<br />

venire alla luce in modo più visibile. (Bonica, 1990 a)<br />

Si veda a questo proposito il concetto <strong>di</strong> transizione ecologica, in base al<br />

quale il fenomeno migratorio è visto come un evento arricchente che rende più<br />

visibili le rispettive identità culturali e sollecita nuovi spazi <strong>di</strong> ridefinizione <strong>di</strong><br />

queste identità. Anche la tendenza a superare la <strong>di</strong>cotomia tra particolare e<br />

generale riveste un particolare interesse, ad esempio, per quanto concerne la<br />

comunicazione <strong>di</strong> <strong>rete</strong>. La visione <strong>di</strong>cotomica portava a considerare l’inclusione<br />

dei sistemi più piccoli in quelli più gran<strong>di</strong>, secondo un’ottica gerarchica che<br />

attribuiva al sistema più ampio la funzione esterna <strong>di</strong> controllo e <strong>di</strong><br />

omogeneizzazione dei punti <strong>di</strong> vista. Mentre in una visione che premia la<br />

<strong>di</strong>mensione della complementarietà vi è un interesse più attento<br />

all’autodefinizione <strong>di</strong> ogni attore e allo scambio <strong>di</strong> significati che possono<br />

attraversare i sistemi attraverso i più svariati canali formali ed informali.<br />

La domanda più importante, come abbiamo visto, non riguarda tanto la<br />

coerenza e l’omogeneizzazione dei punti <strong>di</strong> vista, quanto il come punti <strong>di</strong> vista<br />

<strong>di</strong>fferenti possano prodursi reciprocamente. (Cerruti 1986)


3.4. Per concludere<br />

Il riconoscere ogni istituzione, ogni soggetto come autoreferenziale, cioè<br />

capace <strong>di</strong> autodefinirsi, a partire da certi vincoli che ne specificano l’identità, è<br />

una scelta. È evidente che l’autoreferenzialità può essere esercitata in modo<br />

“chiuso ed egoistico” quando è riferita solo a se stessi. L’implicazione etica<br />

della prospettiva qui considerata, sta proprio in una scelta cosciente verso<br />

la <strong>reciprocità</strong>. Questa scelta è tanto più libera, quanto più ci troviamo in una<br />

posizione <strong>di</strong> potere che ci consente <strong>di</strong> occultare o <strong>di</strong> negare l’autoreferenzialità<br />

dell’altro, senza mettere visibilmente a rischio la nostra, almeno nel breve<br />

periodo <strong>di</strong> tempo. Tale scelta acquista una <strong>di</strong>mensione etica da parte <strong>di</strong> chi ha<br />

più potere, perché occorre un atto volontario e consapevole <strong>di</strong> rinuncia a<br />

utilizzare i vincoli della propria posizione per non occultare l’autoassertività <strong>di</strong><br />

base dell’altro.<br />

Vedere l’altro, in<strong>di</strong>viduo o istituzione, come un sistema vivo che non ha<br />

bisogno <strong>di</strong> essere passivamente istruito dall’esterno perché possiede già in sé i<br />

criteri per scegliere che cosa è nocivo o buono per il mantenimento della sua<br />

sopravvivenza comporta <strong>di</strong> valorizzare, anche nell’immigrato, tale vitalità<br />

autoassertiva.<br />

Per esempio, la storia della partenza dal proprio paese raccontata da<br />

Mohamed nel carcere delle Vallette <strong>di</strong> Torino all’insegnante <strong>di</strong> giar<strong>di</strong>naggio,<br />

testimonia, da un lato, un percorso travagliato che ha richiesto coraggio,<br />

attenzione, intelligenza; dall’altro come questo arrivo clandestino sia stato<br />

interpretato in modo drasticamente unilaterale; Mohamed non fa in tempo a<br />

negoziare una definizione <strong>di</strong> sé. Nel suo racconto, sembra che ciò che più lo<br />

rammarica , non sia tanto l’essere finito in carcere, quanto il fatto che nemmeno<br />

la sua nazionalità sia riconosciuta: Mohamed è palestinese, ma la polizia lo<br />

prende per marocchino.<br />

Io sono salito su un camion che doveva partire per la Francia (Marsiglia) e<br />

sono stato 4 giorni chiuso dentro con una bottiglia d’acqua e un po’ <strong>di</strong> pane.<br />

Nessuno dei miei parenti sapeva della mia decisione <strong>di</strong> partire... Arrivato a<br />

Marsiglia ho preso il treno e sono venuto in Italia <strong>nella</strong> città <strong>di</strong> Torino. Ho<br />

conosciuto dei miei connazionali e mi hanno offerto da bere. Mi sono<br />

ubriacato e la polizia mi ha fermato e picchiato. Io mi sono <strong>di</strong>feso e mi hanno<br />

portato in carcere alle Vallette. Io sono Palestinese e la polizia pensa che<br />

io sia Marocchino . In Italia avrei voluto lavorare, ma non è possibile.<br />

(Mohamed)<br />

Il superamento <strong>di</strong> una visione meccanicistica e deterministica degli eventi<br />

sociali, comunicativi e formativi richiede <strong>di</strong> recuperare, innanzitutto, una<br />

profonda consapevolezza dei vincoli dell’osservatore stesso, una maggiore<br />

accettazione anche delle sfere d’incertezza e <strong>di</strong> fragilità, insieme alla<br />

71


convinzione che l’ascolto della complessità - <strong>di</strong>versità dell’altro sia uno dei<br />

mo<strong>di</strong> per inoltrarsi <strong>nella</strong> scoperta della propria unicità e complessità.<br />

In questa visione, il riconoscimento reciproco dell’autodefinizione e<br />

l’esplicitazione dei vincoli degli attori sembra <strong>di</strong>ventare il filo rosso che<br />

consente ad ogni sistema vivente <strong>di</strong> mantenere comunque un potere assertivo<br />

sulla propria vita pur continuando a tessere la propria identità attraverso la<br />

molteplicità delle appartenenze e dei percorsi.<br />

Nella nostra prospettiva questa <strong>reciprocità</strong> <strong>di</strong> base tra l’osservatore e<br />

l’osservato fonda una specie <strong>di</strong> isomorfismo tra tutti i livelli implicati<br />

nell’intervento socio - formativo: nell’accoglienza, nell’orientamento, in classe,<br />

tra operatori delle istituzioni, <strong>nella</strong> <strong>formazione</strong> dei formatori.<br />

La <strong>reciprocità</strong> tra il sé e l’altro potrebbe essere desunta come una norma <strong>di</strong><br />

vali<strong>di</strong>tà della comunicazione, norma che può apparire paradossale: proprio<br />

perché siamo così biologicamente simili (tutti dotati <strong>di</strong> autoorganizzazione e <strong>di</strong><br />

strutture cognitive complesse) possiamo avere idee, strategie, progetti <strong>di</strong>versi da<br />

renderci unici e potenzialmente sempre impreve<strong>di</strong>bili. (Bonica,1991, 1999)<br />

72


Capitolo 4<br />

Un <strong>di</strong>spositivo per la comunicazione<br />

integrata sul territorio 45<br />

Laura Bonica<br />

4.1. Premessa<br />

Il <strong>di</strong>spositivo, che presentiamo, oltre a testimoniare il percorso proposto nel<br />

corso Formazione Formatori, costituisce un invito al lettore stesso, nel caso<br />

volesse, a sua volta utilizzarlo, per favorire la comunicazione <strong>di</strong> <strong>rete</strong>.<br />

Nella nostra prospettiva, l’interesse è focalizzato sui processi <strong>di</strong> cocostruzione<br />

<strong>di</strong> un referenziale comune. Il mezzo privilegiato, intorno a cui<br />

ruota il percorso, riguarda l’esplicitazione dei rispettivi vincoli e degli episo<strong>di</strong><br />

in cui essi sono stati soggettivamente percepiti ed affrontati in modo nuovo,<br />

attingendo alla propria storia professionale. Nella nostra ipotesi questa<br />

esplicitazione può innescare sia meccanismi <strong>di</strong> confronto autoassertivo, sia<br />

meccanismi <strong>di</strong> appropriazione della cultura dell’altro. L’ipotesi è che questa<br />

cornice stabilisca una profonda similarità <strong>di</strong> base tra i partecipanti, fondata<br />

sul riconoscimento reciproco <strong>di</strong> ognuno, come soggetto situato in uno<br />

specifico contesto storico-istituzionale-culturale, in cui è maturata la capacità <strong>di</strong><br />

stabilire soggettivi criteri <strong>di</strong> scelta etico-professionali (Bonica, 1989). Ciò<br />

d o v rebbe re n d e re più comprensibile il senso soggettivo che ciascuno<br />

attribuisce alla responsabilità del suo ruolo e facilitare il <strong>di</strong>sporsi ad una<br />

eventuale rinegoziazione dei rispettivi vincoli in funzione <strong>di</strong> un progetto<br />

con<strong>di</strong>viso 46. La verifica del cambiamento è, quin<strong>di</strong>, operata in <strong>di</strong>rezione della<br />

tras<strong>formazione</strong> della percezione dei propri vincoli, e viene riferita a due<br />

momenti: quello epistemologico, nello spazio del gruppo <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> e,<br />

quello decisionale, nell'ambito della propria istituzione (Bonica, Mouvet, 1997).<br />

Il percorso promosso sulla base <strong>di</strong> questo modello si svolge sempre al<br />

limite del rapporto tra la <strong>formazione</strong> e l’agire professionale e del rapporto tra<br />

invarianti e cambiamento. Si tratta <strong>di</strong> un modello operativo che potrebbe essere<br />

definito come un tentativo <strong>di</strong> operazionalizzare la <strong>reciprocità</strong> tra istituzioni.<br />

Come abbiamo già visto, la <strong>reciprocità</strong> è definita sulla base dell’assunto <strong>di</strong><br />

45 Una illustrazione più approfon<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> questo Dispositivo sarà reperibile in Bonica L., Reciprocità e<br />

negoziazione <strong>nella</strong> psicologia dello sviluppo, dell’educazione e della <strong>formazione</strong>, in corso <strong>di</strong> stampa<br />

presso la UTET, Torino.<br />

46 Come vedremo nell’articolazione delle sequenze del <strong>di</strong>spositivo, l’elemento <strong>di</strong>scriminante <strong>di</strong> questa<br />

facilitazione sta nel favorire l’espressione anche delle rispettive incertezze, e fragilità, che, a loro<br />

volta, stanno alla base della possibilità <strong>di</strong> arrivare a con<strong>di</strong>videre delle “buone domande” e, quin<strong>di</strong>,<br />

a pre<strong>di</strong>sporsi a co-costruire un referenziale comune.<br />

73


similarità tra il sistema che osserva ed il sistema che è <strong>di</strong> volta in volta<br />

osservato: entrambi sono considerati sistemi viventi, auotopoietici, dotati <strong>di</strong><br />

autoorganizzazione, <strong>di</strong> vincoli e <strong>di</strong> capacità <strong>di</strong> autodefinizione. Ciò che si<br />

applica all’uno si applica all’altro.<br />

Anche in questa, come in tutte le altre situazioni formative in cui questo<br />

modello è stato applicato, sono presenti due elementi costanti: l’eterogeneità<br />

dei ruoli professionali e la natura progettuale della cornice in cui il modulo <strong>di</strong><br />

<strong>formazione</strong> si inserisce; in questo caso si trattava <strong>di</strong> mettere insieme le<br />

esperienze <strong>di</strong> più attori impegnati nell’attività con un utenza migrante al<br />

duplice fine <strong>di</strong> facilitare una comunicazione più efficace tra gli stessi attori <strong>nella</strong><br />

<strong>rete</strong> territoriale locale, e <strong>di</strong> enucleare no<strong>di</strong> critici e spunti <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>mento<br />

da con<strong>di</strong>videre con i futuri lettori <strong>di</strong> questo manuale.<br />

Si tratta quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> una cornice che invita a fare qualcosa insieme, soprattutto<br />

una volta usciti dal corso. E questo invito implica a sua volta l’idea che il corso<br />

innescherà dei possibili cambiamenti rispetto ai rapporti attuali. Ma… si può<br />

progettare <strong>di</strong> cambiare qualcuno? Il percorso proposto si fonda sui concetti<br />

appena esposti, parte da ciò che è supposto come invariante, dai propri vincoli<br />

istituzionali, da ciò che già si è, da ciò che già si fa e si sa. Il cambiamento, se<br />

verrà, verrà a partire dall’assunzione <strong>di</strong> questi vincoli, dalla loro esplicitazione,<br />

dal confronto nel gruppo. È un gioco <strong>di</strong> alternanza tra figura e sfondo.<br />

L’idea è che un gruppo eterogeneo possa regalare ad ognuno dei partecipanti<br />

innumerevoli occasioni per allenarsi a mo<strong>di</strong>ficare il rapporto tra figura<br />

e sfondo.<br />

Ed ogni volta che portiamo in primo piano ciò che non esisteva, dato che<br />

non lo vedevamo, essendo relegato sullo sfondo, noi costruiamo un nuovo<br />

mondo. Maturana e Varela <strong>di</strong>cono che la specificità dell’essere vivente è <strong>di</strong><br />

essere esso stesso un mondo. Maria<strong>nella</strong> Sclavi ci ha affascinato con l’arte <strong>di</strong><br />

guardare e <strong>di</strong> costruire mon<strong>di</strong> possibili. Ma come si comunica tra sistemi<br />

autopoietici, tra mon<strong>di</strong>? Questo è quello che si è cercato <strong>di</strong> sperimentare.<br />

74<br />

4.2. Le sequenze del <strong>di</strong>spositivo<br />

Questo <strong>di</strong>spositivo prevede sette unità <strong>di</strong>dattiche che possono essere viste<br />

come altrettante sequenze interattive, che hanno come oggetto le domande e<br />

le azioni riportate <strong>nella</strong> tabella 1 e che riprenderemo punto per punto.


Tabella 1<br />

UN DISPOSITIVO<br />

PER LA COMUNICAZIONE INTEGRATA SUL TERRITORIO<br />

1) LA SCELTA: MI INTERESSA O NO COLLABORARE? (tab.2)<br />

2) CHI HA FATTO LA PRIMA MOSSA E COME È STATA LA PRIMA MOSSA<br />

(tab.3)<br />

3) QUALI SONO I RISPETTIVI VINCOLI ISTITUZIONALI? DI CHE COSA MI<br />

SENTO VERAMENTE RESPONSABILE? (materiali: scheda n.1 e n. 2 )<br />

4) QUALI POTREBBERO ESSERE LE INCERTEZZE PERTINENTI, I NODI<br />

CRITICI, LE BUONE DOMANDE DA CONDIVIDERE?<br />

(materiali: scheda n. 3 e n. 3 bis)<br />

5) COME POTREMO RI-DEFINIRE I NOSTRI VINCOLI PER RISPONDERE A<br />

QUESTE DOMANDE COMUNI? IN VISTA DI QUALI OPPORT U N I T À<br />

COMUNI? (materiali: scheda n.4 e n.5)<br />

6) CO-COSTRUZIONE DI UN REFERENZIALE COMUNE<br />

(La messa in comune delle molteplici descrizioni: Es.n.1,2,3 nel capitolo 5 e<br />

capitolo 6 par. 6.4)<br />

7) RITORNO ALLA PROPRIA ISTITUZIONE E RINEGOZIAZIONE DEI PROPRI<br />

VINCOLI INTERNI IN FUNZIONE DI UN PROGETTO O DI UNA<br />

COLLABORAZIONE INTERISTITUZIONALE (Es. n. 4, capitolo 5)<br />

75


76<br />

4.2.1. La scelta: mi interessa o no collaborare?<br />

Soggetti e vincoli<br />

Quando è importante l’esplicitazione e il chiarimento dei propri vincoli con<br />

gli altri soggetti della <strong>rete</strong>?<br />

Il rapporto tra istituzioni sul territorio può essere letto considerando un<br />

continuum che va dall’assenza <strong>di</strong> ogni rapporto, cioè da una ignoranza<br />

reciproca a <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> rapporto uni<strong>di</strong>rezionale o bi<strong>di</strong>rezionale la cui forma<br />

può prevedere gra<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> riconoscimento reciproco. Ciò che interessa qui<br />

è un modello <strong>di</strong> rapporti basato sulla <strong>reciprocità</strong> e sulla collaborazione.<br />

Per fare ciò considereremo i soggetti istituzionali in relazione al reciproco<br />

riconoscimento e quin<strong>di</strong> alla potenziale <strong>di</strong>sponibilità a negoziare i rispettivi<br />

vincoli istituzionali e professionali.<br />

Tabella 2<br />

SOGGETTI E VINCOLI<br />

1. IGNORANZA RECIPROCA: ognuno per conto suo<br />

2. UTILIZZAZIONE UNIDIREZIONALE: chi può cerca <strong>di</strong> trarre vantaggi dall’altro<br />

senza preoccuparsi del punto <strong>di</strong> vista dell’altro.<br />

3. UTILIZZAZIONE RECIPROCA: ognuno porta acqua al suo mulino.<br />

4. COOPERAZIONE: c’è da parte <strong>di</strong> entrambi una <strong>di</strong>sponibilità ad esporsi al<br />

rischio del cambiamento e/o del fallimento del rapporto: il contratto <strong>di</strong><br />

cooperazione può comport a re la negoziazione <strong>di</strong> nuovi vincoli rispetto<br />

all’organizzazione della propria istituzione, rispetto al sapere, rispetto alla<br />

<strong>di</strong>mensione etico-professionale<br />

A quale livello mi interessa o ritengo utile, in questo momento, entrare in rapporto?<br />

Osserviamo la tabella 2: nel 1° caso ogni soggetto porta avanti il lavoro<br />

per conto suo. Potrebbe essere il caso del rapporto tra<strong>di</strong>zionale tra scuola e<br />

impresa.


Nel 2° caso si crea un’inter<strong>di</strong>pendenza, la quale però è gestita<br />

prevalentemente da uno dei due soggetti che utilizza l’altro per i suoi scopi.<br />

Si tratta forse del tipo <strong>di</strong> relazione più frequente, soprattutto nel rapporto tra<br />

territorio e scuola dell’obbligo. La scuola può, ad esempio, prestarsi come<br />

contesto adatto a <strong>di</strong>ffondere una certa campagna <strong>di</strong> prevenzione, o alla raccolta<br />

<strong>di</strong> questionari, oppure ancora a svolgere un certo tipo <strong>di</strong> ricerca.<br />

Essendo la scuola un ente pubblico ed essendo <strong>di</strong>verse le agenzie<br />

interessate ad entrare in contatto con l’utenza infantile o giovanile, è del tutto<br />

legittimo che si verifichino tali rapporti. Tale rapporto, però, non prevede <strong>di</strong><br />

negoziare l’avvio <strong>di</strong> un progetto comune e quin<strong>di</strong> lascia intatti i vincoli <strong>di</strong><br />

ciascuno dei due soggetti.<br />

Nel 3° caso, il progetto <strong>di</strong> utilizzazione è reciproco. Rimanendo ancora<br />

intatti i vincoli delle due istituzioni, può esservi un contratto che consente ad<br />

ognuno <strong>di</strong> raggiungere alcuni vantaggi al suo interno. Riprendendo il caso<br />

precedente, la scuola, per esempio, potrebbe avere interesse a conoscere e ad<br />

utilizzare per sé i risultati del questionario o della ricerca.<br />

Il caso della cooperazione parte, invece, dalla <strong>di</strong>chiarata necessità<br />

dell’inter<strong>di</strong>pendenza per risolvere problemi che stanno a cuore a entrambi gli<br />

enti o a più enti. In questo caso i membri partecipanti si espongono<br />

consapevolmente al rischio <strong>di</strong> un eventuale fallimento e alla possibilità <strong>di</strong><br />

mo<strong>di</strong>ficare qualcosa della propria cultura istituzionale e professionale.<br />

É in questo caso che la esplicitazione e negoziazione dei vincoli può essere<br />

una strategia comunicativa utile per arrivare a costruire un linguaggio comune<br />

che parta da un iniziale riconoscimento delle rispettive identità 47.<br />

4.2.2. Chi ha fatto la prima mossa e come è stato<br />

il primo incontro?<br />

Nel rapporto tra istituzioni, spesso le ambiguità partono proprio dal primo<br />

momento in cui un soggetto della <strong>rete</strong> si attribuisce il ruolo <strong>di</strong> iniziatore <strong>di</strong> un<br />

progetto e comincia a coinvolgere un altro soggetto cui attribuisce il ruolo<br />

dell’“altro”:<br />

Nella pragmatica della comunicazione interpersonale, la prima mossa<br />

è molto importante perché influenzerà la natura delle strategie imme<strong>di</strong>atamente<br />

successive che ognuno dei soggetti intraprenderà per farsi riconoscere<br />

dall’altro. Ritornare mentalmente sul primo sguardo posato sull’altro vuol<br />

<strong>di</strong>re cominciare a fare chiarezza sui reciproci criteri <strong>di</strong> definizione. (Watzlawick<br />

e altri, 1971)<br />

47 Si veda l’esercizio 4 nel capitolo 5.<br />

77


Ecco alcune delle domande che un attore della <strong>rete</strong> potrebbe farsi, quando<br />

ritorna sulla sua prima mossa:<br />

Tabella 3<br />

78<br />

LA PRIMA MOSSA<br />

Chi è questo “altro”?<br />

Come lo sto definendo mentre preparo questo modulo, questo progetto, questa<br />

proposta?<br />

Dove sono io e dove metto l’altro?<br />

Mi considero parte del suo mondo? Mi considero esterno? estraneo? Di che cosa<br />

mi sento responsabile? Dove mi porta questa responsabilità? Mi avvicina o mi<br />

allontana dall’altro?<br />

Come si definisce l’“altro” e dove si pone rispetto alla mia definizione?<br />

L’accetterà? Oppure cercherà <strong>di</strong> farmi capire che vorrebbe essere considerato<br />

<strong>di</strong>versamente? Quali spazi ha l’altro o quali <strong>di</strong> questi posso concedere io per<br />

consentirgli <strong>di</strong> autodefinirsi <strong>di</strong>versamente? Che cosa cambia se l’altro non è<br />

d’accordo?<br />

Come mi sento definito dall’ “altro” e dove lui mi piazza?<br />

La definizione che mi sta attribuendo mi va bene? Corrisponde a quella che mi<br />

attribuisco io?<br />

Quali spazi ho per ridefinirmi? Per condurre a termine questo progetto che cosa è<br />

importante che io riesca a salvaguardare e/o ad esplicitare all’altro?<br />

Gli in<strong>di</strong>catori che ci aiutano a in<strong>di</strong>viduare che qualcosa non va, quando<br />

ritorniamo mentalmente sulla comunicazione con l’altro, sono spesso piccoli<br />

particolari, apparentemente banali: un certo tono <strong>di</strong> voce, un modo brusco<br />

<strong>di</strong> concludere una telefonata, certe frasi ripetute più volte che lasciano un eco<br />

<strong>di</strong> insod<strong>di</strong>sfazione, o <strong>di</strong> incompiutezza, il non ricevere un fax o<br />

un’in<strong>formazione</strong> al tempo giusto, che lascia il senso <strong>di</strong> essere stati ignorati o<br />

scavalcati, il sentirsi ri<strong>di</strong>coli o in imbarazzo, o in confusione, tutte sensazioni<br />

che creano una sorta <strong>di</strong> pesantezza, o <strong>di</strong> paura o <strong>di</strong> fasti<strong>di</strong>o al pensiero<br />

dell’incontro successivo. Per contro un senso <strong>di</strong> leggerezza, un moto <strong>di</strong>


curiosità, un desiderio che arrivi il momento <strong>di</strong> informare o <strong>di</strong> essere informati<br />

sull’andamento delle cose che fondano l’incontro, ci rassicura sulla<br />

corrispondenza delle re c i p roche definizioni. Tutto ciò avviene spesso<br />

inconsciamente e non sempre ci appare importante accertarci che la<br />

comunicazione funzioni. A volte possiamo dare per scontato che vada bene,<br />

altre volte possiamo dare per scontato che vada male, per i più svariati motivi.<br />

Altre volte si può dare per scontato che ci si ignori. Ma quando c’è una<br />

situazione d’inter<strong>di</strong>pendenza e si vuole collaborare da posizioni <strong>di</strong>fferenti,<br />

allora può essere necessario interrogarsi, chiedere, ascoltare bene, non<br />

accontentarsi <strong>di</strong> dare tutto per scontato.<br />

Nel gioco del far finta, tra bambini, chi fa la prima mossa assume, in un certo<br />

senso, il ruolo <strong>di</strong> regista e se la proposta è ambigua o l’altro vuole giocare,<br />

ma non è d’accordo sul copione proposto, la <strong>di</strong>scussione oscillerà tra due<br />

livelli: cambiare il copione oppure ribaltare i ruoli. In ogni caso chi ha fatto la<br />

prima mossa <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> comportarsi come se sapesse che il ruolo<br />

dell’iniziatore ha uno statuto particolare, e, quin<strong>di</strong>, se l’altro, vuole proporre<br />

una nuova cornice, non è sufficiente che sia convincente sul nuovo<br />

contenuto proposto, deve farlo facendo molta attenzione a rispettare la<br />

suscettibilità dell’altro sul suo ruolo. Per i bambini passare dalla costruzione<br />

del copione al negoziare “chi decide?” è appassionante ed infatti si<br />

prendono tutto il tempo che ci vuole, anche a costo <strong>di</strong> spostarsi su nuovi<br />

copioni collaterali, che li aiutino proprio a gestire quest’aspetto: quando i loro<br />

giochi possono prolungarsi nel tempo senza interruzioni esterne, il più delle<br />

volte, essi arrivano spontaneamente ad una soluzione sod<strong>di</strong>sfacente per<br />

entrambi. (Bonica, 1990b)<br />

In questa sede ci riferiamo ad un particolare contesto <strong>di</strong> inter<strong>di</strong>pendenza:<br />

quello della progettualità che si può creare tra persone che rivestono ruoli<br />

professionali <strong>di</strong>versi o dentro a istituzioni o associazioni, <strong>di</strong>verse, che , tuttavia,<br />

hanno a che fare con la stessa utenza migrante. Si tratta <strong>di</strong> contesti complessi,<br />

in cui la comunicazione è caratterizzata dal confronto sulle <strong>di</strong>fferenze che<br />

possono riguardare i vincoli istituzionali, le pratiche professionali, l’asimmetria<br />

<strong>di</strong> ruoli, le provenienze etniche e culturali.<br />

I problemi ricorrenti, rispetto a questo punto possono essere tanti e <strong>di</strong> vario<br />

tipo. Proviamo ad elencarne alcuni:<br />

• si fa riferimento a qualche istanza <strong>di</strong> potere che dovrebbe fare la prima<br />

mossa, e invece non la fa e quin<strong>di</strong> chi la fa lo stesso, come , ad esempio,<br />

il mondo del volontariato, può coltivare un’aspettativa <strong>di</strong> risarcimento;<br />

• in rapporti più paritari chi ha fatto la prima mossa, si lamenta <strong>di</strong> essere stato<br />

quasi derubato, quando ha l’impressione che quel lavoro in più, inerente<br />

all’aver preso l’iniziativa, che spesso significa trovare spazi, inviare posta,<br />

far quadrare i calendari, non sia riconosciuto e si finisca pari e patta;<br />

• in altri casi sembra che il ruolo dell’iniziativa sia l’unico veramente ambito,<br />

o almeno, molto <strong>di</strong> più che arrivare ad un contratto con<strong>di</strong>viso;<br />

79


• c’è poi il problema <strong>di</strong> sentirsi esclusi dalla prima mossa altrui, come è il<br />

caso dei protocolli d’intesa e delle convenzioni, che non sempre tengono<br />

conto <strong>di</strong> tutti gli attori attivi <strong>nella</strong> <strong>rete</strong>;<br />

• ed ancora si può considerare il caso delle strategie <strong>di</strong> pressione perché<br />

qualcun altro, ritenuto più prestigioso, faccia proprio quella prima mossa,<br />

che dovrebbe risultare quasi a misura del proprio progetto.<br />

Anche questo sommario elenco può essere sufficiente per constatare che il<br />

problema del chi e del come viene fatta la prima mossa può rappresentare<br />

l’inizio <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> frainten<strong>di</strong>menti e <strong>di</strong> ostacoli ad un proseguio produttivo<br />

<strong>di</strong> un progetto <strong>di</strong> <strong>rete</strong>.<br />

Rispetto alla <strong>formazione</strong> il problema della prima mossa può essere visto<br />

come la necessità <strong>di</strong> darsi un tempo abbastanza consistente per la fase <strong>di</strong><br />

progettazione; rispetto al setting formativo, potrebbe invece essere implicato<br />

quell’ambito della comunicazione tra docente e <strong>di</strong>scenti, o tra <strong>di</strong>scenti e tra<br />

docenti stessi, in cui si giocano le rispettive aspettative e suscettibilità rispetto<br />

a chi ha il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> insegnare a qualcun altro.<br />

In questa sede, ci limitiamo a sottolineare i problemi connessi<br />

all’autodefinizione. L’inadeguatezza o il <strong>di</strong>sagio o l’improduttività delle<br />

negoziazioni interistituzionali derivano spesso dal fatto che i criteri <strong>di</strong><br />

definizione degli attori non coincidono, che l’etichetta che viene attribuita non<br />

coincide con quella che io o lui si attribuisce. E questo a sua volta succede<br />

perché, in <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong>, non si tiene conto dell’importanza della prima mossa,<br />

o si tende a superare frettolosamente la comprensione dei fattori in gioco in<br />

questa fase: la comunicazione tende ad essere troppo velocemente spostata<br />

solo sugli aspetti realizzativi, quasi a dover carpire consensi per mete<br />

prestabilite, prima ancora <strong>di</strong> essersi dati un tempo ed uno spazio per<br />

comprendere che cosa ogni attore sta mettendo in gioco davvero, rispetto alla<br />

sua percezione dei propri vincoli istituzionali ed etico-professionali: chi e che<br />

cosa ognuno si aspetta <strong>di</strong> “cambiare” o <strong>di</strong> non poter cambiare, quali sono i<br />

criteri comuni, quelli <strong>di</strong>fferenti e quelli non negoziabili. In definitiva, si finisce<br />

per fondare la conoscenza reciproca sul parlare molto <strong>di</strong> “loro”, migranti, allievi<br />

o allievi-migranti, e molto poco <strong>di</strong> “noi”, <strong>di</strong> quali sono le nostre pratiche<br />

professionali quoti<strong>di</strong>ane, le nostre responsabilità, le nostre solitu<strong>di</strong>ni, i rischi<br />

che ci assumiamo, le strategie che inventiamo, il sapere a cui teniamo, le<br />

ambizioni cui aspiriamo, le frustrazioni che temiamo e le paure che<br />

nascon<strong>di</strong>amo. Detto in altri termini, ci si impegna molto, anche litigando<br />

appassionatamente, sulle definizioni che riguardano i presunti bisogni del<br />

“sistema osservato”, ma ci si interroga e ci si confronta meno sui vincoli e sui<br />

criteri che guidano gli osservatori. Ciò, oltre all’eventuale convinzione e buona<br />

volontà, richiede effettivamente tempo 48.<br />

48 Si veda l’esempio 2 nel capitolo 5.<br />

80


4.2.3. Quali sono i rispettivi vincoli istituzionali?<br />

Di che cosa mi sento veramente responsabile?<br />

Obiettivi<br />

Mentre le prime due unità <strong>di</strong>dattiche, appena esposte, hanno un ruolo<br />

prevalentemente introduttivo, questa unità costituisce il perno intorno a cui<br />

ruotano tutte le fasi del modello. Il suo scopo è, innanzitutto, quello <strong>di</strong> favorire<br />

la <strong>reciprocità</strong> nel gruppo intesa come il riconoscimento della capacità <strong>di</strong><br />

ognuno <strong>di</strong> autodefinirsi nelle situazioni.<br />

Benchè la consegna <strong>di</strong> riflettere sui vincoli della propria istituzione sia<br />

rivolta principalmente alla percezione soggettiva <strong>di</strong> tali vincoli, <strong>di</strong> solito, per<br />

arrivare a questa, occorre un percorso che va dai criteri più “oggettivi” a quelli<br />

più soggettivi; ad esempio, dalle caratteristiche invarianti del servizio, alla<br />

visualizzazione <strong>di</strong> una giornata <strong>di</strong> lavoro come punto <strong>di</strong> partenza per<br />

identificare le principali caratteristiche dei vincoli, al racconto scritto <strong>di</strong><br />

particolari episo<strong>di</strong> in cui si è espressa la decisione <strong>di</strong> ridefinire, innovare<br />

trasgre<strong>di</strong>re l’abituale percezione dei vincoli.<br />

La possibilità per ognuno <strong>di</strong> autopresentarsi, partendo da una riflessione sui<br />

propri vincoli istituzionali e sugli aspetti soggettivamente significativi del<br />

proprio lavoro, ha inoltre, la finalità <strong>di</strong> evitare che lo scambio sia “inquinato”<br />

da presupposizioni unilaterali sulle rispettive identità etico professionali; queste<br />

presupposizioni, potrebbero infatti, ostacolare l’auspicata tras<strong>formazione</strong> <strong>di</strong><br />

questo spazio formativo in un percorso <strong>di</strong> progettazione reale.<br />

Materiali<br />

Di solito vengono fornite ai partecipanti delle spiegazioni ed alcuni<br />

materiali, che hanno lo scopo <strong>di</strong> aiutarli a in<strong>di</strong>viduare le invarianti del proprio<br />

servizio e a rientrare in contatto con la propria esperienza e responsabilità<br />

professionale quoti<strong>di</strong>ana.<br />

• Per rintracciare i fattori invarianti può essere utile chiedersi “quale evento<br />

potrebbe fare scomparire il servizio in cui lavoro?”. Il cercare una<br />

risposta a questa domanda può evidenziare da subito l’utenza e la<br />

maggiore o minore soli<strong>di</strong>tà e legittimazione sociale del servizio e quin<strong>di</strong><br />

anche l’eventuale precarietà o ambiguità del ruolo professionale svolto.<br />

• Per favorire il successivo confronto sui rispettivi vincoli si può proporre <strong>di</strong><br />

visualizzare una giornata lavorativa tipo e <strong>di</strong> utilizzare una schedapromemoria<br />

(scheda allegata n.1) <strong>di</strong> criteri <strong>di</strong> analisi, che più possono<br />

aiutare a entrare nel merito delle proprie pratiche lavorative. Nella scheda<br />

proposta in questa sede, i criteri fanno riferimento all’in<strong>di</strong>viduazione e<br />

descrizione dei propri utenti, a eventuali oggetti me<strong>di</strong>atori del rapporto<br />

con gli utenti (per esempio una materia <strong>di</strong>sciplinare o una agenda o il<br />

telefono), agli spazi privilegiati e/o all’eventuale mobilità, alle modalità <strong>di</strong><br />

scansione del tempo e alle unità <strong>di</strong> tempo minime per svolgere un pezzo<br />

81


significativo del lavoro e alle eventuali forme <strong>di</strong> documentazione<br />

richieste. Infine vengono proposte due <strong>di</strong>mensioni che riguardano le<br />

modalità soggettive attraverso cui si valuta la sod<strong>di</strong>sfazione e<br />

l’insod<strong>di</strong>sfazione dopo una giornata <strong>di</strong> lavoro e la natura della fatica e<br />

delle risorse per riposarsi dopo il lavoro o per ricaricarsi durante il lavoro.<br />

Questa lista costituisce uno spunto <strong>di</strong> partenza che viene <strong>di</strong> solito ampliato<br />

e mo<strong>di</strong>ficato dai partecipanti.<br />

• Un altro spunto proposto (scheda allegata n.2) riguarda la richiesta <strong>di</strong><br />

raccontare episo<strong>di</strong> che riconducono più <strong>di</strong>rettamente alla soggettiva<br />

percezione dei vincoli e l’invito a trovare <strong>nella</strong> propria esperienza esempi<br />

<strong>di</strong> situazioni in cui vi sono state trasgressioni alla abituale percezione <strong>di</strong><br />

questi vincoli: “<strong>di</strong> che cosa mi sento veramente responsabile? Se<br />

comandassi io? Quella volta ho fatto <strong>di</strong> testa mia!”<br />

Clima<br />

È importante che il clima (modalità <strong>di</strong> pro p o r re la consegna,<br />

organizzazione dello spazio) sia adatto a favorire il pre<strong>di</strong>sporsi ad una<br />

testimonianza personale, che ciascun soggetto possa considerare valida e<br />

significativa, innanzitutto per se stesso. Occorre quin<strong>di</strong> prevedere la possibilità<br />

che ognuno possa pensare e scrivere “a modo suo”: c’è chi pensa passeggiando<br />

avanti e in<strong>di</strong>etro e poi si sceglie un angolino protetto per scrivere; c’è chi ha<br />

bisogno <strong>di</strong> raccontare ad un altro per identificare ciò che vorrebbe veramente<br />

<strong>di</strong>re; c’è chi chiede <strong>di</strong> andare fuori a fumarsi una sigaretta, ecc.; in definitiva<br />

sarebbe opportuno concedere più ampia libertà possibile ai rituali personali<br />

che accompagnano l’attività del riflettere e dello scrivere “per sé”.<br />

Ogni materiale o spunto proposto viene dapprima elaborato<br />

in<strong>di</strong>vidualmente e poi si procede ad una restituzione nel grande gruppo.<br />

82<br />

4.2.4. Quali potrebbero essere le incertezze pertinenti,<br />

i no<strong>di</strong> critici, le buone domande da con<strong>di</strong>videre?<br />

Obiettivi<br />

Questa unità è finalizzata a scegliere, tra le tante possibili, alcune buone<br />

domande nell’intento <strong>di</strong> giungere a un progetto comune.<br />

Avendo privilegiato, <strong>nella</strong> sequenza precedente, il livello dell’attribuzione<br />

<strong>di</strong> significato e dell’esercizio del potere <strong>di</strong> scelta, su episo<strong>di</strong> concreti, i soggetti<br />

sono invitati a stare a contatto con la propria esperienza , e a non separarsi da<br />

essa per inseguire “un dover essere astratto”; quin<strong>di</strong> anche le debolezze, le<br />

incertezze, il senso <strong>di</strong> solitu<strong>di</strong>ne, la paura, il senso del ri<strong>di</strong>colo, hanno potuto<br />

trovare una loro collocazione accettabile nello scambio con gli altri.<br />

Esplicitare e con<strong>di</strong>videre incertezze ha una valenza formativa sia perché<br />

introduce una legittimazione e rassicurazione rispetto ai momenti <strong>di</strong> incertezza<br />

vissuti in<strong>di</strong>vidualmente <strong>nella</strong> propria realtà, sia perché consente <strong>di</strong> pensare alla<br />

<strong>formazione</strong> anche come ad un luogo <strong>di</strong> ricerca e <strong>di</strong> “attesa” e non solo ad un<br />

luogo in cui si trasmettono modelli forti e compiuti.


La con<strong>di</strong>visione delle incertezze è, inoltre, un passo importante per arrivare<br />

a formulare delle buone domande e per cominciare a costruire un terreno <strong>di</strong><br />

reciproco riconoscimento, che può facilitare la realizzazione <strong>di</strong> azioni e progetti<br />

comuni.<br />

Ricor<strong>di</strong>amo che, in questo caso, il progetto consisteva nel potenziamento<br />

<strong>di</strong> una comunicazione più efficace tra i soggetti della <strong>rete</strong> in relazione ai<br />

percorsi <strong>di</strong> inserimento dell’utenza migrante.<br />

Scegliere le domande pertinenti, in questo caso, comportava il privilegiare<br />

quelle che evidenziavano i fattori d’inter<strong>di</strong>pendenza, cioè quei no<strong>di</strong> critici che,<br />

per essere affrontati nel maggior interesse dell’utenza migrante, richiedono una<br />

collaborazione interistituzionale.<br />

Materiali<br />

Per favorire l’in<strong>di</strong>viduazione dei no<strong>di</strong> critici comuni, l’attenzione del gruppo<br />

è stata portata sui percorsi d’inserimento dell’utenza migrante. Si è proposto <strong>di</strong><br />

r a c c o n t a re un esempio <strong>di</strong> inserimento lavorativo riuscito, ricostruendo<br />

i percorsi <strong>di</strong> <strong>rete</strong> effettuati dal migrante a partire dal primo contatto con un<br />

attore istituzionale; ai partecipanti stranieri è invece stato proposto <strong>di</strong> ricostruire<br />

lo stesso percorso dal punto <strong>di</strong> vista del migrante stesso dal momento della<br />

partenza dal proprio paese (schede allegate n.3 e 3a). Si è proposto inoltre<br />

<strong>di</strong> descrivere la <strong>rete</strong> citta<strong>di</strong>na dei servizi a partire dal punto <strong>di</strong> vista del proprio<br />

servizio, prendendo come spunto <strong>di</strong> partenza il grafico costruito dalla <strong>Casa</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Carità</strong> Arti e Mestieri, dal punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> un Centro professionale 49.<br />

Clima e organizzazione dei gruppi<br />

Nei piccoli gruppi, i partecipanti, dopo un giro <strong>di</strong> battute, decidono chi <strong>di</strong><br />

essi, almeno due, sarà intervistato dagli altri, al fine <strong>di</strong> ricostruire il perc o r s o .<br />

Queste interviste lasciano spazio anche a racconti ed osservazioni personali<br />

che, riportati nel grande gruppo, possono innescare interessanti <strong>di</strong>scussioni su<br />

aspetti etici ed educativi più generali. Diventa quin<strong>di</strong> importante, in questa fase,<br />

non bloccare il confronto, ma cerc a re <strong>di</strong> farlo evolvere verso l’in<strong>di</strong>viduazione<br />

<strong>di</strong> no<strong>di</strong> critici, che in parte saranno ripresi <strong>nella</strong> unità successiva, in parte<br />

potranno essere rielaborati da ciascuno, anche in altre se<strong>di</strong><br />

La restituzione <strong>di</strong> questo lavoro, dal punto <strong>di</strong> vista dei contenuti, è riportata<br />

nel capitolo 6, paragrafo 6.1, 6.2 e 6.3.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista della comunicazione, invece, questa unità <strong>di</strong>dattica mette<br />

spesso in evidenza, tra i no<strong>di</strong> critici, la <strong>di</strong>fficoltà a riferirsi alle stesse definizioni.<br />

L’esigenza <strong>di</strong> costruire un dominio descrittivo con<strong>di</strong>viso, in questo caso, ha<br />

riguardato le tipologie <strong>di</strong> servizio e le funzioni che ricorrono <strong>nella</strong> <strong>rete</strong>,<br />

segnalando l’opportunità <strong>di</strong> riferirsi a tre principali aree: la prima e seconda<br />

accoglienza; la scuola, la <strong>formazione</strong> professionale regionale.<br />

49 Si tratta del grafico n.6, riportato nel capitolo 2, e commentato nel par.2.5.1.<br />

50 Molti <strong>di</strong> questi interventi hanno fornito lo spunto per approfon<strong>di</strong>menti riportati nei capitoli 6 e 9.<br />

5 0.<br />

83


84<br />

4.2.5. Come potremo ri-definire i nostri vincoli<br />

per rispondere a queste domande?<br />

In vista <strong>di</strong> quali opportunità comuni?<br />

Obiettivi<br />

Questa unità <strong>di</strong>dattica è strettamente connessa a quella precedente ed alla<br />

successiva. Essa è finalizzata a mettere or<strong>di</strong>ne nelle incertezze emerse, sia<br />

in<strong>di</strong>viduando priorità, sia procedendo ad una ridescrizione del proprio servizio,<br />

funzionale alla comunicazione con le altre strutture del territorio e, quin<strong>di</strong>,<br />

realizzata all’interno <strong>di</strong> una cornice <strong>di</strong> criteri con<strong>di</strong>visi.<br />

Se la negoziazione appare la forma <strong>di</strong> comunicazione più adeguata per<br />

garantire la tendenza al rispetto della <strong>reciprocità</strong>, è pur vero che essa <strong>di</strong>venta<br />

produttiva solo quando si è sicuri che si sta parlando della stessa cosa.<br />

Materiali ed organizzazione dei gruppi<br />

Tenendo conto degli spunti emersi dalla unità <strong>di</strong>dattica precedente,<br />

i gruppi sono stati formati sulla base dell’appartenenza ad una delle tre<br />

aree affini, la prima e seconda accoglienza; la scuola, la Formazione<br />

professionale, e, per ognuna <strong>di</strong> esse, si è proposto <strong>di</strong> accordarsi sulla<br />

definizione delle seguenti tipologie <strong>di</strong> funzione/servizio, utilizzando la<br />

esperienza professionale dei partecipanti: INFORMAZIONE, MEDIAZIONE,<br />

ORIENTAMENTO, FORMAZIONE, INSERIMENTO LAVORATIVO E TUTORATO<br />

(scheda allegata n. 4).<br />

Si è chiesto inoltre <strong>di</strong> costruire una mappa dell’area, in<strong>di</strong>cando, per ognuna<br />

delle funzioni sopra menzionate, la natura degli interventi svolti, l’utenza finale<br />

ed i servizi territoriali coinvolti. Inoltre ogni gruppo è stato invitato ad<br />

accordarsi sui no<strong>di</strong> critici relativi a quest’area (scheda allegata n. 5).<br />

Per la compilazione della scheda, riguardo alla natura degli interventi, si è<br />

suggerito <strong>di</strong> tener conto, mentalmente, <strong>di</strong> una unità <strong>di</strong> analisi che non si<br />

limitasse alle attività intese solo come prodotti o servizi, ma che tenesse anche<br />

conto delle relazioni e dei ruoli più sovente implicati nello svolgimento <strong>di</strong><br />

tali attività 51.<br />

Clima<br />

La sud<strong>di</strong>visione per gruppi <strong>di</strong> area affine, può fare emergere conflittualità<br />

più o meno latenti all’interno della stessa istituzione. Tali eventi possono essere<br />

colti e <strong>di</strong>ventare spunto per un’analisi collettiva 52.<br />

51 Ve<strong>di</strong> il riferimento alle funzioni A e B del PDCA nel grafico 4 del cap.2. Inoltre i risultati <strong>di</strong> tale unità<br />

<strong>di</strong>dattica sull’autodefinizone da parte delle tre aree è riportato nel capitolo 6, par. 6.3.<br />

52 Si veda l’esempio 1, nel capitolo 5, par.5.1.


4.2.6. Co-costruzione <strong>di</strong> un referenziale comune<br />

Obiettivi<br />

Questa fase prevede la restituzione <strong>di</strong> ciascuna area nel grande gruppo ed<br />

una <strong>di</strong>scussione plenaria mirata ad accordarsi su un prodotto od un progetto.<br />

Il referenziale comune può essere, quin<strong>di</strong>, visto come l’esito <strong>di</strong> un percorso <strong>di</strong><br />

con<strong>di</strong>visione dello sforzo <strong>di</strong> lettura della realtà, a <strong>di</strong>versi livelli <strong>di</strong><br />

approfon<strong>di</strong>mento, a partire dall’esplicitazione dei propri vincoli e dalla<br />

con<strong>di</strong>visione <strong>di</strong> buone domande.<br />

Dinamica<br />

Per ciascuna area questa presentazione comporta una ulteriore presa <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stanza dal proprio specifico, in quanto il proprio lavoro viene in un certo<br />

senso già riletto alla luce <strong>di</strong> quello fatto dalle altre aree.<br />

L’eterogeneità del gruppo favorisce il processo intellettuale che sottende<br />

questa costruzione, perché essa obbliga i <strong>di</strong>versi attori a esplicitare il loro<br />

quadro <strong>di</strong> riferimento e le scelte che guidano la loro interpretazione dei fatti.<br />

L’apertura alla complementarità dei contributi crea un clima <strong>di</strong> <strong>reciprocità</strong><br />

intellettuale che può rivelarsi propizio all’apertura verso nuove sperimentazioni<br />

e verso nuovi criteri <strong>di</strong> analisi delle situazioni.<br />

Il Progetto<br />

In questo caso la capacità propositiva si è in<strong>di</strong>rizzata verso la preparazione<br />

del secondo modulo del corso. Sulla base <strong>di</strong> una ulteriore selezione dei no<strong>di</strong><br />

critici prioritari, il gruppo ha ritenuto opportuno pro g e t t a re un<br />

approfon<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> essi, allargando il confronto a nuovi soggetti della <strong>rete</strong><br />

torinese e <strong>di</strong> altre regioni.<br />

La flessibilità consentita dai <strong>di</strong>rigenti della <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri , ha<br />

permesso <strong>di</strong> valorizzare queste richieste per la progettazione del modulo<br />

successivo: si è deciso, così, <strong>di</strong> organizzare tre giornate, ognuna de<strong>di</strong>cata<br />

specificamente a una delle aree, e si è concordato un elenco <strong>di</strong> “testimoni<br />

privilegiati”, da invitare per ogni area.<br />

Ognuna <strong>di</strong> queste giornate ha effettivamente consentito un consolidamento<br />

della <strong>rete</strong> iniziale e l’opportunità <strong>di</strong> conoscere nuovi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> rapportarsi<br />

all’utenza migrante, maturati anche in altre città. Tra i <strong>di</strong>versi contributi emersi,<br />

riportati nei capitoli successivi, l’attenzione è stata prioritariamente focalizzata<br />

sui terreni <strong>di</strong> collegamento tra le <strong>di</strong>verse aree; in particolare: l’articolazione dei<br />

livelli <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza dall’emergenza vissuta faccia a faccia con l’utenza,<br />

l’interpretazione dei <strong>di</strong>versi ruoli del tutor ed il tema della certificazione dei<br />

livelli linguistici si sono rivelati quelli <strong>di</strong> maggior interesse per tutte le aree 53.<br />

Si è deciso inoltre <strong>di</strong> selezionare dall’insieme delle testimonianze prodotte<br />

dai partecipanti, un <strong>di</strong>spositivo per l’accompagnamento, l’orientamento e la<br />

53 Si veda il capitolo 7.<br />

85


<strong>formazione</strong>, presentato da un coor<strong>di</strong>natore della <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e<br />

Mestieri 54, come esempio <strong>di</strong> una modalità possibile <strong>di</strong> collaborazione tra prima<br />

accoglienza, scuola e <strong>formazione</strong> professionale; nello stesso tempo sono state<br />

in<strong>di</strong>cate alcune situazioni esemplificative sui principali no<strong>di</strong> emersi in relazione<br />

alla comunicazione <strong>di</strong> <strong>rete</strong> o dentro ai servizi ed interessanti anche per una<br />

ulteriore esemplificazione e validazione delle opzioni teoriche sottese al<br />

modello adottato 55.<br />

86<br />

4.2.7. Ritorno alla propria istituzione<br />

e rinegoziazione dei propri vincoli interni in funzione<br />

<strong>di</strong> una collaborazione interistituzionale<br />

Qualcosa <strong>di</strong> ciò che è accaduto è stato descritto fin qui. Poi ognuno ritorna<br />

<strong>nella</strong> sua istituzione. E qui è il momento in cui può operarsi un cambiamento<br />

<strong>di</strong> strategia nel sistema <strong>di</strong> alternative utilizzato finora. Qui può succedere che<br />

un elemento <strong>di</strong> sfondo appaia in primo piano e faccia sorgere una nuova idea<br />

“Toh! Perché non ci avevo pensato prima?”.<br />

Non si tratta <strong>di</strong> cercare il rapporto <strong>di</strong> causa ed effetto tra il corso e<br />

quell’idea nuova, ma un rapporto <strong>di</strong> familiarità, <strong>di</strong> apparentamento. Per questo<br />

si torna “sul luogo del delitto” a vedere, a sentire e tra le tante cose che sono<br />

cambiate se ne in<strong>di</strong>viduano alcune che sembrano proprio apparentate con il<br />

percorso. Probabilmente erano già lì pronte per uscire, chissà?<br />

I cambiamenti possono essere apparentemente banali o implicare piccole<br />

trasformazioni dei comportamenti consueti: essi sono, comunque riconoscibili<br />

perché suscitano sempre una meraviglia nel soggetto, un sorprendersi a<br />

mo<strong>di</strong>ficare qualcosa che fino a quel momento era stato pensato come<br />

immo<strong>di</strong>ficabile o agito come consuetu<strong>di</strong>ne quasi inconsapevole.<br />

Un’insegnante <strong>di</strong> quarta elementare che ha partecipato ad un ciclo <strong>di</strong> incontri, in un<br />

gruppo eterogeneo (insegnanti <strong>di</strong> asilo nido, scuola materna, e scuola elementare)<br />

sull’inserimento <strong>di</strong> bambini immigrati, e che in seguito all’inserimento <strong>di</strong> un bambino<br />

ceylonese, si era appassionata all’appren<strong>di</strong>mento della sua lingua, una mattina, entrando in<br />

classe, chiede a questo bambino che cosa vuol <strong>di</strong>re una certa parola. Il bambino risponde<br />

che lui non lo sa, ma che sua mamma lo sa senz’altro. Allora l’insegnante con perfetta<br />

naturalezza <strong>di</strong>ce “an<strong>di</strong>amo in seg<strong>rete</strong>ria a telefonare a tua mamma”. Tutta la classe la segue,<br />

la maestra porge al bambino in questione il telefono e solo quando il bimbo comincia a<br />

parlare con la madre, la maestra si sorprende ad avere preso una iniziativa che sconvolge<br />

l’idea che lei aveva avuto fino a quel momento dei vincoli rispetto agli spazi della scuola e<br />

si preoccupa che la madre stessa del bambino potrebbe allarmarsi per sentirlo telefonare,<br />

da scuola, a quell’ora. In realtà la telefonata tra questo bambino e la madre è stata seguita<br />

54 Si veda il capitolo 7 pr 7.2.<br />

55 Si veda il capitolo 5.


con grande curiosità dagli altri bambini, non ha provocato nessun <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne <strong>nella</strong> scuola ed<br />

ha, invece, ritornati in classe, suscitato una serie <strong>di</strong> domande a quel bambino. Quelle<br />

domande hanno evidenziato che, trattandosi <strong>di</strong> un bimbo straniero e <strong>di</strong> colore, alcuni suoi<br />

compagni pensavano che lui non avesse una casa ed un telefono, ma che fosse povero e<br />

che vivesse in una capanna insieme alle mucche. Questo bambino ha avuto così<br />

l’opportunità <strong>di</strong> esau<strong>di</strong>re il desiderio della maestra rispetto al significato della parola ed<br />

anche <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare la genuina curiosità dei suoi compagni, assumendo un nuovo status nel<br />

gruppo classe.<br />

L’insegnante ha ricondotto il comportamento <strong>di</strong> cui si è sorpresa alle<br />

“perturbazioni” innescate dal confronto con la cultura della scuola materna, dai<br />

cui racconti e filmati emergeva un <strong>di</strong>fferente modo <strong>di</strong> percepire i vincoli<br />

spaziali, caratterizzato dalla tendenza ad “abitare” tutti gli spazi della scuola.<br />

(Bonica, 1999)<br />

La ridefinizione dei vincoli può quin<strong>di</strong> poggiarsi, anche, su “trasgressioni”<br />

autorizzate dalla cultura dell’“altro”.<br />

Queste trasgressioni, che sono tali rispetto ai canoni della propria cultura<br />

istituzionale, dal momento in cui sono interiorizzate attraverso il racconto dei<br />

vincoli dell’altro, assumono uno spessore etico particolare, in quanto la cultura<br />

dell’altro le inserisce in un processo storico <strong>di</strong> con<strong>di</strong>visione <strong>di</strong> valori e <strong>di</strong><br />

significati, che può renderle profondamente più accettabili (Bonica, 1999)<br />

Un gruppo eterogeneo può, quin<strong>di</strong>, favorire un trasferimento <strong>di</strong> risorse<br />

e strategie che potrà essere utilizzato in forma originale, come ridefinizione dei<br />

p ropri vincoli, in particolari momenti <strong>di</strong> esercizio del proprio ruolo<br />

professionale, e questo può innescare, a sua volta, un nuovo terreno <strong>di</strong><br />

negoziazione dentro alla propria istituzione.<br />

Nel nostro caso, ci si è accordati per scegliere un progetto <strong>di</strong> collaborazione<br />

interistituzionale riuscito, tra la scuola e la <strong>formazione</strong> professionale, che pur<br />

innescandosi su spunti <strong>di</strong> sperimentazione precedente, ha trovato, nell’ambito<br />

del corso, la spinta e la cornice per essere riprogettato su base istituzionale 56.<br />

56 Si veda il capitolo 5, esempio n. 4.<br />

87


88<br />

4.3. Discussione<br />

Quando, come insegnanti, formatori, <strong>di</strong>rettori <strong>di</strong> corso, ricerc a t o r i ,<br />

educatori siamo immersi <strong>nella</strong> nostra pratica professionale siamo portati a<br />

vedere i vincoli del nostro ruolo, della nostra istituzione e della nostra attività<br />

come dei limiti che fanno ostacolo allo svolgimento del nostro lavoro; i vincoli<br />

sono quelli che ci fanno <strong>di</strong>re sarebbe bello... ma non si può. Raramente essi<br />

vengono visti anche come la fonte del nostro specifico potere/sapere<br />

professionale, e quin<strong>di</strong>, raramente ci si sofferma a interrogarli in positivo, per<br />

comprendere quali sono quelli veramente “vitali” e quali quelli che potrebbero,<br />

invece, cambiare senza che ci sia per<strong>di</strong>ta d’identità per il nostro ruolo<br />

professionale e per la nostra istituzione.<br />

Nel nostro corso, la esplicitazione dei rispettivi vincoli ha suscitato<br />

confronti produttivi, dai quali i partecipanti stessi hanno selezionato i no<strong>di</strong><br />

meritevoli <strong>di</strong> un approfon<strong>di</strong>mento successivo 57; alcuni li riprenderemo subito,<br />

a ulteriore esemplificazione degli spunti che possono emergere da un percorso<br />

<strong>di</strong> questo tipo: i livelli <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza rispetto al rapporto faccia a faccia con gli<br />

utenti, la in<strong>di</strong>viduazione della utenza <strong>di</strong>retta e in<strong>di</strong>retta, l’organizzazione del<br />

tempo, i vincoli <strong>di</strong> obbligatorietà e <strong>di</strong> opzionalità dei servizi.<br />

I livelli <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza rispetto al rapporto faccia a faccia con gli utenti.<br />

In questo campo il coinvolgimento <strong>di</strong>retto è stato riconosciuto da tutti come<br />

fonte <strong>di</strong> grande umanità ma al tempo stesso sono emerse anche sottolineature<br />

e enfatizzazioni della necessaria <strong>di</strong>sponibilità a confrontarsi con la sofferenza<br />

altrui, che potevano essere recepite come sottili “accuse <strong>di</strong> insensibilità o<br />

ari<strong>di</strong>tà” verso le persone che invece seguono i migranti prevalentemente da un<br />

tavolino. D’altra parte il confronto comune con i rispettivi vincoli ha consentito<br />

invece <strong>di</strong> verificare che, al <strong>di</strong> là della <strong>di</strong>stanza rispetto al rapporto <strong>di</strong>retto con<br />

l’utente, nessuno era solo un privilegiato, e che tutti potevano invece <strong>di</strong>sporre<br />

<strong>di</strong> un margine <strong>di</strong> flessibilità nell’interpretazione personale <strong>di</strong> vincolo.<br />

Il riferimento al micropotere quoti<strong>di</strong>ano ed al sapere agito consentivano infatti<br />

<strong>di</strong> mettere in primo piano esempi da cui emergeva la creatività e la rilevanza<br />

etica dell’assunzione soggettiva <strong>di</strong> un rischio: intervenire o non intervenire in<br />

una situazione, la rapi<strong>di</strong>tà o la lentezza in una decisione, interpretare in modo<br />

restrittivo e estensivo la propria competenza in quel momento. Così è stato<br />

possibile anche mettere sullo stesso piano oggetti me<strong>di</strong>atori “cal<strong>di</strong>”, più <strong>di</strong>retti<br />

e fisici (voce e corpo) ed altri, più “fred<strong>di</strong>”, come il telefono, l’agenda, il<br />

computer, evidenziando che invi<strong>di</strong>e e <strong>di</strong>ffidenze reciproche tra questi due<br />

mon<strong>di</strong> potevano essere superate cogliendo ancora una volta gli elementi simili<br />

<strong>di</strong> rischio soggettivo assunto per facilitare comunque la qualità delle risorse<br />

offerte agli utenti.<br />

57 Cioè: l’articolazione dei livelli <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza dall’emergenza vissuta faccia a faccia con l’utenza,<br />

l’interpretazione dei <strong>di</strong>versi ruoli del tutor ed il tema della certificazione dei livelli linguistici, temi<br />

sviluppati nel capitolo 7.


Utenza <strong>di</strong>retta e in<strong>di</strong>retta<br />

Riguardo agli utenti in<strong>di</strong>retti, è emerso, soprattutto per i minori,<br />

l’importanza del rapporto con le comunità <strong>di</strong> residenza e con i servizi<br />

sociali, da parte della Formazione professionale regionale. Si possono citare a<br />

questo proposito i casi <strong>di</strong> abbandono dei corsi da parte <strong>di</strong> minori passati all’età<br />

adulta, i quali, non essendo ancora regolarizzati, sono stati espulsi dalle<br />

Comunità e riinviati al paese d’origine, senza che la <strong>formazione</strong> professionale<br />

fosse avvisata o potesse intervenire per sollecitare le istanze competenti verso<br />

una maggiore flessibilità.<br />

La <strong>di</strong>mensione del tempo<br />

Riguardo ai tempi è emersa l’importanza <strong>di</strong> una rinegoziazione dei rispettivi<br />

vincoli rispetto ai <strong>di</strong>versi calendari, come elemento in<strong>di</strong>spensabile per poter<br />

collaborare più facilmente nel territorio, ad esempio tenendo maggiormente in<br />

conto le rispettive scadenze burocratiche, come la presentazione dei progetti<br />

per i finanziamenti dei corsi.<br />

Ma anche le unità <strong>di</strong> tempo minime sono state <strong>di</strong>scusse, sulla base<br />

dell’interesse comune alla progettazione <strong>di</strong> unità <strong>di</strong>dattiche <strong>di</strong> poche ore,<br />

per favorire le transizioni tra scuola e Formazione Professionale; quin<strong>di</strong>, ad<br />

esempio, brevi corsi <strong>di</strong> orientamento da svolgersi nell’ambito <strong>di</strong> sportelli<br />

preparati insieme 58.<br />

Più in generale<br />

Quando i vincoli sono assunti attivamente e riconosciuti anche come fonte<br />

della propria creatività professionale, si può aprire un terreno fruttuoso per lo<br />

scambio <strong>di</strong> esperienze che, da un lato vede i partecipanti come protagonisti e,<br />

dall’altro può consentire anche l’avvio <strong>di</strong> un percorso <strong>di</strong> ridefinizione dei<br />

rispettivi vincoli.<br />

Per esempio, analizzando la situazione dei partecipanti a questo modulo,<br />

si è evidenziato imme<strong>di</strong>atamente che per tutti ciò che farebbe scomparire la<br />

specifica utenza qui considerata sarebbe un improvviso blocco<br />

dell’immigrazione straniera. Tuttavia si è osservato che tale utenza non<br />

specificava l’identità <strong>di</strong> tutti i servizi rappresentati e inoltre alcuni <strong>di</strong> questi<br />

avevano un vincolo <strong>di</strong> obbligatorietà (scuola dell’obbligo e minori) mentre altri<br />

avevano un vincolo <strong>di</strong> opzionalità (per esempio il centro <strong>di</strong> <strong>formazione</strong><br />

professionale, le cooperative e le associazioni <strong>di</strong> volontariato).<br />

Se questi vincoli vengono concepiti solo come limiti, che incombono<br />

dall’esterno e in quanto tali sono solo subiti, la comunicazione tra partecipanti<br />

eterogenei da questo punto <strong>di</strong> vista, può spesso cadere in equivoci o,<br />

ad<strong>di</strong>rittura in rivalità che non sarebbero produttive ai fini <strong>di</strong> una ricerca <strong>di</strong><br />

collaborazione. Per esempio la <strong>formazione</strong> professionale potrebbe <strong>di</strong>re alla<br />

58 Si può citare, ancora, il progetto <strong>di</strong> orientamento nato dalla collaborazione tra scuola e <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong>,<br />

riportato nel capitolo 5, esempio n. 4.<br />

89


scuola statale: “Io, se perdo dei frequentanti, perdo anche il finanziamento per<br />

l’anno successivo. Tu invece puoi non preoccuparti se a scuola vengono<br />

volentieri o meno”. E la scuola potrebbe rispondere, a sua volta: “Noi non<br />

abbiamo certo il problema <strong>di</strong> cercarci gli utenti; ma vorrei vedervi con un<br />

utenza sempre più numerosa e eterogenea, in cui prevale il numero degli<br />

analfabeti” .<br />

Si è potuto quin<strong>di</strong> constatare come tali <strong>di</strong>fferenze agiscano sulla serenità<br />

rispetto al proprio ruolo e all’utenza, facendo sì che ognuno sia più o meno<br />

interessato, anche in<strong>di</strong>vidualmente, a mettere in atto strategie volte a costruire<br />

un consenso e/o a impegnarsi in progetti innovativi, per reclutare nuova<br />

utenza. E come esse possano influenzare anche le rispettive posizioni <strong>di</strong> fronte<br />

a problemi comuni.<br />

Si può ricordare l’esempio della verifica dei prerequisiti linguistici: la<br />

scuola, proprio per i suoi vincoli <strong>di</strong> obbligatorietà, si muove in modo più<br />

flessibile, nel senso che ogni scuola tende a costruirsi i propri materiali per tale<br />

verifica; la Formazione Professionale Regionale, reclutando, invece, i suoi<br />

allievi attraverso più canali ed avendo dei vincoli più rigi<strong>di</strong> riguardo alla<br />

continuità della frequenza dei corsi, avrebbe un maggiore interesse all'utilizzo<br />

<strong>di</strong> meto<strong>di</strong> standar<strong>di</strong>zzati, come la CILS, ed auspicherebbe che essi <strong>di</strong>ventassero<br />

un critero con<strong>di</strong>viso all’interno della <strong>rete</strong>.<br />

D’altra parte il riconoscere tali specificità ha, invece, favorito la<br />

complementarietà dei contributi possibili, in alternativa ad un atteggiamento <strong>di</strong><br />

rivalità o <strong>di</strong> competizione 59.<br />

Tralasciamo ora altri spunti che sono emersi per passare invece, con il<br />

prossimo capitolo, ad alcuni esempi <strong>di</strong> interpretazione creativa dei vincoli che<br />

sono stati anche oggetto <strong>di</strong> microanalisi nel gruppo.<br />

59 Si veda, ad esempio, la scelta con<strong>di</strong>visa <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>re questo tema (cap.7 par.7.4 e capitolo 8, sui<br />

prerequisiti linguistici e la CILS)<br />

90


4.4. Allegato<br />

Le schede <strong>di</strong> lavoro proposte ai gruppi<br />

Scheda n.1<br />

ESPLICITAZIONE DEI VINCOLI<br />

che costituiscono l’identità professionale.<br />

Possibili criteri <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduazione dei vincoli.<br />

UTENTI<br />

Quali sono i vostri utenti <strong>di</strong>retti?<br />

Presentano caratteristiche <strong>di</strong> eterogeneità o <strong>di</strong> omogeneità?<br />

Ritenete <strong>di</strong> avere utenti in<strong>di</strong>retti?<br />

MEDIATORE TECNICO-PROFESSIONALE<br />

Per definire la vostra identità professionale fate riferimento ad uno strumento <strong>di</strong><br />

me<strong>di</strong>azione tecnico specifico o ad un ambito specifico <strong>di</strong> obiettivi?<br />

In che modo questo me<strong>di</strong>atore specifica la vostra attività<br />

professionale, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> altri me<strong>di</strong>atori?<br />

SPAZIO-LUOGHI<br />

In quali spazi si svolgono le vostre attività quoti<strong>di</strong>ane?<br />

(spazio unico, <strong>di</strong>versi spazi, fissi-mobili, interni-esterni)<br />

Esiste uno spazio-luogo privilegiato, che specifica la vostra identità professionale?<br />

TEMPO-UNITÁ DI ANALISI<br />

Il vostro lavoro richiede un’articolazione del tempo in fasi?<br />

Se si, riferite un esempio <strong>di</strong> una fase significativa <strong>di</strong> lavoro.<br />

Il vostro lavoro richiede un’articolazione del tempo in cicli?<br />

Se si, riferite un esempio <strong>di</strong> un ciclo completo <strong>di</strong> lavoro.<br />

Potete in<strong>di</strong>care una o più unità <strong>di</strong> tempo minime in<strong>di</strong>spensabili affinché la vostra<br />

prestazione assuma un senso compiuto?<br />

91


92<br />

Qual è l’unità <strong>di</strong> tempo minima <strong>di</strong> cui avete bisogno per svolgere un pezzo<br />

significativo del vostro lavoro? Riferite un esempio.<br />

DOCUMENTAZIONE<br />

La vostra attività comporta una qualche documentazione? (per esempio l’iter<br />

burocratico)<br />

SODDISFAZIONE- INSODDISFAZIONE.<br />

Provate a pensare ad una specifica giornata <strong>di</strong> lavoro che ritenete positiva.<br />

Riuscite a in<strong>di</strong>viduare da che cosa capite che oggi il lavoro è andato bene oppure<br />

è andato male?<br />

Quali sono le emozioni positive ( <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione) o negative (<strong>di</strong> insod<strong>di</strong>sfazione)<br />

che più vi sembrano collegate alla natura professionale del vostro lavoro?<br />

FATICA-RIPOSO<br />

Che cosa è che vi affatica <strong>di</strong> più del vostro lavoro? Quale è il tipo <strong>di</strong> fatica più<br />

connessa alla natura del vostro lavoro?<br />

Di che cosa sentite il bisogno appena uscite dal lavoro? Che cosa vi riposa <strong>di</strong> più<br />

appena smesso <strong>di</strong> lavorare?


Scheda n. 2<br />

I vincoli orientano il micropotere quoti<strong>di</strong>ano<br />

attraverso comportamenti <strong>di</strong> conservazione, trasgressione,<br />

innovazione e fondano un sapere agito<br />

Di che cosa mi sento veramente responsabile?<br />

Se comandassi io!<br />

Quella volta ho fatto <strong>di</strong> testa mia!<br />

Flashes, in situazione:<br />

93


94<br />

I partecipanti , a turno, si intervistano.<br />

Scheda n. 3<br />

PERCORSI E RETE DI SERVIZI<br />

Ripensando ad un inserimento riuscito, cerca <strong>di</strong> ricostruire i percorsi della<br />

<strong>rete</strong> effettuati dal migrante, a partire dal primo contatto con i servizi.<br />

Scheda n. 3 bis<br />

PERCORSI DI RETE DAL PUNTO DI VISTA DEL MIGRANTE<br />

Interviste ai partecipanti stranieri:<br />

Cerca <strong>di</strong> ricostruire il tuo percorso a partire dal momento della decisione<br />

della partenza dal tuo paese.


Scheda n. 4<br />

VERSO UN DOMINIO DESCRITTIVO COMUNE<br />

I termini riportati sotto in<strong>di</strong>cano delle possibili FUNZIONI o TIPOLOGIE DI<br />

SERVIZIO svolte all’interno dell’istituzione in cui lavori.<br />

Ripensando agli obiettivi ed ai vincoli della tua istituzione ed alle attività,<br />

ruoli, relazioni in cui sei quoti<strong>di</strong>anamente impegnato/a, quali definizioni<br />

daresti <strong>di</strong> questi termini? Ne aggiungeresti altri? Ne elimineresti alcuni?<br />

INFORMAZIONE<br />

MEDIAZIONE<br />

ORIENTAMENTO<br />

FORMAZIONE<br />

INSERIMENTO LAVORATIVO<br />

TUTORATO<br />

95


96<br />

Scheda n. 5<br />

AUTODEFINIZIONE DI AREA<br />

TIPOLOGIE DI SERVIZIO E SPECIFICITA’ DELL’UTENZA<br />

Riuniti in gruppo per ognuna delle seguenti aree:<br />

Prima e seconda accoglienza<br />

Scuola e alfabetizzazione<br />

Formazione professionale<br />

Accordatevi sull’elenco e sulle definizioni delle <strong>di</strong>verse tipologie <strong>di</strong> servizio.<br />

Inoltre, per ognuna <strong>di</strong> esse, in<strong>di</strong>cate:<br />

• i principali interventi, tenendo presente non solo l’attività prodotta, ma anche<br />

i ruoli e le relazioni che accompagnano la natura <strong>di</strong> tali interventi<br />

• l’utente finale specifico, tenendo presenti sia i migranti, sia altri eventuali<br />

interlocutori (servizi, famiglie,ecc.)<br />

• gli altri servizi territoriali coinvolti e, se è il caso, i referenti istituzionali per quel<br />

tipo <strong>di</strong> intervento.<br />

TIPOLOGIE INTERVENTI UTENTE FINALE<br />

DI SERVIZIO Attività, ruoli TERRITORIALI<br />

relazioni COINVOLTI<br />

In<strong>formazione</strong><br />

Me<strong>di</strong>azione<br />

Orientamento<br />

Formazione<br />

Inserimento<br />

lavorativo<br />

Tutorato<br />

NODI CRITICI<br />

Infine, accordatevi, sui principali no<strong>di</strong> critici che, dal vostro punto <strong>di</strong> vista,<br />

andrebbero affrontati <strong>nella</strong> vostra area.


