i primi capitoli - Università degli studi di Cagliari.
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Osvaldo Loi<br />
La<br />
La<br />
Filonzana<br />
Filonzana
PARTE PRIMA<br />
IL IL IL RITORNO RITORNO DI<br />
DI<br />
JUBAYL<br />
JUBAYL
CAPITOLO UNO<br />
Un nuovo equinozio <strong>di</strong> primavera era arrivato e con<br />
esso il gioioso risveglio della natura, della vita, della<br />
febbrile attività <strong>degli</strong> uomini e <strong>degli</strong> animali. Per<br />
Crecu l’equinozio significava, all'opposto, un periodo<br />
triste, pesante <strong>di</strong> ricor<strong>di</strong> e <strong>di</strong> dolore.<br />
Erano tre gli equinozi <strong>di</strong> primavera trascorsi dalla<br />
morte <strong>di</strong> Ebra, la figlia maggiore. Era morta mentre<br />
dava alla luce la sua secondogenita. Brùscia, la<br />
sacerdotessa, che era stata a fianco della giovane,<br />
nulla aveva potuto per salvarle la vita. Aveva salvato,<br />
invece, la piccina.<br />
Crecu per lungo tempo si era rifiutato <strong>di</strong> vederla.<br />
Trovava intollerabile che quel piccolo essere<br />
insignificante e urlante avesse ucciso sua figlia. Solo<br />
il dolore <strong>di</strong> Tira, sua fedele compagna e madre <strong>di</strong><br />
Ebra, lo aveva convinto a desistere da tale ripu<strong>di</strong>o. Ma<br />
le parole <strong>di</strong> Tira sull’ineluttabilità della morte e la<br />
necessità <strong>di</strong> accogliere la nuova vita, in sostituzione <strong>di</strong><br />
quella che se n’era andata, non riuscivano a<br />
convincerlo, tanto meno a consolarlo.<br />
Solo quando la piccola, alla quale fu imposto il<br />
nome <strong>di</strong> Ninìa, ebbe superato i due anni, Crecu<br />
cominciò ad accettarla e ad osservare quella creatura,
incolpevole <strong>di</strong> ciò che la vita le aveva riservato.<br />
Finalmente, intenerito dalle manifestazioni <strong>di</strong> affetto e<br />
dai sorrisi che la bambina offriva anche a<br />
quell’imbronciato e scontroso <strong>di</strong> suo nonno, rinunciò a<br />
scacciarla da se.<br />
Dopo la morte <strong>di</strong> Ebra, la malasorte si accanì<br />
ancora contro la famiglia <strong>di</strong> Crecu. Lèbie, il marito <strong>di</strong><br />
Ebra, morì improvvisamente l’anno appresso, senza<br />
che nessuno sapesse spiegarne la ragione. Si accasciò<br />
una sera, accanto al fuoco, e non ci fu possibilità <strong>di</strong><br />
rianimarlo. Chiuso in se stesso, dopo la scomparsa<br />
della moglie, aveva smesso <strong>di</strong> provare interesse per la<br />
vita e la sua <strong>di</strong>partita pose fine al suo volontario esilio<br />
dal mondo circostante.<br />
I figli <strong>di</strong> Ebra, Istore, il primogenito, che aveva<br />
ere<strong>di</strong>tato il nome dal nonno paterno, e la piccola<br />
Ninìa, erano cresciuti nella capanna <strong>di</strong> Crecu, sotto lo<br />
sguardo vigile e attento <strong>di</strong> Tira, la quale si fece carico<br />
<strong>di</strong> guidare i componenti della propria famiglia,<br />
cercando <strong>di</strong> alleviare il dolore che l’aveva colpita.<br />
Senza la sua energia e la sua forza d’animo l’intero<br />
nucleo familiare sarebbe caduto nel <strong>di</strong>sfacimento<br />
totale. Solo dalla fine dell’ultimo autunno sembravano<br />
essere tornate le or<strong>di</strong>narie abitu<strong>di</strong>ni, anche se ciascuno<br />
<strong>di</strong> loro continuava a sentire un sordo, incessante e<br />
inestinguibile dolore.<br />
Quella mattina, come tante altre mattine, Crecu era<br />
salito in cima al nuraghe <strong>di</strong> Saòmo e, poggiato al<br />
parapetto che contornava il terrazzo, lasciava andare<br />
lo sguardo nelle <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>rezioni, ammirando la<br />
bellezza <strong>di</strong> ciò che lo circondava.<br />
L’inverno era stato lungo e freddo. C’erano state<br />
abbondanti nevicate, molte <strong>di</strong> più <strong>di</strong> quanto si fosse<br />
abituati a vederne, anche nelle annate più rigide.<br />
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Quando non nevicava e la temperatura era meno<br />
inclemente, pioveva. E quando non pioveva il vento <strong>di</strong><br />
maestrale soffiava senza requie, rendendo la vita<br />
<strong>di</strong>fficile.<br />
Solo dalla settimana precedente l’inverno aveva<br />
lasciato spazio ad un timido sole e ora, finalmente,<br />
una bella giornata. Nei campi, il grano aveva<br />
raggiunto l’altezza <strong>di</strong> un palmo e brillava <strong>di</strong> verde<br />
intenso. Sulle pen<strong>di</strong>ci delle colline e sui campi incolti,<br />
i fiori bianchi e rosa dell’asfodelo, a tratti,<br />
dominavano sugli altri colori, mentre il giallo dei fiori<br />
delle ginestre si mescolava con il verde brillante<br />
dell’euforbia. Le piante e gli arbusti si apprestavano a<br />
pavesarsi <strong>di</strong> fiori per mostrarsi al sole della primavera<br />
che stava per cominciare. Gli uccelli e gli animali del<br />
bosco tornavano a lanciare i propri richiami.<br />
Il mare, in lontananza, appariva invitante anche a<br />
chi, come Crecu, lo considerava un elemento ostile e<br />
dal quale era meglio tenersi lontano.<br />
I ruscelli erano in piena e le nevi, che per lunghi<br />
mesi avevano fatto corona alla Terra <strong>di</strong> Inòghe, si<br />
stavano sciogliendo velocemente. Crecu si augurava<br />
che la primavera mantenesse le promesse che stava<br />
facendo quella mattina.<br />
Il capotribù amava quella terra. Da conta<strong>di</strong>no ne<br />
apprezzava la forza, la ruvidezza e la generosità.<br />
Abitava nel territorio del nuraghe <strong>di</strong> Saòmo, situato al<br />
centro <strong>di</strong> quella che veniva chiamata la Terra <strong>di</strong><br />
Inòghe e ne era <strong>di</strong>ventato il capo riconosciuto. Era<br />
stato nominato anche capo della Federazione, che<br />
raccoglieva le genti <strong>di</strong> altre sei tribù del territorio. Era<br />
un incarico che non aveva voluto e per il quale era<br />
stato costretto a combattere, mettendo in gioco la<br />
propria vita. Aveva vinto contro un avversario che<br />
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aveva tentato <strong>di</strong> ucciderlo a tra<strong>di</strong>mento, con la<br />
complicità <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui più abietti <strong>di</strong> altri. Era riuscito<br />
a sopravvivere e ad imporre la propria autorità, grazie<br />
al rispetto che suscitava nelle persone che entravano<br />
in contatto con lui. Aveva cercato <strong>di</strong> apportare dei<br />
miglioramenti nella vita <strong>di</strong> quella terra, occupandosi<br />
<strong>di</strong> coloro che avevano necessità <strong>di</strong> sostegno, ma si era<br />
<strong>di</strong>mostrato inflessibile quando si era trattato <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>fendere gli abitanti contro i ladri <strong>di</strong> bestiame o i<br />
razziatori che arrivavano dai territori limitrofi. Aveva<br />
giu<strong>di</strong>cato e punito in prima persona, mosso, insieme,<br />
dalla comprensione e dalla fermezza. Non si era mai<br />
pentito delle sue decisioni. Si era fatto dei nemici, ma<br />
anche questi dovevano riconoscerne il valore e<br />
avevano abbastanza timore per non sfidarlo<br />
apertamente.<br />
Tutto questo, mentre guardava il panorama, era<br />
<strong>di</strong>menticato. La bellezza <strong>di</strong> ciò che lo circondava<br />
sembrava lenire il dolore che provava e che, in alcuni<br />
giorni, era così intenso da sopravanzare qualunque<br />
altro sentimento o pensiero.<br />
Era talmente immerso nelle sue riflessioni che non<br />
si riscosse neppure quando una voce gli parlò. Si<br />
accorse <strong>di</strong> non essere più solo quando una piccola<br />
mano gli sfiorò la gamba e la voce <strong>di</strong> Istore ripeté, per<br />
la seconda volta: - Vieni nonno, dobbiamo andare.<br />
Mentre si avvicinava alla costa, Jubayl si rese conto<br />
che il ponte era più goffo <strong>di</strong> quanto ricordasse. I<br />
pilastri <strong>di</strong> pietra e le volte <strong>di</strong> legno non avevano nulla<br />
dell’eleganza dei ponti che aveva osservato nelle terre<br />
visitate nei suoi trent’anni <strong>di</strong> navigazione. Pratico, lo<br />
era sicuramente. Brillante era stata l’idea <strong>di</strong> costruirlo.<br />
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Quanto ai progettisti e ai costruttori, beh, ci sarebbe<br />
stato parecchio da ri<strong>di</strong>re. Le volte <strong>di</strong> legno, anziché <strong>di</strong><br />
pietra, dal punto <strong>di</strong> vita dell’ingegneria, non<br />
