05.06.2013 Views

SCARICA IL LIBRO in formato .pdf adatto ad esser letto sul tuo ...

SCARICA IL LIBRO in formato .pdf adatto ad esser letto sul tuo ...

SCARICA IL LIBRO in formato .pdf adatto ad esser letto sul tuo ...

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

INCIPIT<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia.<br />

In realtà non si trattava proprio di un difetto, era una specie di<br />

distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong> cui pronunciava la “r”.<br />

Non era moscia alla francese, né tanto meno una evve di sapore<br />

<strong>in</strong>tellettuale; Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella consonante f<strong>in</strong>o a<br />

farla diventare tagliente; una “r” affilata che dava ancor più enfasi<br />

alle sue sfuriate, quando si arrabbiava.<br />

E Brigida si arrabbiava spesso.<br />

(Riccardo Ceredi)


ROBERTA SIBANI<br />

Giovane amore<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia. In realtà non si trattava proprio di<br />

un difetto, era una specie di distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong> cui<br />

pronunciava la “r”. Non era moscia alla francese, né tanto meno una<br />

evve di sapore <strong>in</strong>tellettuale; Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella<br />

consonante f<strong>in</strong>o a farla diventare tagliente; una “r” affilata che dava<br />

ancor più enfasi alle sue sfuriate, quando si arrabbiava. E Brigida si<br />

arrabbiava spesso.<br />

I suoi genitori accettavano con una certa noncuranza le sue sfuriate. Si<br />

rendevano perfettamente conto che Bridiga si trovava nella fase più<br />

turbolenta della crescita, dispiaciuti perché pensavano che il carattere<br />

ombroso della loro bruna e bella figliola le avrebbe forse provocato<br />

qualche difficoltà.<br />

Brigida aveva <strong>in</strong>contrato Ugo per caso, alla mensa aziendale.<br />

Guardandosi negli occhi si erano come riconosciuti: nessuno le aveva<br />

mai provocato un così improvviso rimescolarsi del sangue, la<br />

sensazione che la testa frullasse nell’aria. Lui, <strong>ad</strong>agio, manovrando per<br />

avere l’occasione di avvic<strong>in</strong>arsi, poco dopo si era seduto al suo fianco.<br />

Fecero conoscenza, si scambiarono qualche battuta e, dopo un banale<br />

chiacchiericcio, proseguito <strong>in</strong> un bar nell’<strong>in</strong>tervallo meridiano del lavoro,<br />

<strong>in</strong>iziarono a confidarsi una quantità di idee, di progetti di vita che<br />

cercavano di trovare la str<strong>ad</strong>a della loro riflessione e consapevolezza.<br />

Appena <strong>ad</strong>olescenti, parlavano delle persone che volevano, dovevano<br />

ancora diventare.<br />

Di natura prudente, Brigida comunque quella sera ragionò: non credeva<br />

al colpo di fulm<strong>in</strong>e. Era quell’<strong>in</strong>contro l’<strong>in</strong>izio di un amore? Forse. Si<br />

sentiva turbata. Nei giorni seguenti si <strong>in</strong>formò discretamente su di lui e<br />

purtroppo i molti che li avevano visti chiacchierare appartati le dissero<br />

che dietro il sorriso disarmante si nascondeva un ragazzo che si era già<br />

dimostrato <strong>in</strong>affidabile, che sfuggiva gli impegni e le complicazioni. Le<br />

dicerie la <strong>in</strong>curiosirono, forse perché nel suo carattere era presente un<br />

forte spirito di contr<strong>ad</strong>dizione e il suo cuore avrebbe ancora voluto<br />

credere al sogno di un <strong>in</strong>contro importante, bello; l’<strong>in</strong>nato buonsenso<br />

però le consigliava di scappare e provò a farlo. Un paio di volte ricorse<br />

anzi all’astuzia per evitare il giovane alto e bruno che le faceva battere il<br />

cuore al solo vederlo, che si aggirava fumando con fare noncurante<br />

presso l’uscita dell’ufficio, chiaramente aspettandola. Poi una sera,


mentre Brigida camm<strong>in</strong>ava affrettandosi, una calda voce maschile la<br />

colse di sorpresa: Ugo l’aveva raggiunta. Con gioia irrazionale lei si<br />

accorse di quanto lo avesse atteso. Però s’impuntò: “In moto con te no,<br />

non ci vengo.” E la frase uscì pacifica, dato che non c’erano “r” di<br />

mezzo.<br />

Ugo si assoggettò a camm<strong>in</strong>arle al fianco, la str<strong>ad</strong>a da percorrere non<br />

era molta. La calma se n’era andata, i pensieri della ragazz<strong>in</strong>a dai<br />

lunghi capelli erano a colori. Sentiva urgenza di parlargli, ed anche lui<br />

sembrava aver tante cose da dire. Soprattutto una, dolcissima: “Mi sono<br />

<strong>in</strong>namorato di te!”<br />

Il loro amore era prepotente ma un poco litigioso. Lei aveva idee<br />

precise su molti argomenti e per un poco riuscì a difenderle perché<br />

pensava che le orme che lasciamo <strong>sul</strong>la str<strong>ad</strong>a che abbiamo deciso di<br />

percorrere sono le nostre e non di chiunque. Non era tipo da accettare<br />

un “si fa così” senza decidere se “così” era la sua scelta. Ugo, che<br />

probabilmente non ci teneva a fare discorsi seri e profondi, la provocava<br />

apposta, perché farla discutere voleva dire scatenare una selva di “r”<br />

taglienti che gli mettevano allegria.<br />

A tarda sera, dopo un battibecco piuttosto animato su temi riguardanti il<br />

lavoro, fra il fr<strong>in</strong>ire dei grilli del prato sottostante la sua stanza al primo<br />

piano, a Brigida arrivò sommessa la voce di Ugo che dolcemente le<br />

sussurrava parole di pacificazione, <strong>in</strong>curante di f<strong>in</strong>estre sbattute e di<br />

qualche borbottio <strong>in</strong>fastidito. Tutti i discorsi del mondo non avrebbero<br />