Capitolo 5<br />

Analisi <strong>di</strong> 4 esempi<br />

Laura Bonica<br />

Gli esempi che seguono sono una testimonianza dell’analisi svolta<br />

nel gruppo su alcuni dei no<strong>di</strong> critici (es. 1 ed es. 3), ma anche del sapere<br />

creativo che i vincoli possono suggerire (es. 2 ed anche es. 3) e della possibilità<br />

<strong>di</strong> rinegoziarli, al proprio interno, ai fini <strong>di</strong> collaborare con un’altra istituzione<br />

(es. 4).<br />

5.1. Esempio n.1<br />

Vincoli autoreferenziali e <strong>di</strong>stanza rispetto all’utenza:<br />

<strong>reciprocità</strong> e ruoli asimmetrici<br />

Il pagamento della <strong>di</strong>aria.<br />

Ripren<strong>di</strong>amo il nodo relativo al pagamento dei corsisti 60. Ricor<strong>di</strong>amo che<br />

esso ha suscitato un confronto tra il punto <strong>di</strong> vista dello staff <strong>di</strong>rettivo, in base<br />

al quale il pagamento è liquidato alla fine del corso, ed il punto <strong>di</strong> vista del<br />

tutor e del docente, che sarebbero concor<strong>di</strong> a mo<strong>di</strong>ficare questo vincolo per<br />

favorire la continuità della frequenza, con la proposta <strong>di</strong> un pagamento<br />

liquidato in rate già dalla prima fase <strong>di</strong> frequenza del corso. A livello <strong>di</strong> chi dà<br />

e gestisce finanziamenti il vincolo portato a giustificazione dell’impossibilità <strong>di</strong><br />

operare un cambiamento è quello <strong>di</strong> non rischiare un investimento a vuoto e<br />

quin<strong>di</strong> appare ragionevole il criterio <strong>di</strong> abbinare il pagamento alla verifica <strong>di</strong><br />

una quota standar d <strong>di</strong> frequenza (attualmente corrispondente ai 2/3 delle ore<br />

complessive), verifica che può essere attuata solo alla fine del corso.<br />

In questo caso emerge un esempio <strong>di</strong> conflitto tra punti <strong>di</strong> vista che<br />

<strong>di</strong>pendono dai particolari luoghi <strong>di</strong> osservazione o vincoli <strong>di</strong> responsabilità<br />

interni alla stessa <strong>formazione</strong> professionale. Pur trattandosi dello stesso<br />

servizio, la <strong>di</strong>versa <strong>di</strong>stanza dal rapporto faccia a faccia con gli utenti fa sì che<br />

sia soprattutto il docente a gestire il <strong>di</strong>sagio e l’eventuale abbandono del corso.<br />

In effetti si tratta <strong>di</strong> un nodo delicato in quanto il paradosso riguarda la sfera<br />

della fiducia <strong>nella</strong> motivazione del migrante: il docente e il tutor si<br />

troverebbero così a cercare <strong>di</strong> fondare motivazione, partecipazione e coesione<br />

nel microsistema (gruppo classe), all’interno <strong>di</strong> una cornice, inerente alle scelte<br />

operate a livello <strong>di</strong> eso e macrosistema che <strong>di</strong>s<strong>di</strong>cono questa stessa fiducia.<br />

D’altra parte se gli abbandoni sono eccessivi, le conseguenze ricadono<br />

ugualmente sul bilancio degli investimenti in quanto l’Ente, non solo è tenuto<br />

a restituire parte dei finanziamenti ricevuti, ma rischia <strong>di</strong> non vedere più<br />

approvata quella tipologia <strong>di</strong> corso.<br />

60 Si veda la scheda <strong>di</strong> autodefinizione della <strong>formazione</strong> professionale / no<strong>di</strong> critici, capitolo 6, pr. 6.3.3.<br />

97


Si è quin<strong>di</strong> ipotizzata una soluzione che tiene conto <strong>di</strong> entrambi i punti <strong>di</strong><br />

vista e, cioè, ripartire la percentuale delle presenze obbligatorie su due o etr<br />

perio<strong>di</strong>, a seconda delle ore complessive del corso , in modo che il principio <strong>di</strong><br />

c o l l e g a re l’obbligo della frequenza alla <strong>di</strong>aria venga mantenuto ed, al<br />

contempo, si eviti che le eventuali assenze siano concentrate tutte <strong>nella</strong> fase<br />

finale o in un solo periodo. Questa soluzione introduce, quin<strong>di</strong>, anche una<br />

preoccupazione relativa al rapporto tra la <strong>di</strong>stribuzione delle assenze e<br />

l’esigenza <strong>di</strong> non intr o d u r re, comunque, una eccessiva <strong>di</strong>scontinuità<br />

nell’appren<strong>di</strong>mento.<br />

Commento<br />

Questo esempio suggerisce <strong>di</strong>verse considerazioni teoriche e pratiche.<br />

Innanzitutto si può evidenziare la natura circolare dei fenomeni osservati ; essa<br />

impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> guardare ai <strong>di</strong>versi livelli del sistema solo come a cerchi chiusi,<br />

inclusi l’uno nell’altro.<br />

Sembrerebbe piuttosto, come sostiene Bronfenbrenner (1979), che ciò che<br />

succede a livello dei rapporti faccia a faccia (microsistema) non possa essere<br />

pienamente compreso se non interrogando anche il contesto più ampio; ma lo<br />

stesso succede anche per quest’ultimo. D’altra parte si osserva anche che<br />

ognuno degli attori considerati si comporta in modo autopoietico, ognuno dei<br />

due punti <strong>di</strong> vista è ancorato a motivazioni autoreferenziali, in cui è in gioco<br />

al tempo stesso la salvaguar<strong>di</strong>a del servizio e l’identità del ruolo professionale.<br />

Questo esempio è interessante anche perché consente <strong>di</strong> affrontare il tema<br />

dell’autopoiesi, quando c’è una asimmetria <strong>di</strong> ruoli <strong>di</strong> potere.<br />

È evidente che chi gestisce i finanziamenti e i bilanci ha più chance <strong>di</strong> usare<br />

il proprio potere per ignorare il punto <strong>di</strong> vista del docente e <strong>di</strong> scegliere <strong>di</strong><br />

trattarlo come se fosse un sistema allopoietico, ma ciò non può impe<strong>di</strong>re al<br />

docente né <strong>di</strong> avere il suo punto <strong>di</strong> vista sulla questione specifica, né <strong>di</strong><br />

scegliere, a sua volta, come autodefinirsi rispetto al sistema più ampio.<br />

La comunicazione tra attori della <strong>rete</strong> è spesso ostacolata dal fatto che<br />

ognuno o ritiene <strong>di</strong> subire il punto <strong>di</strong> vista dell’altro o <strong>di</strong> dover imporre un<br />

punto <strong>di</strong> vista all’altro.<br />

È qui che emerge la responsabilità etica della scelta <strong>di</strong> come vedere l’altro.<br />

A questo proposito Stanford Beer, <strong>nella</strong> prefazione ad una delle opere <strong>di</strong><br />

Maturana e Varela proponendo <strong>di</strong> trasferire il concetto <strong>di</strong> autopoiesi anche ai<br />

sistemi sociali organizzati, fa la seguente considerazione.<br />

...in un’era in cui il rapido cambiamento istituzionale è un prerequisito per la pacifica<br />

sopravvivenza, sembrerebbe che gli architetti del cambiamento stiano facendo lo stesso<br />

errore in tutto il mondo. Il fatto è che essi percepiscono il sistema al loro proprio livello <strong>di</strong><br />

ricorsione come autopoietico, e lo fanno perché identificano se stessi con quel sistema e<br />

sanno <strong>di</strong> essere così; ma insistono a trattare i sistemi che sono contenuti nel loro sistema, e<br />

quelli entro i quali il loro sistema è contenuto, come allopoietici. (S.Beer, in Maturana e<br />

Varela, 1980, pag.122-123)<br />

98


Tornando al nostro esempio, potremmo aggiungere che questa tendenza,<br />

quando non è deliberatamente scelta, deriva dalla convinzione che il sistema<br />

<strong>di</strong> alternative entro cui ci si sta muovendo per risolvere un problema sia l’unico<br />

possibile e che quin<strong>di</strong> la soluzione in<strong>di</strong>viduata assuma caratteri <strong>di</strong> necessità tali<br />

da farla ritenere immutabile.<br />

D’altra parte la rilevazione <strong>di</strong> paradossi e incomprensioni potrebbe avere<br />

un ruolo riorganizzatore e suggerire che è sempre possibile costruire un nuovo<br />

sistema <strong>di</strong> alternative.<br />

5.2. Esempio n.2<br />

L’importanza della prima mossa:<br />

invenzione <strong>di</strong> una strategia<br />

Questo esempio riguarda l’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> una strategia <strong>di</strong> reclutamento<br />

del minore elaborata da un operatore <strong>di</strong> strada e ripresa da tutto il gruppo<br />

come una modalità esemplare <strong>di</strong> rendere operativo il concetto <strong>di</strong> <strong>reciprocità</strong><br />

secondo la definizione proposta e con<strong>di</strong>visa dal gruppo.<br />

K. (così chiamiamo l’operatore <strong>di</strong> strada) sostiene che è possibile<br />

coinvolgere un minore straniero in un percorso <strong>di</strong> inserimento, solo se si<br />

riesce, prima, a costruire una relazione significativa in<strong>di</strong>viduale con lui. Questo<br />

obiettivo, <strong>nella</strong> sua esperienza, è vanificato se è l’operatore <strong>di</strong> strada a fare la<br />

prima mossa esplicita verso il migrante 61.<br />

Di solito mi reco nelle strade o nei bar in cui si incontrano questi minori. Sto lì, passo,<br />

ripasso negli orari cruciali e a un certo punto creo uno stratagemma perché avvenga<br />

l’incontro casuale. Per esempio, faccio cadere gli occhiali per terra, oppure inciampo in uno<br />

<strong>di</strong> loro, insomma faccio in modo che ci sia un p<strong>rete</strong>sto che crei un precedente per il giorno<br />

dopo. Dal giorno dopo, infatti, ripasso, fino a quando non rincontro quel minore e viene<br />

allora spontaneo salutarlo. Lui non sa nulla <strong>di</strong> me. Forse per questo, <strong>di</strong> solito, si meraviglia<br />

e attacca per primo a chiedermi cosa faccio, come mai sono lì. Io non rispondo subito in<br />

modo del tutto esauriente, ma faccio a mia volta delle domande, esprimo la mia curiosità<br />

per la sua vita. Questo <strong>di</strong>alogo è molto delicato, perché è importante che sia lui ad arrivare<br />

a chiedere <strong>di</strong> utilizzare il mio appoggio. E questo succede quando queste prime battute lo<br />

fanno sentire libero ed al tempo stesso accettato per come è. Solo successivamente, dopo il suo<br />

interessamento esplicito, prende avvio la vera e propria presa in carico, il contratto formativo<br />

fra lui e il servizio (K., educatore <strong>di</strong> strada).<br />

61 Si veda anche la scheda <strong>di</strong> autodefinizione del gruppo prima e seconda accoglienza (capitolo 6, pr.<br />

6.3.1.), da cui emerge l’importanza <strong>di</strong> considerare la fase <strong>di</strong> emergenza come un momento che<br />

richiede un tempo ad hoc e che presenta una sua relativa autonomia sul piano degli obiettivi e del<br />

sapere messo in campo dagli operatori.<br />

99


K. ha quin<strong>di</strong> colto l’importanza della prima mossa con l’utente, inventando<br />

<strong>di</strong>verse strategie per far avvenire l’incontro casualmente, fino a che sarà il<br />

minore stesso a fare la prima mossa, chiedendo a K. <strong>di</strong> presentarsi.<br />

Per K. questa è la con<strong>di</strong>zione perché un educatore <strong>di</strong> strada possa avviare<br />

una comunicazione in cui la proposta <strong>di</strong> assistenza da parte <strong>di</strong> un Centro <strong>di</strong><br />

accoglienza <strong>di</strong>venti per il minore un’ipotesi accettabile.<br />

Perché? Ragionando sull’ipotesi contraria possiamo scorgere il principio <strong>di</strong><br />

<strong>reciprocità</strong> che sottende questa scelta e la sottile raffinatezza <strong>di</strong> questa strategia.<br />

Se la prima mossa fosse la proposta <strong>di</strong> assistenza da parte dell’educatore<br />

sul piano della relazione interpersonale il messaggio sarebbe “tu devi cambiare<br />

vita, così come sei non va bene. Adesso ci penso io” . Ciò implicherebbe un<br />

giu<strong>di</strong>zio negativo a priori sulla realtà esistenziale dell’altro e, quin<strong>di</strong>, una<br />

possibile negazione delle opportunità per l’altro <strong>di</strong> definirsi altrimenti. Inoltre,<br />

ed è questa la conseguenza più interessante, questo giu<strong>di</strong>zio critico<br />

precluderebbe o renderebbe più <strong>di</strong>fficoltose le successive ridefinizioni <strong>di</strong> sé da<br />

parte del minore, perché ogni volta egli dovrebbe smontare questa cornice<br />

iniziale per <strong>di</strong>mostrare la sua autopoiesi in questo percorso. L’incontro<br />

partirebbe quin<strong>di</strong> da una violazione della <strong>reciprocità</strong> <strong>di</strong> base tra il sistema che<br />

osserva (operatore) ed il sistema che è osservato (minore) e ciò creerebbe una<br />

stonatura, una contrad<strong>di</strong>zione con il modo <strong>di</strong> K. <strong>di</strong> interpretare l’identità del<br />

suo ruolo professionale. Il vincolo, alla base del servizio in cui K. lavora, è<br />

infatti quello <strong>di</strong> accompagnare il soggetto verso un percorso <strong>di</strong> autonomia<br />

guidata, che richiede la costruzione <strong>di</strong> una integrazione tra fiducia nell’altro e<br />

fiducia nelle proprie capacità.<br />

Questa strategia può essere considerata un esempio raffinato <strong>di</strong><br />

applicazione del modello dell’attesa, che consente una forma <strong>di</strong> tutoraggio<br />

tanto presente, quanto <strong>di</strong>screta. Non meraviglia, allora, che il gruppo che aveva<br />

lavorato sui vincoli dell’accoglienza, abbia ritenuto opportuno introdurre un<br />

vincolo temporale per la prima fase <strong>di</strong> emergenza come una con<strong>di</strong>zione<br />

in<strong>di</strong>spensabile per garantire la qualità e la continuità dell’intervento.<br />

Emerge quin<strong>di</strong> come i vincoli vissuti nell’agire professionale quoti<strong>di</strong>ano<br />

possano essere interpretati in modo più o meno restrittivo e siano quin<strong>di</strong><br />

suscettibili <strong>di</strong> sollecitare anche la costruzione <strong>di</strong> un sapere innovativo.<br />

La strategia <strong>di</strong> K. è particolarmente interessante anche da un altro punto <strong>di</strong><br />

vista teorico, perché essa attribuisce un ruolo importante al caso, invece <strong>di</strong><br />

fondarsi su un sistema <strong>di</strong> alternative basato sulla costrizione e sulla necessità.<br />

Infine essa ci ricorda che il gioco può essere un importante alleato; la<br />

strategia <strong>di</strong> K. implica il far finta , la messa in atto <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi stratagemmi per<br />

salvaguardare, da una posizione <strong>di</strong> maggior potere, il <strong>di</strong>ritto del minore ad<br />

autodefinirsi e a scegliere il momento per lui ottimale in cui chiedere l’aiuto.<br />

100


5.3. Esempio n. 3<br />

Autodefinizione all’interno della <strong>rete</strong>: un minore seguito<br />

da tutti, ma in mezzo ad equivoci e frainten<strong>di</strong>menti<br />

5.3.1. Finalità e contesto<br />

Questo esempio, raccontato da un insegnante delle 150h, ha attinenza con<br />

il lavoro <strong>di</strong> <strong>rete</strong> e riguarda un episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> comunicazione conflittuale tra i<br />

servizi sociali e la scuola.<br />

Esso offre anche un esempio <strong>di</strong> ridefinizione dei propri vincoli da parte<br />

della scuola (dall’esercitazione: <strong>di</strong> che mi sento veramente responsabile? se<br />

comandassi io!). Il nodo del conflitto riguardava la valutazione della maggiore<br />

o minore gravità dei comportamenti <strong>di</strong> un ragazzo marocchino, da parte delle<br />

<strong>di</strong>verse istituzioni che, a titoli <strong>di</strong>versi, si occupavano <strong>di</strong> lui. In particolare, la<br />

scuola riteneva che i servizi sociali sottovalutassero gli improvvisi scoppi d’ira<br />

del ragazzo, il suo oscillare tra momenti “buoni” e momenti “devianti”, non<br />

considerando, così, anche la responsabilità assunta dalle insegnanti rispetto<br />

all’incolumità degli altri ragazzi, e l’importanza della propria incolumità e<br />

serenità per poter svolgere proficuamente il proprio mestiere. In questo caso è<br />

il ruolo stesso della scuola che sembra essere stato frainteso, non abbastanza<br />

valutato. Questo vissuto <strong>di</strong> sottovalutazione da parte dei servizi sociali, farà<br />

scattare negli insegnanti un comportamento <strong>di</strong> “chiusura autoreferenziale”,<br />

volto a <strong>di</strong>fendere l’identità della propria organizzazione, del proprio lavoro.<br />

Grazie a questo rientrare in contatto profondo con l’identità professionale, e<br />

quin<strong>di</strong>, con le caratteristiche invarianti che la specificano (ad esempio l’essere<br />

responsabili <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui e non <strong>di</strong> un solo in<strong>di</strong>viduo per volta),<br />

le insegnanti entrano in contatto anche con il potere connesso a tale senso <strong>di</strong><br />

responsabilità. Questo potere si esprimerà attraverso la capacità <strong>di</strong> trovare<br />

facilmente un accordo tra <strong>di</strong> loro, sia per porre alcune con<strong>di</strong>zioni ai servizi<br />

sociali, sia per ridefinire, al loro interno, nuovi vincoli per accogliere il ragazzo,<br />

creando con<strong>di</strong>zioni apposite, da loro ritenute più adatte a prevenire i rischi che<br />

esse avevano colto.<br />

5.3.2. Descrizione<br />

anno 1996/97<br />

Un ragazzo marocchino (A) si iscrive al corso <strong>di</strong> lingua italiana della scuola X.<br />

A. vive con la sua famiglia. A detta dell’educatore <strong>di</strong> territorio il padre viene espulso per<br />

reati <strong>di</strong> delinquenza e lascia al figlio il mandato <strong>di</strong> tenere sotto controllo la madre e la<br />

sorella. Queste hanno interiorizzato usi e costumi occidentali, si truccano e indossano abiti<br />

corti, aderenti, ecc.<br />

Anche la sorella del ragazzo frequenta la stessa scuola e tra i due esiste uno stato <strong>di</strong><br />

tensione molto forte, al punto che le insegnanti decidono <strong>di</strong> inserirli in due classi <strong>di</strong>verse.<br />

A seguito <strong>di</strong> un litigio in casa la ragazza si butta dal balcone o forse viene spinta dallo<br />

101


stesso fratello, comunque riporta delle lesioni.<br />

Dai servizi sociali i due vengono collocati in due comunità <strong>di</strong>verse e la ragazza viene<br />

iscritta in un’altra scuola 62 .<br />

anno 1997/98<br />

Ottobre<br />

Il ragazzo, iscritto per il secondo anno alla stessa scuola, frequenta alcuni giorni e poi<br />

non si fa più vedere.<br />

Novembre<br />

Un’insegnante contatta l’assistente sociale che afferma <strong>di</strong> averlo invitato più volte a<br />

riprendere la frequenza presso la scuola X, perché le sue <strong>di</strong>fficoltà a esprimersi bloccano la<br />

comunicazione anche nell’esplicitazione dei bisogni ed i problemi personali.<br />

Dicembre<br />

Da un incontro con gli insegnanti <strong>di</strong> un Centro <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> professionale la stessa<br />

insegnante apprende casualmente che il ragazzo (A.) sta frequentando un corso <strong>di</strong><br />

florovivaismo, che il suo ren<strong>di</strong>mento è buono e che si presta molto ad aiutare un compagno<br />

marocchino che ha maggiori <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> lui nell’uso dell’italiano.<br />

Marzo<br />

A. riprende a frequentare la scuola X. Ha lasciato il corso <strong>di</strong> F.P. perché non è stato<br />

inserito nello stage <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> (forestazione) come voleva, ma in quello <strong>di</strong> florovivaismo<br />

che a lui non interessa. La scuola <strong>di</strong> F.P. motiva questa decisione con il fatto che il ragazzo<br />

era stato assente alle lezioni sull’utilizzo dei macchinari usati <strong>nella</strong> forestazione.<br />

A. si inserisce bene <strong>nella</strong> nuova classe (i suoi compagni <strong>di</strong> ottobre sono passati ad un<br />

livello più alto) e stabilisce buoni rapporti sia con le insegnanti che con i compagni. Accetta<br />

bene anche eventuali rimproveri degli insegnanti.<br />

Una collega viene a sapere da un insegnante della scuola <strong>di</strong> F.P. che il ragazzo si è reso<br />

autore <strong>di</strong> due episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> aggressività <strong>di</strong> una certa gravità nei confronti <strong>di</strong> due compagni. Nel<br />

primo, in refettorio, era andato a cambiarsi le scarpe calzandone un paio <strong>di</strong> quelle con i<br />

chio<strong>di</strong> e aveva preso a calci un compagno che una settimana prima aveva de<strong>di</strong>cato qualche<br />

attenzione particolare ad una loro amica. Nel secondo, all’aperto, aveva <strong>di</strong>velto un paletto<br />

metallico e aveva colpito un compagno.<br />

È inoltre stato visto ai Murazzi e ha esibito un portafoglio con molti sol<strong>di</strong>. La scuola X,<br />

allarmata, decide <strong>di</strong> convocare un incontro al quale partecipano tutti i servizi che si<br />

occupano del ragazzo per un confronto:<br />

• la scuola X esprime la sua preoccupazione anche se il comportamento del ragazzo per<br />

il momento è ineccepibile.<br />

• il Centro <strong>di</strong> F.P. riba<strong>di</strong>sce che questi due episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> aggressività non sono da<br />

sottovalutare<br />

• la comunità del Comune che lo ospita non ha da segnalare nulla <strong>di</strong> rilevante<br />

• l’assistente sociale e l’educatore <strong>di</strong> territorio tengono una posizione in sua <strong>di</strong>fesa e<br />

affermano che bisogna lavorare sul positivo che c’è nel ragazzo. Egli ha ammesso <strong>di</strong><br />

aver spacciato in passato, ma <strong>di</strong> avere smesso al presente. Gli operatori dei servizi<br />

annunciano, inoltre, <strong>di</strong> avergli trovato un buon lavoro presso un carrozziere.<br />

62 Si veda la genitorializzazione del minore, capitolo 6 pr. 6.2.2.<br />

102


Aprile<br />

Una sera, in comunità, il ragazzo ha un violento alterco con una operatrice che lo aveva<br />

invitato a cambiare programma alla TV, invece <strong>di</strong> guardare un film porno.<br />

L’operatrice e un altro ragazzo marocchino, che aveva preso le sue <strong>di</strong>fese, vengono<br />

aggre<strong>di</strong>ti e feriti. Il ragazzo sfascia anche alcune suppellettili.<br />

Il ragazzo viene trasferito in un’altra comunità fuori Torino. Interrogato sull’accaduto, si<br />

<strong>di</strong>mostra tranquillo, sereno perché ritiene che la colpa fosse dell’operatrice.<br />

Il servizio sociale, senza fare nessuno sconto sul comportamento del ragazzo, ritiene che<br />

il comportamento dell’operatrice sia stato inadeguato.<br />

Le insegnanti <strong>di</strong> classe sono preoccupate dal dover accogliere un soggetto con questi<br />

scoppi improvvisi <strong>di</strong> aggressività e temono <strong>di</strong> non poter <strong>di</strong>fendere né la propria incolumità<br />

né quella degli altri bambini.<br />

La scuola X, per stimolare il servizio sociale, decide <strong>di</strong> prendere questo provve<strong>di</strong>mento<br />

che <strong>di</strong> fatto è un ricatto:<br />

“Riammettere A a scuola solo dopo una visita al centro F. Fanon”.<br />

Il servizio sociale non con<strong>di</strong>vide questo proce<strong>di</strong>mento, ma si adegua.<br />

Maggio: rinegoziazione dei vincoli interni alla scuola<br />

Il ragazzo viene riammesso a scuola dopo che è stata prenotata la visita. Viene inserito<br />

in una piccola classe composta da soli minori e selezionati al fine <strong>di</strong> evitare <strong>di</strong>namiche<br />

esplosive.<br />

Un insegnante uomo ha dato la propria <strong>di</strong>sponibilità come volontario, oltre il suo orario<br />

<strong>di</strong> lavoro, e la frequenza è al mattino, in modo che non possa incontrare il compagno che<br />

aveva ferito in comunità.<br />

Il ragazzo viene a scuola solo un paio <strong>di</strong> volte perché apprende che mancandogli il<br />

numero minimo <strong>di</strong> presenze non può sostenere l’esame <strong>di</strong> licenza elementare. Non è<br />

motivato dal fatto che la frequenza attuale costituisca un cre<strong>di</strong>to formativo per il prossimo<br />

anno scolastico. È deluso perché pensava che la licenza “gli fosse dovuta” e, a detta<br />

dell’educatore, questa avrebbe rappresentato una promozione sociale.<br />

Il ragazzo perde la borsa <strong>di</strong> lavoro perché, a detta dell’educatore, ne ha combinata una<br />

talmente grossa che non potrà più essere inserito da nessuna parte.<br />

Il ragazzo non si presenta alla visita del centro F. Fanon perché quel pomeriggio c’è lo<br />

sciopero degli autobus.<br />

anno 1998/99<br />

Ottobre-<strong>di</strong>cembre<br />

Il ragazzo, iscritto per il terzo anno alla scuola X, frequenta abbastanza regolarmente.<br />

È inserito in una classe normale dove non ci sono altri minori marocchini.<br />

Fa riferimento al servizio sociale <strong>di</strong> un’altra circoscrizione perché sua madre ha<br />

cambiato residenza.<br />

Viene iscritto in un corso <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> professionale e chiede il trasferimento ad altra<br />

scuola per il corso d'italiano in quanto non gli sarebbe possibile conciliare gli orari dei vari<br />

impegni: stage in azienda, corso <strong>di</strong> italiano, rientro in comunità fuori Torino.<br />

Febbraio<br />

Un insegnante del corso <strong>di</strong> italiano riferisce che il ragazzo si è inserito bene e che ha<br />

buoni rapporti sia con gli insegnanti che con i compagni.<br />

103


104<br />

5.3.3. Commento<br />

In queste sequenze decisionali traspare la sicurezza professionale degli<br />

insegnanti, fondata sulla fiducia <strong>nella</strong> propria capacità <strong>di</strong> vedere<br />

psicologicamente gli utentie sulla serena accettazione della propria funzione <strong>di</strong><br />

accoglienza, che le aiuterà a trovare comunque, al loro interno, le con<strong>di</strong>zioni<br />

per accogliere il ragazzo, senza tergiversare o nascondersi <strong>di</strong>etro a presunte<br />

responsabilità altrui. Dall’insieme dell’episo<strong>di</strong>o emerge inoltre che intorno al<br />

ragazzo c’è una <strong>rete</strong>, che il suo agire è visto, pensato, <strong>di</strong>scusso, seguito a più<br />

livelli: ad esempio, ciascuno dei servizi è, a suo modo, presente e tempestivo<br />

nell’in<strong>di</strong>viduare nuove alternative ad ogni episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> crisi.<br />

Poiché il racconto è prodotto da uno dei punti della <strong>rete</strong>, la scuola,<br />

nell’ambito della quale non si sono prodotti episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> violenza da parte del<br />

ragazzo, emerge anche la tensione degli insegnanti a ricostruire i pezzi<br />

mancanti del percorso del ragazzo, intessendo rapporti <strong>di</strong> <strong>rete</strong> con gli altri<br />

operatori che permettano loro <strong>di</strong> acquisire informazioni e <strong>di</strong> farsi un’idea più<br />

complessiva dell’utente come persona sociale e non solo come studente.<br />

Tuttavia la <strong>rete</strong> funziona prevalentemente ad un livello informale: tutte le<br />

notizie che segnalano l’evoluzione della storia <strong>di</strong> questo ragazzo e che fondano<br />

l’ipotesi <strong>di</strong> gravità delle sue con<strong>di</strong>zioni psicologiche, allarmando le insegnanti,<br />

sono acquisite casualmente. L’unica riunione <strong>di</strong> <strong>rete</strong> “ufficiale” è quella<br />

convocata dalle insegnanti stesse. Si può quin<strong>di</strong> dedurre che, a fronte <strong>di</strong> una<br />

frequente quanto coinvolgente comunicazione tra gli operatori intorno ai<br />

ragazzi e agli episo<strong>di</strong> che per <strong>di</strong>versi motivi possono creare effetti <strong>di</strong> choc,<br />

manchi, a monte, la progettazione <strong>di</strong> uno spazio <strong>di</strong> confronto, in <strong>rete</strong>, tra le<br />

<strong>di</strong>verse identità professionali che consenta, da un lato <strong>di</strong> specificare meglio le<br />

rispettive responsabilità e identità professionali, e, dall’altro, <strong>di</strong> imparare<br />

dall’esperienza in itinere a meglio raccontarsi e raccordarsi, riducendo i rischi<br />

<strong>di</strong> reciproca sottovalutazione o svalutazione dell'identità professionale.<br />

5.4. Esempio n. 4<br />

Collaborazione riuscita tra due soggetti della <strong>rete</strong>:<br />

la <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri e la scuola<br />

Questa collaborazione tra scuola e <strong>formazione</strong> si è realizzata <strong>nella</strong><br />

consapevolezza della necessità dell’inter<strong>di</strong>pendenza per realizzare l’obiettivo<br />

comune <strong>di</strong> favorire il percorso dei minori, verso opportunità stabilizzanti, in<br />

alternativa ai rischi <strong>di</strong> <strong>di</strong>spersione.<br />

Infatti i minori stranieri coinvolti in questa iniziativa hanno beneficiato <strong>di</strong><br />

un progetto più ampio <strong>di</strong> continuità educativa e <strong>di</strong> facilitazione del percorso,<br />

avendo potuto interagire nello stesso contesto (scuola), con interlocutori<br />

<strong>di</strong>versi che, insieme, gli hanno proposto opportunità per il suo futuro 63.<br />

63 Si ricorda la modalità operativa illustrata <strong>nella</strong> tabella 1 del Dispositivo per la comunicazione<br />

integrata sul territorio all’interno del capitolo 4.


Di quale collaborazione si tratta?<br />

Due me<strong>di</strong>atori culturali della <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri durante il<br />

periodo <strong>di</strong> stage dell’anno ’99-2000 sono stati inviati alla scuola per stranieri<br />

Parini con il compito <strong>di</strong> gestione <strong>di</strong> uno sportello <strong>di</strong> orientamento alla<br />

f o rmazione professionale; questo sportello è rimasto aperto tre giorn i<br />

all’interno della scuola stessa, con lo scopo <strong>di</strong> presentare il progetto <strong>di</strong> un corso<br />

<strong>di</strong> “orientamento al lavoro” <strong>di</strong> 30 h rivolto a 30 minori stranieri, che si sarebbe<br />

tenuto nel maggio ’99 presso la <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri 64.<br />

I me<strong>di</strong>atori in stage dovevano occuparsi della presentazione delle modalità<br />

<strong>di</strong> svolgimento del corso (dopo la partecipazione al corso il minore avrebbe<br />

potuto iscriversi ai corsi professionali per stranieri) e, nello stesso tempo,<br />

dell’iscrizione <strong>di</strong> quei minori, segnalati dagli insegnanti della scuola stessa con<br />

il prerequisito minimo del secondo livello <strong>di</strong> alfabetizzazione.<br />

Dopo i tre giorni previsti per le attività <strong>di</strong> sportello, i me<strong>di</strong>atori culturali in<br />

stage hanno poi seguito quegli stessi minori durante il corso <strong>di</strong> orientamento.<br />

Il loro compito era <strong>di</strong> supporto sia agli orientatori del corso e sia ai minori<br />

stessi, che venivano aiutati nei colloqui in<strong>di</strong>viduali e nei casi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà<br />

linguistiche <strong>nella</strong> compilazione delle schede personali.<br />

Come si è arrivati a questa collaborazione tra scuola e <strong>formazione</strong><br />

professionale?<br />

Tra la <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri e la Parini esisteva una <strong>reciprocità</strong> <strong>di</strong><br />

rapporti già dagli anni ’92-’93.<br />

L’idea <strong>di</strong> consolidare questi rapporti, progettando un corso insieme, si è<br />

sviluppata perché il progetto Integra I.Ter. prevedeva 3 corsi <strong>di</strong> orientamento<br />

al lavoro, rivolti a utenza migrante.<br />

Proprio per la <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> questi finanziamenti il Centro professionale<br />

ha proposto alla scuola Parini una collaborazione per la sperimentazione <strong>di</strong><br />

questo corso <strong>di</strong> “orientamento al lavoro”, riscuotendo interesse e <strong>di</strong>sponibilità<br />

alla collaborazione.<br />

L’esito favorevole <strong>di</strong> questa prima mossa ha visto le due istituzioni<br />

impegnate in una serie <strong>di</strong> negoziazioni produttive per rendere complementari<br />

i propri ruoli e per stabilire spazi, tempi, strumenti, orari, compiti dei due<br />

me<strong>di</strong>atori in stage.<br />

Alla scuola è stato riconosciuto il compito fondamentale <strong>di</strong> fungere da<br />

“filtro” <strong>nella</strong> segnalazione dei minori da iscrivere, <strong>di</strong> conseguenza è stato deciso<br />

che lo sportello si aprisse in un’aula della scuola stessa; le due istituzioni si<br />

sono quin<strong>di</strong> accordate sui giorni e sulle modalità <strong>di</strong> apertura dello Sportello<br />

orientativo, tenendo conto sia degli impegni relativi agli spazi ed al tutor della<br />

64 Si veda in allegato il progetto <strong>di</strong> questo corso <strong>di</strong> orientamento. (Allegato n. 1)<br />

105


scuola, sia della organizzazione del tempo dei due me<strong>di</strong>atori della <strong>Casa</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Carità</strong> Arti e Mestieri, in stage, che avrebbero preso in gestione lo sportello<br />

presso la scuola.<br />

Ciò che è risultato importante, con l’avvio <strong>di</strong> questa collaborazione<br />

interistituzionale è che, su 30 partecipanti al “corso <strong>di</strong> orientamento al lavoro”<br />

(maggio ’99), 18 si sono iscritti l’anno successivo ai corsi rivolti a minori<br />

stranieri della <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri.<br />

La positività dell’obiettivo raggiunto risulta ancora più significativa, se si<br />

considera che la maggioranza <strong>di</strong> questi minori erano soli e vivevano in<br />

comunità - alloggio.<br />

Questo esempio <strong>di</strong>mostra la volontà dei due soggetti, scuola e <strong>formazione</strong>,<br />

<strong>di</strong> cooperazione re c i p roca nel riconoscimento dell’identità e del ruolo<br />

dell’altro.<br />

I due attori hanno scelto <strong>di</strong> mettere insieme le esperienze e le competenze<br />

acquisite nei rispettivi ambiti <strong>di</strong> intervento con utenza migrante: insegnamento<br />

della lingua seconda <strong>nella</strong> scuola e insegnamento <strong>di</strong> un “mestiere” <strong>nella</strong><br />

<strong>formazione</strong> professionale 65.<br />

Entrambi i soggetti hanno accettato che l’altro entrasse <strong>nella</strong> propria cornice<br />

<strong>di</strong> attività con il suo specifico statuto etico-professionale e hanno concordato<br />

così tempi, spazi, orari…<br />

La scuola, attraverso la cooperazione con la <strong>formazione</strong> professionale<br />

regionale ha potuto dare maggiore significato alla propria progettualità rispetto<br />

ai minori poiché ha inserito i propri interventi in una prospettiva più ampia,<br />

ricavando così vantaggi sia per quanto riguarda i propri obiettivi istituzionali <strong>di</strong><br />

facilitazione per i minori migranti sia in termini <strong>di</strong> maggiore sod<strong>di</strong>sfazione per<br />

gli operatori.<br />

Inoltre, la mancanza <strong>di</strong> un me<strong>di</strong>atore culturale <strong>nella</strong> scuola era uno dei no<strong>di</strong><br />

critici lamentato dal gruppo <strong>di</strong> lavoro sulla scuola e, quin<strong>di</strong>, l’inserimento <strong>di</strong> un<br />

me<strong>di</strong>atore culturale ha significato anche una risposta a questa esigenza 66.<br />

La scuola ha potuto così contare su una presenza fissa <strong>di</strong> sostegno al docente<br />

<strong>nella</strong> gestione <strong>di</strong> questioni critiche interne alla classe, con interventi appropriati<br />

<strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione, e <strong>nella</strong> funzione <strong>di</strong> interpretariato per i corsisti con maggiori<br />

<strong>di</strong>fficoltà linguistiche (previste alcune ore in lingua d’origine).<br />

65 La <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri ha proposto anche alla scuola Braccini lo stesso modulo <strong>di</strong> corso<br />

<strong>di</strong> orientamento al lavoro, della durata <strong>di</strong> 30h. É interessante osservare che, in questo caso, la<br />

negoziazione ha condotto ad un’altra formula <strong>di</strong> sensibilizzazione: invece dell’apertura <strong>di</strong> uno<br />

sportello temporaneo, è stato concordato che un coor<strong>di</strong>natore del Centro professionale organizzasse<br />

due incontri con i ragazzi della scuola, per presentare il corso <strong>di</strong> orientamento. Accompagnato dalla<br />

me<strong>di</strong>atrice culturale che lavora presso la <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri, il coor<strong>di</strong>natore ha potuto così<br />

informare e sensibilizzare i futuri partecipanti, che, anche in questo caso erano stati segnalati dalle<br />

insegnanti.<br />

66 Si vedano le schede <strong>di</strong> autodefinizione delle tre aree <strong>di</strong> intervento (cap.6) ed in particolare quella<br />

della scuola, nel paragrafo 6.3.2.<br />

106


Il Centro professionale, dal suo canto, ha visto riconosciuto il proprio<br />

modulo <strong>di</strong> corso (Me<strong>di</strong>atore Culturale) e la figura professionale che ha<br />

“formato”, vedendone valutata positivamente la preparazione e la competenza;<br />

infatti, come già detto, <strong>nella</strong> scuola Parini sono stati proprio i me<strong>di</strong>atori culturali<br />

in stage a gestire lo sportello <strong>di</strong> ascolto interno, destinato alla presentazione e<br />

all’iscrizione dei minori al corso <strong>di</strong> orientamento al lavoro.<br />

Nello stesso tempo la <strong>formazione</strong> professionale, in prospettiva, potrà<br />

contare su un serbatoio <strong>di</strong> utenza futura, che spesso proviene proprio dalle<br />

scuole <strong>di</strong> alfabetizzazione e dai corsi <strong>di</strong> 150 h; potrà quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> una<br />

pubblicità in positivo delle proprie proposte formative da parte <strong>di</strong> un soggetto<br />

<strong>di</strong> primo piano <strong>nella</strong> <strong>rete</strong> dei servizi per stranieri: la scuola.<br />

Ma ciò che più conta è che la realizzazione <strong>di</strong> questo progetto <strong>di</strong><br />

comunicazione integrata tra scuola e <strong>formazione</strong> professionale porta vantaggi,<br />

soprattutto, al migrante stesso che, nel momento in cui si inserisce <strong>nella</strong><br />

<strong>formazione</strong>, può passare da una situazione <strong>di</strong> precarietà iniziale ad una<br />

opportunità <strong>di</strong> stabilizzazione lavorativa futura. I corsi per stranieri, come<br />

abbiamo visto nell’introduzione, facilitano infatti i frequentanti <strong>nella</strong> possibilità<br />

<strong>di</strong> trovare lavori regolari.<br />

5.5. Osservazioni conclusive<br />

L’ipotesi che sottostà al modello <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> che stiamo descrivendo è<br />

che l’ascolto della esplicitazione dei rispettivi vincoli, sia tra aree eterogenee<br />

che all’interno della propria area, favorisca la visibilità della reciproca<br />

inter<strong>di</strong>pendenza e renda più comprensibile ad ognuno il sistema <strong>di</strong> alternative<br />

entro cui l’altro si sta muovendo per definire i criteri del suo agire.<br />

La sensazione che si ricava, guardando i partecipanti, ascoltando i loro<br />

commenti e la produzione spontanea <strong>di</strong> altri racconti o materiali scritti che essi<br />

portano nel gruppo, è che si sia aperto un nuovo interesse per la circolazione<br />

delle idee nel gruppo.<br />

Riferirsi alla esplicitazione dei vincoli pro f e s s i o n a l i / i s t i t u z i o n a l i<br />

può risultare un’utile strategia per salvaguardare il principio <strong>di</strong> <strong>reciprocità</strong><br />

e la congruenza tra i <strong>di</strong>versi livelli <strong>di</strong> articolazione delle istanze<br />

educativo/formative, perché consente <strong>di</strong> affrontare le <strong>di</strong>fferenze attraverso un<br />

comune criterio <strong>di</strong> lettura: i vincoli favoriscono, infatti, il confronto su una<br />

con<strong>di</strong>zione comune a tutti gli attori, qualunque siano le asimmetrie <strong>di</strong> ruolo o<br />

le specificità professionali.<br />

Come abbiamo visto, questo percorso <strong>di</strong> esplicitazione e <strong>di</strong> confronto può<br />

innescare un processo <strong>di</strong> apertura alla ridefinizione dei rispettivi vincoli e alla<br />

in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> nuove soluzioni.<br />

La <strong>reciprocità</strong> rischia, infatti, <strong>di</strong> restare un assunto ideologico se non entra<br />

nel merito del riconoscimento reciproco <strong>di</strong> soggetti che sono tali, anche perché<br />

essendo quoti<strong>di</strong>anamente impegnati <strong>nella</strong> negoziazione <strong>di</strong> certi vincoli<br />

professionali-istituzionali, hanno trovato un proprio modo <strong>di</strong> convivere con<br />

essi e detengono quin<strong>di</strong> uno specifico sapere etico-professionale.<br />

107


Parte terza<br />

MIGRANTI E<br />

COMUNICAZIONE DI RETE<br />

109


Capitolo 6<br />

Percorsi <strong>di</strong> <strong>rete</strong> ed aree d’intervento<br />

Laura Bonica, Michele Grisoni, Silvia Zabaldano<br />

6.1. Ricostruzione <strong>di</strong> percorsi <strong>di</strong> <strong>rete</strong>,<br />

dal punto <strong>di</strong> vista dei migranti, prima del 1990<br />

Partiamo da due percorsi che riguardano inserimenti precedenti agli anni<br />

’90. Come si potrà osservare, i percorsi <strong>di</strong> <strong>rete</strong> effettuabili in quegli anni erano<br />

fondamentalmente basati su appoggi familiari e personali. In entrambi i casi si<br />

tratta <strong>di</strong> migranti che hanno dovuto rinunciare alle loro ambizioni universitarie,<br />

ma che sono <strong>di</strong>ventati operatori ed oggi rivestono un ruolo <strong>di</strong> riferimento<br />

qualificato <strong>nella</strong> progettazione della prima e seconda accoglienza per minori<br />

migranti.<br />

J., peruviano<br />

J. è arrivato nel’ ’81 dal Perù per ragioni familiari; era infatti sposato con una donna<br />

italiana. La con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> straniero non gli permetteva <strong>di</strong> lavorare legalmente; in quegli anni<br />

risultavano insufficienti i Servizi per stranieri e le norme non garantivano facilità <strong>di</strong><br />

regolarizzazione per il lavoro.<br />

L’inserimento è avvenuto autonomamente per conoscenze personali; non era inserito in<br />

una <strong>rete</strong> etnica, anche perché nel ’81, a Torino, vi erano solo 4 peruviani (nel ’98 sono<br />

invece 3200 i peruviani regolarizzati).<br />

K., palestinese<br />

K. palestinese con passaporto israeliano, parte per motivazioni politiche e decide <strong>di</strong><br />

iscriversi all’Università in Italia per completare gli stu<strong>di</strong> in Veterinaria. La sua <strong>rete</strong> <strong>di</strong><br />

riferimento sono i parenti già immigrati in passato.<br />

Il primo contatto avviene alla Stazione <strong>di</strong> Roma, dove K. incontra <strong>di</strong>fficoltà a farsi capire<br />

dal bigliettaio, che non parla inglese. Parte quin<strong>di</strong> per l’Università <strong>di</strong> Perugia, perché sa che<br />

lì esiste un ufficio presso la Questura che si occupa <strong>di</strong> accoglienza degli studenti stranieri.<br />

Si iscrive ad un corso <strong>di</strong> lingua italiana a Perugia della durata <strong>di</strong> un mese: K. ottiene un<br />

attestato <strong>di</strong> conoscenza <strong>di</strong> lingua italiana. Vive presso una famiglia <strong>di</strong> Assisi, contattata grazie<br />

a conoscenze <strong>di</strong> compagni <strong>di</strong> Università.<br />

Durante l’estate svolge un lavoro stagionale in un ristorante <strong>di</strong> Rimini. Qui K. ha un<br />

contatto con un operatore <strong>di</strong> polizia che minaccia <strong>di</strong> denunciarlo per lavoro in nero.<br />

In autunno si iscrive alla facoltà <strong>di</strong> Veterinaria dell’Università <strong>di</strong> Milano. Ha il problema<br />

<strong>di</strong> trovare un posto letto. Alla <strong>Casa</strong> dello Studente <strong>di</strong> Milano la quota <strong>di</strong> posti letto per<br />

stranieri è del 10%. K. è escluso, per mancanza <strong>di</strong> posti liberi. Così, per tre mesi va a<br />

dormire <strong>nella</strong> stazione, dove si ritrova anche con altri studenti stranieri.<br />

Insieme progettano un'azione <strong>di</strong> occupazione della <strong>Casa</strong> dello Studente.<br />

Nel corso <strong>di</strong> questa fase iniziale è riuscito a mantenersi grazie ai sol<strong>di</strong> guadagnati in<br />

111


Palestina, prima <strong>di</strong> partire per l’Italia.<br />

Ora deve lavorare. Tramite conoscenze private si inserisce nell’attività <strong>di</strong> trasporto<br />

dell’Euro-Club. Ciò favorisce la possibilità <strong>di</strong> fare attività politica in giro per l’Europa:<br />

K. fonda, così, un’Associazione <strong>di</strong> Studenti Palestinesi del ’48, e si impegna in <strong>di</strong>verse forme<br />

<strong>di</strong> propaganda e <strong>di</strong> attività autogestite, per la causa palestinese.<br />

K., nell’84, arriva a Torino ed entra in contatto con il servizio Caritas, che si occupava<br />

<strong>di</strong> aiuto e sostegno agli immigrati. Qui conosce un obiettore <strong>di</strong> coscienza che lo presenta al<br />

responsabile <strong>di</strong> una cooperativa sociale.<br />

Assunto dalla Cooperativa Sociale Crescere Insieme, il suo compito è gestire soggiorni<br />

estivi per ragazzi portatori <strong>di</strong> han<strong>di</strong>cap. Diventa dopo pochi mesi educatore in Comunità -<br />

Alloggio per minori italiani.<br />

Nel ’93 assume il ruolo <strong>di</strong> educatore <strong>di</strong> strada nel progetto <strong>di</strong> prevenzione del <strong>di</strong>sagio<br />

giovanile per minori italiani e stranieri.<br />

Il ruolo dell’educatore <strong>di</strong> strada è quello <strong>di</strong> seguire, accompagnare e orientare<br />

nell’inserimento il minore straniero; l’educatore <strong>di</strong> strada viene pagato dalla Circoscrizione<br />

per 3,5 h al giorno, anche se, in realtà, ne deve fare anche sette o otto. (K.)<br />

In questo nuovo ruolo valuta la presa in carico del minore verso un tipo <strong>di</strong> accoglienza<br />

professionalizzante, e comincia ad elaborare idee e strategie in merito67 .<br />

L’educatore deve cercare il contatto con il ragazzo, muovendosi per il quartiere. Sono<br />

necessarie varie fasi <strong>di</strong> approccio per capire i bisogni e le esigenze del singolo soggetto. La<br />

fase dell’avvicinamento è in<strong>di</strong>spensabile per conquistarsi la fiducia del ragazzo. Solo dopo<br />

questo momento iniziale è possibile iniziare il rapporto in<strong>di</strong>viduale con il minore<br />

straniero.(K.)<br />

K., dal ’96, lavora nell’Associazione Solidea68 , che ha preso in tutela 9 minori stranieri.<br />

112<br />

6.2. La situazione attuale<br />

Negli anni più recenti, come si è già visto nel capitolo 1, l’ondata migratoria<br />

si è intensificata e presenta caratteristiche molto più articolate. Dal racconto dei<br />

percorsi emerge l’importanza della <strong>rete</strong>, e si avverte che pur rimanendo<br />

l’inserimento lavorativo un obiettivo primario, tuttavia il successo del percorso,<br />

soprattutto per i minori, si gioca attraverso i filtri precedenti.<br />

Minori albanesi<br />

I minori albanesi il più delle volte arrivano soli, senza legami familiari;<br />

il problema principale è che spesso essi hanno l’obbligo <strong>di</strong> mandare i sol<strong>di</strong><br />

a casa, e questo vincolo con<strong>di</strong>ziona la loro <strong>di</strong>sponibilità ad un percorso<br />

formativo continuativo. In una considerevole quantità <strong>di</strong> casi, occorrerebbero<br />

anche interventi alternativi per aiutarli ad uscire dalla <strong>rete</strong> della criminalità<br />

organizzata.<br />

Di solito il primo contatto avviene attraverso Organizzazioni <strong>di</strong> volontariato,<br />

più frequentemente, quelle cattoliche (Caritas, Sermig, Oratori…).<br />

67 Si veda anche il capitolo 5, esempio n. 2: la prima mossa.<br />

68 Solidea è in <strong>rete</strong> con altre Associazioni (Premoli, Ala) che si occupano <strong>di</strong> accompagnare e seguire il<br />

minore nell’assistenza, nell’istruzione, nelle pratiche legali e sanitarie.


Il contatto successivo passa attraverso l’Ufficio Minori Stranieri del Comune,<br />

dove avviene una prima schedatura del minore. Questo ufficio può contattare<br />

altri Enti della <strong>rete</strong>; cerca <strong>di</strong> impostare programmi appositi <strong>di</strong> tutela e<br />

inserimento in comunità d’accoglienza, rapportandosi con la Questura e i<br />

giu<strong>di</strong>ci tutelari.<br />

Quando il percorso è riuscito, prevede la frequenza presso le Scuole me<strong>di</strong>e:<br />

Parini, Braccini o altri C.T.P. (Centri Territoriali Permanenti) e parallelamente ad<br />

un corso <strong>di</strong> Formazione Professionale Regionale.<br />

Minori marocchini<br />

Come punto <strong>di</strong> riferimento, i minori marocchini spesso hanno un adulto e<br />

arrivano a Torino perché hanno un genitore o comunque parenti/amici immigrati<br />

precedentemente.<br />

Nel racconto degli operatori questo esempio <strong>di</strong> percorso riuscito ha<br />

previsto le seguenti tappe del percorso <strong>di</strong> <strong>rete</strong>:<br />

Il primo contatto presso l’educativa <strong>di</strong> strada che, a Torino, opera<br />

prevalentemente nel quartiere S. Salvario.<br />

Quin<strong>di</strong>, l’inserimento <strong>nella</strong> scuola me<strong>di</strong>a statale Manzoni ed il sostegno da<br />

parte dell’Associazione Solidea, che si occupa <strong>di</strong> sostegno scolastico e<br />

inserimento lavorativo.<br />

Infine l’inserimento in un corso professionale specifico per migranti minori.<br />

Riuscire ad evitare l’uscita dalla legalità, trovare una casa in cui tornare la<br />

sera e iscriversi ad un corso professionale, può essere già considerato un lusso,<br />

una buona garanzia per un inserimento riuscito anche dal punto <strong>di</strong> vista sociale<br />

e lavorativo.<br />

Sentiamo a questo proposito la descrizione della fase iniziale del percorso<br />

dei migranti visto dal punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> uno dei responsabili storici dei servizi<br />

per la prima accoglienza, don Fredo Olivero 69.<br />

69 Attualmente don Fredo Olivero <strong>di</strong>rige il Servizio Stranieri della Caritas <strong>di</strong> Torino.<br />

113


114<br />

Chi sceglie <strong>di</strong> emigrare è spinto in primo luogo dal bisogno <strong>di</strong> una<br />

casa e <strong>di</strong> lavorare piuttosto che <strong>di</strong> andare a scuola.<br />

La casa, o anche più semplicemente un letto, significa un luogo <strong>di</strong><br />

riferimento sicuro dove poter tornare la sera. Essere bianco o<br />

essere nero, appartenere ad una etnia o ad un’altra significa molto<br />

<strong>nella</strong> possibilità <strong>di</strong> trovare una casa.<br />

Essere africano ma non nigeriano è già un punto in più!<br />

Il secondo livello <strong>di</strong> bisogni si ricollega al lavoro comprendendo<br />

almeno tre aspetti:<br />

• la necessità <strong>di</strong> sopravvivere;<br />

• il mantenere una famiglia che è rimasta lontano nel paese <strong>di</strong><br />

origine;<br />

• lo scioglimento del debito che il migrante contrae quando sceglie<br />

<strong>di</strong> partire.<br />

Nella fase <strong>di</strong> prima accoglienza è quin<strong>di</strong> determinante il rapporto<br />

tra casa e lavoro. La ricerca del lavoro per uno straniero appena<br />

arrivato è affannosissima, un vero e proprio incubo determinato<br />

dalla con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> irregolarità che non permette <strong>di</strong> mostrare delle<br />

credenziali.<br />

Il rischio è quin<strong>di</strong> che l’immigrato irregolare finisca con l’accettare<br />

lavori precari il più delle volte al <strong>di</strong> sotto della <strong>di</strong>gnità umana.<br />

Vivo in una casa senza luce e acqua e lavoro anche 14-16 ore al<br />

giorno!<br />

Ma con il passare del tempo il migrante arriva a conoscere il<br />

territorio e le strade da percorrere per trovare un luogo ed un lavoro,<br />

sia legali che illegali.<br />

Scatta così il rischio opposto.<br />

Come ci ricorda don Fredo Olivero 70, un problema molto sentito<br />

dagli operatori dell’accoglienza è che spesso il migrante, quando<br />

trova una collocazione in una comunità/alloggio, entra in una<br />

situazione <strong>di</strong> stallo, con il rischio <strong>di</strong> sedersi, perdendo lo stimolo<br />

iniziale della ricerca del lavoro. Lo straniero arriva ad<br />

un’accettazione implicita <strong>di</strong> una cultura assistenziale.<br />

Siccome il migrante si ritrova a vivere in un posto dove può non<br />

pagare, si siede e cerca lavoro in modo saltuario. Appena arrivato<br />

va tre volte alla settimana allo Sportello per cercare lavoro, poi<br />

sempre <strong>di</strong> meno. (Un operatore della prima accoglienza).<br />

Un altro aspetto fondamentale nell’inserimento lavorativo è<br />

costituito dalle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> salute; senza il benessere fisico (ma<br />

anche psicologico) non è possibile investire pienamente nel proprio<br />

progetto lavorativo.<br />

70 Relazione - intervista presentata al corso <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> <strong>nella</strong> giornata sull'accoglienza.


Alla casa, al lavoro e alla s a l u t e segue poi il bisogno <strong>di</strong><br />

socializzazione come momento <strong>di</strong> verifica dell’inserimento <strong>nella</strong><br />

realtà <strong>di</strong> accoglienza.<br />

Le scuole <strong>di</strong> lingua italiana o i corsi <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> professionale<br />

sono veri e propri laboratori <strong>di</strong> intercultura, luoghi <strong>di</strong><br />

s c a m b i o / i n c o n t ro/conoscenza con le altre comunità etniche.<br />

Soprattutto per i minori stranieri l’inserimento in un contesto <strong>di</strong><br />

classe è un passo fondamentale verso l’integrazione.<br />

La scuola permette inoltre al migrante <strong>di</strong> iniziare a conoscere il<br />

territorio e a muoversi con più facilità al suo interno.<br />

Un altro ambito da considerare è sicuramente quello relativo al<br />

bisogno <strong>di</strong> ricongiungimento familiare. Tutti i migranti <strong>di</strong>chiarano<br />

inizialmente l’intenzione <strong>di</strong> rimanere in Italia solo qualche anno,<br />

mentre in realtà i rientri in patria sono solo nell’or<strong>di</strong>ne dell’1%.<br />

I casi <strong>di</strong> ricongiungimento sono aumentati negli ultimi quattro anni:<br />

il 10% degli immigrati è costituito da persone ricongiunte.<br />

Come ultimi bisogni, ma non per questo meno sentiti, troviamo<br />

l’identificazione religiosa, vista come possibilità <strong>di</strong> esprimere la<br />

propria fede e l’associazionismo etnico. Numerosissimi sono i<br />

momenti <strong>di</strong> ritrovo e <strong>di</strong> festa; ad esempio la comunità rumena (4000<br />

cristiani circa a Torino) si riunisce molto più frequentemente dei<br />

praticanti italiani.<br />

Dietro la fede si rivela il bisogno <strong>di</strong> ritrovarsi, <strong>di</strong> sentirsi uniti e <strong>di</strong><br />

riconoscersi in un luogo “protetto”.<br />

Anche l’associazionismo etnico risponde al bisogno <strong>di</strong><br />

socializzazione e <strong>di</strong> scambio <strong>di</strong> informazioni; spesso è il principale<br />

strumento <strong>di</strong> inserimento e avviamento lavorativo.<br />

Molte sono le comunità autoreferenti inserite <strong>nella</strong> realtà lavorativa<br />

piemontese, come ad esempio la comunità cinese nel settore<br />

tessile o della ristorazione o la comunità rumena nel settore<br />

domestico/assistenziale.<br />

In questi casi prevale un sistema <strong>di</strong> regolarizzazione interna dei<br />

nuovi arrivati, senza un confronto con gli attori istituzionali della <strong>rete</strong><br />

torinese.<br />

Di conseguenza il migrante, che si impegna in associazioni italiane,<br />

è spesso visto come tra<strong>di</strong>tore ed è ostacolato dalla comunità <strong>di</strong><br />

appartenenza.<br />

115


116<br />

6.2.1. Frequenza scolastica e ricongiungimenti familiari<br />

Riportiamo alcune testimonianze emerse nel gruppo <strong>di</strong> ascolto durante il<br />

corso Formazione Formatori, <strong>nella</strong> giornata condotta da Ines Damilano, che<br />

riguardano i ricongiungimenti familiari. Ci pare che aggiungere anche questo<br />

flash possa aiutare a completare l’idea dei percorsi dei migranti, e delle <strong>di</strong>verse<br />

<strong>di</strong>fficoltà che possono impe<strong>di</strong>re la continuità della frequenza dei corsi.<br />

Esempio 1<br />

Nell’ambito <strong>di</strong> un corso <strong>di</strong> lingua italiana per stranieri:<br />

Una ragazzina peruviana <strong>di</strong> 17 anni che frequentava e sembrava motivata,<br />

dopo un mese sparisce. Ha deciso <strong>di</strong> ritornare in Perù. Quale situazione<br />

c’è <strong>di</strong>etro?<br />

La ragazzina è arrivata a Torino per raggiungere la madre e poter così<br />

continuare gli stu<strong>di</strong> che nel suo paese avrebbe dovuto interrompere. La madre<br />

è qui da otto anni e quin<strong>di</strong> non ha più potuto coltivare un rapporto <strong>di</strong>retto con<br />

la ragazza da quando la lasciò in Perù all’età <strong>di</strong> 9 anni. Tuttavia la madre<br />

organizza tutto il soggiorno in funzione <strong>di</strong> questo ricongiungimento: lavora<br />

come colf fissa in una famiglia e risparmia per comprarsi un appartamentino.<br />

Appena ha una casa, si informa sui corsi, iscrive la figlia anticipatamente al<br />

corso <strong>di</strong> lingua e le organizza il viaggio. Arrivata qui, la figlia passa molte ore<br />

da sola in questo appartamentino, comincia le lezioni ma non sa ancora la<br />

lingua, si annoia, è delusa, è sola. Dopo un solo mese decide d’impulso <strong>di</strong><br />

ripartire. La madre non riesce a fermarla, si rende conto <strong>di</strong> non avere nessuna<br />

autorità sulla figlia o ab<strong>di</strong>ca per prima alla sua autorità. Qualcosa si è rotto.<br />

E crolla anche il suo sogno.<br />

Esempio 2<br />

D., madre congolese è in crisi con la figlia <strong>di</strong> 9 anni. Stanno per metterla<br />

in istituto: trova invece appoggio <strong>nella</strong> famiglia <strong>di</strong> J., me<strong>di</strong>atrice culturale e sua<br />

connazionale emigrata a Torino, la quale riesce a me<strong>di</strong>are tra madre e figlia e<br />

ad impe<strong>di</strong>re la separazione.<br />

Esempio 3<br />

Da una cooperativa <strong>di</strong> lavoro:<br />

B., madre peruviana con 3 figli, è in Italia da 4 anni. Subentra una forte<br />

depressione. Fa più <strong>di</strong> 200 ore <strong>di</strong> assenza, ed è costretta a lasciare il lavoro.<br />

Questa donna viveva una grande nostalgia, ma non osava esprimere il suo<br />

bisogno <strong>di</strong> ritornare in Perù perché temeva il giu<strong>di</strong>zio del marito. In cuor suo<br />

pensa che sia stato il marito a spe<strong>di</strong>rla qui.


6.2.2. La genitorializzazione dei minori<br />

Un altro aspetto <strong>di</strong> cui tener conto, rispetto alla criticità dei percorsi, è la<br />

posizione <strong>di</strong> un migrante adolescente, la cui capacità <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento della<br />

lingua seconda è più rapida rispetto ad un adulto. Il minore <strong>di</strong>venta spesso il<br />

soggetto che riesce a risolvere problemi familiari concreti, come ad esempio la<br />

compilazione <strong>di</strong> moduli/certificati, il pagamento <strong>di</strong> bollette, il rapporto con i<br />

Sevizi socio-assistenziali, scolastici… La generazione giovane rappresenta<br />

quin<strong>di</strong> un interp<strong>rete</strong> esperto, il punto <strong>di</strong> riferimento della famiglia immigrata; il<br />

rischio è quello <strong>di</strong> un rovesciamento dei ruoli, una sorta <strong>di</strong><br />

“genitorializzazione dei figli” con conseguenze anche gravi nell’equilibrio<br />

familiare.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista dei valori etnici, si può ricordare anche l’esempio 3,<br />

descritto nel capitolo precedente 71, in cui il ragazzino marocchino, che riesce<br />

a coinvolgere, intorno ai suoi scoppi improvvisi <strong>di</strong> violenza, <strong>di</strong>verse istanze<br />

della <strong>rete</strong> dei servizi, aveva ricevuto dal padre, costretto a rimpatriare, il<br />

compito <strong>di</strong> fare da capo famiglia rispetto alla madre ed alla sorella. E lui allora<br />

non sopportava che la sorella e la madre vestissero all’occidentale. Si era,<br />

quin<strong>di</strong>, fatto carico <strong>di</strong> un grosso compito, che richiedeva, in un certo senso <strong>di</strong><br />

rinunciare alla sua identità <strong>di</strong> adolescente. La gravità della crisi familiare, in<br />

seguito a questo snaturamento dei ruoli genitoriali, aveva condotto i servizi a<br />

metterlo sotto tutela presso una comunità.<br />

6.2.3. Commento<br />

Il contesto della partenza . Quando una donna viene qui, abbandonando<br />

marito e figli, <strong>di</strong> quale progetto è portatrice? Chi ha deciso veramente? Quali<br />

“non detti” sono restati sospesi al momento della partenza? Come è stato il<br />

saluto?<br />

Ciò che è restato in sospeso va a confluire, per chi resta e per chi parte,<br />

nei rispettivi cambiamenti dovuti all’età, alle esperienze, all’ambiente e al<br />

momento del sognato ricongiungimento e può costituire una barriera che<br />

esplode alla prima <strong>di</strong>fficoltà.<br />

Il ruolo <strong>di</strong> un terzo può <strong>di</strong>ventare allora fondamentale. Esso può essere<br />

costituito dalla comunità come nell’esempio 2, ma sovente, soprattutto se il<br />

ricongiungimento è idealizzato e annunciato come tale anche <strong>nella</strong> comunità<br />

<strong>di</strong> riferimento, quando la barriera esplode la persona si trova psicologicamente<br />

spiazzata, fallita, delusa, sola. Lo spazio dei corsi, la scuola o il contesto <strong>di</strong><br />

lavoro <strong>di</strong>ventano allora i luoghi della “nuova identità” cui il soggetto può aver<br />

bisogno <strong>di</strong> aggrapparsi per ristabilire un luogo presente e stabile dal quale<br />

rileggere il passato, smontare le illusioni, ricostruire una speranza ed una<br />

nuova immagine dei propri affetti e ruoli familiari.<br />

71 Si veda il capitolo 5, paragrafo 5.3.<br />

117


I gruppi <strong>di</strong> ascolto possono fungere da “terzo” che autorizza questo<br />

spazio. Ciò può liberare nuove energie per l’appren<strong>di</strong>mento, può consentire <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stinguere tra presente, passato e futuro, può condurre a relativizzare la<br />

delusione facendo emergere l’importanza, anche per se stessi, <strong>di</strong> darsi tempo<br />

e ascoltarsi.<br />

La ragazza del primo esempio è fuggita dopo un solo mese; è sorprendente<br />

che la madre non sia riuscita a comunicarle il senso <strong>di</strong> una prospettiva<br />

temporale più ampia per fare un bilancio. Perché? In fondo, la madre stessa<br />

aveva agito in fretta, anticipando tutte le pratiche per i corsi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, senza<br />

p re v e d e re un tempo per <strong>di</strong>gerire i sospesi, ricostruire un rapporto,<br />

comprendere i cambiamenti, prepararsi ad avere <strong>di</strong> fronte, non più la bambina,<br />

ma un’adolescente e ciò probabilmente le ha impe<strong>di</strong>to <strong>di</strong> costruire una nuova<br />

autorità fondata su una nuova base <strong>di</strong> <strong>reciprocità</strong> e comprensione 72.<br />

118<br />

6.3. Ricostruzione <strong>di</strong> percorsi <strong>di</strong> <strong>rete</strong>,<br />

dal punto <strong>di</strong> vista dei servizi<br />

La ricostruzione dei percorsi <strong>di</strong> <strong>rete</strong>, effettuata dal punto <strong>di</strong> vista degli<br />

operatori dei servizi, a partire dal primo contatto, conduce ad introdurre la<br />

<strong>di</strong>fferenziazione, all’interno dell’utenza migrante, tra i minori, le donne e gli<br />

uomini adulti. Ve<strong>di</strong>amo, per ognuna <strong>di</strong> queste tipologie <strong>di</strong> utenza qual’è il<br />

percorso più probabile:<br />

Minori migranti<br />

Il minore arriva in Italia, nessuno sa nulla <strong>di</strong> lui.<br />

PRIMO CONTATTO: educatori <strong>di</strong> strada, oratori, gruppi sportivi e<br />

Associazioni <strong>di</strong> volontariato. Gli operatori <strong>di</strong> polizia trovano il minore senza<br />

genitori. Interviene la Questura per la regolarizzazione e l’inserimento in<br />

comunità alloggio. Il minore straniero segnalato dal giu<strong>di</strong>ce tutelare ha il<br />

permesso <strong>di</strong> soggiorno fino al 18° anno; oltre a questa data la permanenza è<br />

possibile solo se il ragazzo lavora. Viene iscritto in una scuola me<strong>di</strong>a e/o nei<br />

corsi <strong>di</strong> alfabetizzazione. Inserimento in corsi <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> professionale.<br />

Uomini adulti<br />

Il migrante si rivolge a strutture, come gli sportelli <strong>di</strong> orientamento, che<br />

incanalano alla <strong>formazione</strong> professionale regionale.<br />

Avviene una verifica burocratica dei documenti per poter essere inseriti nei<br />

corsi, come iscritto regolare o regolabile.<br />

All’interno del Centro professionale avviene l’accoglienza: si spiegano le<br />

tipologie dei corsi e i vari livelli <strong>di</strong> inserimento professionale.<br />

Spesso mancano informazioni e dati <strong>di</strong> ritorni positivi del migrante che ha<br />

avuto successo nell’inserimento lavorativo.<br />

72 Si veda anche capitolo 9, pr. 9.2. sulle storie personali e le traiettorie evolutive.


Donne migranti<br />

Appena arrivate, cercano vitto e alloggio (presso la Caritas o altre<br />

Associazioni <strong>di</strong> volontariato).<br />

Molti centri <strong>di</strong> accoglienza offrono <strong>formazione</strong> professionale gratuita alle<br />

donne nell’ambito infermieristico, della gestione domestica, del<br />

perfezionamento linguistico.<br />

Tra le donne migranti, che seguono questo percorso, sono soprattutto<br />

quelle che vengono dall’Europa dell’Est che trovano facilmente lavoro come<br />

colf o nell’assistenza domiciliare.<br />

Si presentano numerosi casi <strong>di</strong> ricongiungimento dei parenti, nel momento<br />

in cui la donna ha raggiunto un’occupazione stabile e regolare in Italia.<br />

6.3.1. Il percorso standard del migrante<br />

Come abbiamo visto, negli anni più recenti, i contatti <strong>di</strong> <strong>rete</strong> sono risorse<br />

fondamentali per risolvere i problemi del singolo migrante dal momento<br />

dell’arrivo in Italia. L’integrazione reale dello straniero avviene solo attraverso<br />

l’inserimento lavorativo, ma per arrivare a questo obiettivo esistono <strong>di</strong>verse<br />

strade.<br />

Il grafico, a cui ci riferiamo, (grafico n. 7) prende in esame un potenziale<br />

percorso semplificato che ci consente <strong>di</strong> mettere in sequenza il tipo <strong>di</strong><br />

istituzioni/servizi con cui solitamente entra in contatto il migrante che si muove<br />

verso l’inserimento lavorativo e la stabilità.<br />

Come si vede dal grafico il primo momento è rappresentato dal contatto<br />

tra il soggetto migrante e un operatore <strong>di</strong> un qualunque servizio. Può avvenire<br />

in <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong>: per strada, su iniziativa dello stesso straniero o<br />

dell’educatore/servizio che lo incontra; può essere una richiesta <strong>di</strong> aiuto<br />

implicita o esplicita, ma ciò che è importante è la capacità <strong>di</strong> cogliere l’input<br />

<strong>di</strong> richiamo.<br />

In questa fase <strong>di</strong> avvicinamento occorre ricordare che spesso il migrante si<br />

trova in una posizione irregolare e il primo soggetto istituzionale che incontra<br />

è un vigile che lo ferma e lo porta in Questura. Anche in questo caso il contatto<br />

ha un valore positivo perché rappresenta comunque il primo momento in cui<br />

il migrante <strong>di</strong>venta visibile come potenziale assistito dalla Rete territoriale dei<br />

servizi. Come abbiamo già visto, a seconda del tipo <strong>di</strong> approccio, può crearsi<br />

o meno la fiducia dello straniero verso gli Enti istituzionali. Per una riuscita<br />

positiva del contatto è importante un atteggiamento <strong>di</strong> apertura rassicurante dei<br />

Servizi verso la sofferenza del migrante che si ha <strong>di</strong> fronte, unita ad un<br />

atteggiamento <strong>di</strong> partecipazione sentita e rispettosa; non serve una semplice<br />

risposta <strong>di</strong> comodo.<br />

Nel primo contatto, se viene coinvolto un minore in stato <strong>di</strong> abbandono<br />

nasce imme<strong>di</strong>atamente il problema della tutela e la conseguente necessità <strong>di</strong><br />

collegarsi alla prima accoglienza (Comunità <strong>di</strong> assistenza e alloggio, tutori).<br />

Altro è il caso dell’adulto non regolare che può prendere strade <strong>di</strong>verse: seguire<br />

119


il percorso del grafico, prendere altre vie non istituzionali (appoggio presso<br />

parenti/amici), oppure in<strong>di</strong>rizzarsi verso l’illegalità come risposta iniziale ad<br />

uno stato <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio per poi reinserirsi, eventualmente, nei percorsi regolari, in<br />

una fase successiva.<br />

Il contatto rappresenta il primo ambito <strong>di</strong> possibile confronto costruttivo tra<br />

due <strong>di</strong>verse culture, quella <strong>di</strong> origine e quella del paese <strong>di</strong> accoglienza,<br />

rappresentata, <strong>di</strong> volta in volta, dall’operatore del Servizio che, per primo,<br />

inserisce il migrante <strong>nella</strong> <strong>rete</strong> dei potenziali utenti.<br />

Alla base <strong>di</strong> un percorso professionalizzante si trova l’accoglienza, che<br />

risponde ad una situazione <strong>di</strong> emergenza iniziale attraverso la me<strong>di</strong>azione dei<br />

bisogni del migrante con le richieste istituzionali (Questura, Comune). Di solito<br />

questa parola è usata con un significato “emergenziale”, per designare una <strong>rete</strong><br />

<strong>di</strong> opportunità essenziali alla imme<strong>di</strong>ata assistenza materiale <strong>di</strong> chi arriva sui<br />

nostri suoli (prime necessità: vitto, alloggio, cure me<strong>di</strong>che imme<strong>di</strong>ate); in<br />

secondo luogo serve ad in<strong>di</strong>care la necessità <strong>di</strong> mettere lo straniero <strong>nella</strong><br />

con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> non smarrirsi e <strong>di</strong> trovare un approdo, più o meno temporaneo,<br />

<strong>di</strong>sponibile a farsi carico dei suoi problemi (primo inserimento).<br />

Nell’accoglienza i soggetti coinvolti sono gli educatori <strong>di</strong> strada, gli<br />

operatori dei Servizi sociali, le Associazioni <strong>di</strong> volontariato (Caritas, Sermig…)<br />

e le Comunità <strong>di</strong> assistenza e alloggio.<br />

In questa fase <strong>di</strong> emergenza i Servizi forniscono informazioni per<br />

consentire al singolo migrante <strong>di</strong> muoversi autonomamente <strong>nella</strong> realtà <strong>di</strong><br />

arrivo (conoscenza degli Enti territoriali per stranieri).<br />

L’obiettivo è quello <strong>di</strong> orientare il migrante a costruirsi un progetto<br />

personale verso l’inserimento lavorativo, sviluppando la sua capacità <strong>di</strong><br />

relazionarsi senza <strong>di</strong>sperdere la propria identità; entra in gioco il ruolo<br />

fondamentale degli sportelli <strong>di</strong> orientamento.<br />

In questa fase avviene la prima verifica (verifica 1) delle capacità e<br />

possibilità <strong>di</strong> presa in carico professionalizzante da parte dei Servizi. Non è<br />

importante l’Ente che incontra il migrante (Questura, Associazioni <strong>di</strong><br />

volontariato, Servizi sociali, educatori <strong>di</strong> strada, Scuole, Form a z i o n e<br />

professionale), quello che conta è la con<strong>di</strong>visione dell’obiettivo finale da parte<br />

<strong>di</strong> tutti i Servizi della Rete: in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> percorsi specifici verso una reale<br />

opportunità lavorativa. È opportuna una comunicazione integrata nel territorio<br />

tra i <strong>di</strong>versi attori (Istituzioni, Accoglienza, Scuola e Formazione Professionale);<br />

il punto <strong>di</strong> partenza è il riconoscimento del ruolo dell’altro servizio, dei vincoli<br />

che ne specificano l’identità e delle conc<strong>rete</strong> possibilità <strong>di</strong> intervento <strong>di</strong> ognuno<br />

in base al proprio statuto.<br />

È necessario ammettere il proprio limite e accettare il confronto con l’altro<br />

Ente, senza vederlo come concorrenziale: l’atteggiamento più produttivo per<br />

giungere ad una collaborazione si è rivelato quello della <strong>reciprocità</strong> e della<br />

complementarità, viste come riconoscimento e negoziazione del proprio sapere<br />

etico-professionale.<br />

120


Il progetto, centrato sulle aspettative del singolo in relazione alle<br />

opportunità reali offerte dal territorio, può <strong>di</strong>rigersi verso tre ambiti: la Scuola,<br />

la Formazione Professionale Regionale e le prospettive <strong>di</strong> lavoro.<br />

Il migrante può vivere questi settori uno dopo l’atro (alfabetizzazione,<br />

corso professionale, attività lavorativa) o parallelamente (corso <strong>di</strong><br />

alfabetizzazione al mattino/corso professionale serale o lavoro <strong>di</strong>urno/corso<br />

serale presso la Scuola <strong>di</strong> lingua per stranieri o il Centro professionale).<br />

La scuola (alfabetizzazione e 150 h) costituisce un punto <strong>di</strong> riferimento<br />

centrale per lo straniero, non solo come luogo <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento della lingua<br />

seconda ma come ambito <strong>di</strong> socializzazione, me<strong>di</strong>azione e incontro con altre<br />

culture.<br />

Le scuole si preoccupano inoltre della gestione dell’interazione con gli altri<br />

attori della <strong>rete</strong> (Questura, Tribunali, Accoglienza e Formazione professionale),<br />

per la risoluzione <strong>di</strong> problematiche extra-scolastiche tipiche <strong>di</strong> un’utenza<br />

straniera: segnalazioni <strong>di</strong> tutele al tribunale dei minori, accompagnamento agli<br />

uffici comunali, richiesta <strong>di</strong> interventi specializzati (vaccinazioni, supporti<br />

psicologici).<br />

La scuola svolge quin<strong>di</strong> una funzione <strong>di</strong> o r i e n t a m e n t o, <strong>di</strong><br />

accompagnamento e guida sia nel percorso professionale sia nell’inserimento<br />

sociale; può in<strong>di</strong>rizzare verso un corso professionale o verso opportunità<br />

lavorative regolari, attraverso un attento bilancio <strong>di</strong> competenze del singolo<br />

soggetto.<br />

Sullo stesso piano della scuola si trova la Formazione Professionale<br />

Regionale che rappresenta un proseguimento della preparazione del migrante<br />

verso l’inserimento lavorativo.<br />

Gli Enti formativi dovrebbero avere una struttura efficiente e integrata nel<br />

territorio; un primo compito è <strong>di</strong> carattere informativo e orientativo.<br />

Ogni Centro raccoglie informazioni dai Servizi territoriali e provvede a<br />

erogarle a più utenti possibili; deve collaborare con la <strong>rete</strong> attraverso un<br />

rapporto <strong>di</strong> negoziazione interistituzionale . Ha il compito <strong>di</strong> definire i percorsi<br />

professionalizzanti in base alle esigenze e alle aspettative del singolo migrante,<br />

senza anticipare i suoi bisogni ma attraverso un progetto <strong>di</strong> autonomia guidata.<br />

La <strong>formazione</strong> prevede <strong>di</strong>verse tipologie <strong>di</strong> corso e <strong>di</strong> stage lavorativi<br />

interni al modulo formativo, con la pre<strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> borse lavoro; centrale<br />

<strong>di</strong>venta l’azione <strong>di</strong> accompagnamento e <strong>di</strong> verifica dell’inserimento del<br />

migrante nell’azienda o nell’ente prescelto durante il periodo <strong>di</strong> stage (tutor).<br />

Come già detto l’obiettivo finale rimane quello dell’i n s e r i m e n t o<br />

lavorativo, come punto d’arrivo dei percorsi scolastici o professionalizzanti<br />

precedenti. È necessaria un’azione <strong>di</strong> monitoraggio dei dati forniti dalle<br />

imprese sulle reali opportunità lavorative dei migranti.<br />

È essenziale una verifica conclusiva da parte della Form a z i o n e<br />

Professionale (Verifica 2) degli obiettivi raggiunti e mancati, in modo tale da<br />

consentire una fase <strong>di</strong> riprogettazione adeguata che risponda ai reali bisogni<br />

121


dell’utenza migrante e delle strutture territoriali (Istituzioni, Servizi, aziende).<br />

Il nodo cruciale rimane il lavoro che è la premessa per avere una<br />

regolarizzazione e il conseguente accesso ad un percorso professionale più<br />

qualificato (corso professionale, borse lavoro). Ad esempio molti stranieri<br />

appena arrivati accettano occupazioni <strong>di</strong> fatica senza professionalità con lo<br />

scopo <strong>di</strong> ottenere il permesso <strong>di</strong> soggiorno, ma con il tempo tendono a<br />

oscillare verso una possibilità <strong>di</strong> miglioramento occupazionale (ad esempio un<br />

marocchino regolarizzato come imbianchino che sceglie però <strong>di</strong> frequentare un<br />

corso serale <strong>di</strong> tornitore qualificato su macchine utensili).<br />

Occorre quin<strong>di</strong> sottolineare che il percorso <strong>di</strong> un migrante può essere<br />

molto più a zig-zag dello schema; questo significa, ad esempio, che lo<br />

straniero che arriva alla <strong>formazione</strong> professionale il più delle volte non è<br />

ancora completamente uscito dalla fase iniziale dell’emergenza (prima<br />

accoglienza).<br />

È il caso ad esempio <strong>di</strong> alcuni minori immigrati che non riescono a<br />

frequentare con assiduità un corso <strong>di</strong> alfabetizzazione o un corso professionale<br />

perché vivono ritmi “sballati” rispetto al dormire e al mangiare (esigenze<br />

primarie).<br />

In conclusione, dall’insieme dei percorsi raccontati, si possono in<strong>di</strong>viduare<br />

tre aree principali che sono implicate nel sostegno al percorso d’inserimento<br />

del migrante: la prima e la seconda accoglienza, la scuola e la <strong>formazione</strong><br />

professionale. Si può osservare anche che, in queste testimonianze, manca una<br />

ricostruzione del percorso del migrante a partire dall’azienda che lo ha assunto,<br />

perché purtroppo i rapporti con le aziende sono ancora minimi e spora<strong>di</strong>ci,<br />

soprattutto <strong>nella</strong> fase della restituzione dei dati relativi all’inserimento<br />

lavorativo riuscito.<br />

122


V3<br />

Grafico n.7<br />

La <strong>rete</strong>: il percorso standard <strong>di</strong> un migrante<br />

S1 S2 S3 S4 S...<br />

Controllo Q.<br />

Servizi Socio-assistenziali,<br />

Comunità, Circoscrizioni,<br />

Cooperative, Servizi<br />

comunali, Caritas, Servizi<br />

Sanitari: Camminare<br />

insieme, Ospedali, A.S.L.,<br />

Educatori <strong>di</strong> strada,<br />

Me<strong>di</strong>atori,<br />

Volontariato, Citta<strong>di</strong>ni...<br />

SCUOLA<br />

INSERIMENTO<br />

CONTATTO<br />

ACCOGLIENZA<br />

ORIENTAMENTO<br />

FORMAZIONE<br />

PROFESSIONALE<br />

Fase <strong>di</strong> riprogettazione<br />

PROGETTO<br />

FORMAZIONE<br />

PERMANENTE<br />

MONITORAGGIO<br />

VERIFICA 1<br />

possibilità/capacità<br />

<strong>di</strong> presa in carico<br />

professionalizzante<br />

da parte dei Servizi<br />

STAGE<br />

Bor.lav.<br />

VERIFICA 2<br />

Raggiungimento<br />

degli Obiettivi<br />

progettuali<br />

INSERIMENTO<br />

LAVORATIVO<br />

123


124<br />

6.4. Schede <strong>di</strong> autodefinizione delle aree<br />

d’intervento rivolte ad utenza migrante<br />

In questo paragrafo, approfon<strong>di</strong>remo le caratteristiche <strong>di</strong> queste tre aree,<br />

servendoci delle autodefinizioni che gli attori del territorio, presenti nel corso,<br />

hanno dato per ognuna <strong>di</strong> essa. Prenderemo quin<strong>di</strong> visione <strong>di</strong> una scheda per<br />

ogni area, prima e seconda accoglienza, scuola, <strong>formazione</strong> professionale<br />

regionale, da essi compilata, secondo una traccia <strong>di</strong> criteri comuni 73. Queste<br />

schede non p<strong>rete</strong>ndono, ovviamente, <strong>di</strong> esaurire l’in<strong>formazione</strong> sulle attività in<br />

queste tre aree 74; tuttavia ci sembra interessante riportarle perché esse<br />

testimoniano il rispettivo sforzo <strong>di</strong> rilettura della propria realtà lavorativa<br />

secondo criteri comuni, e possono fornire una panoramica sintetica delle tre<br />

aree ad un lettore novizio.<br />

Le schede sono precedute dalle definizioni delle tipologie <strong>di</strong> funzione o <strong>di</strong><br />

servizio più ricorrenti e in<strong>di</strong>cano, per ogni colonna come queste funzioni si<br />

ripartiscono rispetto alla natura degli interventi, agli utenti finali e al rapporto<br />

con gli altri servizi territoriali. Segue poi un elenco dei no<strong>di</strong> critici ritenuti più<br />

importanti <strong>nella</strong> propria area.<br />

6.4.1. La prima e seconda accoglienza<br />

Utenti: minori stranieri; adulti<br />

Se<strong>di</strong> coinvolte: educatori <strong>di</strong> strada, operatori dei servizi sociali,<br />

Definizione <strong>di</strong> operatore territoriale dei servizi sociali: operatore<br />

dell’accoglienza che si attiva per dare risposte alle esigenze <strong>di</strong> prima necessità<br />

(vitto, alloggio, servizi <strong>di</strong> igiene personale….). Collabora con l’assistente sociale<br />

seguendo i casi dei minori segnalati dai vari servizi.<br />

Definizione <strong>di</strong> educatore <strong>di</strong> strada: è un educatore che deve capire i bisogni<br />

essenziali del minore dando risposte specifiche in base alle esigenze del<br />

singolo utente. Deve inoltre conoscere la mappatura dei servizi territoriali per<br />

proiettare il minore verso traguar<strong>di</strong> positivi.<br />

Accoglienza: consta <strong>di</strong> due fasi, emergenza e in<strong>formazione</strong>. La prima fase a<br />

sua volta si <strong>di</strong>vide in: in<strong>formazione</strong> e me<strong>di</strong>azione. La seconda fase si <strong>di</strong>vide in:<br />

orientamento, progetto <strong>di</strong> autonomia guidata.<br />

73 Per il contesto della consegna relativa alla compilazione delle schede, si ricorda la sequenza n.4.2.5.<br />

del Dispositivo per la comunicazione integrata nel territorio, presentato nel capitolo 4.<br />

74 Per quanto riguarda la Formazione professionale, ed in particolare l'attività della <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> Carita Arti<br />

e Mestieri, riman<strong>di</strong>amo al capitolo 2.