rappresentavano certamente la soluzione migliore.<br />
Cinque anni erano trascorsi dal giorno in cui,<br />
comandante <strong>di</strong> una flotta imponente, si era trovato a<br />
visitare, per la prima volta, quella terra. Tornò con la<br />
mente all’incarico affidatogli dal sovrano della sua<br />
città e a come lo aveva eseguito. Aveva <strong>stu<strong>di</strong></strong>ato il<br />
territorio e gli abitanti, affidandosi a decine <strong>di</strong><br />
esploratori. Aveva preso contatto con le genti del<br />
luogo e aveva cercato l’accordo con i capitribù, nella<br />
speranza <strong>di</strong> poter organizzare un approdo<br />
commerciale permanente. Fortunatamente, il loro capo<br />
aveva <strong>di</strong>mostrato curiosità per la proposta e,<br />
nonostante la <strong>di</strong>ffidenza, aveva reso possibile<br />
un’intesa fra i due popoli che mai, prima d’allora, si<br />
erano incontrati, almeno non nella Terra <strong>di</strong> Inòghe.<br />
Jubayl era assorto nei suoi pensieri, ripensando ai<br />
giorni che aveva trascorso con Crecu, quando si rese<br />
conto che la nave aveva cominciato le manovre <strong>di</strong><br />
attracco. Ricordava che il porto era al <strong>di</strong> là del ponte e<br />
aveva previsto che ci sarebbe voluto ancora del tempo<br />
prima <strong>di</strong> iniziare ad accostare alla riva. Solo allora<br />
notò che il ponte era stato mo<strong>di</strong>ficato. Era uno <strong>di</strong> quei<br />
particolari che era stato da subito davanti ai suoi<br />
occhi, ma che solo in quel momento aveva messo a<br />
fuoco: un nuovo pilone bloccava il passaggio delle<br />
navi verso il porto o, almeno, verso quello che<br />
ricordava essere il porto. Il ponte non aveva più la<br />
campata mobile: era <strong>di</strong>ventato una struttura compatta.<br />
Notò che le tavole <strong>di</strong> legno venivano sostituite<br />
regolarmente. Lo deduceva dal colore delle nuove<br />
assi, non ancora corrose dagli elementi naturali e dalle<br />
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sferzate delle onde.<br />
- Dove ci stiamo <strong>di</strong>rigendo? – Chiese Jubayl al<br />
capitano della nave fenicia, che stava al suo fianco. –<br />
Ricordo che l’attracco si trovava oltre il ponte.<br />
- Hanno costruito un nuovo pontile da questa<br />
parte. Solo le barche col fondo piatto, ormai, si<br />
<strong>di</strong>rigono al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> esso. – Rispose Hisarad, il<br />
capitano della nave.<br />
- E la campata mobile? Com’è che hanno deciso <strong>di</strong><br />
eliminarla?<br />
- Perché, dopo poco tempo, si sono accorti che i<br />
benefici che procurava erano <strong>di</strong> gran lunga inferiori<br />
ai problemi che creava. Le loro navi veleggiano<br />
prevalentemente a nord e ad ovest delle isole e la loro<br />
esperienza gli consentiva <strong>di</strong> continuare a navigare<br />
anche nelle acque basse, mentre erano soprattutto le<br />
nostre navi ad usare il ponte mobile e spesso capitava<br />
che si avessero <strong>degli</strong> incidenti, a causa della<br />
mancanza <strong>di</strong> conoscenza dei fondali da parte dei<br />
nostri marinai. Così hanno deciso <strong>di</strong> farci ancorare<br />
da questo lato. Solo le navi dal fondo piatto passano<br />
sotto le arcate, <strong>di</strong>salberando, mentre quelle con più<br />
pescaggio, se proprio non ne possono fare a meno,<br />
fanno il giro dell’isola.<br />
- Disalberando?<br />
- Ritengono che sia più semplice che le<br />
imbarcazioni abbiano un albero che, all’occorrenza,<br />
possa essere levato per consentire loro <strong>di</strong> passare<br />
sotto le campate, piuttosto che spostare un intero<br />
tratto <strong>di</strong> ponte.<br />
Jubayl trovò la cosa <strong>di</strong>vertente. Avrebbe<br />
scommesso che, nella decisione, ci fosse, come<br />
sempre, lo zampino <strong>di</strong> Crecu.<br />
L’imbarcazione che si apprestava ad attraccare era<br />
9
lunga trenta passi e le fiancate, alte sull’acqua,<br />
permettevano <strong>di</strong> cabotare senza problemi. Una vela<br />
quadrata era sorretta dall’albero che si ergeva nella<br />
parte centrale. Al vertice dell’albero un intrico <strong>di</strong> cime<br />
ed anelli consentiva alla vela <strong>di</strong> essere levata o<br />
ammainata. Una protome <strong>di</strong> legno si slanciava oltre la<br />
prua, mentre la poppa si incurvava verso l’esterno<br />
dello scafo per poi ripiegarsi a spirale verso l’interno.<br />
Nella parte centrale della prua era stata costruita<br />
una struttura semicoperta, usata quasi esclusivamente<br />
dal capitano, ma che, all’occorrenza, poteva ospitare<br />
fino a quattro persone, dove erano tracciate le rotte da<br />
seguire, dove erano conservati i papiri con le<br />
informazioni sulla navigazione e gli or<strong>di</strong>ni dalla città.<br />
La stiva, più piccola rispetto alle navi da carico, era<br />
usata per trasportare quei prodotti necessari alla<br />
navigazione o che si pensava potessero essere utili<br />
agli avamposti che si dovevano visitare durante il<br />
viaggio. Una parte era stata a<strong>di</strong>bita a ricovero per gli<br />
uomini.<br />
La nave, partita da Biblo due mesi prima, doveva<br />
toccare tutti i porticcioli creati lungo le coste del mare<br />
occidentale e verificare se la speranza <strong>di</strong> farne punti<br />
per lo scambio delle merci si stesse realizzando.<br />
L’equipaggio era composto <strong>di</strong> circa quaranta uomini.<br />
La gran parte era composta dai marinai che si<br />
occupavano dei remi quando il vento era insufficiente<br />
o troppo debole per gonfiare la vela. Gli altri erano<br />
preposti alla <strong>di</strong>fesa della nave e ad affrontare le<br />
situazioni pericolose. Alcuni <strong>di</strong> loro sarebbero sbarcati<br />
sostituendo coloro che sarebbero tornati in patria. Il<br />
capitano avrebbe deciso come comportarsi a seconda<br />
dei risultati che avesse trovato.<br />
All’equipaggio, poco prima che salpasse, si era<br />
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aggiunto Jubayl, il quale, dopo aver chiesto ed<br />
ottenuto dal re <strong>di</strong> Biblo <strong>di</strong> lasciare il suo incarico sulle<br />
navi del regno, cercava ora un posto dove portare a<br />
conclusione la propria esistenza.<br />
Ad orientarlo verso la Terra <strong>di</strong> Inòghe erano stati i<br />
ricor<strong>di</strong> del viaggio precedente e il buon ricordo che<br />
aveva conservato dei suoi abitanti. Questi, uniti ai<br />
racconti che gli aveva narrato suo nonno, avevano<br />
determinato la sua decisione. Erano racconti fantastici<br />
per un bambino <strong>di</strong> pochi anni, ma che avevano<br />
assunto una <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong>versa dal momento in cui<br />
aveva incontrato delle persone che parlavano la lingua<br />
che il suo avo gli aveva insegnato e che nessun altro<br />
<strong>di</strong> sua conoscenza era in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> parlare o <strong>di</strong><br />
capire, neppure sua madre o sua nonna.<br />
Per il quinto giorno il sole, raggiunto il punto più<br />
elevato, dopo essere passato attraverso la ferita che la<br />
mano dell’uomo aveva inferto alla roccia e dopo aver<br />
scavalcato i gra<strong>di</strong>ni d’accesso, si era tuffato nell’acqua<br />
del Pozzo Sacro. Per cinque giorni l’anno, in<br />
primavera, e altrettanti all’inizio dell’autunno, quando<br />
la luce si <strong>di</strong>videva con le tenebre la durata del giorno,<br />
il sole si gettava nel pozzo, fecondando la terra e<br />
assicurando nuova vita.<br />
Il Pozzo Sacro si trovava poco <strong>di</strong>stante dal nuraghe<br />
del Tempio ed era stato modellato allargando<br />
l’apertura naturale che portava alla vena d’acqua che<br />
scorreva sotto il pianoro. Tre<strong>di</strong>ci scalini <strong>di</strong> pietra,<br />
lavorati dagli artigiani, portavano alla vasca circolare<br />
contornata da un camminamento che consentiva <strong>di</strong><br />
passare da una parte all’altra dell’acqua. Tutt’attorno<br />
si aprivano delle nicchie, all’interno delle quali<br />
11
Brùscia, la sacerdotessa della Grande Madre e delle<br />
Acque, deponeva le offerte rituali. Il pozzo si<br />
chiudeva con una volta ad ogiva, costruita con blocchi<br />
<strong>di</strong> granito <strong>di</strong> identica misura.<br />
Al tramonto, dopo l’ultima cerimonia, le<br />
delegazioni sarebbero tornate ai rispettivi nuraghi. In<br />
tutti i villaggi si era celebrato l’equinozio <strong>di</strong> primavera<br />