potuto esprimere le emozioni di quel momento: Ugo aveva abbattuto<br />

ogni sua difesa.<br />

La vita diventò cambiamento, movimento; un sentimento immenso<br />

sembrava aver soggiogato Brigida. Con lui sarebbe andata ovunque,<br />

tutto aveva cambiato ritmo, tutto traboccava di pienezza e felicità e<br />

queste emozioni la accompagnavano <strong>in</strong> ogni momento della vita<br />

quotidiana. In moto con lui ora ci andava. Con gioia timorosa e totale<br />

abbandono, nel sole o al buio, coi capelli al vento e un <strong>in</strong>terno sorriso, si<br />

affidava <strong>in</strong>teramente all’abbraccio di quella schiena forte e snella,<br />

perché lui era il suo tutto. Le vibrazioni del motore le mettevano paura,<br />

la vic<strong>in</strong>anza del terreno quando affrontavamo i tornanti della via la<br />

spaventava, le accelerazioni le scompigliavano lo stomaco e i pensieri,<br />

ma disarmata lo str<strong>in</strong>geva sempre più forte con trasporto ed euforia.<br />

Ogni gesto del suo caro amore le arrivava caldo caldo al cuore, perché<br />

aveva perso consapevolezza di sé, dimenticata ogni vigilanza, viveva la<br />

scoperta di una passione irrazionale. Sdraiati <strong>in</strong> una notte d’estate <strong>in</strong><br />

una r<strong>ad</strong>ura di bosco, con attorno i sussurri che sono il l<strong>in</strong>guaggio della<br />

natura, con tutto il cielo stellato dispiegato sopra i loro occhi e un alito di


vento che sfiorava i loro corpi, egli con dolcezza superò le sue ultime<br />

difese, perché <strong>in</strong> quel momento era quanto anche lei desiderava con<br />

tutta sé stessa, benché ne avesse timore.<br />

Iniziò una breve stagione magica. Brigida si sentiva fiorire al sole, con il<br />

sangue che scorreva prepotente nelle vene, piena di slanci e sensazioni<br />

nuove. Vedeva tutti ben disposti verso di lei, <strong>in</strong> famiglia e al lavoro, e<br />

allora affrontava fatti e persone con spigliata allegria. Era felice.<br />

Dopo qualche tempo il loro rapporto prese però a decl<strong>in</strong>are<br />

impercettibilmente verso il grigio. Lui com<strong>in</strong>ciò <strong>ad</strong> apparire nervoso,<br />

<strong>in</strong>sofferente: il lavoro, diceva.<br />

“Scusa, non ti stavo ascoltando…”<br />

Con sgomento Brigida si accorse che questa frase, altre volte passata<br />

<strong>in</strong>osservata, l’avevo sentita troppo spesso. Con disagio pensò a tutte le<br />

parole dette, a quelle che avrebbe voluto ancora dire. In cosa aveva<br />

sbagliato? Non fece <strong>in</strong> tempo <strong>ad</strong> <strong>in</strong>dagare le ragioni del suo scontento:<br />

lui cambiò improvvisamente occupazione, senza un <strong>ad</strong>dio, una<br />

spiegazione. Quando lo <strong>in</strong>contrò dopo molte ricerche, ottenne senza<br />

delicatezza vaghe quasi beffarde giustificazioni e ricevette <strong>in</strong> pieno<br />

petto la sensazione di <strong>esser</strong>e molesta, che di lei non gli importasse<br />

niente.<br />

“Ho da fare, devo andare…”<br />

Brigida non tentò sguardi supplichevoli né toni desolati, tanto lui<br />

pensava già <strong>ad</strong> altro.<br />

Sapere che Ugo non la stava aspettando, che non pensava a lei, che<br />

non voleva dividere le sue ore con lei la faceva star male, ma la ferita<br />

era stata da lui <strong>in</strong>ferta con tanta <strong>in</strong>differenza da <strong>esser</strong>e un’offesa tale da<br />

lasciarla tramortita; con un’<strong>in</strong>differenza che era cattiveria rispetto ai suoi<br />

sentimenti, delle sue prime sensazioni di donna. Sgomenta, persa, non<br />

sapeva a cosa aggrapparsi. Sembrava non esist<strong>esser</strong>o più né luce né<br />

tepore. Una pigra <strong>in</strong>curanza si era imp<strong>ad</strong>ronita di lei, attraversava un<br />

periodo di confusione e penombra; eppure a volte provava anche<br />

nostalgia, ma il passato non tornava se non nei sogni.<br />

La mamma le domandava:<br />

“Non esci?”<br />

Brigida rispondeva con malgarbo perché le era tornata la “r” sibilante e<br />

la mamma taceva, rispettando il suo silenzio, sperando che si<br />

confidasse per aiutarla con parole d’affetto ed esperienza. Il babbo dal<br />

canto suo non chiedeva niente, lo si sentiva solo borbottare verso la<br />

mamma, rea di averla lasciato troppo libera.<br />

Al lavoro immag<strong>in</strong>ava risat<strong>in</strong>e sommesse di chi l’aveva <strong>in</strong>utilmente<br />

messa <strong>in</strong> guardia e si risentiva, mentre era oggetto solamente di


comprensione e forse compassione, che tuttavia avvertiva come un<br />

peso.<br />

Alla sera tendeva le orecchie per sentire il respiro del sonno dei suoi<br />

genitori, per poter piangere senza vergogna. Oppure si guardava<br />

lungamente allo specchio, soffrendo disperatamente:<br />

“Perché non mi ama più?”<br />

Fortunatamente <strong>ad</strong>agio <strong>ad</strong>agio ritrovò il suo equilibrio, il suo ritmo<br />

naturale, il capo eretto. Piccoli segni positivi, slegati fra loro eppur<br />

presenti, rassicurarono i suoi, dimostrarono che Brigida non aveva<br />

smarrito il suo carattere fermo e s<strong>in</strong>cero, né la voglia di ridere e celiare.<br />