TIPOLOGIE<br />

DI SERVIZIO<br />

1a fase:<br />

Emergenza<br />

NODI CRITICI<br />

Vitto, alloggio Minori, Questura,<br />

adulti<br />

Comune<br />

1a) In<strong>formazione</strong> Servizi <strong>di</strong> igiene<br />

Personale; modalità <strong>di</strong><br />

Regolarizzazione<br />

1b) Me<strong>di</strong>azione Risposte imme<strong>di</strong>ate per<br />

non perdere il contatto<br />

con il migrante,<br />

rischiando <strong>di</strong><br />

delegittimare il servizio e<br />

l’operatore. Per i minori<br />

la definizione <strong>di</strong> un<br />

progetto <strong>di</strong> crescita in<br />

base ai bisogni essenziali<br />

2a fase:<br />

In<strong>formazione</strong><br />

2a) Orientamento Sapersi muovere nei<br />

servizi, conoscenza dei<br />

percorsi burocratici<br />

previsti<br />

2b) Progetto <strong>di</strong><br />

autonomia<br />

guidata: sapere,<br />

sapersi<br />

relazionare, saper<br />

essere senza<br />

<strong>di</strong>sperdere la<br />

propria identità.<br />

È costituito da:<br />

• In<strong>formazione</strong><br />

• Orientamento<br />

• Me<strong>di</strong>azione<br />

INTERVENTI UTENTE SERVIZI<br />

FINALE<br />

TERRITORIALI<br />

COINVOLTI<br />

Corsi <strong>di</strong> <strong>formazione</strong>,<br />

borse lavoro, sistemi <strong>di</strong><br />

tutoraggio<br />

Minori,<br />

adulti<br />

Minori,<br />

adulti<br />

Minori,<br />

adulti<br />

Minori,<br />

adulti<br />

Associazioni<br />

territoriali, Ufficio<br />

Stranieri del<br />

Comune, Questura<br />

Operatori,<br />

responsabili<br />

istituzionali, scuola<br />

(alfabetizzazione e<br />

150h), centri<br />

professionali<br />

Operatori territoriali,<br />

Uffici del Comune,<br />

tribunale, assistenti<br />

sociali, scuola e<br />

<strong>formazione</strong><br />

C.F.P., Scuole, centri<br />

ricreativi, sportivi e<br />

<strong>di</strong> socializzazione<br />

1. Necessità <strong>di</strong> cambiare la politica <strong>di</strong> intervento dei servizi territoriali al fine <strong>di</strong> dare<br />

risposte più rispettose del bisogno <strong>di</strong> coniugare l’imme<strong>di</strong>atezza con la continuità degli<br />

interventi rivolti all’utenza migrante.<br />

2. Necessità dell’accompagnamento dell’operatore territoriale per l’inserimento<br />

lavorativo, per le attività scolastiche/formative ed extrascolastiche.<br />

125


Come si può osservare dalla scheda, per gli operatori dell’accoglienza<br />

è risultato fondamentale adottare un criterio temporale che <strong>di</strong>stingue tra una<br />

prima fase in cui viene introdotta una nuova tipologia, l’emergenza, ed una<br />

seconda fase, l’in<strong>formazione</strong>, all’interno della quale si trovano accorpati<br />

anche l’orientamento e la me<strong>di</strong>azione che <strong>di</strong>venterebbero percorribili solo<br />

quando è già praticabile un progetto <strong>di</strong> autonomia guidata.<br />

Nella fase <strong>di</strong> emergenza, infatti, le attività <strong>di</strong> in<strong>formazione</strong> e <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione<br />

sono prioritariamente finalizzate a non perdere il contatto con il migrante e a<br />

comprendere quin<strong>di</strong> risorse imme<strong>di</strong>ate che riguardano sia i bisogni <strong>di</strong> prima<br />

necessità (vitto, alloggio, igiene e regolarizzazione) sia la ricerca <strong>di</strong> primi<br />

inserimenti che non si possono però ancora fondare su un vero e proprio<br />

progetto. Tale priorità viene spiegata anche sulla base della salvaguar<strong>di</strong>a<br />

dell’identità professionale: sottovalutando questo or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> priorità, si<br />

rischierebbe <strong>di</strong> delegittimare il servizio e l’operatore.<br />

Nella seconda fase invece il gruppo vede una funzione prevalente <strong>di</strong><br />

in<strong>formazione</strong> che si articola in una attività <strong>di</strong> orientamento alla conoscenza<br />

delle risorse esistenti e <strong>nella</strong> costruzione <strong>di</strong> un progetto <strong>di</strong> autonomia guidata<br />

che mira a sfociare, nei casi riusciti, in un inserimento in un corso <strong>di</strong><br />

<strong>formazione</strong> o borsa lavoro o tutoraggio.<br />

Si osserva quin<strong>di</strong> che non tutte le voci del modello sono state ritenute<br />

pertinenti, mentre l’aggiunta della voce “emergenza”, <strong>nella</strong> categoria delle<br />

tipologie, sta ad in<strong>di</strong>care che nel lavoro <strong>di</strong> prima accoglienza con i migranti<br />

questa con<strong>di</strong>zione comporta una sua durata che deve essere prevista e che<br />

richiede un approccio professionale suo proprio, fondato sulla costruzione <strong>di</strong><br />

fiducia, pena la per<strong>di</strong>ta dell’aggancio con il minore ed il probabile rischio della<br />

sua uscita dalla legalità 75.<br />

Viene in<strong>di</strong>cato come nodo critico l’inadeguatezza della politica d’intervento<br />

nei servizi territoriali; da un lato c’è una delega che non tiene conto della<br />

scarsezza delle risorse umane: un operatore <strong>di</strong> strada può occuparsi anche <strong>di</strong><br />

più <strong>di</strong> trecento minori non accompagnati; dall’altro alcuni servizi pubblici o le<br />

convenzioni con le cooperative che seguono i minori possono essere chiusi o<br />

sospese all’improvviso, senza tener conto degli effetti <strong>di</strong>sastrosi <strong>di</strong> tali<br />

<strong>di</strong>scontinuità. Alcune cooperative sono state fondate dagli operatori stessi per<br />

non abbandonare i ragazzi con cui, a fatica, avevano costruito un rapporto<br />

<strong>di</strong> fiducia.<br />

75 Si veda l’esempio 2, capitolo 5.<br />

126


6.4.2. La scuola<br />

Utenti: MINORE STRANIERO; fasce d’età 11-15 anni, 15-18.<br />

Corsi: Alfabetizzazione (livello elementare), 150 h.<br />

Se<strong>di</strong> coinvolte: Polo elementare-me<strong>di</strong>a 150 h per stranieri (Parini-Braccini),<br />

Cooperazione <strong>nella</strong> scuola me<strong>di</strong>a Manzoni (Associazione Solidea).<br />

Definizione delle tipologie <strong>di</strong> servizi<br />

In<strong>formazione</strong>: insieme <strong>di</strong> nozioni utili al migrante in relazione a servizi e<br />

opportunità che offre il territorio. L’insegnante è un punto <strong>di</strong> riferimento<br />

fondamentale per la <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> informazioni.<br />

Me<strong>di</strong>azione: definita dal gruppo come gestione delle interazioni, in quanto<br />

la scuola gestisce, come punto nodale <strong>di</strong> convergenza le interazioni con<br />

strutture <strong>di</strong>fferenti e eterogenee. Distinguiamo una interazione interna alla<br />

scuola e una esterna.<br />

Orientamento: definito come “accompagnamento” e guida nel percorso<br />

scolastico e formativo successivo (corsi professionali, <strong>di</strong>ploma ecc.) e <strong>nella</strong><br />

scelta lavorativa nel caso <strong>di</strong> un Centro <strong>di</strong> Formazione Professionale.<br />

Formazione: attività tesa a fornire al minore “il sapere”, “il saper fare” e<br />

“il saper essere”.<br />

Tutore: figura ampliata nel ruolo che si occupa della presa in carico<br />

del minore.<br />

Inserimento sociale: servizio non previsto ma ritenuto fondamentale dal<br />

gruppo per una <strong>formazione</strong> completa del “saper essere” del minore migrante.<br />

127


TIPOLOGIE<br />

DI SERVIZIO<br />

In<strong>formazione</strong> Risposte sul servizio<br />

stesso e sui servizi<br />

collegati all'accoglienza<br />

e all'inserimento<br />

Gestione della<br />

interazione<br />

a) interna<br />

b) esterna<br />

128<br />

Colloqui e incontri<br />

Segnalazioni <strong>di</strong> tutele al<br />

tribunale dei minori;<br />

Accompagnamento ad<br />

uffici comunali;<br />

richiesta <strong>di</strong> interventi<br />

specializzati<br />

(vaccinazioni, Centro<br />

Franz Fanon)<br />

Orientamento Bilancio <strong>di</strong> competenze<br />

per il passaggio al livello<br />

<strong>di</strong> scolarizzazione<br />

successivo (scuola<br />

professionale o <strong>di</strong>ploma);<br />

Bilancio <strong>di</strong> competenze<br />

per inserimento<br />

lavorativo<br />

Formazione Sapere;<br />

Saper fare:<br />

alfabetizzazione e abilità<br />

pratiche;<br />

Saper essere: sviluppo<br />

della consapevolezza <strong>di</strong><br />

sé, crescita psicologica e<br />

relazionale<br />

Tutorato Presa in carico <strong>di</strong> tutti i<br />

problemi extra-scolastici<br />

dei minori;<br />

Accompagnamento e<br />

in<strong>formazione</strong><br />

Inserim. sociale<br />

(non previsto)<br />

INTERVENTI<br />

(attività, ruoli,<br />

relazioni)<br />

UTENTE<br />

FINALE<br />

Minore<br />

Famiglia<br />

Referente<br />

Altri insegnanti<br />

Referenti<br />

Minore<br />

Genitore o<br />

parente<br />

Minore<br />

Minore<br />

Minore<br />

SERVIZI<br />

TERRITORIALI<br />

COINVOLTI<br />

Scuola<br />

Scuola, Servizi <strong>di</strong><br />

Tutoraggio<br />

Tribunale<br />

Questura<br />

Servizi territoriali<br />

Inps, Asl, C.F.P.,<br />

Comunità<br />

Scuola<br />

Istituti <strong>di</strong> scuola<br />

superiore<br />

C.F.P.<br />

Aziende<br />

Scuola<br />

C.F.P.<br />

Scuola<br />

C.F.P. Asl, Ufficio<br />

Minori,<br />

Tribunale Minori<br />

Isi<br />

Informazioni utili Minore Associazioni varie<br />

Oratorio<br />

Volontariato


NODI CRITICI<br />

• Inserimento sociale: aspetto in<strong>di</strong>spensabile per completare la <strong>formazione</strong> del minore<br />

e garantire una reale integrazione. Questo servizio oggi non è riconosciuto<br />

istituzionalmente, ma è sicuramente una necessità sentita dagli insegnanti.<br />

• È in<strong>di</strong>spensabile il riconoscimento <strong>di</strong> una figura specifica per l’alfabetizzazione <strong>di</strong><br />

minori stranieri all’interno della scuola dell’obbligo.<br />

• È necessario il riconoscimento <strong>di</strong> una figura <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>atore culturale nei corsi <strong>di</strong><br />

alfabetizzazione e 150h per stranieri.<br />

• Deficit comunicativo sui servizi esistenti che si occupano <strong>di</strong> migranti sia all’interno del<br />

sistema scolastico sia a livello <strong>di</strong> macrosistema <strong>di</strong> <strong>rete</strong>. Scarsa ed insufficiente<br />

conoscenza reciproca dei compiti <strong>di</strong> ogni nodo della <strong>rete</strong>.<br />

Il gruppo SCUOLA, qui rappresentato dalle scuole <strong>di</strong> alfabetizzazione e<br />

dalle 150 h per stranieri, ha ritenuto opportuno sostituire il termine me<strong>di</strong>azione<br />

con “gestione delle interazioni” per segnalare il vuoto attuale <strong>di</strong> questa<br />

specifica figura <strong>nella</strong> scuola. Sono state compilate tutte le voci del modello<br />

in<strong>di</strong>cando una fitta articolazione <strong>di</strong> interventi e <strong>di</strong> collegamenti territoriali per<br />

ogni voce. Vale la pena sottolineare che, al <strong>di</strong> là dello specifico compito<br />

relativo all’educazione ed all’insegnamento della lingua seconda, il personale<br />

<strong>di</strong> queste scuole ha costruito un nuovo know-how che lo vede impegnato<br />

nell’orientamento, attraverso i bilanci <strong>di</strong> competenze per il passaggio alla<br />

scuola professionale o al <strong>di</strong>ploma, nell’inserimento lavorativo, spesso<br />

attraverso opere volontarie <strong>di</strong> monitoraggio e <strong>di</strong> collegamento e in una<br />

funzione <strong>di</strong> tutoraggio consistente <strong>nella</strong> presa in carico della maggior parte dei<br />

problemi extrascolastici dei minori migranti (segnalazione <strong>di</strong> tutela al tribunale,<br />

vaccinazioni) e nell’accompagnamento agli uffici comunali, o ad altri centri<br />

specializzati).<br />

Viene in<strong>di</strong>cato come nodo critico la mancanza <strong>di</strong> un me<strong>di</strong>atore culturale nei<br />

corsi <strong>di</strong> alfabetizzazione e <strong>di</strong> 150 ore e <strong>di</strong> una figura specifica per<br />

l’alfabetizzazione <strong>di</strong> minori stranieri all’interno della scuola dell’obbligo 76.<br />

Viene inoltre denunciato un deficit comunicativo sui servizi che si occupano<br />

<strong>di</strong> migranti sia all’interno del sistema scolastico, che del macrosistema e viene<br />

ritenuta insufficiente la conoscenza reciproca dei compiti dei <strong>di</strong>versi attori<br />

della <strong>rete</strong> 77.<br />

Infine il gruppo inserisce una nuova tipologia, l’inserimento sociale<br />

presso oratori e/o altre associazioni culturali e ricreative che, pur non essendo<br />

ancora fattuale, potrebbe svolgere un ruolo utilissimo per evitare che la<br />

socialità sia sempre abbinata ad una logica assistenziale o limitata alla<br />

microcomunità etnica; sperimentare momenti <strong>di</strong> autentica apertura ai luoghi<br />

normalmente frequentati da altri coetanei viene visto come un potenziatore<br />

significativo dell’inserimento.<br />

76 Si veda l’esempio 4 all’interno del capitolo 5.<br />

77 Si veda l’esempio 3 all’interno del capitolo 5.<br />

129


130<br />

6.4.3. La <strong>formazione</strong> professionale regionale<br />

Utenti: minori e adulti stranieri, donne straniere<br />

Se<strong>di</strong> coinvolte: CFP, aziende, scuole <strong>di</strong> alfabetizzazione<br />

Definizione delle tipologie <strong>di</strong> servizi:<br />

In<strong>formazione</strong>: attività che prevede la raccolta, il trattamento, l’offerta e la<br />

manutenzione <strong>di</strong> informazioni in rapporto a specifici utenti migranti.<br />

M e d i a z i o n e: attività che prevede l’intervento <strong>di</strong> facilitazione della<br />

comunicazione tra i migranti e le strutture del territorio per:<br />

1) la soluzione <strong>di</strong> problemi procedurali/legislativi a ridosso della prima<br />

accoglienza;<br />

2) per l’invio presso servizi istituzionali territoriali del Comune, della<br />

Provincia, della Regione, del Ministero del Lavoro, Del Ministero <strong>di</strong> Grazia<br />

e Giustizia, del Ministero degli Interni.<br />

Orientamento: attività finalizzata a favorire la scelta formativo-lavorativa,<br />

o v v e ro: analisi della situazione personale (propensioni, attitu<strong>di</strong>ni,<br />

vocazione,...), bilancio <strong>di</strong> competenza, elaborazione <strong>di</strong> un progetto personale,<br />

accompagnamento nel percorso del migrante, secondo le varie Direttive.<br />

Formazione: attività tesa a fornire il “Sapere”, il “Saper fare” e il “Saper essere”<br />

in termini <strong>di</strong> competenze spen<strong>di</strong>bili nei contesti organizzativi (<strong>di</strong> lavoro, stage...).<br />

Inserimento lavorativo: attività consistente <strong>nella</strong> rilevazione organizzativa e<br />

p rofessionale, <strong>nella</strong> progettazione dello stage con l’impresa, finalizzata<br />

all’inserimento del migrante.<br />

Tutorato: accompagnamento dei migranti in forma <strong>di</strong> tutoring congiunta<br />

(formativo-lavorativa, counselor “tutor interno” e mentor “tutor esterno”<br />

dell’azienda, in coor<strong>di</strong>namento con il tutor interno del centro).


TIPOLOGIE<br />

DI SERVIZIO<br />

In<strong>formazione</strong> Raccogliere ed erogare<br />

Informazioni creando un<br />

collegamento tra il singolo e le<br />

strutture territoriali, sia<br />

attraverso lo sportello, sia<br />

durante corsi <strong>di</strong> <strong>formazione</strong>.<br />

Modalità <strong>di</strong> attuazione: faccia a<br />

faccia, e a <strong>di</strong>stanza:<br />

telefonate e volantini<br />

Necessaria la presenza del<br />

me<strong>di</strong>atore culturale<br />

Orientamento<br />

(interno allo<br />

sportello e<br />

<strong>nella</strong><br />

<strong>formazione</strong><br />

professionale)<br />

INTERVENTI<br />

(attività, ruoli,<br />

relazioni)<br />

Definizione <strong>di</strong> percorsi<br />

d'inserimento lavorativo in base<br />

alle scelte professionali, stando<br />

attenti al rischio <strong>di</strong> anticipare i<br />

bisogni dell’utente.<br />

Pre<strong>di</strong>sporre unità <strong>di</strong>dattiche in<br />

lingua d’origine. Ri-orientare<br />

dopo il corso professionale e<br />

l’esperienza <strong>di</strong> stage<br />

Necessaria la presenza del<br />

me<strong>di</strong>atore culturale almeno<br />

saltuariamente<br />

Formazione Corsi professionali <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a<br />

(600 ore) e lunga durata<br />

(1200ore) ed unità minime <strong>di</strong><br />

<strong>formazione</strong>, moduli <strong>di</strong> 30 ore,<br />

interni o propedeutici al<br />

percorso formativo realizzati da<br />

docenti e staff <strong>di</strong>rettivo che<br />

cercano <strong>di</strong> coinvolgere anche<br />

altre istanze.<br />

Utile la presenza del me<strong>di</strong>atore<br />

culturale nei corsi<br />

Inserimento<br />

lavorativo<br />

Pre<strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> tutti i<br />

<strong>di</strong>spositivi per l’inserimento:<br />

attività burocratiche, contatti<br />

con le aziende, affiancamento<br />

per la preparazione dei<br />

curricula, monitoraggio<br />

Tutorato Accompagnamento e<br />

orientamento durante il percorso<br />

formativo da <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> tutor,<br />

che vanno <strong>di</strong>stinti dal docente<br />

frontale.<br />

negoziazione interistituzionale<br />

condotta dai Tutors per le<br />

pratiche burocratiche<br />

UTENTE<br />

FINALE<br />

Minore<br />

e strutture<br />

territoriali<br />

<strong>Migranti</strong><br />

<strong>Migranti</strong><br />

<strong>Migranti</strong> e<br />

aziende<br />

<strong>Migranti</strong><br />

CFP<br />

Azienda<br />

Sportello<br />

Strutture<br />

territoriali<br />

SERVIZI<br />

TERRITORIALI<br />

COINVOLTI<br />

Referenti istituzionali:<br />

Comune e Provincia<br />

Attori della <strong>rete</strong>:<br />

(vd. Grafico 6,<br />

capitolo 2.5.2)<br />

CFP, scuole, aziende,<br />

Comune<br />

Non è presente nessun<br />

referente istituzionale, al<br />

momento<br />

Referente Istituzionale:<br />

la Regione come Ente <strong>di</strong><br />

certificazione dei cre<strong>di</strong>ti<br />

formativi. Collegamento<br />

con la scuola per i<br />

requisiti <strong>di</strong> accesso ai<br />

corsi. Inserimento dei<br />

rappresentanti della <strong>rete</strong><br />

citta<strong>di</strong>na nelle docenze<br />

dei corsi .<br />

Non è presente nessun<br />

referente istituzionale,<br />

ma sono previsti<br />

incentivi e sovvenzioni<br />

occasionali per favorire<br />

l'inserimento lavorativo<br />

Collegamenti con la <strong>rete</strong><br />

sia per pratiche a<br />

ridosso della prima<br />

accoglienza, sia per<br />

l'inserimento in azienda<br />

131


132<br />

No<strong>di</strong> critici:<br />

• dovrebbe essere valorizzato il lavoro <strong>di</strong> <strong>rete</strong>, per l'attribuzione dei cre<strong>di</strong>ti formativi<br />

• dovrebbero essere migliorate le procedure per la tutela dei minori, con apposite<br />

convenzioni<br />

• sarebbe necessario un <strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong> accompagnamento, orientamento, <strong>formazione</strong><br />

che vedesse una collaborazione tra le <strong>di</strong>verse istanze dell'accoglienza, della scuola,<br />

della <strong>formazione</strong> professionale regionale per evitare che i migranti arrivino ai corsi<br />

troppo a ridosso della prima accoglienza, ed al tempo stesso per favorire una<br />

maggiore con<strong>di</strong>visione, tra gli attori della <strong>rete</strong>, rispetto all'obiettivo dell'inserimento<br />

lavorativo<br />

• sarebbe necessaria una maggiore collaborazione con le aziende e questo sarebbe<br />

facilitato se le aziende prevedessero <strong>di</strong> avere un tutor interno che tenesse i<br />

collegamenti con il tutor interno del Centro <strong>di</strong> .<strong>formazione</strong> professionale<br />

• sarebbe necessario, anche per i migranti, poter monitorare l'inserimento lavorativo,<br />

dopo i primi sei mesi<br />

• <strong>di</strong>vergenza <strong>di</strong> vedute sui criteri <strong>di</strong> pagamento della <strong>di</strong>aria ai corsisti.<br />

Il gruppo FORMAZIONE ha ulteriormente specificato le voci relative agli<br />

interventi, in<strong>di</strong>cando anche chi li fa e dove, secondo quali modalità<br />

<strong>di</strong> attuazione e con quali eventuali referenti istituzionali e se è prevista o meno<br />

la presenza del me<strong>di</strong>atore culturale. È stata inoltre sottolineato il ruolo<br />

della negoziazione interistituzionale, come una delle attività più specifiche<br />

del tutor.<br />

Anche in questo gruppo l’articolazione delle <strong>di</strong>verse tipologie <strong>di</strong>mostra che,<br />

nel processo formativo, la docenza <strong>di</strong> aula, pur essenziale per il rapporto faccia<br />

a faccia con gli utenti, rappresenta ormai solo una delle funzioni che va<br />

rapportata ad un’articolazione plurima <strong>di</strong> funzioni e <strong>di</strong> ruoli; ed è la qualità<br />

<strong>di</strong> questa interconnessione, i significati e le opzioni che essa esprime, che<br />

concorrono alla maggiore o minore “fedeltà” al percorso formativo intrapreso<br />

dal soggetto migrante ed al suo sbocco in un inserimento lavorativo e sociale<br />

più o meno appropriato.<br />

Dal quadro esposto, emerge, inoltre, che la <strong>formazione</strong> professionale<br />

regionale si trova ad un certo punto del percorso, che spesso, anziché mirare<br />

dritto verso l’inserimento lavorativo, presenta dei zig zag e dei ritorni in<strong>di</strong>etro,<br />

perché l’utenza può essere ancora troppo a ridosso della prima accoglienza<br />

oppure perché, soprattutto per i minori, possono essere stu<strong>di</strong>ate strategie in<br />

parallelo tra la <strong>formazione</strong> professionale, svolta al mattino e la frequenza dei<br />

corsi <strong>di</strong> lingua, alla sera.


Da parte degli attori della Formazione professionale regionale questa<br />

situazione, da un lato viene riconosciuta come un'occasione arricchente per i<br />

contatti <strong>di</strong> <strong>rete</strong> che <strong>di</strong>ventano in<strong>di</strong>spensabili, dall'altro testimonia, in alcuni casi,<br />

il verificarsi <strong>di</strong> una scarsa determinazione da parte delle strutture <strong>di</strong> prima e<br />

seconda accoglienza a orientare i migranti verso un progetto <strong>di</strong> inserimento in<br />

un corso professionale.<br />

Tra i no<strong>di</strong> critici 78 viene segnalata la sottovalutazione del ruolo della<br />

<strong>formazione</strong> professionale regionale nell’ambito anche <strong>nella</strong> <strong>rete</strong> citta<strong>di</strong>na,<br />

<strong>di</strong>mostrata dal fatto che essa non è stata inserita ufficialmente nelle strutture <strong>di</strong><br />

coor<strong>di</strong>namento recentemente costituitesi tra Provve<strong>di</strong>torato e altri servizi.<br />

Si riflette anche sulla carente attenzione da parte degli Enti valutatori<br />

(la Regione) alla complessità dei progetti che tengono conto della <strong>rete</strong><br />

territoriale, tale complessità dovrebbe essere riconosciuta con uno specifico<br />

punteggio <strong>nella</strong> graduatoria.<br />

Viene inoltre segnalata nell’ambito delle procedure legali per i minori la<br />

necessità <strong>di</strong> una maggiore collaborazione con gli avvocati, che potrebbe essere<br />

conseguita attraverso la stesura <strong>di</strong> apposite convenzioni.<br />

Un altro nodo riguarda il pagamento dei corsiti (borsa lavoro <strong>di</strong> £ 4.000<br />

all’ora), che viene normalmente liquidato alla fine del corso. Tale modalità è in<br />

contrad<strong>di</strong>zione con l’esigenza del corsista <strong>di</strong> potersi mantenere durante il<br />

periodo della frequenza. Infatti molti abbandoni o tensioni nell’ambito del<br />

corso sono dovuti proprio alla necessità <strong>di</strong> trovare comunque una qualunque<br />

occupazione lavorativa. I formatori sarebbero quin<strong>di</strong> concor<strong>di</strong> a mo<strong>di</strong>ficare<br />

questo vincolo, e propongono che il pagamento liquidato in rate parta già dalla<br />

prima fase <strong>di</strong> frequenza del corso. A livello <strong>di</strong> chi dà e gestisce finanziamenti<br />

il vincolo portato a giustificazione dell’impossibilità <strong>di</strong> operare un cambiamento<br />

è quello <strong>di</strong> non rischiare un investimento a vuoto e quin<strong>di</strong> appare ragionevole<br />

il criterio <strong>di</strong> abbinare il pagamento alla verifica <strong>di</strong> una quota standar d <strong>di</strong><br />

frequenza (attualmente corrispondente ai 2/3 delle ore complessive), verifica<br />

che può essere attuata solo alla fine del corso.<br />

78 Si vedano anche le conclusioni del capitolo 4, in cui si riprendono alcuni <strong>di</strong> questi no<strong>di</strong> critici.<br />

79 Si veda l’esempio n.2 , nel capitolo 5, che tratta l’analisi <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>vergenza, in termini <strong>di</strong> vincoli<br />

autoreferenziali e <strong>di</strong> circolarità degli effetti tra micro ed esosistema, oltre a proporre una soluzione<br />

alternativa.<br />

133


Capitolo 7<br />

Inter<strong>di</strong>pendenza tra le tre aree<br />

e no<strong>di</strong> critici<br />

Silvia Zabaldano, Laura Bonica, Michele Grisoni<br />

7.1. Premessa<br />

In questo capitolo vorremmo evidenziare i terreni <strong>di</strong> collaborazione che<br />

potrebbero portare vantaggi a ciascuna <strong>di</strong> queste tre aree. Analizzando le<br />

incertezze, i no<strong>di</strong> critici espressi da ciascuna area ed anche le reciproche<br />

richieste <strong>di</strong> maggior riconoscimento del proprio specifico ruolo, abbiamo<br />

in<strong>di</strong>viduato tre assi principali:<br />

1) Articolare in modo più flessibile la prossimità e la <strong>di</strong>stanza rispetto alle<br />

problematiche connesse alla prima e seconda accoglienza. Come abbiamo<br />

visto la Formazione Professionale e la Scuola si trovano a ricevere utenti<br />

che, spesso, sono ancora a ridosso della prima accoglienza. Le funzioni <strong>di</strong><br />

accompagnamento e <strong>di</strong> orientamento, realizzate in modo in<strong>di</strong>vidualizzato<br />

da tutor specializzati, possono svolgere un ruolo <strong>di</strong> collegamento tra questi<br />

tre ambiti verso la promozione <strong>di</strong> interventi <strong>di</strong> supporto alla realizzazione<br />

del percorso <strong>di</strong> inserimento in<strong>di</strong>vidualizzato e specifico per il singolo<br />

migrante. Il <strong>di</strong>spositivo presentato dalla <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri nel<br />

prossimo paragrafo è finalizzato a rendere operativo questo obiettivo.<br />

2) Riflettere in modo coor<strong>di</strong>nato sulla funzione delle figure del tutor e del<br />

me<strong>di</strong>atore culturale. Una rassegna delle molteplici interpretazioni <strong>di</strong> questo<br />

ruolo presso gli Enti che hanno partecipato al percorso <strong>di</strong> auto<strong>formazione</strong>,<br />

verrà presentata nel paragrafo 7.3.<br />

3) Infine, con<strong>di</strong>videre la consapevolezza della utilità <strong>di</strong> stabilire criteri <strong>di</strong><br />

in<strong>di</strong>viduazione dei prerequisiti per l’ammissione ai corsi e <strong>di</strong> armonizzarli<br />

prendendo in considerazione anche la <strong>di</strong>mensione della certificazione.<br />

Questo argomento verrà introdotto nel paragrafo 7.4. e sarà ulteriormente<br />

approfon<strong>di</strong>to attraverso il contributo <strong>di</strong> Gioia Maestro sulla CILS, presentato<br />

nel prossimo capitolo (cap. 8)<br />

7.2. Ipotesi per un <strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong><br />

accompagnamento, orientamento e <strong>formazione</strong><br />

in forma in<strong>di</strong>vidualizzata<br />

Presentiamo un progetto che è concretizzabile attraverso il collegamento<br />

tra le <strong>di</strong>verse istanze della <strong>rete</strong>. Questo collegamento può essere svolto da tutor<br />

135


esperti, i quali sappiano supportare il migrante <strong>nella</strong> realizzazione del proprio<br />

progetto personale attraverso la promozione <strong>di</strong> interventi coerenti tra le risorse<br />

presenti sul territorio (accoglienza, scuola, <strong>formazione</strong>, lavoro…)<br />

Finalità e obiettivi<br />

L’orientamento formativo e lavorativo con relativo bilancio <strong>di</strong> competenze<br />

rappresenta un’azione complessa, perché, se condotto in una logica <strong>di</strong><br />

“opportunità stabilizzante”, esso dovrebbe valorizzare il “potenziale personale”<br />

delle persone interessate.<br />

Ricor<strong>di</strong>amo che per opportunità stabilizzante per migranti si intende la<br />

capacità che ha il sistema territoriale <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare, attraverso un percorso<br />

strutturato <strong>di</strong> orientamento alla <strong>formazione</strong> e al lavoro, le conoscenze, le abilità<br />

acquisite dal migrante nel suo paese d’origine o <strong>nella</strong> sua storia passata; fare<br />

e m e rg e re queste competenze significa riconoscere <strong>di</strong>gnità al soggetto,<br />

orientandolo, in un percorso formativo e/o lavorativo il più possibile coerente<br />

con la propria storia.<br />

In altri termini, l’orientamento formativo e lavorativo dovrebbe tendere ad<br />

offrire ai migranti un sistema <strong>di</strong> opportunità informative, orientative e <strong>di</strong><br />

inserimento lavorativo, in una logica che preveda la presa <strong>di</strong> coscienza del loro<br />

Sapere, Saper fare e Saper Essere e della loro intenzionalità ad intraprendere<br />

percorsi formativi e/o lavorativi rispondenti alle loro aspettative e in sintonia<br />

con le esigenze del mercato del lavoro; occorre comunque uno sforzo affinché<br />

il lavoro sia il più possibile qualificante, cioè concepito come strumento <strong>di</strong><br />

valorizzazione della traiettoria evolutiva personale e <strong>di</strong> promozione sociale.<br />

Il “<strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong> accompagnamento e <strong>di</strong> <strong>formazione</strong>” (grafico n. 8) da un<br />

lato, dovrebbe tendere ad integrare le varie iniziative <strong>di</strong> riferimento e, dall’altro,<br />

dovrebbe considerare l’importanza della in<strong>di</strong>vidualizzazione dei percorsi,<br />

introducendo tutor esperti che possano sistematicamente mettere in atto<br />

modalità <strong>di</strong> accompagnamento ad personam.<br />

Utenza<br />

Le tipologie <strong>di</strong> migranti con le quali occorre interagire, per attivare le<br />

strategie operative sopra in<strong>di</strong>cate, sono le seguenti:<br />

• Minori migranti analfabeti della 1 a e 2 a lingua<br />

• Adulti migranti analfabeti della 1 a e 2 a lingua<br />

• Minori migranti analfabeti della 2 a lingua<br />

• Adulti migranti analfabeti della 2 a lingua<br />

• Minori migranti con titoli <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o ma non favoriti dai processi <strong>di</strong><br />

integrazione e <strong>di</strong> accoglienza;<br />

• Adulti migranti con titoli <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o ma non favoriti dai processi <strong>di</strong><br />

integrazione e <strong>di</strong> accoglienza;<br />

136


• Minori migranti in con<strong>di</strong>zioni giu<strong>di</strong>ziarie;<br />

• Adulti migranti in con<strong>di</strong>zioni giu<strong>di</strong>ziarie<br />

• Donne migranti: analfabete, o con titoli <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, ma in con<strong>di</strong>zioni<br />

giu<strong>di</strong>ziarie.<br />

Ognuna delle seguenti tipologie necessita <strong>di</strong> adeguati strumenti, capaci <strong>di</strong><br />

incidere nei processi <strong>di</strong> integrazione sociale, economico e lavorativo.<br />

Principi metodologici<br />

Il <strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong> accompagnamento dovrebbe possedere queste tre<br />

caratteristiche:<br />

a. Essere flessibile circa gli ingressi, i tempi ed i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> effettuazione dei<br />

moduli poiché non si definisce sulla base <strong>di</strong> un cammino standard<br />

“<strong>di</strong> classe” bensì <strong>di</strong> un supporto in<strong>di</strong>viduale <strong>di</strong> interfaccia, in grado <strong>di</strong><br />

me<strong>di</strong>are tra utente ed i servizi in modo da consentire una rispondenza<br />

puntuale alle caratteristiche peculiari dello stesso.<br />

b. Coinvolgere un insieme <strong>di</strong> organismi <strong>di</strong>versi, che vengono messi in “<strong>rete</strong>”<br />

in un lavoro realmente cooperativo che richiede pertanto una “filosofia” <strong>di</strong><br />

lavoro, un modello organizzativo ed operativo adeguati.<br />

c. Prestarsi ad una molteplicità <strong>di</strong> utilizzi e <strong>di</strong> finanziamenti e, per questo<br />

motivo, dovrebbe rispondere alla logica dell’accompagnamento e<br />

f o rmazione piuttosto che unicamente alla filosofia dell’org a n i s m o<br />

finanziatore.<br />

Articolazione in fasi sequenziali.<br />

Il <strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong> accompagnamento e <strong>di</strong> <strong>formazione</strong>, cosi delineato,<br />

comporta tre fasi <strong>di</strong>fferenti, ognuna corrispondente ad un passaggio chiave<br />

dell'intervento a favore <strong>di</strong> migranti posti in situazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio o <strong>di</strong><br />

emarginazione sociale o lavorativa:<br />

1. Il passaggio relativo alla <strong>di</strong>mensione soggettiva: esso riguarda il quadro<br />

della rappresentazione <strong>di</strong> sé, del rapporto con la realtà esterna, degli stili<br />

<strong>di</strong> comportamento. Questa fase richiede un tutor specializzato.<br />

Si può procedere attraverso una fase <strong>di</strong> “attivazione personale”, che si<br />

concreta attraverso colloqui in profon<strong>di</strong>tà o nel far sperimentare al migrante la<br />

realtà che lo circonda attraverso una simulazione che faccia emergere i vissuti<br />

soggettivi rispetto a:<br />

• Disponibilità personale all’inserimento in un nuovo contesto culturale,<br />

caratterizzato a sua volta da presenze multiculturali<br />

• Disposizione personale all’accompagnamento nel percorso<br />

• Disponibilità e capacità <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento<br />

137


Ad esempio la consapevolezza dell’attraversamento <strong>di</strong> una fase personale<br />

<strong>di</strong> transizione evolutiva, che comporta la capacità <strong>di</strong> elaborazione delle<br />

sofferenze legate all'immigrazione; capacità <strong>di</strong> entrare in rapporto con gli altri<br />

in una prospettiva <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione culturale con il territorio e i soggetti presenti<br />

in esso, capacità autocritica rispetto ad eventuali <strong>di</strong>fficoltà d’inserimento<br />

sociale, e capacità <strong>di</strong> identificare anche le proprie potenzialità, specie per ciò<br />

che riguarda la <strong>di</strong>mensione vocazionale; capacità <strong>di</strong> tener conto dei consigli <strong>di</strong><br />

persone più esperte; <strong>di</strong>sponibilità flessibile a cogliere eventuali opportunità<br />

offerte dall'ambiente; riconoscimento dell'importanza del confronto con gli altri<br />

per imparare e consapevolezza della possibilità <strong>di</strong> incidere sul proprio<br />

appren<strong>di</strong>mento attraverso <strong>di</strong>verse modalità (osservare, chiedere spiegazioni,<br />

stu<strong>di</strong>are, provare a sperimentare).<br />

2. Il passaggio relativo alla realizzabilità del progetto personale: questa<br />

fase corrisponde alla capacità <strong>di</strong> delineare un progetto personale <strong>di</strong> vita nel<br />

quale possa concretizzarsi l’idea lavorativa <strong>di</strong> partenza. Per verificare il<br />

realismo del progetto personale si prevedono uno o più colloqui con tutor<br />

formativi o con eventuali esperti dei rami professionali interessati, e anche<br />

la possibilità <strong>di</strong> svolgere brevi stage orientativi. Si rende necessaria una<br />

verifica delle competenze: con particolare attenzione alle competenze <strong>di</strong><br />

base che i migranti si portano dal Paese d’origine; ed un bilancio <strong>di</strong><br />

preferenze, con particolare riferimento alle attitu<strong>di</strong>ni proprie del gruppo<br />

etnico <strong>di</strong> riferimento. Questa fase si conclude nel momento in cui la<br />

persona ha elaborato un progetto personale che corrisponde alle sue<br />

caratteristiche personali, alle necessità reali del mercato del lavoro e alla<br />

fattibilità dell'impegno sia come sforzo formativo che come autonomia<br />

finanziaria.<br />

3. Il passaggio al possesso <strong>di</strong> competenze adeguate: corrisponde alla<br />

presenza <strong>nella</strong> persona migrante <strong>di</strong> tutti i requisiti richiesti dalla figura<br />

lavorativo-professionale in<strong>di</strong>cata. Tale verifica può comportare un sostegno<br />

in<strong>di</strong>vidualizzato volto ad integrare eventuali carenze ed a fornire le basi per<br />

una qualificazione professionale, prevedendo anche l’uso <strong>di</strong> strumenti<br />

multime<strong>di</strong>ali;<br />

Si rende inoltre necessario coinvolgere soggetti <strong>di</strong>fferenti in un reale lavoro<br />

cooperativo <strong>di</strong> <strong>rete</strong>:<br />

• La scuola, sia per ciò che concerne il recupero dell’obbligo, sia per<br />

la prosecuzione degli stu<strong>di</strong>. In molti casi è possibile riconoscere, attraverso<br />

una certificazione da parte delle scuole <strong>di</strong> lingua per stranieri,<br />

la conoscenza della lingua italiana sostitutiva all’obbligo scolastico<br />

(specialmente per i soggetti adulti che comunque non hanno la possibilità<br />

<strong>di</strong> frequentare sistematicamente, per un lungo periodo dei corsi <strong>di</strong><br />

lingua italiana);<br />

138


• La <strong>formazione</strong> professionale per l’acquisizione <strong>di</strong> competenze qualificanti.<br />

• Lo stage formativo per i moduli <strong>di</strong> alternanza.<br />

• Altre opportunità in base ad esigenze <strong>di</strong>verse<br />

Questa sinergia è importante per concordare eventuali riconoscimenti <strong>di</strong><br />

cre<strong>di</strong>ti formativi che possono essere utilizzati per il conseguimento della<br />

qualifica, per il completamento dell’obbligo, per la continuazione degli stu<strong>di</strong>.<br />

É da sottolineare l’importanza della collaborazione tra la scuola e la <strong>formazione</strong><br />

professionale regionale per la con<strong>di</strong>visione <strong>di</strong> criteri comuni riguardo alle<br />

competenze linguistiche che si ritengono, <strong>di</strong> volta in volta, in<strong>di</strong>spensabili per<br />

la frequenza dei corsi <strong>di</strong> <strong>formazione</strong>.<br />

Le opportunità offerte sono vagliate da una fase <strong>di</strong> bilancio in cui il<br />

migrante vede acquisite le proprie competenze, consentendo al massimo la<br />

valorizzazione dei cre<strong>di</strong>ti formativi e la progressione su cammini adeguati alle<br />

caratteristiche personali. Ciò significa che gli utenti migranti potranno usufruire<br />

in modo <strong>di</strong>versificato <strong>di</strong> una gamma <strong>di</strong> opportunità, offerte sulla base <strong>di</strong> un<br />

progetto che impegna reciprocamente il tutor formativo e gli operatori dei vari<br />

organismi coinvolti.<br />

Questa fase termina con un “bilancio” che prevede la validazione delle<br />

competenze acquisite, e con la consegna <strong>di</strong> un “portfolio” su cui sono iscritte<br />

tali competenze e le modalità <strong>di</strong> acquisizione. In coda a questa fase, sono<br />

previste altre due unità: una <strong>di</strong> inserimento lavorativo e una <strong>di</strong> monitoraggio e<br />

<strong>di</strong> “ritorno formativo” durante l’esperienza <strong>di</strong> lavoro, in una logica <strong>di</strong><br />

accompagnamento e <strong>di</strong> continuità.<br />

Dall’orientamento alla <strong>formazione</strong><br />

La metodologia dell’orientamento e dell’analisi <strong>di</strong> competenze dovrà<br />

sfociare in <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> possibilmente organizzati secondo le<br />

seguenti meto<strong>di</strong>che:<br />

• alternanza tra scuola e lavoro: si tratta <strong>di</strong> garantire, in orario scolastico,<br />

un tempo per esplicitare le <strong>di</strong>namiche incontrate sul lavoro, che consenta<br />

<strong>di</strong> chiarire eventuali problemi connessi alle mansioni e ai ruoli, oltre che<br />

alla in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> nuove abilità o competenze da acquisire, rinforzare<br />

ed attualizzare. Ciò può essere svolto dal tutor pedagogico in<br />

collaborazione con il formatore tecnico, prevedendo quin<strong>di</strong>, sia riunioni in<br />

classe con gli allievi, sia riunioni <strong>di</strong> équipe tra operatori.<br />

• cooperazione con organismi <strong>di</strong>versi, ed in particolare con le scuole e<br />

con le imprese, al fine <strong>di</strong> poter progettare una eventuale sinergia <strong>di</strong><br />

interventi formativi appropriati, che potranno essere frequentati anche<br />

in parallelo.<br />

139


• monitoraggio e sostegno: si tratta <strong>di</strong> acquisire, anche per i migranti, gli<br />

stessi strumenti <strong>di</strong> verifica che vengono utilizzati per l’ottenimento della<br />

qualifica da parte degli allievi italani; ciò è particolarmente importante per<br />

quei migranti che sono ancora a ridosso della Prima accoglienza o che sono<br />

appena passati dallo status <strong>di</strong> minori a quello <strong>di</strong> adulti<br />

• valutazione-validazione in itinere ed ex-post dell’intero <strong>di</strong>spositivo e delle<br />

sue azioni in rapporto ai seguenti ambiti:<br />

140<br />

* Recupero motivazionale in un contesto interculturale e multiculturale;<br />

* Progetto personale ed accompagnamento;<br />

* Efficacia formativa nel definire gli obiettivi;<br />

* Sbocchi occupazionali;<br />

* Continuità del percorso lavorativo;<br />

* Vita sociale <strong>di</strong> integrazione <strong>nella</strong> <strong>di</strong>versità;<br />

* Sinergie tra operatori e capacità <strong>di</strong> collaborare in team;<br />

* Capacità <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione delle innovazioni <strong>di</strong>dattico/formative.<br />

7.3. Le figure del tutor e del me<strong>di</strong>atore culturale<br />

Il tutor e il me<strong>di</strong>atore culturale rappresentano due figure chiave per la<br />

possibilità <strong>di</strong> sperimentare percorsi <strong>di</strong> collaborazione tra le <strong>di</strong>verse aree che si<br />

occupano dei soggetti migranti. Il tutor e il me<strong>di</strong>atore culturale, nei loro<br />

specifici ruoli, <strong>di</strong> seguito esemplificati, possono svolgere una fondamentale<br />

funzione <strong>di</strong> collegamento tra i <strong>di</strong>versi soggetti con i quali il migrante interagisce<br />

(per esempio i docenti della scuola e della <strong>formazione</strong>, le strutture <strong>di</strong><br />

accoglienza e il contesto <strong>di</strong> inserimento lavorativo). Essi rappresentano così<br />

figure che possono agevolare rapporti <strong>di</strong> collaborazione coerente tra i soggetti<br />

della <strong>rete</strong> nell’interesse del migrante stesso.<br />

7.3.1. Il ruolo del tutor secondo <strong>di</strong>verse prospettive<br />

Il tutor può essere definito come una figura <strong>di</strong> supporto alla persona che<br />

si trova in una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> transizione, <strong>di</strong> spaesamento o <strong>di</strong> temporanea<br />

fragilità; esso ricopre il ruolo <strong>di</strong> accompagnamento in un percorso, all’interno<br />

<strong>di</strong> un determinato contesto sociale e organizzativo, circoscritto nello spazio e<br />

nel tempo e finalizzato alla ridefinizione dell’autonomia e dell’identità della<br />

persona in <strong>di</strong>fficoltà.<br />

L’etimologia del termine “tutor” riporta a tutus, “sicuro”, con il significato<br />

<strong>di</strong> “faccio sviluppare”, “rendo sicuro”, “guardo”; si comprende automaticamente<br />

come il nucleo più autentico della parola, è “rappresentato dalla tensione verso<br />

la crescita, l’autonomia, il potenziamento <strong>di</strong> colui che è stato affidato”<br />

(Quaglino, 1999, pag. 225).<br />

Il ruolo del tutor è particolarmente importante <strong>nella</strong> <strong>formazione</strong> e <strong>nella</strong><br />

crescita dei minori migranti, cui spesso viene a mancare una figura genitoriale


stabile, proprio <strong>nella</strong> fase adolescenziale, così delicata per la costruzione della<br />

propria identità.<br />

La figura del tutor è comunque un necessario supporto anche per qualsiasi<br />

migrante adulto, perché l’improvvisa mancanza <strong>di</strong> una <strong>rete</strong> <strong>di</strong> riferimento già<br />

consolidata (da quella parentale più prossima a quella più estesa) non consente<br />

al soggetto <strong>di</strong> muoversi autonomamente per sod<strong>di</strong>sfare le proprie esigenze: in<br />

un certo senso l’immigrato torna a essere bambino e dovrà conoscere nuove<br />

regole e misurarsi con la società <strong>di</strong> accoglienza.<br />

Attualmente la figura <strong>di</strong> tutor esiste “<strong>di</strong> fatto”, ma non è ancora prevista e<br />

regolamentata in modo formale; le funzioni del tutor sono quin<strong>di</strong> definite in<br />

modo vario dai <strong>di</strong>versi attori della <strong>rete</strong> e ogni attore della <strong>rete</strong> tende a costruirsi<br />

una sua idea <strong>di</strong> tutor. Tuttavia, l’opinione comune è che il tutor dovrà puntare<br />

all’autonomia del soggetto attraverso un intervento che progressivamnete<br />

tenderà a ridursi.<br />

Oggi prevale quin<strong>di</strong> il criterio <strong>di</strong> una centratura sul partecipante,<br />

sottolineando la necessità <strong>di</strong> attivare progetti formativi articolati e flessibili in<br />

cui il soggetto “possa esercitare ampia autonomia nel <strong>di</strong>rigere il proprio<br />

percorso <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento, sino a prevedere vere e proprie occasioni <strong>di</strong><br />

<strong>formazione</strong> in<strong>di</strong>vidualizzata, uno a uno, interamente finalizzate ad esplorare e<br />

affrontare i bisogni specifici <strong>di</strong> crescita e sviluppo <strong>di</strong> un particolare <strong>di</strong>scente”<br />

(Quaglino, 1999, pag.223).<br />

Il tutoring consiste nel seguire il soggetto <strong>nella</strong> sua globalità, facendo<br />

sviluppare tutte le sue <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> sapere (Arenzi, 1996, pag.49).<br />

L’obiettivo principale della missione del tutor è la creazione <strong>di</strong> un<br />

legame tra il mondo della conoscenza e il mondo dell’esperienza, attraverso<br />

<strong>di</strong>verse azioni:<br />

• analisi dei bisogni formativi, delle competenze possedute e delle<br />

aspettative <strong>di</strong> sviluppo del soggetto;<br />

• identificazione delle opportunità <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento presenti nel contesto<br />

(corso, stage..) e congruenti ai bisogni in<strong>di</strong>viduali;<br />

• monitoraggio dell’andamento della <strong>formazione</strong>, senza però mai assumere<br />

un atteggiamento giu<strong>di</strong>cante;<br />

• g a r a n t i re il funzionamento <strong>di</strong> sottogruppi, come momenti <strong>di</strong><br />

coinvolgimento attivo, <strong>di</strong> interazione e <strong>di</strong> clima relazionale;<br />

• collaborazione con i formatori nell’attività <strong>di</strong> verifica dei risultati, in<br />

particolare nei follow up <strong>di</strong> me<strong>di</strong>o e lungo periodo (Quaglino 1999,<br />

pag.226).<br />

Queste <strong>di</strong>verse funzioni possono, in alcuni casi essere svolte da un’unica<br />

persona e in altri casi essere <strong>di</strong>sgiunte, prevedendo <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> tutor.<br />

Ad esempio Alma Mater <strong>di</strong>stingue da tutor me<strong>di</strong>atore a tutor formativo; il<br />

Cedritt tra tutor interno detto anche co-docente <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione (considerato<br />

utile soprattutto nei corsi professionale più tecnici) e un tutor esterno, detto<br />

anche assistente al placement; la <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri prevede un tutor<br />

formativo-interno e uno aziendale-esterno…<br />

141


ALMA MATER<br />

Si ricorda che l’Alma Mater 80, associazione interculturale <strong>di</strong> donne, si<br />

occupa <strong>di</strong> sostenere, attraverso l’incontro e il confronto <strong>di</strong>retto, donne con<br />

problemi collegati ai bisogni <strong>di</strong> prima e seconda accoglienza (lavoro, casa,<br />

assistenza ai figli..); il compito del Centro è quello <strong>di</strong> deco<strong>di</strong>ficare i bisogni <strong>di</strong><br />

questa specifica, la donna migrante, in<strong>di</strong>rizzandola agli operatori dei servizi<br />

territoriali in base alle esigenze e alle attese.<br />

Proprio in questa <strong>di</strong>rezione il Centro ha sentito la necessità <strong>di</strong> chiarire la<br />

funzione <strong>di</strong> un tutor che conoscesse bene la realtà torinese, che capisse i<br />

bisogni delle donne e fosse sentito come figura rassicurante, in grado <strong>di</strong><br />

accompagnare e orientare verso la stabilizzazione (problemi familiari, rapporto<br />

con figli/mariti, ricongiungimenti, salute, socializzazione…).<br />

Il tutor ha quin<strong>di</strong> una funzione <strong>di</strong> me<strong>di</strong>atore culturale, <strong>di</strong> filtro tra utenti<br />

stranieri e servizi della <strong>rete</strong>.<br />

Esso svolge così un compito orientativo, gestendo l’intero percorso <strong>di</strong><br />

orientamento alla scelta, curando i passaggi nelle varie fasi dell’intervento,<br />

attraverso un atteggiamento promozionale nei confronti del soggetto verso il<br />

recupero <strong>di</strong> motivazioni e dell’autostima.<br />

CEDRITT<br />

Il Cedritt, Centro <strong>di</strong> Documentazione e <strong>di</strong> Ricerca sui Trasferimenti <strong>di</strong><br />

Tecnologie, vede il tutor come co-docente <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione con un ruolo <strong>di</strong><br />

supporto per il formatore in aula e per il corsista; infatti la <strong>di</strong>dattica<br />

interculturale non è automatica soprattutto con utenza con gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà<br />

linguistiche.<br />

Questa figura del co-docente è formalizzata <strong>nella</strong> provincia <strong>di</strong> Savona per<br />

i corsi <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> rivolti a extracomunitari; è vista come punto <strong>di</strong> riferimento<br />

necessario per la verifica della buona riuscita del corso a livello <strong>di</strong><br />

partecipazione - sod<strong>di</strong>sfazione dell’utenza e <strong>di</strong> maggiore cre<strong>di</strong>bilità dell’ente.<br />

È inoltre fondamentale la presenza <strong>di</strong> un altro tutor, detto assistente al<br />

placement che affiancherà il migrante alla fine del corso <strong>nella</strong> ricerca del lavoro<br />

certificando le competenze acquisite. Questa funzione si definisce <strong>nella</strong> figura<br />

<strong>di</strong> addetto alla presa in carico, punto <strong>di</strong> riferimento per informazioni tempestive<br />

e in<strong>di</strong>vidualizzate, una specie <strong>di</strong> “sportello personalizzato”.<br />

Questa procedura è prevista ma non formalizzata, si muoverà quin<strong>di</strong><br />

cercando da una parte <strong>di</strong> seguire le normative e dall’altra <strong>di</strong> rispondere alle<br />

esigenze specifiche del soggetto e alla domanda del territorio.<br />

Anche all’interno <strong>di</strong> un progetto promosso dal Cedritt e dal Forum<br />

Antirazzista, realizzato a Genova, il corso <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> professionale per<br />

addetti all’accoglienza con compiti <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione culturale era seguito da due<br />

tutor: uno interno al Centro dove si svolgevano le lezioni e uno esterno per la<br />

gestione dello stage.<br />

80 Si veda anche il testo a cura del Centro interculturale delle donne, Progetto Alma Mater (1998).<br />

142


I due tutor, innanzitutto, erano membri della commissione esaminatrice<br />

<strong>nella</strong> fase <strong>di</strong> selezione dei corsisti, momento sicuramente importante per<br />

cominciare a conoscere le tipologia dell’utenza. I tutor sono occupati dei<br />

contenuti del corso, della messa a punto degli orari, confrontandosi con i<br />

docenti su contenuti formativi, sul materiale <strong>di</strong>dattico e <strong>di</strong> consultazione e sulle<br />

modalità <strong>di</strong> verifica.<br />

Il tutor esterno si è occupato dell’organizzazione dello stage, mantenendo<br />

aggiornato il rapporto con la figura professionale addetta all’affiancamento del<br />

corsista all’interno del servizio previsto.<br />

Il tutor esterno aveva quin<strong>di</strong> il compito <strong>di</strong> controllare gli inserimenti,<br />

mantenere i rapporti tra ente, formatore e operatore <strong>di</strong> servizio. La scelta dei<br />

corsisti inseriti nei servizi non è stata del tutto casuale; infatti si teneva conto<br />

delle attitu<strong>di</strong>ni, delle motivazioni personali e della <strong>di</strong>sponibilità del soggetto<br />

unitamente alle esigenze suggerite dagli operatori dei servizi.<br />

Entrambi i tutor hanno cercato <strong>di</strong> prevedere per tutti i corsisti ampi spazi<br />

<strong>di</strong> confronto in<strong>di</strong>viduale, come momenti per manifestare il proprio assenso e<br />

<strong>di</strong>ssenso riguardo a tutto ciò che accadeva nel corso; hanno privilegiato il<br />

rapporto <strong>di</strong>retto con i migranti più che il pacchetto <strong>di</strong> nozioni (conoscenze) da<br />

impartire, puntando più sul “saper essere” che sul “saper fare”.<br />

Il legame che il tutor instaurava con i corsisti era incentrato sulla<br />

sincerità, soprattutto nel chiarimento delle opportunità lavorative re a l i<br />

alla fine del corso.<br />

CASA DI CARITA’ ARTI E MESTIERI<br />

All’interno della definizione <strong>di</strong> tutorato sono previste due figure, tutor<br />

formativo e tutor aziendale.<br />

Al tutor formativo sono richieste alcune competenze come la capacità <strong>di</strong><br />

condurre un gruppo in <strong>formazione</strong> <strong>di</strong> organizzazione e <strong>di</strong> progettazionevalutazione<br />

e <strong>di</strong> gestione della “<strong>rete</strong> comunitaria e sociale”.<br />

Le sue funzioni, definibili nell’ambito dell’accoglienza del migrante,<br />

riguardano:<br />

• Il contatto e la creazione <strong>di</strong> relazioni significative <strong>di</strong> sostegno alla persona.<br />

• L’orientamento e la valorizzazione della realtà e delle esperienze del soggetto.<br />

• Le in<strong>di</strong>cazioni concernenti il processo <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento acquisito <strong>nella</strong><br />

fase formativa conclusa con l’attestato <strong>di</strong> frequenza.<br />

• Le informazioni essenziali da comunicare inerenti al tirocinio, al<br />

regolamento e agli orari <strong>di</strong> lavoro, al contributo economico.<br />

• La pre<strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> interventi, come le convenzioni e i contratti <strong>di</strong><br />

tirocinio in<strong>di</strong>vidualizzati e personalizzati, le formalità amministrative, la<br />

visibilità della presa in carico del soggetto migrante.<br />

• Pianificazione degli incontri in<strong>di</strong>vidualizzati con il corsista, prevedendo<br />

anche eventuali rientri nell’arco dello stage.<br />

143


Nello stesso tempo il tutor formativo si occupa della gestione del tirocinio<br />

in collaborazione con l’impresa: elabora la scheda per ogni allievo, ricerca le<br />

imprese <strong>di</strong>sponibili, pre<strong>di</strong>sponendo un percorso in<strong>di</strong>vidualizzato <strong>di</strong> stage<br />

formativo, e verifica in itinere il percorso <strong>di</strong> tirocinio<br />

Come il tutor formativo, anche il tutor aziendale deve avere specifiche qualità<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>sponibilità, capacità <strong>di</strong> ascolto e conoscenza approfon<strong>di</strong>ta del mestiere .<br />

Le sue funzioni comprendono i seguenti ambiti:<br />

1. Accoglienza del migrante nell’impresa:<br />

• comunicazione delle informazioni essenziali (depliant dell’impresa,<br />

orari <strong>di</strong> lavoro, regolamento interno)<br />

• sistemazione e inserimento del soggetto nel posto <strong>di</strong> lavoro, consegna <strong>di</strong><br />

strumenti <strong>di</strong> lavoro, del vestiario e delle formalità amministrative<br />

• chiarimento del rapporto con il personale (funzioni del singolo addetto o<br />

reparto, pianificazione degli incontri, impiego del tempo <strong>di</strong> presenza in<br />

impresa)<br />

• gli obiettivi del tirocinio ( presentazione del posto <strong>di</strong> lavoro, le altre<br />

persone che presi<strong>di</strong>ano lo stesso posto, ciò che il tirocinante dovrà fare<br />

nell’impresa)<br />

2. Trasferimento del saper-fare, soffermandosi sulle <strong>di</strong>fficoltà, sulle priorità<br />

relative all’incarico affidato e sulle misure <strong>di</strong> sicurezza<br />

3. Valutazione finale delle competenze professionali acquisite dal corsista e<br />

eventuali bisogni formativi, attraverso schede tecniche <strong>di</strong> valutazione e<br />

auto-valutazione fornite dall’Agenzia formativa (puntualità, spirito <strong>di</strong><br />

équipe, autonomia, efficacia, lavoro personale…)<br />

4. Dialogo in itinere con il tutor formativo.<br />

Dai contributi dei vari Enti emerge chiaramente come il tutor sia una figura<br />

essenziale per la riuscita <strong>di</strong> un percorso formativo.<br />

La conoscenza delle realtà locali (dei vari Servizi per migranti), buone<br />

capacità <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione culturale, l’abilità <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare un percorso in termini<br />

evolutivi, la capacità <strong>di</strong> orientare senza <strong>di</strong>rigere la vita altrui risultano<br />

caratteristiche comuni alle <strong>di</strong>verse funzioni del tutor. Tuttavia, per ogni<br />

progetto, occorre tener conto <strong>di</strong> alcune specificità, come il genere <strong>di</strong> utenza<br />

(donne uscite dalla tratta della prostituzione o minori), l’età (Progetto minori,<br />

Progetto al femminile), provenienze etniche (mondo arabo, Africa nera, Est<br />

Europa...) ed i settori <strong>di</strong> inserimento aziendali (tecnico aziendale, commerciale,<br />

me<strong>di</strong>azione culturale…).<br />

144<br />

7.3.2. Organizzazione dello stage<br />

Per un Centro Professionale si tratta <strong>di</strong> un compito molto impegnativo, che<br />

comprende <strong>di</strong>verse fasi <strong>di</strong> lavoro: la contattazione dei responsabili dei servizi<br />

(sociali, sociosanitari, centri <strong>di</strong> accoglienza) o <strong>di</strong> imprese private (nel settore<br />

metalmeccanico, tessile, alimentare ecc. a seconda dei corsi), la definizione


dell’iter burocratico-amministrativo per arrivare alla stipula delle convenzioni,<br />

la collaborazione alla definizione dei percorsi formativi, <strong>di</strong>versificati in base<br />

alla tipologia e all’organizzazione sia dei servizi-aziende sia alle aspettative<br />

dell’utenza 81.<br />

I corsisti sono affiancati da <strong>di</strong>verse figure professionali (tutor aziendali)<br />

presenti all’interno <strong>di</strong> ogni servizio/azienda secondo tempi e mo<strong>di</strong> che sono<br />

definiti caso per caso all’inizio del periodo <strong>di</strong> stage.<br />

In questa fase è importante che il tutor formativo (cioè quello interno al<br />

Centro Professionale) segua gli inserimenti e mantenga i rapporti tra Ente<br />

formatore e operatori dei Servizi o aziende (tutor aziendali).<br />

Quale è la specialità <strong>di</strong> uno stage per un migrante rispetto<br />

ad un italiano? Come cambia la modalità <strong>di</strong> contatto con l’impresa?<br />

Lo stage per migranti richiede una particolare attenzione sia <strong>nella</strong> ricerca<br />

dell'azienda sede <strong>di</strong> stage, sia nel monitoraggio e tutoraggio dello stage stesso.<br />

Nella ricerca dell’azienda si cerca <strong>di</strong> contattare aziende che possano<br />

presentare le potenzialità per una eventuale assunzione. Per i migranti, ancora<br />

più che per gli italiani, lo stage è un momento in cui farsi conoscere e far<br />

vedere quanto realmente si vale al <strong>di</strong> là dei luoghi comuni. In secondo luogo<br />

è necessario in<strong>di</strong>viduare aziende dove davvero gli allievi saranno affiancati e<br />

seguiti nell'appren<strong>di</strong>mento. Molto spesso si approfitta della presenza dello<br />

stagista migrante per utilizzarlo in mansioni <strong>di</strong>verse da quelle previste dallo<br />

stage: ad esempio è capitato che due ragazze del corso <strong>di</strong> ristorazione siano<br />

state utilizzate esclusivamente per fare le pulizie <strong>di</strong> primavera dei locali.<br />

Diventa molto importante, quin<strong>di</strong>, ad inserimento avvenuto, monitorare lo<br />

stage sia attraverso visite perio<strong>di</strong>che presso le aziende sede <strong>di</strong> stage, sia<br />

attraverso il rientro settimanale degli allievi presso il Centro formativo,<br />

momento fondamentale per analizzare eventuali problemi e situazioni<br />

conflittuali emersi e stabilire eventuali interventi concordati.<br />

Il rapporto tra stage e corso: lo stage è un bagaglio aggiuntivo<br />

e autonomo rispetto al corso, oppure è solo una messa a fuoco<strong>di</strong><br />

ciò che il corso ha proposto? Esiste un ritorno positivo per<br />

il corsista migrante?<br />

L’esperienza <strong>di</strong> stage è parte integrante del corso; l’allievo nel periodo <strong>di</strong><br />

stage può mettere a confronto le conoscenze acquisite durante le lezioni<br />

teoriche con l’esperienza lavorativa <strong>di</strong>retta trasformando le sue conoscenze in<br />

competenze acquisite. Inoltre lo stage permette all'allievo <strong>di</strong> confrontarsi con il<br />

mondo del lavoro, e questo per un allievo migrante vuol <strong>di</strong>re entrare in<br />

contatto con un mondo scan<strong>di</strong>to da orari particolari, ritmi <strong>di</strong> lavorazione,<br />

relazioni sociali che sono spesso <strong>di</strong>versi rispetto a quelli proposti nel CFP.<br />

81 Alla <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> si occupa <strong>di</strong> tutti questi compiti un tutor interno, specifico per i corsi dei migranti.<br />

145


Come avviene la gestione <strong>di</strong> aspetti conflittuali legati all’inserimento<br />

<strong>nella</strong> sede prevista per lo stage, se non coincide con quello voluto<br />

dal corsista?<br />

Quando un corsista chiede <strong>di</strong> cambiare la sede <strong>di</strong> stage assegnatagli si cerca<br />

sempre <strong>di</strong> comprendere quali siano i motivi reali che lo inducono a fare<br />

una richiesta del genere. Molto spesso la vera ragione è la <strong>di</strong>stanza dalla<br />

propria abitazione o il lavoro considerato troppo duro e frenetico. In tal caso<br />

lo si cerca <strong>di</strong> convincere a proseguire poiché è necessario che impari<br />

ad inserirsi <strong>nella</strong> realtà lavorativa che offre il territorio; l’obiettivo è anche<br />

aiutarli ad integrarsi entrando in contatto con situazioni lavorative reali<br />

e non addolcite.<br />

Stage in<strong>di</strong>viduale/collettivo per migranti: in base a quali criteri si<br />

arriva alla scelta? Quali effetti?<br />

Se l’allievo viene inserito in aziende piccole (è il caso dei ristoranti per<br />

il corso “Servizi <strong>di</strong> ristorazione <strong>di</strong> base” e delle sartorie per il corso “Taglio<br />

Cucito - Riparazioni”) generalmente lo stage è in<strong>di</strong>viduale in quanto le aziende<br />

<strong>di</strong> questo tipo, spesso a gestione familiare, non sono in grado <strong>di</strong> accogliere<br />

e <strong>di</strong> seguire più <strong>di</strong> un allievo alla volta. Se l’azienda ha <strong>di</strong>mensioni maggiori<br />

si chiede <strong>di</strong> accogliere almeno 2 allievi contemporaneamente: questo permette<br />

<strong>di</strong> affiancare gli allievi che hanno maggiori problemi con l’italiano, o che<br />

semplicemente incontrano maggiori <strong>di</strong>fficoltà con la nostra cultura,<br />

con allievi più <strong>di</strong>sinvolti che possano guidarli. E’ il caso del corso per<br />

“Me<strong>di</strong>atori Interculturali” dove la presenza in coppia permette anche <strong>di</strong> fornire<br />

una varietà <strong>di</strong> gruppi etnici all’interno della stessa azienda, rendendo più<br />

preziosa la loro presenza.<br />

Quali <strong>di</strong>fficoltà si incontrano durante lo stage per quanto riguarda<br />

gli orari, la puntualità, le assenze nel caso <strong>di</strong> allievi migranti rispetto<br />

agli italiani?<br />

Molti migranti hanno una concezione del tempo e degli orari molto<br />

<strong>di</strong>versa dalla nostra, per cui è necessario insistere sul rispetto degli orari e<br />

sulla frequenza assidua del corso fin dall'inizio delle lezioni. Nel momento<br />

dello stage bisogna insistere maggiormente, facendo compre n d e re che la<br />

serietà del lavoratore si vede anzitutto dal rispetto <strong>di</strong> queste semplici re g o l e .<br />

Solitamente lo stage avviene dopo almeno 5 mesi <strong>di</strong> corso, e la maggior<br />

parte degli allievi a quel punto ha imparato a rispettare gli orari. Ciò che<br />

risulta più <strong>di</strong>fficile è abituarli ad avvertire telefonicamente le aziende in caso<br />

<strong>di</strong> assenze o ritar<strong>di</strong>. In questo caso negli anni scorsi è risultato eff i c a c e<br />

responsabilizzarli, facendo loro compre n d e re che l’azienda conta su <strong>di</strong> loro<br />

per pro s e g u i re il lavoro, che è importante segnalare tempestivamente<br />

l’eventuale assenza in modo che l'azienda possa organizzarsi per tempo.<br />

146


7.3.3. Il ruolo del me<strong>di</strong>atore culturale all’interno <strong>di</strong> un<br />

centro professionale o <strong>nella</strong> scuola<br />

Il me<strong>di</strong>atore culturale è ancora un ruolo in una tappa nascente, “debole”,<br />

dai <strong>di</strong>fficili confini. Spesso prevale la visione che ritiene l’intervento <strong>di</strong><br />

me<strong>di</strong>azione legato solo ad una prima fase emergenziale del processo<br />

migratorio, finalizzata ad assicurare allo straniero l’accesso a certi <strong>di</strong>ritti legali e<br />

sociali basilari 82.<br />

Il profilo del me<strong>di</strong>atore culturale risulta quin<strong>di</strong> essere finalizzato al<br />

miglioramento del rapporto <strong>di</strong> comunicazione tra istituzioni/servizi e utenti.<br />