e si erano tenute le funzioni <strong>di</strong> ringraziamento<br />
de<strong>di</strong>cate alla Grande Madre. La sacerdotessa, dal<br />
recinto del Pozzo Sacro, ne aveva guidato le<br />
manifestazioni, secondo i canoni della tra<strong>di</strong>zione.<br />
Per i cinque giorni delle solennità le attività nella<br />
Terra <strong>di</strong> Inòghe erano state ridotte all’essenziale. Ogni<br />
contesa o <strong>di</strong>sputa fra gli abitanti era stata sospesa. Nei<br />
decenni precedenti era capitato che, proprio in quei<br />
giorni, i capitribù fossero riusciti a trovare<br />
quell’accordo considerato impossibile nel corso<br />
dell’anno.<br />
Il primo giorno il capotribù <strong>di</strong> ciascun villaggio<br />
raggiungeva il Tempio, alla testa <strong>di</strong> una delegazione e<br />
della Karritta, il carro consacrato agli dei, bardato con<br />
i fiori e i frutti più belli del proprio territorio. Il carro<br />
era trainato da una coppia <strong>di</strong> buoi: sul collo e sulle<br />
corna, avevano le ghirlande e i campanacci forgiati<br />
dagli artigiani più abili. Ciascuna delegazione portava<br />
il pane cerimoniale, da deporre nelle nicchie del<br />
Pozzo, e la statuetta <strong>di</strong> bronzo che i maestri dei metalli<br />
e delle leghe avevano modellato, da sistemare lungo il<br />
sentiero lastricato che portava al suo ingresso. Se la<br />
forma del pane era lasciata alla maestria e alla fantasia<br />
delle donne del villaggio, la figura bronzea aveva<br />
finito, nel corso <strong>degli</strong> anni, per contrad<strong>di</strong>stinguere<br />
ciascun nuraghe.<br />
I pani avevano le forme più <strong>di</strong>verse: pani a corona<br />
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dentellata, semplici o con le figure <strong>di</strong> animali o <strong>di</strong><br />
uccelli, alcuni guarniti con le uova; gran<strong>di</strong> pani<br />
roton<strong>di</strong> che raggiungevano anche due palmi <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>ametro; sfoglie rettangolari che i pastori portavano<br />
in campagna quando si assentavano a lungo con le<br />
greggi e sfoglie circolari tanto sottili da sfidare lo<br />
spessore dei fiocchi <strong>di</strong> neve. Portavano infine i dolci<br />
fatti col miele, con la ricotta e col vino cotto.<br />
Le figure <strong>di</strong> bronzo si erano, invece, consolidate<br />
negli anni. Pranu e il nuraghe del Tempio, sede delle<br />
caserme, avevano portato l’arciere e il guerriero. Sulci<br />
aveva portato la navicella, Barrèca e Tintirèddu i<br />
lottatori e l’arciere a cavallo, Saòmo la raffigurazione<br />
del capotribù e Nurachenòu il muflone. Brùscia e<br />
Subòe avevano fatto forgiare la Grande Madre e<br />
l’Eroe, raffigurante il capostipite del popolo sardo.<br />
Le cerimonie si erano svolte all’alba, al centro<br />
della giornata e al tramonto. Erano numerosi gli<br />
abitanti <strong>degli</strong> altri nuraghi che si erano trasferiti per<br />
l’occasione. Per loro erano state costruite capanne e<br />
tettoie che riparavano dal sole e dalle intemperie.<br />
Attorno al Pozzo, all’interno del quale potevano<br />
accedere solamente la sacerdotessa e le sue assistenti,<br />
era stato e<strong>di</strong>ficato un anfiteatro costruito con un muro<br />
a secco. All’interno <strong>di</strong> esso, poggiato al muro, si<br />
trovava un se<strong>di</strong>le <strong>di</strong> pietra dove gli spettatori potevano<br />
riposare e pregare.<br />
Intervallate dalle cerimonie si erano tenute le<br />
esibizioni delle maschere rituali, raffiguranti la vita e<br />
le attività della comunità. Rappresentavano i bovini e i<br />
loro aggiogatori, i cacciatori col lazzo che insi<strong>di</strong>avano<br />
le fanciulle ancora da maritare, gli spiriti ancestrali<br />
raffigurati con maschere inquietanti. Avevano danzato<br />
attorno al perimetro sacro intonando le loro<br />
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filastrocche ripetitive ed ipnotiche, ringraziando la<br />
Madre Terra e chiedendo la sua benevolenza per<br />
l’anno a venire.<br />
Al tramonto del quinto giorno tutti sarebbero<br />
tornati alle loro capanne e il giorno seguente si<br />
sarebbero riprese le abituali occupazioni. Il Pozzo<br />
Sacro sarebbe tornato a ricevere le visite della<br />
sacerdotessa, delle sue assistenti e quella <strong>degli</strong> abitanti<br />
del villaggio e dei guerrieri della caserma del Tempio.<br />
La terra, fecondata dal sole dell’equinozio, avrebbe<br />
fatto nascere gli animali e la vegetazione delle<br />
stagioni calde, in attesa <strong>di</strong> essere fecondata una<br />
seconda volta nel corso dell’equinozio autunnale,<br />
pronta per generare i frutti dei mesi fred<strong>di</strong> dell’anno.<br />
- Quali sono le novità che ci porti da Biblo? – Chiese<br />
Bahitil al capitano della nave attraccata quella<br />
mattina.<br />
Bahitil aveva trent’anni e proveniva da Biblo.<br />
Aveva ricoperto cariche importanti a corte fino a<br />
quando le sue attività, remunerate con prebende<br />
illecite, non avevano coinvolto il re in persona. Il<br />
sovrano era stato clemente e lo aveva posto davanti<br />
alla scelta: essere appeso per il collo o imbarcarsi con<br />
la prima nave, scegliendo una località fra quelle che la<br />
stessa avesse via via toccato e, una volta arrivato, farsi<br />
<strong>di</strong>menticare per sempre. Bahitil aveva deciso <strong>di</strong><br />
imbarcarsi per Sulci. Da quattro anni ne godeva il<br />
clima favorevole.<br />
- Gli egiziani pretendono, dalla nostra città, le<br />
tasse esose <strong>di</strong> un tempo? - Questa volta a porre la<br />
domanda era stato Hadad, un uomo <strong>di</strong> sessant’anni,<br />
portati con grande <strong>di</strong>gnità. Era stato <strong>di</strong>plomatico in<br />
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Egitto e grazie ai suoi uffici aveva potuto mettere da<br />
parte una fortuna piuttosto sostanziosa<br />
<strong>di</strong>menticandosi, però, <strong>di</strong> parlarne con il sovrano del<br />
proprio paese. Quando vennero a cercarlo i gendarmi<br />
della città, per condurlo davanti ai giu<strong>di</strong>ci, Hadad,<br />
grazie alle sue conoscenze, si trovava già sulla stessa<br />
nave in cui si trovava Bahitil, con destinazione Sulci.<br />
- Potremo far ritorno a casa? Quando ci daranno<br />
il cambio? Quali sono le <strong>di</strong>sposizioni che il re ci<br />
manda?<br />
Queste erano le domande poste da Sancun, Bethel<br />
e Shafon, arrivati a Sulci con l’incarico <strong>di</strong> dare vita,<br />
nell’isola <strong>di</strong> Skina, ad un punto commerciale stabile,<br />
lungo le rotte che le navi fenicie, da anni, tracciavano<br />
all’interno del grande mare occidentale. Le rotte erano<br />
sufficientemente sicure ma le scorribande dei popoli<br />
africani, delle terre dell’ovest e delle isole, e la<br />
concorrenza delle navi del Peloponneso, rendevano<br />
necessaria la costruzione <strong>di</strong> porti dove le merci<br />
potessero considerarsi al riparo dalle incursioni e dalle<br />
ruberie.<br />
Arrivati cinque anni prima con la grande flotta agli<br />
or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Jubayl, i fenici non avevano più abbandonato<br />
quel posto, considerandolo troppo importante dal<br />
punto <strong>di</strong> vista strategico. Jubayl aveva ottenuto, da<br />
Crecu e dai capitribù, <strong>di</strong> poter lasciare sull’isola un<br />
<strong>di</strong>gnitario della corte per accordarsi sulla costruzione<br />
<strong>di</strong> un porto. Ma nonostante la <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> Sorcu, il<br />
capotribù <strong>di</strong> Sulci, l’ignoranza della lingua da parte<br />
del <strong>di</strong>gnitario, la sua mole enorme e flaccida, unita<br />
alla sua altezzosità, avevano rallentato il<br />
raggiungimento <strong>degli</strong> obiettivi prefissati.<br />
Da allora, ad intervalli più o meno regolari,<br />
funzionari della città <strong>di</strong> Biblo approdavano sull’isola<br />
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<strong>di</strong> Skina e poi ripartivano, sostituiti da altri. I risultati<br />
complessivi <strong>di</strong> questi tentativi erano del tutto<br />
insod<strong>di</strong>sfacenti per gli interessi fenici.<br />
All’arrivo della nave, la presenza fenicia era<br />
composta da circa settanta persone tra soldati,<br />
pescatori e servi, guidati da tre incaricati ufficiali e da<br />
due esiliati. Jubayl, presente all’incontro con i<br />
responsabili <strong>di</strong> quella comunità, pensava che ci<br />
sarebbe stato molto da fare. Fortunatamente non<br />
toccava a lui.<br />
