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1 INDICE - Philip P. Willan

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Flavio Carboni, con l’accusa di aver organizzato, in concorso tra loro e con altre<br />

persone non ancora identificate, l’assassinio del banchiere, avvalendosi<br />

dell’associazione mafiosa denominata Cosa Nostra, al fine di conseguire<br />

l’impunità e conservare il profitto del delitto di concorso in bancarotta<br />

fraudolenta: Calò dando disposizioni ad altri associati che avevano<br />

materialmente strangolato la vittima simulandone il suicidio; Carboni<br />

consegnando Calvi nelle mani degli esecutori materiali, dopo averlo “ridotto in<br />

suo potere”.<br />

Secondo l’ipotesi accusatoria, Calvi (come già in precedenza aveva fatto<br />

Michele Sindona) si sarebbe impossessato di ingenti capitali mafiosi, che gli<br />

erano stati affidati affinché li investisse attraverso il Banco Ambrosiano.<br />

Veniva quindi disposta un’altra perizia collegiale e il 18 dicembre 1998<br />

veniva affidato l’incarico ai professori Berndt Brinkmann (medico legale), Luigi<br />

Capasso (antropologo) e Annunziata Lopez (tossicologa forense); venivano così<br />

effettuate la riesumazione del cadavere ed una nuova autopsia.<br />

In sede di incidente probatorio, i periti esponevano i risultati dei loro<br />

accertamenti, affermando che la totalità dei reperti esaminati ed analizzati era<br />

incompatibile con l’ipotesi del suicidio e pienamente compatibile con quella<br />

dell’omicidio (eseguito mediante un impiccamento atipico, senza un balzo<br />

dall’impalcatura), posto che non erano state riscontrate lesioni traumatiche a<br />

livello della colonna cervicale e non erano state rinvenute sulle scarpe, sulle<br />

mani, negli spazi subungueali e sui vestiti del Calvi tracce dei componenti<br />

dell’impalcatura (con la quale il banchiere sarebbe dovuto necessariamente<br />

venire a contatto per raggiungere volontariamente ed autonomamente il punto<br />

in cui venne trovato appeso).<br />

Nel corso delle indagini venivano anche interrogati numerosi collaboratori di<br />

giustizia, i quali riferivano in massima parte elementi di conoscenza indiretta in<br />

ordine alla morte di Roberto Calvi ed a fatti connessi.<br />

Il 15 ottobre 2003 il pubblico ministero formulava richiesta di rinvio a<br />

giudizio, per il reato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, nei<br />

confronti di Giuseppe Calò, Flavio Carboni, Silvano Vittor, Ernesto Diotallevi e<br />

Manuela Kleinszig.<br />

All’esito dell’udienza preliminare, con decreto in data 18 aprile 2005, il G.i.p.<br />

presso il Tribunale di Roma disponeva il rinvio a giudizio di Calò, Carboni,<br />

Diotallevi e Kleinszig, davanti a questa Corte di assise, per l’udienza<br />

dibattimentale del 6 ottobre 2005, chiamandoli a rispondere del reato<br />

enunciato in epigrafe. Analogo provvedimento veniva emesso separatamente<br />

nei confronti del Vittor, con la stessa imputazione.<br />

In dibattimento venivano riuniti i due procedimenti e venivano sollevate, da<br />

parte dei difensori degli imputati, varie questioni preliminari, che venivano<br />

tutte respinte dalla Corte con ordinanza allegata al relativo verbale di udienza.<br />

Nel corso di una complessa istruttoria, venivano esaminati i periti, i<br />

consulenti di parte e numerosi testimoni; venivano altresì acquisiti documenti<br />

prodotti dal pubblico ministero e dai difensori (ivi comprese ponderose<br />

sentenze irrevocabili pronunciate in procedimenti penali in qualche modo<br />

collegati a quello costituente l’oggetto del presente giudizio) e, sull’accordo<br />

delle parti, diversi verbali di dichiarazioni rese durante le indagini preliminari<br />

nonché gli atti assunti nei due giudizi davanti al Coroner di Londra.<br />

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