In questo senso la funzione corrisponde a quella <strong>di</strong> interme<strong>di</strong>azione<br />

linguistico-culturale-comunicativa tra utente e servizio; l’abilità e la competenza<br />

del me<strong>di</strong>atore sono collegate alla capacità <strong>di</strong> fungere da filtro dei bisogni<br />

sommersi e visibili dei migranti verso l’elaborazione <strong>di</strong> strategie d’inserimento<br />

e stabilizzazione <strong>nella</strong> realtà <strong>di</strong> accoglienza.<br />

Il me<strong>di</strong>atore non va inteso solo come interp<strong>rete</strong> della propria cultura: la<br />

cultura d’origine è il punto <strong>di</strong> partenza da cui si opera un confronto con altre<br />

culture. Si tratta quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> mettere in relazione <strong>di</strong>fferenti identità, attraverso un<br />

sistema <strong>di</strong> <strong>reciprocità</strong> e <strong>di</strong> scambio, che crei le premesse per l’utilizzo e la<br />

comprensione <strong>di</strong> regole <strong>di</strong> vita e <strong>di</strong> organizzazioni sociali <strong>di</strong>fferenti.<br />

I me<strong>di</strong>atori culturali assumono, in questo senso, un ruolo importantissimo<br />

<strong>di</strong> supporto e consulenza per gli operatori dei servizi o attori istituzionali, dal<br />

settore socio-sanitario a quello assistenziale, legale…<br />

Durante il corso dagli interventi dei formatori e degli insegnanti delle<br />

scuole per stranieri è emersa la necessità <strong>di</strong> promuovere e estendere all’ambito<br />

della scuola la figura del me<strong>di</strong>atore culturale non ancora prevista e formalizzata<br />

(come d’altronde anche in molti altri settori), soprattutto nei casi <strong>di</strong> corsi che<br />

si rivolgono specificamente a utenza migrante.<br />

In questo senso si è mossa la <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri, inserendo da<br />

alcuni anni 83 due me<strong>di</strong>atori culturali con alcuni compiti specifici:<br />

• supporto al formatore <strong>nella</strong> gestione <strong>di</strong> questioni critiche interne alla classe<br />

con interventi appropriati <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione nei casi <strong>di</strong> conflitti interreligiosi o<br />

interculturali… 84;<br />

• sostegno in attività <strong>di</strong>dattiche, soprattutto per i soggetti con maggiori<br />

<strong>di</strong>fficoltà linguistiche (previste alcune ore in lingua d’origine nei corsi per<br />

minori stranieri);<br />

82 Per quanto riguarda il ruolo del me<strong>di</strong>atore nell’ambito sanitario si veda il testo curato da Franca<br />

Balsamo (1997), che riunisce i contributi <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi ricercatori torinesi sul tema della maternità delle<br />

donne migranti.<br />

83 All’interno della <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> lavorano due me<strong>di</strong>atori culturali (due donne, una Zairese e una<br />

albanese) dall’anno ’98-’99. Inoltre nello Sportello <strong>di</strong> orientamento al lavoro (O.L.M.) sono state<br />

concordate alcune ore, in cui è prevista la presenza <strong>di</strong> una me<strong>di</strong>atrice culturale.<br />

84 Nell’anno scolastico ’98 -’99 nel corso dei Me<strong>di</strong>atori Culturali era prevista in tutte le ore <strong>di</strong> docenza<br />

la “co-presenza” in aula delle due me<strong>di</strong>atrici (alternate una al mattino e una al pomeriggio), come<br />

supporto al docente sia <strong>nella</strong> funzione <strong>di</strong> interpretariato linguistico, sia nell’ambito <strong>di</strong>sciplinare in<br />

caso <strong>di</strong> conflitti interculturali.<br />

147


• collaborazione con il tutor interno <strong>nella</strong> stipula delle convenzioni <strong>di</strong> stage<br />

e accompagnamento dei corsisti durante il periodo <strong>di</strong> stage (seguire gli<br />

inserimenti e lo svolgimento dell’esperienza, me<strong>di</strong>ando nei casi <strong>di</strong><br />

incomprensione tra il Servizio/azienda e il migrante);<br />

• guida e eventuale accompagnamento ai servizi territoriali per stranieri in<br />

base alle specifiche richieste del soggetto (regolarizzazione o altri tipi <strong>di</strong><br />

documentazione, inserimento abitativo, problemi <strong>di</strong> ricongiungimenti<br />

familiari, supporto psicologico... );<br />

• ascolto e orientamento nell’inserimento professionale o lavorativo del<br />

singolo migrante: incoraggiare a pensare a progetti, a spazi operativi<br />

possibili, partendo dai bisogni e dalle competenze in<strong>di</strong>viduali.<br />

148<br />

7.4. I criteri <strong>di</strong> valutazione<br />

dei prerequisiti linguistici<br />

Ricor<strong>di</strong>amo che nel corso Formazione Formatori è emersa la necessità <strong>di</strong><br />

con<strong>di</strong>videre la consapevolezza dell’utilità <strong>di</strong> stabilire criteri <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduazione<br />

dei prerequisiti linguistici per l’ammissione ai corsi e <strong>di</strong> armonizzarli prendendo<br />

in considerazione anche la <strong>di</strong>mensione della certificazione.<br />

Abbiamo già visto che, a questo proposito la Scuola e la Formazione<br />

Professionale, spesso, sono riferite a vincoli <strong>di</strong>fferenti. Una ridefinizione della<br />

percezione dei rispettivi vincoli potrebbe condurre quin<strong>di</strong> ad una soluzione<br />

standard, con<strong>di</strong>visa a livello locale, che prendesse in considerazione sia le<br />

proposte della CILS 85, sia le proposte elaborate dalle scuole.<br />

Per un Centro professionale la definizione dei prerequisiti <strong>di</strong> accesso è una<br />

esigenza strettamente connessa alla buona riuscita del percorso formativo; la<br />

conseguente selezione iniziale può portare senz’altro un vantaggio a chi entra,<br />

ma può essere positiva anche per chi è escluso se, a quest’ultimo, vengono<br />

date spiegazioni e proposte delle alternative.<br />

Dovrebbe, infatti, costituire un obiettivo prioritario che il percorso sia<br />

evolutivo, che il migrante migliori la stima <strong>di</strong> sé, che provi gusto ad imparare<br />

e che possa verificare la possibilità <strong>di</strong> intraprendere percorsi flessibili, adatti al<br />

suo livello attuale, che non precludano avanzamenti successivi.<br />

7.4.1. P re requisiti linguistici per la <strong>formazione</strong> <strong>di</strong> una classe<br />

Quali criteri bisogna seguire <strong>nella</strong> <strong>formazione</strong> della classe che trova al suo<br />

interno soggetti con un <strong>di</strong>verso livello <strong>di</strong> conoscenza della lingua seconda? Come<br />

è emerso negli incontri con docenti/esperti nell’insegnamento linguistico in corsi<br />

per stranieri, <strong>nella</strong> definizione <strong>di</strong> prerequisiti il criterio considerato non è stato<br />

tanto il livello <strong>di</strong> alfabetizzazione <strong>nella</strong> lingua seconda, ma i percorsi <strong>di</strong> scolarità<br />

pregressa nei paesi d’origine. Due studenti della stessa età, della stessa nazionalità,<br />

85 Si veda il capitolo 8 sulla Cils.


con un’identica conoscenza della lingua italiana (arrivati dallo stesso tempo in<br />

Italia), ma con livelli <strong>di</strong> scolarità <strong>di</strong>fferenti (es. analfabeta totale in lingua madre e<br />

<strong>di</strong>plomato) verranno inseriti in classi totalmente <strong>di</strong>verse: il materiale proposto, il<br />

linguaggio dell’insegnante, la scelta degli argomenti, e soprattutto la prassi<br />

<strong>di</strong>dattica si adeguano infatti a stili cognitivi completamente <strong>di</strong>versi.<br />

7.4.2. Prerequisiti linguistici specifici<br />

<strong>di</strong> accesso ad un corso professionale<br />

Nell’ambito dei corsi professionali per migranti la <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri<br />

ha definito alcuni prerequisiti minimi <strong>di</strong> accesso ai corsi per quanto riguarda<br />

l’ambito linguistico: a seconda della tipologia del corso è stato previsto un test<br />

d’ingresso, in cui viene anche valutato (oltre all’aspetto psico-attitu<strong>di</strong>nale) il grado<br />

<strong>di</strong> alfabetizzazione <strong>nella</strong> lingua seconda e stabilito un livello minimo <strong>di</strong><br />

preparazione necessaria. Ovviamente nel caso <strong>di</strong> corsi per Me<strong>di</strong>atori Culturali il<br />

livello <strong>di</strong> conoscenza dell’italiano richiesto sarà me<strong>di</strong>o-alto (3° livello), mentre in<br />

altri corsi è sufficiente il secondo livello (es. corsi <strong>di</strong> ristorazione, taglio e cucito,<br />

elementi <strong>di</strong> officina meccanica).<br />

Ciò che emerge e che <strong>di</strong>fferenzia le Scuole <strong>di</strong> italiano per stranieri da un<br />

Centro Professionale è proprio questo aspetto: il migrante analfabeta <strong>nella</strong> seconda<br />

lingua può essere inserito in un corso <strong>di</strong> alfabetizzazione presso un Centro<br />

Territoriale Permanente, mentre nel caso <strong>di</strong> un corso professionale la non<br />

conoscenza totale della lingua italiana può provocare una comprensione troppo<br />

limitata degli argomenti trattati, soprattutto nell’ambito tecnico/pratico.<br />

Un altro nodo dei corsi professionali è che spesso per esigenze progettuali (le<br />

tipologie e il numero <strong>di</strong> migranti che hanno richiesto l’iscrizione al corso) in una<br />

stessa classe si trovano <strong>di</strong>versi gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> preparazione linguistica (livello basso con<br />

livello me<strong>di</strong>o-alto) oppure <strong>di</strong>versi livelli <strong>di</strong> scolarizzazione pregressa (es. 3 anni <strong>di</strong><br />

elementari con <strong>di</strong>plomati). In questo senso va letta la scelta della <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong><br />

Arti e Mestieri che nel caso <strong>di</strong> corsi per minori collabora <strong>di</strong>rettamente con le<br />

Scuole per Stranieri (Parini-Braccini e altri C.T.P.) per le scelte <strong>di</strong> inserimento dei<br />

futuri allievi: <strong>nella</strong> maggioranza dei casi è iscritto un minore che ha frequentato o<br />

che sta frequentando corsi <strong>di</strong> alfabetizzazione o <strong>di</strong> 150h 86.<br />

E m e rge quin<strong>di</strong> la necessità <strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre un criterio comune tra tutti gli attori<br />

della <strong>rete</strong>: Che cosa significa buona conoscenza della lingua per ogni Ente?<br />

È importante stabilire livelli chiari <strong>di</strong> conoscenza della lingua italiana con<strong>di</strong>visi<br />

da Provve<strong>di</strong>torato, Scuole per Stranieri, Formazione professionale regionale e<br />

Servizi Territoriali. Inoltre dovrebbe risolversi il nodo del riconoscimento e<br />

certificazione dei livelli linguistici dei migranti; una risorsa, se valorizzata, potrebbe<br />

essere la certificazione <strong>di</strong> conoscenza della lingua italiana CILS, che in<strong>di</strong>vidua<br />

chiaramente 4 livelli 87.<br />

86 Esiste una griglia <strong>di</strong> 5 livelli <strong>di</strong> conoscenza della lingua italiana stabilita dalla scuola <strong>di</strong> lingua per<br />

stranieri (Parini) e accettata dalla <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri per l’inserimento dei futuri partecipanti<br />

al corso, ma non formalizzata in modo chiaro.<br />

87 Come già detto si veda il capitolo 8 sulla Cils.<br />

149


Un altro grande nodo critico è la mancanza, per la maggioranza degli<br />

immigrati, <strong>di</strong> titoli <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o riconosciuti in Italia o la frequenza <strong>di</strong> situazioni <strong>di</strong><br />

sotto-scolarizzazione; anche in questo caso è fondamentale che chi si occupa <strong>di</strong><br />

<strong>formazione</strong> valorizzi l’importanza <strong>di</strong> iscriversi a corsi statali <strong>di</strong> alfabetizzazione o<br />

150 h, finalizzati al conseguimento del titolo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o italiano della scuola<br />

dell’obbligo. Il migrante vedrebbe così accresciuta la sua pro f e s s i o n a l i t à<br />

“spen<strong>di</strong>bile sul mercato” e le sue abilità linguistiche e scolastiche complessive.<br />

150<br />

7.5. Conclusioni<br />

È importante che tutti gli attori della <strong>rete</strong> siano a conoscenza delle<br />

problematiche relative all’accoglienza, per comprendere meglio il percorso del<br />

migrante e la sua situazione <strong>di</strong> vita attuale, evitando <strong>di</strong> abituarsi ed abituare il<br />

migrante all’idea <strong>di</strong> essere un potenziale assistito a tempo indeterminato.<br />

Infatti, come ha ricordato don Fredo Olivero 88, un problema molto sentito<br />

dagli operatori dell’accoglienza è che spesso il migrante, inserito stabilmente in<br />

una comunità/alloggio e quin<strong>di</strong> alleggerito del problema del pagamento <strong>di</strong> un<br />

affitto, rischia <strong>di</strong> trovarsi in una situazione <strong>di</strong> “immobilità”, perdendo lo stimolo<br />

iniziale della ricerca del lavoro.<br />

Anche la <strong>formazione</strong> professionale tende spesso, almeno <strong>nella</strong> fase iniziale, a<br />

non essere inserita nel proprio progetto personale; i migranti al limite accettano i<br />

corsi finanziati con le borse lavoro, che permettono un introito orario, anche<br />

se minimo 89.<br />

Come contrastare quin<strong>di</strong> il rischio <strong>di</strong> una cultura assistenzialistica? Bisogna<br />

partire con il chiedersi chi sia l’immigrato tipo che arriva in un centro <strong>di</strong><br />

accoglienza. Quasi nessuno ha un curriculum con esperienze professionali e<br />

lavorative significative; pochi hanno una conoscenza adeguata della lingua italiana.<br />

In questi casi la <strong>rete</strong> informale che lega il centro <strong>di</strong> accoglienza con gli altri<br />

soggetti della <strong>rete</strong> acquista un’importanza significativa nel progetto <strong>di</strong> inserimento<br />

del singolo migrante.<br />

Da quanto detto, emerge come la fase dell’accoglienza debba essere una<br />

parentesi a “tempo limitato” per evitare il rischio <strong>di</strong> promuovere, invece, l’aumento<br />

<strong>di</strong> assistiti passivi senza un progetto <strong>di</strong> autonomia e crescita personale.<br />

In questo senso è centrale la funzione della scuola e della <strong>formazione</strong><br />

professionale regionale, che possono inserirsi nei momenti <strong>di</strong> assestamento e <strong>di</strong><br />

crisi, con l’obiettivo <strong>di</strong> favorire l’entrata nel mondo del lavoro a pari titolo<br />

<strong>di</strong> un italiano.<br />

88 Si veda la relazione - intervista <strong>di</strong> don Fredo Olivero, responsabile della Caritas, Servizio <strong>Migranti</strong> <strong>di</strong><br />

Torino, presentata al corso <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> <strong>nella</strong> giornata sull'accoglienza, riportata nel cap.6, par.6.2.<br />

89 Solo le fasce deboli o marginali, come i minori soli, le donne vittime <strong>di</strong> sfruttamento o donne con<br />

figli, vedono <strong>nella</strong> <strong>formazione</strong> professionale l’unico mezzo per trovare lavoro. Un esempio è il<br />

Progetto al femminile per un gruppo <strong>di</strong> donne nigeriane, inserite in un corso <strong>di</strong> 200h <strong>di</strong> cucina, lavori<br />

domestici e assistenza anziani; questo corso è risultato essere uno strumento in<strong>di</strong>spensabile per<br />

permettere alla donna straniera <strong>di</strong> acquisire delle competenze professionali specifiche per inserirsi<br />

nel mercato del lavoro.


Capitolo 8<br />

CILS - Certificazione <strong>di</strong> Italiano<br />

come Lingua Straniera 90<br />

Gioia Maestro<br />

8.1. Premessa<br />

Questi appunti sono stati redatti utilizzando le informazioni contenute nelle<br />

linee guida alla CILS, pubblicazione realizzata dall’Università per Stranieri<br />

<strong>di</strong> Siena, nel giugno del 1998.<br />

Alcuni dati riportati non sono oggi più gli stessi, dal momento che la<br />

riflessione nazionale ed europea intorno ai prodotti certificatori si è da allora<br />

ulteriormente sviluppata, anche in ragione della necessità <strong>di</strong> accelerare il<br />

processo <strong>di</strong> uni<strong>formazione</strong> degli standard formativi all'interno dell’Unione.<br />

Nei nuovi assetti prefigurati, come emerge del resto dal <strong>di</strong>segno della<br />

riforma Berlinguer, si profila la necessità <strong>di</strong> introdurre al termine <strong>di</strong> ogni<br />

itinerario <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento, non soltanto quelli curricolari, la possibilità <strong>di</strong><br />

conseguire, previa congrua verifica, un titolo formalmente riconosciuto.<br />

La certificazione del traguardo raggiunto è al contempo test che misura la<br />

conoscenza e la competenza acquisite e titolo eventualmente spen<strong>di</strong>bile con il<br />

suo “alone” <strong>di</strong> ufficialità, sul mercato del lavoro.<br />

C’è poi un’altra valenza, forse meno imme<strong>di</strong>atamente visibile delle altre,<br />

ma, a mio avviso, altrettanto fondamentale: il certificato è l’esercizio del <strong>di</strong>ritto<br />

al riconoscimento personale e sociale <strong>di</strong> un pezzo <strong>di</strong> strada che la persona ha<br />

già comunque percorso.<br />

L’introduzione dell'accre<strong>di</strong>tamento formativo come prassi longitu<strong>di</strong>nale<br />

<strong>nella</strong> vita dei nuovi citta<strong>di</strong>ni europei, è correlata dunque all’ipotesi <strong>di</strong><br />

un’esistenza flessibilmente segmentata <strong>nella</strong> ricorrente alternanza tra tempo<br />

trascorso nell’ambito del lavoro e tempo speso a “fare altro”; “altro” che, se<br />

intelligentemente impiegato e capitalizzato, è in grado <strong>di</strong> contribuire alla<br />

possibilità <strong>di</strong> vivere il proprio essere “cives” in maniera più piena e<br />

consapevole. Il tempo <strong>di</strong> “non negotium” infatti, non è necessariamente ed<br />

esclusivamente tempo <strong>di</strong> “otium”, ma anche appunto, occasione per coltivare<br />

talenti, saperi, abilità e conoscenze.<br />

Molte delle istituzioni che erogano <strong>formazione</strong> nei più <strong>di</strong>versi ambiti del<br />

sapere e del saper fare, tra cui il Settore Educazione del Comune <strong>di</strong> Milano per<br />

cui io stessa lavoro come docente dei corsi <strong>di</strong> lingua italiana agli stranieri,<br />

hanno recepito le nuove in<strong>di</strong>cazioni.<br />

90 Per ottenere la pubblicazione CILS linee guida e ogni altra in<strong>formazione</strong> a riguardo, è possibile<br />

rivolgersi a:<br />

Università per Stranieri <strong>di</strong> Siena- Centro Certificazione CILS -Via Pantaneto, 105 - 53100 Siena<br />

tel +39. 0577.240467/ 240462 - fax.+39. 0577.240461 e.mail: cils@unistrasi.it<br />

151


Una parte degli itinerari <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento promossi nelle strutture civiche<br />

deputate alla <strong>formazione</strong>, viene progressivamente e in parte finalizzata<br />

all’ottenimento delle certificazioni.<br />

La ricerca <strong>di</strong> partners produttori <strong>di</strong> titoli certificatori aff i d a b i l i<br />

(scientificamente costruiti e ben calibrati), è quin<strong>di</strong> parte integrante dell’attività<br />

degli operatori della <strong>formazione</strong>.<br />

La collaborazione con il Centro CILS dell’Università per Stranieri <strong>di</strong> Siena<br />

nasce e si sviluppa in questo contesto. Avviata da circa tre anni, dovrebbe<br />

portare entro il 2000 alla formalizzazione <strong>di</strong> un’intesa più ampia tra le due<br />

istituzioni, volta a mettere in relazione chi insegna l’italiano con chi costruisce<br />

le prove che misurano la competenza linguistica effettivamente posseduta.<br />

L’intento finale ovviamente è quello <strong>di</strong> migliorare la qualità dell’offerta<br />

formativa agli adulti stranieri in modo da facilitare il loro percorso <strong>di</strong><br />

integrazione.<br />

Il presente contributo ha l’obiettivo <strong>di</strong> informare sulla CILS e in certa misura<br />

“promuovere” un prodotto certificatorio che personalmente trovo qualificato.<br />

Ho cercato anche <strong>di</strong> tracciare una sintetica panoramica storica, perché<br />

penso che ogni in<strong>formazione</strong> vada contestualizzata e integrata con<br />

ragionamenti e richiami a punti <strong>di</strong> attenzione che scelte <strong>di</strong> questa portata<br />

implicano, sia per chi insegna, sia per chi apprende.<br />

152<br />

8.2. Contestualizzazione<br />

Un po’ <strong>di</strong> storia e qualche puntualizzazione <strong>di</strong> prospettiva<br />

Quando nel 1908 Luigi Rava ministro della Pubblica Istruzione del governo<br />

Giolitti emanava la prima circolare per la <strong>di</strong>ffusione della lingua e della cultura<br />

italiana all’estero, era probabilmente consapevole della marginalità <strong>di</strong> questo<br />

aspetto nel quadro delle politiche educative <strong>di</strong> uno Stato tanto giovane e<br />

altrettanto drammaticamente arretrato.<br />

Prioritaria doveva apparirgli l’alfabetizzazione delle ingenti masse rurali e/o<br />

<strong>di</strong> recente urbanizzazione, la cui precarietà economica e deprivazione culturale<br />

toccavano livelli <strong>di</strong>sastrosi.<br />

Nel 1910 anno della presentazione del progetto <strong>di</strong> riforma elettorale del<br />

ministero Luzzatti, che escludeva dal voto chi non sapeva leggere e scrivere, la<br />

popolazione analfabeta sopra i sei anni toccava infatti il 37,6% degli italiani.<br />

Peraltro, chi si fosse aspettato che la centralità assunta dalle tematiche<br />

educative, soprattutto nel secondo dopoguerra, avrebbe dato maggiore<br />

impulso alla promozione della lingua e della cultura italiana fuori dai confini<br />

nazionali, sarebbe rimasto deluso: dopo quelle in<strong>di</strong>cazioni, la questione sino<br />

ad oggi è stata affrontata in pochissime altre circostanze: soltanto otto<br />

provve<strong>di</strong>menti in totale sino al 1996.<br />

Non si può tuttavia imputare ai governi della prima metà del secolo<br />

l’incapacità <strong>di</strong> immaginare un evento <strong>di</strong> rilevante portata storica, le cui reali<br />

<strong>di</strong>mensioni non sono state colte nemmeno in tempi assai più recenti:


il nostro Paese, che a partire dall’unificazione nazionale ha espulso milioni <strong>di</strong><br />

persone da un mercato interno incapace <strong>di</strong> assorbire forza lavoro, verso la fine<br />

del ventesimo secolo è andato compiutamente trasformandosi da terra <strong>di</strong><br />

emigrazione in terra <strong>di</strong> immigrazione.<br />

Con gli inizi degli anni ottanta gli effetti della globalizzazione già avvertibili<br />

a livello internazionale ed europeo, hanno investito pienamente anche l’Italia.<br />

Accanto alla libera circolazione delle informazioni, delle merci e del denaro, i<br />

nuovi assetti politici ed economici hanno determinato un forte incremento<br />

<strong>nella</strong> mobilità degli esseri umani, mutando il volto delle nostre città, strade,<br />

negozi, mercati e quartieri e, più lentamente, ma non meno profondamente, i<br />

nostri comportamenti, i nostri consumi e le nostre abitu<strong>di</strong>ni.<br />

Siamo abituati a considerare da sempre Roma, Firenze e Venezia meta<br />

mon<strong>di</strong>ale <strong>di</strong> pellegrinaggi religiosi e turistico-culturali ben sapendo che i<br />

pellegrini, che affluiscono a milioni ogni anno, generalmente tengono in tasca<br />

un biglietto <strong>di</strong> ritorno. In tempi recenti però, anche Torino, Napoli, Milano,<br />

Palermo, Bari, Genova o Bologna si stanno rapidamente trasformando sotto i<br />

nostri occhi in polis piene <strong>di</strong> cosmos, una quantità <strong>di</strong> persone la cui<br />

permanenza non si esaurisce in settimane, ma contempla perio<strong>di</strong> misurabili in<br />

mesi, anni, talvolta decenni.<br />

Contestualmente abbiamo quin<strong>di</strong> visto crescere una nuova domanda <strong>di</strong><br />

appren<strong>di</strong>mento della lingua, spinta dalle esigenze <strong>di</strong> chi nel nostro Paese si è<br />

trovato a vivere e/o con l’Italia e gli italiani ha sempre più spesso necessità <strong>di</strong><br />

interagire per motivi sociali e professionali.<br />

Nel panorama europeo, del resto, altri hanno maturato significative<br />

esperienze in questo campo, Francia e Gran Bretagna solo per citare gli esempi<br />

più eclatanti. Le vicende coloniali <strong>di</strong> quei Paesi hanno favorito assai prima che<br />

da noi la messa a punto <strong>di</strong> una strumentazione teorica e metodologica per<br />

l’insegnamento delle rispettive lingue. La <strong>di</strong>dattica dell’inglese o del francese ai<br />

non anglofoni e ai non francofoni conta <strong>di</strong> fatto su <strong>di</strong> una prassi ultra<br />

cinquantennale.<br />

In Italia il fenomeno ha prevalentemente riguardato, sinora, la popolazione<br />

adulta, e quin<strong>di</strong> non ascrivibile alla fascia scolare. È soprattutto per questo che<br />

i primi segnali <strong>di</strong> recepimento normativo sono giunti più che dall’ambito<br />

dell’educazione, dalla legislazione in materia <strong>di</strong> immigrazione, dalla cosiddetta<br />

“legge Martelli” del 1986 al recentissimo regolamento applicativo della legge<br />

40/98, “Disciplina dell'immigrazione e norme sulla con<strong>di</strong>zione dello straniero”.<br />

Naturalmente, in un futuro talmente prossimo da essere in molte realtà già<br />

presente, la questione acquisirà tutt’altra fisionomia e, per l’aspetto che ci<br />

interessa da vicino, ciò che oggi è numericamente ancora periferico <strong>di</strong>venterà<br />

centrale. Coloro che si saranno stabilizzati economicamente (trovando un<br />

lavoro); giuri<strong>di</strong>camente (sanando gli aspetti legali relativi ai permessi <strong>di</strong><br />

soggiorno); territorialmente (ra<strong>di</strong>candosi in un piccolo, me<strong>di</strong>o o grande centro<br />

urbano); socialmente (accedendo ai servizi previsti per la popolazione<br />

residente), acquisendo insomma i pieni <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>nanza del Paese<br />

<strong>di</strong> cui contribuiscono a far crescere la ricchezza, completeranno il loro<br />

153


percorso esistenziale ed affettivo chiamando mogli/mariti e figli <strong>nella</strong> nuova<br />

patria <strong>di</strong> adozione.<br />

L’alfabetizzazione in italiano riguarderà a quel punto, in modo massivo,<br />

adolescenti e bambini. Sia quella “stretta” sia, a maggior ragione, quella “larga”:<br />

il quantum <strong>di</strong> italianità che ogni non italiano sarà <strong>di</strong>sposto a - e capace <strong>di</strong>assorbire,<br />

facendo spazio dentro <strong>di</strong> sé al <strong>di</strong>verso abito linguistico e culturale.<br />

La sfida per strutture e agenzie educative deputate all’istruzione e<br />

all’accompagnamento educativo, prima fra tutte la scuola pubblica sarà, a quel<br />

punto, la capacità <strong>di</strong> favorire questi “neo inse<strong>di</strong>amenti interiori” <strong>di</strong> pensieri,<br />

logiche e sfumature <strong>di</strong> sentimenti, che facilitino un'integrazione umana e civile<br />

piena e sod<strong>di</strong>sfacente tutelando, al contempo, il patrimonio linguistico e<br />

culturale originario dei nuovi studenti.<br />

È auspicabile quin<strong>di</strong> che ai bambini cinesi, maghrebini, peruviani o rumeni,<br />

non accada quanto è successo alla generazione <strong>di</strong> italiani figli del boom<br />

economico, della televisione e della scuola me<strong>di</strong>a unificata, ma anche ai nostri<br />

emigrati all’estero e ai loro <strong>di</strong>scendenti. All’epoca, la messa al bando dei <strong>di</strong>aletti<br />

e l’infinita ricchezza delle varietà linguistiche regionali, già inutilmente<br />

stigmatizzata da Pier Paolo Pasolini, oltre ad atrofizzare l’attitu<strong>di</strong>ne al<br />

bilinguismo potenziale dei parlanti, ha finito col contribuire, nel me<strong>di</strong>o<br />

periodo, ad un deprecabile impoverimento dell’italiano. La maggior<br />

consapevolezza e attenzione a questi temi che si è sviluppata nel frattempo<br />

è certamente in grado <strong>di</strong> prevenire analoghi errori.<br />

154<br />

8.3. Una lingua da imparare, una lingua da usare.<br />

Scuola e bottega<br />

In epoca recente 91 i primi testi esaustivi per l’insegnamento dell’italiano agli<br />

stranieri (manuali che affrontano le regole grammaticali essenziali, in<strong>di</strong>cano le<br />

poche migliaia <strong>di</strong> parole più frequentemente utilizzate e forniscono un nutrito<br />

numero <strong>di</strong> esempi tratti dalla lingua in uso per il vivere quoti<strong>di</strong>ano), vedono la<br />

luce tra i primi anni 70 e la seconda metà degli anni 80.<br />

Sono il frutto del lavoro <strong>di</strong> équipes <strong>di</strong> glottologi e ricercatori consapevoli<br />

<strong>di</strong> dover colmare un vuoto: quello venutosi a creare per la mancanza <strong>di</strong> una<br />

strumentazione teorica e metodologica adeguata. Tale vuoto appare<br />

chiaramente percepibile dagli osservatori privilegiati in cui le équipes operano,<br />

vale a <strong>di</strong>re i poli specializzati in <strong>di</strong>dattica della lingua per chi intende accedere<br />

all’istruzione superiore nelle scuole e nelle università italiane, siano esse in<br />

Italia o all’estero.<br />

Tre le postazioni con le antenne più sensibili a livello nazionale,<br />

si <strong>di</strong>stinguono da subito le università per Stranieri <strong>di</strong> Perugia, Siena e il nucleo<br />

91 Per un approfon<strong>di</strong>mento della prospettiva storica dei temi trattati in questo paragrafo cfr. Vedovelli<br />

M, l'insegnamento /l'appren<strong>di</strong>mento dell'italiano nel mondo, in stampa in "Master in Italiano lingua<br />

Straniera", Università per Stranieri <strong>di</strong> Siena (vedovelli@unistrasi.it)


<strong>di</strong> docenti della Prima Università <strong>di</strong> Roma che, durante gli anni della<br />

cooperazione con la Somalia, l’Eritrea e l’Etiopia, ha preparato i professori<br />

chiamati a fornire l’in<strong>di</strong>spensabile supporto linguistico nelle università e nelle<br />

scuole italiane del Corno d’Africa.<br />

In particolare a Siena lavora l'équipe che ha strutturato all'interno del<br />

curriculum dei docenti <strong>di</strong> lettere e lingua, una specializzazione formativa, la<br />

DITALS Didattica <strong>di</strong> Italiano come Lingua Straniera, da testare con apposito<br />

esame ed eventualmente spendere come cre<strong>di</strong>to preferenziale per chi abbia<br />

interesse a orientare il proprio profilo professionale in questa <strong>di</strong>rezione.<br />

A Siena si sperimentano soluzioni per i problemi <strong>di</strong>dattici che la pratica<br />

continua e su ampia scala consente <strong>di</strong> evidenziare.<br />

L’Università per Stranieri è, a tutti gli effetti, un laboratorio <strong>di</strong> ricerca dal<br />

quale emergono in<strong>di</strong>cazioni teoriche e suggerimenti concreti per insegnanti ed<br />

educatori.<br />

Discipline contigue si contaminano progressivamente mettendo a fuoco<br />

ine<strong>di</strong>ti items concettuali:<br />

La <strong>di</strong>namica relazionale studente-docente, che da sempre presiede al<br />

rimando sistemico tra Insegnare/Apprendere/Corpus <strong>di</strong>sciplinare, apre la pista,<br />

nel caso della glotto<strong>di</strong>dattica, a nuove nozioni.<br />

Abilità linguistiche integrate compaiono a fianco <strong>di</strong> quelle primarie,<br />

orali e scritte, storicamente declinate nel repertorio delle quattro abilità<br />

A s c o l t a re / L e g g e re - Parlare / S c r i v e re, relative al binomio antinomico<br />

Comprensione/Produzione.<br />

Si consolida l’idea che non esiste dominio <strong>di</strong> una lingua a prescindere dalla<br />

consapevolezza linguistica, consapevolezza acquisibile solo esercitando la<br />

competenza glottomatetica (imparare a imparare una lingua).<br />

Dispense e materiali <strong>di</strong> documentazione si moltiplicano, le bibliografie si<br />

arricchiscono, si apre un confronto con quanto viene prodotto in analoghe se<strong>di</strong><br />

a livello europeo e internazionale. L’esperienza del Centro CILS, Certificazione<br />

<strong>di</strong> Italiano come Lingua Straniera matura in questo contesto.<br />

L’aumentata sensibilità delle istituzioni dell’Europa comunitaria per la<br />

salvaguar<strong>di</strong>a e la tutela dei patrimoni linguistici e culturali degli Stati membri,<br />

costituisce un valido supporto anche per i ricercatori italiani.<br />

Nel 1997 il Consiglio d’Europa si esprime con due documenti <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzo<br />

“Modern Languages: Learning, Teaching, Assessment. A Common European<br />

Framework of Reference” e “Portfolio Européen des Languages”.<br />

Nasce l’E L C Eu ropean Language Council, associazione perm a n e n t e<br />

e in<strong>di</strong>pendente finanziata dalla XXIIa Direzione Generale della UE che “(..) ha<br />

come obiettivo l’aumento qualitativo e quantitativo della conoscenza delle<br />

lingue e delle culture dell'Unione Europea”.<br />

Tra i gruppi <strong>di</strong> lavoro costituitisi all’interno dell’ELC , il Centro CILS aderisce<br />

a quello che si occupa del confronto e della messa in <strong>rete</strong> dei vari sistemi <strong>di</strong><br />

valutazione e verifica per l’unificazione dei parametri certificatori.<br />

La CILS, Certificazione <strong>di</strong> Italiano come Lingua Straniera, è un documento<br />

rilasciato dall’Università per Stranieri <strong>di</strong> Siena che, sulla base <strong>di</strong> un esame<br />

155


specifico, attesta ufficialmente il grado <strong>di</strong> competenza <strong>di</strong> italiano posseduto da<br />

quegli stranieri che decidano <strong>di</strong> sottoporsi alle prove linguistiche previste e<br />

messe a punto dall’équipe <strong>di</strong> progettazione e valutazione.<br />

Nel luglio del 1998 esce la pubblicazione “CILS, linee guida” a cura<br />

dell’équipe coor<strong>di</strong>nata da Massimo Vedovelli, <strong>di</strong>re t t o re del Centro <strong>di</strong><br />

certificazione dell’ateneo senese.<br />

Il Centro, si legge in apertura della pagina introduttiva “(...) ha sempre<br />

fondato i prodotti certificatori su una base <strong>di</strong> ricerca scientifica avanzata,<br />

originale <strong>nella</strong> propria identità, ma anche pronta al <strong>di</strong>alogo con le altr e<br />

importanti riflessioni italiane e straniere sui problemi della valutazione e<br />

certificazione delle competenze in lingua straniera. ”<br />

Raccogliendo il frutto del lavoro accumulato nel quinquennio precedente,<br />

il documento illustra in modo completo e dettagliato il prodotto certificatorio,<br />

i presupposti teorici, l’articolazione nei quattro livelli delle prove d’esame.<br />

O ff re inoltre le in<strong>di</strong>cazioni necessarie per pre p a r a re / p repararsi a sostenere i test.<br />

Nella stessa introduzione, in coda alle note informative sulla redazione del<br />

testo, gli autori rispondono alla domanda: A chi sono utili le linee guida<br />

CILS? nei termini seguenti:<br />

• insegnanti : per meglio preparare i propri studenti agli esami CILS<br />

• addetti agli Istituti Italiani <strong>di</strong> Cultura e, in generale, chi orienta i can<strong>di</strong>dati :<br />

per in<strong>di</strong>rizzare i can<strong>di</strong>dati ai livelli più adeguati alla loro preparazione e ai<br />

loro bisogni <strong>di</strong> uso della certificazione<br />

• can<strong>di</strong>dati con competenza alta in italiano : possono trovare e capire<br />

le informazioni per prepararsi agli esami.<br />

Dal momento che il testo citato è la migliore e più qualificata fonte per ogni<br />

approfon<strong>di</strong>mento sui vari aspetti della materia, riporteremo integralmente<br />

l’in<strong>di</strong>ce delle linee guida, estratti relativi ai titoli delle prove, ai tempi d’esame<br />

e le in<strong>di</strong>cazioni per ottenere la pubblicazione.<br />

Le informazioni saranno trascritte nel quarto paragrafo dopo aver premesso<br />

alcuni spunti <strong>di</strong> riflessione de<strong>di</strong>cati a chi con gli adulti stranieri opera oggi in<br />

Italia nelle strutture della <strong>formazione</strong>.<br />

156<br />

8.4. Dimostrare/certificare le proprie<br />

conoscenze e competenze linguistiche<br />

In quali casi è conveniente/necessario/in<strong>di</strong>spensabile certificarle?<br />

Le linee guida dunque, secondo l’affermazione dei redattori, sono un utile<br />

strumento per docenti, addetti agli Istituti Italiani <strong>di</strong> Cultura e i can<strong>di</strong>dati stessi,<br />

sempre che la loro conoscenza della lingua sia sufficiente per orientarsi in un<br />

testo chiaro, ma indubbiamente complesso per la qualità e quantità <strong>di</strong> input<br />

informativi che contiene.<br />

Tra pagina 41 e pagina 48 della stessa pubblicazione, si fornisce l’elenco<br />

delle se<strong>di</strong> in cui è possibile presentarsi per sostenere l’esame.<br />

A fronte <strong>di</strong> oltre un centinaio <strong>di</strong> recapiti sparsi in tutto il mondo, gli in<strong>di</strong>rizzi


in Italia erano, nel luglio 1998, meno <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci.<br />

Questo dato, già in movimento nel quinquennio che precede l’uscita delle<br />

linee guida, è sicuramente destinato a mo<strong>di</strong>ficarsi e le se<strong>di</strong> italiane ad<br />

aumentare, innanzitutto per facilitare l’accesso logistico agli stranieri che<br />

vivono nel nostro Paese.<br />

Tralasciando l’ovvia considerazione sulla maggior como<strong>di</strong>tà e<br />

l’abbattimento dei costi che una sede d’esame raggiungibile in <strong>di</strong>eci minuti <strong>di</strong><br />

tram o metropolitana comporta, rispetto al dover affrontare svariate ore <strong>di</strong><br />

treno, ciò su cui vorremmo puntare l’attenzione in questo momento è: a chi<br />

può servire un documento che certifichi in modo ufficiale conoscenze e<br />

competenze linguistiche in italiano?<br />

Abbiamo scelto gli aggettivi conveniente, necessario, in<strong>di</strong>spensabile.<br />

La pro g ressione intende suggerire un’articolazione che muove da una<br />

constatazione e da una convinzione.<br />

Due parole in merito alla constatazione:<br />

In un corso <strong>di</strong> italiano per adulti stranieri è possibile trovarsi davanti a<br />

casalinghe, assistenti domiciliari, baby sitter, autisti, impiegati <strong>di</strong> multinazionali,<br />

aspiranti cantanti lirici, operai e collaboratori domestici, studenti, operatori<br />

turistici, universitari o perfezionan<strong>di</strong> <strong>di</strong> lingua che intendono <strong>di</strong>ventare a loro<br />

volta docenti <strong>di</strong> italiano nei paesi da cui provengono.<br />

Chi opera in questo settore sa infatti, per esperienza <strong>di</strong>retta, che una classe<br />

<strong>di</strong> italiano per stranieri è un insieme <strong>di</strong> volti assai <strong>di</strong>versi tra loro che<br />

nascondono storie, progetti <strong>di</strong> vita e aspettative tutt’altro che omogenee.<br />

È dunque compito del formatore aiutare ogni studente a costruire il proprio<br />

percorso <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento, a capire “<strong>di</strong> quale e <strong>di</strong> quanto” italiano può aver<br />

bisogno, a seconda delle sue necessità, intenzioni o desideri, esercitare in<br />

ultima istanza la funzione <strong>di</strong> orientamento connaturata al mestiere <strong>di</strong><br />

insegnante per mettere tutti in grado <strong>di</strong> conoscere e valutare l’offerta formativa<br />

<strong>di</strong>sponibile e le opportunità ad essa connesse.<br />

La certificazione CILS, in questo senso, contiene in<strong>di</strong>cazioni preziose<br />

proprio a partire dalla molteplicità <strong>di</strong> situazioni d’uso descritte dalle stesse linee<br />

guida in cui si legge: “Un certificato CILS può essere utilizzato per motivi <strong>di</strong><br />

lavoro, <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, personali o per qualsiasi altro motivo per il quale sia richiesta<br />

una <strong>di</strong>chiarazione ufficiale e garantita <strong>di</strong> competenza linguistica. Molte<br />

aziende italiane che operano all’estero o che vogliono assumere personale<br />

straniero, o aziende straniere che hanno rapporti commerciali con l’Italia<br />

richiedono il possesso del certificato CILS in base alle funzioni lavorative che i<br />

<strong>di</strong>pendenti dovranno svolgere”<br />

Inoltre “...il livello minimo richiesto per iscriversi a una Università italiana<br />

è il livello DUE CILS: gli studenti stranieri che possiedono tale livello possono non<br />

sostenere la prova <strong>di</strong> conoscenza della lingua italiana nell’università <strong>di</strong> arrivo.<br />

Lo studente straniero in possesso <strong>di</strong> un certificato CILS <strong>di</strong> livello TRE o <strong>di</strong> livello<br />

QUATTRO può ottenere un punteggio supplementare ai fini dell’inserimento<br />

nelle graduatorie degli idonei.”<br />

157


Per quanto riguarda la convinzione vorremmo sottolineare quanto segue:<br />

Misurare i risultati ottenuti, sottoponendoli a verifica al termine <strong>di</strong> un<br />

itinerario <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento, è importante e costruttivo non tanto e non solo in<br />

termini utilitaristici imme<strong>di</strong>ati.<br />

Coloro che, abitando in Italia vengono esposti ad una sollecitazione<br />

linguistica intensa e costante, sono probabilmente in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare il<br />

possesso degli strumenti comunicativi necessari per collocarsi nel mercato in<br />

una ampia gamma <strong>di</strong> situazioni lavorative, anche senza una specifica<br />

certificazione. In tutte quelle situazioni, per intenderci, che prevedono<br />

mansionari a bassa qualificazione in cui l’uso della lingua è per l’appunto<br />

limitato e circoscritto a prestazioni linguistiche elementari. Di fatto non esiste<br />

alcuna correlazione automatica tra l’acquisizione della certificazione e la<br />

spen<strong>di</strong>bilità istantanea del titolo. Così come nessun “titolo” inteso in senso lato,<br />

quale riconoscimento e sanzione giuri<strong>di</strong>ca esterna, garantisce <strong>di</strong> per sé il<br />

miglioramento della posizione sociale ed economica <strong>di</strong> chicchessia né<br />

tantomeno è in grado <strong>di</strong> dar conto in maniera esaustiva del complesso universo<br />

culturale cognitivo e affettivo che ciascuna persona può esprimere.<br />

Tuttavia, organizzare il proprio percorso finalizzandolo ed esplicitandone<br />

gli obiettivi, contemplare la possibilità <strong>di</strong> sottoporre a valutazione l’esito <strong>di</strong> tale<br />

percorso, abituarsi a misurare le tappe per verificare in modo oggettivo l’entità<br />

del cammino intrapreso, è <strong>di</strong> aiuto per l’acquisizione della sicurezza in<strong>di</strong>viduale<br />

e tale sicurezza è senza dubbio una componente fondamentale <strong>nella</strong><br />

realizzazione del successo formativo per chiunque.<br />

Last but not least per ciò che ci interessa, l’accuratezza e la soli<strong>di</strong>tà<br />

scientifica con cui i test dei quattro livelli CILS, alimentati dalla continua ricerca<br />

per la calibratura, sono costruiti.<br />

Consultare i materiali <strong>di</strong>sponibili, confrontarsi con i sillabi proposti e<br />

utilizzare le prove che annualmente il Centro dell’ateneo senese pubblica,<br />

magari per simulare con la classe una sessione d’esame come gli stessi<br />

ricercatori del Centro suggeriscono, consente comunque ai docenti <strong>di</strong> lingua <strong>di</strong><br />

mettere a punto unità <strong>di</strong>dattiche aggiornate e rigorose.<br />

8.5. Linee guida per la CILS<br />

8.5.1. Il sasso nello stagno:<br />

attrazione <strong>di</strong> una proposta altamente flessibile<br />

La CILS prevede quattro <strong>di</strong>fferenti nuclei <strong>di</strong> prove, relative alle abilità<br />

linguistico-comunicative che i ricercatori del Centro definiscono livelli <strong>di</strong><br />

certificazione.<br />

Recentemente è stata avviata la sperimentazione per la messa a punto <strong>di</strong><br />

un test definito PRE-CILS.<br />

“...è una descrizione delle fasi iniziali <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento dell'italiano. E’<br />

158


utile per incentivare e orientare gli studenti all’inizio del loro<br />

appren<strong>di</strong>mento…”<br />

In qualche misura il PRE-CILS, superato il quale si ottiene un attestato e non<br />

una certificazione, consente <strong>di</strong> accedere all’acquisizione delle strutture<br />

comunicative che verranno affrontate con il livello UNO che, precisano le linee<br />

guida, è il livello <strong>di</strong> base, ma non elementare, della competenza in<br />

italiano come lingua straniera.<br />

Tra PRE-CILS e Livello UNO vi è un’intima connessione <strong>di</strong> carattere<br />

p ro g ressivo, tale connessione non è però altrettanto automaticamente<br />

riscontrabile nelle fasi successive.<br />

Il rapporto tra i prodotti certificatori che pure vengono contrassegnati con<br />

i livelli da UNO a QUATTRO, non è cioè <strong>di</strong> natura lineare.<br />

Stu<strong>di</strong>ando le in<strong>di</strong>cazioni, la bibliografia e gli specifici items che ogni esame<br />

<strong>di</strong> certificazione contiene, rilevando la compiutezza e la relativa autosufficienza<br />

<strong>di</strong> ciascun livello, abbiamo cercato un’immagine che desse conto <strong>di</strong> questa<br />

non linearità. La concezione della competenza comunicativa che l’impianto<br />

riflette costituisce, a nostro avviso, uno dei punti <strong>di</strong> maggior qualificazione<br />

della proposta CILS.<br />

L’ottica con cui affrontare i quattro livelli non è dunque quella con cui si<br />

percorrono i gra<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> una scala che conduce dal piano terra all’attico <strong>di</strong> un<br />

e<strong>di</strong>ficio, non si tratta, cioè, <strong>di</strong> andare solamente più lontano o più in alto.<br />

La maggior conoscenza <strong>di</strong> una lingua, ha a che fare piuttosto con ampiezza e<br />

p rofon<strong>di</strong>tà perché l’aumento del potenziale comunicativo consente<br />

l’incremento del proprio spazio cognitivo e relazionale.<br />

Diamo <strong>di</strong> seguito alcuni esempi per ciascun livello tratti dalle linee guida,<br />

che consentono <strong>di</strong> correlare la competenza linguistica nelle sue articolazioni<br />

con profili professionali e situazioni d’uso ipotizzate:<br />

Area ausiliaria<br />

Autisti<br />

Leggere: eventuali istruzioni o note essenziali<br />

Scrivere: brevi note e formulari<br />

Dialogare (ascoltare; parlare; interagire): inserirsi in brevi essenziali colloqui)<br />

CILS UNO<br />

Punteggio minimo: 55/100<br />

Commessi<br />

Leggere: eventuali istruzioni o note essenziali<br />

Scrivere: brevi note e formulari<br />

Dialogare (ascoltare; parlare; interagire): inserirsi in brevi ed essenziali<br />

colloqui.<br />

CILS UNO<br />

Punteggio minimo: 55/100<br />

159


Personale ausiliario da assumere in loco per speciali esigenze<br />

Leggere: eventuali istruzioni o note essenziali.<br />

Scrivere: brevi note e rapporti<br />

Dialogare (ascoltare; parlare; interagire): inserirsi in facili colloqui con il<br />

pubblico, sia interno agli uffici che esterno, fornire aiuto agli studenti.<br />

CILS UNO<br />

Punteggio minimo: 75/100<br />

Funzioni <strong>di</strong> assistenza<br />

Personale me<strong>di</strong>co assunto “in loco” nelle scuole italiane<br />

Leggere: eventuale documentazione, o essenziali <strong>di</strong>sposizioni<br />

Scrivere: certificati, ricette, referti, cartelle.<br />

Dialogare (ascoltare; parlare; interagire): sostenere colloqui con essenziali<br />

competenze linguistiche, ma lessicalmente più sicure in alcuni settori specifici.<br />

CILS DUE<br />

Punteggio minimo: 55/100<br />

Assistenti sociali<br />

Leggere: documentazione essenziale<br />

Scrivere: per comunicare con enti, soggetti giuri<strong>di</strong>ci, amministrazioni varie.<br />

Dialogare (ascoltare; parlare; interagire): in modo non complesso, ma preciso<br />

in alcuni settori, con soggetti che possono parlare un italiano incerto.<br />

CILS DUE<br />

Punteggio minimo: 55/100<br />

Amministrativo contabili<br />

Leggere: <strong>di</strong>sposizioni varie, in particolare norme contabili.<br />

Scrivere: richieste <strong>di</strong> spesa a soggetti privati e pubblici, pre<strong>di</strong>sporre gli impegni,<br />

re<strong>di</strong>gere i bilanci preventivi e consuntivi, e brevi note<br />

Dialogare (ascoltare; parlare; interagire): con il pubblico, sia degli uffici sia<br />

esterno, a livello me<strong>di</strong>o e me<strong>di</strong>o-alto, coor<strong>di</strong>nando anche altro personale.<br />

CILS TRE<br />

Punteggio minimo: 55/100<br />

Operatori scolastici<br />

Corsi <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> per me<strong>di</strong>atore linguistico in classi <strong>di</strong> scuola <strong>di</strong> base con<br />

figli <strong>di</strong> immigrati stranieri in Italia<br />

Leggere: testi <strong>di</strong> vario tipo.<br />

Scrivere: elaborati, relazioni.<br />

D i a l o g a re (ascoltare; parlare; interagire): comprensione delle lezioni,<br />

partecipazione attiva a lavori seminariali; interazione negli esami; efficacia<br />

comunicativa nel tirocinio.<br />

CILS DUE<br />

Punteggio minimo: 75/100<br />

160


Me<strong>di</strong>atore linguistico in classi <strong>di</strong> scuola <strong>di</strong> base con figli <strong>di</strong> immigrati<br />

stranieri in Italia<br />

Leggere: testi <strong>di</strong> vario tipo<br />

Scrivere: elaborati, relazioni.<br />

Dialogare (ascoltare; parlare; interagire): interazione con docenti italiani;<br />

partecipazione attiva ai collegi dei docenti.<br />

CILS TRE<br />

Punteggio minimo: 55/100<br />

Docenti <strong>di</strong> lingua straniera presso scuole con programmi <strong>di</strong> bilinguismo<br />

Docenti <strong>di</strong> lingua straniera presso scuole italiane legalmente riconosciute (in<br />

situazioni <strong>di</strong> bilinguismo)<br />

Docenti <strong>di</strong> materie obbligatorie secondo la legislazione locale non previste<br />

nell’or<strong>di</strong>namento scolastico italiano<br />

Docenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>scipline tecniche, artistiche, musicali presso scuole con programmi<br />

<strong>di</strong> bilinguismo<br />

Docenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>scipline scientifiche e tecniche presso le scuole italiane legalmente<br />

riconosciute<br />

Leggere: manuali, programmi, norme essenziali, progetti.<br />

Scrivere: lettere, note e simili, in<strong>di</strong>rizzate anche alla <strong>di</strong>rezione della scuola<br />

Dialogare (ascoltare; parlare; interagire): con la <strong>di</strong>rezione della scuola, con i<br />

genitori degli studenti, con altri docenti negli organi collegiali (sono<br />

p a r t i c o l a rmente importanti le operazioni <strong>di</strong> scrutinio e <strong>di</strong> valutazione<br />

collegiale)<br />

N.B.: Insegnamento impartito in lingua straniera<br />

CILS TRE<br />

Punteggio minimo: 55/100<br />

Docenti <strong>di</strong> lingua straniera presso scuole con programmi <strong>di</strong> bilinguismo<br />

Docenti <strong>di</strong> lingua straniera presso scuole italiane legalmente riconosciute (in<br />

situazioni <strong>di</strong> bilinguismo)<br />

Docenti <strong>di</strong> materie obbligatorie secondo la legislazione locale non previste<br />

nell’or<strong>di</strong>namento scolastico italiano<br />

Docenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>scipline tecniche, artistiche, musicali presso scuole con programmi<br />

<strong>di</strong> bilinguismo<br />

Docenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>scipline scientifiche e tecniche presso le scuole italiane legalmente<br />

riconosciute<br />

N.B.: Insegnamento impartito in lingua italiana<br />

Leggere: manuali, programmi, norme essenziali, progetti.<br />

Scrivere: lettere, note e simili, in<strong>di</strong>rizzate anche alla <strong>di</strong>rezione della scuola.<br />

Dialogare (ascoltare; parlare; interagire): con la <strong>di</strong>rezione della scuola, con i<br />

genitori degli studenti, con altri organi collegiali (sono particolarmente<br />

importanti le operazioni <strong>di</strong> scrutinio e <strong>di</strong> valutazione collegiale).<br />

CILS QUATTRO<br />

Punteggio minimo: 75/100<br />

161


Area ausiliare, funzioni <strong>di</strong> assistenza, area funzionale, operatori scolastici<br />

e docenti. Ma anche profili <strong>di</strong>rigenziali <strong>di</strong> vari settori e possibili collocazioni<br />

all'interno dell’Università.<br />

Il lavoro <strong>di</strong> ricerca del Centro CILS , ha già messo a fuoco altri repertori da<br />

cui gli esempi citati sono stati tratti.<br />

162<br />

8.5.2. Coor<strong>di</strong>nate informative per il conseguimento<br />

<strong>di</strong> un titolo caratterizzato da procedure e meccanismi<br />

operativi semplificati<br />

L’in<strong>di</strong>ce delle linee guida contiene quin<strong>di</strong>ci punti, così articolati:<br />

1. La CILS - Certificazione <strong>di</strong> Italiano come Lingua Straniera<br />

2. A chi serve la CILS?<br />

3. A cosa serve la CILS?<br />

4. La CILS e i parametri europei <strong>di</strong> certificazione<br />

5. I testi nelle prove CILS<br />

6. CILS: i livelli <strong>di</strong> certificazione<br />

Pre-CILS<br />

Il Livello UNO<br />

Il Livello DUE<br />

Il Livello TRE<br />

Il Livello QUATTRO<br />

7. Valutazione<br />

8. Raccomandazioni per la preparazione dei can<strong>di</strong>dati<br />

9. Informazioni generali sulle prove<br />

10. Se<strong>di</strong> <strong>di</strong> esame<br />

11. Date <strong>di</strong> esame<br />

12. Informazioni e iscrizioni agli esami<br />

13. Pagamento delle tasse <strong>di</strong> esame<br />

14. I materiali per prepararsi agli esami<br />

15. Elenco degli Istituti Italiani <strong>di</strong> Cultura e le altre se<strong>di</strong> <strong>di</strong> esame CILS<br />

Livello UNO - durata totale delle prove 3 ore e 30 minuti circa<br />

Livello DUE - durata totale delle prove 3 ore e 30 minuti circa<br />

Livello TRE - durata totale delle prove 4 ore e 30 minuti circa<br />

Livello QUATTRO - durata totale delle prove 5 ore e 20 minuti circa<br />

Per ciascun livello vengono fornite informazioni dettagliate relative alle<br />

prove secondo i seguenti descrittori:<br />

• Morfosintassi/Pragmatica e usi della lingua/Lessico<br />

• Ascolto<br />

• Comprensione della lettura<br />

• Analisi delle strutture <strong>di</strong> comunicazione<br />

• Produzione scritta<br />

• Produzione orale.


Per ogni punto elencato si dà conto dei tipi <strong>di</strong> testo e relativa lunghezza,<br />

tipi <strong>di</strong> prove, loro svolgimento e durata.<br />

In conclusione<br />

Forse un’immagine che può rendere in maniera adeguata, la nozione <strong>di</strong><br />

competenza comunicativa, sulla base della quale le prove dei certificati CILS<br />

sono costruiti, è quella del sasso gettato in uno stagno.<br />

Sviluppando l’analogia, dal punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> chi intenda sostenere le prove<br />

<strong>di</strong> uno qualsiasi dei quattro livelli, si può immaginare che il numero e<br />

l’ampiezza raggiunta dai cerchi <strong>di</strong>segnati sull’acqua siano correlati alla<br />

grandezza del sasso (= volume e selezione qualitativa mirata <strong>di</strong> ciò che<br />

occorre sapere per muoversi nell’ambito comunicativo in<strong>di</strong>cato) e all’intensità<br />

della forza impressa nel lancio (= reale motivazione all’apprendere in<br />

relazione a come si potrà effettivamente utilizzare ciò che si è appreso).<br />

163


Parte quarta<br />

MIGRANTI E<br />

FORMAZIONE<br />

165


Capitolo 9<br />

Reciprocità e <strong>formazione</strong><br />

Laura Bonica e Simona Negri<br />

9.1. Qualche chiarimento ancora<br />

sul concetto <strong>di</strong> <strong>reciprocità</strong><br />

In che modo i <strong>di</strong>versi attori della <strong>formazione</strong> possono creare un clima che<br />

consenta ad ognuno dei partecipanti <strong>di</strong> autodefinirsi e <strong>di</strong> sentirsi riconosciuti,<br />

rispetto ai propri vincoli esistenziali, culturali, familiari, religiosi?<br />

Come già detto, una prospettiva <strong>di</strong> <strong>reciprocità</strong> comporta un’implicazione<br />

etica, una scelta verso il riconoscimento ed il gioco delle <strong>di</strong>fferenze. La strategia<br />

prevalente in una logica <strong>di</strong> <strong>reciprocità</strong>, è una strategia contrattualistica; ci si<br />

muove con la fiducia che sia possibile arrivare ad un patto con<strong>di</strong>viso.<br />

Il concetto <strong>di</strong> <strong>reciprocità</strong>, nei rapporti d’insegnamento-appren<strong>di</strong>mento può<br />

evocare <strong>di</strong>versi equivoci, in quanto, <strong>nella</strong> nostra cultura, soprattutto negli<br />

anni ’70, questo termine è stato talvolta usato, in senso critico o a <strong>di</strong>fesa, come<br />

sinonimo <strong>di</strong> uguaglianza o <strong>di</strong> reversibilità dei ruoli tra insegnanti e studenti.<br />

Nella interpretazione qui proposta <strong>reciprocità</strong> non significa abolizione<br />

dell’asimmetria della relazione formatore-<strong>di</strong>scente, né, come abbiamo già<br />

sottolineato nel corso del testo, abolizione delle <strong>di</strong>fferenze. Tuttavia è ancora<br />

frequente imbattersi in ragionamenti del tipo:<br />

poiché l’uguaglianza è impossibile per l’asimmetria che caratterizza il rapporto<br />

insegnante-studente, allora non può esservi <strong>reciprocità</strong>.<br />

La <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> ruolo tra insegnante e studente e, più in generale, la<br />

capacità <strong>di</strong> riconoscere che anche un pari possa essere più esperto <strong>di</strong> noi in<br />

un determinato campo ci sembra, invece, essenziale; infatti una confusione in<br />

questa <strong>di</strong>rezione può condurre a perdere l’oggetto stesso dell’incontro che è<br />

comunque il sapere. Se però la <strong>di</strong>stribuzione del potere <strong>di</strong> autodefinirsi è anche<br />

essa totalmente ricondotta all’asimmetria sul sapere, ecco che può <strong>di</strong>ventare<br />

mortificante per il <strong>di</strong>scente chiedere, imparare dall’altr o e può <strong>di</strong>ventare<br />

estremamente destabilizzante per l’insegnante accettare, qualche volta, <strong>di</strong> <strong>di</strong>re<br />

non so, non ho capito, ad uno studente (Bonica, 1990a).<br />

La <strong>reciprocità</strong>, in ambito formativo, dovrebbe comportare, da parte del<br />

formatore, un messaggio a due livelli, uno sulle con<strong>di</strong>zioni dell’appren<strong>di</strong>mento,<br />

in cui viene riconosciuto al <strong>di</strong>scente il potere autoasserente <strong>di</strong> saper segnalare<br />

quali sarebbero le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento per lui ottimali, collegate alla<br />

sua traiettoria evolutiva, e l’altro, sui contenuti, in cui viene assunta e<br />

comunicata la responsabilità <strong>di</strong> una maggiore competenza, insieme alla<br />

<strong>di</strong>sponibilità a tradurla in strategie <strong>di</strong>datticamente efficaci. In una prospettiva <strong>di</strong><br />

167


eciprocità anche nel processo d’insegnamento-appren<strong>di</strong>mento, come nei<br />

rapporti tra gli attori della <strong>rete</strong>, si dovrebbe verificare una sorta <strong>di</strong> sintonia, <strong>di</strong><br />

coevoluzione: ad esempio, mentre l’insegnante aiuta gli studenti ad imparare,<br />

gli studenti aiutano l’insegnante ad insegnare meglio; entrambi imparano<br />

qualcosa l’uno dall’altro pur senza rinunciare ognuno alla specificità del<br />

proprio ruolo (Bonica, op.cit.).<br />

Anche la <strong>reciprocità</strong>, implicita, <strong>nella</strong> pratica <strong>di</strong> reversibilità dei ruoli in<strong>di</strong>ca<br />

un concetto <strong>di</strong>verso da questa tendenza alla co-evoluzione. La reversibilità dei<br />

ruoli era già presente, proprio nell’ambito della <strong>formazione</strong> professionale, nelle<br />

prime sperimentazioni inglesi <strong>di</strong> mutuo insegnamento: ognuno insegnava<br />

a l l ’ a l t ro quel che sapeva e si verificava un’alternanza tra il ruolo<br />

dell’insegnamento e quello dell’appren<strong>di</strong>mento; benché questa alternanza<br />

consenta a ciascuno dei partecipanti <strong>di</strong> accedere ad una maggiore<br />

consapevolezza e <strong>di</strong>stinzione tra i due poli del processo formativo, il modello<br />

comunicativo messo in atto può restare nell’ambiguità, per quanto riguarda la<br />

<strong>di</strong>stinzione tra potere connesso al sapere e potere connesso alla capacità <strong>di</strong><br />

autodefinizione, potendo facilmente essere inteso come alternanza <strong>di</strong> una<br />

relazione fondata sull’unilateralità: “quando insegno comando io, quando<br />

imparo coman<strong>di</strong> tu” .<br />

La <strong>reciprocità</strong> nel processo d’insegnamento – appren<strong>di</strong>mento dovrebbe<br />

prevedere, invece, una sincronia <strong>di</strong> ruoli <strong>di</strong>versificati che comprende, al tempo<br />

stesso l’asimmetria, sul piano dei contenuti e la <strong>reciprocità</strong>, cioè una simmetria,<br />

sul piano dell’autodefinizione personale e rispetto alle con<strong>di</strong>zioni del<br />

setting formativo.<br />

La scelta etica, ancora una volta, consiste nell’atteggiamento assunto verso<br />

l’escludere o l’accettare le <strong>di</strong>fferenze.<br />

Labelle (1996) propone uno schema del modello pedagogico <strong>di</strong> <strong>reciprocità</strong><br />

da lei elaborato a partire dalla pratica <strong>di</strong> insegnamento agli adulti. Il modello<br />

prevede 4 fondamentali atteggiamenti etici nei confronti delle <strong>di</strong>fferenze e le<br />

loro potenziali evoluzioni <strong>nella</strong> gestione della relazione formativa:<br />

1) e s c l u d e re le <strong>di</strong>ff e re n z e: l’insegnante adotta una logica impositiva<br />

attraverso delle strategie <strong>di</strong> assoggettamento, che nel caso dei migranti,<br />

potrebbero essere definite <strong>di</strong> obbligo all’omologazione: protagonista<br />

principale è l’insegnante che impone i compiti, l’allievo o si sottomette o si<br />

ribella. Il modello tende ad evolvere verso un’escalation della violenza;<br />

2) a b o l i re le <strong>di</strong>ff e re n z e: l’insegnante adotta una logica libertaria attraverso<br />

delle strategie ugualitarie: protagonisti sono gli allievi che impongono<br />

tirannia o in<strong>di</strong>ff e renza verso un insegnante che tende a ridurre i vincoli e a<br />

p roporsi come simmetrico e vicino. Il modello scivola verso la<br />

manipolazione o l’anarchia e rischia <strong>di</strong> fallire l’obiettivo dell’appre n d i m e n t o ;<br />

3) attenuare le <strong>di</strong>fferenze: l’insegnante adotta una logica <strong>di</strong> affrancamento<br />

attraverso strategie <strong>di</strong> tipo liberale: il formatore mostra una flessibilità<br />

ambigua, lo studente mostra compiacenza o rifiuto; il modello scivola verso<br />

la seduzione demagogica, e si rinnova il rischio <strong>di</strong> fallire l’obiettivo<br />

dell’appren<strong>di</strong>mento;<br />

168


4) riconoscere le <strong>di</strong>fferenze: l’insegnante adotta una logica <strong>di</strong> promozione<br />

dell’autonomia attraverso strategie contrattuali ed il protagonismo riguarda<br />

il partenariato insegnante/studente caratterizzato da influenza reciproca,<br />

come se un polo non potesse definirsi in mancanza dell’altro, senza però<br />

p e r d e re niente della propria identità. Senza confondersi. Aspetto<br />

essenziale: l’insegnante prevede un tempo per <strong>di</strong>scutere i problemi che<br />

sorgono, e tiene conto dei segnali <strong>di</strong> insod<strong>di</strong>sfazione che possono essere<br />

segnalati dagli studenti. Viene data importanza alla motivazione a<br />

conoscere e l’insegnante riesce a creare un clima <strong>di</strong>steso sul piano<br />

interpersonale ed esigente e rigoroso rispetto all’appren<strong>di</strong>mento ed<br />

allo stu<strong>di</strong>o.<br />

Secondo Labelle mentre i primi due atteggiamenti, pur sembrando opposti<br />

<strong>nella</strong> scelta etica <strong>di</strong> fondo, tendono comunque a scivolare verso un modello <strong>di</strong><br />

vassallità , il terzo viene, invece, definito <strong>di</strong> emancipazione ed infine, il quarto,<br />

è quello che risponderebbe ai criteri della <strong>reciprocità</strong>.<br />

Benché con<strong>di</strong>vi<strong>di</strong>amo che il modello della <strong>reciprocità</strong> possa essere visto<br />

come alternativo a quelli della vassallità e dell’emancipazione, ci sembra<br />

importante aggiungere qualche considerazione:<br />

• <strong>nella</strong> pratica pedagogica può verificarsi, talvolta, un’oscillazione tra questi<br />

<strong>di</strong>versi atteggiamenti, ma riteniamo che una scelta consapevole verso il<br />

modello della <strong>reciprocità</strong>, basandosi su una logica contrattualistica e <strong>di</strong><br />

riconoscimento dell’autodefinizione, può più facilmente consentire un<br />

processo con<strong>di</strong>viso <strong>di</strong> correzione in itinere.<br />

• in una classe multietnica, come vedremo nei prossimi paragrafi, ognuno <strong>di</strong><br />

questi <strong>di</strong>versi modelli può, comunque convivere, nell’esperienza pregressa<br />

<strong>di</strong> alcuni dei partecipanti e può costituire il luogo <strong>di</strong> osservazione da cui<br />

essi giu<strong>di</strong>cano il modello adottato dall’insegnante. La scelta verso la<br />

re c i p rocità, come l’abbiamo definita fin qui, ci sembra quella più<br />

congruente con la necessità <strong>di</strong> riconoscere l’unicità <strong>di</strong> ogni storia personale<br />

e quin<strong>di</strong> quella più consona ad autorizzare l’eventuale esplicitazione dei<br />

vincoli connessi alle rispettive traiettorie evolutive.<br />

• il prevedere <strong>di</strong> de<strong>di</strong>care un tempo alla chiarificazione e comprensione dei<br />

feedback forniti dai partecipanti, oltre a favorire quel mutuo processo<br />

<strong>di</strong> crescita della professionalità degli insegnanti e della capacità <strong>di</strong> imparare<br />

da parte degli allievi può, in questa fase iniziale della <strong>formazione</strong><br />

con migranti, costituire un materiale <strong>di</strong> ricerca in<strong>di</strong>spensabile per<br />

progre<strong>di</strong>re <strong>nella</strong> consapevolezza teorica e pratica della <strong>formazione</strong> con<br />

l’utenza migrante.<br />

Ed ora, come già anticipato, introduciamo alcuni temi che, oltre a<br />

riprendere alcuni dei no<strong>di</strong> già accennati, possono aiutarci a riconoscere la<br />

vulnerabilità rispetto all’autodefinizione nei processi formativi.<br />

169


170<br />

9.2. Storie personali e traiettoria evolutiva 92<br />

9.2.1. Vincoli spaziali, temporali e sociali<br />

Riprendendo la definizione <strong>di</strong> Bronfenbrenner (1979), per traiettoria<br />

evolutiva si intende il modo proprio a ciascun in<strong>di</strong>viduo <strong>di</strong> impegnarsi<br />

(nell’ambito della famiglia e <strong>di</strong> altri eventuali contesti significativi e duraturi)<br />

nelle attività, nei ruoli e nelle relazioni, acquisendo così degli schemi<br />

motivazionali e <strong>di</strong> azione, che tenderanno ad essere mantenuti ed a costituire<br />

un riferimento d’identità per l’in<strong>di</strong>viduo. L’esperienza <strong>di</strong> “trovare se stesso” e <strong>di</strong><br />

“sentirsi se stesso” non si esaurisce durante la prima infanzia ed esclusivamente<br />

nel rapporto con i genitori, ma ogni fase del ciclo vitale presenta momenti<br />

critici che possono confermare, ridefinire o ad<strong>di</strong>rittura destabilizzare il<br />

sentimento <strong>di</strong> identità. L’identità non è da vedersi come una qualità del<br />

soggetto, quanto come uno schema <strong>di</strong> relazione tra soggetti (Merenda, 1993).<br />

Questo sentimento d’identità può essere visto anche come il risultato <strong>di</strong> un<br />

processo d’interazione continua tra tre vincoli <strong>di</strong> integrazione: spaziale,<br />

temporale e sociale (Grinberg e Grinberg, 1986, trad. it.1990, pag.134), che<br />

possono essere colpiti in maniera <strong>di</strong>versa in seguito alla esperienza migratoria.<br />

L’esperienza dello sra<strong>di</strong>camento, la sensazione dello spaesamento, della<br />

per<strong>di</strong>ta del proprio spazio geografico implicano un’alterazione del vincolo<br />

d’integrazione spaziale. Per venire in contro a questo vincolo la <strong>di</strong>rezione<br />

della <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri ha fatto inserire in tutte le aule una carta<br />

geografica del mondo che viene utilizzata spontaneamente dai migranti e/o su<br />

invito dei docenti per favorire lo scambio sui rispettivi riferimenti geografici.<br />

Questa scelta può essere vista, simbolicamente, come una prova <strong>di</strong> solidarietà<br />

e <strong>di</strong> volontà <strong>di</strong> fornire un collegamento <strong>di</strong> sostegno.<br />

Il vincolo d’integrazione temporale permette la continuità tra le <strong>di</strong>verse<br />

rappresentazioni <strong>di</strong> Sé nel tempo, creando la base del sentimento <strong>di</strong> “essere se<br />

stessi”. L’in<strong>di</strong>viduo ha bisogno <strong>di</strong> riconoscere una continuità con il passato. Può<br />

capitare che il migrante confonda il passato con il presente, per esempio<br />

attraverso lapsus in cui i luoghi o le persone del presente vengono chiamati<br />

con nomi <strong>di</strong> luoghi o persone appartenenti al passato. La ricerca <strong>di</strong> Massa e<br />

collaboratori (1994), che ha indagato sul vissuto dei corsisti migranti in tre<br />

<strong>di</strong>versi corsi professionali <strong>nella</strong> regione Lombar<strong>di</strong>a, cita un’intere s s a n t e<br />

testimonianza a questo proposito:<br />

Una giovane sociologia nigeriana, dovendo <strong>di</strong>segnare qualcosa che aveva imparato<br />

bene nel corso professionale attualmente frequentato, ha rappresentato l’aula con una<br />

<strong>di</strong>sposizione spaziale non corrispondente alla realtà del corso stesso, bensì identica a quella<br />

sperimentata <strong>nella</strong> sua prima esperienza scolastica <strong>nella</strong> propria terra d’origine: più file <strong>di</strong><br />

banchi appaiati a due a due gli uni <strong>di</strong>etro agli altri e una cattedra <strong>di</strong> fronte, mentre la<br />

<strong>di</strong>sposizione attuale dei tavoli era circolare.<br />

92 Si vedano anche gli esempi riportati nel cap.6 pr.6.1 e 6.2.


Come commenta Riva, l’episo<strong>di</strong>o mostra l’incrocio, la sovrapposizione tra<br />

modelli interiorizzati anticamente <strong>di</strong> che cosa è la scuola e l’andare a scuola e<br />

l’esperienza presente, pur concretamente vissuta <strong>nella</strong> sua <strong>di</strong>versità già da tre<br />

mesi (Riva M.G., in Massa e al., 1994, pag. 64).<br />

Può succedere anche che determinati effetti evolutivi della situazione <strong>di</strong><br />

provenienza, che non si erano ancora manifestati, detti effetti che dormono<br />

(Bronfenbrenner,1979), possano essere risvegliati dalla nuova situazione e<br />

rivelare quin<strong>di</strong>, all’in<strong>di</strong>viduo, nuovi aspetti del SE’ più intimo, che emergono<br />

dall’incontro tra il suo passato e questo presente.<br />

Il vincolo <strong>di</strong> integrazione sociale rende possibile il sentimento <strong>di</strong><br />

appartenenza ed è quello che viene colpito in modo più manifesto durante<br />

un’emigrazione: tutto nel nuovo ambiente è sconosciuto, come sconosciuto è<br />

per questo ambiente l’immigrato. Il migrante, sentendo <strong>di</strong> non appartenere più<br />

a nessuno, può finire col sentirsi esso stesso “nessuno” 93.<br />

Esemplificative a questo riguardo le espressioni usate da un giovane<br />

migrante per descrivere i suoi vissuti <strong>di</strong> estraneità ad un anno dalla sua partenza:<br />

Nel mio paese sono un signore, qui non sono nessuno… Ho perso me stesso… Qui la<br />

domenica la passo, come si <strong>di</strong>ce da noi, come un “orfano in un giorno <strong>di</strong> festa”: aspetto la<br />

notte per dormire (Daniele, in Carlini, 1991, pag. 146)<br />

9.2.2. Ambivalenze<br />

Questi tre vincoli (spazio, tempo, appartenenza sociale) agiscono in modo<br />

inter<strong>di</strong>pendente nel tener insieme l’identità, per cui la ridefinizione <strong>di</strong> uno solo<br />

<strong>di</strong> essi comporta necessariamente una ristrutturazione anche negli altri due.<br />