I fenici, accolti dagli abitanti <strong>di</strong> Sulci senza astio<br />
ma, insieme, senza gran<strong>di</strong> entusiasmi, avevano<br />
e<strong>di</strong>ficato nella parte meri<strong>di</strong>onale dell’isola abitazioni<br />
rettangolari e gran<strong>di</strong> magazzini, con la speranza <strong>di</strong><br />
farne dei depositi per le merci da barattare. Avevano<br />
capito che non sarebbe stato facile entrare nella<br />
mentalità <strong>di</strong> quel popolo e ancora non ne avevano<br />
trovato la chiave.<br />
Pur essendo fra compatrioti, Jubayl non si sentiva<br />
particolarmente attratto dalla loro compagnia e fu ben<br />
lieto quando il gruppo si sciolse.<br />
Lo fu ancora <strong>di</strong> più quando nessuno dei propri<br />
connazionali si offrì <strong>di</strong> andare da Sorcu, il capotribù,<br />
che Jubayl aveva già avuto modo <strong>di</strong> conoscere anni<br />
prima.<br />
- Che gli dei ti siano propizi. – Disse Jubayl,<br />
quando si trovò davanti a Sorcu.<br />
- Che gli dei siano propizi anche a te. – Rispose<br />
Sorcu, senza rammentare chi fosse quell’uomo. Poi<br />
ricordò ed esclamò: – Il capitano delle navi.<br />
- Noto con piacere che hai buona memoria.<br />
- Fortunatamente. Dove hai lasciato la tua flotta?<br />
- La comanda qualcun altro. Se gli dei me lo<br />
consentiranno ho terminato <strong>di</strong> occuparmi delle navi.<br />
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- Come mai?<br />
- Non c’è una ragione particolare. Solo la voglia<br />
<strong>di</strong> fermarmi e, se mi sarà possibile, morire con i pie<strong>di</strong><br />
sulla terra.<br />
- E vorresti fermarti e morire qui?<br />
- Non ho fretta. Viverci per un po’, da queste parti,<br />
non mi <strong>di</strong>spiacerebbe. Poi si vedrà.<br />
- Che tu sia il benvenuto, allora.<br />
Sorcu era contento <strong>di</strong> vedere quel vecchio<br />
capitano. Per quanto poco lo avesse conosciuto era<br />
stato facile fraternizzare, al contrario <strong>di</strong> quegli<br />
in<strong>di</strong>vidui scialbi e sfuggenti che erano arrivati dopo <strong>di</strong><br />
lui e che abitavano nell’altra parte dell’isola. Non gli<br />
erano simpatici, ma riconosceva che non avevano<br />
assunto atteggiamenti tali da potergli rimproverare<br />
qualcosa <strong>di</strong> specifico. Erano <strong>di</strong>versi, e questo lo<br />
irritava, ma si rendeva conto che la <strong>di</strong>versità non<br />
poteva considerarsi una colpa. Nonostante questo,<br />
continuavano a non piacergli.<br />
Come leggendo nei pensieri <strong>di</strong> Sorcu, Jubayl<br />
domandò: - Come sono i rapporti con i miei<br />
connazionali?<br />
Dopo averci riflettuto qualche secondo, Sorcu<br />
rispose con un’altra domanda: - Avete solo questo tipo<br />
<strong>di</strong> persone o, nel tuo paese, ci sono anche uomini<br />
migliori?<br />
- Ho capito. – Rispose, ridendo, Jubayl. – Certo, ce<br />
ne sono <strong>di</strong> migliori ma non quanti dovrebbero<br />
essercene.<br />
- E’ una vera <strong>di</strong>sgrazia. – Sentenziò Sorcu. E<br />
passò ad un altro argomento. – Cosa conti <strong>di</strong> fare, ora<br />
che sei qui?<br />
- Sono completamente privo <strong>di</strong> idee. Sapevo <strong>di</strong><br />
voler tornare e <strong>di</strong> rivedere la vostra terra. Domani<br />
17
vorrei andare a trovare Crecu, ma non ho idea <strong>di</strong><br />
quello che farò dopodomani. Si vedrà allora.<br />
- Ti farò accompagnare da uno dei miei uomini.<br />
- Ti ringrazio, ma preferirei arrivarci da solo,<br />
guardarmi attorno e familiarizzare con questa terra.<br />
- Ti capisco e capisco la voglia che hai <strong>di</strong> vedere,<br />
con i tuoi occhi, ciò che ti circonda. Consentimi <strong>di</strong><br />
donarti questo medaglione, che porterai sul petto. E’<br />
<strong>di</strong>fficile che, da qui a Saòmo, abbia modo <strong>di</strong><br />
incontrare gente ostile ma, l’averlo in vista, ti metterà<br />
al sicuro, qualunque persona della Terra <strong>di</strong> Inòghe<br />
possa incontrare. Solo noi capitribù possiamo<br />
consegnarlo e chi lo porta è ospite sacro e<br />
intoccabile.<br />
- Non ho parole per ringraziati. – Disse Jubayl.<br />
- Lo hai appena fatto.<br />
18
CAPITOLO DUE<br />
Attraversando il ponte che univa Skina alla<br />
terraferma, Jubayl notò la cura con cui erano tenute le<br />
assi che formavano la passerella. Nessuno dei legni<br />
mostrava segni <strong>di</strong> ce<strong>di</strong>mento o <strong>di</strong> usura, a parte quelle<br />
dovute alle ultime intemperie. Quando fu al centro <strong>di</strong><br />
esso, dopo essersi sporto oltre il parapetto, osservò<br />
che vi era solo una leggera corrente che passava sotto<br />
le arcate, in <strong>di</strong>rezione sud. Era talmente lieve che, per<br />
rendersi conto della sua <strong>di</strong>rezione, bisognava<br />
in<strong>di</strong>viduare un piccolo oggetto o una foglia trasportata<br />
dall’acqua e seguirla nel suo percorso.<br />
Arrivato alla fine della passerella doveva decidere<br />
in quale <strong>di</strong>rezione proseguire. Andare <strong>di</strong>ritto e arrivare<br />
a Pranu, oppure voltare a sinistra e seguire la costa. Il<br />
percorso più breve sarebbe stato quello che aveva<br />
davanti a se, ma la curiosità e la mancanza <strong>di</strong> urgenza<br />
nel raggiungere la meta lo indussero a <strong>di</strong>rigersi verso<br />
sinistra.<br />
Costabascia era pianeggiante, rocciosa, con brevi<br />
intervalli in cui la sabbia depositata dal mare la faceva<br />
da padrona. Ai lati crescevano i cespugli <strong>di</strong> giunco,<br />
ma la maggior parte della vegetazione era data dalle<br />
erbe spontanee che si incontrano in tutte le coste<br />
marine. Molto più numerosi <strong>di</strong> quello che si sarebbe<br />
19
aspettato erano gli arbusti <strong>di</strong> ginepro che<br />
raggiungevano, in alcuni casi, l’altezza <strong>di</strong> veri e propri<br />
alberi.<br />
Poco lontano dal triangolo che <strong>di</strong>varicava le due<br />
strade, si apriva un bacino artificiale, lungo e largo,<br />
colmo <strong>di</strong> acqua salmastra poco profonda. Gli argini<br />
del bacino erano stati elevati, per evitare che le<br />
mareggiate fossero in grado <strong>di</strong> far entrare nuova<br />
acqua. Quella presente, durante il periodo primaverile<br />
ed estivo, sarebbe evaporata lasciando sul fondo la<br />
patina <strong>di</strong> sale che sarebbe stata raccolta, ammassata<br />
nei nuraghi e usata per insaporire i cibi o per<br />
conservarli durante la lunga stagione invernale. Da<br />
qualche tempo il sale era raccolto anche per essere<br />
scambiato con i prodotti importati dai nuovi arrivati, il<br />
popolo <strong>di</strong> cui anche Jubayl faceva parte, che lo<br />
barattava con le merci del paese d’origine. La richiesta<br />
<strong>di</strong> sale era <strong>di</strong>ventata così elevata che, nell’ultimo<br />
anno, il bacino era triplicato in estensione.<br />
All’interno della salina gli uccelli ripulivano i<br />
fondali dalle larve, dai piccoli crostacei e dai<br />
molluschi. Si vedevano in gran numero anatre,<br />
avocette, garzette e fenicotteri rosa. Sulla riva più<br />
lontana ni<strong>di</strong>ficavano altri pennuti che Jubayl non<br />
sarebbe stato in grado <strong>di</strong> identificare.<br />
Stette ai bor<strong>di</strong> della salina ad osservare i<br />
movimenti lenti e cadenzati <strong>degli</strong> uccelli all’interno<br />
dello stagno, mentre in alto volavano i gabbiani, che<br />
preferivano tenersi al <strong>di</strong> sopra delle acque <strong>di</strong><br />
Abbabàscia, alla ricerca dei pesci da catturare,<br />
tuffandosi all’improvviso dopo aver in<strong>di</strong>viduato la<br />
preda.<br />
Durante il tragitto Jubayl poté notare il<br />
cambiamento <strong>di</strong> vegetazione. Sulla destra della strada<br />
20
si estendeva una pineta <strong>di</strong> cui non vedeva la fine. La<br />
riva era deserta e ripiegava verso l’interno, impedendo<br />
<strong>di</strong> vedere cosa vi fosse oltre il gomito della costa.<br />
Arrivato in quel punto si trovò davanti la foce <strong>di</strong> un<br />
fiume. Era stato allargato dalla mano dell’uomo per<br />
renderlo navigabile, infatti, più a monte, poteva<br />
vedere alcune imbarcazioni dal fondo piatto che<br />
avevano, al centro dello scafo, un albero con, in alto,<br />
un anello <strong>di</strong> bronzo e delle cime che calavano da esso.<br />
Nessuna barca aveva le vele issate. Non erano neppure<br />
a bordo, salvo su una che, comunque, l’aveva<br />
arrotolata lungo la fiancata. Le barche sembravano<br />