Di nuovo i giorni diventarono ricchi di significato. Occorse qualche<br />

tempo, ma un giorno il gesto di sistemarsi i capelli di un biond<strong>in</strong>o<br />

conosciuto per caso, le fece tenerezza. Cercò di conoscerlo meglio e<br />

vide aprirsi a poco a poco una persona di valore, che procedeva<br />

nell’esistenza con ponderata riflessione e giovanile baldanza, un saldo<br />

contatto con la realtà e un passo fermo e misurato. Aveva nel parlarle<br />

sfumature di dolcezza che solo chi è <strong>in</strong>namorato sa usare e questo la<br />

rimetteva <strong>in</strong> armonia con sé stessa, la faceva star bene. Dalla<br />

tenerezza all’amore impiegò un poco <strong>ad</strong> arrivare, ma vi approdò<br />

felicemente, più matura, ma ancora piena di slanci, capace di seguire le<br />

sue emozioni con gioiosa vitalità.<br />

Solo <strong>in</strong> momenti di calda <strong>in</strong>timità, quando i corpi si cercavano e le menti<br />

si smarrivano, la sua “r” a volte tornava a farsi sentire, ma non era più<br />

tagliente, solo dolce, sommessa, esitante. D’altra parte “lui”, il suo<br />

nuovo amore, le aveva detto una volta che quella particolarità le<br />

donava, le dava un’aria impavida che l’avv<strong>in</strong>ceva e gli <strong>in</strong>cuteva rispetto.


GIANFRANCO VICINELLI<br />

Fermi tutti, questa è una rap<strong>in</strong>a!!<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia. In realtà non si trattava proprio di<br />

un difetto, era una specie di distorsione per caratterizzava il modo con<br />

cui pronunciava la “r”.<br />

Non era moscia alla francese, né tantomeno una evve di sapore<br />

<strong>in</strong>tellettuale; Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella consonante f<strong>in</strong>o a farla<br />

diventare tagliente; una “r” affilata che dava ancor più enfasi alle sue<br />

sfuriate, quando si arrabbiava. E Brigida si arrabbiava spesso.<br />

Tra un’azione e l’altra io riflettevo molto su questo fatto.<br />

Ogni componente del gruppo aveva qualità che diventavano<br />

complementari a quelle degli altri: Michael era velocissimo a sparare, io<br />

e Sam efficaci nel saltare il banco per arraffare manciate di banconote<br />

dalla cassa, John efficacissimo a r<strong>in</strong>novare la scorta delle munizioni<br />

attraverso canali che solo lui conosceva, Barbara......<br />

Barbara cont<strong>in</strong>uava a stupirmi.<br />

All’<strong>in</strong>izio, quando costituii la banda, un amico mi suggerì un fuorilegge<br />

efficace nel avvertire il pubblico che una rap<strong>in</strong>a era <strong>in</strong> corso.<br />

Aveva un piccolo, lievissimo difetto, mi spiegò ed aveva anche la<br />

necessità di trovare un impiego per mantenere la vecchia mamma<br />

malata.<br />

Accettai di provarlo, ma al primo colpo sfiorammo un fiasco clamoroso.<br />

Il lievissimo difetto era una marcata balbuzie.<br />

Solo per dire “ fermi tutti questa è una rap<strong>in</strong>a” il ragazzo impiegò quasi<br />

mezzora e per fortuna che la polizia aveva tutte le auto <strong>in</strong><br />

concessionaria a fare il tagliando, evitandoci una cattura certa o quanto<br />

meno un conflitto a fuoco.<br />

Qualche tempo dopo esam<strong>in</strong>ai personalmente i candidati rap<strong>in</strong>atori e<br />

scoprii la caratteristica saliente del modo di parlare di Brigida.<br />

I suoi “ fermi tutti, questa è una rap<strong>in</strong>a !” erano di un’efficacia unica,<br />

anzi, sembrava che fossero perf<strong>in</strong>o ammirati dalle vittime.<br />

Non ci credete ?<br />

Il nostro attacco alla Bank of Texas di Dallas lo dimostra: il Direttore<br />

della banca <strong>in</strong>vece di cercare di occultare i contanti o di azionare il<br />

segnale di allarme, restò, <strong>in</strong>cantato e stupito, <strong>ad</strong> ascoltare il perentorio<br />

avviso di Brigida e alla f<strong>in</strong>e gridò con<br />

tutto il fiato che aveva <strong>in</strong> gola: “BIS !!”


LUCA GIOACCHINO DE SANDOLI<br />

Un film <strong>sul</strong> pugilato<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia. In realtà non si trattava proprio<br />

di un difetto, era una specie di distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong><br />

cui pronunciava la “r”. Non era moscia alla francese, né tanto meno una<br />

evve di sapore <strong>in</strong>tellettuale; Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella<br />

consonante f<strong>in</strong>o a farla diventare tagliente; una “r” affilata che dava<br />

ancor più enfasi alle sue sfuriate, quando si arrabbiava. E Brigida si<br />

arrabbiava spesso.<br />

Il fatto che si arrabbiasse così di frequente non era affatto una cosa<br />

positiva. E se non si poteva rimediare a questo, bisognava almeno fare<br />

<strong>in</strong> modo che lei <strong>in</strong>canalasse la sua rabbia <strong>in</strong> qualcosa di costruttivo,<br />

senza che arrecasse danno agli altri.<br />

Purtroppo non era facile, dal momento che la ragazza non aveva<br />

molti <strong>in</strong>teressi e abitava <strong>in</strong> piena campagna, cioè <strong>in</strong> una zona dove non<br />

era possibile trovare molti posti <strong>in</strong> cui potersi sfogare senza rompere<br />

nulla e far male alla gente.<br />

F<strong>in</strong>ché un giorno, capitò che un giovane c<strong>in</strong>easta, che abitava <strong>in</strong> una<br />

città vic<strong>in</strong>a e aveva sentito parlare di lei, passò per la fattoria dove<br />

abitava.<br />

Quando lei e i suoi familiari lo videro, rimasero abbastanza sbalorditi.<br />

Dato che non conoscevano molto bene le cose diverse da quelle che<br />

c’erano <strong>in</strong> campagna, soprattutto quelle di città, quel tizio dall’aspetto<br />

curioso che si portava dietro degli aggeggi ancora più curiosi, che non<br />

avevano mai visto prima, apparve come qualcuno arrivato da un altro<br />

mondo.<br />

A dire la verità, però, erano molto più turbati dal ragazzo gigantesco,<br />

muscolosissimo e alto più di due metri, con il quale si accompagnava.<br />

Una volta arrivato davanti al cancello della tenuta, domandò: “Scusa,<br />

sei tu Brigida?”<br />

“Sì, sono io” rispose la diretta <strong>in</strong>teressata, che <strong>in</strong> quel momento era<br />

occupata a portare il fieno alle vacche. “E tu chi sei?”<br />

“Mi chiamo Silvestro, e sono un appassionato di c<strong>in</strong>ema.” E nel dire<br />

così, mostrò la sua c<strong>in</strong>epresa, il suo caval<strong>letto</strong>, e tutte le altre cose che<br />

si portava dietro, che sembravano anch’essi degli oggetti provenienti da<br />

un altro mondo.<br />

“E che cosa vorresti da me, scusa?” domandò Brigida.