Si comprende quin<strong>di</strong> come l’in<strong>di</strong>viduo che si inserisce in un ambiente nuovo<br />

si trovi ad oscillare tra il desiderio <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguersi dagli altri, per continuare a<br />

sentirsi se stesso, e il desiderio <strong>di</strong> confondersi con gli altri per non venire<br />

e m a rginato. Questa ambivalenza, che può assumere anche dolorosi vissuti<br />

conflittuali, può manifestarsi attraverso comportamenti che ad un osservatore<br />

e s t e rno possono apparire contrad<strong>di</strong>ttori, illogici; spesso, invece, essi possono<br />

r i s p o n d e re al faticoso tentativo <strong>di</strong> conciliare il cambiamento con il mantenimento<br />

della propria autoorganizzazione, della propria coesione interna (Merenda, 1993).<br />

Da una testimonianza <strong>di</strong> un assistente sociale francese:<br />

Ho ricevuto recentemente un’amica israeliana. È un’intellettuale e sul piano r e l i g i o s o<br />

non è molto praticante. Ho cercato <strong>di</strong> rispettare le sue abitu<strong>di</strong>ni e ho preparato un pasto senza<br />

maiale. Ho scelto un ottimo formaggio perché sapevo che lei l’amava moltissimo ed ho<br />

p reparato un cosciotto d’agnello. Quando le ho presentato il formaggio lei lo ha rifiutato ed<br />

io sono restata stupefatta. Perché? “Normalmente io non avrei dovuto mangiare la coscia<br />

d’agnello, non dovrei mangiare la parte posteriore degli animali. Ho fatto uno sforzo per farti<br />

p i a c e re. E quin<strong>di</strong> mi trattengo sul formaggio.” Come mai se non era <strong>di</strong> osservanza stretta? Lei<br />

ha risposto che per tutelare la sua identità rispettava certi principi in modo molto rigoroso e<br />

che questo era un modo <strong>di</strong> auto-conservazione. (Emerique Cohen M., 1985 pag.290)<br />

93 Per un approfon<strong>di</strong>mento del concetto <strong>di</strong> appartenenza, in relazione alla <strong>rete</strong> , si veda Di Nicola P. (1998).<br />

171


La fedeltà ai modelli <strong>di</strong> vita originari appare <strong>di</strong>rettamente proporzionale<br />

all’atteggiamento maturato verso la società <strong>di</strong> accoglienza. Talvolta il rinsaldarsi<br />

<strong>di</strong> un forte sentimento religioso musulmano può essere una reazione all’ostilità,<br />

alla superficialità e al materialismo della popolazione italiana. Con<br />

l’affermazione Qui in Italia ho cominciato ad essere un buon musulmano, un<br />

maghrebino potrebbe voler <strong>di</strong>re che tende ad avvicinarsi <strong>di</strong> più alla sua<br />

religione perché non con<strong>di</strong>vide la superficialità che vede intorno a sé.<br />

La religione <strong>di</strong>venta un punto <strong>di</strong> riferimento quando il migrante sente la<br />

mancanza <strong>di</strong> valori umani (amicizia, solidarietà..); il vero nemico identificato<br />

è l’in<strong>di</strong>fferenza.<br />

Un altro caso che conferma questo atteggiamento è quello <strong>di</strong> una ragazza<br />

iraniana che - fuggita da un regime clerical-<strong>di</strong>ttatoriale, nonché <strong>di</strong>chiaratamente<br />

non religiosa - si sente a <strong>di</strong>sagio e si ribella quando l’Islam viene deriso in<br />

maniera superficiale.<br />

172<br />

9.2.3. I rischi <strong>di</strong> un adattamento imme<strong>di</strong>ato e forzato<br />

Dalla ricerca clinica, viene il suggerimento che il processo d’integrazione<br />

nel nuovo ambiente dovrebbe essere pensato come un processo graduale e,<br />

perché esso possa consentire un rafforzamento del sentimento d’identità,<br />

dovrebbe seguire alcune fasi ricorrenti in ogni elaborazione sana del lutto.<br />

L’elaborazione del lutto prevede che prima del <strong>di</strong>stacco si vivano fasi <strong>di</strong><br />

torpore, <strong>di</strong> protesta, <strong>di</strong> <strong>di</strong>sperazione nelle quali è fondamentale potersi<br />

appoggiare a persone affidabili, capaci <strong>di</strong> ascoltare e contenere le confusioni e<br />

contrad<strong>di</strong>zioni che possono emergere nel corso dello sfogo, proprio per dare<br />

alla persona il tempo <strong>di</strong> rendersi conto, <strong>di</strong> ritrovare un suo nuovo equilibrio.<br />

È un processo che comporta un movimento <strong>di</strong>alettico tra regressione e<br />

progressione (Bowlby, 1980). La regressione, se è accettata dall’in<strong>di</strong>viduo come<br />

fase transitoria, è funzionale all’integrazione.<br />

Ecco perché sarebbe importante, da una parte, che la comunità ospite<br />

garantisse al migrante buone con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> accoglienza che possano sod<strong>di</strong>sfare<br />

il bisogno temporaneo <strong>di</strong> figure guida e, dall’altra, che il migrante accettasse <strong>di</strong><br />

v i v e re la re g ressione come una moratoria inevitabile per elaborare il<br />

cambiamento avvenuto <strong>nella</strong> sua vita. (Merenda ,1993)<br />

Da una rassegna bibliografica (Bolzinger, 1991) che si è occupata delle<br />

patologie connesse all’esperienza migratoria, è emersa la pericolosità <strong>di</strong> un<br />

adattamento forzato e imme<strong>di</strong>ato. Una ricca casistica ha, infatti, <strong>di</strong>mostrato che<br />

molti immigrati che si sono adattati, apparentemente subito e con successo<br />

alle richieste del nuovo ambiente, hanno, dopo un paio d’anni, manifestato<br />

un crollo fisico o psicologico, talvolta con conseguenze irreparabili per<br />

l’equilibrio personale.<br />

Trouve (1981) riferisce del caso emblematico <strong>di</strong> un tunisino emigrato in<br />

Francia. Questa sua decisione, osteggiata dai familiari, è stata la causa della fine<br />

del suo matrimonio. In Francia, per vent’anni, si de<strong>di</strong>ca incessantemente al<br />

lavoro: conduce una vita solitaria e torna raramente in Tunisia. Rifiuta molte


proposte <strong>di</strong> matrimonio con donne del suo Paese ed insegue progetti <strong>di</strong> ritorno<br />

vaghi e <strong>di</strong>fficilmente realizzabili. Un giorno, in seguito ad un lieve incidente sul<br />

lavoro accusa una breve per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> conoscenza. Riprende l’attività lavorativa<br />

dopo cinque giorni, ma si <strong>di</strong>mostrerà, d’ora in poi, inabile. Manifesta <strong>di</strong>versi<br />

sintomi <strong>di</strong> monoparesi e turbe sensitive, accompagnati da ansia e depressione.<br />

Dopo cinque anni continua ad essere ricoverato in ospedale completamente<br />

<strong>di</strong>sorientato. La sua nevrosi per il lavoro si è ritorta in una incapacità vitale e<br />

<strong>di</strong>venta impossibile per lui tornare al suo paese, sia per motivi <strong>di</strong> orgoglio, che<br />

per motivi materiali.<br />

Lo stesso stu<strong>di</strong>oso (Trouve, op.cit.) racconta <strong>di</strong> molti altri casi in cui<br />

immigrati algerini, che in Francia si erano inizialmente <strong>di</strong>mostrati lavoratori<br />

instancabili ed irreprensibili, dopo aver subito un piccolo incidente sul lavoro,<br />

inaspettatamente accusano uno stato <strong>di</strong> invali<strong>di</strong>tà. La tesi sostenuta dall’autore<br />

dello stu<strong>di</strong>o è che l’ombra della morte avvertita dall’in<strong>di</strong>viduo in seguito<br />

all’infortunio, lo abbia improvvisamente messo <strong>di</strong> fronte al suo passato e alla<br />

sua storia. Si parla, a questo riguardo, <strong>di</strong> depressione rinviata, che si<br />

verificherebbe quando si esauriscono le <strong>di</strong>fese utilizzate nel primo periodo per<br />

raggiungere e mantenere l’adattamento forzato.<br />

Nei corsi <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> è quin<strong>di</strong> importante considerare il modo in cui il<br />

migrante ha lasciato il suo paese. Le <strong>di</strong>fferenze possono essere evidenti tra un<br />

migrante che è scappato per motivi politici o ideologici (palestinesi, profughi<br />

del Kossovo o Cur<strong>di</strong>, Libanesi, Eritrei, Iraniani…) e quin<strong>di</strong> pensa <strong>di</strong> non poter<br />

tornare e tra chi ha scelto <strong>di</strong> partire in base ad un progetto personale.<br />

Talvolta, per chi è riuscito finalmente a laurearsi nel paese <strong>di</strong> origine,<br />

l’avere stu<strong>di</strong>ato può creare una <strong>di</strong>scontinuità con la tra<strong>di</strong>zione dei genitori e dei<br />

nonni e, se poi non è possibile praticare il lavoro per cui si è stu<strong>di</strong>ato,<br />

l’allontanamento può essere visto come un’occasione <strong>di</strong> rivincita sul piano del<br />

<strong>di</strong>ritto ad uno sviluppo personale.<br />

Ho stu<strong>di</strong>ato, mi sono laureata, non posso andare in Nigeria a fare un lavoro <strong>di</strong>verso da<br />

quello per cui ho il titolo (Ronnie)(Rezzara, in Massa e al., 1994, pag. 153)<br />

Non potevo fare il lavoro <strong>di</strong> mio padre, un lavoro manuale <strong>di</strong> agricoltore, perché io ero<br />

studente, ero destinato ad altro (Said) (Rezzara, in Massa e al. op.cit., pag.153)<br />

Mentre nel racconto <strong>di</strong> chi ha vissuto una parte della vita in un campo<br />

profughi è chiara la sofferenza interiore e una crisi d’identità profonda:<br />

…Io mi sento ovunque vado il nome <strong>di</strong> straniero sulla faccia, non avendo una patria…<br />

Quando uno è citta<strong>di</strong>no può scegliere dove andare, ma alla fine sa dove si trova la sua<br />

tomba…(in Carlini,.1991,pag.48)<br />

Un altro aspetto importante da considerare è quello che collega la scelta<br />

migratoria ad una conseguente caduta <strong>nella</strong> scala sociale. Ci sarà, <strong>di</strong><br />

conseguenza, chi si adatta nel paese <strong>di</strong> arrivo, esprimendo comunque il<br />

desiderio <strong>di</strong> lavorare, senza guardare alle sfumature e chi, invece, non avendo<br />

173


conosciuto l’oppressione non vede perché dovrebbe sopportarla in un paese<br />

che oltretutto non è il suo. (Carlini, 1991,pag.67)<br />

Proprio a questa problematica va destinata un’attenzione particolare, per aiutare il<br />

formatore a capire certi episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> rigi<strong>di</strong>tà, sfiducia e criticità, apparentemente eccessiva, da<br />

parte del migrante, profondamente deluso nelle sue aspettative.(Una docente)<br />

L’insieme <strong>di</strong> questi elementi problematici invitano a riflettere sulla<br />

necessità <strong>di</strong> costruire degli in<strong>di</strong>catori evolutivi della riuscita degli inserimenti,<br />

ci incoraggiano a cercare confronti con altre situazioni storiche in cui si sono<br />

verificati grossi cambiamenti <strong>di</strong> questo genere, e conducono a chiederci se i<br />

vincoli <strong>di</strong> spazio/tempo/appartenenza proposti dalla <strong>formazione</strong> non<br />

potrebbero costituire il contenitore nel quale si elabora l’inserimento da un<br />

punto <strong>di</strong> vista psicologico. Cioè, in che modo la <strong>formazione</strong> può agire da<br />

collegamento <strong>di</strong> sostegno simbolico e in che modo può evitare <strong>di</strong> essere<br />

complice <strong>di</strong> un modello <strong>di</strong> adattamento troppo forzato?<br />

174<br />

9.2.4. Una visione più ottimistica<br />

Per inoltrarci in questa riflessione riprenderemo spunto dalla prospettiva,<br />

più ottimistica, delineata da Bronfenbrenner (Bronfenbrenner, op.cit), già<br />

introdotta nel 3° capitolo (p. 69).<br />

Bronfenbrenner, ha in<strong>di</strong>cato una unità <strong>di</strong> analisi, dal punto <strong>di</strong> vista del<br />

soggetto, che comprende la qualità delle relazioni che esso sperimenta, il tipo<br />

<strong>di</strong> attività significative, che esso compie e vede compiere e le aspettative <strong>di</strong><br />

ruolo che negozia in questi contesti. Si tratta quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> una unità <strong>di</strong> analisi<br />

che privilegia l’interazione nel contesto, il <strong>di</strong>alogo, lo scambio dei significati<br />

tra le persone, mentre sono impegnate <strong>di</strong>rettamente o in<strong>di</strong>rettamente in<br />

un’attività comune.<br />

B ro n f e n b renner definisce tutti gli eventi, che comportano una<br />

tras<strong>formazione</strong> <strong>di</strong> ruolo o un cambiamento <strong>di</strong> ambiente, transizioni ecologiche.<br />

Queste transizioni ecologiche possono essere considerate come degli<br />

esperimenti in natura, che rendono visibili le traiettorie evolutive degli<br />

in<strong>di</strong>vidui. Bronfenbrenner ipotizza che ogni transizione ecologica sia tanto<br />

conseguenza che fattore <strong>di</strong> promozione dei processi evolutivi.<br />

Affinché la transizione ecologica abbia un ruolo <strong>di</strong> promozione dello<br />

sviluppo è necessario che esistano dei collegamenti <strong>di</strong> sostegno tra le<br />

situazione primarie in cui quegli schemi si sono consolidati e la situazione<br />

nuova, in modo da controbilanciare gli ostacoli dell’inserimento. L’attenzione<br />

dovrebbe essere massima nel caso <strong>di</strong> bambini piccoli, <strong>di</strong> ammalati, anziani e<br />

delle minoranze che si inseriscono in un ambiente proprio della maggioranza.<br />

Bronfenbrenner suggerisce che, per indagare sui <strong>di</strong>versi ambienti implicati in<br />

una transizione ecologica o per trarre conclusioni relative al processo <strong>di</strong><br />

adattamento degli stranieri, una volta entrati a far parte <strong>di</strong> una nuova situazione<br />

ambientale e formativa, occorrerebbe adottare una metodologia longitu<strong>di</strong>nale


articolata, basata sull’osservazione e sulle interviste, utilizzando situazioni reali<br />

(come ad esempio lavorare in gruppo ad un progetto <strong>di</strong> <strong>formazione</strong>, in<br />

presenza ed in assenza del formatore) ed introducendo sperimentazioni che<br />

favoriscano i collegamenti <strong>di</strong> <strong>rete</strong> 94.<br />

La prospettiva <strong>di</strong> Bronfenbrenner parte dal mettere in <strong>di</strong>scussione il<br />

modello del deficit, che è stato a lungo predominante <strong>nella</strong> politica sociale e<br />

<strong>nella</strong> ricerca: quando qualcosa non va si comincia a cercare nell’in<strong>di</strong>viduo i<br />

segni <strong>di</strong> apatia, iperattività, <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento, meccanismi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa;<br />

se non basta ci si rivolge allora alla famiglia, e se no al gruppo etnico o sociale<br />

a cui la famiglia appartiene. Il modello del deficit consiste nel cercare il <strong>di</strong>fetto<br />

e nel cercare <strong>di</strong> correggerlo, senza sperarci troppo. L’alternativa proposta da<br />

Bronfenbrenner consiste in un rifiuto del modello del deficit, per far sì che la<br />

ricerca, la politica sociale e la pratica psicologica si impegnino in esperimenti<br />

<strong>di</strong> tras<strong>formazione</strong> attraverso la creazione <strong>di</strong> nuovi micro-meso ed esosistemi<br />

che sostengano lo sviluppo umano.<br />

Per sostenere la plausibilità <strong>di</strong> questo orientamento Bronfenbrenner cita<br />

ampiamente le ricerche <strong>di</strong> Elder sull’impatto evolutivo dei cambiamenti<br />

innescati dalla grande depressione del 1929 95.<br />

La <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> prevedere gli esiti delle traiettorie evolutive in queste<br />

situazioni è ricordata da Elder stesso:<br />

In perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> crisi l’elemento fortuna sembra avere un peso maggiore nell’influire sulle<br />

varie situazioni. In tali momenti è <strong>di</strong>fficile specificare corsi <strong>di</strong> vita preve<strong>di</strong>bili al <strong>di</strong> là<br />

dell’impatto imme<strong>di</strong>ato della crisi. Il compito <strong>di</strong> delineare “effetti a <strong>rete</strong>” e <strong>di</strong> descrivere i vari<br />

schemi <strong>di</strong> impatto, <strong>di</strong> risposta e <strong>di</strong> influsso definitivo sembra quasi insuperabile 96 .<br />

Tuttavia lo stesso Elder si cimentò con una delle poche ricerche<br />

longitu<strong>di</strong>nali sugli effetti degli sconvolgimenti economici e sociali della<br />

depressione del 1929, conducendo due indagini complementari, in tempi<br />

successivi, rispetto alla verifica della variabile età (bambini <strong>di</strong> scuola e l e m e n t a re<br />

o adolescenti <strong>nella</strong> fase finale della scolarità me<strong>di</strong>o-superiore). Nella sua ricerca<br />

confrontò il corso dello sviluppo <strong>di</strong> famiglie, che avevano subito in pieno gli<br />

effetti della depressione e <strong>di</strong> famiglie che non ne erano state toccate. Furono<br />

considerate <strong>di</strong>sagiate le famiglie che avevano dovuto vendere ciò che<br />

possedevano o comunque ridurre il loro red<strong>di</strong>to <strong>di</strong> più del 40%, mentre erano<br />

definite agiate quelle per le quali la <strong>di</strong>minuzione del red<strong>di</strong>to non arrivava a<br />

questi valori. Ognuno <strong>di</strong> questi due gruppi fu, inoltre, sud<strong>di</strong>viso in base alla<br />

classe sociale della famiglia (me<strong>di</strong>a o operaia) a cui apparteneva prima<br />

della depressione.<br />

94 I corsi <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> possono essere un luogo privilegiato per costruire, insieme ai migranti stessi,<br />

delle piste <strong>di</strong> conoscenza utili a comprendere meglio la complessità dei risvolti evolutivi del<br />

fenomeno migratorio.<br />

95 Bronfenbrenner, op. cit., pag.397 e seguenti.<br />

96 G.H, Elder, Children of the great depression, Chicago, University of Chicago Press, 1974, p. xv, in<br />

Bronfenbrenner, op.cit. pag.394.<br />

175


Elder poté <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> un’ampia serie <strong>di</strong> dati relativi a ciascuna famiglia, tra i<br />

quali lunghe interviste ai genitori, insegnanti e ragazzi, osservazioni e valutazioni<br />

da parte <strong>di</strong> personale competente relative al comportamento sociale ed emotivo,<br />

questionari autodescrittivi, inventari <strong>di</strong> personalità, e una valutazione <strong>di</strong> tipo clinico.<br />

I risultati relativi agli uomini, ancora adolescenti <strong>nella</strong> fase della grande<br />

depressione, evidenziarono un paradosso: trent’anni dopo, gli adulti appartenenti<br />

alle famiglie agiate, cioè quelle che erano sfuggite alla rovina economica,<br />

risultavano aver avuto meno successo sia nel percorso scolastico che <strong>nella</strong><br />

professione; una proporzione maggiore <strong>di</strong> essi aveva problemi psichiatrici, incluso<br />

l’alcolismo. Elder si è così domandato: perché questi adulti non sono <strong>di</strong>ventati i<br />

membri più sani e più competenti del gruppo <strong>di</strong> Oakland, mentre furono i figli<br />

delle famiglie colpite più duramente che profittarono <strong>di</strong> questa esperienza? In che<br />

modo il loro sviluppo fu agevolato dalle <strong>di</strong>fficoltà economiche?<br />

L’economia fortemente basata sul lavoro, come era quella delle famiglie<br />

<strong>di</strong>sagiate negli anni Trenta, portò i figli più gran<strong>di</strong> ad inserirsi velocemente<br />

all’interno del mondo degli adulti. Questi ragazzi dovettero assumere ruoli<br />

produttivi. Da un punto <strong>di</strong> vista più generale essi <strong>di</strong>ventavano necessari e,<br />

nell’essere necessari, avevano l’opportunità e la responsabilità <strong>di</strong> fornire un<br />

contributo reale al benessere degli altri. L’essere necessari determinò quin<strong>di</strong> un<br />

senso <strong>di</strong> appartenenza e <strong>di</strong> adeguatezza, l’essere impegnati in qualcosa <strong>di</strong> più<br />

vasto del loro sé. È da sottolineare che il loro impegno non richiedeva comunque<br />

sacrificio o sfruttamenti tali da rinunciare all’istruzione o una limitazione dei contatti<br />

sociali con i coetanei.<br />

E per contro Elder, rileggendo sotto questo punto <strong>di</strong> vista gli esiti possibili della<br />

successiva conquista <strong>di</strong> prosperità, <strong>di</strong> crescita economica, <strong>di</strong> pro m o z i o n e<br />

dell’istruzione (fattori che hanno portato ad un allungamento degli anni <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>pendenza dei figli dai genitori e a una crescente separazione dei giovani dalle<br />

esperienze abituali degli adulti), si chiede: questa società dell’abbondanza può e<br />

deve anche sostenere un’ampia parte <strong>di</strong> membri non produttivi, essendo<br />

attualmente organizzata in questo modo; ma potrà tollerarne i costi, soprattutto<br />

per quanto riguarda i giovani, i costi del non sentirsi necessari, del vedersi negare<br />

la sfida e le gratificazioni che derivano dal fatto <strong>di</strong> dare contributi significativi allo<br />

sforzo comune? 9 7<br />

Sembra quin<strong>di</strong> che una fanciullezza nel corso della quale il giovane è tenuto<br />

al riparo dalle <strong>di</strong>fficoltà della vita, non fa sviluppare o mettere alla prova quelle<br />

capacità adattive che emergono nei momenti <strong>di</strong> crisi. L’impegnarsi ed il far fronte<br />

a problemi <strong>di</strong> vita quoti<strong>di</strong>ana (non eccessivi) <strong>nella</strong> fanciullezza e nell’adolescenza<br />

significa fare una specie <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>stato per la vita adulta. 98<br />

97 Elder,op.cit, pp.291-293, in Bronfenbrenner, op.cit.pag.416.<br />

98 Occorre sottolineare che questi adulti avevano già intorno ai 15 anni, nel 1921; in senso inverso<br />

vanno i dati della replica che Elder fece successivamente, proprio per verificare se esisteva un età<br />

critica. I bambini che erano molto piccoli nel periodo della depressione ebbero conseguenze<br />

negative dall’essersi trovati costretti a subire le tensioni e le insicurezze dei genitori, anziché esserne<br />

coinvolti in modo consapevole e responsabile, come fu per gli adolescenti.<br />

176


Inoltre ulteriori verifiche interne ad altre variabili nei <strong>di</strong>versi gruppi<br />

considerati, hanno permesso <strong>di</strong> constatare che tra gruppi <strong>di</strong> persone<br />

“perdenti” intorno ai 30 anni, quelli provenienti da famiglie <strong>di</strong>sagiate<br />

(che avevano però potuto frequentare l’Università) manifestavano un ulteriore<br />

inversione in senso positivo, intorno ai 50 anni. Il progresso sembrava essere<br />

correlato, oltre che all’entrata all’Università, al matrimonio, al servizio militare<br />

e all’attività lavorativa. 99 L’appartenenza ad un ambiente formativo o lavorativo<br />

hanno quin<strong>di</strong> costituito un fattore protettivo e/o riparativo che si è rivelato<br />

importante, per invertire in senso positivo la traiettoria evolutiva nel proseguo<br />

del tempo.<br />

Bronfenbrenner sottolinea che l’implicazione più innovativa <strong>di</strong> questi<br />

risultati consiste nel fatto che nei mesosistemi si possono considerare come<br />

ricorrenti nel tempo, non solo gli schemi della continuità e del declino, ma<br />

anche quelli del recupero e della rinascita. Questi risultati, proprio perché<br />

concernono il mesosistema permettono <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare alcune delle con<strong>di</strong>zioni<br />

ecologiche che possono innescare mo<strong>di</strong>ficazioni sostanziali nello sviluppo <strong>di</strong><br />

una persona, anche dopo gli anni della fanciullezza.<br />

I risultati <strong>di</strong> Elder mettono quin<strong>di</strong> in <strong>di</strong>scussione l’ineluttabilità <strong>di</strong> un<br />

presunto luogo <strong>di</strong> primarietà e persistenza della fragilità umana: essi<br />

<strong>di</strong>mostrano come molti ragazzi della Grande Depressione e le loro famiglie,<br />

per quanto avessero subito un evidente danno psichico, lottarono, vinsero e<br />

in qualche caso profittarono, <strong>di</strong> fatto, <strong>di</strong> una povertà improvvisa e impararono<br />

che cosa era la mancanza <strong>di</strong> risorse in un ambiente insensibile. Tuttavia le<br />

potenzialità evolutive <strong>di</strong> ogni transizione ecologica sono favorite se la<br />

traiettoria evolutiva dei soggetti è riconosciuta, se l’evento è affrontato in<br />

compagnia <strong>di</strong> una o più persone significative, se esistono dei collegamenti <strong>di</strong><br />

sostegno che controbilanciano gli ostacoli dell’inserimento. 100<br />

9.2.5. Riflessioni e proposte<br />

Viene da pensare ai nostri minori immigrati arrivati qui attraverso mille<br />

peripezie; ai giovani, quasi laureati nei loro paesi, che qui si accontentano <strong>di</strong><br />

fare gli imbianchini; oppure ai piccoli in attesa, per anni e anni, <strong>di</strong><br />

ricongiungersi con le loro madri, madri che sono arrivate qui da sole e che<br />

sono <strong>di</strong>sperate quando si rendono conto che, in questo tempo, qualcosa si è<br />

rotto ed il ricongiungimento finisce per fallire per l’incapacità <strong>di</strong> rincontrarsi.<br />

Queste prove <strong>di</strong> coraggio nel tentativo <strong>di</strong> costruire un futuro migliore per sé e<br />

soprattutto per i figli devono essere sostenute e valorizzate nel contesti <strong>di</strong><br />

arrivo affinché tutti questi sforzi siano vissuti come utili, come significativi.<br />

99 Elder, op.cit. pp:249-250, in Bronfenbrenner, op.cit. pag. 404-405.<br />

100 Bronfenbrenner, op.cit. pag.426.<br />

177


In che modo la <strong>formazione</strong> può fornire un contesto protettivo 101<br />

e rispettare l’inevitabile ambivalenza che supporta questi complessi processi <strong>di</strong><br />

ridefinizione della propria traiettoria evolutiva?<br />

Dalla ricerca <strong>di</strong> Massa e collaboratori (1994) viene una testimonianza<br />

significativa da parte <strong>di</strong> un migrante.<br />

Il passato è importante per te stesso, che hai vissuto la cosa, ma non per l’istruttor e ,<br />

p e rché lui è lì per un’altra cosa, l’unica cosa che lui ha il dovere <strong>di</strong> fare è farti seguire dalla<br />

f o rmazione. Non è giusto farsi umiliare per ottenere certe cose. Per cer c a re un<br />

cambiamento sul passato devo farlo io, con la mia volontà Non è uno che deve farlo al mio<br />

posto, perché se quello lì ci tenta, non riuscirà a farlo. (Riva M.G., in Massa,e al.,<br />

op.cit., pag 97)<br />

Il migrante sembra chiedere alla <strong>formazione</strong> <strong>di</strong> aiutarlo a proiettarsi<br />

soprattutto nel futuro, <strong>di</strong> ascoltare, sì, ma al tempo stesso <strong>di</strong> sorvolare sui suoi<br />

eventuali drammi, perché essi sono anche la prova del valore della sua capacità<br />

<strong>di</strong> iniziativa, <strong>di</strong> una scelta che lo rende vivo e impegnato nel cambiamento che<br />

comporta.<br />

Come sottolinea Riva, il commento <strong>di</strong> questo migrante sta a significare, in<br />

una chiara polemica antideterministica, che non si vuole rimanere incastrati in<br />

nessuna linea costrittiva ritenuta necessaria sul piano delle conseguenze e dei<br />

rapporti tra passato e presente. Appare chiara la richiesta che il formatore si<br />

occupi della <strong>formazione</strong>, che è il futuro, senza p<strong>rete</strong>ndere d’intrufolarsi in<br />

richiami al passato (Riva, op.cit.,pag. 98)<br />

In una classe multietnica il punto <strong>di</strong> partenza per un formatore dovrebbe<br />

quin<strong>di</strong> comportare la consapevolezza che ogni immigrato ha una sua<br />

suscettibilità legata alla specifica traiettoria evolutiva, e, <strong>di</strong> conseguenza, una<br />

generalizzazione delle problematiche, tutti gli stranieri sono uguali, hanno<br />

fatto le stesse scelte, puntano allo stesso obiettivo , risulta essere inadeguata.<br />

La volontà <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare una <strong>di</strong>sponibilità al riconoscimento delle <strong>di</strong>verse<br />

traiettorie evolutive delle persone migranti, può manifestarsi forzando<br />

i partecipanti a parlare del passato, ad autodescriversi, a parlare <strong>di</strong> sé, della loro<br />

situazione familiare. Occorre trovare forme leggere, <strong>di</strong>sc<strong>rete</strong>, non impositive<br />

per rispondere alla duplice consapevolezza che emerge dai contributi qui<br />

considerati: da un lato è importante che l’elaborazione del cambiamento possa<br />

tradursi in <strong>di</strong>scorsi, in complicità <strong>di</strong> sguar<strong>di</strong>, in rispecchiamenti <strong>di</strong> traiettorie,<br />

dall’altro occorre rispettare una <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> solitu<strong>di</strong>ne e <strong>di</strong> riservatezza che<br />

viene riven<strong>di</strong>cata soggettivamente come uno degli elementi motori che fornisce<br />

uno spessore auto-formativo e <strong>di</strong>gnità a questo cambiamento.<br />

A volte può capitare che il formatore stesso introduca in modo superficiale<br />

alcuni spunti <strong>di</strong> collegamento con la supposta cultura <strong>di</strong> origine, pensando che<br />

questa sia una strategia <strong>di</strong> avvicinamento empatico: per esempio far accenno<br />

101 Il ruolo protettivo della scuola è stato ipotizzato e verificato anche in recenti ricerche che hanno<br />

indagato sui rischi psicosociali in adolescenza. Si vedano i contributi <strong>di</strong> Bonino S., Cattelino<br />

E.(2000), relativi ad una ampia indagine nelle scuole me<strong>di</strong>e superiori della Provincia <strong>di</strong> Torino.<br />

178


al Ramadan, alla questione del velo, o portare la cartina <strong>di</strong> un paese senza aver<br />

controllato i cambiamenti geopolitici.<br />

In questo modo il formatore può cadere in una serie <strong>di</strong> equivoci possibili:<br />

• assimilare tutti gli stranieri ad un etnia particolare (Ramadan per tutti);<br />

• sottovalutare l’intensità <strong>nella</strong> storia personale dei conflitti locali geopolitici<br />

e mostrare, attraverso questa <strong>di</strong>sattenzione, la propria <strong>di</strong>stanza emotiva;<br />

• ignorare la conflittualità interpersonale nell’ambito del gruppo e le<br />

ambivalenze potenzialmente presenti in ciascuno.<br />

Il rischio quin<strong>di</strong> è quello che al posto dell’auspicato avvicinamento si<br />

inneschino invece situazioni esplosive <strong>di</strong>fficili da controllare.<br />

Sarebbe forse meglio evitare <strong>di</strong> introdurre, per primi, come docenti,<br />

tali argomenti o almeno non prima <strong>di</strong> aver valutato in modo consapevole<br />

ed informato la complessità dei livelli <strong>di</strong> suscettibilità che si giocano in<br />

questi ambiti.<br />

9.3. Suscettibilità rispetto al setting formativo<br />

e ai modelli <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento-insegnamento<br />

9.3.1. Ritornare a scuola: un’ulteriore transizione<br />

tra presente e futuro<br />

Si possono in<strong>di</strong>viduare tre macro tipologie <strong>di</strong> migranti, all’intern o<br />

delle quali si ritrovano poi le situazioni specifiche; quelli che si fermano per<br />

qualche anno in Italia per poi tornare al paese d’origine (generalmente uomo<br />

o donna adulti soli), quelli che aprono attività in proprio ma vivono in mon<strong>di</strong><br />

separati dagli italiani (cinesi, alcuni Centro-Africani legati alle comunità<br />

etniche) e infine chi sceglie la stabilizzazione lavorativa verso l’integrazione.<br />

È tra questi ultimi che si incontrano i casi più numerosi <strong>di</strong> ricongiungimenti<br />

familiari e le scelte <strong>di</strong> frequentare corsi <strong>di</strong> alfabetizzazione o <strong>di</strong> <strong>formazione</strong><br />

professionale regionale.<br />

Il formatore non può quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>menticare che il migrante che si iscrive ad<br />

un corso professionale ha già scelto (il più delle volte) come muoversi,<br />

<strong>di</strong>mostrando <strong>di</strong> essere intenzionato a intrapre n d e re il cammino verso<br />

l’inserimento sociale <strong>nella</strong> realtà <strong>di</strong> arrivo. Il lavoro, in questo senso,<br />

rappresenta la salvaguar<strong>di</strong>a della propria <strong>di</strong>gnità personale e la chiave<br />

dell’inserimento. D’altra parte, anche la qualità della motivazione cambia in<br />

funzione della durata del progetto migratorio. Ciò è importante ai fini <strong>di</strong><br />

calibrare l’offerta formativa stessa. Infatti se il migrante pensa comunque <strong>di</strong><br />

ritornare al suo paese è meglio che impari qualcosa che sia utile all’evoluzione<br />

del suo paese, piuttosto che ad una stabilizzazione definitiva nel nostro.<br />

179


La maggior parte dei migranti approda alla <strong>formazione</strong> professionale<br />

regionale <strong>nella</strong> fase non iniziale, ma solo ad un certo punto del percorso <strong>di</strong><br />

inserimento; è interessante considerare che andare o ritornare a scuola<br />

costituisce un altro momento importante <strong>di</strong> transizione.<br />

La scuola, che sia un corso <strong>di</strong> alfabetizzazione o un corso professionale,<br />

rappresenta infatti in ogni paese un particolare contesto che da un lato<br />

enfatizza la cultura della società in cui è inserita (per esempio il calendario<br />

scolastico segue le ricorrenze nazionali e locali, il modo in cui l’insegnante<br />

gestisce la <strong>di</strong>sciplina e conduce le lezioni, l’atteggiamento della classe verso<br />

la competizione o la cooperazione possono riflettere delle caratteristiche<br />

tipiche <strong>di</strong> quel modello culturale), dall’altro questa stessa enfatizzazione<br />

rende l’ambiente della scuola un po’ “artificiale” rispetto alla realtà sociale,<br />

familiare e lavorativa.<br />

Ci sembra quin<strong>di</strong> che il migrante si trovi ad operare nuovi confronti a più<br />

livelli sia rispetto alla realtà italiana in cui si sta inserendo, sia rispetto<br />

all’esperienza scolastica eventualmente già vissuta nel proprio paese.<br />

Viene in mente l’esperienza descritta da M. Sclavi (1989) sul confronto tra<br />

un liceo americano e un liceo romano: aspetti normali per ciascuna delle due<br />

culture apparivano strani visti con l’occhio dello straniero; ad esempio per un<br />

italiano può far ridere che il professore <strong>di</strong> matematica americano si presenti a<br />

scuola in tuta e pantaloncini corti, oppure può meravigliare che il copiare<br />

durante un compito in classe sia considerato un gravissimo “reato <strong>di</strong> plagio” e<br />

che quin<strong>di</strong> a nessuno studente venga in mente <strong>di</strong> suggerire o <strong>di</strong> passare il<br />

compito, mentre in Italia a scuola i professori vestono in modo serio ed il<br />

copiare, anche se scorretto, tutto sommato è considerato meno grave del<br />

comportarsi da secchione che si rifiuta <strong>di</strong> aiutare un compagno.<br />

Possiamo inoltre ipotizzare che per i migranti questa ulteriore transizione<br />

nel ruolo <strong>di</strong> studente non fosse sempre prevista nel progetto <strong>di</strong> partenza,<br />

orientato ad una migliore sistemazione lavorativa, e questo può rendere ancora<br />

più comprensibile che essi, spesso, non vedano la <strong>formazione</strong> come un fine in<br />

sé, ma come il mezzo per realizzare un progetto <strong>di</strong> tras<strong>formazione</strong> che nel loro<br />

immaginario va ben oltre.<br />

Questo passaggio interme<strong>di</strong>o può <strong>di</strong>ventare, quin<strong>di</strong>, il luogo in cui si<br />

cerca <strong>di</strong> bruciare la <strong>di</strong>stanza tra l’immagine <strong>di</strong> sé attuale e l’immagine <strong>di</strong> sé<br />

proiettata nel futuro.<br />

180<br />

9.3.2. Una motivazione speciale<br />

Tener conto <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>namica interiore può aiutarci a comprendere la<br />

qualità particolare della loro motivazione e la varietà dei mo<strong>di</strong> attraverso cui<br />

essa tende a manifestarsi ai nostri occhi; è molto probabile incontrare un<br />

atteggiamento <strong>di</strong> quasi voracità per le materie professionalizzanti e una certa<br />

intolleranza verso ciò che non appare imme<strong>di</strong>atamente spen<strong>di</strong>bile sul piano<br />

dell’inserimento.


Questa tendenza è comprensibile, sia per chi aveva già acquisito un titolo<br />

<strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o me<strong>di</strong>o alto che non gli viene riconosciuto in Italia, sia per chi non<br />

aveva frequentato un corso “regolare” 102 <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> e praticamente si trova<br />

a ritornare a scuola, quasi come fosse la prima volta.<br />

Infatti, per i primi, iscriversi ad un corso professionale per raggiungere un<br />

titolo inferiore a quello già posseduto è vissuto come un’esperienza<br />

mortificante sul piano intellettuale, che è <strong>di</strong>gerita come un passaggio obbligato<br />

per andare oltre.<br />

In un certo senso è come se non ci fosse né il tempo, né la serenità emotiva<br />

per pre<strong>di</strong>sporsi intenzionalmente a quel vuoto mentale <strong>di</strong>sinteressato, quasi<br />

lu<strong>di</strong>co, che favorisce l’appren<strong>di</strong>mento del nuovo. Pre<strong>di</strong>sporsi al nuovo può<br />

significare anche provare un <strong>di</strong>sagio verso i propri maestri del paese d’origine,<br />

temere <strong>di</strong> perdere la propria identità <strong>di</strong> studente, <strong>di</strong> soggetto epistemico, così<br />

come si è costruita in quell’altro luogo e in quell’altro tempo. Una voracità<br />

quin<strong>di</strong> per arrivare al sodo, senza indugiare, <strong>di</strong>vagare…<br />

Nel corso <strong>di</strong> me<strong>di</strong>atori, per la materia <strong>di</strong> sociologia, si è fatto precedere il tema dei<br />

fenomeni migratori attuali da un excursus storico sull’emigrazione degli italiani all’estero o<br />

dal sud al nord Italia nei primi anni del ’900 e nel secondo dopoguerra. Ciò, per far capire<br />

che gli italiani, che oggi si trovano nel ruolo <strong>di</strong> accogliere gli immigrati, erano stati anche<br />

loro, a loro volta, migranti. Questa scelta, contrariamente alle aspettative, non è stata<br />

apprezzata anzi è stata considerata da alcuni come una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> tempo. Questo ci ha<br />

meravigliato vista anche la cultura me<strong>di</strong>o-alta dei partecipanti (una docente <strong>di</strong> sociologia).<br />

Per i secon<strong>di</strong>, invece, il bruciare le tappe sembra accompagnato da un<br />

incen<strong>di</strong>o interiore, che si manifesta come una sorta <strong>di</strong> euforia maldestra, perché<br />

tutto è nuovo e la scuola è già un pezzo <strong>di</strong> quel futuro sognato: usare la penna,<br />

il quaderno, prendere appunti, toccare con mano gli oggetti della “tecnologia”<br />

è già nel futuro, anche se le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita attuali sono ancora all’insegna<br />

dell’emergenza ed a scuola si arriva stanchi, un po’ stor<strong>di</strong>ti.<br />

All’inizio dell’anno ero infasti<strong>di</strong>ta dalle continue interruzioni <strong>di</strong> alcune corsiste, che<br />

non aspettavano la fine <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso, ma alla prima incomprensione esigevano subito un<br />

chiarimento. Da una parte ero <strong>di</strong>sturbata perché non potevo completare il mio<br />

ragionamento…, dall’altra temevo <strong>di</strong> essere volutamente interrotta, come se avessero voluto<br />

esprimere qualche forma <strong>di</strong> ostilità nei miei confronti… Poi, però, mi sono resa conto che la<br />

loro era solo una grande voglia <strong>di</strong> imparare, quasi una voracità che le portava a volere tutto<br />

e subito. Questa cosa non mi era mai capitata con adulti italiani. Questa sete <strong>di</strong><br />

conoscenza…anche su cose che a me sembravano banali. (Una docente <strong>di</strong> cultura generale<br />

in un corso <strong>di</strong> taglio e cucito per sole donne)<br />

102 Ricor<strong>di</strong>amo che dai dati, tratti dall’Osservatorio interistituzionale sull’immigrazione il 60% circa delle<br />

donne e degli uomini risulta analfabeta, mentre circa il 30% <strong>di</strong>plomato, e circa l’8% laureato. Benché<br />

questi dati vengano spesso smentiti nei corsi a favore <strong>di</strong> una presenza <strong>di</strong> titoli più alti rispetto a<br />

quelli <strong>di</strong>chiarati, sembra invece confermato che la fascia interme<strong>di</strong>a <strong>di</strong> scolarizzazione sia meno<br />

rappresentata e che quin<strong>di</strong> la popolazione studentesca si muova tra un livello basso e un livello<br />

me<strong>di</strong>o-alto.<br />

181


Questi atteggiamenti, così <strong>di</strong>versi, benché tutti accomunati dalla forte<br />

motivazione a raggiungere il titolo, che forse aprirà le porte del lavoro e della<br />

legittimazione sociale, possono, all’inizio, spiazzare il docente abituato a<br />

insegnare a studenti italiani. Il fatto <strong>di</strong> non poter dare nulla per scontato, o<br />

perché le aspettative sulle convenzioni sono <strong>di</strong>verse, o perché ad<strong>di</strong>rittura non<br />

c’è un’aspettativa <strong>di</strong> tipo convenzionale, rende questo lavoro continuamente<br />

impreve<strong>di</strong>bile e ricco <strong>di</strong> trasformazioni osservabili <strong>di</strong> giorno in giorno.<br />

Tuttavia, i docenti si rendono anche conto <strong>di</strong> vivere un’esperienza<br />

straor<strong>di</strong>naria, come se il contatto quoti<strong>di</strong>ano con questo mondo così variegato<br />

e così unanimemente coraggioso avesse il potere <strong>di</strong> un contagio che fa<br />

intravedere nuovi mo<strong>di</strong> possibili <strong>di</strong> concepire il proprio mondo, il rapporto con<br />

il sapere, con gli studenti, con la scuola e con la vita.<br />

Fino all’anno scorso insegnavo in classi <strong>di</strong> minori italiani, sì, mi stancavo meno, ero più<br />

tranquilla anche sui programmi, ma ora non vorrei più ritornare a delle classi <strong>di</strong> soli<br />

italiani. Quest’anno mi sono trovata in mille situazioni <strong>di</strong>fficili, ma sono più contenta, la<br />

<strong>di</strong>fferenza è che mi sembra <strong>di</strong> imparare continuamente tante cose anche io da loro. Ho<br />

imparato a non generalizzare, perché ogni persona mi sembra unica, ho imparato tante cose<br />

nuove, perché le loro domande mi hanno stimolata ad informarmi, ad allargare gli<br />

orizzonti al <strong>di</strong> là della mia materia, ho imparato a minimizzare i miei problemi perché ogni<br />

giorno ricevo testimonianze <strong>di</strong> grande coraggio <strong>nella</strong> vita. (una docente)<br />

182<br />

9.3.3. Le regole del setting formativo<br />

Si è già accennato sopra che la scuola rappresenta un contesto particolare<br />

<strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento in cui sono formalizzati i tempi, gli spazi, certe regole <strong>di</strong><br />

comportamento, certe modalità per la trasmissione dei contenuti e per la<br />

gestione dei rapporti tra insegnanti e allievi; benché i mo<strong>di</strong> possano cambiare<br />

da form a t o re a form a t o re, ogni centro definisce alcune regole che<br />

contribuiscono a dare stabilità al setting formativo.<br />

Per esempio alla <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri, all’inizio dell’anno, ogni<br />

formatore richiede che durante le lezioni non si parli in madrelingua e invita a<br />

prendersi cura del materiale consegnato dalla scuola (quaderni, filo e aghi, tuta<br />

o camice da lavoro…).<br />

Anche al rispetto degli orari viene prestata molta attenzione: a partire da un<br />

quarto d’ora <strong>di</strong> ritardo viene detratta una parte della paga oraria <strong>di</strong> £ 4.000.<br />

D’altra parte è però in<strong>di</strong>spensabile che ogni centro <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> cerchi <strong>di</strong><br />

conciliare gli orari dei corsi con le esigenze dei <strong>di</strong>versi utenti: corsi serali per<br />

le persone che lavorano e orari stu<strong>di</strong>ati per le donne con figli. Presso la <strong>Casa</strong><br />

<strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri questa attenzione è stata particolarmente apprezzata dai<br />

partecipanti.<br />

Nella intenzionalità dei responsabili queste regole costituiscono soprattutto<br />

un punto <strong>di</strong> arrivo e sono mirate a preparare un atteggiamento affidabile in<br />

vista del successivo inserimento lavorativo. Sono previste però alcune<br />

eccezioni, che tengono conto sia <strong>di</strong> alcune situazioni personali al limite della<br />

sopravvivenza, sia della <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> aderire ad una cornice istituzionale, per chi


non è mai andato a scuola; esse vengono prevalentemente gestite dai docenti<br />

(che chiudono un occhio) in accordo con i responsabili (che fanno finta <strong>di</strong> non<br />

sapere), in modo che, comunque, sia mantenuta una certa congruenza rispetto<br />

al comportamento richiesto ai corsisti.<br />

Il setting si compone anche dei luoghi in cui si svolgono le attività. Occorre<br />

ricordare che in alcuni dei paesi d’origine dei migranti i luoghi della<br />

<strong>formazione</strong> non coincidono solo con la scuola ma possono essere anche altri<br />

“ambienti” <strong>di</strong> vita, nei quali si con<strong>di</strong>vidono regolarmente certe pratiche rituali,<br />

considerate in<strong>di</strong>spensabili per la crescita e la preparazione dell’in<strong>di</strong>viduo (le<br />

preghiere, gli esercizi <strong>di</strong> yoga e <strong>di</strong> concentrazione).<br />

Abbiamo osservato che nel centro <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> alcuni luoghi sono<br />

preferiti: <strong>di</strong>ventano, in alcuni casi, la propria casa, perché è qui che i migranti<br />

vivono gli aspetti più costruttivi e promettenti del cambiamento in cui sono<br />

ormai avviati. Ad esempio, alla <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri, le lezioni teoriche<br />

si svolgono in aule <strong>di</strong>verse rispetto ai laboratori <strong>di</strong> pratica: a volte lo<br />

spostamento dal laboratorio all’aula è vissuto male da alcuni migranti, come si<br />

trattasse <strong>di</strong> allontanarsi da un luogo in cui è più chiara la loro identità. Inoltre<br />

il laboratorio in alcuni corsi, come quello <strong>di</strong> Taglio e Cucito, è frequentato solo<br />

da quella certa classe <strong>di</strong> migranti e questo probabilmente favorisce una<br />

maggiore identificazione con questo spazio.<br />

P e rché non rimaniamo qui anche a fare italiano? (una corsista nigeriana <strong>di</strong><br />

Taglio e Cucito)<br />

Un buon setting formativo richiede anche che gli spazi delle aule siano<br />

protetti da eventuali viavai, siano riscaldati bene, poiché con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong>sagevoli<br />

possono pregiu<strong>di</strong>care l’attenzione e la costruzione <strong>di</strong> un clima adatto<br />

all’appren<strong>di</strong>mento.<br />

Per quanto possa sembrare banale, anche la collocazione dei servizi igienici<br />

può influire sulla serenità dei rapporti, creando eventualmente un <strong>di</strong>sagio<br />

quando la struttura non permette <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziare tra bagni per maschi e per<br />

femmine. Alla <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri si è tenuto conto <strong>di</strong> questa esigenza<br />

e dove non si <strong>di</strong>sponeva <strong>di</strong> locali <strong>di</strong>fferenziati si è pre<strong>di</strong>sposto un piano, solo<br />

per i corsi con un utenza prevalentemente femminile (es. Taglio e Cucito,<br />

Ristorazione e Adest).<br />

Al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> questi aspetti strutturali, sono anche altri e <strong>di</strong>versi i mo<strong>di</strong> in cui si<br />

può pre s t a re attenzione alla costruzione <strong>di</strong> un setting formativo adeguato e<br />

flessibile. Un elemento prioritario rispetto alla progettazione è, ad esempio, il<br />

fornire informazioni chiare, all’inizio dei corsi, sul profilo professionale e sulle<br />

realistiche opportunità <strong>di</strong> sbocco lavorativo. Una mancata chiarezza in tal senso<br />

può infatti provocare la ricorrenza <strong>di</strong> malumori, un calo della frequenza, tutti<br />

fattori che possono causare un <strong>di</strong>sturbo <strong>di</strong> fondo allo svolgimento dell’attività<br />

formativa.<br />

In ogni caso l’insieme <strong>di</strong> questi aspetti contribuisce a creare un clima nel<br />

quale ogni migrante si inserisce con il suo bagaglio <strong>di</strong> idee e <strong>di</strong> vissuti su che<br />

183


cosa significa imparare, da chi si può imparare, sui meto<strong>di</strong> più opportuni<br />

maturati attraverso la propria specifica traiettoria evolutiva.<br />

Occorre quin<strong>di</strong> avere presente la necessità <strong>di</strong> riferirsi a <strong>di</strong>versi potenziali<br />

modelli <strong>di</strong> scuola e al continuo interferire <strong>di</strong> presente e passato nell’esperienza<br />

dei corsisti.<br />

184<br />

9.3.4. Il rapporto con l’imparare<br />

Pren<strong>di</strong>amo ora in considerazione l’autodefinizione in relazione ad alcuni<br />

aspetti già sottolineati in precedenza, tra i più importanti <strong>nella</strong> relazione<br />

d’insegnamento: il rapporto con il processo dell’imparare e con il sapere e la<br />

concezione della relazione asimmetrica docente/<strong>di</strong>scente. 103<br />

Questi aspetti sono profondamente ra<strong>di</strong>cati nelle prime esperienze <strong>di</strong><br />

socializzazione infantile e riflettono aspetti peculiari della cultura più ampia in<br />

cui sono stati vissuti.<br />

Si può avvertire un’ambivalenza, una specie <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zione rispetto al<br />

modello europeo, tra aspettative <strong>di</strong> rigi<strong>di</strong>tà sulla <strong>di</strong>visione asimmetrica dei ruoli<br />

e sulle regole scolastiche e aspettative <strong>di</strong> <strong>di</strong>sponibilità affettiva <strong>di</strong>ffusa da parte<br />

dei docenti. Ciò può essere spiegato, non solo sulla base <strong>di</strong> particolari con<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>di</strong> bisogno e <strong>di</strong> solitu<strong>di</strong>ne connesse alle prime fasi <strong>di</strong> inserimento, ma anche ad<br />

un <strong>di</strong>verso modo <strong>di</strong> concepire il rapporto tra istruzione ed educazione e tra<br />

istituzioni e comunità informale, in culture <strong>di</strong>verse dalla nostra.<br />

Ad esempio, a <strong>di</strong>fferenza dell’istruzione scolastica, più tecnica, l’educazione<br />

può avere una connotazione globale, affettiva, meno rigida, in cui è<br />

fondamentale il ruolo dell’esperienza e dell’attenzione con<strong>di</strong>visa. Così gli<br />

anziani sono considerati una fonte importante <strong>di</strong> educazione perché hanno<br />

imparato tante cose, e quin<strong>di</strong> sono saggi, anche se magari non sono andati a<br />

scuola. La ricerca <strong>di</strong> Massa e collaboratori (1994, op. cit. pag.140 e seg.) riporta<br />

<strong>di</strong>verse testimonianze <strong>di</strong> migranti a questo proposito.<br />

Mio nonno non sapeva leggere né scrivere, tutti e due, però ci aveva una educazione che<br />

ci ha dato e che fino ad ora è quella che ci è servita a tutti.(Riva, op.cit.,pag. 141)<br />

L’esperienza vera <strong>di</strong> imparare che ho avuto è con mio padre… mi insegnava molto tutti<br />

i giorni perché anche lui ha fatto tanta esperienza (Ab<strong>di</strong>llah) (Riva, op.cit., pag.140)<br />

Dopo mio padre la persona più importante <strong>nella</strong> mia vita per <strong>di</strong>ventare così è la mia<br />

famiglia; non la famiglia come si intende in Europa, la famiglia per noi sono i nonni, gli zii<br />

e tutti i parenti. Siamo una grande famiglia che non è noiosa, dove c’è l’attenzione <strong>di</strong> tutti,<br />

in <strong>di</strong>versi gra<strong>di</strong> per tutti ma c’è. (Niki) (Riva, op.cit., pag. 140)<br />

Forse alcuni <strong>di</strong> noi meno giovani ricorderanno quando i nostri genitori<br />

raccontavano che ai loro tempi i genitori erano più rispettati, al punto che si<br />

103 Per questa parte siamo riconoscenti alla pubblicazione <strong>di</strong> Massa e collaboratori (1994), dalla quale<br />

abbiamo tratto gran parte degli esempi ed alcuni dei commenti.


dava loro il “voi” o che imparare era una cosa seria e <strong>di</strong>fficile che doveva<br />

essere affrontata con grande de<strong>di</strong>zione per ottenere delle sod<strong>di</strong>sfazioni; cercare<br />

delle scorciatoie o addolcire la pillola con premi e giochetti pareva loro<br />

illusorio e deresponsabilizzante, perché l’idea era che comunque la vita si<br />

sarebbe poi ven<strong>di</strong>cata con prove ben più dure e che l’educazione e la scuola<br />

dovevano preparare per la vita.<br />

Ascoltando i commenti <strong>di</strong> molti migranti si respira un po’ quest’aria: a volte<br />

essi restano meravigliati che l’asimmetria tra insegnante e <strong>di</strong>scente sia poco<br />

sottolineata, che i figli rispondano male ai propri genitori, che i genitori<br />

chiedano consigli per l’educazione dei propri figli, come se si fosse perso, da<br />

noi, il senso del rispetto, della responsabilità, della <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> ruolo tra chi<br />

ha più esperienza e chi ne ha meno.<br />

Ancora dalle testimonianze riportate <strong>nella</strong> ricerca <strong>di</strong> Massa (Rezzara,<br />

pag.139 e seg.)<br />

Quello che impariamo più <strong>di</strong> tutto noi è <strong>di</strong> avere rispetto, rispetto per chi è maggiore, per<br />

chi è vecchio, i genitori, i parenti, a scuola. (Atta)<br />

C’è una grossa <strong>di</strong>versità tra la cultura senegalese e quella europea.. qui da voi non c’è<br />

la <strong>di</strong>fferenza… la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> età c’è però tra una persona e l’altra, per esempio tra sorella<br />

e fratello, potete <strong>di</strong>re tra <strong>di</strong> voi quello che volete <strong>di</strong>re. Invece da noi è <strong>di</strong>verso. Se è tua sorella<br />

maggiore per esempio devi limitare le tue parole… e se la donna anche è maggiore, deve dar e<br />

rispetto all’uomo… è l’uomo che deve decidere… così impariamo.<br />

Non come qui… qui l’insegnante con l’allievo non c’è una <strong>di</strong>fferenza. Per esempio il<br />

ragazzo qui gioca, non paura degli insegnanti. …Per esempio se ve<strong>di</strong> il professore fuori della<br />

scuola, devo scappare, perché magari… domani una domanda, e se non riesci a farla lui ti<br />

picchia, perché ti ha visto giocare, o cose… hai capito? (Sa<strong>di</strong>k)<br />

Questa è una grande <strong>di</strong>fferenza tra la nostra e la vostra società. Perché là nessuno<br />

rifiuta gli or<strong>di</strong>ni dei genitori, anche se sbagliano.<br />

Massa (e al., 1994.) commenta queste testimonianze rilevando che il polo<br />

educativo della <strong>formazione</strong> nei paesi <strong>di</strong> provenienza tende a riprodurre e far<br />

assimilare valori, norme, co<strong>di</strong>ci culturali tra<strong>di</strong>zionali, collocandosi più <strong>nella</strong><br />

<strong>di</strong>mensione del dover essere, del controllo, della normatività, della<br />

subor<strong>di</strong>nazione che in quella della soggettività e del cambiamento.<br />

Lì, in Tailan<strong>di</strong>a, quando l’insegnante spiega qualcosa, e noi non capiamo qualcosa, noi<br />

non possiamo <strong>di</strong>re “quello io non capisco, io voglio spiegare <strong>di</strong> questo” L’insegnante subito:<br />

‘tu zitto’ . Tutto così, tutto tempo, ogni anno gli studenti solo zitto. (Acciaro)(Rezzara, op.cit.,<br />

pag.156)<br />

Non è che puoi <strong>di</strong>re quello che pensi… anche se pensi qualcosa devi tenerlo dentro (Atta)<br />

(Rezzara, op.cit., pag.156)<br />

Il bastone sempre in mano è sempre una cosa necessaria… è l’autorità, non sempre<br />

picchiarlo con il bastone proprio fisicamente. In Nigeria la scuola è <strong>di</strong>sciplina, regole,<br />

punizioni <strong>di</strong> lavoro. (Ronnie) (Rezzara,op.cit. pag.155)<br />

185


D’altra parte, ancora dalla stessa ricerca, emerge anche la solidarietà tra gli<br />

adulti che determina delle potenti sinergie formative tra le <strong>di</strong>verse istanze<br />

spontanee e formali dell’educazione. (Rezzara, op.cit. pag.162 e seguenti)<br />

I maestri somali abitano nello stesso quartiere, li ho conosciuti bene, come i genitori,<br />

sempre c’erano il maestro e i genitori, c’era una sequenza (Abdukal<strong>di</strong>r)<br />

186<br />

C’era un patto no, un patto forte tra i nostri genitori e la scuola (Malko)<br />

Se tu devii dalla tua vita, là sempre qualcuno ti controlla, i genitori, il maestro, i vicini<br />

e ti <strong>di</strong>cono che devi tornare sul binario giusto.<br />

Nel confronto con un’altra cultura ogni regola perde l’elemento <strong>di</strong> necessità<br />

che aveva, e l’esempio stesso delle generazioni che ci hanno preceduto ci<br />

conduce a considerare che non sono tanto importanti i contenuti <strong>di</strong> ognuna<br />

delle regole, quanto la solidarietà sociale su cui era fondata la convinzione<br />

della proposta e la sincerità dell’affetto che l’accompagnava. Cosicché modelli<br />

<strong>di</strong> educazione e <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento occidentali, pur certamente <strong>di</strong>versi da quelli<br />

o<strong>di</strong>erni, non hanno impe<strong>di</strong>to che si formassero persone mature, umane e<br />

competenti che, a loro volta sono <strong>di</strong>ventate genitori e insegnanti <strong>di</strong>sponibili a<br />

nuove aperture.<br />

I migranti, però, si trovano in una particolare situazione proprio per lo<br />

sra<strong>di</strong>camento dal contesto culturale in cui sono state assimilate le loro<br />

convinzioni. Come <strong>di</strong>cono loro stessi: Come ero non lo sono più. E come sono<br />

ora non lo so.<br />

Cercare <strong>di</strong> rispettare il loro <strong>di</strong>ritto ad autodefinirsi significa quin<strong>di</strong> rispettare<br />

questa transizione <strong>di</strong> identità, che li porta ad oscillare tra la fedeltà alle proprie<br />

tra<strong>di</strong>zioni e la spinta a buttarle vie per omologarsi il più in fretta possibile.<br />

Nelle testimonianze sulla propria esperienza <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> appare una<br />

<strong>di</strong>scontinuità tra un “là” dove si sono seguiti itinerari prescritti, finalizzati alla<br />

continuità del sistema e un “qui”, ispirato, invece, ad un cambiamento che<br />

comporta anche l’esposizione alla casualità, all’improvvisazione. (Massa e altri,<br />

op.cit.1994)<br />

Le <strong>di</strong>scussioni sull’educazione e sul ruolo <strong>di</strong>ffuso della genitorialità sono<br />

molto accese, forse perché inconsapevolmente evocano un confronto tra<br />

passato e presente, che corrisponde anche a due visioni del mondo e a due<br />

stati esistenziali profondamente <strong>di</strong>versi: il passato, in cui era prevalente una<br />

visione deterministica, ma al tempo stesso convinta e carica <strong>di</strong> con<strong>di</strong>visioni<br />

affettive ed il presente che rappresenta, invece, la sperimentazione, in<br />

solitu<strong>di</strong>ne, <strong>di</strong> una visione più probabilistica, dove anche la casualità, lo spirito<br />

d’iniziativa, l’avventura possono giocare un ruolo decisivo.<br />

Sempre <strong>nella</strong> ricerca già citata (Massa e altri, op.cit.1994) si sottolinea la<br />

consapevolezza che questo salto verso l’ignoto, da soli, sia una specie <strong>di</strong><br />

auto<strong>formazione</strong> e sembra quin<strong>di</strong> plausibile l’ipotesi che esso rappresenti, non<br />

solo il coraggio della sfera volitiva, ma anche un processo cognitivo <strong>di</strong><br />

profonda ristrutturazione epistemologica... Si può <strong>di</strong>re che la gran parte dei


corsisti migranti si trovi tendenzialmente scisso tra due visioni del mondo e che<br />

stia elaborando una sintesi i cui costi emotivi e identitari possono essere, in<br />

certi momenti, molto profon<strong>di</strong> e rischiosi per il proprio equilibrio.<br />

Lasciando il tuo paese d’origine, la tua propria terra, i tuoi genitori, i tuoi fratelli,<br />

l’ambiente dove hai proprio vissuto, tutto quello che è anche una forma <strong>di</strong> solitu<strong>di</strong>ne è anche<br />

un’auto<strong>formazione</strong>….Sei solo e devi imparare tutto. (Rezzara, op.cit., pag.142)<br />

Ci sembra quin<strong>di</strong> più prudente e saggio avviarci a concludere questo<br />

paragrafo ricordando il presupposto <strong>di</strong> partenza che ogni corsista abbia una<br />

sua idea particolarmente complessa sui modelli d’insegnamento<br />

appren<strong>di</strong>mento e sui percorsi possibili <strong>di</strong> cambiamento che, probabilmente<br />

non è riducibile né a quella tipica della sua cultura <strong>di</strong> origine né a quella che<br />

può emergere dalle aspettative dei formatori. D’altra parte è frequente rilevare<br />

la <strong>di</strong>fficoltà dei migranti a esprimere la propria soggettività, la reticenza a<br />

parlare <strong>di</strong> sé, ad autodefinirsi nel percorso presente.<br />

Al limite ciò che essi sembrano chiedere è <strong>di</strong> non essere obbligati a definirsi<br />

o a controdefinirsi troppo in fretta, o meglio, a non pagare con un senso <strong>di</strong><br />

non esistenza, <strong>di</strong> non riconoscimento della propria complessità esistenziale,<br />

quella che è, invece, una transizione, una riorganizzazione della<br />

propria identità.<br />

9.4. Che fare?<br />

La letteratura antropologica e la psicologia crossculturale possono darci<br />

molte informazioni sulla <strong>di</strong>mensione etnica dei <strong>di</strong>versi modelli <strong>di</strong><br />

appren<strong>di</strong>mento e <strong>di</strong> educazione e ciò può aiutarci ad ampliare i nostri punti <strong>di</strong><br />

vista e ad aumentare la nostra curiosità verso “l’altro”. 104<br />

Tuttavia riteniamo, insieme ad alcuni antropologi che si sono occupati <strong>di</strong><br />

analisi culturale e contesto scolastico (Callari Galli, 1993, 2000), che questo<br />

approccio sia insufficiente, se esso viene utilizzato esclusivamente <strong>nella</strong><br />

prospettiva fiduciosa <strong>di</strong> poter anticipare i comportamenti dell’altro.<br />

Sappiamo bene che anche all’interno <strong>di</strong> una stessa cultura l’anticipazione<br />

ci espone al rischio <strong>di</strong> scavalcare, <strong>di</strong> fraintendere la definizione che l’altro sta<br />

dando <strong>di</strong> sé. D’altra parte, come suggerisce Tentori (1989), anche un testo<br />

antropologico non deve tanto avere l’obiettivo <strong>di</strong> descrivere la <strong>di</strong>versità, ma<br />

piuttosto <strong>di</strong> spingere i suoi fruitori a riconoscersi e a rispecchiarsi, quin<strong>di</strong>, in<br />

quella <strong>di</strong>versità.<br />

Inoltre la provenienza etnica è ormai sempre più varia, le classi sono molto<br />

eterogenee, ed è quin<strong>di</strong> impensabile entrare nel merito delle tra<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> tante<br />

e <strong>di</strong>verse culture, se non attraverso un’infarinatura che, da un lato rischia <strong>di</strong><br />

assumere i tratti del folklore e dall’altro <strong>di</strong> non identificare la situazione del<br />

104 Si vedano, ad esempio, i contributi classici <strong>di</strong> F.Remotti (1990, 1992) e Geertz,1987.<br />

187


migrante: egli, infatti, è arrivato fin qui, sta comunicando con noi faccia a<br />

faccia, ma nello stesso tempo sta ridefinendo la sua cultura alla luce della sua<br />

esperienza qui.<br />

Un formatore intenzionato a riconoscere e far giocare le <strong>di</strong>fferenze<br />

dovrebbe, quin<strong>di</strong>, ispirarsi anche ad un modello fondato sull’ascolto attivo e<br />

s u l l ’a t t e s a. Il modello dell’attesa parte dal presupposto che nessuna<br />

conoscenza sull’altro potrà mai salvaguardarci dalla impreve<strong>di</strong>bilità dei<br />

comportamenti altrui e nostri, nel contesto concreto dell’incontro. 105 E questa<br />

impreve<strong>di</strong>bilità fonda la sostanziale similarità tra noi e l’altr o.<br />

Abbiamo ritenuto quin<strong>di</strong> prioritario, in questa sede, aiutare il formatore ad<br />

assumere un atteggiamento <strong>di</strong> autoosservazione e <strong>di</strong> decentramento culturale<br />

rispetto ai modelli cognitivi ed ai giu<strong>di</strong>zi <strong>di</strong> valore che costituiscono la struttura<br />

del suo modello <strong>di</strong>dattico. Ciò può comportare anche l’esercitarsi a non<br />

considerare “naturali” le sud<strong>di</strong>visioni dello spazio, le successioni temporali,<br />

le abitu<strong>di</strong>ni che sorreggono i comportamenti pre f e renziali, nel corso<br />

dell’esercizio <strong>di</strong>dattico quoti<strong>di</strong>ano. (Callari Galli, 2000)<br />

Nel prossimo capitolo, prenderemo in considerazione i <strong>di</strong>versi ambiti <strong>di</strong><br />

eterogeneità che un formatore può incontrare accettando <strong>di</strong> insegnare in una<br />

classe multietnica.<br />

105 In questo senso sono molto interessanti i suggerimenti <strong>di</strong> Duccio Demetrio ed i suoi lavori sulle<br />

narrazioni autobiografiche (1992)<br />

188


Capitolo 10<br />

Specificità della classe multietnica<br />

Silvia Zabaldano<br />

10.1. Elementi <strong>di</strong> eterogeneità<br />

in una classe multietnica<br />

Per trattare questa parte ci siamo messi dal punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> un formatore<br />

più esperto che fornisce ad un formatore novizio alcune informazioni iniziali<br />

sulle caratteristiche <strong>di</strong> eterogeneità <strong>di</strong> una classe multietnica e<br />

sull’insegnamento della lingua seconda in tale contesto.<br />

Preferiamo partire da alcuni flash sulle caratteristiche <strong>di</strong> eterogeneità <strong>di</strong> un<br />

corso <strong>di</strong> migranti, in quanto tener conto <strong>di</strong> questo aspetto è forse quello che<br />

più può aiutare un formatore novizio <strong>nella</strong> fase iniziale del corso.<br />

Anche se la tentazione <strong>di</strong> considerare i migranti come una categoria unitaria<br />

al suo interno è ricorrente sia nel confronto con le classi <strong>di</strong> italiani, sia perché<br />

essa usufruisce <strong>di</strong> progetti ad hoc, è importante ricordare che al <strong>di</strong> là della<br />

comune motivazione all’inserimento lavorativo ogni straniero ha una storia<br />

unica e irrepetibile.<br />

Nella composizione della classe gli elementi <strong>di</strong> eterogeneità <strong>di</strong> cui tener<br />

conto a priori sono: l’età (adulti e minori), il titolo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, il sesso oltre che<br />

la provenienza etnica e la tipologia del corso. Quest’ultima può rappresentare<br />

un elemento <strong>di</strong> omogeneità quando il corso è rivolto ad una particolare utenza<br />

migrante, ad esempio corsi <strong>di</strong> Officina Meccanica per minori o corsi <strong>di</strong> taglio e<br />

cucito per donne <strong>di</strong>soccupate. Bisogna infine considerare la possibilità che il<br />

formatore venga coinvolto in richieste in<strong>di</strong>viduali specifiche del migrante,<br />

connesse alla situazione <strong>di</strong> vita quoti<strong>di</strong>ana in una realtà poco conosciuta e<br />

spesso <strong>di</strong>ffidente.<br />

Affrontiamo ora ognuno <strong>di</strong> questi aspetti.<br />

10.1.1. L’età<br />

Le <strong>di</strong>fferenze d’età sono un elemento caratteristico nei corsi professionali<br />

serali e nei corsi <strong>di</strong> alfabetizzazione e delle 150 h, che sono infatti frequentati<br />

sia da minori che da adulti.<br />

Nella <strong>formazione</strong> professionale questo è stato un nodo critico: da un lato<br />

la tendenza all’in<strong>di</strong>sciplina degli adolescenti era mal tollerata dagli altri studenti<br />

adulti e dall’altro la velocità <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento più rapida dei minori creava al<br />

formatore problemi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziazione della <strong>di</strong>dattica.<br />

189


All’inizio del corso, all’interno della classe, si creava una netta separazione tra i due<br />

gruppi d’età; i ragazzi finivano prima la consegna e cominciavano a <strong>di</strong>sturbare, allora gli<br />

adulti si infasti<strong>di</strong>vano e li riprendevano in lingua araba o francese, mettendomi in <strong>di</strong>fficoltà .<br />

(un formatore <strong>di</strong> un corso professionale serale)<br />

Durante l’anno, il più delle volte, questa problematica andava risolvendosi<br />

da sola (attraverso la conoscenza graduale interna alla classe) e gli stessi<br />

corsisti adulti <strong>di</strong>ventavano una risorsa per il formatore, che finiva con<br />

l’attribuire loro una funzione <strong>di</strong> “freno” nei casi <strong>di</strong> in<strong>di</strong>sciplina più evidenti.<br />

Inoltre è importante sottolineare che la partecipazione dei giovani migranti<br />

nell’orario preserale risultava essere saltuaria per le problematiche collegate<br />

alla prima accoglienza: i minori spesso non avevano tutele re g o l a r i<br />

e <strong>di</strong> conseguenza la priorità per loro era quella <strong>di</strong> assicurarsi vitto e<br />

alloggio stabili. 106<br />

Proprio per rispondere alle <strong>di</strong>verse esigenze in base all’età e per<br />

fronteggiare i casi <strong>di</strong> abbandono la <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri ha previsto<br />

una tipologia <strong>di</strong> corso specifica per minori nell’orario <strong>di</strong>urno, <strong>di</strong>fferenziata dai<br />

moduli destinati agli adulti. 107<br />

190<br />

10.1.2. I titoli <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o<br />

Nei corsi <strong>di</strong> alfabetizzazione e <strong>nella</strong> <strong>formazione</strong> professionale regionale<br />

(soprattutto nel caso <strong>di</strong> adulti) i corsisti possono provenire da percorsi<br />

scolastici <strong>di</strong>fferenziati. Tale eterogeneità varia in relazione ai criteri adottati per<br />

l’inserimento dei partecipanti ai corsi: la definizione dei prerequisiti e la<br />

tipologia d’utenza prevista nel progetto.<br />

Un punto <strong>di</strong>scriminante è sicuramente il rapporto tra titolo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o,<br />

maturato nel proprio paese, e la conoscenza della lingua seconda. Rispetto ai<br />

prerequisiti, <strong>nella</strong> <strong>formazione</strong> professionale la priorità viene data al livello <strong>di</strong><br />

comprensione linguistica dell’italiano (quasi impossibile inserire analfabeti)<br />

e non al titolo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o. Un’eccezione riguarda i minori per i quali è necessaria<br />

la licenza me<strong>di</strong>a conseguita in Italia e i me<strong>di</strong>atori culturali per i quali è richiesto<br />

un titolo me<strong>di</strong>o alto nel paese d’origine.<br />

Dare la priorità alla conoscenza della lingua italiana può determinare però<br />

che all’interno della classe si trovino persone con bassa scolarizzazione insieme<br />

a persone <strong>di</strong>plomate o laureate. Viceversa, privilegiando il criterio opposto<br />

(è il caso dei corsi <strong>di</strong> alfabetizzazione o 150 h per stranieri), si trovano utenti<br />

con un livello <strong>di</strong> scolarizzazione simile ma con una <strong>di</strong>versa conoscenza della<br />

lingua seconda.<br />

Questo criterio <strong>di</strong> definizione dei prerequisiti può costituire un problema,<br />

il formatore può infatti dare per scontata l’avvenuta acquisizione <strong>di</strong> un<br />

contenuto scolastico o <strong>di</strong> conoscenze <strong>di</strong> metodo.<br />

106 Si può in questo senso leggere la tipologia <strong>di</strong> corsi per migranti alla <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri,<br />

cap.3, par.3.1.<br />

107 Ibidem.


…Magari conoscono il verbo mangiare, per esempio <strong>di</strong>cono “io mangiare tanto pane”,<br />

ma non sanno che mangiare è un verbo e che i verbi si coniugano, lo stesso per i generi dei<br />

nomi. Il problema è che chi è andato a scuola si aspetta <strong>di</strong> avere informazioni sulla<br />

grammatica e sulla sintassi, mentre chi non c’è andato ha <strong>di</strong>fficoltà a capire …<br />

Le strategie <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento, i meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e l’approccio <strong>di</strong>dattico al<br />

materiale proposto saranno completamente <strong>di</strong>versi se destinati a uno studente<br />

analfabeta in lingua madre o un altro scolarizzato nel paese d’origine.<br />

È importante, per una buona riuscita del corso, che il formatore,<br />

in<strong>di</strong>pendentemente dalla materia che insegna, tenga conto della presenza <strong>di</strong><br />

prestazioni cognitive molto <strong>di</strong>fferenziate e mo<strong>di</strong>fichi <strong>di</strong> conseguenza la prassi<br />

<strong>di</strong>dattica, la scelta dei termini e il materiale proposto.<br />

Alcuni suggerimenti in questo senso saranno dati nel paragrafo che tratterà<br />

più in dettaglio l’insegnamento della lingua. 108<br />

10.1.3. La provenienza etnica<br />

Generalmente le richieste <strong>di</strong> iscrizione rispecchiano la <strong>di</strong>stribuzione delle<br />

presenze delle <strong>di</strong>verse etnie sul territorio locale.<br />

Per esempio nell’anno ’98-’99 la classe dei me<strong>di</strong>atori culturali era formata<br />

in maggioranza da magrebini (Marocco, Tunisia, Egitto, Algeria) e da<br />

est- europei(albanesi), e a seguire da centro-africani (Nigeria, Costa D’Avorio,<br />

Congo), e infine, in misura decisamente inferiore, i cinesi e sud-americani<br />

(Perù, Brasile e per ultimi Messico, Colombia). 109 La stessa situazione si ritrova<br />

anche negli altri corsi della <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri. 110<br />

Questa convivenza multietnica comporta una situazione <strong>di</strong> criticità almeno<br />

iniziale; i corsisti tendono infatti a <strong>di</strong>vidersi nei vari gruppi etnici, a parlare solo<br />

con chi sentono “più vicino” e a mostrare una certa <strong>di</strong>ffidenza verso l’altro che<br />

proviene da un paese non conosciuto e da un percorso <strong>di</strong> vita <strong>di</strong>fferente.<br />