agili anche se non particolarmente comode. Solo una<br />
panca <strong>di</strong> legno si trovava a poppa dell’imbarcazione,<br />
congiungendo le due fiancate.<br />
Sulla riva destra del fiume si trovava il villaggio <strong>di</strong><br />
Matzèrra. Era composto da una trentina <strong>di</strong> capanne<br />
circolari, costruite attorno a delle piccole piazze.<br />
Non aveva ancora incontrato nessuno. Le sole<br />
persone che riusciva a vedere erano accanto alle<br />
imbarcazioni più lontane, troppo impegnate a fare<br />
qualcosa per notarlo. Da lontano sentiva dei cani<br />
abbaiare, più lamentosi che preoccupati della sua<br />
presenza. Osservò per qualche minuto il villaggio e le<br />
rive del fiume, quin<strong>di</strong> decise <strong>di</strong> proseguire.<br />
Dopo aver verificato come l’unica possibilità <strong>di</strong><br />
arrivare dall’altra parte del fiume, senza bagnarsi,<br />
fosse quella <strong>di</strong> usare il ponte che stava a monte del<br />
villaggio, decise che, tutto sommato, prendere in<br />
prestito una delle piccole imbarcazioni ormeggiate lì<br />
davanti, non sarebbe stato così grave. Depositò lo<br />
zaino che portava con se all’interno <strong>di</strong> una <strong>di</strong> esse e<br />
approdò sull’altro lato del fiume. Riprese, quin<strong>di</strong>, il<br />
proprio cammino, <strong>di</strong>rigendosi verso quella parte <strong>di</strong><br />
21
costa che avrebbe imparato a conoscere e a<br />
identificare come Marecàrmu.<br />
Malu e Pizzinu avevano rispettivamente un<strong>di</strong>ci e otto<br />
anni. Per tutta quella giornata avevano avuto l’ingrato<br />
compito <strong>di</strong> custo<strong>di</strong>re le pecore della famiglia e <strong>degli</strong><br />
amici del padre.<br />
Alzarsi all’alba, aiutare nella mungitura, portare al<br />
pascolo le bestie, sorvegliarle durante il giorno,<br />
evitando che si <strong>di</strong>sperdessero o che provocassero<br />
incidenti, riportarle al tramonto all’interno <strong>degli</strong> ovili<br />
per la mungitura serale, non era certamente il modo in<br />
cui i due ragazzi avrebbero voluto trascorrere quella<br />
giornata. Non avevano avuto scelta. O meglio,<br />
l’alternativa esisteva e consisteva nel subire la<br />
punizione da parte del genitore, a base <strong>di</strong> schiaffi e <strong>di</strong><br />
frustate. Non avrebbero avuto la certezza che questo<br />
avrebbe significato evitare <strong>di</strong> dover andare,<br />
comunque, al pascolo.<br />
I due ragazzi avevano condotto il gregge fino a<br />
Riotròttu, il fiume che, scendendo da Serrone Artu, si<br />
riversava in mare a lato della grande spiaggia <strong>di</strong><br />
Mantalonga, dopo aver allagato lo stagno <strong>di</strong><br />
Abbamàla.<br />
L’erba migliore si trovava sul lato sinistro del<br />
fiume e il guado era facile da superare. Il pericolo<br />
consisteva nella possibilità che le bestie finissero sui<br />
terreni del nuraghe del Tempio. I rapporti fra le<br />
popolazioni dei due nuraghi non erano buoni. Ci si era<br />
adattati a convivere all’interno della Federazione per<br />
convenienza, e sembrava che la coesistenza, dopo<br />
tanti anni, avesse mo<strong>di</strong>ficato o attenuato i rancori<br />
atavici. A questo aveva contribuito la contemporanea<br />
22
elezione <strong>di</strong> due cugini a capotribù: Sàbiu, nel nuraghe<br />
del Tempio ed Erettu a Nurachenòu. Con la morte <strong>di</strong><br />
Erettu i rapporti erano tornati all’antico e capitava che<br />
un nonnulla, una scintilla qualunque, appiccasse un<br />
incen<strong>di</strong>o enorme.<br />
- Evitate <strong>di</strong> varcare il fiume. - Il padre <strong>di</strong> Malu e<br />
Pizzinu era stato categorico.<br />
Durante quella giornata lui sarebbe stato troppo<br />
occupato, con i suoi amici, a cacciare i cinghiali sulle<br />
pen<strong>di</strong>ci della montagna e non avrebbe potuto<br />
occuparsi <strong>degli</strong> animali.<br />
Quelle erano state le consegne, ma figurarsi se due<br />
piccoli guerrieri, e Malu in particolare, si sarebbero<br />
spaventati <strong>di</strong> fronte alla minaccia <strong>di</strong> qualche botta.<br />
Appena arrivati al fiume, via a condurre le bestie<br />
sull’altro lato, solo per sfidare gli or<strong>di</strong>ni del genitore.<br />
Tutto si svolse senza problemi fino all’ora <strong>di</strong><br />
pranzo. Tutto era calmo fino a che non ebbero finito <strong>di</strong><br />
mangiare. Dopo pranzo Malu svelò l’idea che aveva<br />
covato per tutto il giorno.<br />
- Ti lascio per un po’. Vado a vedere se le uova del<br />
falco si sono <strong>di</strong>schiuse. – Disse a Pizzinu.<br />
- Non voglio restare solo. Le pecore possono<br />
scappare.<br />
- Dove vuoi che vadano?<br />
- Non lo so. Ma non voglio rimanere solo.<br />
- Tornerò presto.<br />
- Se andrai via, lo <strong>di</strong>rò a babbo.<br />
- Così le buscherai da me e anche da lui.<br />
Pizzinu scoppiò a piangere, avvilito per la sua<br />
impotenza e per la prepotenza del fratello.<br />
Malu non voleva andare via lasciando il fratello in<br />
lacrime. Cercò <strong>di</strong> tranquillizzarlo con la promessa <strong>di</strong><br />
rientrare al più presto, con l’impegno <strong>di</strong> trovare un<br />
23
falchetto da regalargli e che avrebbe potuto allevare<br />
da solo.<br />
Malu doveva arrivare fino ai costoni più elevati <strong>di</strong><br />
Costera e pur sapendo dove trovare il nido, era<br />
cosciente che la sua assenza sarebbe stata più lunga <strong>di</strong><br />
quanto avesse assicurato al fratello. Per<br />
tranquillizzarlo ulteriormente, gli lasciò il cane perché<br />
lo aiutasse nella custo<strong>di</strong>a delle bestie.<br />
Pizzinu, a malincuore, dovette rassegnarsi a vedere<br />
andar via Malu, al quale chiese ancora una volta: -<br />
Torna presto, per favore.<br />
Dopo<strong>di</strong>ché si <strong>di</strong>stese sotto l’albero <strong>di</strong> leccio, al<br />
riparo del quale avevano pranzato, e fissò le foglie in<br />
alto, sperando <strong>di</strong> crescere nel più breve tempo<br />
possibile, per essere finalmente in grado <strong>di</strong> ribattere<br />
alle prepotenze che subiva a causa della sua giovane<br />
età. Di tanto in tanto dava uno sguardo alle pecore che<br />
brucavano indolenti accanto a lui. Senza rendersene<br />
conto fu avvolto dal mantello del sonno, mentre il<br />
cane se ne stava accucciato al suo fianco.<br />
D’improvviso, senza una ragione, le pecore<br />
cominciarono ad avviarsi lungo il sentiero che portava<br />
ai campi del nuraghe del Tempio, senza che il cane<br />
riuscisse a trattenerle. Pizzinu, intanto, dormiva così<br />
profondamente che non si rese conto <strong>di</strong> nulla.<br />
Al suo risveglio, molto più tar<strong>di</strong>, capì<br />
imme<strong>di</strong>atamente cosa era successo. Sperava<br />
solamente che le pecore non fossero andate nei campi<br />
seminati. Si mise a correre a per<strong>di</strong>fiato, nella speranza<br />
<strong>di</strong> raggiungere gli animali, e alla fine li vide, là in<br />
fondo, proprio dove non avrebbero mai dovuto essere:<br />
nei campi <strong>di</strong> grano del villaggio del Tempio. Con la<br />
<strong>di</strong>sperazione nel cuore accelerò l’andatura, per quanto<br />
potevano consentirgli le gambe.<br />
24
Ma la cosa peggiore doveva ancora vederla. Tre<br />
giovani guerrieri della caserma, accortisi <strong>di</strong> quanto<br />
stava accadendo e capito che il gregge poteva<br />
provenire solamente da Nurachenòu, anziché limitarsi<br />
a scacciarlo e tentare <strong>di</strong> limitare i danni, dopo aver<br />
ucciso il cane, avevano cominciato ad ammazzare le<br />
pecore. Quando Pizzinu raggiunse i guerrieri, decine<br />
<strong>di</strong> bestie giacevano inanimate al suolo.<br />
- Smettetela. Non ammazzate le mie pecore. -<br />
Invocò a gran voce.<br />
I tre guerrieri, abbandonate le bestie, cominciarono<br />
a malmenare il piccolo pastore e quando questi, in un<br />
impeto <strong>di</strong> rabbia e <strong>di</strong> ribellione, raccolse un bastone<br />
per <strong>di</strong>fendersi, fu colpito da un fendente <strong>di</strong> spada<br />
inferto da uno <strong>di</strong> loro, quello che più <strong>degli</strong> altri subiva<br />
il fascino dell’arroganza e della prepotenza verso il<br />
più debole, e la testa <strong>di</strong> Pizzinu si aprì in due parti.<br />
Colpiti dal gesto del compagno, gli altri due<br />
guerrieri restarono ammutoliti <strong>di</strong> fronte all’assassinio,<br />
a sangue freddo, <strong>di</strong> un bambino spaventato e in<strong>di</strong>feso.<br />
La solidarietà tra commilitoni ebbe, alla fine, il<br />