“Igor e io vorremmo girare un film <strong>in</strong>sieme a te” spiegò Silvestro<br />

<strong>in</strong>dicando sé stesso e il gigante.<br />

“Beh, più che un uomo, questo Igor sembra più un toro!” esclamò<br />

Brigida nel vedere il ragazzone.<br />

“Di che film si tratta?” chiese poi.<br />

“E’ un film che narra di una ragazza più o meno come te, che<br />

vorrebbe starsene tranquilla a dedicarsi alla sua famiglia e nient’altro”<br />

spiegò Silvestro. Dopo una brevissima pausa, cont<strong>in</strong>uò, con tono<br />

teatrale: “Ma ecco che da una terra lontana arriva Igor, un giovane<br />

combattente dalla stazza che è il doppio di quella del p<strong>ad</strong>re della<br />

protagonista, che <strong>in</strong>tende sfidare tutti coloro che credono di avere un<br />

po’ di coraggio per affrontarlo. All’<strong>in</strong>izio nessuno si fa avanti, ma poi<br />

ecco che un amico della protagonista lo affronta, sicuro di v<strong>in</strong>cere…”<br />

“E qu<strong>in</strong>di?” domandò Brigida, <strong>in</strong>curiosita.<br />

“E qu<strong>in</strong>di egli, visto che non riesce a sostenere i colpi di Igor, f<strong>in</strong>isce<br />

col morire <strong>sul</strong> r<strong>in</strong>g. A questo punto, la protagonista (che ovviamente sei<br />

tu, Brigida), <strong>ad</strong>dolorata per la perdita dell’amico e conv<strong>in</strong>ta che per<br />

poterlo vendicare può solamente affrontare e battere il gigante,<br />

raccoglie la sua sfida, sfidando a sua volta gli stereotipi della gente, che<br />

è conv<strong>in</strong>ta che una donna non possa praticare il pugilato, fissa il luogo e<br />

la data dell’<strong>in</strong>contro con Igor, si va <strong>ad</strong> allenare <strong>in</strong> piena campagna,<br />

lontano da tutto e da tutti, qu<strong>in</strong>di si fa picchiare dal gigante…”<br />

“Se devo morire schiacciato da un toro come quello per fare un<br />

piacere a te, te lo puoi scordare!” disse Brigida, pronta a piantare <strong>in</strong><br />

asso i due uom<strong>in</strong>i e a tornare al lavoro.<br />

“No, aspetta!” la trattenne Silvestro. “Mica devi morire: il copione dice<br />

che tu, pur soffrendo molto, riesci a resistere ai colpi di Igor e a<br />

rimanere <strong>in</strong> piedi, e poi, al momento opportuno, lo colpisci al volto!”<br />

“Ah, sì?”<br />

“Sì, e lo colpisci <strong>in</strong> maniera così violenta, che per la prima volta <strong>in</strong><br />

vita sua il gigante si ritrova ferito. E da allora, senza esclusioni di botte,<br />

cont<strong>in</strong>uate a darvele a vicenda, f<strong>in</strong>ché tu, stremata dalla fatica, decidi lo<br />

stesso di non gettare la spugna e andare avanti, e abbattere con le tue<br />

ultime forze il <strong>tuo</strong> smisurato avversario.”<br />

“E poi?”<br />

“E poi lo butti giù, tu e<strong>sul</strong>ti, la gente si ricrede <strong>sul</strong> <strong>tuo</strong> conto e tutti<br />

vivono felici e contenti.”<br />

“E cosa dovrò fare, esattamente?” domandò Brigida. “Se devo fare<br />

tutto questo, che cosa dovrò fare per farlo per bene?”<br />

“Devi allenarti, e anche molto!” disse con tono di ovvietà Silvestro.<br />

“Per buttare giù Igor, non puoi girare le scene <strong>in</strong> questo stato. Non sei


allenata per resistere ai suoi colpi. Tu devi sviluppare una grande forza<br />

e resistenza, <strong>in</strong> modo da riuscire a scagliare al <strong>tuo</strong> avversario colpi<br />

sempre più violenti e buttarlo al tappeto. Qu<strong>in</strong>di, f<strong>in</strong>o a Natale, quando<br />

<strong>in</strong>tendo far uscire la mia pellicola, ti allenerai con me e con Igor. Non ti<br />

preoccupare” si affrettò <strong>ad</strong> aggiungere “lui non è cattivo come sembra,<br />

anzi, è un bravo ragazzo! Il cattivo lo fa solo nelle riprese, fuori dal set è<br />

molto buono.”<br />

“Mmm… non lo so…” mormorò Brigida. “Potrei parlarne con la mia<br />

famiglia, per vedere se è d’accordo?” domandò Brigida.<br />

“Certo che puoi, anzi: devi. Anche se tengo molto a fare questo film,<br />

voglio che tu ti faccia dirigere da me solo se siete d’accordo tu e la tua<br />

famiglia!” rispose Silvestro.<br />

“Non ti preoccupare, io sono perfettamente d’accordo!” disse il p<strong>ad</strong>re<br />

di lei, che si era messo <strong>ad</strong> ascoltare la conversazione.<br />

“Sarà un’esperienza diversa dal solito, irripetibile!” cont<strong>in</strong>uò il<br />

genitore. “Quanto a tua m<strong>ad</strong>re, parlerò io con lei, e la conv<strong>in</strong>cerò a farti<br />

fare questi allenamenti e queste riprese! Semmai, se c’è una persona<br />

che dev’<strong>esser</strong>e d’accordo per fare questo film, quella sei tu!”<br />