Per evitare la nascita <strong>di</strong> possibili tensioni le prime settimane lascio la libertà ai corsisti<br />

<strong>di</strong> sedersi dove preferiscono e <strong>di</strong> solito si mettono vicino ai compagni del proprio paese .<br />

(un formatore)<br />

A volte possono verificarsi episo<strong>di</strong> che richiedono l’intervento imme<strong>di</strong>ato<br />

del formatore, eventualmente coa<strong>di</strong>uvato da un me<strong>di</strong>atore culturale.<br />

Due minori albanesi, con una buona conoscenza dell’italiano, nonostante i richiami<br />

continuavano a ridacchiare tra loro, a interrompere la lezione, <strong>di</strong>sturbandomi e prendendo<br />

in giro i compagni marocchini e algerini con più <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> comprensione; con il sostegno<br />

del me<strong>di</strong>atore li ho ripresi in<strong>di</strong>vidualmente e li ho separati <strong>di</strong> banco.(un formatore)<br />

108 Ve<strong>di</strong> capitolo 11 sull’insegnamento della lingua italiana.<br />

109 Ibidem.<br />

110 Nei corsi per minori i frequentanti sono in maggioranza marocchini e albanesi; invece nei corsi per<br />

donne sono prevalentemente marocchine e centro africane e lo stesso vale nei corsi per uomini adulti.<br />

L’unica particolarità è che le etnie cinesi e sudamericane sono quasi assenti nei corsi della <strong>Casa</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Carità</strong> e vengono preferite altre tipologie <strong>di</strong> corso (es. assistenza domiciliare, lavori domestici...).<br />

191


Dalle esperienze dei formatori si è visto però come, con il procedere del<br />

corso, la <strong>di</strong>ffidenza iniziale tra allievi va progressivamente <strong>di</strong>minuendo; <strong>nella</strong><br />

classe si verifica un progressivo “mescolamento” e una curiosità <strong>di</strong> scambio e<br />

confronto interculturale. L’altro, da estraneo e possibile “concorrente”, <strong>di</strong>venta<br />

un soggetto identificato con la propria storia (simile per sofferenza e scelte <strong>di</strong><br />

vita), con le proprie <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> inserimento e <strong>di</strong> accettazione da parte della<br />

realtà <strong>di</strong> arrivo e, il più delle volte, con progetto simile <strong>di</strong> stabilizzazione<br />

lavorativa e <strong>di</strong> miglioramento sociale.<br />

Interessante in questo senso può essere l’analisi <strong>di</strong> un caso, in cui si è<br />

verificata proprio la situazione sopra descritta: il passaggio da una netta<br />

<strong>di</strong>visione tra gruppi etnici a una vicinanza sentita con l’altro (con<strong>di</strong>visione). In<br />

un corso <strong>di</strong> taglio e cucito, formato da donne adulte in maggioranza<br />

marocchine musulmane (con velo) e nigeriane (<strong>di</strong> cui alcune uscite dalla tratta<br />

della prostituzione), inizialmente i docenti percepivano un forte <strong>di</strong>stacco tra le<br />

due etnie. Le donne marocchine non capivano infatti l’atteggiamento ritenuto<br />

troppo “<strong>di</strong>sinvolto e provocatorio” delle nigeriane, sia nell’abbigliamento, sia<br />

nel rapporto con i formatori donne/uomini, sia nel comportamento in classe<br />

(risate e importanza del contatto fisico); le nigeriane, dal canto loro, non<br />

comprendevano perché delle donne giovani e belle dovessero portare il velo<br />

(nascondendo capelli lunghi, neri e lisci…), abiti troppo lunghi e informi,<br />

nessun tipo <strong>di</strong> trucco. Solo attraverso il confronto quoti<strong>di</strong>ano durante il corso<br />

e soprattutto nell’ora <strong>di</strong> taglio e cucito (in cui dovevano “misurarsi” a vicenda),<br />

nelle donne si è creato un sentimento <strong>di</strong> accettazione reciproca e anche <strong>di</strong><br />

curiosità per le tra<strong>di</strong>zioni culturali delle altre compagne.<br />

È quin<strong>di</strong> fondamentale per il formatore, che si trova ad insegnare in un contesto<br />

multiculturale, partire dalle esperienze e dai percorsi <strong>di</strong> vita dei singoli corsisti,<br />

valorizzandoli all’interno della classe, come momento <strong>di</strong> confronto e crescita complessiva<br />

del gruppo. (una formatrice <strong>di</strong> taglio e cucito)<br />

In ogni lezione, non importa quale sia la materia, può essere opportuno ritagliare un<br />

momento <strong>di</strong> intercultura quando emergono incomprensioni o <strong>di</strong>ffidenze che potrebbero<br />

compromettere la riuscita del corso e creare un senso <strong>di</strong> “<strong>di</strong>sagio” o <strong>di</strong> esclusione <strong>di</strong> alcuni<br />

corsisti. Sicuramente in questi casi è importante l’utilizzo <strong>di</strong> un me<strong>di</strong>atore culturale, che può<br />

supportare il formatore e, eventualmente, intervenire <strong>di</strong>rettamente in classe. (un formatore<br />

<strong>di</strong> materie tecniche)<br />

192<br />

10.1.4. Le <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> genere<br />

La percezione della <strong>di</strong>fferenza tra i ruoli sessuali è molto più marcata in<br />

altre culture e soprattutto in quella araba. Di conseguenza rispetto alle offerte<br />

dei corsi professionali vi è una <strong>di</strong>versità <strong>di</strong> aspirazioni e aspettative a seconda<br />

che si tratti <strong>di</strong> un migrante uomo o <strong>di</strong> una migrante donna.<br />

Contrariamente all’emigrazione tra<strong>di</strong>zionale oggi esiste anche<br />

un’emigrazione femminile che arriva in Italia sola, lasciando figli e marito nel<br />

paese <strong>di</strong> provenienza: è il caso soprattutto delle filippine, somale, rumene e<br />

peruviane. Raramente queste categorie sono interessate a frequentare corsi


professionali (se non qualche ora <strong>di</strong> lingua italiana o corsi brevi per i lavori<br />

domestici nell’ambito della prima accoglienza e del volontariato) poiché grazie<br />

alle forti e ra<strong>di</strong>cate comunità <strong>di</strong> appartenenza e alla maggiore <strong>di</strong>sponibilità<br />

delle famiglie italiane ad accoglierle trovano facilmente alloggio e lavoro<br />

(anche se <strong>nella</strong> maggioranza dei casi non regolare) <strong>nella</strong> collaborazione<br />

domestica e nell’assistenza ai malati e anziani.<br />

L’influenza della variabile sessuale incide soprattutto sotto due aspetti: la<br />

varietà delle motivazioni <strong>di</strong> iscrizione al corso (anche in relazione al titolo <strong>di</strong><br />

stu<strong>di</strong>o) e le problematiche esistenziali e familiari che possono influenzare la<br />

riuscita e il completamento del modulo (soprattutto nel caso delle donne).<br />

Mi sono capitati molti casi <strong>di</strong> donne che da troppi mesi non vedevano il loro bambino,<br />

lasciato lontano con i nonni. Volevano un lavoro sicuro, una casa per portare finalmente il<br />

figlio in Italia. (una formatricedel corso <strong>di</strong> taglio e cucito)<br />

In Italia mi trattano bene; non mi posso lamentare del mio lavoro nelle famiglie, anche<br />

se sono <strong>di</strong>plomata alla scuola commerciale. L’unica cosa che mi fa piangere ogni mattina è<br />

sapere mio figlio lontano… Forse con questo corso potrò riavere mio figlio con me…(una<br />

corsista peruviana del corso per Me<strong>di</strong>atori Culturali)<br />

Molte donne straniere che scelgono un corso <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> vivono quin<strong>di</strong><br />

il problema del ricongiungimento come priorità e come spinta a migliorare<br />

professionalmente la propria con<strong>di</strong>zione lavorativa.<br />

Anche altri fattori culturali, legati al ruolo <strong>di</strong> donna, emergono <strong>di</strong> sovente<br />

in un corso professionale destinato ad utenza femminile adulta: la maternità<br />

frequente per le musulmane, i con<strong>di</strong>zionamenti familiari per gli orari (il<br />

problema dell’accompagnamento dei bambini a scuola al mattino) o la scelta<br />

della sede in cui fare lo stage. Infatti numerosi sono stati gli episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> ritiro <strong>di</strong><br />

donne dal corso per le gravidanze o per le malattie dei figli. In questo senso<br />

vanno anche letti i momenti <strong>di</strong> “incomprensione” tra il Centro e alcuni mariti,<br />

contrari al fatto che la moglie svolgesse lo stage in un ambiente <strong>di</strong> lavoro<br />

maschile.<br />

Ho notato nei miei corsi il fatto che almeno i 2/3 delle donne magrebine erano in stato<br />

<strong>di</strong> gravidanza; <strong>di</strong> conseguenza moltissimi erano i giorni <strong>di</strong> assenza e molte le <strong>di</strong>fficoltà a<br />

restare tante ore in pie<strong>di</strong> in cucina. Come avrebbero potuto sopportare la fatica dello stage<br />

in un ristorante? Mi chiedevo quante sarebbero riuscite a finire il corso…(una formatrice del<br />

corso <strong>di</strong> Ristorazione)<br />

Finalmente avevo capito il motivo delle frequenti gravidanze; è un <strong>di</strong>sonore per la<br />

famiglia non avere un bambino entro il primo anno <strong>di</strong> matrimonio… (il tutor dei corsi per<br />

migranti <strong>di</strong> Ristorazione e Taglio e Cucito)<br />

Mia moglie non può fare lo stage da due uomini; piuttosto va via dal corso…(un marito<br />

marocchino)<br />

A questi aspetti si può collegare anche il fatto che alcune donne migranti<br />

non aspirino ad una crescita professionale, ma sembrino unicamente<br />

193


interessate ad acquisire conoscenze utili all’interno della sfera domestica.<br />

È il caso <strong>di</strong> alcune donne che frequentano i corsi <strong>di</strong> Lavori Domestici o <strong>di</strong><br />

Cucitrice Industriale:<br />

La verità è che ho scelto il corso perché c’è cucito che mi serve anche <strong>nella</strong> mia vita, e la<br />

cucina italiana…non per lavorare in un ristorante, no per questo no… più per me stessa che<br />

per un lavoro. (una corsista del corso <strong>di</strong> Taglio e Cucito)<br />

In questi casi il corso sod<strong>di</strong>sfa una funzione <strong>di</strong> integrazione socio culturale,<br />

anche perché spesso rappresenta un motivo per uscire <strong>di</strong> casa e per<br />

confrontarsi con donne della stessa età e con problemi simili.<br />

Al corso ho imparato <strong>di</strong> più la lingua italiana e ho conosciuto meglio la città dove vivo<br />

con la mia famiglia… (una corsista <strong>di</strong> Ristorazione)<br />

Un secondo gruppo <strong>di</strong> donne sembra invece interessato a acquisire,<br />

attraverso il corso, qualifiche elevate, che permettano <strong>di</strong> recuperare la<br />

con<strong>di</strong>zione culturale e economica perduta con l’esperienza dell’emigrazione. Si<br />

tratta <strong>di</strong> donne con un percorso <strong>di</strong> scolarità pregressa me<strong>di</strong>o - alto, che vivono<br />

come un’esperienza umiliante l’essere relegate a lavori domestici o assistenziali.<br />

La volontà <strong>di</strong> trovare occasioni lavorative qualificanti assume quin<strong>di</strong> il carattere<br />

<strong>di</strong> desiderio e aspirazione profonda; inoltre il raggiungere una professionalità<br />

me<strong>di</strong>o-alta (ad esempio nel settore dell’informatica) rappresenta un modo per<br />

liberarsi dal doppio vincolo rappresentato da predefiniti ruoli <strong>di</strong> genere e <strong>di</strong><br />

etichetta <strong>di</strong> straniera. 111<br />

Conosco tre lingue, arabo, francese e italiano, sono laureata in Economia e calcolo, so<br />

usare bene il computer e internet…ma con tutto questo non posso lo stesso trovare un lavor o<br />

gratificante perché sono straniera senza la citta<strong>di</strong>nanza… Io mi sogno qualcosa <strong>di</strong> più <strong>di</strong><br />

fare le pulizie o <strong>di</strong> andare nelle pizzerie a lavorare…(una corsista zairese del corso <strong>di</strong><br />

Me<strong>di</strong>atori Culturali).<br />

Per quanto riguarda invece le aspettative dell’utenza migrante maschile nei<br />

confronti dei corsi professionali possiamo rilevare due tipologie, collegate al<br />

titolo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o conseguito nel paese <strong>di</strong> origine.<br />

Un primo gruppo è costituito da uomini con qualifiche elevate ma non<br />

spen<strong>di</strong>bili sul mercato italiano che si ritrova inserito ai livelli più bassi o<br />

ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong>soccupato. Questi adulti vedono la loro esperienza migratoria<br />

come fallimentare e affrontano il corso quasi rassegnati all’idea <strong>di</strong> avere solo<br />

un “pezzo <strong>di</strong> carta” in più; l’offerta formativa <strong>di</strong>venta quin<strong>di</strong> una risorsa sociale<br />

finalizzata più che altro all’integrazione socio-culturale. 112<br />

111 Si veda la mazione professio, curata per la <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> (in corso <strong>di</strong> stampa), al<br />

capitolo 3 “Domanda <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> e esiti formativi a Torino: il punto <strong>di</strong> vista degli immigrati” ,<br />

pag. 51-52-53.<br />

112 Ibidem. Cap. 3, p.49-50.<br />

194


Sono a Torino da trenta mesi…in Marocco stavo bene, facevo il meccanico <strong>di</strong><br />

aerei…Qui non trovo niente per il mio titolo, non riesco a aiutare la mia famiglia e far venir<br />

qui mia moglie…adesso faccio questo corso, non per avere la qualifica tanto so già che non<br />

serve a niente, ma per non stare senza far niente…e poi con queste 4.000 £ un po’ mi aiuto.<br />

(un corsista marocchino del corso <strong>di</strong> Elementi <strong>di</strong> Officina Meccanica)<br />

Il secondo gruppo, più numeroso, invece è molto motivato a ottenere una<br />

qualifica. Si tratta <strong>di</strong> uomini con un percorso <strong>di</strong> scolarizzazione pregressa basso<br />

che intendono migliorare la loro professionalità e credono nell’utilità del corso<br />

come strumento per inserirsi meglio <strong>nella</strong> realtà lavorativa italiana o per<br />

ritornare nel paese <strong>di</strong> origine con qualifiche più appetibili.<br />

…Io ho iniziato a fare il corso per i sol<strong>di</strong>, il rimborso <strong>di</strong> £ 4.000 all’ora…dopo i primi<br />

due mesi <strong>di</strong> scuola ho visto che c’era qualcosa <strong>di</strong> più dei sol<strong>di</strong> e mi è venuta voglia <strong>di</strong><br />

imparare… (un albanese del corso <strong>di</strong> Attrezzista stampista)<br />

…Con questo corso il mio lavoro è migliorato molto…mi ha insegnato ad essere più<br />

autonomo come mentalità invece che <strong>di</strong>pendere da altre persone anche sul lavoro…mi ha<br />

maturato in quella parte in cui non ero maturato. (un tunisino del corso <strong>di</strong> Elementi <strong>di</strong><br />

Officina Meccanica)<br />

10.1.5. Conflittualità interetnica in classe:<br />

le identità religiose e politiche<br />

All’interno <strong>di</strong> una classe multietnica è scontata la presenza <strong>di</strong> una pluralità<br />

<strong>di</strong> cre<strong>di</strong> religiosi.<br />

Dalle interviste con i formatori è emerso come gli episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> maggiore<br />

tensione siano collegati proprio a questa <strong>di</strong>mensione; i casi più rilevanti<br />

avvengono all’interno dello stesso credo religioso, tra i soggetti più rigi<strong>di</strong>, che<br />

seguono scrupolosamente i precetti, e quelli meno osservanti. Ad esempio nel<br />

periodo del Ramadan in <strong>di</strong>versi corsi si è arrivati ad uno scontro tra alcuni<br />

albanesi, che non seguivano le regole previste dal Corano (il <strong>di</strong>giuno, le<br />

preghiere in<strong>di</strong>viduali in orari stabiliti, le regole <strong>di</strong> comportamento…) e alcuni<br />

marocchini che invece osservavano alla lettera tutti i dettami. I primi si<br />

sentivano attaccati dagli altri in modo ingiustificato su valori personali (la<br />

religione e il come viverla sono scelte in<strong>di</strong>viduali), gli altri si sentivano colpiti<br />

nell’animo (questo è un attacco all’Islam e all’identità d’origine), e si<br />

ancoravano ancora <strong>di</strong> più alle proprie posizioni, accusando gli albanesi<br />

<strong>di</strong> assimilazione forzata alla realtà italiana attraverso la negazione della<br />

cultura <strong>di</strong> partenza.<br />

In questi casi <strong>di</strong> “pregiu<strong>di</strong>zio” la maggior parte dei formatori intervistati ha<br />

affrontato il problema in<strong>di</strong>vidualmente e al <strong>di</strong> fuori del contesto della classe,<br />

coinvolgendo il più possibile il me<strong>di</strong>atore culturale.<br />

Tra gruppi religiosi <strong>di</strong>versi (ad esempio tra cattolici rumeni e musulmani)<br />

lo scambio invece avviene con maggiore tolleranza; dopo la <strong>di</strong>ffidenza iniziale<br />

verso l’altro che non si conosce (e così la sua cultura e i suoi costumi), il<br />

gruppo-classe arriva, con la frequentazione progressiva, ad un’accettazione<br />

195


eciproca e una curiosità verso le <strong>di</strong>verse tra<strong>di</strong>zioni culturali: raramente si<br />

verificano casi <strong>di</strong> critica accesa o incomprensioni offensive.<br />

Un altro esempio <strong>di</strong> conflitto tra stranieri si ricollega a motivi <strong>di</strong> politica<br />

locale tra partecipanti <strong>di</strong> paesi vicini, ad esempio tra africani francofoni e<br />

anglofoni o tra africani neri e bianchi. Anche in questo caso può essere<br />

opportuno l’intervento del me<strong>di</strong>atore culturale per poter arrivare ad un<br />

chiarimento, con<strong>di</strong>viso dalle due parti.<br />

Un problema, in questo senso, può nascere quando il me<strong>di</strong>atore culturale<br />

è della stessa nazionalità <strong>di</strong> una delle due parti in conflitto: durante il corso <strong>di</strong><br />

Me<strong>di</strong>atore Culturale, seguito in codocenza da una me<strong>di</strong>atrice zairese, un allievo<br />

zairese ha litigato con una compagna della Costa d’Avorio. Quest’ultima ha<br />

rifiutato un possibile aiuto da parte della me<strong>di</strong>atrice, attribuendole a priori una<br />

posizione <strong>di</strong> parte e si è invece <strong>di</strong>fesa da sola, minacciando <strong>di</strong> appellarsi ad<br />

un’autorità alternativa, che in questo caso era il marito:<br />

“Tu sei la me<strong>di</strong>atrice del Congo. Io chiamo mio marito che gli darà uno schiaffo<br />

a quello lì”.<br />

In questo caso la me<strong>di</strong>atrice congolese è stata capace <strong>di</strong> non entrare nel<br />

conflitto, cioè <strong>nella</strong> cornice proposta dai litiganti e, attraverso la calma ed il<br />

silenzio, ha rimandato ad un momento successivo la creazione <strong>di</strong> un nuovo<br />

scenario in cui le è stato possibile assumere un atteggiamento al <strong>di</strong> sopra<br />

delle parti.<br />

196<br />

10.1.6. Richieste in<strong>di</strong>viduali dei corsisti esterne all’iter<br />

<strong>di</strong>dattico, collegate ai bisogni specifici del migrante.<br />

Occorre ricordare che alcuni corsisti stanno ancora vivendo una fase <strong>di</strong><br />

emergenza che li può portare a non riposare, a mangiare male, a non avere<br />

punti <strong>di</strong> riferimento stabili e non ci si deve quin<strong>di</strong> meravigliare se qualcuno si<br />

addormenta sul banco o sembra “altrove”.<br />

Il docente può quin<strong>di</strong> trovarsi <strong>di</strong> fronte a richieste in<strong>di</strong>viduali <strong>di</strong> supporto<br />

e <strong>di</strong> consulenza per problematiche esterne alla <strong>di</strong>dattica vera e propria: il<br />

l a v o ro, l’inserimento abitativo, le pratiche <strong>di</strong> re g o l a r i z z a z i o n e ,<br />

l’accompagnamento ai servizi territoriali, l’assistenza sociale e sanitaria, gli<br />

eventuali corsi <strong>di</strong> lingua…<br />

Più volte mi è capitato <strong>di</strong> entrare in classe e <strong>di</strong> trovare uno studente in lacrime perché<br />

lo avevano sfrattato. Oppure mi ricordo <strong>di</strong> una donna della Costa D’Avorio che mi si è<br />

aggrappata piangendo, chiedendomi <strong>di</strong> trovarle un lavoro, perché non riusciva ad avere la<br />

regolarizzazione e questo significava non poter far venire qui il suo bambino. (una<br />

formatrice)<br />

Non è importante che il formatore sia in grado <strong>di</strong> esau<strong>di</strong>re tutte le richieste,<br />

ma che sappia, intanto, ascoltare e capire che <strong>nella</strong> maggioranza dei casi la<br />

motivazione stessa all’appren<strong>di</strong>mento è intrecciata con i problemi <strong>di</strong>


sopravvivenza; nello stesso tempo è necessario che egli abbia la certezza <strong>di</strong><br />

poter con<strong>di</strong>videre il carico <strong>di</strong> responsabilità che gli viene attribuito con altri<br />

interlocutori a cui eventualmente in<strong>di</strong>rizzare la persona.<br />

Il formatore alla <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri può contare ad esempio su<br />

<strong>di</strong>verse risorse <strong>di</strong>sponibili: cre a re un collegamento con lo Sportello<br />

d’orientamento al Lavoro, confrontarsi con il tutor interno dei corsi per migranti<br />

oppure con i me<strong>di</strong>atori culturali che lavorano presso il Centro.<br />

In ogni caso il formatore non può sottrarsi a una <strong>di</strong>ffusa aspettativa <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sponibilità e nello stesso tempo è importante che non crei illusioni, anche<br />

perché qualunque impegno o promessa non mantenuti tendono ad essere<br />

vissuti come un tra<strong>di</strong>mento.<br />

197


Capitolo 11<br />

L’insegnamento - appren<strong>di</strong>mento della<br />

lingua italiana nelle classi multietniche<br />

Gioia Maestro, Silvia Zabaldano<br />

11.1. La lingua italiana nel corso professionale<br />

(a cura <strong>di</strong> Silvia Zabaldano)<br />

I problemi linguistici non devono far pensare che l’altro non sia complesso<br />

e strutturato da un suo percorso ben definito (cultura d’origine e cultura <strong>di</strong><br />

accoglienza); la <strong>di</strong>dattica deve tener conto del migrante come persona ancora<br />

più ricca, più complessa, perché si porta <strong>di</strong>etro due vissuti, due mon<strong>di</strong>.<br />

L’italiano per uno straniero che vive in Italia non è una lingua straniera, ma<br />

la lingua seconda, cioè la lingua parlata nel paese <strong>di</strong> arrivo, elemento<br />

in<strong>di</strong>spensabile per un reale inserimento.<br />

Le motivazioni all’appren<strong>di</strong>mento sono quin<strong>di</strong> molto forti; i migranti vedono<br />

n e l l ’ a p p ren<strong>di</strong>mento della lingua uno strumento per non essere emarginati <strong>nella</strong><br />

società ospitante e per migliorare la propria situazione lavorativa.<br />

Il bilinguismo dei soggetti migranti può essere <strong>di</strong> due tipi: aggiuntivo<br />

e sottrattivo. 113<br />

Il bilinguismo a g g i u n t i v oin<strong>di</strong>ca il sistema linguistico <strong>di</strong> uno straniero che ha<br />

sviluppato una buona competenza <strong>nella</strong> lingua seconda, fortemente valorizzata<br />

nell’ambiente sociale d’arrivo (scuola, tempo libero, incontro con conoscenti o<br />

istituzioni), mantenendo però vivo il suo repertorio linguistico pre c e d e n t e .<br />

Questo processo <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento avviene in modo tale che nessuno dei due<br />

sistemi <strong>di</strong> conoscenza sia messo in pericolo. Lo straniero bilingue sviluppa, in<br />

questo caso, delle competenze pari a quelle <strong>di</strong> un parlante nativo in tutte e due<br />

paesi; ciascuna lingua corrisponde ad un sistema <strong>di</strong> comunicazione completo,<br />

p e rmettendo al soggetto <strong>di</strong> contare su due registri linguistici e culturali,<br />

i n t e rcambiabili in rapporto alla situazione e all’interlocutore .<br />

Il bilinguismo sottrattivo in<strong>di</strong>ca invece il caso <strong>di</strong> un soggetto migrante, la<br />

cui lingua d’origine non è valorizzata e che si trova a dover acquisire una<br />

lingua seconda, mettendo completamente da parte il bagaglio <strong>di</strong> conoscenze<br />

precedenti. Questo processo potrebbe portare il migrante ad una padronanza<br />

ridotta delle due lingue, al cosiddetto fenomeno del semilinguismo, visto come<br />

“comprensione mancante” dei due co<strong>di</strong>ci linguistici.<br />

La definizione dei prerequisiti linguistici è sicuramente un nodo critico sia<br />

per il formatore che si troverà ad insegnare in una classe eterogenea nei livelli<br />

<strong>di</strong> conoscenza della lingua seconda, sia all’interno della <strong>rete</strong> nel collegamento<br />

tra scuola e <strong>formazione</strong>. 114<br />

113 Dispensa <strong>di</strong> Cultura Generale per <strong>Migranti</strong> a cura della <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong>. (materiale interno).<br />

114 Ve<strong>di</strong> capitolo 7, paragrafo 7.4.<br />

199


200<br />

11.1.1. Metodologie <strong>di</strong> insegnamento: risorse e strategie<br />

I formatori non dovranno spaventarsi <strong>di</strong> fronte alle <strong>di</strong>versità linguistiche dei<br />

corsisti; la multietnicità <strong>di</strong>venta un valore, un arricchimento, una risorsa se<br />

valorizzata dal punto <strong>di</strong> vista comunicativo-relazionale. Non va <strong>di</strong>menticato che<br />

il <strong>di</strong>sagio è solo un pezzo dell’emigrazione e che i migranti, cercando una<br />

stabilizzazione professionale e un riconoscimento sociale, puntano a migliorare<br />

la conoscenza della lingua seconda.<br />

È comunque evidente come la preparazione linguistica con<strong>di</strong>zioni<br />

l ’ a p p ren<strong>di</strong>mento; in una classe multietnica ogni parola dovrà essere<br />

deco<strong>di</strong>ficata insieme ai corsisti. La comprensione è ufficializzata solo attraverso<br />

il coinvolgimento <strong>di</strong>retto dei migranti, che metteranno ogni volta in gioco il<br />

loro background <strong>di</strong> conoscenze culturali e linguistiche; solo in un secondo<br />

momento il formatore potrà arrivare ad una corretta specificazione tecnica.<br />

In questo senso anche l’errore grammaticale <strong>di</strong>venta un elemento su cui<br />

soffermarsi; sull’inesattezza linguistica è importante ragionare con l’intera<br />

classe. Lo sbaglio può infatti essere ricollegato alla struttura linguistica o fonica<br />

<strong>di</strong> un certo paese o area geografica (Magreb o Cina) e quin<strong>di</strong> può essere utile<br />

a tutto il gruppo un approfon<strong>di</strong>mento: anche un particolare accento o una<br />

particolare struttura sintattica possono costituire elementi <strong>di</strong> valorizzazione<br />

della realtà interculturale.<br />

Come emerge dalle interviste dei formatori, <strong>di</strong> fronte alla pluralità <strong>di</strong><br />

preparazione linguistica dei corsisti inseriti in una stessa classe, la strategia<br />

adottata è quella <strong>di</strong> rivolgersi alla soglia più bassa, seguendola più da vicino.<br />

Ai soggetti più preparati si possono affidare anche compiti in<strong>di</strong>viduali, che<br />

verranno messi poi in comune e <strong>di</strong>scussi collettivamente, valorizzando i<br />

contributi interattivi dell’intero gruppo-classe.<br />

Gli studenti scolarizzati sono infatti consapevoli che le parole sono<br />

elementi che si combinano in certi mo<strong>di</strong> (grammatica) e con uno stesso<br />

linguaggio (metalinguaggio). Nell’appren<strong>di</strong>mento della lingua seconda<br />

essi utilizzeranno sempre la struttura della loro lingua madre e procederanno<br />

operando un confronto tra il proprio co<strong>di</strong>ce linguistico e quello <strong>di</strong><br />

acquisizione.<br />

Al contrario gli studenti scarsamente scolarizzati non utilizzano queste<br />

strategie <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento, ma necessitano <strong>di</strong> stimoli <strong>di</strong>dattici totalmente privi<br />

<strong>di</strong> riferimenti grammaticali convenzionali (imparati normalmente <strong>nella</strong> scuola<br />

elementare); non possiedono il co<strong>di</strong>ce scritto della propria lingua madre e<br />

quin<strong>di</strong> non possono ricorrere all’ausilio del <strong>di</strong>zionario o a schede bilingue. Gli<br />

argomenti proposti dovranno quin<strong>di</strong> essere concreti e calati <strong>nella</strong> realtà,<br />

altrimenti non verrebbero recepiti e quin<strong>di</strong> sarebbero rifiutati come inutili e<br />

incongruenti. (W.Ong 1986, Gardner H. 1984, Elias N. 1986, Massa e altri op.cit).<br />

Una frequente situazione critica si collega al fatto che i corsisti della stessa<br />

etnia, almeno all’inizio del corso, tendono a comunicare tra loro in lingua<br />

d’origine, escludendo in questo modo gli altri compagni e mettendo in<br />

<strong>di</strong>fficoltà il formatore.


Questo problema può essere risolto pre<strong>di</strong>sponendo alcune ore <strong>di</strong><br />

conversazione in lingua d’origine con i me<strong>di</strong>atori culturali. Nello stesso tempo,<br />

già dalle prime lezioni, è importante invitare la classe a sforzarsi<br />

nell’esposizione <strong>nella</strong> lingua seconda, responsabilizzando i singoli soggetti<br />

sull’utilità <strong>di</strong> una corretta preparazione per il futuro inserimento.<br />

Un’altra risorsa implicita può essere quella della conoscenza della lingua<br />

francese per l’area del Magreb o le ex colonie francesi o inglese per nigeriani<br />

e cinesi. Una strategia vincente, già sperimentata in alcuni corsi per stranieri<br />

della <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri, è stata quella <strong>di</strong> realizzare, con il contributo<br />

della classe un “minivocabolario”, che contenesse la spiegazione dei termini<br />

tecnici più frequenti e la traduzione in arabo, francese o inglese.<br />

Nodo critico è anche quello della fossilizzazione linguistica , intesa come<br />

facilità dello straniero a apprendere velocemente il vocabolario <strong>di</strong> base in<br />

risposta ai bisogni imme<strong>di</strong>ati e a fermarsi a questo livello manifestando una<br />

in<strong>di</strong>sponibilità ad un approfon<strong>di</strong>mento ulteriore della conoscenza linguistica. 115<br />

Quali sono quin<strong>di</strong> i reali bisogni linguistici (peso <strong>di</strong> una corretta<br />

esposizione orale o <strong>di</strong> una corretta produzione scritta) degli stranieri?<br />

Spesso i docenti si costruiscono una visione riduttiva, esclusivamente<br />

pragmatica della lingua e ciò frena la capacità <strong>di</strong> motivare i corsisti stranieri ad<br />

un appren<strong>di</strong>mento avanzato della lingua italiana, una volta raggiunto il livello<br />

standar d, cioè quello che permette <strong>di</strong> ottenere una risposta ai bisogni primari.<br />

Sicuramente in un corso <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> professionale una spinta per i<br />

migranti a migliorare la conoscenza della lingua seconda è legata allo sbocco<br />

lavorativo futuro; soprattutto alcune professionalità richiedono precisi requisiti<br />

linguistici e l’utilizzo appropriato <strong>di</strong> terminologie tecniche specifiche (ad<br />

esempio nel corso per me<strong>di</strong>atori culturali la conoscenza <strong>di</strong> termini relativi ai<br />

settore sanitario, legislativo, antropologico…).<br />

Una possibile soluzione può essere quella <strong>di</strong> spingere il migrante, che<br />

f requenta il corso professionale, a intrapre n d e re un percorso <strong>di</strong><br />

alfabetizzazione o <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> linguistica nelle strutture del Provve<strong>di</strong>torato o<br />

degli Enti Locali.<br />

Nella <strong>formazione</strong> professionale regionale l’obiettivo è infatti quello <strong>di</strong><br />

portare tutti i corsisti ad un livello <strong>di</strong> conoscenza linguistica funzionale<br />

all’inserimento lavorativo e sociale (L2). 116<br />

In questo senso si è mossa la <strong>Casa</strong> <strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri, che ha ricercato<br />

una soluzione a questo problema attraverso una collaborazione con i Centri<br />

Territoriali Permanenti, Parini e Braccini che hanno aiutato <strong>nella</strong> preselezione<br />

dei futuri iscritti nei corsi per minori; questa strategia sperimentale non è stata<br />

però ancora formalizzata ufficialmente dall’Ente, e sarebbe opportuno<br />

estenderla a tutti i corsi per stranieri.<br />

115 Si può ipotizzare che questa in<strong>di</strong>sponibilità possa avere <strong>di</strong>verse ra<strong>di</strong>ci, emotive o cognitive, e<br />

sarebbe interessante svolgere in questo senso delle ricerche che aiutino a in<strong>di</strong>viduare dei sostegni<br />

appropriati.<br />

116 Criterio <strong>di</strong> riferimento adottato dai Centri Territoriali Permanenti per in<strong>di</strong>care i migranti con una<br />

conoscenza me<strong>di</strong>o-bassa della lingua seconda.<br />

201


Un altro aspetto rilevante nell’insegnamento della lingua è che un buon<br />

metodo <strong>di</strong>dattico parta dal mondo interiore degli allievi, dalla loro matrice<br />

cognitiva, dalla personale visione del mondo, dai percorsi vissuti. Un<br />

appren<strong>di</strong>mento può risultare significativo quando riesce a collegare nuovi<br />

contenuti alla cultura d’origine <strong>di</strong> ogni corsista.<br />

L’approccio nell’insegnamento della lingua seconda sarà sempre quin<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

tipo comunicativo-funzionale , sia per l’appren<strong>di</strong>mento degli automatismi <strong>di</strong><br />

lettura e <strong>di</strong> scrittura, sia per lo sviluppo <strong>di</strong> competenze strumentali. Anche le<br />

stesse situazioni comunicative saranno selezionate a partire dalle esigenze<br />

conc<strong>rete</strong> della vita quoti<strong>di</strong>ana dello straniero: i documenti, il lavoro, la<br />

conoscenza del territorio e dei servizi per stranieri <strong>nella</strong> città, la salute, la casa,<br />

i bisogni culturali e sociali… Ovviamente a ciascun livello preparatorio viene<br />

presentato materiale adeguato alle capacità dei corsisti, con particolare<br />

attenzione al lessico.<br />

In un corso multietnico un momento centrale è sicuramente la ricostruzione<br />

della mappa geografica della classe, strumento in<strong>di</strong>spensabile per non<br />

<strong>di</strong>sperdere il patrimonio culturale/linguistico <strong>di</strong> ogni soggetto e il suo percorso<br />

in<strong>di</strong>viduale.<br />

202<br />

11.2. Per chi vuol saperne <strong>di</strong> più sulla lingua<br />

(a cura <strong>di</strong> Gioia Maestro )<br />

Vorrei offrire sulla base <strong>di</strong> un’esperienza maturata sul campo nell’arco <strong>di</strong> un<br />

quinquennio, (corsi liberi per stranieri nel Comune <strong>di</strong> Milano) qualche<br />

suggerimento a quanti si trovano, nelle situazioni più <strong>di</strong>sparate, ad insegnare<br />

la lingua italiana agli stranieri.<br />

Nella Formazione professionale, nei corsi <strong>di</strong> alfabetizzazione all’interno dei<br />

centri <strong>di</strong> prima o seconda accoglienza, nelle iniziative <strong>di</strong> solidarietà promosse<br />

dagli operatori del volontariato o nei percorsi finalizzati all’integrazione sociale<br />

e culturale degli stranieri, gestiti dai Servizi delle amministrazioni locali spesso<br />

l’insegnamento della lingua riveste un carattere pre e trans<strong>di</strong>sciplinare trovando<br />

posto al lato <strong>di</strong> altre attività educative; talvolta chi generosamente si cimenta<br />

in questa pratica, non <strong>di</strong>spone <strong>di</strong> una specifica <strong>formazione</strong> come docente<br />

<strong>di</strong> lingua.<br />

Dunque la modesta arte del consiglio che nulla ha a che vedere con<br />

l’ignobile tentazione della ricetta, può forse essere concretamente <strong>di</strong> aiuto.<br />

Il primo quesito è ovviamente “ma che italiano insegnare?”<br />

Il problema è aperto al <strong>di</strong>battito e al confronto permanente <strong>di</strong> ricercatori e<br />

specialisti dal momento che la nostra, come ogni altra lingua usata da una<br />

comunità <strong>di</strong> parlanti è un organismo vivo in continua evoluzione. La riflessione<br />

sull’italiano standard ha comunque prodotto negli ultimi anni una letteratura<br />

sufficientemente ricca e aggiornata. Oltre ai centri universitari 117 è possibile<br />

117 Ve<strong>di</strong> capitolo 8. sulla CISL.


per chi cerca bibliografia sui corsi base, interme<strong>di</strong>o e avanzato <strong>di</strong> italiano,<br />

rivolgersi a una libreria specializzata: manuali, eserciziari, meto<strong>di</strong> corredati <strong>di</strong><br />

supporti au<strong>di</strong>ovisuali, unità <strong>di</strong>dattiche integrate da repertori lessicali e<br />

morfosintattici, l’offerta è decisamente sovrabbondante.<br />

A mio avviso i prodotti, generalmente <strong>di</strong> qualità accettabile, si equivalgono;<br />

il criterio con cui scegliere non è quin<strong>di</strong> così <strong>di</strong>verso da quello che adotterebbe<br />

un qualsiasi consumatore accorto, dotato <strong>di</strong> buon senso e me<strong>di</strong>amente capace<br />

<strong>di</strong> orientarsi nel mercato.<br />

A questo proposito una sola avvertenza: un testo, un manuale, un insieme<br />

<strong>di</strong> esercizi o un set <strong>di</strong>dattico provvisto <strong>di</strong> video o cassette, per quanto ben<br />

confezionato sia, è e rimane uno strumento a <strong>di</strong>sposizione del formatore e<br />

degli studenti. Come tale va quin<strong>di</strong> utilizzato e proposto. Ciò che nessuno<br />

strumento sarà mai in grado <strong>di</strong> fare è sostituirsi né in tutto né in parte alla<br />

<strong>di</strong>namica interattiva all’interno del gruppo classe. Affidare/affidarsi per tutta la<br />

lezione o per molte lezioni allo strumento tout court può dare un ingannevole<br />

e provvisorio senso <strong>di</strong> sicurezza a chi insegna, ma i risultati rischiano <strong>di</strong> essere<br />

deludenti. Personalmente <strong>di</strong>ffido <strong>di</strong> ogni pacchetto “precotto” con p<strong>rete</strong>sa <strong>di</strong><br />

esaustività, che finisce col togliere spazio, perché il tempo si sa, è quello che<br />

è, alle energie cognitive e creative che circolano in ogni gruppo classe, solo<br />

che si abbia voglia <strong>di</strong> coglierle e farle emergere.<br />

Seguire pe<strong>di</strong>ssequamente vignette dal tratto infantile che propongono<br />

situazioni ovvie o ripetere all’infinito l’ascolto <strong>di</strong> scambi <strong>di</strong> battute banali può<br />

generare una noia mortale e chi si annoia porta i suoi pensieri e i suoi desideri<br />

altrove, magari dalla fidanzata, sul luogo <strong>di</strong> lavoro, su una notizia <strong>di</strong> cronaca<br />

che riguarda il proprio Paese, sul sogno <strong>di</strong> una bella vacanza o più banalmente<br />

su una commissione da fare o sul piatto da cucinare appena terminata la<br />

lezione. Ovunque insomma, meno che lì dove occorrerebbe trattenerli per<br />

imparare qualcosa.<br />

Quin<strong>di</strong> ben venga un buon testo <strong>di</strong>dattico, ciò che serve è in definitiva un<br />

nutrito eserciziario nel quale sia chiaramente leggibile la corrispondenza tra<br />

s t r u t t u re morfosintattiche, funzioni comunicative e test proposti, purché non si<br />

pensi che da solo sia in grado <strong>di</strong> pro d u r re efficaci occasioni <strong>di</strong> appre n d i m e n t o ;<br />

meglio poi se il testo non è dei più cari o destinati a “scadere” in un lasso <strong>di</strong><br />

tempo troppo breve. Le insi<strong>di</strong>e in proposito sono molte: materiali del tutto<br />

a u t o s u fficienti che per essere utilizzati richiedono il collegamento con ulteriori<br />

segmenti, fascicoli, quaderni o supporti d’altra natura. A volte il costo<br />

complessivo è tale da equivalere a quello per l’acquisto <strong>di</strong> un ragionevole<br />

n u m e ro <strong>di</strong> l i b r i - l i b r i(o libri veri) in e<strong>di</strong>zione economica. Collo<strong>di</strong>, Rodari, Calvino,<br />

o Scerbanenco, ma anche Stefano Benni, Carlo Lucarelli, Rosetta Loy, Antonio<br />

Tabucchi, e Renato Olivieri se si cercano brani <strong>di</strong> scrittori contemporanei.<br />

Una decina <strong>di</strong> anni fa, Pap Khouma, un giovane senegalese immigrato a<br />

Milano nei primi anni ottanta, ha raccontato a Oreste Pivetta, un giorn a l i s t a<br />

all’epoca responsabile dell’inserto libri del quoti<strong>di</strong>ano “L’Unità”, l’avventuro s a<br />

o<strong>di</strong>ssea del suo percorso migratorio. Ne è uscito un volume, “IO VENDITORE DI<br />

E L E FANTI” pubblicato da Garzanti (quinta e<strong>di</strong>zione 1996, costo lire ventunomila)<br />

203


<strong>nella</strong> collana “memorie documenti biografie”, ricco <strong>di</strong> spunti interessanti e al<br />

tempo stesso semplice ed essenziale come riesce esserlo un buon testo<br />

giornalistico. In un corso interme<strong>di</strong>o o avanzato può essere adottato e utilizzato<br />

in modo proficuo, sia sul piano dei contenuti, sia ovviamente su quello<br />

dell’analisi linguistica 118. E soprattutto, finito il corso ed esaurito l’utilizzo<br />

funzionale, questo come altri libri-libri , potranno prendere posto in casa,<br />

vicino agli oggetti più familiari <strong>di</strong> cui si ama circondarsi perché prima o poi,<br />

magari tra qualche anno, si ha voglia <strong>di</strong> riprenderli in mano.<br />

L’adulto che investe economicamente nell’incremento del proprio sapere<br />

compie una scelta troppo importante perché chi si assume la responsabilità <strong>di</strong><br />

sollecitarla non valuti a fondo questo aspetto del problema.<br />

Anche un <strong>di</strong>zionario in lingua <strong>di</strong> me<strong>di</strong>e proporzioni (minimo<br />

sessantacinquemila voci) e uno dei sinonimi e dei contrari altrettanto ricco,<br />

sono da questo punto <strong>di</strong> vista beni durevoli, spesso in appen<strong>di</strong>ce sono presenti<br />

anche compen<strong>di</strong> morfosintattici sintetici, ma completi.<br />

Se a scuola, per ampliare lessico e conoscenze ortografiche, si apprende<br />

l’uso dei <strong>di</strong>zionari e gli studenti vengono aiutati a decifrarne il complesso<br />

sistema <strong>di</strong> segni e abbreviazioni, potranno continuare a consultarli in caso <strong>di</strong><br />

necessità, ben oltre il termine del corso stesso. Dizionario in lingua, <strong>di</strong>zionario<br />

dei sinonimi e contrari dunque, come dotazione personale <strong>di</strong> ogni studente.<br />

Nelle unità <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento in classe però, è anche utile procurarsi<br />

<strong>di</strong>zionari bilingue almeno per i tre principali i<strong>di</strong>omi veicolari occidentali:<br />

inglese, francese e spagnolo. Il <strong>di</strong>zionario si presta infatti sia alla consultazione<br />

in<strong>di</strong>viduale, sia al lavoro <strong>di</strong> coppia o <strong>di</strong> un gruppo ristretto. Durante la lezione<br />

sarà possibile pre<strong>di</strong>sporre una grande varietà <strong>di</strong> giochi linguistici (ricerca <strong>di</strong><br />

definizioni rispetto a termini dati, equivalenti semantici <strong>di</strong> proverbi e mo<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>re in altre lingue e culture, espressioni i<strong>di</strong>omatiche, in<strong>di</strong>viduazioni delle<br />

parentele etimologiche, ecc.).<br />

Quanto all’insegnante, il consiglio è <strong>di</strong> cercare quei materiali che si<br />

prestano a manipolazione cominciando magari con introdurre piccole varianti<br />

a misura del gruppo classe, in ciascuna delle unità tematiche presenti nel testo<br />

che si è adottato. Costruire materiali <strong>di</strong>dattici e prove <strong>di</strong> lingua utilizzando<br />

tecniche e pro c e d u re consolidate, (completamento, scelta multipla,<br />

in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> coppie sinonimiche o contrastive in una lista data, ecc.)<br />

<strong>di</strong>venta, anche per il formatore, un’insostituibile occasione <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento.<br />

Adattando temi ed esercizi alla situazione reale del gruppo classe si possono<br />

verificare con più imme<strong>di</strong>atezza i punti deboli <strong>di</strong> ciascuno (se la complessità<br />

del nostro sistema verbale o la tortuosità insi<strong>di</strong>osa delle forme pronominali<br />

combinate sono tra gli scogli più ardui per chiunque, è vero che provenienze<br />

linguistiche <strong>di</strong>somogenee producono una gamma <strong>di</strong> errori molto variegata:<br />

118 Scegliendo brani da dettare si potranno proporre esercitazioni <strong>di</strong> ortografia; leggendolo ad alta voce<br />

si potrà intervenire sulla fonetica; chiedendo <strong>di</strong> riassumere oralmente qualcuno degli episo<strong>di</strong> narrati<br />

si potrà verificare il livello <strong>di</strong> comprensione e sviluppare la capacità <strong>di</strong> espressione; l’incontro con<br />

un participio anomalo o con una forma verbale complessa stimolerà la riflessione sulle strutture<br />

sintattiche più evolute, ecc.<br />

204


sbagliando per interferenza un ispanofono <strong>di</strong>rà “ieri il tale ha venuto a<br />

trovarmi” e un anglofono faticherà ad assimilare la concordanza, nel caso<br />

dell'aggettivo possessivo, con l’oggetto posseduto invece che con il soggetto<br />

possessore). Infine, oltre a facilitare la messa a fuoco delle lacune dei singoli,<br />

s o m m i n i s t r a re materiali <strong>di</strong> lavoro originalmente rielaborati facilita la<br />

restituzione dell’in<strong>di</strong>spensabile feed back sull’efficacia delle proprie strategie<br />

educative e <strong>di</strong>dattiche e consente quin<strong>di</strong> al form a t o re <strong>di</strong> corre g g e r s i ,<br />

aggiustando progressivamente il tiro.<br />

Un volume che non può essere adottato dalla classe, ma che mi sento <strong>di</strong><br />

suggerire come strumento <strong>di</strong> consultazione agli insegnanti, perché dubbi e<br />

quesiti linguistici <strong>di</strong> italiano vi trovano spiegazioni esaurienti e approfon<strong>di</strong>te è:<br />

GRAMMATICA ITALIANA con nozioni <strong>di</strong> linguistica (terza e<strong>di</strong>zione, lire<br />

cinquantamila) <strong>di</strong> Maurizio Dardano e Pietro Trifone e<strong>di</strong>to da Zanichelli.<br />

Per concludere alcune domande che ritengo dovrebbe preliminarmente<br />

porsi chi intende tenere un corso <strong>di</strong> italiano. Soprattutto, ma non solo, se<br />

manca <strong>di</strong> una specifica <strong>formazione</strong> professionale in questo senso:<br />

Capisci e/o parli qualche parola del tuo <strong>di</strong>aletto?<br />

Hai mai stu<strong>di</strong>ato (almeno un po’) una lingua straniera?<br />

Ti piace leggere?<br />

Ti piace scrivere?<br />

Va da sé che, per intraprendere l’avventura nel modo giusto e contare su<br />

buone possibilità <strong>di</strong> ricavarne adeguata sod<strong>di</strong>sfazione, le risposte dovrebbero<br />

essere positive.<br />

11.2.1. Suggerimenti per la costruzione <strong>di</strong> un’esercitazione<br />

<strong>di</strong>dattica per l’appren<strong>di</strong>mento della lingua italiana<br />

(Una modesta proposta)<br />

L’esercitazione qui riprodotta è stralciata da “Conosci Milano, Milano in<br />

Giallo e Nero” un set <strong>di</strong>dattico multime<strong>di</strong>ale e<strong>di</strong>to dal Coor<strong>di</strong>namento dei CEP<br />

- Centri Educazione Permanente- del Comune <strong>di</strong> Milano, nel giugno 1997.<br />

L’idea <strong>di</strong> produrre questo materiale <strong>di</strong>dattico è nata all’interno dei Centri <strong>di</strong><br />

Educazione Permanente ai quali, ormai da qualche tempo, e con dati<br />

numericamente sempre più consistenti, si presentavano adulti stranieri già<br />

alfabetizzati in italiano.<br />

Studenti e Studentesse, provenienti come spesso accade da ogni parte del<br />

mondo, non erano dunque ‘principianti’, bensì persone che avendo già<br />

assimilato i ru<strong>di</strong>menti della lingua (per la verità buona parte <strong>di</strong> loro la capiva<br />

e la parlava già <strong>di</strong>scretamente), si rivolgevano alle nostre strutture formative<br />

chiedendo “altro e <strong>di</strong> più”.<br />

Ma altro cosa e <strong>di</strong> più che?<br />

Alla nuova domanda “non solo lingua!”, peraltro assai genericamente<br />

espressa, si era già iniziato a rispondere attivando corsi <strong>di</strong> livello interme<strong>di</strong>o ed<br />

avanzato e, dopo la seconda metà degli anni novanta, strutturando delle unità<br />

<strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento più brevi e flessibili denominate “club <strong>di</strong> cultura in lingua”.<br />

205


È stato a questo punto che abbiamo deciso in via del tutto sperimentale <strong>di</strong><br />

provare a confezionare del materiale ad hoc da utilizzare nei club.<br />

Così è nato il progetto per la costruzione del set <strong>di</strong>dattico “Conosci Milano,<br />

Milano in giallo e nero” grazie soprattutto a chi ci ha creduto, a chi ci ha messo<br />

tempo e lavoro, a chi (gli autori delle novelle) ha deciso <strong>di</strong> regalargli il<br />

“frutto dell'opera dell'ingegno” e a chi gli ha de<strong>di</strong>cato una notevole dose <strong>di</strong><br />

paziente determinazione. E, naturalmente, grazie alla Giunta Comunale che, su<br />

proposta dell’Assessore all’Educazione, ha deliberato lo stanziamento dei fon<strong>di</strong>:<br />

tre<strong>di</strong>ci milioni <strong>di</strong> lire per produrre cinquecento copie del set. Questo materiale<br />

è stato poi ampiamente utilizzato nei corsi <strong>di</strong> lingua e cultura italiana<br />

per stranieri, anche al <strong>di</strong> fuori dei Centri <strong>di</strong> Educazione Permanente in cui era<br />

stato progettato.<br />

Agli studenti che intendevano acquisirlo, (la scelta era assolutamente<br />

opzionale) è stato consegnato alla somma <strong>di</strong> trentamila lire, <strong>nella</strong> forma <strong>di</strong><br />

contributo-rimborso spese per <strong>di</strong>spense, pagabile con la stessa modalità<br />

dell’accesso ai corsi, tramite bollettino <strong>di</strong> conto corrente postale.<br />

Il set, un box in cartonato lucido (ovviamente <strong>di</strong> colore giallo con le scritte<br />

in nero) chiuso da un elastico verticale e con la riproduzione del Duomo<br />

ambrosiano in copertina, contiene:<br />

• Quattro cassette au<strong>di</strong>o con <strong>di</strong>eci sceneggiati <strong>di</strong> piccole storie poliziesche<br />

ambientate a Milano, recitate da giovani attori, allievi del 3° corso della<br />

civica scuola <strong>di</strong> arte drammatica “Paolo Grassi”.<br />

• Un volumetto che raccoglie i <strong>di</strong>eci racconti da cui sono tratti gli sceneggiati.<br />

• Una piantina con la quale gli studenti stranieri, soli o accompagnati dagli<br />

insegnanti, possono girare la città visitando i luoghi in cui sono ambientate<br />

le vicende narrate, ma anche ri-conoscere piazze, angoli e vie della loro<br />

stessa geografia quoti<strong>di</strong>ana.<br />

• Un quaderno <strong>di</strong>viso in due parti: la prima in cui vi sono gli esercizi<br />

linguistici sui testi, la seconda contenente schede su Milano, i suoi e<strong>di</strong>fici,<br />

i suoi monumenti, le sue strade con le trasformazioni e gli stratificati assetti<br />

urbanistici, portato del gusto e delle decisioni del potere nelle <strong>di</strong>verse<br />

epoche storiche.<br />

Abbiamo cercato cioè <strong>di</strong> costruire uno strumento utile per orientarsi <strong>nella</strong><br />

lingua, ma anche nel complesso intreccio <strong>di</strong> connessioni tra cronaca,<br />

commercio, gastronomia, vetrine <strong>di</strong> lusso, odor <strong>di</strong> Navigli e guglie gotiche,<br />

residui <strong>di</strong> archeologia industriale, nuove e antiche povertà.<br />

F o rme i<strong>di</strong>omatiche allora, passati remoti irregolari e ridondanze<br />

pronominali, ma anche storia, arte, politica e <strong>di</strong>namiche sociali in cui è ra<strong>di</strong>cato<br />

il cuore della città che i destinatari della proposta <strong>di</strong>dattica abitano.<br />

Una chiave insomma, o meglio un mazzo <strong>di</strong> chiavi per aprire le porte della<br />

comprensione <strong>di</strong> testi e contesti umani e relazionali in cui i testi sono prodotti;<br />

con l’obiettivo <strong>di</strong> aiutare i nuovi arrivati a compiere il faticoso cammino<br />

che porta dalla sopravvivenza all'integrazione, da essere straniero<br />

a sentirsi citta<strong>di</strong>no.<br />

La realizzazione del set <strong>di</strong>dattico multime<strong>di</strong>ale è opera <strong>di</strong> un’équipe <strong>di</strong><br />

206


p rofessionisti con esperienze e competenze <strong>di</strong>ff e renti: Carlo Oliva, lo<br />

sceneggiatore che ha curato il trattamento dei racconti, Maura Molteni, la<br />

docente del corso attori che ha guidato e <strong>di</strong>retto le performances recitative<br />

degli studenti, Enrico Venturelli, l’esperto <strong>di</strong> storia dell’arte.<br />

Io mi sono occupata degli esercizi linguistici sui testi; riporto qui, a titolo<br />

esemplificativo, la parte relativa alla comprensione della lettura <strong>di</strong> uno dei<br />

racconti. Questo in assenza della cassetta au<strong>di</strong>o che, contenendo lo<br />

sceneggiato recitato tratto dalla stessa storia, consente <strong>di</strong> lavorare pure sulla<br />

comprensione all’ascolto.<br />

Il racconto utilizzato è:<br />

“CHE COSA NON SI FA PER TROVARE LAVORO” <strong>di</strong> Tea Vergani.<br />

L’unico asterisco, accanto al grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà, in<strong>di</strong>ca che siamo in<br />

presenza <strong>di</strong> un testo relativamente “semplice”. I racconti più complessi, vuoi<br />

per trama e impianto narrativo, vuoi per articolazione della sintassi, vuoi per la<br />

ricchezza del lessico e delle forme i<strong>di</strong>omatiche o per la sovrabbondanza dei<br />

riferimenti extralinguistici, sono contrassegnati con due o ad<strong>di</strong>rittura tre<br />

asterischi.<br />

Semplice non significa <strong>di</strong> accesso imme<strong>di</strong>ato e gli esercizi sicuramente non<br />

lo sono. Le istruzioni, per esempio, utilizzano intenzionalmente una<br />

terminologia da professor “Grammaticus”.<br />

Questo non è volto a <strong>di</strong>sorientare gli studenti, ma piuttosto, a indurre i<br />

docenti ad accompagnare gli studenti <strong>nella</strong> corretta comprensione <strong>di</strong> ciò che ci<br />

si aspetta da loro.<br />

Troppe volte per la fretta <strong>di</strong> fare, non ci si ferma a pensare.<br />

Spiegare cosa sia un’equivalenza semantica, sollecitare la riflessione su<br />

analogie e <strong>di</strong>fferenze, stimolare la caccia al sinonimo o richiedere <strong>di</strong> cimentarsi<br />

con l’umile esercizio della parafrasi aiuta lo studente a sviluppare la<br />

consapevolezza metalinguistica, il <strong>di</strong>fficile rapporto tra l’insieme <strong>di</strong> regole della<br />

lingua da apprendere e l’ecosistema linguistico del parlante.<br />

Oltre al racconto <strong>di</strong> Tea Vergani e ai relativi esercizi, ho pensato <strong>di</strong><br />

aggiungere gli spunti riepilogativi che chiudono il quaderno degli esercizi.<br />

Pur riferendosi a testi che qui non sono riportati, ritengo possano essere<br />

<strong>di</strong> una qualche utilità a livello metodologico, secondo il noto<br />

proverbio, sicuramente inventato da un pedagogista-pescatore o da un<br />

pescatore-pedagogista, che tanto tempo fa sosteneva: se vuoi aiutare qualcuno<br />

che ha fame, non dargli pesci, ma insegnagli a pescare.<br />

207


Parte quinta<br />

RECIPROCITÁ E VULNERABILITÁ<br />

RISPETTO ALL’AUTODEFINIZIONE<br />

209


Capitolo 12<br />

Violazioni della <strong>reciprocità</strong><br />

Laura Bonica<br />

12.1. Definizioni<br />

Preferirei essere insultato piuttosto che ignorato o deriso <strong>di</strong> nascosto.<br />

(In Carlini,1991, pag. 22)<br />

Gli aspetti <strong>di</strong> eterogeneità appena considerati possono aiutarci a intuire<br />

quanto sia facile provocare la suscettibilità <strong>di</strong> uno o dell’altro partecipante<br />

e come sia importante, invece, riuscire a creare un clima <strong>di</strong> fiducia e <strong>di</strong><br />

attenzione con<strong>di</strong>visa.<br />

In questa parte vorremmo presentare alcune forme ricorrenti <strong>di</strong> violazione<br />

della <strong>reciprocità</strong> che possono occorrere <strong>nella</strong> situazione formativa e mettere<br />

l’accento sull’importanza <strong>di</strong> allenarci ad un atteggiamento <strong>di</strong> ascolto, <strong>di</strong><br />

negoziazione, e anche <strong>di</strong> gioco.<br />

Possiamo considerare violazioni della re c i p rocità quelle situazioni<br />

comunicative, in cui “l’altro” o uno dei partecipanti è ignorato o frainteso o<br />

scavalcato rispetto alla propria capacità <strong>di</strong> autodefinirsi in quel dato contesto.<br />

(Bonica 1990a, 1991)<br />

In altri termini l’altro si sente <strong>di</strong>sconfermato o non è d’accordo, e per farsi<br />

riconoscere dovrebbe, a sua volta, smontare il messaggio ricevuto ed assumere<br />

lui l’iniziativa <strong>di</strong> ricostruire la cornice della comunicazione. Ciò non è sempre<br />

facile, soprattutto se la lingua <strong>nella</strong> quale ci si deve esprimere è una lingua<br />

straniera. Da parte dei corsisti migranti il chiedere o il contrapporsi o lo<br />

spiegare meglio cosa si voleva <strong>di</strong>re è reso più problematico dalla <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong><br />

esprimere pensieri complessi, in cui può giocare l’interferenza tra passato<br />

e presente, in un’altra lingua:<br />

Un amico del corso ogni tanto trova sbagliato quello che viene detto, avendo fatto il<br />

biologo, ma non lo <strong>di</strong>ce e si morde la penna perché <strong>di</strong>ce: ma se magari io so ancora più<br />

italiano, magari posso protestare <strong>di</strong> più. Ma anche uno che <strong>di</strong>ce che non è d’accordo con<br />

quello che ha detto: allora spiegami. Ed è proprio la spiegazione che mi è <strong>di</strong>fficile dopo e<br />

allora <strong>di</strong>venta un casino. Comincia a spiegare, poi a un certo punto si ferma perché <strong>nella</strong><br />

sua mente, facendo la traduzione fra arabo, francese e italiano… un blocco… allora si<br />

accontenta <strong>di</strong> quello che ha detto (il docente) e basta.(Riva , in Massa, op.cit., pag. 69)<br />

Comune a queste modalità comunicative è un atteggiamento <strong>di</strong><br />

presupposizione unilaterale: anche se il più delle volte in buona fede, si<br />

presume che l’altro non reagirà, perché sarà d’accordo, e viene considerato<br />

inutile verificarne il consenso sulle definizioni attribuite. La bontà della<br />

presunzione tende inoltre ad essere confermata ogni volta che l’altro non<br />

reagisce imme<strong>di</strong>atamente in modo esplicito; allora il malessere, il <strong>di</strong>sagio che<br />

211


pure viene avvertito, tende ad essere interpretato con altre presupposizioni<br />

unilaterali.<br />

Alcuni tra i più frequenti messaggi <strong>di</strong> violazione <strong>di</strong> <strong>reciprocità</strong> osservati<br />

anche nelle situazioni scolastiche con classi <strong>di</strong> italiani e nel gioco tra bambini,<br />

(Bonica 1990a, 1990b ) potrebbero essere:<br />

• Tu non esisti;<br />

• Tu non dovresti nemmeno essere qui;<br />

• Io so già come sei;<br />

• Io so già che cosa sai;<br />

• Io ti <strong>di</strong>sconfermo su ciò per cui ti chiedo aiuto.<br />

Di solito la persona che riceve questi messaggi manifesta espressioni <strong>di</strong><br />

perplessità e <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio emotivo e avvia un processo più o meno esplicito per<br />

cercare <strong>di</strong> ristabilire il <strong>di</strong>ritto a definirsi in quella situazione; infatti ciò è<br />

in<strong>di</strong>spensabile anche per poter poi negoziare l’eventuale <strong>di</strong>saccordo sulla<br />

definizione stessa. (Bonica, 1990 b)<br />

I primi due messaggi corrispondono spesso a comportamenti <strong>di</strong><br />

ignoramento o “scavalcamento” dell’altro; per esempio se alla presenza <strong>di</strong> una<br />

persona straniera si parla sempre e solo la propria lingua in modo spe<strong>di</strong>to<br />

oppure quando si definisce l’altro, rivolgendosi a un terzo, dando per scontato<br />

che l’altro sia d’accordo su questa definizione.<br />

Il terzo e il quarto si riferiscono spesso ad un atteggiamento <strong>di</strong><br />

anticipazione unilaterale sul comportamento o sulle competenze che l’altro sta<br />

mettendo o metterà in atto <strong>nella</strong> situazione. Aspettarsi, per esempio, che<br />

qualunque migrante accetti <strong>di</strong> essere chiamato con il “tu” oppure trattarlo come<br />

analfabeta senza tener conto che può essere già alfabetizzato e magari avere<br />

conseguito un <strong>di</strong>ploma nel proprio paese d’origine.<br />

L’ultimo messaggio è più complesso, già <strong>nella</strong> formulazione, perché<br />

maschera con una <strong>di</strong>chiarazione una richiesta <strong>di</strong> aiuto; ciò è frequente quando<br />

la persona che ha bisogno d’aiuto non vuole ammetterlo o teme che,<br />

ammettendolo, perderebbe la propria <strong>di</strong>gnità personale, e quin<strong>di</strong> cerca <strong>di</strong><br />

ottenerlo, attraverso una modalità comunicativa che mette l’altro in posizione<br />

<strong>di</strong> debolezza. Ma quando l’altro accetta questa definizione <strong>di</strong> debolezza o <strong>di</strong><br />

incompetenza, <strong>di</strong>venta contrad<strong>di</strong>ttorio o paradossale fornire l’aiuto che è stato<br />

implicitamente richiesto. Può innescarsi, così, un vissuto <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio e <strong>di</strong><br />

frainten<strong>di</strong>mento che spesso tende ad essere ignorato sul piano delle<br />

conseguenze interpersonali della relazione, ed ad essere invece risolto<br />

rifugiandosi nello stereotipo dei rispettivi ruoli.<br />

Nella <strong>formazione</strong> e <strong>nella</strong> me<strong>di</strong>azione culturale questa modalità <strong>di</strong><br />

comunicazione può servire a mascherare uno squilibrio <strong>di</strong> potere non<br />

accettato, che può riferirsi al ruolo asimmetrico, ad esempio <strong>di</strong>scentedocente/me<strong>di</strong>atore/tutor,<br />

ma più <strong>di</strong> frequente ad un ambito puntuale in cui<br />

occorre accettare che l’altro ha più competenza o più strumenti, anche se è un<br />

proprio pari, ad esempio, nel rapporto tra docenti o tra extracomunitari della<br />

212


stessa etnia. Il <strong>di</strong>scorso sotteso a questa modalità <strong>di</strong> comunicazione è del tipo:<br />

è vero che tu ne sai <strong>di</strong> più e potresti aiutarmi, ma io non voglio imparare da te,<br />

non voglio mettermi <strong>nella</strong> posizione <strong>di</strong> chiederti l’aiuto; i perché possono esser e<br />

<strong>di</strong>versi perché non ti stimo, oppure perché dovrei rinunciare all’immagine<br />

autonoma <strong>di</strong> me stesso, oppure perché ho maturato una premessa implicita <strong>di</strong><br />

sfiducia <strong>nella</strong> possibilità <strong>di</strong> un altro ad insegnarmi qualcosa, oppure perché mi<br />

vergogno <strong>di</strong> essere ignorante o <strong>di</strong> avere bisogno in questo specifico campo,<br />

quin<strong>di</strong> se mi trovo a <strong>di</strong>pendere da te per un aiuto, se posso, cerco <strong>di</strong> ottenerlo<br />

senza fartelo capir e (estorsione), oppure cerco <strong>di</strong> indebolire il tuo potere<br />

(calunnia), oppure lo rifiuto esplicitamente. Per contro la persona che riceve<br />

questo messaggio può sentirsi raggirata, oppure confusa, oppure impotente,<br />

oppure può negare il <strong>di</strong>sagio enfatizzando il proprio ruolo <strong>di</strong> maggior potere,<br />

esponendosi, così, a sua volta, a mettere in atto una violazione della <strong>reciprocità</strong><br />

nei confronti dell’altro. (Bonica, 1990a)<br />

Ve<strong>di</strong>amo ora qualche esempio.<br />

Se scelgo l’interruzione <strong>di</strong> gravidanza una me<strong>di</strong>atrice della mia cultura non<br />

mi può aiutare.<br />

Con questa aff e rmazione una donna extracomunitaria esprime la<br />

convinzione che sia più doloroso ammettere una trasgressione con una<br />

persona della propria cultura che con un’estranea, pur desiderando avere<br />

accanto una persona familiare. Da parte della me<strong>di</strong>atrice culturale in questione<br />

si sviluppa il senso <strong>di</strong> impotenza ad aiutare una propria connazionale in<br />

<strong>di</strong>fficoltà.<br />

Non mi ha nemmeno ringraziato!<br />

Sono una me<strong>di</strong>atrice culturale rumena e insegno intercultura nel corso per me<strong>di</strong>ator e<br />

culturale. Mi sono data da fare per un’allieva della Costa d’Avorio che mi aveva fatto capire<br />

<strong>di</strong> avere bisogno <strong>di</strong> trovare lavoro. Poiché questa ragazza sapeva il francese, e io, come<br />

me<strong>di</strong>atrice, sapevo che cercavano delle donne che sapessero bene il francese per poche ore <strong>di</strong><br />

interpretariato ben pagato e rinnovabile, ho pensato <strong>di</strong> proporlo a lei. Ed infatti le ho parlato,<br />

le ho dato in<strong>di</strong>rizzo, telefono e tutto e lei, contenta, mi promette che andrà a presentarsi. Che<br />

cosa mi ha ferito? il fatto che l’hanno assunta e lei non mi ha detto niente. Ha continuato a<br />

venire a scuola, ho continuato a vederla, ma l’ho saputo per caso dai suoi compagni che<br />

l’avevano assunta. Con una insegnate italiana non si sarebbe certo comportata così. Non me<br />

lo aspettavo proprio e ci sono rimasta davvero male!<br />

Sempre la stessa formatrice, che parla benissimo italiano:<br />

Mi sto rendendo conto che da una formatrice extracomunitaria i corsisti<br />

extracomunitari p<strong>rete</strong>ndono <strong>di</strong> più, sono più contestatari, p<strong>rete</strong>ndono <strong>di</strong> correggermi anche<br />

sulla lingua. Certe volte sembra che non vogliano o che non abbiano quel bisogno<br />

d’imparare che invece c’è, come è stato per me, anche se ero già un ingegnere nel mio paese.<br />

Questi esempi evidenziano la <strong>di</strong>fficoltà a gestire la <strong>di</strong>stribuzione del potere<br />

in una relazione. Se qualcuno è ritenuto un pari, un simile, relativamente ad<br />

una sfera soggettivamente molto significativa, può <strong>di</strong>ventare più <strong>di</strong>fficile<br />

213


accettare <strong>di</strong> vederlo in un ruolo superiore rispetto ad un problema che è<br />

inerente a quella stessa sfera.<br />

Tuttavia, nel mondo della <strong>formazione</strong>, si avrebbe tutto l’interesse a cercare<br />

<strong>di</strong> affrontare e superare tali <strong>di</strong>fficoltà, perché, solo accettando <strong>di</strong> imparare<br />

anche da un pari più preparato, si può favorire un processo <strong>di</strong> trasmissione<br />

delle competenze dagli esperti ai novizi e nello stesso tempo si possono<br />

sperimentate forme <strong>di</strong> auto<strong>formazione</strong> tra i <strong>di</strong>versi attori della re t e .<br />

Inoltre l’inserimento <strong>di</strong> migranti come docenti, oltre che <strong>nella</strong> funzione <strong>di</strong><br />

me<strong>di</strong>atori co-docenti, potrebbe essere utilissimo, ai fini <strong>di</strong> pro g re d i re<br />

nell’approfon<strong>di</strong>mento della conoscenza delle modalità <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento nelle<br />

fasi <strong>di</strong> transizione, come quella che stiamo vivendo.<br />

214<br />

12.2. Far giocare le <strong>di</strong>fferenze<br />

Vorremmo concludere questa parte con l’analisi <strong>di</strong> un episo<strong>di</strong>o che, oltre a<br />

fornire una serie <strong>di</strong> spunti, che potremo considerare riassuntivi delle <strong>di</strong>verse<br />

forme <strong>di</strong> violazione <strong>di</strong> <strong>reciprocità</strong> evocate, può, a nostro avviso, essere preso<br />

anche come esempio <strong>di</strong> un modo <strong>di</strong> riflettere e <strong>di</strong> fare ricerca, tra formatori,<br />

sulla <strong>formazione</strong> stessa.<br />

L’episo<strong>di</strong>o nasce all’interno <strong>di</strong> un’esercitazione-gioco che , <strong>nella</strong> <strong>formazione</strong><br />

professionale per migranti, in Francia, è frequentemente utilizzata per simulare<br />

situazioni <strong>di</strong> conflitto che possono verificarsi nel confronto tra etnie <strong>di</strong>verse.<br />

Descrizione del gioco<br />

Lo scopo <strong>di</strong> questo gioco dovrebbe essere quello <strong>di</strong> allenarsi ad affrontare<br />

queste situazioni e <strong>di</strong>ventare più consapevoli dei meccanismi all’opera e delle<br />

<strong>di</strong>verse strategie <strong>di</strong> cui si può <strong>di</strong>sporre.<br />

Dopo aver <strong>di</strong>viso il gruppo in due sottogruppi, gli osservatori e gli attori,<br />

la proposta consiste nel mettere il gruppo degli attori <strong>di</strong> fronte ad una<br />

affermazione provocatoria e nel costringere (questa sarebbe la regola del<br />

gioco) ogni membro a schierarsi a favore o contro. Si invitano quin<strong>di</strong> i due<br />

schieramenti ad assumere anche una posizione spaziale frontale. Nello stesso<br />

tempo si chiede agli osservatori <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporsi ai margini dello spazio e <strong>di</strong> ascoltare<br />

attivamente, registrando le proprie reazioni emotive e cognitive. Dopo un<br />

tempo stabilito per il confronto, il formatore blocca la <strong>di</strong>scussione e si passa<br />

alla restituzione da parte degli osservatori e ai commenti da parte del gruppo.<br />

Alcune delle affermazioni provocatorie, tradotte per il nostro paese,<br />

potrebbero essere le seguenti:<br />

• Anche se siamo in Italia tra <strong>di</strong> noi dobbiamo parlare sempre con la nostra<br />

lingua.<br />

• Uno straniero nel paese d’arrivo <strong>di</strong>venta più integralista.<br />

• Nel tempo libero lo straniero incontra solo i connazionali, gli unici <strong>di</strong> cui<br />

può fidarsi.<br />

• Se chiedo aiuto certo non mi risponde un italiano.