sopravvento e dopo aver finito con la spada le bestie<br />
rimanenti, cercarono <strong>di</strong> far sparire il corpo del piccolo<br />
sotterrandolo in un tratto <strong>di</strong> bosco poco <strong>di</strong>stante, nella<br />
speranza che non fosse mai più ritrovato.<br />
Dopo averlo seppellito, i tre guerrieri si avviarono<br />
verso la caserma, con l’intento <strong>di</strong> denunciare la<br />
devastazione compiuta dalle pecore <strong>di</strong> Nurachenòu,<br />
sapendo bene che questo avrebbe provocato come<br />
ritorsione una spe<strong>di</strong>zione punitiva, per far pagare alla<br />
gente <strong>di</strong> quel nuraghe il danno provocato dagli<br />
animali.<br />
Malu, rientrato dalla sua ricerca dei falchi, una<br />
volta arrivato sul luogo dove aveva lasciato il fratello,<br />
25
intuito che era accaduto qualcosa, si avviò verso i<br />
campi seminati. Proprio quando fu in vista dei campi<br />
<strong>di</strong> grano si immobilizzò <strong>di</strong> fronte a tanto orrore: non<br />
poteva credere a quello che vedeva. Non poteva<br />
credere che <strong>degli</strong> uomini, preposti alla <strong>di</strong>fesa del<br />
territorio e delle persone che lo abitavano, infierissero<br />
su <strong>degli</strong> animali incolpevoli e uccidessero un bambino<br />
in<strong>di</strong>feso.<br />
Ciò che Hisarad aveva da riferire, a nome <strong>di</strong> Hiraim,<br />
re <strong>di</strong> Biblo, non sarebbe stato piacevole per i suoi<br />
interlocutori.<br />
Biblo sorgeva su un promontorio poco <strong>di</strong>stante dal<br />
mare. Due corsi d’acqua garantivano la <strong>di</strong>fesa della<br />
città, l’approvvigionamento idrico per la popolazione<br />
e, insieme, assicuravano l’irrigazione dei piccoli<br />
appezzamenti <strong>di</strong> terreno coltivati con alberi da frutto<br />
ed ortaggi. La città, fiorente come mai era stata prima,<br />
rischiava <strong>di</strong> precipitare nuovamente nella miseria. La<br />
corte non ne avrebbe sofferto, ma il resto <strong>degli</strong><br />
abitanti e i mercanti, pilastro dell’economia della città,<br />
sicuramente sì, se non si fosse trovata una nuova fonte<br />
<strong>di</strong> ricchezza, dopo che gli egiziani avevano<br />
ricominciato ad essere particolarmente esigenti e pieni<br />
<strong>di</strong> pretese per la protezione che, a loro <strong>di</strong>re,<br />
garantivano alla città.<br />
Biblo, una delle città più imponenti, doveva fare i<br />
conti anche con la concorrenza delle altre città fenicie,<br />
dopo che il tentativo <strong>di</strong> federarsi e organizzarsi in uno<br />
Stato sufficientemente forte, capace <strong>di</strong> respingere gli<br />
attacchi militari dei cananei e dei siriani, da una parte,<br />
e la protezione piuttosto cara dei faraoni, dall’altra,<br />
era miseramente fallito.<br />
26
Ora che Jubayl si era allontanato per andare a<br />
trovare il suo amico capotribù, il capitano dell’ultima<br />
nave arrivata e i cinque fenici residenti a Sulci<br />
potevano parlare liberamente, lontano dalle orecchie e<br />
dagli scrupoli <strong>di</strong> quell’uomo. Un uomo a cui la città<br />
doveva molto, ma che aveva cominciato a <strong>di</strong>ventare<br />
ingombrante. La sua richiesta <strong>di</strong> lasciare la flotta era<br />
stata accolta imme<strong>di</strong>atamente dal re, prima che questi<br />
dovesse escogitare qualcosa per metterlo da parte.<br />
- Il re non è contento dei vostri risultati. Devo <strong>di</strong>re<br />
che, a vedere ciò che siete riusciti a costruire, non ha<br />
tutti i torti. – Disse Hisarad.<br />
- Cosa inten<strong>di</strong> <strong>di</strong>re? – Ribatté Sancun.<br />
- Guardati intorno. Ti sembrano abitazioni in cui<br />
si possa vivere? Niente intonaci alle pareti, nessun<br />
colore a rendere accogliente l’interno. Mobili che<br />
nessun pezzente a Biblo accetterebbe. Nella nostra<br />
città neppure gli schiavi vivono in tuguri simili. Non<br />
c’è un legno intagliato, non un tavolo levigato e<br />
lucidato. Per non parlare dei vestiti. E voi sareste i<br />
rappresentanti dell’aristocrazia e <strong>degli</strong> uomini liberi,<br />
de<strong>di</strong>ti alla prosperità della città? E i magazzini?<br />
Vuoti. Dove sono i prodotti <strong>di</strong> questa terra che<br />
dovremmo scambiare con l’oro, l’argento, gli avori, i<br />
gioielli, da portare in città? O il grano per sfamare la<br />
nostra popolazione e il legno per rifinire le nostre<br />
navi? E il sale da portare ai popoli che ne hanno<br />
necessità, e l’olio e i legumi? Dove sono? Ditemi?<br />
- Tu cre<strong>di</strong> sia facile vivere con questa gente? Sono<br />
pigri e fannulloni, come mai mi era capitato <strong>di</strong><br />
vedere.<br />
- Siete voi che avete <strong>di</strong>menticato la bellezza dei<br />
nostri palazzi, il colore dei muri e delle finestre, i<br />
fregi dei balconi e dei terrazzi. Avete scordato le<br />
27
strade lastricate, dove si può camminare senza<br />
sporcarsi neppure d’inverno. Avete scordato i templi<br />
dove si rende omaggio ad Astarte, a Baal e a<br />
Melquart.<br />
- Non sai quello che <strong>di</strong>ci. Tu pensi <strong>di</strong> essere a<br />
Biblo e condurre la vita circondato dai parenti e dagli<br />
amici, protetto dalle leggi che abbiamo ere<strong>di</strong>tato dai<br />
nostri padri, e non capisci che qui siamo in un altro<br />
mondo, dove nulla <strong>di</strong> ciò che conosci ha valore.<br />
- Se non ha valore per loro, mostrate<br />
quell’autorità che vi consente <strong>di</strong> realizzare quei lavori<br />
che sono necessari.<br />
- Sei matto. Nessuno costruisce per te, se sei in<br />
con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> fare il lavoro.<br />
- Voi offrite <strong>di</strong> più.<br />
- Non capisci. Qui tutti lavorano per produrre ciò<br />
che è necessario per i loro miseri bisogni, oppure<br />
aiutano chi non è in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> farlo da sé. Per i<br />
lavori comuni è il capotribù a decidere come<br />
procedere.<br />
- Possibile che non ci sia nessuno interessato alla<br />
ricchezza e al benessere?<br />
- In questo luogo, la ricchezza e il benessere sono<br />
dati dall’avere un ricovero per la notte e per ripararsi<br />
dal freddo o dal caldo, e riuscire a mangiare tutti i<br />
giorni. Le loro bestie offrono cibo e vestiti e sono<br />
contenti così. Sono anche permalosi. Se vengono<br />
contrariati eccessivamente non hanno remore ad<br />
aprirti in due con i loro spadoni.<br />
- Non esiste un posto dove l’oro o l’argento non<br />
siano abbastanza allettanti.<br />
- Beh. Quel posto esiste e l’hai trovato. Questa è<br />
gente che non è interessata alla ricchezza e al lusso.<br />
Non gli interessa l’oro. Non conoscono quasi<br />
28
l’argento e una volta che riescono ad avere un<br />
monile, dopo qualche giorno è già <strong>di</strong>menticato.<br />
- La verità è che a voi non interessa nulla dello<br />
sviluppo della nostra città e dei desideri del nostro<br />
sovrano.<br />
- Ti sbagli. Nessuno meglio <strong>di</strong> noi è capace <strong>di</strong><br />
apprezzare la como<strong>di</strong>tà. Ma in queste terre essa non<br />
ha asilo. Ci si accontenta dell’in<strong>di</strong>spensabile e, a<br />
vederli, sembrano felici così.<br />
- In ogni caso, ho l’ingrato compito <strong>di</strong> comunicarvi<br />
che se, entro il prossimo anno, non avrete dei risultati<br />
concreti, facendo <strong>di</strong> questo scalo un centro attivo e<br />
capace <strong>di</strong> agevolare le navi che portano i prodotti nel<br />
nostro paese, ne subirete le conseguenze. Vi assicuro<br />
che, al vostro posto, ci metterei tutto l’impegno<br />
possibile.<br />
- Questo vuol <strong>di</strong>re che nessuno ci darà il cambio?<br />
Che non ci sarà consentito <strong>di</strong> rientrare a Biblo con<br />
te?<br />
- Non ci sarà nessun avvicendamento per voi.<br />
Avete ancora un anno per <strong>di</strong>mostrare <strong>di</strong> essere degni<br />
<strong>di</strong> rientrare. Oppure sarete condannati a restare in<br />
questo luogo.<br />
- Di noi cosa si <strong>di</strong>ce? Sanno che ci troviamo qui? -<br />
Chiesero Hadad e Bahitil.<br />
- Sanno benissimo dove siete e contavano sul fatto<br />
che, con le vostre capacità <strong>di</strong> convincimento e <strong>di</strong><br />
corruzione, foste capaci <strong>di</strong> aiutare quelli come<br />
Sancun, Bethel e Shafon, che devono agire con<br />
maggiore <strong>di</strong>plomazia. A voi invece, giacché il re e il<br />
governo non dovrebbero essere a conoscenza della<br />
vostra presenza in questo posto, non sono posti<br />