“Non hai che da fare una firmetta qui!” disse Silvestro, porgendole<br />

una cartelletta con un foglio che era il contratto per il film e un<br />

cusc<strong>in</strong>etto d’<strong>in</strong>chiostro per i timbri.<br />

“Non potrei pensarci un poco, almeno f<strong>in</strong>o a domatt<strong>in</strong>a?” chiese<br />

Brigida.<br />

“Perché no? Poi, quando avrai deciso, faccelo sapere. Comunque,<br />

guarda” disse a voce bassa Silvestro. “Si tratta di un’occasione d’oro<br />

per diventare famosa <strong>in</strong> tutta la campagna. Non puoi fartela sfuggire!”<br />

“E che ci gu<strong>ad</strong>agno?”<br />

“Fama, notorietà, gloria, la possibilità di fare un po’ di moto e<br />

soprattutto una montagna di soldi!”<br />

“Sicuro?”<br />

“Sicuro.”<br />

Brigida si voltò un attimo verso i genitori, vide l’espressione di sprono<br />

del p<strong>ad</strong>re e quella preoccupata della m<strong>ad</strong>re, considerò che avrebbe<br />

potuto contribuire <strong>ad</strong> aumentare il loro conto <strong>in</strong> banca e poi, senza più<br />

stare a pensare, disse: “Accetto! Dove devo firmare?”<br />

“Qua!” le <strong>in</strong>dicò Silvestro. Brigida si fece dare una penna dal p<strong>ad</strong>re e<br />

scarabocchiò il suo nome <strong>in</strong> calce al contratto.<br />

Nei mesi seguenti, Brigida passò <strong>in</strong>tere giornate <strong>ad</strong> allenarsi e a<br />

imparare a memoria i movimenti e i tempi giusti da fare durante le<br />

riprese del combattimento vero e proprio (Silvestro lo aveva def<strong>in</strong>ito<br />

come qualcosa non troppo diverso da una coreografia). La matt<strong>in</strong>a


presto, si alzava dal <strong>letto</strong> circa un’ora prima degli altri, a volte due; poi si<br />

metteva a correre <strong>in</strong>torno alla campagna per acquisire maggiore<br />

resistenza e stabilità <strong>sul</strong>le gambe, spaccava e segava la legna (cosa<br />

che faceva già prima, abitando <strong>in</strong> una zona piuttosto fredda), andava<br />

nel granaio utilizzandolo come palestra e facendo esercizi per il<br />

potenziamento muscolare e per acquisire velocità e prontezza di riflessi,<br />

mollava colpi violentissimi a un sacco di sabbia, e si recava <strong>in</strong> città per<br />

poi salire su un palchetto che stava al centro della piazza <strong>ad</strong><br />

apprendere le mosse da fare come previsto dal copione scritto dallo<br />

stesso Silvestro, che dietro la c<strong>in</strong>epresa diceva con un megafono:<br />

“Bene così!” oppure “Stop, così non va bene! Dobbiamo rifare!”,<br />

suscitando la curiosità di quelli che passavano per di lì.<br />

Il babbo della ragazza, conv<strong>in</strong>to che la realizzazione della pellicola<br />

avrebbe dato alla figlia la possibilità di <strong>in</strong>canalare la sua rabbia <strong>in</strong><br />

qualcosa e avrebbe portato denaro e lustro alla sua famiglia, non aveva<br />

avuto nessun problema a esentare Brigida dal lavoro da fare <strong>in</strong> fattoria,<br />

suscitando le ammirazioni e le <strong>in</strong>vidie di tutti i maschi della zona,<br />

contenti com’erano di vedere una ragazza fare qualcosa per la quale<br />

sarebbero venuti volentieri a soccorrerla se si fosse fatta troppo male, e<br />

le apprensioni delle femm<strong>in</strong>e, conv<strong>in</strong>te che quel gigante avrebbe<br />

letteralmente ridotto <strong>in</strong> pezzi la povera ragazza.<br />

Assieme a Brigida e Igor, lavorava e si allenava anche un terzo, un<br />

certo Paolo, fisicamente simile a un cug<strong>in</strong>o della ragazza, e che<br />

<strong>in</strong>terpretava l’amico della protagonista che rimaneva ucciso dai possenti<br />

colpi di Igor, def<strong>in</strong>ito dal copione “il toro coi guantoni”, che era anche il<br />

titolo della pellicola.<br />

Fuori dal set, tutti e tre erano cameratismo, allegria, cortesia e grandi<br />

mangiate di cibo. Quando <strong>in</strong>vece si trattava di lavorare, si metteva da<br />

parte ogni car<strong>in</strong>eria e si diventava truci e aggressivi come non mai,<br />

mollando colpi a destra e manca e muovendosi da una parte all’altra<br />

per evitarli.<br />

Ai tre, Silvestro aveva spiegato che sia Paolo che Brigida erano due<br />

<strong>in</strong>dividui che avevano dei modi di fare molto diversi: Paolo era più agile<br />

e scattante, abituato a sfiancare con dei colpi rapidi il suo avversario,<br />

Brigida <strong>in</strong>vece si doveva mantenere più ferma <strong>sul</strong>le gambe ed <strong>esser</strong>e<br />

abituata <strong>ad</strong> <strong>in</strong>cassare colpi potentissimi dal suo avversario per poi<br />

raccogliere le ultime energie che gli erano rimaste per buttarlo giù.<br />

Il copione prevedeva che la tattica di Paolo non funzionasse con<br />

Igor, che appunto lo uccideva, mentre quella di Brigida avrebbe<br />

funzionato <strong>in</strong> seguito a un allenamento duro e <strong>in</strong>tensivo <strong>in</strong> piena<br />

campagna, lontano da ogni <strong>esser</strong>e vivente e non, <strong>in</strong> pieno contrasto con


quello del gigante, che <strong>in</strong>vece le riprese avrebbero mostrato allenarsi <strong>in</strong><br />

una palestra accessoriata e con l’aiuto di medic<strong>in</strong>ali <strong>in</strong> gr<strong>ad</strong>o di renderlo<br />

ancora più forte.<br />

Il primo giorno Brigida si fece male, dal momento che dietro sua<br />

richiesta Igor l’aveva colpita seriamente al torace, mandandola <strong>in</strong><br />

ospedale alcuni giorni e causando il disappunto degli altri abitanti della<br />

campagna, che le chiesero di r<strong>in</strong>unciare quando era “ancora <strong>in</strong> tempo<br />

per farlo”.<br />

Ma lei tenne duro, e nonostante lo scoramento per aver causato un<br />

po’ di ritardo all’<strong>in</strong>izio delle riprese, guarì, si dichiarò lieta di non <strong>esser</strong>e<br />

rimasta impaurita dal colpo di Igor, di cui aveva saggiato la forza<br />

naturale, e si dedicò con impegno al lavoro da fare per Silvestro.<br />

Ci fu anche un litigio tra Igor e Paolo, dovuto sempre alla forza del<br />

gigante, che rischiò di far saltare tutto dal momento che Paolo voleva<br />

abbandonare il set, ma che term<strong>in</strong>ò con la loro riconciliazione.<br />