• Una donna musulmana in Italia non deve vestirsi all’occidentale.<br />

• Un musulmano non può accettare inviti da italiani perché mangiano<br />

cibi proibiti.<br />

• Non <strong>di</strong>venterò mai come gli italiani con cui lavoro.<br />

Lo scenario che va costruendosi è quin<strong>di</strong> formato da tre vertici: i due<br />

gruppi schierati e l’osservatore.<br />

Un esempio non riuscito<br />

In questa sede preferiamo analizzare un esempio non riuscito, che ci è<br />

stato raccontato da colleghi francesi e riguarda principalmente<br />

l’incomprensione venutasi a creare tra la formatrice <strong>di</strong> origine algerina,<br />

residente da qualche anno a Parigi, e unanimemente riconosciuta come<br />

particolarmente competente, e un partecipante, che chiameremo MO, anche<br />

esso <strong>di</strong> origine algerina.<br />

Questo esempio si presta ad una analisi su più livelli, che sembra<br />

interessante sia per mettere in luce alcune ambiguità insite nelle regole stesse<br />

del gioco, sia per evidenziare quanto complessa possa essere la <strong>di</strong>namica delle<br />

p remesse culturali implicite e della vulnerabilità all’autodefinizione in<br />

situazione <strong>di</strong> <strong>formazione</strong>.<br />

12.2.1. Descrizione dell’esempio<br />

Il contesto<br />

L’esempio si svolge a Marsiglia, nell’ambito <strong>di</strong> un corso per me<strong>di</strong>atori<br />

culturali frequentato da 13 persone (11 F, 2 M) <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti nazionalità<br />

(Albania, Congo, Magreb ecc.) <strong>di</strong> avanzata scolarizzazione (<strong>di</strong>plomati, laureati).<br />

Si forma un sottogruppo <strong>di</strong> 3 osservatrici.<br />

In questo caso la frase provocatoria era: “un islamico nel paese d’arrivo<br />

<strong>di</strong>venta più integralista”.<br />

Lo svolgimento della comunicazione<br />

Imme<strong>di</strong>atamente quasi tutto il gruppo si schiera contro questa posizione<br />

e solo una ragazza si schiera dall’inizio a favore.<br />

Il problema che si vuole qui <strong>di</strong>scutere é portato da uno dei partecipanti,<br />

anche esso algerino (studente MO), il quale esprime subito la sua <strong>di</strong>fficoltà a<br />

schierarsi, in quanto quello che lui pensa non é identificabile in nessuno <strong>di</strong><br />

questi due schieramenti.<br />

Io non posso, io penso che un po’ sì e un po’ no, c’è tanto da <strong>di</strong>re…<br />

La formatrice riba<strong>di</strong>sce allora che si tratta <strong>di</strong> un “gioco” in cui la regola é<br />

schierarsi, anche facendo finta <strong>di</strong> recitare un ruolo. MO, un po’ perplesso,<br />

decide allora <strong>di</strong> schierarsi contro.<br />

Il primo intervento é quello <strong>di</strong> una partecipante bosniaca che porta se<br />

stessa come esempio <strong>di</strong> integrazione riuscita, citando situazioni in cui è<br />

215


evidente la possibilità <strong>di</strong> convivere mantenendo le proprie tra<strong>di</strong>zioni e al tempo<br />

stesso rispettando quelle altrui:<br />

Quando vado a trovare un occidentale non mi tolgo le scarpe e sono <strong>di</strong>sposta anche a<br />

mangiare qualche alimento proibito, ma quando invito a casa mia sono gli altri che si<br />

tolgono le scarpe e non mangiano maiale.<br />

Questo entusiasmo suscita, anche all’interno dello stesso schieramento<br />

“ c o n t ro”, delle perplessità che conducono il gruppo a non sottovalutare le<br />

d i fficoltà dell’inserimento e a <strong>di</strong>scutere su che cosa significa davvero integrazione.<br />

Nel corso della <strong>di</strong>scussione alcuni membri dello schieramento “contro” si<br />

spostano dal loro posto quasi a voler raggiungere anche spazialmente la<br />

ragazza restata sola nell’altro schieramento.<br />

MO assume l’atteggiamento <strong>di</strong> chi sta aspettando qualcuno al varco: molto<br />

attento a ciò che viene detto, si inserisce a singhiozzo <strong>nella</strong> <strong>di</strong>scussione<br />

assentendo <strong>di</strong> volta in volta verso posizioni contrastanti ed esibendo, con la<br />

postura e la voce, l’intenzione <strong>di</strong> comunicare qualcosa <strong>di</strong> più, come se fosse<br />

importante per lui introdurre una sua visione <strong>di</strong>fferente. Il suo volgere lo<br />

sguardo alternativamente verso la formatrice, come a <strong>di</strong>re hai visto, lo sapevo,<br />

non funziona , lo fa apparire critico nei confronti della regola stessa del gioco.<br />

Dopo 30 minuti, il tempo è scaduto; è il momento della restituzione e della<br />

<strong>di</strong>scussione nel gruppo. La formatrice avvisa che bisogna fare un po’ in fretta<br />

perché il programma della giornata prevede ancora una unità <strong>di</strong>dattica, e<br />

subito volge la domanda agli osservatori.<br />

Il primo commento delle tre osservatrici riguarda la loro ammirazione per il<br />

ruolo coraggioso della corsista che ha assunto, da sola, lo schieramento “a favore ” .<br />

MO non ascolta, è già in pie<strong>di</strong>, con il busto proteso e con il braccio levato,<br />

il viso rilassato, quasi sorridente, pronto a parlare come se fosse convinto che<br />

può finalmente <strong>di</strong>re la sua idea.<br />

Viene imme<strong>di</strong>atamente bloccato dalla formatrice che avanza verso <strong>di</strong> lui<br />

<strong>di</strong>cendo: lo so, lo so che voi non siete abituati alla <strong>di</strong>dattica attiva, ma queste<br />

cose vi serviranno.<br />

MO, visibilmente contrariato e deluso: ma io volevo <strong>di</strong>re che…<br />

La formatrice lo interrompe, contrariata a sua volta: Sì, sì ma adesso non è<br />

il momento…<br />

MO: Ma perché io pensato…che…<br />

F o rmatrice, con tono ammonitivo: Insomma, sono io che decido<br />

dell’organizzazione del tempo, sono io che so dove dobbiamo arrivare oggi;<br />

adesso dobbiamo passare ad un altro esercizio.<br />

La <strong>di</strong>scussione viene quin<strong>di</strong> chiusa anche nei confronti degli altri partecipanti;<br />

la formatrice appare imme<strong>di</strong>atamente rilassata mentre prende il materiale per lo<br />

scenario successivo e si rivolge <strong>di</strong> nuovo al gruppo con voce calma e suadente.<br />

MO dapprima le lancia occhiate fulminee, poi sembra cercare consensi <strong>di</strong><br />

sguar<strong>di</strong> in giro e infine si semisdraia sulla seggiola assumendo una postura<br />

visibilmente passiva e <strong>di</strong>sinteressata fino alla fine della giornata <strong>di</strong> corso.<br />

216


Successivamente:<br />

MO non ha più voluto frequentare questa materia del corso.<br />

Nella riunione perio<strong>di</strong>ca dell’équipe francese la formatrice ha, dapprima,<br />

attribuito le <strong>di</strong>fficoltà incontrate con MO, esclusivamente alla non <strong>di</strong>sponibilità<br />

degli extracomunitari verso i giochi e le forme <strong>di</strong> <strong>di</strong>dattica attiva; poi però,<br />

rendendosi conto della sua eccessiva predeterminazione durante la seconda<br />

parte del <strong>di</strong>alogo con l’allievo, ha in<strong>di</strong>viduato, nell’incrocio tra <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong><br />

sesso, asimmetria della relazione docente/<strong>di</strong>scente, e <strong>nella</strong> comune<br />

provenienza etnica (formatore e allievo, entrambi algerini) il motivo principale<br />

della sua in<strong>di</strong>sponibilità ad un atteggiamento più flessibile.<br />

12.2.2. Analisi e commento<br />

Questo esempio ci sembra particolarmente interessante perché evidenzia<br />

più <strong>di</strong>mensioni della vulnerabilità rispetto all’autodefinizione e soprattutto<br />

come, <strong>nella</strong> realtà, esse possano coesistere e intrecciarsi in modo da concorrere<br />

a creare una incomprensione quasi irreversibile tra docenti e studenti migranti.<br />

Alcune <strong>di</strong> queste <strong>di</strong>mensioni potrebbero essere:<br />

a. Natura del setting proposto e delicatezza della conduzione (la pertinenza<br />

delle regole e della natura dei compiti).<br />

b. Disaccordo epistemologico da parte dei corsisti sulla cornice del compito<br />

e sottovalutazione del feedback fornito dai partecipanti (violazione<br />

<strong>di</strong> <strong>reciprocità</strong>).<br />

c. Presenza <strong>di</strong> componenti interculturali che possono alterare lo scambio dei<br />

significati tra i partecipanti: (1) premesse sul setting, (2) premesse sulla<br />

variabile sessuale, (3) premesse sull’inserimento del migrante.<br />

d. Ansia del formatore <strong>di</strong> gestire il setting secondo il programma e nei tempi<br />

previsti.<br />

e. Sottovalutazione <strong>di</strong> materiali interessanti e non previsti, emergenti in<br />

itinere, dalla <strong>di</strong>namica stessa del gruppo.<br />

Rispetto al punto a., è interessante interrogarsi sulla pertinenza e<br />

sull’ambiguità delle regole dei giochi che si propongono ad una utenza<br />

migrante. In questo caso, la natura della proposta, incitando a bipolarizzare le<br />

posizioni, sembre rebbe in contrad<strong>di</strong>zione con la costruzione <strong>di</strong> un<br />

atteggiamento interculturale, almeno come abbiamo cercato <strong>di</strong> comprenderlo<br />

in questa sede, soprattutto attraverso i contributi <strong>di</strong> Bateson e gli esempi<br />

proposti da M. Sclavi 119. In questa ottica, infatti, la comunicazione interculturale<br />

richiede piuttosto la capacità <strong>di</strong> procedere secondo doppie descrizioni o <strong>di</strong><br />

acquisire quel tocco <strong>di</strong> humour che consente <strong>di</strong> entrare ed uscire dagli<br />

schieramenti, senza ab<strong>di</strong>care peraltro alla propria visione del mondo.<br />

Si può inoltre ricordare qui tutta la problematica dell’ambivalenza che emerge<br />

119 Si veda il contributo <strong>di</strong> M.Sclavi, nel capitolo 13.<br />

217


nel rapporto tra transizione ecologica ed autodefinizione 120 e che potrebbe<br />

rendere particolarmente <strong>di</strong>fficile o semplicemente inutile per un migrante<br />

arrivato <strong>di</strong> recente lo sforzarsi <strong>di</strong> assumere uno schieramento pro o contro,<br />

anche se per finta.<br />

Inoltre il contenuto provocatorio delle frasi rispecchia forse troppo da<br />

vicino la realtà imme<strong>di</strong>ata del migrante, e rende <strong>di</strong> per sé più <strong>di</strong>fficile quel<br />

<strong>di</strong>stacco dalla realtà che è necessario per mettere in scena il gioco. Come<br />

abbiamo visto, alcuni migranti possono presentare una ritrosia iniziale a<br />

schierarsi, come nel caso <strong>di</strong> MO; oppure la natura della provocazione può<br />

suscitare schieramenti imme<strong>di</strong>ati da una sola parte, come è successo per la<br />

maggioranza del gruppo qui considerato; oppure alcuni partecipanti possono<br />

sentirsi coinvolti in modo <strong>di</strong>retto, come sembrerebbe essere il caso della<br />

partecipante bosniaca, che si pone quasi trionfalmente ad esempio <strong>di</strong> una<br />

integrazione riuscita, suscitando l’irritazione degli altri partecipanti del suo<br />

stesso schieramento.<br />

Il ruolo del conduttore appare quin<strong>di</strong> molto delicato, già <strong>nella</strong> fase iniziale,<br />

perché se la proposta <strong>di</strong> giocare deve essere <strong>di</strong>fesa e rilanciata con insistenza,<br />

da un lato si può ingenerare una specie <strong>di</strong> paradosso (ti or<strong>di</strong>no <strong>di</strong> giocare),<br />

dall’altro può nascere un conflitto tra il formatore ed il gruppo, sul setting<br />

formativo stesso. In questi casi è presumibile che il conduttore sia portato a<br />

privilegiare la comunicazione con il gruppo degli attori, trascurando così il<br />

terzo vertice, quello degli osservatori, che potrebbe essere la risorsa principe<br />

per introdurre nuovi significati nell’interpretazione del gioco. Trascurando<br />

questo terzo vertice, la proposta provocatoria <strong>di</strong> schierarsi pro o contro tende<br />

ad assumere, effettivamente, un carattere <strong>di</strong> costrizione bipolare, da cui può<br />

<strong>di</strong>ventare poi <strong>di</strong>fficile uscire.<br />

D’altra parte, considerando che il partire da una posizione bipolare coglie<br />

il tipo <strong>di</strong> incomunicabilità più frequente, si sarebbe potuto ipotizzare una<br />

finalizzazione catartica della simulazione; in questo caso questa esercitazione<br />

avrebbe potuto <strong>di</strong>ventare uno spunto <strong>di</strong> partenza per constatare che entrambi<br />

gli atteggiamenti pro e contro potevano essere legittimati e che la chiave stava<br />

proprio <strong>nella</strong> verifica della complessità dell’incontro tra più punti <strong>di</strong> vista, e non<br />

solo due, a conferma dell’importanza delle specifiche traiettorie evolutive<br />

personali, al <strong>di</strong> là della etichetta etnica. Tanto più che, nel caso considerato, i<br />

comportamenti dei partecipanti del gruppo “contro” e gli spunti più<br />

consapevoli introdotti da MO sembravano avvalorare proprio questa tesi.<br />

Rispetto ai punti b.c.d.e., vorremmo procedere nell’analisi dell’episo<strong>di</strong>o<br />

con una doppia descrizione/interpretazione che evidenzi il possibile<br />

cambiamento <strong>di</strong> significato delle strategie della formatrice, a seconda che la<br />

componente culturale sessuale (c2) sia mantenuta sullo sfondo o venga portata<br />

in primo piano.<br />

120 Si veda anche il capitolo 9, par.9.2.3..<br />

218


Prima descrizione/interpretazione<br />

Se mettiamo in primo piano le violazioni <strong>di</strong> <strong>reciprocità</strong> (b), senza tener<br />

conto delle premesse culturali implicite riguardo al ruolo della asimmetria <strong>di</strong><br />

potere tra sesso maschile e femminile (c2), la nostra attenzione tende ad essere<br />

catturata quasi esclusivamente dalla delusione <strong>di</strong> MO, che ci appare vittima <strong>di</strong><br />

una grave e ripetuta violazione <strong>di</strong> <strong>reciprocità</strong> da parte della formatrice.<br />

Utilizzando i dati del protocollo, il comportamento della formatrice appare<br />

improntato ad un atteggiamento eccessivamente rigido: sembra esservi una<br />

presupposizione unilaterale che porta la formatrice a presumere <strong>di</strong> sapere già<br />

come l’altro dovrebbe essere e che viene autoconfermata dall'interpretazione<br />

delle <strong>di</strong>fficoltà incontrate. È da notare che nel corso dell’episo<strong>di</strong>o ed anche<br />

<strong>nella</strong> prima fase della <strong>di</strong>scussione le <strong>di</strong>fficoltà rilevate vengono attribuite<br />

esclusivamente alla in<strong>di</strong>sponibilità degli studenti extracomunitari ad accogliere<br />

forme <strong>di</strong> <strong>di</strong>dattica attiva.<br />

In base a questi dati il commento potrebbe mettere in primo piano<br />

due ipotesi:<br />

1. l’appartenenza alla stessa etnia ha favorito <strong>nella</strong> formatrice un<br />

atteggiamento <strong>di</strong> maggiore certezza, riguardo alla supposta ritrosia nei<br />

confronti della <strong>di</strong>dattica attiva, e quin<strong>di</strong> questa è stata data per scontata e<br />

non negoziata con MO;<br />

2. l’ansia, nota a tutti i formatori, <strong>di</strong> rispettare il programma, potrebbe averle<br />

fatto sottovalutare i feedback forniti dai partecipanti.<br />

Ciò potrebbe farci riflettere sul fatto che anche quando le nostre<br />

anticipazioni (presupposizioni) hanno una maggiore probabilità <strong>di</strong> essere<br />

corrette (perché conosciamo già la lingua, la cultura, o abbiamo vissuto la<br />

stessa esperienza), a maggior ragione dovremmo evitare <strong>di</strong> utilizzarle per<br />

scavalcare il punto <strong>di</strong> vista dell’altro. Anche una convinzione plausibile come<br />

quella in gioco nell’esempio citato (ci sono numerose testimonianze che il<br />

sistema scolastico dei paesi arabi sia improntato a una <strong>di</strong>dattica più autoritaria<br />

e passiva <strong>di</strong> quella occidentale) può <strong>di</strong>ventare un ostacolo alla <strong>reciprocità</strong> se<br />

non viene rinegoziata <strong>nella</strong> singola situazione interpersonale.<br />

Anche quando pensiamo, a ragione, che un bambino abbia freddo o fame,<br />

coprirlo o imboccarlo senza chiedergli nulla, costituisce sul piano<br />

interpersonale, una violazione <strong>di</strong> <strong>reciprocità</strong>.<br />

Ciò é tanto più necessario quando i partecipanti sono adulti e dotati <strong>di</strong><br />

riferimenti scolastici, culturali e ideologici ampiamente organizzati. In questo<br />

caso la violazione <strong>di</strong> <strong>reciprocità</strong>, sul piano cognitivo (ti impe<strong>di</strong>sco <strong>di</strong> esprimere<br />

o non mi interessa confrontarmi con le tue premesse epistemologiche ) può<br />

essere particolarmente mortificante e provocare una chiusura che si estende<br />

alla possibilità <strong>di</strong> apprendere poiché, quest’appren<strong>di</strong>mento risulta troppo<br />

costoso sul piano della <strong>di</strong>gnità personale.<br />

Riguardo alle giustificazioni apportate nelle battute finali, come la<br />

mancanza <strong>di</strong> tempo e la necessità <strong>di</strong> passare all’unità <strong>di</strong>dattica successiva, si<br />

sarebbe potuto rime<strong>di</strong>are con una scelta più opportuna mettendo tra parentesi<br />

219


il programma e dando allo studente la possibilità <strong>di</strong> esplicitare il suo evidente<br />

desiderio <strong>di</strong> parlare, almeno <strong>nella</strong> fase del commento conclusivo.<br />

Probabilmente questa sospensione e passaggio <strong>di</strong> responsabilità all’altro<br />

avrebbe permesso alla formatrice stessa <strong>di</strong> rivedere mentalmente l'intera<br />

sequenza e <strong>di</strong> trovare <strong>nella</strong> verbalizzazione dello studente e nel ruolo degli<br />

osservatori anche degli spunti per una valorizzazione dell’insieme del materiale<br />

prodotto dal gruppo.<br />

È probabile che su questa strada sarebbero emersi nuovi stimoli alla<br />

riflessione, anche in relazione alle potenziali strategie creative <strong>di</strong> soluzione<br />

dei conflitti.<br />

Si potrebbe concludere <strong>di</strong>cendo che, al <strong>di</strong> là della cura <strong>nella</strong> scelta delle<br />

e s e rcitazioni e della precisione nell’articolazione dei tempi e dei contenuti, è<br />

a l t rettanto fondamentale una sensibilità al feedback, in modo da assicurarsi che<br />

i partecipanti mantengano o costruiscano le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> autostima e <strong>di</strong> curiosità<br />

mentale in<strong>di</strong>spensabili a re n d e re la loro partecipazione attiva e motivata.<br />

Il dubbio<br />

Tuttavia questa interpretazione, che penalizzerebbe la formatrice, non ci<br />

sod<strong>di</strong>sfa del tutto.<br />

L’in<strong>di</strong>catore principale che ci avverte che qualcosa non va è la ridondanza<br />

e l’esagerazione. Infatti una persona non ritorna più volte su ciò che ha già<br />

espresso o detto se ha ottenuto la risposta che cercava. Questo è vero per MO<br />

rispetto alla formatrice ma è vero anche per la formatrice rispetto a MO. Il suo<br />

tono determinato appare esagerato rispetto alla richiesta <strong>di</strong> MO e ridondanti<br />

sembrano le giustificazioni, quasi a farci venire il dubbio... che questo sia il<br />

meno-peggio che essa possa fare, rispetto alla sua lettura della situazione.<br />

Trattandosi inoltre <strong>di</strong> una professionista competente e <strong>di</strong> una situazione<br />

i n t e rculturale, è quasi d’obbligo ipotizzare che ci sia ancora un’altra<br />

spiegazione, meno esplicita, meno imme<strong>di</strong>atamente visibile per un occidentale.<br />

Seconda descrizione/interpretazione<br />

Possiamo allora decidere <strong>di</strong> mettere in primo piano l’elemento culturale<br />

della <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> genere, rimasto finora solo sullo sfondo, e scoprire un<br />

ulteriore livello <strong>di</strong> complessità <strong>di</strong> questa situazione: il confronto tra MO e la<br />

docente è un confronto tra due persone <strong>di</strong> sesso <strong>di</strong>verso e della stessa cultura<br />

che si incontrano sul comune terreno <strong>di</strong> emigrazione; i loro ruoli sono ribaltati<br />

rispetto a quelli previsti <strong>nella</strong> cultura d’origine, ed entrambi sanno che l’altro<br />

ne è consapevole.<br />

Questa complicità culturale implicita può sfuggire ad un osservatore <strong>di</strong> una<br />

cultura esterna, ed inoltre non si conoscono le rispettive traiettorie evolutive e<br />

l’eventuale impatto <strong>di</strong> esperienze simili precedentemente vissute dai<br />

partecipanti: quin<strong>di</strong> non è facile valutare il peso della minaccia che ognuno dei<br />

due soggetti coinvolti può avere avvertito.<br />

Questa seconda premessa, relativa alla variabile sessuale, è rimasta<br />

implicita, forse inconscia, sullo sfondo, fino a quando non si è presentata alla<br />

220


formatrice la possibilità <strong>di</strong> ritornare con un certo <strong>di</strong>stacco sull’episo<strong>di</strong>o. Se<br />

adottiamo questa premessa culturale il comportamento della formatrice <strong>nella</strong><br />

fase finale acquista un nuovo spessore; infatti si può ipotizzare che essa<br />

interpreti la ritrosia iniziale <strong>di</strong> MO a schierarsi, non solo come una conferma<br />

della premessa c1, ma soprattutto come un atteggiamento <strong>di</strong> insofferenza nei<br />

confronti della propria posizione asimmetrica <strong>di</strong> potere; in coerenza con questa<br />

interpretazione, la docente potrebbe sentirsi essa stessa in una posizione<br />

vulnerabile rispetto all’autodefinizione e <strong>di</strong>venterebbe quin<strong>di</strong> comprensibile il<br />

suo sottrarsi alla negoziazione, a favore, invece, dell’assunzione <strong>di</strong> un<br />

atteggiamento fermo <strong>di</strong> controdefinizione rispetto al ruolo, attraverso la <strong>di</strong>fesa<br />

del setting proposto. La controdefinizione rispetto al ruolo, in questa<br />

situazione, significherebbe, quin<strong>di</strong>, riba<strong>di</strong>re all’altro e forse anche a se stessa,<br />

“qui siamo in Europa e non in Algeria”.<br />

A questo punto, se si ipotizza che la docente abbia in<strong>di</strong>viduato <strong>nella</strong><br />

premessa c2 il principale rischio <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbo per la buona evoluzione del<br />

setting, appare nuovamente più comprensibile che i suoi interventi siano stati<br />

prioritariamente in<strong>di</strong>rizzati a prevenire un eventuale escalation critica da parte<br />

<strong>di</strong> MO, e che questo l’abbia portata, da un lato, a sottovalutare le potenziali<br />

risorse creative emergenti dall’evoluzione del setting, e, dall’altro, traendo<br />

spunto dalla conferma dell’idea che la <strong>di</strong>dattica attiva sia comunque poco<br />

apprezzata dall’utenza extracomunitaria, a passare il prima possibile alla<br />

successiva unità <strong>di</strong>dattica prevista. Questa nostra interpretazione acquista una<br />

sua plausibilità nel corso dello scambio successivo <strong>di</strong> battute, in cui<br />

sembrerebbe che ognuna delle parti in gioco abbia trovato conferma ad una<br />

sua premessa e quin<strong>di</strong> abbia ra<strong>di</strong>calizzato il proprio arroccamento sulla<br />

premessa iniziale.<br />

Infatti gli ammiccamenti critici esibiti da MO, nel corso dell’esercizio<br />

possono essere interpretati dalla docente come conferma della sua insofferenza<br />

al fatto <strong>di</strong> aver ricevuto un or<strong>di</strong>ne (quello <strong>di</strong> giocare e, quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> schierarsi) da<br />

parte <strong>di</strong> una donna, e quin<strong>di</strong> essere visti già come una minaccia incombente<br />

sulla fase della restituzione nel gruppo.<br />

Non meraviglierebbe, allora, che, in questa fase, la docente blocchi subito<br />

l’intervento <strong>di</strong> MO, dapprima attribuendogli anticipatamente una forma <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ssenso che utilizza in modo esplicito la premessa c1 (lo so, lo so che voi non<br />

siete abituati alla <strong>di</strong>dattica attiva, ma queste cose vi serviranno ) e subito dopo<br />

adducendo giustificazioni sulla necessità <strong>di</strong> completare il programma della<br />

giornata, in modo che risulti <strong>di</strong> nuovo chiaro che la responsabilità della<br />

conduzione è la sua. Rispetto alla preoccupazione prioritaria ipotizzata, questa<br />

strategia avrebbe il merito <strong>di</strong> evitare uno scivolamento del confronto con MO<br />

su un terreno interpersonale particolarmente bruciante rispetto alle comuni<br />

tra<strong>di</strong>zioni culturali, ed al tempo stesso <strong>di</strong> mantenere il contenuto esplicito dello<br />

scambio su un terreno razionale e pertinente rispetto al setting proposto ed al<br />

proprio ruolo <strong>di</strong> docente, che andava oltre la responsabilità della conduzione<br />

<strong>di</strong> questo specifico gioco. Mantenendosi su questo piano la formatrice evita<br />

l’eventuale rischio <strong>di</strong> scatenare un contagio incontrollabile nel gruppo e<br />

221


comunica in<strong>di</strong>rettamente a tutto il gruppo il suo non ab<strong>di</strong>care al proprio ruolo,<br />

che viene, infatti imme<strong>di</strong>atamente ripreso in modo sicuro, calmo e suadente,<br />

nel passaggio all’unità <strong>di</strong>dattica successiva.<br />

Da questo secondo punto <strong>di</strong> vista possiamo imparare che la vulnerabilità<br />

rispetto all’autodefinizione, in situazione interculturale, è sempre in agguato e<br />

può strutturarsi a <strong>di</strong>versi livelli ed in entrambe le <strong>di</strong>rezioni della relazione<br />

docente/<strong>di</strong>scente.<br />

L’aver in<strong>di</strong>viduato una nuova lettura non elimina la delusione osservata in<br />

MO, il suo avere abbandonato questa parte del corso. Occorre inevitabilmente<br />

accettare che qualche insuccesso fa parte della complessità del mestiere e<br />

<strong>di</strong>sporsi a considerare questi episo<strong>di</strong> circoscritti come spunti da cui si può<br />

imparare qualcosa <strong>di</strong> nuovo.<br />

Molto spesso non siamo consapevoli della unilateralità delle nostre<br />

p resupposizioni e delle emozioni che esse suscitano nel corso della<br />

comunicazione con l’altro, oppure dell’ansia connessa al rispettare il<br />

programma che ci eravamo dati. Abbiamo però l’opportunità <strong>di</strong> accorgerci che<br />

qualcosa non va se <strong>di</strong>amo la dovuta importanza ai feedback che ci inviano i<br />

partecipanti.<br />

In questo caso le segnalazioni relative ad un <strong>di</strong>sagio e ad un probabile<br />

<strong>di</strong>saccordo epistemologico sono state ridondanti e visibili, ma proprio la<br />

premessa c2 premeva <strong>nella</strong> <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> sorvolare, per evitare un chiarimento<br />

che, forse, avrebbe comportato un rischio ancora più grave.<br />

Darsi degli spazi e dei tempi <strong>di</strong> riflessione e <strong>di</strong>scussione che vadano oltre<br />

la gestione dell’aula appare quin<strong>di</strong> un’esigenza irrinunciabile. Potere osservare<br />

con maggiore serenità il sistema <strong>di</strong> alternative entro il quale ci muoviamo<br />

permette <strong>di</strong> utilizzare anche le emozioni spiacevoli per considerare una nuova<br />

cornice; in questo modo possiamo allenarci alla complessità della <strong>formazione</strong><br />

in situazione interculturale.<br />

222<br />

12.3. La moltiplicazione delle cornici<br />

Potremo chiederci, anche adesso, se ve<strong>di</strong>amo, rispetto a questo episo<strong>di</strong>o,<br />

altre alternative compatibili con l’insieme delle premesse ipotizzate, e al tempo<br />

stesso più favorevoli ad un esito positivo rispetto al riconoscimento delle<br />

richieste <strong>di</strong> MO.<br />

Forse si potrebbe rispondere alle prime battute <strong>di</strong> MO formulando in modo<br />

umoristico quell’invito a “giocare comunque”: Guarda che cosa ti capita! Ti<br />

tocca obbe<strong>di</strong>re, giocare e per <strong>di</strong> più è una donna a <strong>di</strong>rtelo!! Cosa ne <strong>di</strong>te <strong>di</strong><br />

un’altra frase provocatoria del tipo: “Nella <strong>formazione</strong> non si dovrebbe giocare<br />

e gli insegnanti dovrebbero essere maschi.”?


Oppure..... (spazio libero per il lettore)<br />

Naturalmente, le cornici non si possono moltiplicare in<strong>di</strong>pendentemente<br />

dai vincoli storico-esistenziali e dal ra<strong>di</strong>camento delle nostre premesse<br />

implicite; non si tratta, infatti, <strong>di</strong> prepararsi un repertorio <strong>di</strong> battute, ma <strong>di</strong> non<br />

<strong>di</strong>menticare che il gioco, l’umorismo possono salvarci, con un paradosso<br />

leggero, da un pasticcio pesante.<br />

Nella cornice del gioco si può essere d’accordo e in <strong>di</strong>saccordo<br />

contemporaneamente, la leggerezza sta <strong>nella</strong> libertà lasciata anche all’altro <strong>di</strong><br />

controdefinirsi, senza che questo debba essere interpretato come un attacco al<br />

setting o al ruolo reale, che il soggetto sta ricoprendo. 121<br />

121 Invitiamo il lettore che volesse approfon<strong>di</strong>re, a leggere il prossimo capitolo redatto da Maria<strong>nella</strong><br />

Sclavi, (cap.13), che tratta proprio del come allenarsi in questa <strong>di</strong>rezione.<br />

223


Capitolo 13<br />

Apprendere ed apprendere: relazioni,<br />

emozioni e contesti <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento<br />

Maria<strong>nella</strong> Sclavi<br />

13.1. Premessa<br />

“L’unico modo per risalire al sistema <strong>di</strong> premesse implicite in base a cui l’organismo<br />

opera è metterlo in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> sbagliare e osservare come corregge le proprie azioni e i<br />

propri sistemi <strong>di</strong> autocorrezione” (Gregory Bateson)<br />

I quattro esempi che userò in questo scritto sono degli esercizi <strong>di</strong><br />

fenomenologia sperimentale e <strong>di</strong> ermeneutica pratica e hanno lo scopo<br />

<strong>di</strong> mettere gli interlocutori che avranno la pazienza <strong>di</strong> seguirli/eseguirli<br />

in grado <strong>di</strong> riflettere su cosa fanno quando praticano l’appren<strong>di</strong>mento<br />

dell’appren<strong>di</strong>mento. 122<br />

Vedremo la <strong>di</strong>fferenza fra:<br />

1. muoversi dentro delle premesse che <strong>di</strong>amo per scontate (“premesse<br />

implicite”)<br />

2. imparare a cambiare la premesse che davamo per scontate (processo che<br />

G regory Bateson ha chiamato “appre n d e re ad appre n d e re” o<br />

“deutero-appren<strong>di</strong>mento”)<br />

3. essere in grado <strong>di</strong> spiegare come “abbiamo fatto” a cambiare queste<br />

premesse e a renderle esplicite e consapevoli.<br />

“Apprendere ad apprendere” o “deutero-appren<strong>di</strong>mento” è un savoir<br />

faire che mettiamo in atto quando riusciamo ad affrontare con successo dei<br />

cambiamenti sistemici: lo svezzamento dal seno materno non solo come<br />

frustrante sottrazione, ma come occasione per nuove affascinanti esperienze,<br />

l’imparare ad allacciarsi le scarpe con rapi<strong>di</strong>tà e scioltezza o ad annodarsi il<br />

cravattino a farfalla, o ancora imparare la nostra lingua natia o una lingua<br />

straniera, riuscire a risolvere un indovinello, inventare una barzelletta,<br />

a ff ro n t a re un conflitto intraculturale o interculturale in termini <strong>di</strong><br />

riconoscimento e rispetto reciproco, sconfiggere la <strong>di</strong>pendenza dell’alcolizzato<br />

o aiutare lo schizofrenico e i suoi interlocutori a metacomunicare in modo non<br />

patologico, suonare il violino, comporre un’opera d’arte o fare un’invenzione<br />

scientifica, <strong>di</strong>ventare un buon osservatore - narratore della vita quoti<strong>di</strong>ana.<br />

Fra muoversi dentro delle premesse che <strong>di</strong>amo per scontate e cambiare<br />

queste premesse c’è un salto che si manifesta in paradossi logici e no<strong>di</strong><br />

122 Questi esercizi fanno parte <strong>di</strong> una più vasta batteria che compone il corso <strong>di</strong> Antropologia culturale<br />

che M.Sclavi tiene da alcuni anni al Politecnico <strong>di</strong> Milano e sono descritti più ampiamente nel testo:<br />

M.Sclavi, Arte <strong>di</strong> ascoltare e mon<strong>di</strong> possibili, Le Vespe, Milano, 2000.<br />

225


emozionali che bisogna saper accogliere e gestire creativamente. Gli esercizi<br />

che vi propongo hanno come scopo <strong>di</strong> metterci in grado <strong>di</strong> riconoscere le<br />

contingenze in cui questo salto risulta necessario e come si procede (a quali<br />

trucchi si ricorre, quali resistenze bisogna superare...) per prepararsi a<br />

compierlo.<br />

Sono esercizi pensati apposta per farvi fare delle “brutte figure”, cioè per<br />

rendervi consapevoli <strong>di</strong> cosa fate quando osservate “male” e per farvi vedere<br />

che questi errori non sono “vostri personali”, ma nascono da una epistemologia<br />

<strong>di</strong>storta che, spesso, è proprio quella che avete imparato a scuola e che<br />

impregna <strong>di</strong> sé il senso comune della cultura occidentale.<br />

In compenso av<strong>rete</strong> l’occasione <strong>di</strong> fare un’esperienza altamente<br />

intellettuale, forse l’esperienza più pienamente intellettuale che esista. Infatti<br />

av<strong>rete</strong> l’occasione <strong>di</strong> mettere in campo non solo una piccola parte della mente,<br />

ma sia la sua parte razionale che quella emotiva, sia l’astrattezza del pensiero<br />

analitico che la conc<strong>rete</strong>zza e contingenza del corpo e del pensiero emozionale<br />

e - questa è la novità - <strong>di</strong> riflettere su quello che state facendo.<br />

Gregory Bateson è uno dei pochi stu<strong>di</strong>osi nel campo delle scienze sociali<br />

che ha de<strong>di</strong>cato ad entrambi questi temi, umorismo ed emozioni, delle<br />

riflessioni importanti. Nella sua “Ultima conferenza” pronunciata il 28 ottobre<br />

1979 a Londra (il titolo era proprio questo in quanto si chiedeva agli oratori <strong>di</strong><br />

attenersi alle cose più vitali ed essenziali apprese <strong>nella</strong> propria vita “come se”<br />

si stessero impegnando <strong>nella</strong> loro “Last Lecture”... e per Bateson lo è stata per<br />

davvero...). Gregory Bateson elenca due con<strong>di</strong>zioni per riuscire a mettere in<br />

pratica, anche nel campo educativo, l’ecologia della mente e l’epistemologia<br />

olistica che era andato elaborando nel corso della sua vita.<br />

Primo: “Bisogna prendere le mosse da un universo organizzato e non già<br />

sud<strong>di</strong>viso” e secondo: “Le risposte devono già essere <strong>nella</strong> vostra testa e nelle<br />

vostre regole <strong>di</strong> percezione”.<br />

Gli esercizi che seguono rispondono a queste due con<strong>di</strong>zioni, anche se<br />

trattano <strong>di</strong> esperienze molto comuni: risolvere un gioco <strong>di</strong> intelligenza, riuscire<br />

a esprimersi efficacemente in una lingua <strong>di</strong>versa da quella <strong>di</strong> origine, saper<br />

descrivere le <strong>di</strong>ssonanze fra forme <strong>di</strong> vita quando si entra in contatto con una<br />

cultura straniera e saperne venire a capo.<br />

226<br />

13.2. Esercizio n.1:<br />

Il gioco delle premesse implicite (Giochi proibiti)<br />

13.2.1. Questo specifico esercizio consiste inizialmente in un gioco<br />

abbastanza noto, <strong>di</strong> quelli che si fanno dopo cena per passare il tempo e<br />

mettere alla prova la reciproca intelligenza e forse alcuni <strong>di</strong> voi sanno già la<br />

soluzione. Però il problema non è se si sa o no la soluzione, è riflettere, al<br />

rallentatore e al microscopio, sul percorso emotivo e logico, che si compie nel<br />

trovare la soluzione. È questo versante epistemologico che a noi interessa e che


nei giochi <strong>di</strong> società certamente non viene esplorato. Se sapete la soluzione<br />

state lì buoni e tranquilli e aspettate la seconda fase, se invece non la sapete<br />

vi avverto che solitamente su un’ottantina <strong>di</strong> studenti uno o al massimo due<br />

riescono a trovarla. Inoltre, come vedremo, il più importante contributo alla<br />

comprensione del processo non lo danno i “risolutori”, ma gli “sbagliatori”.<br />

13.2.2. Queste sono le istruzioni. Prendete un foglio <strong>di</strong> carta e <strong>di</strong>segnatevi<br />

sopra per almeno tre volte nove punti <strong>di</strong>sposti come segue:<br />

• • • • • • • • •<br />

• • • • • • • • •<br />

• • • • • • • • •<br />

Fig. 1: “Il <strong>di</strong>segno dei nove punti” riprodotti tre volte<br />

Quello che dovete fare è provare a unire questi nove punti con quattro<br />

segmenti senza sollevare la matita dal foglio: dove finisce un segmento deve<br />

iniziare l’altro. Vi chiedo <strong>di</strong> rendere visibili i vari percorsi che vi vengono in<br />

mente <strong>di</strong>segnando in rapida successione tre tentativi sulle tre riproduzioni dei<br />

nove punti. Fatelo anche se vi rendete conto che quei percorsi non risolvono<br />

il problema e quin<strong>di</strong> anche se provate un po’ <strong>di</strong> fasti<strong>di</strong>o a buttarli giù così<br />

perché vi sembrano inutili. Siate consapevoli che questo esercizio è ideato<br />

apposta per farvi fare delle “brutte figure” e che esse si riscatteranno<br />

<strong>di</strong>mostrandosi utili.<br />

Di nuovo: se avete già fatto in precedenza questo gioco e ne conoscete la<br />

soluzione, statevene tranquilli e attendete che gli altri si sottopongano a questa<br />

prova. L’importante non è “la soluzione”, ma le successive riflessioni sulla<br />

esperienza <strong>di</strong> trovare questo tipo <strong>di</strong> soluzioni a questo tipo <strong>di</strong> problemi. Infine,<br />

dovete sbrigarvi: vi dò solo cinque minuti <strong>di</strong> tempo.<br />

13.2.3. Sono trascorsi i cinque minuti. Chiedo prima <strong>di</strong> tutto quanti<br />

sapevano già la soluzione, poi quanti fra quelli che non la conoscevano<br />

l’hanno trovata. Mi congratulo e la/lo invito ad attendere. Prima ve<strong>di</strong>amo come<br />

si sono mossi coloro che non sono riusciti, poi “tu ci <strong>di</strong>rai come hai fatto”. Vado<br />

a raccogliere in giro un po’ <strong>di</strong> fogli e riproduco alla lavagna i tentativi falliti.<br />

Aggiungo accanto la soluzione.<br />

Fig. 2: Esempi <strong>di</strong> tentativi falliti, con soluzione.<br />

• • • • • • • • •<br />

• • • • • • • • •<br />

• • • • • • • • •<br />

Tentativi falliti<br />

227


228<br />

Soluzione<br />

• • •<br />

• • •<br />

• • •<br />

13.2.4. Lascio che le esclamazioni <strong>di</strong> meraviglia si acquietino e adesso<br />

inizia la fase più importante. Dobbiamo ripercorrere riflessivamente questa<br />

esperienza <strong>di</strong> ascolto/osservazione. Chi ha risolto il problema cos’ha fatto <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>verso? Varie voci: “È uscito fuori..” “È uscito dal limite”. Quale limite? Una<br />

studentessa, timi<strong>di</strong>ssima (ma sono tutti molto esitanti, molto timi<strong>di</strong>) “Il contorno<br />

dei punti”. I vari tentativi falliti sono percorsi <strong>di</strong>versi, ognuno rappresenta un<br />

cambiamento, una correzione, rispetto al precedente. Però tutti hanno in<br />

comune il muoversi entro un campo <strong>di</strong> possibilità che ha dei confini precisi.<br />

Abbiamo agito come se fosse insensato o proibito o irrazionale “uscire dal<br />

quadrato”. Forse non ci è neppure passato per la mente <strong>di</strong> farlo, anche se io<br />

non avevo detto “non uscite dal quadrato” e neppure “guardate questi punti<br />

come un quadrato” (Uso il “noi” perché anch’io non ho risolto questo<br />

problema quando me l’hanno proposto e quin<strong>di</strong> mi sento accomunata). Nel<br />

cercare la soluzione, non avete pensato “non devo uscire dal quadrato”, l’avete<br />

dato per scontato. Questa è una Premessa Implicita. Le Premesse Implicite si<br />

ricavano chiedendosi: come strutturavo inconsciamente, senza essern e<br />

consapevole, il campo perché questi comportamenti, questi criteri <strong>di</strong><br />

correzione mi siano apparsi ovvi, scontati, logici?<br />

13.2.5. Traccio rapidamente delle frecce che rapportano fra loro i vari<br />

tentativi falliti e su ognuna <strong>di</strong> loro scrivo: “C1” poi un’altra freccia che rapporta<br />

tutti questi con la soluzione e scrivo “C2”. Come segue:<br />

• • •<br />

• • •<br />

• • •<br />

C 1<br />

C 1<br />

• • •<br />

• • •<br />

• • •<br />

Fig. 3: Cambiamento 1 e cambiamento 2<br />

C 2<br />

C 1<br />

• • •<br />

• • •<br />

• • •<br />

• • •<br />

• • •<br />

• • •


Ci sono cambiamenti entro un campo, entro una cornice, e cambiamenti <strong>di</strong><br />

campo, <strong>di</strong> quella cornice. I primi li chiamiamo Cambiamenti 1 , i secon<strong>di</strong><br />

Cambiamenti 2 . Un Cambiamento 2 non opera allo stesso livello logico del<br />

Cambiamento 1 , è un cambiamento delle Premesse Implicite che regolavano i<br />

cambiamenti <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne inferiore. Chi ha risolto il problema non si è limitato a<br />

cambiare percorso, ha cambiato le Premesse. Ha messo in <strong>di</strong>scussione qualcosa<br />

<strong>di</strong> cui non era consapevole, che dava per scontato. È una esperienza strana,<br />

che noi vogliamo stu<strong>di</strong>are.<br />

Questo vale per qualsiasi processo conoscitivo e <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento.<br />

Possiamo imparare “nuove cose”, acquisire nuove informazioni dentro un certo<br />

modo <strong>di</strong> vedere, <strong>di</strong> inquadrare le cose, entro una certa cornice oppure<br />

possiamo cambiare quel modo <strong>di</strong> vedere. In tutti i casi in cui non è necessario<br />

mettere in <strong>di</strong>scussione le premesse implicite va bene il primo processo, in tutti<br />

quelli in cui tentiamo e tentiamo e tentiamo e continuiamo a sbattere la testa<br />

contro un muro, dovrebbe nascerci il dubbio: forse devo cambiare le Premesse.<br />

La <strong>di</strong>fficoltà è che non sappiamo quali sono queste Premesse e lo sapremo solo<br />

dopo che abbiamo trovato la “soluzione”! Muoversi dentro una cornice o<br />

cambiare la cornice sono due processi assolutamente <strong>di</strong>fferenti, comportano<br />

due <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> rapportarsi a se stessi e al mondo. Imparare l’arte <strong>di</strong><br />

ascoltare/osservare (A/O) vuol <strong>di</strong>re impratichirsi, familiarizzarsi con questi due<br />

<strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> rapportarsi a se stessi e al mondo e in particolare con cosa<br />

succede quando si passa dall’uno all’altro, dal Cambiamento 1 al Cambiamento 2 .<br />

Imparare l’arte <strong>di</strong> A/O e imparare a “vedere fenomenologicamente” sono la<br />

stessa cosa.<br />

13.2.6. Quando in questa sede parliamo <strong>di</strong> “Premesse Implicite”,<br />

dunque, ci riferiamo alla strutturazione <strong>di</strong> un campo, a un processo<br />

Gestaltico, a una Gestalt. “Gestalt” in tedesco significa “forma, formare” e<br />

“Gestatten” significa “permettere”. La psicologia della Gestalt ha mostrato che<br />

qualsiasi processo conoscitivo, qualsiasi attribuzione <strong>di</strong> senso comporta una<br />

strutturazione <strong>di</strong> campo, un decidere cosa viene messo a fuoco, portato in<br />

primo piano, e cosa lasciato sullo sfondo. Questa strutturazione comporta la<br />

definizione <strong>di</strong> un ventaglio <strong>di</strong> possibilità entro il quale ci è consentito<br />

muoverci e uscendo dal quale quella Gestalt, quella forma (o cornice, matrice<br />

percettivo-valutativa, campo, tutti termini che hanno la stessa funzione)<br />

verrebbe messa in <strong>di</strong>scussione. La psicologia della Gestalt ha anche mostrato<br />

che, per così <strong>di</strong>re “le Gestalt si <strong>di</strong>fendono”. Ogni volta che ten<strong>di</strong>amo ad<br />

ignorare i confini del campo gestaltico avvertiamo delle precise resistenze,<br />

quel movimento trasgressivo ci appare insensato. Avventurarsi ai confini del<br />

campo gestaltico corrisponde a mettere a fuoco elementi che erano<br />

consegnati allo sfondo. La Gestalt “si <strong>di</strong>fende” in quanto questo movimento<br />

la smentirebbe, la <strong>di</strong>ssolverebbe. È un movimento che prefigura un<br />

Cambiamento2. “La Gestalt si <strong>di</strong>fende” è ovviamente una espressione<br />

metaforica, c’è <strong>di</strong> mezzo l’intreccio fra <strong>di</strong>namiche della conoscenza, della<br />

appartenenza e dell’identità.<br />

229


Questo ha delle implicazioni molto importanti sul valore conoscitivo<br />

delle emozioni, implicazioni che non vengono quasi mai sottolineate.<br />

Ritorneremo in continuazione su questo punto, qui mi interessa incominciare<br />

a mettere a fuoco le emozioni relative alle sensazioni <strong>di</strong> “insensatezza”. Mentre<br />

tentiamo <strong>di</strong> collegare tutti e nove i punti l’eventualità <strong>di</strong> “uscire dal quadrato”<br />

provoca ansia, è come se ci mancasse il terreno sotto i pie<strong>di</strong>. Questa ansia<br />

possiamo interpretarla come un avvertimento che muoversi in quella <strong>di</strong>rezione<br />

è pericoloso e/o inutile e/o ri<strong>di</strong>colo. “Ci renderemmo solo ri<strong>di</strong>coli”. Per placare<br />

l’ansia ci affrettiamo a cercarle una giustificazione, per esempio: “Se esco<br />

dal quadrato è come se aggiungessi altri punti, già è <strong>di</strong>fficile collegarne nove,<br />

immaginiamoci <strong>di</strong>eci o un<strong>di</strong>ci!” Adesso siamo più tranquilli, quel<br />

comportamento che ci provocava ansia era per davvero insensato, irrazionale.<br />

Probabilmente dopo un po’ decideremo che a noi non interessa tanto collegare<br />

tutti e nove i punti, otto bastano e volgiamo l’attenzione a quale punto è<br />

meglio lasciare scoperto. Quello al centro o quello in alto a destra?<br />

Anche coloro che questo problema l’hanno risolto hanno avvertito questo<br />

tipo <strong>di</strong> ansia e questo senso del ri<strong>di</strong>colo. Ma hanno gestito l’ansia e interpretato<br />

il senso del ri<strong>di</strong>colo in modo molto <strong>di</strong>verso. Intanto hanno avuto una maggiore<br />

tolleranza nei riguar<strong>di</strong> dell’ansia, non hanno avvertito una urgenza così forte a<br />

liberarsene; sono persone che in qualche modo <strong>nella</strong> loro vita hanno imparato<br />

a convivere con l’incertezza, l’insensatezza, l’ambiguità, ad affrontare le<br />

situazioni paradossali in un atteggiamento <strong>di</strong> ricerca e attesa. (O almeno hanno<br />

imparato a gestire in questo modo situazioni <strong>di</strong> gioco analoghe a questa,<br />

perché non è detto che poi uno si comporti così anche “<strong>nella</strong> vita” in situazioni<br />

<strong>di</strong> tensione con la propria ragazza, o con i propri genitori...) Che ne siano<br />

consapevoli o no (e <strong>di</strong> solito non lo sono..) devono avere interpretato questa<br />

ansia e quel senso <strong>di</strong> ri<strong>di</strong>colo non come segnali <strong>di</strong> pericolo, ma “<strong>di</strong> ciò che ci<br />

succede <strong>di</strong> solito quando usciamo da una Gestalt”. In altre parole hanno<br />

associato l’ansia non con un atteggiamento <strong>di</strong>fensivo-aggressivo, ma con un<br />

atteggiamento esplorativo.<br />

Adesso vi faccio un regalo. Vi regalo una piccola preziosa regola che è <strong>di</strong><br />

grande aiuto per riuscire a rapportarsi a se stessi e al mondo in modo<br />

<strong>di</strong>sponibile a un Cambiamento 2 . Quando la adottate vi mettete nel corretto<br />

stato d’animo per osservare in modo fenomenologico. (Dicevano due gran<strong>di</strong><br />

filosofi, Nietzsche e Heidegger: “il pensiero è ra<strong>di</strong>cato nello stato d’animo, nel<br />

modo <strong>di</strong> intonarsi, <strong>di</strong> connettersi”.) Disegno alla lavagna <strong>di</strong> nuovo i nove punti<br />

e chiedo: “Secondo voi questi punti sono o non sono un quadrato?”<br />

Quando, a questo punto, uno studente afferma : “Possono essere visti<br />

come un quadrato”. Mi viene da rispondere: “Allora, hai capito tutto”.<br />

Scrivo alla lavagna :<br />

“Sì, sono un quadrato” = il senso è là fuori, l’osservatore deve prenderne atto<br />

“Possono essere visti come un quadrato” = il senso è attribuito dall’osservatore<br />

230


Tutti noi all’inizio <strong>di</strong> questo esercizio <strong>di</strong> fenomenologia sperimentale<br />

avremmo dato la prima risposta. O almeno avremmo detto “Sono <strong>di</strong>sposti<br />

a quadrato”.<br />

Dopo l’esercizio, ci sembra più corretto <strong>di</strong>re “Possono essere visti come un<br />

quadrato, ma possono essere visti anche come...” (cosa vi fa venire in mente<br />

la figura della soluzione? Una freccia, un aquilone. Va bene.) “anche come<br />

parte <strong>di</strong> una freccia, <strong>di</strong> un aquilone”.<br />

Allora la regola che vi suggerisco è la seguente: se e quando volete adottare<br />

un modo <strong>di</strong> ascoltare/osservare fenomenologico, eliminate la copula “è” dal<br />

vostro vocabolario. Al limite non dovete pensare: “Questa è una se<strong>di</strong>a, questo<br />

è un tavolo”, ma “Vedo questa come una se<strong>di</strong>a, vedo questo come un tavolo”.<br />

Mi rendo conto che sembra ri<strong>di</strong>colo, ma aiuta usare fin dall’inizio un linguaggio<br />

che non escluda che potremmo vedere le cose anche secondo delle Gestalten<br />

<strong>di</strong>verse. La copula “è” esclude, irrigi<strong>di</strong>sce. Invece “Adesso lo vedo così, ma...”<br />

ci induce a essere leggeri, flessibili, <strong>di</strong>sponibili alla esplorazione <strong>di</strong> altri mon<strong>di</strong><br />

possibili.<br />

13.2.7. Dobbiamo approfon<strong>di</strong>re meglio l’asserzione “Il senso è attributo<br />

dall’osservatore”. Non è molto chiara né <strong>di</strong> per se stessa, né nelle sue<br />

implicazioni. Per esempio: se il senso è una costruzione dell’osservatore perché<br />

tutti abbiamo visto un quadrato e non chi un quadrato, chi una farfalla e chi<br />

un elefante? La tentazione sarebbe <strong>di</strong> rispondere: ve<strong>di</strong>amo tutti la stessa figura<br />

perché quella figura “è” un quadrato. E così ritorneremmo al punto <strong>di</strong> partenza.<br />

Per capire meglio possiamo immaginare un Paese esotico, una popolazione<br />

della Micronesia <strong>nella</strong> cui vita sociale abbia molta importanza un simbolo<br />

religioso <strong>di</strong> questo tipo:<br />

Fig. 4: Figura immaginaria<br />

• • •<br />

• • •<br />

• • •<br />

Che ne so, la X è il luogo dell’altare e i due tratti sono i confini del villaggio.<br />

Ebbene, possiamo immaginare che della gente per la quale questo simbolo<br />

costituisce parte importante della propria vita, nel guardare i nostri nove punti<br />

vi riconosca imme<strong>di</strong>atamente gli “estremi” <strong>di</strong> questa specifica forma, <strong>di</strong> questo<br />

simbolo, e lo faccia con la stessa unanimità con la quale noi ve<strong>di</strong>amo un<br />

quadrato. Per loro vedere un quadrato non sarà “spontaneo”. Però loro forse<br />

potrebbero risolvere il problema <strong>di</strong> collegare tutti i punti a livello <strong>di</strong><br />

Cambiamento1, perché nel loro caso basterebbe collegare fra loro tutte le linee<br />

già presenti. Non hanno bisogno, come noi, <strong>di</strong> smontare prima il quadrato per<br />

poter costruire un’altra figura.<br />

231


Allora quando <strong>di</strong>ciamo “il senso è attribuito dall’osservatore”, dobbiamo<br />

essere consapevoli che non esistono degli osservatori isolati, che ognuno <strong>di</strong> noi<br />

è parte <strong>di</strong> una cultura in senso antropologico e che questa cultura è parte <strong>di</strong><br />

noi. Crescendo in una comunità, imparando una certa lingua, facciamo nostre<br />

complesse gerarchie <strong>di</strong> Premesse Implicite che in quell’ambiente sono date per<br />

scontate e che costituiscono il terreno sicuro che ci consente <strong>di</strong> capirci.<br />

Crescere in culture <strong>di</strong>verse, imparare lingue <strong>di</strong>verse vuol <strong>di</strong>re acquisire<br />

<strong>di</strong>verse Gestalten, imparare a dare per scontate Premesse Implicite <strong>di</strong>verse.<br />

Adesso (dopo una pausa...) passiamo ad un altro esempio, meno astratto.<br />

232<br />

13.3. Esercizio n. 2.: Il gioco della visione<br />

binoculare (doppia descrizione)<br />

13.3.1. Immaginiamo un <strong>di</strong>alogo fra un congressista italiano e uno<br />

americano. L’italiano cerca <strong>di</strong> parlare inglese.<br />

Italiano: “I am going to a committee”<br />

Americano: “ ? ? ?”<br />

Italiano: (in corsivo la pronuncia) : “I am going to a..coomiitiii”<br />

Americano: “ ? ? ?”<br />

Italiano: “Cooomiiitiii”<br />

Americano: “ ? What ? ?”<br />

Italiano: “Neever maaind !”<br />

E se ne va<br />

Si tratta <strong>di</strong> un incidente molto comune. L’italiano, accorgendosi <strong>di</strong> non<br />

essere compreso, cerca <strong>di</strong> essere più chiaro, ma non ci riesce. Ogni volta si<br />

sente più frustrato, a <strong>di</strong>sagio, spazientito. Al terzo tentativo, pensa : “O io sono<br />

un fallimento o lui è un cretino”.<br />

13.3.2. In realtà quel che è successo può esser compreso attraverso il<br />

concetto <strong>di</strong> mappa bisociativa.<br />

Mappa bisociativa: “Essere più chiaro” Italiano/Inglese<br />

Italiano Inglese<br />

sottolineare<br />

le vocali<br />

“Più<br />

chiaro”<br />

sottolineare<br />

le consonanti


L’italiano nelle successive correzioni si è attenuto a una Premessa Implicita<br />

che vale <strong>nella</strong> sua cultura <strong>di</strong> origine e cioè che “essere più chiari” vuol <strong>di</strong>re<br />

sottolineare maggiormente le vocali. Invece per gli inglesi “essere più chiari”<br />

implica sottolineare meglio le consonanti. Sforzandosi <strong>di</strong> correggere la propria<br />

pronuncia l’italiano ha continuato a peggiorarla. Avrebbe dovuto correggere il<br />

proprio sistema <strong>di</strong> autocorrezione, ma non è facile perché non ne è<br />

consapevole. Nel grafico i due cerchi rappresentano due matrici percettivovalutative<br />

<strong>di</strong>verse e incompatibili. La domanda è: cosa deve fare il congressista<br />

per spostare l’attenzione dai comportamenti alla <strong>di</strong>ssonanza fra le matrici?<br />

Prima ve<strong>di</strong>amo cosa non dovrebbe fare.<br />

Non deve farsi pre n d e re dall’ansia <strong>di</strong> torn a re al più presto possibile “in<br />

c o n t rollo”, dall’urgenza <strong>di</strong> “salvare la faccia”, <strong>di</strong> riaff e rm a re la pro p r i a<br />

“competenza”. Di fronte all’esperienza del terreno che manca sotto i pie<strong>di</strong> la<br />

risposta giusta non è quella <strong>di</strong> puntarli con maggiore forza, ma <strong>di</strong> librarsi a<br />

una spanna da terra . Non bisogna <strong>di</strong>ventare più pesanti, ma più leggeri.<br />

Dopo aver provato e sbagliato, provato e sbagliato, provato e sbagliato, deve<br />

s m e t t e re <strong>di</strong> chiedersi “In che cosa sbaglio?” “Perché l’altro non si sforza <strong>di</strong><br />

c a p i rmi?” Deve farsi venire il sospetto che in questo caso il conflitto e il<br />

<strong>di</strong>sagio della non riuscita comunicazione non è “colpa” <strong>di</strong> nessuno; è una<br />

n o rmale questione <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssonanza <strong>di</strong> matrici percettivo-valutative al cospetto<br />

della quale bisogna prendersela con calma e <strong>di</strong>rsi: “Sto sbagliando<br />

ripetutamente quin<strong>di</strong> sono <strong>nella</strong> con<strong>di</strong>zione ideale per imparare qualcosa sulle<br />

p remesse implicite che guidano le mie azioni e pensieri.” Chiedersi “<strong>di</strong> chi è<br />

la colpa”, “cosa è giusto e cosa è sbagliato” sono domande utili per dare una<br />

spiegazione ai <strong>di</strong>ssensi dentro le cornici, non fra cornici. Sono domande<br />

adatte al Cambiamento 1 , a cerc a re comportamenti alternativi dentro delle<br />

comuni Premesse Implicite.<br />

Per spostare l’attenzione dai comportamenti isolati e dall’in<strong>di</strong>viduazione<br />

delle colpe alla <strong>di</strong>ssonanza <strong>di</strong> matrici cognitive, bisogna assumere<br />

l’atteggiamento <strong>di</strong> quel giu<strong>di</strong>ce saggio il quale ascoltato molto attentamente il<br />

primo litigante, commenta: “Hai ragione”; poi, sentito anche il secondo, anche<br />

a lui <strong>di</strong>chiara: “Hai ragione”. Si alza uno del pubblico: “Ma Eccellenza, non<br />

possono avere ragione entrambi!”. Il giu<strong>di</strong>ce ci pensa sopra un attimo e poi,<br />

serafico: “Hai ragione anche tu!” Nell’esercizio che vi ho appena sottoposto è<br />

proprio così: “ha ragione” l’italiano, “ha ragione” l’americano e al tempo stesso<br />

“non possono aver ragione entrambi” dato che non si capiscono. Quel<br />

“al tempo stesso” fa la <strong>di</strong>fferenza fra la saggezza del giu<strong>di</strong>ce e la ingenuità<br />

epistemologica dei due litiganti. Il senso comune e la logica classica ci <strong>di</strong>cono<br />

che se tutti hanno ragione non si è più in grado <strong>di</strong> decidere niente, si rimane<br />

bloccati. Questo è vero quando operiamo in “sistemi semplici” entro i quali<br />

valgono le stesse Premesse Implicite. Invece nel <strong>di</strong>alogo interculturale e più in<br />

generale <strong>nella</strong> risoluzione creativa dei conflitti l’assumere che tutti hanno<br />

ragione è la con<strong>di</strong>zione per fare dei passi in avanti. Non si tratta <strong>di</strong> rinunciare<br />

ai propri giu<strong>di</strong>zi, ma <strong>di</strong> risalire dai giu<strong>di</strong>zi alle cornici (sia nostre che altrui)<br />

<strong>di</strong> cui non siamo consapevoli.<br />

233


13.3.3. Quando un bambino impara la propria lingua materna, gioca, e gli<br />

adulti giocano con lui, questo rapporto giocoso non è qualcosa <strong>di</strong> superfluo,<br />

<strong>di</strong> aggiuntivo, è un tratto vitale delle <strong>di</strong>namiche emozionali/cognitive del<br />

deuteroappren<strong>di</strong>mento. Se il bambino in<strong>di</strong>ca gli occhiali e <strong>di</strong>ce “mela”,<br />

la madre non gli <strong>di</strong>rà “sbagli” “sei uno stupido”, più facilmente penserà:<br />

“Ma guarda come è intelligente questo bambino che ha associato la forma<br />

rotonda della mela alla forma rotonda delle lenti!” e trasformerà questo “errore”<br />

in un gioco dentro il quale il bambino impara a chiamare “occhiali” gli occhiali,<br />

ma anche lei ha imparato qualcosa <strong>di</strong> nuovo, ha “giocato” con ciò che prima<br />

dava per scontato. Questo è un esempio <strong>di</strong> “ascolto attivo”, è già apprendere<br />

ad apprendere, doppia descrizione, visione binoculare (Bateson, Maturana).<br />

Anche le insegnanti delle elementari spesso si comportano così. Di fronte al<br />

bambino che ha scritto “belo” invece <strong>di</strong> “bello” si chiedono “Come interpretava<br />

questo compito, da quali interessi era “preso” nell’affrontarlo?” Probabilmente<br />

la sua attenzione era centrata sul “tenere la riga”, sulla forma <strong>di</strong> ogni singola<br />

lettera. Solo se l’insegnante è una esploratrice <strong>di</strong> mon<strong>di</strong> possibili, il bambino<br />

imparerà che la <strong>di</strong>fferenza tra “belo” e “bello” è essa stessa frutto <strong>di</strong> una<br />

esplorazione <strong>di</strong> mon<strong>di</strong> possibili. Ma guarda: grazie a questo errore, hai<br />

imparato a scrivere due parole (una è una voce del verbo belare..) invece<br />

che una sola!<br />

Nelle scuole <strong>di</strong> grado superiore il “gioco” dell’imparare/insegnare dovrebbe<br />

<strong>di</strong>ventare più raffinato e sistematico, più consapevole dei suoi fondamenti<br />

epistemologici. A questo livello le <strong>di</strong>namiche dell’appartenenza e dell’identità<br />

dentro le quali si incornicia ogni appren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong>ventano più complesse e<br />

non è più sufficiente fare affidamento “sull’istinto materno” e sulla capacità<br />

<strong>di</strong> gioco e <strong>di</strong> immaginazione che ancora siamo in grado <strong>di</strong> esibire nei riguar<strong>di</strong><br />

dei bambini.<br />

Più la società <strong>di</strong>viene complessa, <strong>di</strong>fferenziata e inter<strong>di</strong>pendente, e più<br />

l’appren<strong>di</strong>mento dell’appren<strong>di</strong>mento, cioè ascolto attivo, autoconsapevolezza<br />

emozionale, gestione creativa dei conflitti (il sapere delle emozioni e il tocco<br />

dell’umorista...) devono <strong>di</strong>ventare competenze <strong>di</strong> base generalizzate, dotazione<br />

elementare <strong>di</strong> tutti.<br />

234<br />

13.4. Esercizio n. 3 : Nel taccuino dell’antropologa:<br />

comportamenti, emozioni e <strong>di</strong>ssonanza <strong>di</strong> cornici<br />

Il taccuino <strong>di</strong> Mary Catherine Bateson ci offre lo spunto per seguire al<br />

microscopio e al rallentatore come ci si connette a se stessi, agli altri e<br />

all’ambiente quando si desidera osservare e descrivere le <strong>di</strong>namiche <strong>di</strong><br />

d e u t e ro a p p ren<strong>di</strong>mento che rendono possibile compre n d e re e gestire<br />

felicemente situazioni scolastiche complesse.<br />

Nell’estate del 1967 Mary Catherine Bateson (d’ora in poi M.C.B) era impegnata in una<br />

ricerca sul campo in un quartiere periferico <strong>di</strong> Manila. Un tardo pomeriggio, quando le


strade si erano rianimate dopo la siesta, si era fermata a chiacchierare con una sua vicina <strong>di</strong><br />

casa, <strong>di</strong> nome Ana, quando questa ricevette la visita <strong>di</strong> una donna più anziana, Aling Binang<br />

<strong>di</strong> ritorno da un soggiorno nel proprio villaggio, nel retroterra. Ana aveva saputo della morte<br />

del figlio ventenne <strong>di</strong> Aling Binang e incominciò a farle domande in proposito. Aling Binang<br />

si mise a piangere, ciononostante Ana continuò il suo interrogatorio sui particolari più intimi<br />

e delicati <strong>di</strong> quell’evento; Aling con le lacrime che le scorrevano sempre più copiose lungo<br />

il viso, continuò a rispondere, rievocando quei momenti e quelle scene.<br />

M.C.B. si tenne in <strong>di</strong>sparte, evitando <strong>di</strong> interferire in questa penosa e imbarazzante<br />

conversazione che entrambe le donne sembravano desiderose <strong>di</strong> protrarre, ma dentro<br />

<strong>di</strong> sé si sentiva in<strong>di</strong>gnata per la mancanza <strong>di</strong> tatto <strong>di</strong> Ana e profondamente <strong>di</strong>spiaciuta per<br />

Aling Binang. Al tempo stesso l’antropologa si rendeva conto che le sue reazioni<br />

e sentimenti erano in <strong>di</strong>ssonanza con i sentimenti e le reazioni delle due protagoniste.<br />

Tornata a casa, MCB annotò accuratamente sul proprio taccuino <strong>di</strong> lavoro la conversazione<br />

alla quale aveva assistito.<br />

13.4.1. Prendo le mosse da questo racconto per affrontare due questioni,<br />

intrecciate tra loro.<br />

Prima: la rilevanza etnografica. Su quali basi MCB ha giu<strong>di</strong>cato questi<br />

comportamenti rilevanti per la riflessione e la generalizzazione.?<br />

Seconda: il taccuino dell’antropologa. Com’è che i <strong>di</strong>versi livelli <strong>di</strong><br />

informazioni che un buon ascoltatore/osservatore della complessità riesce a<br />

ricavare da un evento apparentemente banale come questo, si riflettono nel<br />

modo <strong>di</strong> prendere gli appunti, <strong>nella</strong> organizzazione delle annotazioni?<br />

13.4.1.1. La rilevanza etnografica.<br />

“Ogni persona - commenta MCB (Bateson M.C.,1984, pag.17) - è calibrata<br />

dalla esperienza quasi come uno strumento <strong>di</strong> misurazione delle <strong>di</strong>fferenze,<br />

cosicché il <strong>di</strong>sagio è fonte <strong>di</strong> informazioni, punto <strong>di</strong> partenza per nuove forme<br />

<strong>di</strong> comprensione”.<br />

Per capire meglio, ve<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> ripercorrere al microscopio e al rallentatore<br />

il processo <strong>di</strong> MCB che guarda se stessa come parte della scena che sta<br />

osservando. Dunque, ricominciamo da capo, mettendoci nei panni <strong>di</strong> MCB.<br />

Ana rivolge ad Aling Binang domande sulla morte del figlio. Aling Binang piange. MCB<br />

prova delle emozioni che la informano che sta interpretando (nel doppio senso <strong>di</strong> “leggere”<br />

e <strong>di</strong> “reagire a”) queste domande come dei comportamenti sconvenienti e sconvolgenti, una<br />

inammissibile e crudele intrusione <strong>nella</strong> privacy altrui. Ma una molteplicità <strong>di</strong> piccoli segnali<br />

stonano con questa sua intepretazione della situazione. Da un lato vede Ana infierire sulla<br />

povera Aling Binang la quale infatti piange; dall’altro le due donne sono chiaramente<br />

desiderose <strong>di</strong> protrarre questo tipo <strong>di</strong> conversazione, nessuna delle loro reazioni in<strong>di</strong>ca<br />

allarme/incredulità <strong>di</strong> fronte a comportamenti reciproci crudeli e spiazzanti. Al contrario, si<br />

rimandano a vicenda una serie <strong>di</strong> segnali <strong>di</strong> crescente comunanza. Le stesse lacrime <strong>di</strong> Aling<br />

Binang hanno questo senso, sono lacrime <strong>di</strong> sollievo, sfogo, riconoscenza, conforto. Tutto<br />

questo nel New England, da cui proviene MCB, non sarebbe concepibile, se non <strong>nella</strong> ben<br />

definita cornice <strong>di</strong> una seduta terapeutica.<br />

Gli atteggiamenti sia <strong>di</strong> Ana che <strong>di</strong> Aling Binang (la loro umwelt, <strong>di</strong>rebbe<br />

Goffman...) non in<strong>di</strong>cano che si stanno muovendo su territori inusuali e<br />

inesplorati, pericolosi, ma che quei comportamenti messi in atto tra due<br />

235


conoscenti nel terrazzino della casa <strong>di</strong> Ana, sono ritenuti del tutto ovvi e<br />

naturali. Nella stessa misura in cui MCB decide <strong>di</strong> non ignorare, ma anzi <strong>di</strong><br />

c o l l e z i o n a re tutti questi segnali inquietanti, “marginali e fasti<strong>di</strong>osi”, sta<br />

p reparandosi ad accogliere una bisociazione, una doppia descrizione.<br />

Ha assunto l’atteggiamento <strong>di</strong> una esploratrice <strong>di</strong> mon<strong>di</strong> possibili, <strong>di</strong> chi<br />

considera “il <strong>di</strong>sagio come punto <strong>di</strong> partenza per nuove forme <strong>di</strong><br />

comprensione”.<br />

13.4.1.2. Il comportamento <strong>di</strong> Ana (o quello <strong>di</strong> Aling Binang che le dà<br />

corda) non è “sbagliato” (anche se la nostra prima reazione ci porterebbe a<br />

giu<strong>di</strong>carlo tale), è al tempo stesso “insensato” (rispetto le nostre cornici) e<br />

“sensato” (rispetto le loro cornici <strong>di</strong> appartenenza, qualsiasi esse siano). In altre<br />

parole: MCB si rende conto che la propria riprovazione in quel contesto se<br />

espressa apertamente sarebbe stata intesa non come una accusa <strong>di</strong> insensibilità,<br />

ma come segno <strong>di</strong> insensibilità da parte sua. “Questa americana vuole<br />

impe<strong>di</strong>rci <strong>di</strong> esternare la nostra reciproca solidarietà e partecipazione al lutto.<br />

Vorrebbe che fossimo in<strong>di</strong>fferenti e insensibili come loro”. La ra<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> questi<br />

malintesi non è dovuta a mancanza <strong>di</strong> informazioni sui comportamenti, ma<br />

sulle cornici, sulle reazioni alle reazioni alle reazioni reciproche. Questo<br />

specifico “senso della <strong>di</strong>fferenza” (come lo chiama MCB, ma che preferisco<br />

chiamare “senso della <strong>di</strong>ssonanza”) non è un parto della fantasia, ma il risultato<br />

<strong>di</strong> un processo <strong>di</strong> osservazione sperimentale guidato dall’ascolto attivo<br />

(deuteroappren<strong>di</strong>mento). Ed è precisamente questa osservabile e descrivibile<br />

<strong>di</strong>ssonanza che rende quei comportamenti etnograficamente significativi, degni<br />

<strong>di</strong> essere annotati.<br />

13.4.1.3. Gregory Bateson ha dato un nome a quei segnali che an<strong>di</strong>amo<br />

a cercare o mettiamo in evidenza quando, in situazioni <strong>di</strong> ambivalenza, si sente<br />

la necessità <strong>di</strong> pre c i s a re in quale contesto si opera. Li ha chiamati<br />

segna contesto.<br />

Alcuni esempi sono la stretta <strong>di</strong> mano dei pugili prima dell’incontro che sta<br />

ad in<strong>di</strong>care che è vero che si prenderanno a botte, ma lo faranno<br />

“sportivamente”; oppure la cornice del palcoscenico che in<strong>di</strong>ca che è vero che<br />

le persone che si muovono in quel contesto si sposeranno, <strong>di</strong>vorzieranno,<br />

daranno in escandescenze e quant’altro, ma stanno “solo” recitando. Oppure<br />

ancora lo stu<strong>di</strong>o dello psicoterapeuta dentro il quale le stesse domande che<br />

altrove verrebbero vissute come intrusioni <strong>nella</strong> privacy altrui, <strong>di</strong>ventano<br />

legittime e acquistano un <strong>di</strong>verso significato.<br />

Anche tutti i segni e segnali che MCB (<strong>nella</strong> ricostruzione fenomenologica<br />

che abbiamo fatto) va a cercare per verificare fino a che punto le proprie<br />

cornici siano o no con<strong>di</strong>vise dalle protagoniste della conversazione ed<br />

eventualmente in base a quali altre cornici esse operino, sono dei segna<br />

contesto. L’antropologa è consapevole che “gli stessi comportamenti” possono<br />

avere significati <strong>di</strong>versi a seconda del tipo <strong>di</strong> messaggi non verbali ed<br />

emozionali che circolarmente li accompagnano e dei retroterra culturali in cui<br />

236


si collocano. Un unico episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssonanza è già una base sufficiente per<br />

delle prime generalizzazioni sulle matrici percettive-valutative che valgono<br />

<strong>nella</strong> cultura <strong>di</strong> origine <strong>di</strong> chi osserva in quanto sulla base della propria<br />

esperienza MCB può già asserire: “Nel New England comportamenti simili in<br />

circostanze analoghe sarebbero tipicamente interpretati in modo <strong>di</strong>verso,<br />

opposto”. Non così per risalire alle matrici percettivo-valutative della cultura<br />

locale. Per ricostruire le matrici percettivo-valutative alle quali le due donne<br />

hanno attinto è necessario esplorare il loro più ampio retroterra culturale,<br />

collezionando una serie <strong>di</strong> esperienze analoghe e cercando <strong>di</strong> capire come si<br />

connettono fra loro. Ed è quello che MCB, come vedremo, fa.<br />

13.4.2. Il taccuino dell’antropologa.<br />

MCB ci informa che solitamente nel riportare le osservazioni etnografiche<br />

sul proprio taccuino, tiene <strong>di</strong>stinte, collocandole in due colonne <strong>di</strong>verse, due<br />

tipi <strong>di</strong> annotazioni: da un lato le descrizioni degli ambienti e dei comportamenti<br />

e dall’altro le descrizioni dei propri personali sentimenti e reazioni.<br />

Leggendo questo suo suggerimento mi sono accorta che anch’io - pur <strong>nella</strong><br />

caoticità dei miei appunti - faccio queste <strong>di</strong>stinzioni, anzi appena posso<br />

(e nel caso del racconto sopra riportato si può..) <strong>di</strong>stinguo ad<strong>di</strong>rittura tre tipi<br />

<strong>di</strong> annotazioni :<br />

• le descrizioni degli ambienti e comportamenti,<br />

• quelle dei miei sentimenti e reazioni<br />

• quelle relative alla <strong>di</strong>ssonanza fra matrici percettivo-valutative.<br />

Queste ultime <strong>di</strong> solito nei miei appunti sono evidenziate anche<br />

graficamente, col <strong>di</strong>segno delle due (o più <strong>di</strong> due) matrici percettivo-valutative<br />

parzialmente sovrapposte. Nel caso in esame: “gli stessi comportamenti”<br />

(specifiche domande sui particolari della morte e conseguente pianto) vengono<br />

interpretati da un lato come segni <strong>di</strong> una intromissione indebita e crudele <strong>nella</strong><br />

privacy altrui e dall’altro come manifestazioni <strong>di</strong> conforto e comunanza nel<br />

dolore. Tali mappe sono work in process, naturalmente, strumenti euristici che<br />

orientano l’indagine. È un modo <strong>di</strong> comprendere se stessi e il mondo<br />

che procede per “shock culturali” (come li ha chiamati per prima Ruth<br />

Bene<strong>di</strong>ct) e <strong>di</strong> cui Gregory Bateson ha mostrato le ragioni epistemologiche.<br />

Poiché tutti e tre questi tipi <strong>di</strong> annotazione sono in realtà presenti anche<br />

nei resoconti <strong>di</strong> MCB, quel che farò adesso è <strong>di</strong> proseguire il suo racconto sulla<br />

esperienza sul campo <strong>nella</strong> periferia <strong>di</strong> Manila, seguendo lo schema da me<br />

proposto. Quin<strong>di</strong>: non due tipi <strong>di</strong> annotazioni, ma tre.<br />

13.4.2.1. Alcune settimane più tar<strong>di</strong> nello stesso vicinato ma in una zona che MCB<br />

non aveva frequentato, ci fu un decesso e la famiglia <strong>di</strong> cui era ospite la invitò ad andare<br />

con loro alla veglia funebre. MCB molto imbarazzata cercò <strong>di</strong> premunirsi chiedendo una<br />

quantità <strong>di</strong> informazioni su come la veglia era organizzata e come doveva comportarsi.<br />

Seppe così che si sarebbe protratta fino a notte tarda e che tutti erano tenuti a dare un piccolo<br />

obolo <strong>di</strong> meno <strong>di</strong> un dollaro alla giovane donna rimasta orfana <strong>di</strong> madre.<br />

237


Anche in questo caso le note scritte in seguito sono <strong>di</strong> tre tipi.<br />