vincoli particolari. Almeno per riconoscenza, perché<br />
vi è stata concessa la vita, si sperava poteste essere<br />
29
d’aiuto. Ma, a quanto pare, anche su voi, ci si era<br />
sbagliati.<br />
- Pensi che ci sarà concesso <strong>di</strong> tornare a casa,<br />
magari fra qualche tempo?<br />
- Fossi in voi lo escluderei. La vita, in ogni caso,<br />
riserva delle sorprese.<br />
Era metà mattina quando Jubayl decise <strong>di</strong> fare una<br />
sosta e, dove le rocce formavano un comodo se<strong>di</strong>le, si<br />
sedette a riposare. Davanti a sé aveva la punta nord <strong>di</strong><br />
Skina, mentre poteva vedere, in tutta la sua ampiezza,<br />
il tratto <strong>di</strong> mare che separava l’isola da quella <strong>di</strong> Pisci.<br />
In lontananza si scorgevano il villaggio e il nuraghe <strong>di</strong><br />
Sulci.<br />
La sua attenzione fu attirata da un cormorano che<br />
si immergeva sotto il pelo dell’acqua, poco <strong>di</strong>stante<br />
dal luogo in cui si trovava. Non sembrava alla ricerca<br />
<strong>di</strong> cibo. Sembrava invece esercitarsi nella esecuzione<br />
<strong>di</strong> una danza complicata e nello sfidare se stesso a<br />
stare il più a lungo possibile sott’acqua. Benché lo<br />
osservasse da parecchio, mai una volta, Jubayl, lo<br />
aveva visto con un pesce nel becco o nell’atto <strong>di</strong><br />
ingurgitare qualcosa. La calma dei suoi tuffi e dei suoi<br />
movimenti lo inducevano a pensare che non fosse<br />
affamato, ma stesse semplicemente godendosi la bella<br />
giornata.<br />
Bella, la giornata, lo era davvero. Il cielo era<br />
azzurro e completamente sgombro <strong>di</strong> nuvole. Il sole<br />
era tiepido e piacevole. Seduto sulle rocce, Jubayl<br />
aveva perso la nozione del tempo. Cominciava a<br />
sentire un certo appetito e stava prendendo in<br />
considerazione l’idea <strong>di</strong> mangiare una fetta <strong>di</strong> pane,<br />
quando la sua attenzione fu attirata dalla vista <strong>di</strong> un<br />
30
uomo che risaliva la costa, tenendosi ai bor<strong>di</strong> del<br />
mare.<br />
Quest’uomo compiva delle azioni che Jubayl non<br />
riusciva a capire. Si teneva lungo gli scogli che<br />
lambivano il mare e aveva in mano un bastone, non<br />
troppo lungo ma particolarmente flessibile. Nella<br />
parte inferiore che, <strong>di</strong> tanto in tanto, immergeva<br />
nell’acqua, c’era legato qualcosa che da quella<br />
<strong>di</strong>stanza non poteva vedere <strong>di</strong>stintamente. L’uomo,<br />
quin<strong>di</strong>, sollevava il bastone e, <strong>di</strong> frequente, a questo<br />
era attaccato un pesce. Non era una fiocina, almeno<br />
non <strong>di</strong> quelle che conosceva, ma non avrebbe saputo<br />
<strong>di</strong>re cosa fosse quello strumento che consentiva a<br />
quell’uomo <strong>di</strong> pescare. Poi lo vedeva compiere dei<br />
gesti che Jubayl riusciva a capire ancora meno. In<br />
alcuni casi impugnava un bastone corto e robusto e lo<br />
batteva sul pesce, dopo averlo poggiato sulle rocce,<br />
evidentemente per ucciderlo, oppure infilava in bocca<br />
il pesce e dopo un morso lo riponeva nel sacco che gli<br />
pendeva sul fianco, assieme a quelli che aveva colpito<br />
col bastone.<br />
Risaliva la costa lentamente, controllando ogni<br />
piega <strong>degli</strong> scogli prima <strong>di</strong> usare il bastone e una volta<br />
scelta una pozza, lo immergeva con cautela e<br />
precisione. L’uomo si era fatto più vicino e Jubayl ora<br />
poteva notare che, dopo aver pescato un pesce e dopo<br />
averlo riposto, ne prendeva un altro dalla tasca della<br />
giubba e ne staccava un pezzo con i denti. Fatto<br />
questo infilzava il pezzo su quello che sicuramente era<br />
un amo, legato ad un filo non più lungo <strong>di</strong> un palmo.<br />
- Gli dei siano con te. – Lo salutò Jubayl, quando<br />
l’uomo si fu avvicinato abbastanza.<br />
- Perché tu non sai più che fartene? – Fu la<br />
risposta che ricevete in cambio.<br />
31
- E’ solo un modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re. E’ il modo che usiamo<br />
per salutare. - Replicò Jubayl, più stupito che<br />
interdetto.<br />
- Anche noi salutiamo allo stesso modo, ma volevo<br />
vedere quale sarebbe stata la tua reazione. Non ci<br />
siamo mai incontrati, eppure sono abbastanza vecchio<br />
e tu non sei più <strong>di</strong> primo pelo. Credo che tu non sia <strong>di</strong><br />
uno dei villaggi della Terra <strong>di</strong> Inòghe.<br />
- E’ vero. Vengo da una terra che sta a molti<br />
giorni <strong>di</strong> navigazione da qui.<br />
- Allora sei uno <strong>di</strong> quelli che sono venuti per<br />
insegnarci come si fanno i figli?<br />
- Ho il sospetto che ce l’abbia con noi. E’ così?<br />
- Non <strong>di</strong>rei. Francamente non mi <strong>di</strong>sturbate per<br />
niente, ma trovo che siate un po’ troppo presuntuosi e<br />
che pensiate <strong>di</strong> sapere tutto della vita. Invece sono<br />
invecchiato anche senza <strong>di</strong> voi e non sentivo la<br />
necessità della vostra presenza. Ma, visto che ci siete,<br />
dovreste cercare <strong>di</strong> ascoltare <strong>di</strong> più e parlare e<br />
sentenziare <strong>di</strong> meno.<br />
- Mi spiace che ti abbiamo fatto questa<br />
impressione.<br />
- Non so se anche tu sei come gli altri o se sei<br />
<strong>di</strong>verso. Se sei venuto per insegnarci, o insegnare a<br />
me, come vivere, non farlo, non mi piacerebbe e mi<br />
<strong>di</strong>venteresti antipatico. Piuttosto, vedo che conosci<br />
Sorcu, il nostro capotribù.<br />
- Come fai a saperlo?<br />
- Solo lui può averti dato il medaglione che porti al<br />
collo e che ti identifica come ospite gra<strong>di</strong>to, che deve<br />
essere rispettato da chiunque ti incontri.<br />
- E’ vero, è stato lui a darmelo.<br />
- Allora? Chi sei?<br />
- Il mio nome è Jubayl e non ti <strong>di</strong>rà sicuramente<br />
32
niente ma, forse, un fatto accaduto circa cinque anni<br />
fa potrebbe aiutarti a capire chi sono. A quel tempo<br />
arrivò su questa terra una flotta, che lasciò su queste<br />
coste <strong>degli</strong> uomini, per voi stranieri, e che oggi sono<br />
alloggiati sulla parte meri<strong>di</strong>onale <strong>di</strong> Skina. Ebbene,<br />
quella flotta era ai miei or<strong>di</strong>ni. Per questo conosco<br />
Sorcu e conosco anche Crecu. E’ da lui che sono<br />
<strong>di</strong>retto.<br />
- Il mio nome è Nìbaru e non credo <strong>di</strong> essere<br />
troppo importante. Ero troppo avanti con gli anni per<br />
essere tra quelli che, in armi, attendevano il vostro<br />
sbarco ed ero poco curioso per andare a vedere da<br />
vicino. Ho sentito raccontare <strong>di</strong> te molte volte e, ad<br />
ogni versione, venivano aggiunti nuovi particolari,<br />
tanto che, alla fine, sembravate sbarcati in almeno<br />
una dozzina <strong>di</strong> mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti.<br />
- Succede sempre così nei racconti. Mi spiace se<br />
non ti sono simpatico. – Disse Jubayl.<br />
- Non darti troppe arie. - Rispose Nìbaru. – Non mi<br />
sei antipatico più <strong>degli</strong> altri. A me sono poco<br />
simpatici tutti, in<strong>di</strong>stintamente. Comunque, che gli dei<br />
siano con te. – Concluse Nìbaru, sedendosi su una<br />
roccia, poco <strong>di</strong>stante da dove si trovava Jubayl.<br />
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CAPITOLO TRE<br />
- Nonno, chi erano quelli che avevano la maschera sul<br />
viso, ieri e gli altri giorni, alla cerimonia del Tempio<br />
del Pozzo?<br />
Istore, il figlio <strong>di</strong> Ebra, aveva quasi sei anni. Aveva<br />
partecipato, come tanti bambini, alle manifestazioni<br />
che si erano tenute al Pozzo Sacro del nuraghe del<br />
Tempio, restandone impressionato. Ora, finite le<br />
cerimonie, poteva chiedere spiegazioni al nonno.<br />
- Erano le stesse persone che ve<strong>di</strong> tutti i giorni e<br />
che, anche tu, conosci. – Rispose Crecu.<br />
- Perché, allora, ieri avevano la maschera, mentre<br />
gli altri giorni non la portano?<br />
Crecu aveva terrore dei “perché?” del nipote.<br />
Sapeva quando cominciavano. Sapeva, anche, che la<br />
conclusione delle domande sarebbe stata molto<br />
lontana.<br />
- Perché quella <strong>di</strong> ieri, e quella <strong>degli</strong> altri giorni,<br />
era la festa <strong>di</strong> ringraziamento alla grande Madre<br />
Terra per averci donato la vita.<br />
- A me, facevano paura.<br />
- Non bisogna avere paura. Ci sono poche cose<br />
che possono farci del male. Ci vuole poco per evitare<br />
il pericolo.