Giunse il giorno della f<strong>in</strong>e delle riprese, seguito da quelli del<br />

montaggio delle scene. Quando il film fu pronto, Brigida e la sua<br />

famiglia ottennero la possibilità di guardarlo <strong>in</strong> prima fila, e lo<br />

giudicarono <strong>in</strong> maniera diversa. Per suo p<strong>ad</strong>re, valeva la pena aver<br />

preso tutte quelle botte, pure per fare qualcosa che potesse piacere agli<br />

altri, ma sua m<strong>ad</strong>re lo trovò un po’ crudo, ma vista l’ost<strong>in</strong>azione del<br />

p<strong>ad</strong>re e la contentezza della figlia per aver fatto quelle riprese, decise di<br />

non dire più niente.<br />

A Natale, il film uscì nelle sale, e fu un grosso successo, tanto che i<br />

genitori della protagonista poterono usare i soldi del compenso di<br />

Brigida per apportare delle migliorie alla casa e acquistare nuovi attrezzi<br />

e nuovi animali. Ma la cosa che li rese più felici non fu questa, ma bensì<br />

il fatto che l’esperienza da attrice aveva fatto scoprire alla loro figliola un<br />

nuovo passatempo che le era piaciuto così tanto da decidere di<br />

cont<strong>in</strong>uare a praticare il pugilato anche dopo la loro f<strong>in</strong>e, tanto gusto ci<br />

aveva preso a farlo. E il pugilato le giovò talmente tanto da renderla non<br />

solo più bella nel fisico, ma anche più placida e tranquilla, dal momento<br />

che ogni volta che qualcuno la prendeva <strong>in</strong> giro, anche per via della sua<br />

erre difettosa, lei sorrideva e sopportava, per poi scaricare l’irritazione<br />

<strong>sul</strong> sacco con cui si allenava appena metteva piede <strong>in</strong> palestra.<br />

E fu così che Brigida, da ragazza sgraziata e irritabile, divenne una<br />

donna atletica e gentile.


ENRICO MATTIOLI<br />

I giorni di Brigida<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia. In realtà non si trattava proprio di<br />

un difetto, era una specie di distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong> cui<br />

pronunciava la “r”. Non era moscia alla francese, né tanto meno una<br />

“evve” di sapore <strong>in</strong>tellettuale; Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotondare quella<br />

consonante f<strong>in</strong>o a farla diventare tagliente; una “r” affilata che dava<br />

ancora più enfasi alle sue sfuriate, quando si arrabbiava. E Brigida era<br />

una che si arrabbiava spesso.<br />

I miei guai erano com<strong>in</strong>ciati una rigida domenica di gennaio. Il grigiore<br />

dei palazzi stemperava nel cielo plumbeo, ma le m<strong>in</strong>acce atmosferiche<br />

non mi <strong>in</strong>timorivano, spavaldo mi recavo <strong>in</strong> p<strong>in</strong>eta per i soliti 15<br />

chilometri di allenamento, impaziente di provare il nuovo cronometro<br />

forerunner 205 che registrava il percorso, le calorie, il tempo e le<br />

pulsazioni. L’aria fredda del parco era più tonificante del caffè bollente.<br />

Appoggiato a una staccionata, allungavo i muscoli per il riscaldamento<br />

e tenevo d’occhio il campetto di pallone ricoperto di br<strong>in</strong>a che di lì a<br />

poco sarebbe stata spazzata, <strong>in</strong>sieme a qualche caviglia, dall’ardore di<br />

impiegati, negozianti e persone di varia taglia, che nel dì settimo di<br />

riposo dovevano sfogare le frustrazioni accumulate nel corso della<br />

settimana. Il più frustrato dei frustrati ero io che li guardavo con il<br />

rancore dell’escluso per liti e lividi, proprio perché avevo mal tollerato <strong>in</strong><br />

passato quel carico di tensioni che ognuno scaricava negli st<strong>in</strong>chi<br />

dell’altro.<br />

Stavo tendendo la schiena, pochi secondi di respirazione e avrei<br />

<strong>in</strong>iziato, quando vidi passare una ragazza con una tuta <strong>ad</strong>erente e mi<br />

alzai di scatto. Rimasi folgorato, ma non dalla ragazza: i muscoli<br />

lombari m’<strong>in</strong>castravano alla staccionata come neanche le corna e più<br />

tentavo di muovermi e più mi dimenavo per il dolore. Chiesi aiuto a dei<br />

corridori che conoscevo di vista e loro <strong>in</strong> qualche modo mi portarono a<br />

casa. Qu<strong>in</strong>dici giorni di riposo assoluto, mi rimisi <strong>in</strong> sesto con punture<br />

ant<strong>in</strong>fiammatorie. La risonanza magnetica rilevò una riduzione dello<br />

speco vertebrale. Non sapevo di avere uno speco f<strong>in</strong>ché la dottoressa,<br />

usando un l<strong>in</strong>guaggio comprensibile, mi spiegò che si trattava del<br />

midollo, cioè le mie vertebre esercitavano una pressione <strong>sul</strong>la sacca del<br />

midollo sp<strong>in</strong>ale limitando la mobilità delle gambe. Seguì un noioso ciclo<br />

di posturale, poi dovevo trovare uno sport praticabile. La dottoressa,


perentoria e senza appello, mi prescrisse il divieto assoluto di correre<br />

per evitare colpi alla colonna.<br />

Passò circa un anno e mezzo di <strong>in</strong>attività totale, la pigrizia fece della<br />