Un tipo <strong>di</strong> narrativa riguarda gli ambienti e i comportamenti; come e dove<br />

è <strong>di</strong>sposta la salma, le lampade funerarie, i comportamenti dei parenti e dei<br />

vicini, gli argomenti delle conversazioni. I giovani che giocano e si corteggiano<br />

nel cortile, proprio davanti alla porta <strong>di</strong> casa e il barbecue e i giochi d’azzardo<br />

allestiti nel cortile, il clima festoso e le risate chiassose che echeggiano dentro<br />

la camera mortuaria sovrapponendosi ai sospiri e alle lacrime.<br />

Il secondo tipo <strong>di</strong> note concerne i sentimenti dell’antropologa. La sua<br />

riluttanza già a partecipare a questa veglia, ad intromettersi nel dolore <strong>di</strong> una<br />

famiglia che non aveva mai conosciuto; il suo imbarazzo quasi paralizzante nel<br />

porgere l’obolo. Il senso <strong>di</strong> sconforto e spaesamento nel trovarsi in mezzo a<br />

gruppi <strong>di</strong> adolescenti impegnati in rumorosi giochi <strong>di</strong> parole e imitazioni dei<br />

versi <strong>di</strong> animali tipo “Nella Vecchia Fattoria” a pochi metri da cadavere e dalla<br />

famiglia in lutto. Poiché era stata informata sapeva come comportarsi, ma i suoi<br />

sentimenti rimanevano in contrasto con i suoi comportamenti. I sentimenti non<br />

sono cambiabili a comando.<br />

Il terzo tipo <strong>di</strong> annotazioni riguarda le “doppie descrizioni”, le <strong>di</strong>ssonanze.<br />

“Per una americana con un retroterra Protestante e Anglosassone come il<br />

mio - afferma MCB - la morte esige silenzio e decoro, il rispetto della privacy<br />

delle persone in lutto e un certo <strong>di</strong>stacco dalle preoccupazioni più materiali<br />

della vita quoti<strong>di</strong>ana. Più tar<strong>di</strong> compresi che la mia presenza aveva<br />

rappresentato un onore straor<strong>di</strong>nario reso alla defunta. Che i giochi e<br />

schiamazzi erano considerati necessari per evitare il senso <strong>di</strong> solitu<strong>di</strong>ne ed<br />

efficaci strumenti <strong>di</strong> conforto, in quanto il conforto è inconcepibile senza<br />

convivialità. Inoltre le veglie sono tra<strong>di</strong>zionalmente considerate delle occasioni<br />

p a r t i c o l a rmente adatte ai corteggiamenti” (pag.18). I materiali per le<br />

bisociazioni sono piuttosto evidenti: da un lato la partecipazione al lutto si<br />

esprime col silenzio e decoro, dall’altro con schiamazzi e giochi. Da un lato la<br />

morte e i corteggiamenti vanno tenuti separati, dall’altro è giusto che<br />

coesistano e si sovrappongano. Su ognuno <strong>di</strong> questi comportamenti potremmo<br />

immaginare il fiorire <strong>di</strong> malintesi interculturali. Incominciamo anche a vedere<br />

dei fili che connettono i due episo<strong>di</strong> tra loro: “Il conforto è inconcepibile senza<br />

convivialità; la morte non è un evento privato, ma pubblico, che va celebrato<br />

mostrando che la vita continua”.<br />

13.4.2.2. Quando Mary Catherine afferma: “Per una americana con un<br />

retroterra ecc..” non intende sostenere che ogni americana <strong>di</strong> fronte agli<br />

schiamazzi della veglia funebre della periferia <strong>di</strong> Manila si comporterebbe nello<br />

stesso modo. Infatti, alcune potrebbero reagire con sdegno (chiedendo <strong>di</strong><br />

“rispettare” in silenzio il dolore dei parenti), altre chiudendosi in un timido<br />

riserbo, altre ancora (certamente una esigua minoranza) cercando <strong>di</strong> unirsi ai<br />

giochi e canti. La questione non riguarda i comportamenti, ma le cornici. Una<br />

persona cresciuta in New England se decide <strong>di</strong> unirsi ai giochi e canti tipo<br />

“Nella Vecchia Fattoria” deve comunque gestire un delicato processo <strong>di</strong> uscita<br />

dalle proprie cornici <strong>di</strong> origine. E deve cercare <strong>di</strong> gestirlo nel senso <strong>di</strong> un<br />

238


arricchimento, una maggiore apertura del ventaglio <strong>di</strong> scelte e non nel senso<br />

<strong>di</strong> uno sra<strong>di</strong>camento. Può farlo in modo patologico oppure creativo, come è<br />

successo a MCB nel seguente episo<strong>di</strong>o. Ma farlo in modo creativo richiede<br />

deuteroappren<strong>di</strong>mento e metacomunicazione.<br />

13.4.2.3. Mesi più tar<strong>di</strong>, sempre a Manila, sono MCB e suo marito ad essere colpiti da<br />

un lutto. Il loro bambino nato prematuro, muore. In questa dolorosissima circostanza, sia<br />

Mary Catherine che suo marito <strong>di</strong> trovarono a dover gestire sia le condoglianze dei colleghi<br />

americani del marito che degli amici filippini della antropologa. I primi si presentavano<br />

scuotendo la testa con l’aria addolorata, privi <strong>di</strong> parole, si limitavano a una forte stretta <strong>di</strong><br />

mano e si ritiravano rapidamente per rispettare la privacy del loro amico e della sua<br />

consorte. I filippini arrivavano sorridendo con aria enfaticamente cor<strong>di</strong>ale: “È così triste che<br />

il vostro bambino sia morto. Lo avete visto? A chi assomigliava? L’avete battezzato? Quanto<br />

pesava? Quanto è durato il parto?” Ecc. ecc.<br />

In questo caso MCB si è trovata in un <strong>di</strong>lemma: non poteva né voleva<br />

impe<strong>di</strong>re agli amici filippini <strong>di</strong> comportarsi secondo i loro costumi e d’altra<br />

parte non voleva neppure reagire al dolore che queste domande le evocavano<br />

con un atteggiamento <strong>di</strong> rigido autocontrollo che sarebbe stato interpretato<br />

come insensibilità. Grazie alla sua precedente esperienza sul campo, decise <strong>di</strong><br />

prendere a modello Aling Binang. Mentre imbarazzata rispondeva a queste<br />

domande, si lasciò andare a piangere a calde lacrime e trovò che la spontanea<br />

e non allarmata comprensione dei suoi visitatori le recava un gran conforto.<br />

A posteriori si accorse, per <strong>di</strong>rlo con le parole del primo esercizio, che invece<br />

<strong>di</strong> accontentarsi <strong>di</strong> collegare fra loro solo sei o sette o otto punti, così facendo<br />

usciva dal quadrato e li collegava tutti e nove.<br />

13.4.2.4. Il passaggio dal secondo al terzo tipo <strong>di</strong> annotazioni del taccuino<br />

della antropologa (cioè dal resoconto delle proprie reazioni ed emozioni<br />

soggettive alle rilevazioni della <strong>di</strong>ssonanza e in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> forme <strong>di</strong> doppia<br />

descrizione e bisociazione) è il ponte dove prendono corpo le <strong>di</strong>namiche<br />

dell’ascolto attivo, del coinvolgimento e <strong>di</strong>stacco e della attesa e intesa.<br />

Il prossimo e ultimo esercizio mette a fuoco queste <strong>di</strong>namiche del sapere delle<br />

emozioni mostrando come esse siano inseparabili dalla osservazione<br />

e narrazione degli “incidenti <strong>di</strong> percorso” e <strong>di</strong> come “l’organismo” (l’osservatore<br />

e/o gli osservati) corregge o no i propri sistemi <strong>di</strong> autocorrezione. Senza<br />

gestione creativa dei conflitti una epistemologia olistica non ha gambe per<br />

camminare e il raccontare una storia <strong>di</strong>venta per davvero - come profetizza<br />

l’approccio riduzionista - una narrazione chiusa nei limiti della soggettività dei<br />

giu<strong>di</strong>zi <strong>di</strong> valore e priva <strong>di</strong> capacità <strong>di</strong> generalizzazione. Quando gli incidenti<br />

<strong>di</strong> percorso e la loro possibilità <strong>di</strong> trasformarli in risorse non sono più il centro<br />

della descrizione, le emozioni possono al più mantenere un valore informativo<br />

sugli “stati d’animo”, ma perdono ogni valore <strong>di</strong> guida affidabile per la<br />

conoscenza del mondo esterno.<br />

239


240<br />

13.5. Esercizio n.4: Il gioco delle narrazioni<br />

parallele (I giochi <strong>di</strong> prestigio del riduzionismo)<br />

Durante uno dei suoi primi soggiorni in Giappone l’antropologo fondatore<br />

della “prossemica interculturale” Edward Hall si trovò coinvolto in una<br />

sequenza <strong>di</strong> eventi che lo lasciarono completamente confuso e <strong>di</strong>sorientato.<br />

Solo dopo un notevole lasso <strong>di</strong> tempo incominciò a venirne a capo.<br />

Il racconto gli egli ne ha fatto costituisce un esempio molto efficace per<br />

riflettere sulle <strong>di</strong>namiche della comprensione interculturale. Ci aiuta ad<br />

evidenziare i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> ascoltare, <strong>di</strong> osservare, <strong>di</strong> interpretare le emozioni<br />

tipici <strong>di</strong> una epistemologia rispettosa della complessità e tesa<br />

all’appren<strong>di</strong>mento reciproco.<br />

13.5.1. Riassunto del racconto <strong>di</strong> E. Hall<br />

(Dal libro Beyond Culture, 1976)<br />

Ero da una decina <strong>di</strong> giorni a Tokio, ospite <strong>di</strong> un Hotel frequentato prevalentemente da<br />

giapponesi. Un pomeriggio rientrando <strong>nella</strong> mia stanza avverto qualcosa <strong>di</strong> sconcertante,<br />

qualcosa che non va. Gli oggetti sul letto, sulla tavola non erano i miei; gli articoli da toilette<br />

nel bagno erano presumibilmente <strong>di</strong> un ospite giapponese. Il mio primo pensiero è stato:<br />

“E se adesso arriva il legittimo proprietario e mi sorprende qui? Come spiego la mia<br />

presenza?” Allora non sapevo che poche parole <strong>di</strong> giapponese. Controllo <strong>di</strong> nuovo le chiavi:<br />

il numero della stanza era quello giusto. Evidentemente l’avevano data a qualcun altro,<br />

senza neppure avvisarmi! E tutta la mia biancheria, i miei appunti, i miei bagagli... Dove li<br />

avranno portati? Ero in uno stato <strong>di</strong> confusione, <strong>di</strong> sbalor<strong>di</strong>mento e irritazione. Ormai mi ero<br />

sistemato in quella stanza, ci stavo bene. Come gli era saltato in mente... Riprendo<br />

l’ascensore e ritorno alla Reception. L’impiegato con atteggiamento molto ossequioso (e<br />

imbarazzato?) mi informa che sì, in effetti mi avevano assegnato una nuova stanza perché<br />

la mia era stata riservata in precedenza da un altro cliente . Non <strong>di</strong>co nulla, ma penso:<br />

“Lo sapevano che mi sarei fermato per circa un mese! Perché trattarmi come una specie <strong>di</strong><br />

tappabuchi?” Mi vengono consegnate le chiavi della nuova stanza. Entro e trovo che tutti i<br />

miei effetti personali erano già <strong>di</strong>stribuiti or<strong>di</strong>natamente nei cassetti e sugli scaffali quasi<br />

come se li avessi messi io stesso . Per un momento ho avuto un giramento <strong>di</strong> testa, una<br />

sensazione <strong>di</strong> estraneamento. Come era possibile che qualcun altro sapesse <strong>di</strong>sporre tutti<br />

quegli oggetti piccoli e gran<strong>di</strong> esattamente secondo le mie abitu<strong>di</strong>ni e preferenze?<br />

Tre giorni più tar<strong>di</strong> <strong>di</strong> nuovo mi cambiarono stanza e poi ancora. Già la seconda volta<br />

lo shock era sparito, sapevo <strong>di</strong> cosa si trattava, anche se quel comportamento mi risultava<br />

incomprensibile. Avevo deciso <strong>di</strong> reagire almeno esteriormente come se si trattasse <strong>di</strong> una<br />

prassi normale. Anzi, ogni volta che ritornavo in albergo per prima cosa mi informavo se<br />

ero ancora <strong>nella</strong> stessa stanza.<br />

In precedenza avevo soggiornato al Frank Lloyd Wright Imperial Hotel per parecchie<br />

settimane e niente del genere era accaduto né a me né ad altri. Come mai? Cos’era? Ero<br />

vittima <strong>di</strong> una forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>scriminazione verso gli stranieri ? Non volevo arrivare a conclusioni<br />

affrettate, che sarebbero state legittime <strong>nella</strong> mia cultura <strong>di</strong> origine.<br />

Come se non bastasse, qualche mese dopo ero a Kioto con alcuni amici e alloggiavamo<br />

in una deliziosa piccola locanda su una collina con vista sull’intera città. Una sera rientrando<br />

ve<strong>di</strong>amo il <strong>di</strong>rettore venirci incontro con grande sollecitu<strong>di</strong>ne e con aria molto imbarazzata .<br />

Capisco al volo.<br />

“Dovete cambiarci stanza. Benissimo, non preoccupatevi compren<strong>di</strong>amo perfettamente.<br />

Mostrateci le nuove stanze, per noi va benissimo”.


Ma in quel caso l’interp<strong>rete</strong> ci spiegò che non dovevamo cambiare solo stanza, ma<br />

anche albergo. La mia <strong>di</strong>sinvoltura cominciava a tentennare. Un trambusto del genere senza<br />

nemmeno avvertirci?<br />

Il piccolo taxi nel quale ci avevano stipati si avvia verso il centro e si inoltra in stra<strong>di</strong>ne<br />

sempre più piccole e affollate, con sempre meno europei in giro. Ci deposita in un<br />

alberghetto <strong>di</strong> classe chiaramente inferiore a quello <strong>di</strong> provenienza, nel quale eravamo gli<br />

unici ospiti occidentali.<br />

A questo punto stavo <strong>di</strong>ventando davvero un po’ paranoico, sapevo che è un<br />

sentimento al quale è facile aggrapparsi in terre straniere, ma lo stavo <strong>di</strong>ventando<br />

ugualmente.<br />

“Devono pensare che siamo proprio dei poveracci, <strong>di</strong> uno status sociale infimo per<br />

trattarci in questo modo!”<br />

Il giorno dopo trovammo che il nuovo quartiere era molto più autentico e interessante<br />

<strong>di</strong> quelli visti in precedenza, lo visitammo a fondo e a parte alcune <strong>di</strong>fficoltà perché nessuno<br />

parlava inglese, riuscimmo a cavarcela egregiamente e con grande sod<strong>di</strong>sfazione.<br />

Tuttavia questa faccenda <strong>di</strong> essere presi e spostati come una valigia continuava ad<br />

assillarmi. Pur essendo un osservatore <strong>di</strong> modelli culturali, non avevo la più pallida idea su<br />

come interpretare questi comportamenti. La risposta finalmente la trovai grazie ad amici<br />

giapponesi i quali erano stupiti anch’essi del trattamento riservatomi, ma per la ragione<br />

opposta alla mia. In realtà mi era stato fatto un grande onore in quanto “ero stato trattato<br />

come un membro della famiglia”. Quando uno viene visto come parte della famiglia, con<br />

lui ci si può permettere <strong>di</strong> essere “informali, rilassati e privi <strong>di</strong> cerimoniosità”.<br />

In Giappone una persona o “appartiene” o non ha alcuna vera iden<strong>di</strong>tà. Questo vale sia<br />

per la azienda in cui lavora sia per l’hotel in cui soggiorna. L’ospite <strong>di</strong> un hotel - mi<br />

spiegarono gli amici giapponesi - dal momento della registrazione <strong>di</strong>viene “membro <strong>di</strong><br />

un’ampia famiglia mobile”, il che per esempio dà il <strong>di</strong>ritto-dovere <strong>di</strong> salutare gli altri ospiti<br />

dell’albergo con un certo calore anche se si incontrano per strada (in effetti era successo<br />

e mi ero chiesto se per caso sapessero chi ero...), inoltre l’appartenenza comporta dei <strong>di</strong>ritti<br />

<strong>di</strong> anzianità per cui ogni volta che ritorni hai un maggior <strong>di</strong>ritto a prenotare anche con mesi<br />

<strong>di</strong> anticipo la stessa stanza che occupavi in precedenza. Questo fa sì che i nuovi ospiti siano<br />

effettivamente dei “tappabuchi”, ma è il far parte della stessa famiglia che conta, non in<br />

quale camera dormi o quanto è grande.<br />

Naturalmente gli hotel più turistici adottano un <strong>di</strong>verso comportamento perché hanno<br />

constatato che gli americani <strong>di</strong>ventano ansiosi, si irritano, “non hanno alcun desiderio <strong>di</strong> far<br />

parte della famiglia”. Invece nel mio caso, i gestori dovevano aver in qualche modo capito<br />

che “desideravo appartenere” e a questo desiderio avevano corrisposto accogliendomi.<br />

241


242<br />

13.5.2. Questo racconto è rappresentabile<br />

con il seguente grafico<br />

Mappa bisociativa: “Hotel, cambio <strong>di</strong> stanza” Usa/Giappone<br />

Premesse implicite<br />

USA Giappone<br />

insulto<br />

emarginazione<br />

Hotel<br />

cambio<br />

stanza<br />

onore<br />

accoglienza<br />

Negli Stati Uniti spostare qualcuno senza neppure avvisarlo è peggio <strong>di</strong> un<br />

insulto, significa che vale meno <strong>di</strong> niente, che è sotto il livello in cui i<br />

sentimenti altrui vengono tenuti in qualche considerazione. Inoltre <strong>di</strong> solito gli<br />

spostamenti sono visti come segnali <strong>di</strong> mutamento <strong>di</strong> status e il passare da una<br />

stanza più grande a una più piccola è un chiaro segno <strong>di</strong> caduta <strong>di</strong> prestigio e<br />

probabilmente anche <strong>di</strong> busta paga. Lo spazio che uno occupa è un importante<br />

simbolo dello status sociale.<br />

Non è così in Inghilterra, dove lo status è interiorizzato e viene comunicato<br />

tramite l’accento, il portamento, il titolo. Una persona importantissima può<br />

l a v o r a re in una stanza piccolissima senza sentirsi affatto <strong>di</strong>minuita. I<br />

parlamentari inglesi non hanno dei veri e propri uffici, con<strong>di</strong>vidono degli spazi<br />

comuni. In America no, lo status è esternalizzato. Gli inglesi tendono a irridere<br />

l’importanza che gli americani assegnano agli spazi che occupano. Lo<br />

considerano un tipico comportamento “da parvenues”; un segnale <strong>di</strong> mancanza<br />

<strong>di</strong> ra<strong>di</strong>ci e scarso senso <strong>di</strong> sé.<br />

Le emozioni <strong>di</strong> Hall nel vedersi estromesso dalla sua stanza a Tokio erano<br />

state quelle tipiche “<strong>di</strong> un americano” e anche se non aveva reagito come<br />

avrebbe fatto in America, una voce (quella che lui chiama “la parte culturale<br />

della mia mente”...) continuava a ripetergli: “Poche storie, qui ti stanno<br />

trattando come una scarpa vecchia”.<br />

13.5.3. Userò questa storia per evidenziare due punti<br />

Il primo riguarda la struttura della narrazione <strong>di</strong> Hall e il ruolo che in<br />

questa narrazione hanno gli “incidenti <strong>di</strong> percorso”. A questo fine ricorrerò a<br />

quello che ho chiamato “il gioco delle narrazioni parallele”.<br />

Il secondo punto riguarda il ruolo delle emozioni, le <strong>di</strong>namiche del<br />

coinvolgimento e <strong>di</strong>stacco e il loro collegamento con quelle della attesa e intesa.


13.5.3.1. Il gioco delle narrazioni parallele<br />

Il gioco consiste nel produrre una serie <strong>di</strong> narrazioni <strong>di</strong> situazioni <strong>di</strong><br />

malinteso interculturale così caratterizzate:<br />

1. narrazioni nelle quali si afferma la pari legittimità <strong>di</strong> entrambe le matrici<br />

percettivo-valutative;<br />

2. narrazioni in cui si afferma una sola matrice negando la legittimità o<br />

ad<strong>di</strong>rittura l’esistenza dell’altra;<br />

3. narrazioni in cui vengono esposti “i fatti” prescindendo completamente<br />

dalle matrici percettivo-valutative.<br />

Quella <strong>di</strong> Edward Hall sopra riportata è una narrazione del primo tipo. In<br />

essa viene affermata progressivamente la pari legittimità <strong>di</strong> entrambe le matrici<br />

percettivo-valutative, quella del cliente occidentale dell’hotel e quella dei suoi<br />

gestori giapponesi.<br />

Invece <strong>di</strong> condannare o rimuovere l’incidente che gli è capitato in nome<br />

del fatto che “è imbarazzante” essere stato trattato come una scarpa vecchia,<br />

Hall lo mette al centro dell’attenzione usandolo come un’occasione per<br />

l’esplorazione <strong>di</strong> altri mon<strong>di</strong> possibili, come una risorsa conoscitiva.<br />

Un’altra versione dello stesso evento, una versione “del secondo tipo”<br />

potrebbe essere la seguente:<br />

“Negli hotel giapponesi hanno uno strano modo <strong>di</strong> trattare i clienti. Ti cambiano stanza<br />

ogni tre giorni senza neppure avvisarti. E lo fanno come se fosse una cosa normale. O non<br />

si rendono conto <strong>di</strong> essere insultanti o fanno finta <strong>di</strong> non accorgersene. Solo negli hotel<br />

internazionali conoscono le buone maniere”.<br />

Qui viene trasmessa non una esperienza <strong>di</strong> deutero-appren<strong>di</strong>mento del<br />

narratore, ma una in<strong>formazione</strong> che riguarda il comportamento dei giapponesi:<br />

sbagliano. Una unica matrice percettivo-valutativa valida. In termini del gioco<br />

dei nove punti, potremmo <strong>di</strong>re: rimane prigioniero del quadrato, legato alle<br />

mosse del Cambiamento 1 .<br />

In questo tipo <strong>di</strong> resoconto il protagonista ammette <strong>di</strong> essere stato vittima<br />

<strong>di</strong> un errore imbarazzante, ma non è questo il centro del racconto, il centro è<br />

cosa è vero e cosa è falso, chi ha ragione e chi ha torto. C’è questa urgenza a<br />

rassicurarsi e rassicurare.<br />

Una versione “del terzo tipo” potrebbe essere:<br />

“Negli hotel giapponesi ti cambiano <strong>di</strong> stanza ogni tre giorni senza avvertirti, in<br />

compenso pensano loro non solo a trasferire i bagagli, ma anche a riporli nei cassetti e nel<br />

bagno esattamente come li metteresti tu”.<br />

Anche qui non viene trasmessa un’esperienza, si sta ben attenti a dare delle<br />

informazioni evitando i giu<strong>di</strong>zi <strong>di</strong> valore. Per <strong>di</strong>mostrare la propria “neutralità”<br />

si fa attenzione a equilibrare aspetti negativi e positivi, valutazione che rimane<br />

implicita: ci si attiene “ai fatti”. Nessuna matrice percettivo-valutativa.<br />

Da questo resoconto ricaviamo delle informazioni che possiamo giu<strong>di</strong>care<br />

più o meno utili, ma non c’è traccia <strong>di</strong> come chi parla è arrivato a possederle,<br />

243


né sul <strong>di</strong>verso significato che “fatti” del genere possono avere in situazioni<br />

conc<strong>rete</strong> e contingenti per persone <strong>di</strong> culture <strong>di</strong>verse.<br />

Quando ci limitiamo a “raccontare i fatti” facciamo dei giochi <strong>di</strong> prestigio<br />

favolosi, anche se spesso non ce ne ren<strong>di</strong>amo conto. Facciamo scomparire ogni<br />

traccia delle matrici percettivo-valutative.<br />

Dunque, abbiamo queste tre versioni dello stesso evento nelle quali gli<br />

“incidenti <strong>di</strong> percorso” (l’imbarazzo, lo spiazzamento, il senso del ri<strong>di</strong>colo,<br />

il conflitto) vengono valorizzati <strong>nella</strong> prima, edulcorati <strong>nella</strong> seconda<br />

e totalmente ignorati <strong>nella</strong> terza.<br />

Da un punto <strong>di</strong> vista grafico queste tre narrazioni possono essere così<br />

rappresentate:<br />

imbarazzo<br />

valozizzato<br />

imbarazzo<br />

edulcorato<br />

244<br />

Il gioco delle narrazioni parallele<br />

Due matrici bisociate<br />

Una matrice valida<br />

Nessuna matrice<br />

Mon<strong>di</strong><br />

possibili<br />

Giu<strong>di</strong>zi<br />

<strong>di</strong> valore<br />

imbarazzo<br />

? ?<br />

rimosso Neutralità<br />

Ascolto<br />

attivo<br />

Ascolto<br />

passivo<br />

La prima versione corrisponde al modo <strong>di</strong> narrare <strong>di</strong> chi pratica l’ascolto<br />

attivo. La seconda riflette l’etnocentrismo del senso comune. La terza è quella<br />

a cui tendono le scienze sociali <strong>di</strong> impostazione positivistica, preoccupate <strong>di</strong><br />

evitare le <strong>di</strong>storsioni dei giu<strong>di</strong>zi <strong>di</strong> valore eliminandoli, assieme alle cornici e<br />

alle emozioni. Due (o più) matrici, una sola matrice, nessuna matrice. Una<br />

progressiva riduzione delle matrici percettive-valutative ritenute fondamentali<br />

per la comprensione scientifica <strong>di</strong> quell’evento.


13.5.3.2. Passiamo ora al secondo punto, al <strong>di</strong>stacco e coinvolgimento,<br />

cioè al ruolo cognitivo delle emozioni. Prima <strong>di</strong> tutto vi chiedo <strong>di</strong> passare<br />

in rassegna le emozioni che percorrono il racconto <strong>di</strong> Hall. Sono una quantità<br />

notevole. Se è vero che le emozioni <strong>di</strong>storcono la conoscenza, dovremmo<br />

avere un resoconto completamente <strong>di</strong>storto. Invece a noi non sembra che sia<br />

così <strong>di</strong>storto, ci sembra che le emozioni interpretate in questo modo siano<br />

fondamentali per capire.<br />

Nella seconda versione le emozioni <strong>di</strong>storcono la conoscenza, la rendono<br />

unilaterale, ma <strong>nella</strong> prima versione no. Come mai? La seconda versione non<br />

consente coinvolgimento e <strong>di</strong>stacco, ma o <strong>di</strong>stacco o coinvolgimento. Una<br />

narrazione del genere è il fondamento della <strong>di</strong>cotomia soggettivo - oggettivo.<br />

Sconcerto, irritazione, spiazzamento, senso del grottesco. Hall interpreta<br />

questi sentimenti ed emozioni non come informazioni su cosa succede, ma su<br />

come lui, americano, reagisce a una situazione del genere. Né rinuncia al<br />

proprio punto <strong>di</strong> vista, né lo assume come l’unico possibile. Questo è il<br />

fondamento del coinvolgimento e <strong>di</strong>stacco. Si prepara a uscire dal quadrato.<br />

Assume l’atteggiamento del giu<strong>di</strong>ce saggio. Ha ragione lui, avranno ragione<br />

gli altri (se mai riuscirà a capire il loro punto <strong>di</strong> vista) e non possono aver<br />

ragione entrambi.<br />

Il coinvolgimento e <strong>di</strong>stacco gli consente <strong>di</strong> mettersi in un atteggiamento <strong>di</strong><br />

“attesa e intesa”. “Attesa” <strong>di</strong> ulteriori in<strong>di</strong>zi che gli consentano <strong>di</strong> capire come<br />

quelle stesse circostanze possono essere interpretate in modo <strong>di</strong>verso, “intesa”<br />

perché i migliori collaboratori in questa indagine sono proprio quelli che <strong>nella</strong><br />

sua cultura considererebbe come “nemici” e anche perché tutta questa ricerca<br />

è volta verso l’intesa, verso un futuro appren<strong>di</strong>mento reciproco.<br />

In questo contesto la lettura <strong>di</strong> quelle circostanze suggerita dalle sue<br />

emozioni lungi dall’essere un ostacolo a una migliore osservazione, ne <strong>di</strong>venta<br />

uno strumento in<strong>di</strong>spensabile. Essere consapevole che “interpre t a re” una scena<br />

(sia nel senso <strong>di</strong> come la si legge, che <strong>di</strong> quale parte ten<strong>di</strong>amo a re c i t a re in essa)<br />

equivale a strutturare un campo, consente <strong>di</strong> valorizzare proprio quei particolari<br />

che “do not fit the frame”, che non vanno d’accordo col resto del quadro .<br />

Nella stesura <strong>di</strong> questo racconto ho evidenziato in corsivo alcune frasi e<br />

parole. Si riferiscono a dei particolari marginali e fasti<strong>di</strong>osi, inquietanti. Ottimo<br />

motivo per toglierli dallo sfondo e prenderli in considerazione. Nel caso<br />

specifico questi particolari si possono raggruppare in due insiemi: i segnali <strong>di</strong><br />

una mancanza e quelli <strong>di</strong> un eccesso. I primi: se mi stanno insultando mi<br />

aspetterei dei segnali <strong>di</strong> irriverenza, <strong>di</strong> scherno, magari trattenuti, minuscoli, ma<br />

percepibili. Come mai invece hanno un atteggiamento <strong>di</strong> imbarazzato rispetto?<br />

Anche il fatto che non danno spiegazioni non è accompagnato da supponenza.<br />

I secon<strong>di</strong> si riferiscono alla cura straor<strong>di</strong>naria, eccessiva con la quale sono stati<br />

riposti gli oggetti personali <strong>nella</strong> nuova stanza. Anche qui, se era un insulto,<br />

perché non hanno buttato tutto alla rinfusa nelle valigie e lasciato che poi il<br />

cliente si arrangiasse? Sono segnali misteriosi, da collezionare. Da tenere lì in<br />

attesa che uniti ad altri segnali e future spiegazioni concorrano a formare una<br />

nuova matrice percettivo-valutativa.<br />

245


Questa fase con<strong>di</strong>vide con la versione tre delle narrazioni parallele<br />

(“limitarsi ai fatti”) una esigenza <strong>di</strong> bilanciamento, <strong>di</strong> equità; ma le <strong>di</strong>namiche<br />

sono molto <strong>di</strong>verse. Nelle scienze sociali <strong>di</strong> stampo positivista si cerca <strong>di</strong><br />

sfuggire alla partigianeria dei giu<strong>di</strong>zi <strong>di</strong> valore portandosi verso la neutralità;<br />

giu<strong>di</strong>zi <strong>di</strong> valore, cornici, emozioni, sono tutti fenomeni che vengono fatti<br />

rientrare nel dominio del soggettivo al quale si oppongono le valutazioni<br />

oggettive basate sui “fatti”. Invece una epistemologia dell’ascolto attivo, una<br />

epistemologia olistica alla Bateson, va <strong>nella</strong> <strong>di</strong>rezione opposta, verso la<br />

valorizzazione della <strong>di</strong>ssonanza e dello spiazzamento come fonti <strong>di</strong> conoscenza,<br />

verso la moltiplicazione delle cornici, l’esplorazione <strong>di</strong> mon<strong>di</strong> possibili, verso la<br />

metacomunicazione. Il “fatto è” che senza metacomunicazione non c’è né<br />

riconoscimento, né rispetto, né ricerca qualitativa.<br />

246<br />

13.6. Conclusioni: l’abduzione<br />

Tutti gli esercizi ed esempi che ho proposto in questo scritto procedono<br />

per abduzione. Cioè: risolvi un problema che comporta il superare una<br />

speciale resistenza che corrisponde alla uscita dalle cornici in cui eri assestato<br />

in partenza, riconosci riflessivamente il tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>namiche messe in atto in<br />

quella contingenza (la sua forma <strong>di</strong>namica), vai alla ricerca <strong>di</strong> altri casi, <strong>di</strong> altre<br />

situazioni contingenti descrivibili con le stesse <strong>di</strong>namiche. Questi altri casi si<br />

prestano anche a evidenziare altri aspetti che negli esempi precedenti<br />

rimanevano sullo sfondo o erano assenti. Fra i vari casi raggiunti per via<br />

abduttiva, emergono delle somiglianze <strong>di</strong> famiglia.<br />

Le riflessioni <strong>di</strong> Gregory Bateson coprono uno spettro <strong>di</strong> fenomeni che va<br />

molto al <strong>di</strong> là degli esempi che qui ho portato. La sua ricerca è guidata dalla<br />

convinzione che la mente umana sia solo un caso particolarmente complesso<br />

delle forme <strong>di</strong>namiche che regolano la comunicazione nel più vasto regno<br />

naturale e animale <strong>di</strong> cui siamo parte. Una comunicazione fondamentalmente<br />

estetica le cui leggi (the laws of form...) vanno esplorate esercitando e<br />

raffinando quella parte della nostra intelligenza che è la capacità <strong>di</strong> riconoscere<br />

la pertinenza dei contesti ai significati, <strong>di</strong> cui la logica classica è solo una<br />

preziosa semplificazione, adatta a situazioni particolarmente semplici. Il suo è<br />

un pensiero <strong>di</strong> riconciliazione, che mostra la via <strong>di</strong> un <strong>di</strong>alogo fra la parte<br />

inconscia e quella conscia della nostra mente, pensiero analitico e analogico,<br />

in<strong>di</strong>viduo e cultura <strong>di</strong> appartenenza, fra le <strong>di</strong>verse culture, fra queste e la<br />

natura. È un pensiero che ci aiuta a “riconoscerci <strong>nella</strong> primula”, ad apprezzare<br />

the pattern that connects il senso della nostra vita con quella dell’universo.<br />

È il tentativo <strong>di</strong> separare l’intelletto dall’emozione che è mostruoso e secondo<br />

me è altrettanto mostruoso (e pericoloso) tentare <strong>di</strong> separare la mente esterna<br />

da quella interna, o la mente dal corpo (Bateson M.C., 1984, pag.482)


CONCLUSIONI<br />

Giunti alla conclusione <strong>di</strong> questo percorso vorremmo riprendere le ipotesi<br />

principali che lo hanno ispirato e le prospettive che ci sembrano più utili per<br />

progre<strong>di</strong>re <strong>nella</strong> comprensione del fenomeno migratorio, sia rispetto alla<br />

comunicazione <strong>di</strong> <strong>rete</strong> tra i servizi, sia rispetto alla <strong>formazione</strong> professionale.<br />

La principale opzione etico - epistemologica che ha fatto da sfondo al corso<br />

<strong>di</strong> <strong>formazione</strong> e che ha ispirato questo manuale riguarda la natura circolare e<br />

reciproca, non solo dei rapporti <strong>di</strong> <strong>rete</strong> e d'insegnamento-appren<strong>di</strong>mento, ma<br />

più globalmente, del rapporto tra il sistema che osserva ed il sistema che<br />

è osservato, elemento centrale della prospettiva della complessità.<br />

Si è cercato <strong>di</strong> evidenziare come questa prospettiva sembri essere<br />

p a r t i c o l a rmente adeguata alla comprensione dei fenomeni interc u l t u r a l i .<br />

Per citare solo due aspetti:<br />

• <strong>di</strong>rigendo l’attenzione verso i vincoli dell’osservatore e verso la <strong>reciprocità</strong><br />

dell’autodefinizione tra sistema che osserva e sistema che è osservato, essa<br />

fornisce una chiave <strong>di</strong> lettura del rapporto tra culture autoctone e culture<br />

minoritarie che va <strong>nella</strong> <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> una tras<strong>formazione</strong> dei reciproci<br />

vincoli, piuttosto che verso una concezione omologante o ghettizzante<br />

dell’integrazione;<br />

• descrivendo l’incontro <strong>di</strong> <strong>rete</strong> tra istituzioni in una prospettiva <strong>di</strong><br />

complementarietà tra le <strong>di</strong>verse istanze territoriali, essa valorizza anche<br />

i livelli informali, quelli interme<strong>di</strong> e le strutture meno istituzionalizzate,<br />

come, ad esempio, le associazioni ed i gruppi <strong>di</strong> volontariato.<br />

Si è voluto inoltre sottolineare che la <strong>rete</strong> è costituita da più attori e che<br />

ogni attore della <strong>rete</strong> può, <strong>di</strong> volta in volta, trovarsi sia <strong>nella</strong> posizione<br />

dell’osservatore, sia <strong>nella</strong> posizione dell’osservato.<br />

D’altra parte il sistema che osserva non è costituito solo dai formatori e<br />

dagli operatori della <strong>rete</strong>, ma anche dalle persone migranti.<br />

L’opzione verso la <strong>reciprocità</strong> che si è cercato <strong>di</strong> supportare attraverso<br />

l'illustrazione del Dispositivo <strong>di</strong> <strong>formazione</strong>/formatori ed i <strong>di</strong>versi esempi,<br />

implica, infatti, che i principi inerenti la concezione della natura umana, in<br />

particolare la capacità <strong>di</strong> autodefinirsi, ma anche la complessità del come si<br />

apprende e del come si comunica, pur nelle varietà dei percorsi e delle<br />

appartenenze culturali, vadano considerati con grande delicatezza, per tutti i<br />

soggetti coinvolti.<br />

Ad un altro livello, potremo constatare anche che la prospettiva della<br />

complessità ripropone, sul piano scientifico, alcuni temi <strong>di</strong> riflessione della<br />

tra<strong>di</strong>zione cristiana: la parabola della trave e della pagliuzza, invita a tener<br />

conto dei vincoli dell’osservatore e l’imperativo <strong>di</strong> “non fare all’altro quello che<br />

non vorresti fosse fatto a te stesso” implica un principio <strong>di</strong> similarità <strong>di</strong> base tra<br />

tutti gli esseri viventi.<br />

247


La <strong>di</strong>mensione dell’ascolto attivo, della gestione creativa dei conflitti, della<br />

capacità <strong>di</strong> chiedere e <strong>di</strong> attendere è stata richiamata più volte, ma essa trova<br />

soprattutto nel capitolo redatto da Maria<strong>nella</strong> Sclavi, la palestra per provare a<br />

sperimentarli sia a livello intellettuale che emotivo.<br />

Nella prospettiva presentata la <strong>formazione</strong> professionale con persone<br />

migranti, è vista, innanzitutto, come un'occasione per forn i re delle<br />

opportunità stabilizzanti.<br />

L’opportunità stabilizzante può essere infatti uno spazio nel quale acquisire un<br />

modo personalmente/socialmente significativo, qui ed ora, per ri-connettere gli<br />

schemi della propria traiettoria evolutiva, attraverso una ridefinizione appagante<br />

delle attività dei ruoli e delle relazioni sperimentati <strong>nella</strong> cultura <strong>di</strong> arrivo.<br />

Si è visto che le figure del tutor e del me<strong>di</strong>atore culturale rappresentano a<br />

questo proposito, un ruolo <strong>di</strong> sostegno e <strong>di</strong> promozione evolutiva, sia per i<br />

singoli migranti, sia per la comunicazione <strong>di</strong> <strong>rete</strong>.<br />

L’approfon<strong>di</strong>mento dei no<strong>di</strong> critici ci ha portato infatti ad ipotizzare uno<br />

specifico <strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong> accompagnamento, orientamento e form a z i o n e<br />

in<strong>di</strong>vidualizzato, che vede la collaborazione tra prima accoglienza, scuola e<br />

<strong>formazione</strong> professionale regionale, allo scopo <strong>di</strong> facilitare un inserimento<br />

lavorativo, non solo strumentale, ma anche sod<strong>di</strong>sfacente.<br />

Nel quadro <strong>di</strong> questa collaborazione tra aree il problema della verifica dei<br />

prerequisiti linguistici è stato affrontato a più livelli ed il contributo <strong>di</strong> Gioia<br />

Maestro sulla CILS, in<strong>di</strong>pendentemente dalla eventuale adozione, potrà essere<br />

utilizzato come uno strumento <strong>di</strong> <strong>di</strong>battito e <strong>di</strong> confronto, a partire dai sistemi<br />

già elaborati dalle <strong>di</strong>verse strutture.<br />

Si è inoltre cercato <strong>di</strong> partecipare al lettore la consapevolezza <strong>di</strong> essere<br />

all’inizio <strong>di</strong> questo processo <strong>di</strong> riflessione collettiva; non <strong>di</strong>sponiamo <strong>di</strong> una<br />

casistica longitu<strong>di</strong>nale per capire cosa sta davvero succedendo ai migranti ed a<br />

noi, e, soprattutto, quali saranno gli effetti a me<strong>di</strong>o e lungo termine delle<br />

sofferenze che una grande parte <strong>di</strong> loro vivono accanto a noi. Nel testo<br />

abbiamo cercato <strong>di</strong> presentare un ventaglio <strong>di</strong> posizioni, quella della psichiatria<br />

francese relativa alle ricerche sulla prima immigrazione algerina, quella più<br />

ottimistica <strong>di</strong> Bronfenbrenner, relativa alla crisi del ’29, e quella <strong>di</strong> alcuni<br />

corsisti che sembrano riven<strong>di</strong>care il <strong>di</strong>ritto ad essere proiettati sul futuro, più<br />

che sull’analisi dei possibili danni legati all’esperienza passata.<br />

A questo proposito, le riflessioni possono moltiplicarsi. Pensiamo, per<br />

esempio, al fatto che, da un lato, i processi <strong>di</strong> globalizzazione ed i fenomeni<br />

migratori stessi, stanno mettendo sempre più in evidenza i fattori<br />

d’inter<strong>di</strong>pendenza umana e gli effetti boomerang delle concezioni unilaterali<br />

del benessere. Questo, non solo per “l’altro più debole”, ma, alla lunga, anche<br />

per il sistema, più potente, che, a suo tempo, ha ritenuto più vantaggioso<br />

gestire la prima mossa in una prospettiva autoreferenziale <strong>di</strong> “non <strong>reciprocità</strong>”.<br />

Dall’altro è evidente che la consapevolezza <strong>di</strong> questa inter<strong>di</strong>pendenza non<br />

sembra essere un motivo sufficiente per innescare conseguenti comportamenti<br />

ispirati alla <strong>reciprocità</strong>. É come se la maggiore accessibilità delle informazioni<br />

e la vicinanza stessa creasse una nuova alienazione o una specie <strong>di</strong><br />

248


assuefazione alla convivenza tra il modernismo spinto e nuove forme <strong>di</strong><br />

inciviltà. Da un’intervista <strong>di</strong> Enzo Biagi a Pino Arlacchi, vice presidente<br />

dell’ONU, responsabile della Commissione contro la Criminalità, sono emerse<br />

delle informazioni agghiaccianti: il fenomeno più preoccupante <strong>di</strong> questi anni<br />

sarebbe il commercio <strong>di</strong> persone, soprattutto donne e bambini. Le cifre sono<br />

impressionanti: proprio nel nostro secolo il commercio <strong>di</strong> schiavi risalirebbe a<br />

30.000 unità, rispetto alle 12.000 dei millenni precedenti 123. Di fronte a questi<br />

dati, il nostro impegno e la nostra opzione verso la <strong>reciprocità</strong> assumono una<br />

<strong>di</strong>mensione naìf. Eppure verrebbe da chiedersi: nei progetti ufficiali i migranti<br />

sono definiti fasce deboli, ma loro come ci vedono? Il nostro atteggiamento<br />

verso l’altro, verso la salute, verso il denaro, verso il cibo, verso l’educare i<br />

nostri figli, verso la morte, come ci farà apparire? Deboli o forti?<br />

Abbiamo cercato <strong>di</strong> fare emergere il potenziale ruolo protettivo dello spazio<br />

della <strong>formazione</strong> professionale, rispetto al processo <strong>di</strong> stabilizzazione,<br />

evidenziando che essa può fornire sia un luogo <strong>di</strong> rispetto dell’ambivalenza,<br />

sia un luogo <strong>di</strong> appartenenza, sia un luogo <strong>di</strong> attività e <strong>di</strong> significati con<strong>di</strong>visi,<br />

sia un collegamento <strong>di</strong> sostegno rispetto alle altre situazioni ambientali<br />

sperimentate dal migrante <strong>nella</strong> fase <strong>di</strong> inserimento.<br />

Ipotizziamo quin<strong>di</strong> che i <strong>di</strong>versi percorsi formativi possano rimettere in<br />

moto la vitalità cognitiva e identitaria del soggetto migrante, risollevandolo<br />

dall'impatto dell’emergenza, e offrendogli nuovi e più ampi margini <strong>di</strong> libertà<br />

per effettuare le sue scelte.<br />

Abbiamo assunto, inoltre, l’ipotesi che il percorso della persona<br />

in <strong>formazione</strong> sia favorito se i rapporti tra gli attori della <strong>rete</strong> locale sono<br />

improntati, essi stessi, ad una prospettiva <strong>di</strong> <strong>reciprocità</strong>; e se gli eventuali no<strong>di</strong><br />

ed incidenti critici <strong>di</strong>ventano lo spunto per una maggiore consapevolezza dei<br />

rispettivi vincoli e del punto <strong>di</strong> vista dell'emigrante stesso, una volta entrato nel<br />

circuito assistenziale e/o formativo. Gli esempi <strong>di</strong> collaborazione riuscita,<br />

tuttora in via <strong>di</strong> ulteriore sviluppo e consolidamento, sono incoraggianti a<br />

questo proposito.<br />

Tuttavia abbiamo cercato <strong>di</strong> esplorare anche le ombre, le <strong>di</strong>fficoltà della<br />

cooperazione, o, almeno, <strong>di</strong> non farla apparire come qualcosa <strong>di</strong> scontato o <strong>di</strong><br />

esclusivamente ideologico. Per questo si richiede una scelta consapevole da<br />

parte dei singoli formatori ed operatori ad osservare anche se stessi ed a<br />

salvaguardare qualche spazio per la riflessione ed il confronto con i colleghi<br />

del territorio.<br />

Il suggerimento <strong>di</strong> partire dalla esplicitazione dei propri vincoli, nel<br />

confronto eterogeneo, va <strong>nella</strong> <strong>di</strong>rezione del riconoscimento del potere/sapere<br />

conquistato, da ognuno, <strong>nella</strong> con<strong>di</strong>visione quoti<strong>di</strong>ana delle pratiche<br />

professionali, <strong>nella</strong> propria microcultura istituzionale.<br />

Questo riconoscimento delle potenzialità innovative e non solo costrittive<br />

dei vincoli è stato posto alla base della similarità tra i <strong>di</strong>versi attori<br />

123 Trasmissione "Il fatto" <strong>di</strong> E:Biagi, TV1, 26/6/2000.<br />

249


e dell’isomorfismo tra i <strong>di</strong>versi ambiti esplorati: la <strong>formazione</strong> formatori, la<br />

comunicazione <strong>di</strong> <strong>rete</strong>, la comunicazione in classe.<br />

La presentazione degli elementi <strong>di</strong> eterogenità <strong>di</strong> una classe multietnica,<br />

seguita dal problema della vulnerabilità all’autodefinizione, vuol far leva più<br />

sulla importanza <strong>di</strong> atteggiamenti vigili e flessibili, che sulla somministrazione<br />

<strong>di</strong> tecniche da usare come ricette. Ognuno troverà le sue, sia ricorrendo ad altri<br />

contributi, sia pre<strong>di</strong>sponendosi ad un attegiamento <strong>di</strong> ricerca e <strong>di</strong><br />

collaborazione con colleghi più esperti.<br />

Si sono presentati esempi <strong>di</strong> violazioni <strong>di</strong> <strong>reciprocità</strong> e ci preme qui<br />

riprendere questo <strong>di</strong>scorso ad un livello più ampio <strong>di</strong> quello assunto nel testo,<br />

a proposito della <strong>formazione</strong>.<br />

Ricor<strong>di</strong>amo, ad esempio, la violazione che consiste nello scre<strong>di</strong>tare colui<br />

dal quale si vuole o si può riceve un aiuto. Dal punto <strong>di</strong> vista del rapporto, più<br />

generale, tra europei e migranti extracomunitari, questa modalità comunicativa<br />

può appoggiarsi su rappresentazioni sociali stereotipizzate. Si potrebbe fare<br />

l’esempio dell’atteggiamento <strong>di</strong>ffuso, tra noi italiani, in base al quale lasciamo<br />

ai migranti i lavori che noi non vogliamo più fare (asfaltare le strade, lavorare<br />

nelle acciaierie…) o che non riusciamo a fare (assistere gli anziani, gli<br />

han<strong>di</strong>cappati) e che ci sono comunque necessari, occultando la <strong>di</strong>mensione<br />

della richiesta d’aiuto a cui questi lavoratori migranti rispondono, e<br />

mascherandola con <strong>di</strong>chiarazioni generalizzanti (tolgono il lavoro ai nostri<br />

giovani, rubano, si drogano, sono sporchi). Queste <strong>di</strong>chiarazioni, da un lato,<br />

fanno apparire solo noi come le persone <strong>di</strong>sponibili che forniscono l’aiuto,<br />

e dall’altro <strong>di</strong>sconfermano sia il valore della prestazione dei migranti, spesso<br />

sottopagata e svolta in “nero”, sia il loro più ampio raggio <strong>di</strong> potenzialità<br />

professionali ed umane, come se fossero solo queste le prestazioni <strong>di</strong> cui essi<br />

fossero capaci.<br />

Benchè questo esempio evochi problematiche politiche ed economiche <strong>di</strong><br />

ben più vasta portata, è comunque interessante per ricordare che la<br />

comunicazione faccia a faccia con i migranti può risentire degli stereotipi<br />

comunicativi ai <strong>di</strong>versi livelli dell’ambiente.<br />

L’intolleranza razzista spesso nasce proprio quando gruppi <strong>di</strong> persone si<br />

convincono che gli stranieri siano sporchi, rubino, tolgano il lavoro ai nostri<br />

giovani. Queste rappresentazioni sociali, che sono spesso alla base delle<br />

presupposizioni unilaterali nascono dagli in<strong>di</strong>vidui e dai gruppi, per le strade,<br />

nei bar, negli uffici, sugli autobus, dove la gente commenta, analizza, scambia<br />

opinioni che influenzano, poi , i comportamenti quoti<strong>di</strong>ani. I corsisti migranti,<br />

soprattutto i futuri me<strong>di</strong>atori culturali, sono interessati ad aff ro n t a re<br />

nell’ambiente della scuola, che appare più protetto e dove il loro ruolo è più<br />

chiaro, il problema dei pregiu<strong>di</strong>zi, degli stereotipi, delle incomprensioni; sono<br />

molto curiosi <strong>di</strong> avere informazioni dai docenti su che cosa la gente là fuori,<br />

per la strada, sugli autobus, nei posti <strong>di</strong> lavoro pensa <strong>di</strong> loro, come migranti.<br />

All’inizio quando una persona sull’autobus stringeva la borsetta o si<br />

scostava io mi sentivo male, accusato, nudo …. La scuola mi ha dato come un<br />

250


vestito, una cosa intorno che mi protegge. Io adesso penso che questa gente lo<br />

fa per pregiu<strong>di</strong>zio , che non si riferisce proprio a me e che io so delle cose che<br />

lui non sa…Da quando vado a scuola, per la strada, in certi momenti mi<br />

scopro che sono tranquillo. (un corsista della Costa D’avorio )<br />

Dice Camilleri (1979, pag.66): “Le minoranze dei migranti in una società<br />

culturalmente antagonista, sono condannate a inventare una denaturazione<br />

calcolata della loro identità, tale che esse continuino a riconoscersi, <strong>di</strong>ventando<br />

sufficientemente altre per vivere con gli altri”.<br />

La prospettiva dell’autodefinizione e della <strong>reciprocità</strong> rifiuta l’ineluttabilità<br />

<strong>di</strong> questa condanna perché vede l’incontro tra appartenenti a culture <strong>di</strong>verse<br />

come una opportunità <strong>di</strong> scambio e <strong>di</strong> riorganizzazione delle identità culturali,<br />

senza che nessuna <strong>di</strong> queste debba snaturarsi in nome dell’altra. La chiusura<br />

monoculturale tende, infatti, a far <strong>di</strong>menticare o dare per scontate le proprie<br />

tra<strong>di</strong>zioni, mentre una concezione positiva dello scambio tra culture ,<br />

costringendo i protagonisti dello scambio a rivalutare le tra<strong>di</strong>zioni e i riti propri<br />

delle rispettive etnie, può innescare anche una rivitalizzazione degli elementi<br />

della cultura autoctona. (Parrinello, 1993)<br />

In questa ottica sarebbe importante, nei lavori futuri, capire meglio<br />

i microprocessi in cui siamo coinvolti come operatori e come docenti. Passare<br />

cioè a ricerche qualitative sul campo, a progetti <strong>di</strong> <strong>formazione</strong>-ricerca, in cui i<br />

migranti possano essere coinvolti in modo attivo, nel modo <strong>di</strong> documentare la<br />

loro esperienza <strong>di</strong> stage, nel renderci più consapevoli della ricchezza e dello<br />

sforzo che comporta, anche sul piano cognitivo, l’inevitabile naturalezza della<br />

l o ro visione b i n o c u l a re; in definitiva, che essi potessero essere più<br />

esplicitamente i nostri partner <strong>nella</strong> ridefinizione dei setting form a t i v i .<br />

Ciò comporterebbe senz’altro una rivitalizzazione delle nostre concezioni e<br />

nuove idee, nuove percezioni dei vincoli, come lo <strong>di</strong>mostrano già alcune<br />

ricerche che vanno in questa <strong>di</strong>rezione 124.<br />

Per il momento ci siamo limitati a consigliare un atteggiamento <strong>di</strong> cautela<br />

verso l’adattamento forzato, e un atteggiamento <strong>di</strong> generica consapevolezza<br />

della complessità dei <strong>di</strong>versi modelli <strong>di</strong> insegnamento-appren<strong>di</strong>mento che<br />

possono fare da filtro tra i migranti e le nostre scuole professionali. Abbiamo<br />

soprattutto invitato a non <strong>di</strong>menticare la complessità dell’altro ed a costruire<br />

patti formativi che consentano <strong>di</strong> fare emergere questa complessità.<br />

Abbiamo sostenuto la opportunità <strong>di</strong> un atteggiamento che oscilla tra il<br />

mettersi nei panni dell’altro, per aiutare noi stessi a comprendere la complessità<br />

dello scambio in cui siamo coinvolti (allenamento alla doppia descrizione) e<br />

quin<strong>di</strong> ritornare imme<strong>di</strong>atamente dopo nei propri panni, un po’ trasformati da<br />

questa migrazione nell’altro, per poter collaborare o aiutarlo davvero.<br />

Siamo davvero convinti che sia un modo <strong>di</strong> partire con il piede giusto.<br />

Ora, il desiderio, è andare oltre questa prima mossa.<br />

124 Si vedano, ad esempio, i già citati: Massa e altri, 1994; Carlini G., 1991; Demetrio D., 1984,1992.<br />

251


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White S.H. The active organism in theoretical behaviorism, in Human devoloppement,<br />

citato in Miller P.H., op.cit., 1976.<br />

256


Allegato n. 1<br />

CORSI DI ORIENTAMENTO DI 30 ORE<br />

RIVOLTI AI MINORI STRANIERI<br />

Maggio 1999<br />

PROGETTO EUROPEO INTEGRA I.TER<br />

257


CORSO: rivolto a minori <strong>Migranti</strong><br />

MATERIA: Orientamento al lavoro<br />

DURATA: 30 ore<br />

Obiettivo finale<br />

Si propone ai giovani <strong>Migranti</strong>, che intendono intraprendere un percorso <strong>di</strong><br />

verifica-mo<strong>di</strong>fica della rappresentazione del “Sé” nel passaggio dal paese<br />

d’origine all’Italia, <strong>di</strong> rielaborare le conoscenze, le competenze e le padronanze<br />

acquisite in patria. In una seconda fase l'utenza deve essere in gado <strong>di</strong><br />

in<strong>di</strong>viduare l’orientamento formativo e professionale fattibile e spen<strong>di</strong>bile nel<br />

paese che li ospita. L’obiettivo finale è rappresentato dall’inserimento del<br />

giovane in un percorso (che preveda la compresenza <strong>di</strong> più in<strong>di</strong>rizzi) formativo<br />

e/o lavorativo da lui scelto ed accettato con cognizione <strong>di</strong> causa per il<br />

successivo ingresso nel mercato del lavoro.<br />

258<br />

Note tecniche<br />

Luogo <strong>di</strong> svolgimento: <strong>Casa</strong> Di <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri <strong>di</strong> Corso B. Brin, 26<br />

Data d’inizio : 4 Maggio 1999 ore 14<br />

Orario: lunedì/martedì/giovedì ore 14 - 17<br />

Partecipanti : Minori <strong>Migranti</strong> in possesso <strong>di</strong> un secondo livello (basso) <strong>di</strong><br />

alfabetizzazione e <strong>di</strong> età non superiore ai 18 anni. Per i Minori soli è sufficiente<br />

la presentazione della pratica/o presa in carico per l’ottenimento della tutela.<br />

Si richiede al Centro Interculturale <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>sporre l’utilizzo <strong>di</strong> un Me<strong>di</strong>atore<br />

Culturale per 8 ore, e <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>atori che stanno frequentando il corso alla <strong>Casa</strong><br />

<strong>di</strong> <strong>Carità</strong> Arti e Mestieri e svolgono attività <strong>di</strong> Stage.<br />

Informazioni e iscrizioni<br />

Sportello Orientamento Lavoro <strong>Migranti</strong> C. so B. Brin, 26<br />

Tel. 011/258488<br />

Orari:<br />

lun. 15 - 18; mart. 18 - 21;<br />

merc. e ven. 9 - 12.<br />

Sportello Orientamento <strong>Migranti</strong> della C.d.C. presso il C.T.P.<br />

Parini e Braccini in collaborazione con i referenti scolastici


1.<br />

ARGOMENTI<br />

OBIETTIVI<br />

CONTENUTI DA<br />

TRASMETTERE<br />

SUSSIDI E<br />

STRUMENTI<br />

DIDATTICI<br />

2.<br />

ARGOMENTI<br />

OBIETTIVI<br />

CONTENUTI DA<br />

TRASMETTERE<br />

SUSSIDI E<br />

STRUMENTI<br />

DIDATTICI<br />

PROGRAMMA DEL CORSO<br />

• Accoglienza e relativa mappa <strong>di</strong> riferimento<br />

(paese d’origine e paese d’arrivo)<br />

• Contatto e presa in carico dei servizi nel territorio locale<br />

Far emergere le competenze, le abilità acquisite dal Migrante<br />

nel suo Paese d’origine, <strong>nella</strong> sua storia passata coniugandole<br />

con le opportunità offerte dalla <strong>rete</strong> territoriale locale<br />

attraverso un percorso strutturato <strong>di</strong> orientamento alla<br />

<strong>formazione</strong> e al lavoro.<br />

a. Il recupero della memori;<br />

b. Comparazione con il Paese d’arrivo<br />

c. Raccolta dati personali<br />

d. Prima definizione della scelta formativa e lavorativa<br />

• Brain storming con il sostegno del Me<strong>di</strong>atore culturale<br />

• Esercizi in<strong>di</strong>viduali e <strong>di</strong> gruppo sostenuti dal Me<strong>di</strong>atore<br />

culturale<br />

• Deco<strong>di</strong>fica dei messaggi avendo particolare attenzione del<br />

substrato culturale del Migrante<br />

• Schede sinottiche<br />

• Rappresentazioni degli interessi e delle motivazioni<br />

• Presentazione delle risorse - servizi offerti dal territorio ai<br />

citta<strong>di</strong>ni <strong>Migranti</strong><br />

• Orientamento e primo bilancio <strong>di</strong> preferenze<br />

L’allievo dovrà essere in grado <strong>di</strong> definire: quali sono e<br />

proprie caratteristiche personali, quali sono i suoivincoli in<br />

un contesto monoculturale ed interculturale, quali sono le<br />

sue preferenze nel definire un progetto professionale,<br />

avendo presente le risorse che il territorio offre per<br />

svolgere una proficua attività <strong>di</strong> ricerca del lavoro.<br />

a. Analisi del Sé<br />

b. Bilancio <strong>di</strong> interessi personali e i vari atteggiamenti<br />

culturali<br />

c. I servizi territoriali<br />

• Scheda personale<br />

• Scheda rappresentazione interessi e motivazioni<br />

• Bilancio <strong>di</strong> preferenze e <strong>di</strong> competenze<br />

• Schede servizi territoriali<br />

• Brain-Storming<br />

259


3.<br />

ARGOMENTI<br />

OBIETTIVI<br />

CONTENUTI DA<br />

TRASMETTERE<br />

SUSSIDI E<br />

STRUMENTI<br />

DIDATTICI<br />

4.<br />

ARGOMENTI<br />

OBIETTIVI<br />

CONTENUTI DA<br />

TRASMETTERE<br />

SUSSIDI E<br />

STRUMENTI<br />

DIDATTICI<br />

260<br />

• Presentazione dei profili professionali<br />

• Fabbisogni lavorativi richiesti dal territorio locale<br />

• Vincoli e prospettive<br />

• Carta dei Mestieri<br />

Far emergere i profili professionali previsti dai corsi professionali<br />

al lavoro nei vari Centri associati in <strong>rete</strong>. Tale attività dovrà<br />

evidenziare i vincoli, i pre-requisiti e le prospettive collegati allo<br />

svolgimento della mansione prevista dal profilo professionale<br />

presentato. Al termine <strong>di</strong> questa fase ciascun utente effettuerà<br />

una prima scelta cercando <strong>di</strong> evidenziare le caratteristiche <strong>di</strong> un<br />

mestiere <strong>di</strong> sua scelta.<br />

a. La motivazione e i bisogni umani<br />

b. La motivazione come strategia per il successo<br />

c. I criteri <strong>di</strong> scelta <strong>di</strong> un mestiere<br />

d. Figure professionali in crescita e in declino<br />

e. Tendenze del mercato del lavoro in riferimento ai migranti<br />

• Scheda personale<br />

• Scheda rappresentazione motivazioni<br />

• Repertorio dei profili professionali e delle opportunità<br />

lavorative e formative offerte dal territorio<br />

• Schede servizi territoriali<br />

• Brain-Storming<br />

• Stage orientativo (visita realtà formative, consultive,<br />

lavorative)<br />

Presentare attraverso una serie <strong>di</strong> visite guidate le reali<br />

opportunità <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> professionalizzante offerte dal<br />

territorio. Inoltre gli utenti avranno l’opportunità <strong>di</strong> visitare<br />

centri territoriali che si occupano <strong>di</strong> mettere in contatto<br />

domanda e offerta <strong>di</strong> lavoro e una serie <strong>di</strong> realtà produttive<br />

selezionate in base ai possibili sbocchi pro f e s s i o n a l i<br />

in<strong>di</strong>viduati.<br />

a. Visita guidata presso l’agenzia formativa<br />

b. Visita guidata presso l’Agenzia per l’impiego<br />

• Scheda personale<br />

• Stage orientativo<br />

• Autovalutazione orientativa<br />

• Brain-Storming


5.<br />

ARGOMENTI<br />

OBIETTIVI<br />

CONTENUTI DA<br />

TRASMETTERE<br />

SUSSIDI E<br />

STRUMENTI<br />

DIDATTICI<br />

• Nuovo colloquio<br />

• Progetto personale<br />

Formalizzare il livello <strong>di</strong> orientamento maturato dal Migrante<br />

attraverso un nuovo colloquio fra l’Utente, il tutor orientativo<br />

e il me<strong>di</strong>atore culturale. Alla luce <strong>di</strong> quanto emerso dal<br />

p e rcorso <strong>di</strong> orientamento verrà formulato un pro g e t t o<br />

personale o patto formativo che conterrà la scelta <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzo<br />

formativo finale da intraprendere.<br />

a. Raccolta dati personali<br />

b. Definizione della scelta<br />

c. Rinegoziazione del progetto<br />

• Scheda personale<br />

• Progetto personale<br />

• Contratto<br />

• Presenza del Me<strong>di</strong>atore culturale<br />

261


262<br />

DESCRIZIONE ANALITICA DEL PROGRAMMA<br />

e SOGGETTI REFERENTI<br />

1. DESCRIZIONE DELLE FASI DEL PERCORSO<br />

Accoglienza e contatto con successiva presa in carico<br />

In questa fase l’utente è invitato a prendere conoscenza del percorso <strong>di</strong><br />

orientamento proposto e a formalizzare la sua partecipazione a esso.<br />

Modalità : sportello presso la Parini e la Braccini con l’utilizzo <strong>di</strong> due<br />

me<strong>di</strong>atori e presentazione e finalità dell'orientamento all'utenza minore.<br />

COGNOME E NOME:<br />

INDIRIZZO: n. CAP Prov.<br />

PRESSO: Tel.<br />

NATO/A A: il<br />

NAZIONE:<br />

SCHEDA D’ISCRIZIONE AI CORSI D’ORIENTAMENTO<br />

PER GIOVANI CITTADINI MIGRANTI MINORI<br />

PRATICA DI REGOLARIZZAZIONE:<br />

REFERENTE (eventuale tutela):<br />

ISCRIZIONE AL CORSO DEL:<br />

COGNOME E NOME:<br />

Data d’iscrizione:<br />

MATTINO<br />

POMERIGGIO<br />

RICEVUTA D’ISCRIZIONE


Fase 1 : accoglienza<br />

L’utente viene accolto nel centro, vengono presentate le modalità e le<br />

finalità del percorso e, contestualmente, viene effettuata una prima<br />

ricognizione della sua storia personale e delineata una prima mappa dei servizi<br />

con i quali ha avuto contatti.<br />

Fase 2 : primo bilancio <strong>di</strong> competenze<br />

L’utente, guidato dal tutor orientativo e coa<strong>di</strong>uvato dal me<strong>di</strong>atore culturale,<br />

procede ad un’analisi, sia pure approssimativa e provvisoria, delle proprie<br />

competenze conseguite nel paese d’origine e all’estero, interessi, desideri,<br />

potenzialità. Propedeutica a questa fase è il confronto tra usi, costumi,<br />

tra<strong>di</strong>zioni, mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> vita, <strong>di</strong> organizzazione del sapere e del lavoro <strong>nella</strong> cultura<br />

d’origine e in quella d’arrivo. In tale fase l’approccio sarà in parte collettivo, in<br />

parte in<strong>di</strong>viduale.<br />

Fase 3 : presentazione dei profili professionali<br />

Vengono presentati i profili professionali previsti dai corsi <strong>di</strong> preparazione<br />

al lavoro nei vari Centri associati in <strong>rete</strong>. Tale attività dovrà evidenziare i<br />

vincoli, i pre-requisiti e le prospettive collegati allo svolgimento della mansione<br />

prevista dal profilo professionale presentato. Al termine <strong>di</strong> questa fase ciascun<br />

soggetto effettuerà una prima scelta dell’in<strong>di</strong>rizzo che intende seguire. In<br />

subor<strong>di</strong>ne è prevista la possibilità <strong>di</strong> orientare e accompagnare <strong>nella</strong> ricerca del<br />

lavoro quei soggetti che presentano già una sufficiente professionalità per<br />

l’entrata nel mondo del lavoro.<br />

Fase 4 : stage orientativo<br />

Vengono presentate attraverso una serie <strong>di</strong> visite guidate le re a l i<br />

opportunità <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> professionalizzante offerte dal territorio. Inoltre gli<br />

utenti avranno l’opportunità <strong>di</strong> visitare centri territoriali che si occupano <strong>di</strong><br />

mettere in contatto domanda e offerta <strong>di</strong> lavoro (CILO, Orientamento lavoro<br />

<strong>Migranti</strong> - Sportello O.L.M., Agenzia per l’Impiego…) e una serie <strong>di</strong> realtà<br />

produttive selezionate in base ai possibili sbocchi professionali in<strong>di</strong>viduati.<br />

Fase 5 : progetto personale e contratto<br />

E’ previsto un nuovo colloquio fra l’utente, tutor orientativo e me<strong>di</strong>atore<br />

culturale. Alla luce <strong>di</strong> quanto emerso dal percorso <strong>di</strong> orientamento verrà<br />

formulato un progetto personale o patto formativo che conterrà la scelta <strong>di</strong><br />

in<strong>di</strong>rizzo formativo finale da intraprendere.<br />

263


264<br />

2. ÉQUIPE<br />

E’ composta dai <strong>di</strong>versi tutor del <strong>di</strong>spositivo (i tutor orientativi gli insegnanti<br />

che gestiscono le lezioni d’orientamento- quelli dello sportello, il me<strong>di</strong>atore<br />

culturali), dal coor<strong>di</strong>natore professionale, e da quanti altri siano coinvolti <strong>nella</strong><br />

<strong>rete</strong> (scuola, servizi orientativi e <strong>di</strong> politiche del lavoro, sportelli per <strong>Migranti</strong>,<br />

imprese,...)<br />

3. VERIFICA<br />

• In itiner e:<br />

sarà compito dei tutor orientativi e del me<strong>di</strong>atore culturale cogliere ed<br />

evidenziare le mo<strong>di</strong>ficazioni che intervengono <strong>nella</strong> rappresentazione del<br />

sé, da parte delle <strong>di</strong>verse agenzie (scuole, F.P., aziende) e registrarle<br />

all’interno della scheda personale.<br />

• Finale:<br />

la valutazione finale sarà rappresentata dalla stesura del progetto personale<br />

<strong>di</strong> <strong>formazione</strong> e dalla adesione ad un successivo percorso educativo,<br />

formativo, lavorativo.<br />

4. CONCLUSIONE DELLE ATTIVITÀ DI ORIENTAMENTO<br />

Al termine del corso <strong>di</strong> Orientamento <strong>di</strong> 30 ore il corpo docente ha deciso<br />

<strong>di</strong> consolidare i rapporti <strong>di</strong> <strong>rete</strong> dei servizi territoriali che hanno collaborato,<br />

con sod<strong>di</strong>sfazioni delle parti, all’attuazione dei corsi. I formatori considerano<br />

importante organizzare un incontro con i referenti della <strong>rete</strong> territoriale da<br />

tenersi presso il Ns/C.F.P nel mese <strong>di</strong> giugno<br />

In questa sede sono stati trattati i seguenti punti:<br />

• i dati raccolti sul corso <strong>di</strong> Orientamento svolto dai giovani <strong>Migranti</strong>;<br />

• l’eventuale possibile corso <strong>di</strong> <strong>formazione</strong> da svolgere da parte del giovane<br />

Migrante nell’A.F. 1999/2000;<br />

• l’eventuale pre-iscrizione;<br />

• le strategie da attuare per rendere possibile l’ottenimento del Permesso <strong>di</strong><br />

Soggiorno.<br />

I referenti della <strong>rete</strong> territoriale sono:<br />

• Parini, Braccini;<br />

• Cooperativa A.M.M.C;<br />

• Ufficio minori stranieri;<br />

• Caritas;<br />

• Comunità;<br />

• I.R.E.S.;<br />

• Centro Interculturale;<br />

Si considera utile informare i Giu<strong>di</strong>ci tutelari e l’Ufficio stranieri della<br />

Questura.


5. GESTIONE DELLA RACCOLTA DATI E LORO<br />

RISERVATEZZA<br />

Tutti i dati personali raccolti, a livello informativo, sull’utenza migrante che ha<br />

frequentato i due corsi <strong>di</strong> Orientamento <strong>di</strong> 30 ore, hanno la seguente funzione:<br />

• C o m p a r a re i dati all’interno della <strong>rete</strong> strutturata, attraverso una<br />

collaborazione coor<strong>di</strong>nata e progettata a monte, che permetta <strong>di</strong> veicolare<br />

i giovani migranti nel doppio binario integrato tra Form a z i o n e<br />

professionale e Licenza me<strong>di</strong>a rispettivamente nell’anno formativo e<br />

nell’anno scolastico 1999/2000;<br />

• Permettere una più stretta collaborazione tra i servizi sociali del Comune e<br />

le Associazioni private che promuovono le azioni <strong>di</strong> Assistenza e <strong>di</strong><br />

Soggiorno residenziale;<br />

• R e n d e re visibile agli organi giu<strong>di</strong>ziari competenti il lavoro<br />

p rofessionalizzante messo in atto dai servizi territoriali (tra cui la<br />

<strong>formazione</strong> professionale), con l’obiettivo <strong>di</strong> promuovere azioni che<br />

facilitino l'inserimento del giovane migrante nel tessuto sociale.<br />

Tutti i dati personali raccolti sui giovani <strong>Migranti</strong> sono utilizzati all’interno<br />

della Formazione professionale, della Formazione scolastica e della <strong>rete</strong><br />

citta<strong>di</strong>na che collabora nelle azioni <strong>di</strong> recupero dei giovani <strong>Migranti</strong>.<br />

6. FINALITÁ DEI DATI RACCOLTI E INFORMAZIONI<br />

RELATIVE ALLE FREQUENZE<br />

Tutti i dati personali raccolti, a livello informativo, sull’utenza Migrante che ha<br />

frequentato i due corsi <strong>di</strong> Orientamento <strong>di</strong> 30 ore, hanno la seguente funzione:<br />

• C o m p a r a re i dati all’interno della <strong>rete</strong> strutturata, attraverso una<br />

collaborazione coor<strong>di</strong>nata e progettata a monte, che permetta <strong>di</strong> veicolare<br />

i giovani migranti nel doppio binario integrato tra F o rm a z i o n e<br />

Professionale Regionale e Licenza me<strong>di</strong>a rispettivamente nell’anno<br />

formativo e nell’anno scolastico 1999/2000;<br />

• Permettere una proficua collaborazione tra i servizi sociali del Comune e le<br />

Associazioni private che promuovono le azioni <strong>di</strong> Assistenza e <strong>di</strong><br />

Soggiorno residenziale ;<br />

• R e n d e re visibile agli organi giu<strong>di</strong>ziari competenti il lavoro<br />

professionalizzante messo in atto dai servizi territoriali (tra cui la<br />

<strong>formazione</strong> professionale), con l’obiettivo <strong>di</strong> promuovere azioni che<br />

facilitino l'inserimento del giovane migrante nel tessuto sociale.<br />

Tutti i dati personali raccolti sui giovani <strong>Migranti</strong> sono utilizzati all’interno<br />

della Formazione professionale, della Formazione scolastica e della <strong>rete</strong><br />

citta<strong>di</strong>na che collabora nelle azioni <strong>di</strong> sostegno e <strong>di</strong> recupero dei giovani<br />

<strong>Migranti</strong>.<br />

265


Dati quantitativi:<br />

Numero totale allievi orientati dalle scuole: 35<br />

Numero allievi frequentanti su quelli orientati dalle scuole: 30<br />

Numero allievi non frequentanti su quelli orientati dalle scuole: 5<br />

Osservazioni: da questi dati emerge la serietà del lavoro <strong>di</strong> <strong>rete</strong> svolto:<br />

intervento dei me<strong>di</strong>atori all’interno delle scuole; presentazione del corso da<br />

parte degli orientatori; accordo a monte tra CFP e scuole sia in ambito<br />

organizzativo, sia in quello inerente la selezione: 2° livello <strong>di</strong> alfabetizzazione;<br />

“presa in carico” professionalizzante da parte degli operatori.<br />

Braccini 12<br />

Parini 17<br />

Non frequentanti 1<br />

Anno <strong>di</strong> nascita dei corsisti:<br />

1980 n: 1<br />

1981 n: 4<br />

1982 n: 19<br />

1983 n: 6<br />

Mesi <strong>di</strong> presenza in Italia:<br />

5 mesi n: 2<br />

6 mesi n: 2<br />

8 mesi n: 7<br />

9 mesi n: 3<br />

10 mesi n: 6<br />

11 mesi n: 2<br />

12 mesi n: 3<br />

dai 13 mesi ai 16 mesi n: 3<br />

oltre 24 mesi n: 2<br />

Collocazione residenziale:<br />

Camunità stabili (Ma<strong>di</strong>am…) n: 10<br />

1a Accoglienza n: 6<br />

Con solo padre n: 1<br />

fratello, zio, cugino n: 11<br />

in famiglia n: 2<br />

Regolarizzazione:<br />

Domanda <strong>di</strong> tutela/senza tutela n: 22<br />

con tutela n: 6<br />

con permesso <strong>di</strong> soggiorno n: 2<br />

Scelte formative dell’allievo, loro significato e preiscrizioni nei corsi per<br />

<strong>Migranti</strong> e nei corsi P.A.L.( Preparazione al Lavoro).<br />

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Allegato n. 2<br />

ESEMPI DI SCHEDE<br />

DI RESOCONTO INDIVIDUALE<br />

a) Al momento dell’iscrizione al Corso <strong>di</strong> Orientamento<br />

b) Al momento dell’iscrizione al Corso Professionale<br />

c) Esempio <strong>di</strong> modello operativo<br />

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