- La nonna <strong>di</strong>ce sempre che ci sono animali cattivi<br />
ed anche uomini cattivi, dai quali bisogna stare<br />
lontani.<br />
- Ha ragione, anche se qualche volta si preoccupa<br />
eccessivamente. Devi solamente stare attento a non<br />
allontanarti troppo dalla capanna.<br />
- Perché ci sono persone cattive?<br />
- Non possiamo saperlo mai con certezza se sono<br />
persone cattive. Per questo, i bambini devono<br />
chiedere ai gran<strong>di</strong>.<br />
Dopo aver me<strong>di</strong>tato sulle risposte del nonno, Istore<br />
ricominciò con le domande sulla cerimonia del Pozzo.<br />
- Chi erano quelli che avevano le pelli bianche e la<br />
maschera con le corna?<br />
- Raffiguravano i buoi e le mucche che aiutano gli<br />
uomini nel lavoro nei campi, che ci danno la carne<br />
per saziarci e il latte da bere o per fare il formaggio.<br />
- Perché?<br />
- E’ il dono che gli dei hanno fatto agli uomini<br />
perché ci vogliono bene, perché non ci manchi nulla.<br />
- Perché?<br />
- Questo non lo so.<br />
- La nonna <strong>di</strong>ce che sai sempre tutto. Altre volte<br />
afferma che non sempre <strong>di</strong>ci la verità.<br />
- E’ questo che ti riferisce la nonna?<br />
- Non lo <strong>di</strong>ce a me. Però ho sentito che lo <strong>di</strong>ceva a<br />
Brùscia, quando è venuta a trovarla.<br />
- Stava solo scherzando.<br />
- A me sembrava seria.<br />
Istore era certo <strong>di</strong> quello che affermava e voleva<br />
sapere se anche il nonno, una persona adulta, che gli<br />
spiegava ed imponeva <strong>di</strong> <strong>di</strong>re sempre la verità, fosse<br />
non solo capace <strong>di</strong> mentire, ma <strong>di</strong> farlo, anche, <strong>di</strong><br />
proposito.<br />
35
Crecu non aveva alcuna intenzione <strong>di</strong> addentrarsi<br />
in una <strong>di</strong>scussione sul vero e sul falso, con un<br />
moccioso e un curioso. Doveva ricordarsi <strong>di</strong> parlare<br />
con Tira a proposito della sua capacità <strong>di</strong> mentire.<br />
Perciò chiuse il <strong>di</strong>scorso col nipote con un perentorio:<br />
- Ti sbagli.<br />
- Chi erano quelli vestiti <strong>di</strong> nero che cercavano <strong>di</strong><br />
guidare i buoi? – Chiese ancora Istore, in<strong>di</strong>fferente<br />
della reazione del nonno e troppo curioso <strong>di</strong> conoscere<br />
il resto dei misteri della cerimonia.<br />
- Quelli erano i bovari. Erano gli uomini che, tanto<br />
tempo fa, per <strong>primi</strong>, erano riusciti ad aggiogare i buoi<br />
per allevarli.<br />
- Perché la loro maschera è così brutta?<br />
- Perché gli uomini antichi erano brutti.<br />
Successivamente, con l’aiuto <strong>degli</strong> dei e con i doni che<br />
ci hanno fatto, siamo <strong>di</strong>ventati più belli.<br />
- Però ci sono ancora uomini brutti. Ci sono anche<br />
nel nostro villaggio. Perché sono ancora brutti? Gli<br />
dei non gli vogliono bene?<br />
- Non sono brutti.<br />
- Sì. Li ho visti. Sono brutti.<br />
- Non sta bene <strong>di</strong>re queste cose. Non è buona<br />
educazione parlare della bellezza <strong>degli</strong> altri.<br />
- Ma è vero.<br />
- Non si deve <strong>di</strong>re lo stesso.<br />
- Allora bisogna <strong>di</strong>re una bugia?<br />
- Non bisogna <strong>di</strong>re una bugia. Non bisogna <strong>di</strong>re<br />
niente e basta. Se qualcuno non ti piace, non devi<br />
<strong>di</strong>rgli che è brutto. Non devi parlare <strong>di</strong> bellezza. Hai<br />
capito?<br />
- No. – Ad Istore tornavano a confondersi le idee.<br />
Se si doveva sempre <strong>di</strong>re la verità, la si <strong>di</strong>ceva. Cosa<br />
significava che, a volte, invece, si doveva tacere? Non<br />
36
era mentire anche questo? La vita <strong>degli</strong> adulti è così<br />
ingarbugliata e poco chiara. Decise <strong>di</strong> non insistere.<br />
- Non fa niente. Te lo spiegherò un’altra volta. –<br />
Tagliò corto Crecu.<br />
- Quelli che lanciavano il laccio, chi erano?<br />
- Erano i cacciatori.<br />
- Perché lanciavano il laccio?<br />
- Per catturare le donne più belle.<br />
- Perché?<br />
- Perché tutti gli uomini hanno bisogno <strong>di</strong> una<br />
donna che faccia loro compagnia e scelgono una<br />
bella donna per sposarsi e per far nascere i bambini.<br />
- Perché non scelgono le brutte?<br />
- Ti ho già detto che non ci sono persone brutte.<br />
- Sì, che ci sono persone brutte. Tante. Anche<br />
Brùscia è brutta.<br />
- Smettila. Ti ho detto che te lo spiegherò un’altra<br />
volta.<br />
Questa volta la reazione <strong>di</strong> Crecu era stata piuttosto<br />
sgarbata. Istore non se l’aspettava. Il nonno non si<br />
irritava mai con lui, anche se lo aveva visto <strong>di</strong>verse<br />
volte a<strong>di</strong>rato e non gli era piaciuto. Pensava che con<br />
lui non sarebbe stato mai cattivo, invece questa volta<br />
aveva perso la calma e si sentiva ferito. Era anche<br />
impaurito dalla reazione che aveva suscitato. Stavano<br />
arrivando le lacrime e non aveva voglia <strong>di</strong> fermarle.<br />
- Non vorrai metterti a piangere come le bambine,<br />
ora? Quando mai i guerrieri si mettono a piangere?<br />
Istore riuscì a fermare le lacrime e a calmarsi. Per<br />
il nonno continuava ad essere il piccolo guerriero.<br />
Questo stava a significare che non era così arrabbiato,<br />
come sembrava. Attese ancora qualche secondo per<br />
accertarsi che la sfuriata fosse terminata e appena<br />
intravide un sorriso sul viso <strong>di</strong> Crecu, Istore ripartì<br />
37
con le domande.<br />
- Quelli che avevano i campanacci sulle spalle, chi<br />
erano? Perché saltavano in quel modo?<br />
- Rappresentano gli spiriti che vivono nella terra,<br />
nell’aria e nell’acqua. Saltare è il loro modo <strong>di</strong><br />
muoversi da una parte all’altra.<br />
- Sono tutti uguali?<br />
- Non sono tutti uguali. Sono <strong>di</strong>versi fra loro, ma<br />
poiché noi non possiamo vederli, li rappresentiamo<br />
con una sola maschera.<br />
- Come facciamo a sapere che ci sono?<br />
- Lo ve<strong>di</strong>amo grazie ai prodotti della terra che ci<br />
danno. Ci hanno dato gli animali per saziarci e per<br />
aiutarci nei lavori. Ci hanno dato le erbe e i frutti che<br />
possiamo mangiare. Ci hanno dato gli alberi per il<br />
fresco e per costruire le capanne. Anche le pietre ci<br />
sono utili e le utilizziamo per fare tante cose. Hai<br />
capito?<br />
- Non tutto. E’ <strong>di</strong>fficile capire quello che <strong>di</strong>ci.<br />
- Vedrai che fra qualche anno tutto ti sembrerà<br />
semplice.<br />
- Nonno, posso andare a giocare ora? – Disse<br />
Istore, stanco <strong>di</strong> tutte queste cose che non capiva.<br />
- Sì, piccolo guerriero. Vai pure a giocare. Ma stai<br />
attento a non farti del male. – Rispose Crecu,<br />
sperando che, almeno per quel giorno, i “perché?” del<br />
nipote, fossero terminati.<br />
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