mia forma fisica un vago ricordo. La bici da camera mi annoiava, il<br />

nuoto non mi piaceva. Mi feci crescere la barba per decorare il viso<br />

ormai arrotondato. Toccai il fondo storico personale, quando una donna<br />

appena conosciuta a una festa, mi <strong>in</strong>vecchiò di dieci anni. Da quella<br />

volta, le scommesse sui miei anni presunti divennero lo spasso degli<br />

altri.<br />

Avrei dato qualunque cosa per riavere uno stato accettabile, mi sarei<br />

sottoposto a qualsiasi tortura. C’era un tale che tutti nel quartiere<br />

chiamavano Dorian. Ci conoscevamo perché anche lui andava <strong>in</strong> p<strong>in</strong>eta<br />

a giocare, qualche volta eravamo capitati nella stessa squ<strong>ad</strong>ra e<br />

qualche altra volta era venuto <strong>in</strong> mio soccorso durante le risse. Aveva<br />

un negozio di giochi usati per N<strong>in</strong>tendo e Wii Fit, ma s’era laureato <strong>in</strong><br />

psicologia. Tutti si rifornivano da lui perché aveva dei prezzi economici.<br />

Dorian, però, questo lo sapevano le persone fidate, era un pirata e le<br />

sue competenze oscillavano tra le perizie <strong>in</strong>formatiche, l’analisi e lo<br />

sviluppo dei sistemi. Specializzato nelle modifiche a consolle e<br />

playstation, era <strong>in</strong> gr<strong>ad</strong>o di congegnare sistemi di allenamento davvero<br />

efficaci, una specie di stregone del gioco <strong>in</strong>formatico.<br />

Lo contattai e gli spiegai il problema. Ascoltava annoiato, non sembrava<br />

<strong>in</strong>teressato alle mortificazioni personali. Mi <strong>in</strong>terruppe: - Ho capito -<br />

disse - non c’è bisogno di aggiungere altro. Sto sperimentando una<br />

nuova cosetta che sembra fatta proprio per te. Sarà dura, sei davvero<br />

conv<strong>in</strong>to?<br />

Volevo tornare <strong>in</strong> forma, bello come non ricordavo di <strong>esser</strong> mai stato.<br />

Accordatoci <strong>sul</strong> prezzo, attesi il lavoro. Nel giro di due settimane era<br />

pronto. Ci <strong>in</strong>contrammo al bar, prendemmo un caffè. Dorian mi diede il<br />

cd e regolai il residuo del conto. Nel salutarmi, disse: - Non<br />

impressionarti all’<strong>in</strong>izio, tieni duro, mi raccomando. Vedrai, ti servirà e<br />

non solo per la forma fisica.<br />

Tornato a casa, posai la consolle <strong>sul</strong> televisore e la pedana a qualche<br />

metro dal sensore. Inserii il cd. Un suono di sitar col suo effetto<br />

metallico produceva <strong>sul</strong> mio corpo o <strong>sul</strong> mio <strong>in</strong>conscio - non saprei<br />

spiegare esattamente - una vibrazione (più che altro una puntura) e lì<br />

per lì mi conv<strong>in</strong>si che erano scherzi della suggestione. Quel suono mi<br />

<strong>in</strong>troduceva ai primi passaggi, tra cui la scelta del personal tra<strong>in</strong>er,<br />

l’allenatore virtuale che mi avrebbe guidato attraverso le varie attività.<br />

Tra tanti, scelsi quello con il nome Brigida.


Fisico slanciato, gambe lunghe e toniche, seno sodo, viso appuntito,<br />

capelli scuri e calzamaglia verde, Brigida aveva un accento italiano, ma<br />

non usava gli articoli. E poi quella R, no, non moscia alla francese e<br />

nemmeno una V f<strong>in</strong>to <strong>in</strong>tellettuale, sembrava piuttosto una CR di r<strong>ad</strong>ice<br />

tedesca, era <strong>in</strong>dubbio che Dorian avesse creato un modello banale e<br />

seguito il filo del luogo comune, eppure l’effetto era suggestivo. Mi<br />

posizionai con il telecomando davanti al sensore e salii <strong>sul</strong>la pedana.<br />

Ero divertito e pieno di buoni propositi. Brigida era di spalle e si girò di<br />

scatto: - Ti ho detto foRse saliRe pedana? Tu fai solo quello io dico, va<br />

bene?<br />

Ero sempre stato permaloso, ma scesi dalla pedana anche se ci<br />

trovavamo a casa mia e non era certo quello il modo <strong>in</strong> cui dovevano<br />

andare le cose. Brigida disse: - ORa sali pedana - e io risalii. Lei era <strong>sul</strong><br />

video e mi fissava. Dal sensore uscì una puntura di laser, una specie di<br />

flash.<br />

- Questa tua foto <strong>ad</strong>esso - disse lei e muovendo risoluta il braccio mi<br />

mostrò <strong>in</strong> primo piano l’immag<strong>in</strong>e <strong>in</strong> calzonc<strong>in</strong>i che palesava<br />

impietosamente come ero. Ad aggravare quella vista, il particolare del<br />

calz<strong>in</strong>o s<strong>in</strong>istro calato e il destro alzato. Provai a sistemarli.<br />

- Ti ho detto foRse di muoveRe? - disse la sua voce con effetto soffuso<br />

che dava la percezione che lei era dietro la foto. - Io vedeRe te. Tu fai<br />

quello io dico, non piace a BRigida ripeteRe. GuaRda bene: dopo<br />

tRa<strong>in</strong><strong>in</strong>g di BRigita tu non saRai più quel che sei oRa. Com<strong>in</strong>ciaRe?<br />

Era <strong>in</strong>quietante e funebre come auspicio e persi il mio buonumore. Mi<br />

stavo <strong>in</strong>nervosendo.<br />

- E alloRa? - ripeté Brigida. - Tuo peso oRa 90 chili, tua età spoRtiva 65<br />

anni. Com<strong>in</strong>ciaRe!<br />

Salii <strong>sul</strong>la pedana e com<strong>in</strong>ciai gli esercizi di equilibrio. Il mio baricentro<br />

era <strong>in</strong>stabile, oscillava ora a destra e ora a s<strong>in</strong>istra. Dal sensore<br />

cont<strong>in</strong>uava a uscire quel raggio laser che correggeva la mia postura,<br />

erano dei precisi colpi di frusta che mi scuotevano tali alla corrente<br />

elettrica e avevo nella testa le urla di Brigida che dirigevano il mio corpo<br />

come se fosse stata lei <strong>ad</strong> avere il telecomando tra le mani anziché io.<br />

Non era severa, sembrava uscita da una boccetta di veleno per topi.<br />

I primi c<strong>in</strong>que mesi passarono così. Io mi fermavo per riprendere fiato e<br />

lei restava immobile <strong>sul</strong> video, rabbiosa, a mani conserte attendeva che<br />

il mio respiro si regolarizzasse per ripetere il consueto, Sali pedana!,<br />

come se fossi stato una bestiola da ammaestrare. In quei momenti avrei<br />

preferito che Brigida mi avesse surclassato <strong>in</strong> modo netto e correndo<br />

via mi avesse doppiato, triplicato per poi sparire come un punt<strong>in</strong>o<br />

lontano lasciandomi faccia a terra, anziché aspettarmi e mortificarmi,


palesare <strong>in</strong> modo evidente la mia <strong>in</strong><strong>ad</strong>eguatezza. E poi, sempre quei<br />

flash a immortalare il mio muso gonfio. Era una faccenda tra noi due o<br />

meglio, tra me medesimo. Il mio amor proprio e lei, cioè il nulla o forse<br />

qualcosa; i suoi silenzi erano scogli contro i quali andavo a naufragare,<br />

la R affilata simile a un pugnale mi feriva nell’orgoglio e il laser andava<br />

sapientemente a colpire non il fisico, ma un sistema emotivo troppo<br />

fragile. Persi qualche etto e poi qualche chilo, ma da Brigida non<br />

ricevevo alcuna gratificazione. Capivo quanto fosse stupido eppure me<br />

ne facevo un cruccio. Io avevo emozioni e ist<strong>in</strong>to, lei no, com’era ovvio,<br />

ma aveva più cervello e questo non era confortante. Stavo tornando <strong>in</strong><br />

forma lentamente, ma nonostante il peso dim<strong>in</strong>uisse, io non mi sentivo<br />

per niente sollevato. Mi stavo isolando e forse lo avevo sempre fatto,<br />

ma <strong>esser</strong>ne consapevole ri<strong>sul</strong>tava ancor più triste. Io e gli altri, una<br />

faccenda mai risolta. Soprattutto, io e me, cos’altro avrei potuto<br />

aggiungere che nel mio <strong>in</strong>timo non sapessi già? Sì, sapevo tutto delle<br />

mie paure, ma erano questioni celate che stavano bene dov’erano,<br />

dalla mancanza di fiducia al confronto con gli altri e quella falsa<br />

presunzione che mi portava a privare il prossimo della mia compagnia,<br />

gli scudi e le difese, l’aggressività che per mio compiacimento era<br />

riconosciuta da tutti, le sfuriate celebri simili proprio a una R affilata con<br />

cui mi <strong>in</strong>fliggevo coltellate e mutilazioni emotive. E quel forte disagio<br />

dello stare al mondo.<br />

Alla soglia dei sette chili persi, passati quasi undici mesi, all’ennesima<br />

prova di peso dopo l’ennesimo Sali pedana, oRa!, il sudore mi calava<br />

sugli occhi annebbiando la vista; mi asciugai il viso e restai a guardare<br />

lo schermo: Brigida non c’era più, Brigida, ero io.


LORENA LUSETTI<br />

Sotto l'Ortensia<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia. In realtà non si trattava proprio<br />

di un difetto, era una specie di distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong><br />

cui pronunciava la “r”. Non era moscia alla francese, né tanto meno una<br />

evve di sapore <strong>in</strong>tellettuale; Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella<br />

consonante f<strong>in</strong>o a farla diventare tagliente; una “r” affilata che dava<br />

ancor più enfasi alle sue sfuriate, quando si arrabbiava. E Brigida si<br />

arrabbiava spesso.<br />

Ci siamo conosciuti per caso, anzi è più corretto dire per <strong>in</strong>cidente.<br />

Ero fermo al semaforo quando lei, arrivando da dietro, mi tamponò con<br />

la sua auto. Scese <strong>in</strong>furiata, soffiando come un toro, mi disse che lo<br />

sapevano tutti che quello era un semaforo <strong>in</strong>utile al quale non si<br />

fermava mai nessuno, l'unico fesso che lo faceva ero io. Avrei dovuto<br />

capirlo che un <strong>in</strong>izio così non poteva portare nulla di buono, <strong>in</strong>vece quel<br />

giorno lì mi sentivo leggero come una piuma, la primavera entrava nelle<br />

mie narici e nel mio cuore: mi <strong>in</strong>namorai all'istante. Presi il suo numero<br />

dalla constatazione amichevole e la richiamai la sera stessa.<br />

Com<strong>in</strong>ciammo a frequentarci regolarmente. Andavamo al ristorante al<br />

venerdì sera, al mare il f<strong>in</strong>e settimana. Qualche volta siamo andati<br />

pers<strong>in</strong>o al c<strong>in</strong>ema. Certo il nostro non è mai stato un rapporto facile,<br />

ogni volta che partivamo, belli, <strong>in</strong>namorati e sorridenti, mi chiedevo cosa<br />

mai sarebbe successo prima di sera. Perchè succedeva sempre<br />

qualcosa che ci rov<strong>in</strong>ava la giornata. Non era colpa sua se aveva un<br />

carattere focoso, irrefrenabile. Si <strong>in</strong>fiammava con niente. Il sesso<br />

andava bene tra noi, ho sempre apprezzato la sua parte dom<strong>in</strong>ante, a<br />

volte però la sua irruenza mi creava qualche imbarazzo. Dovevo<br />

cercare sempre ristoranti diversi, non c'era cena che non f<strong>in</strong>isse con<br />

una sua sfuriata nei confronti del cameriere, del cuoco, del proprietario,<br />

con contorno di <strong>in</strong><strong>sul</strong>ti a loro e tutta la loro famiglia. I motivi erano i più<br />

svariati: la carne troppo cotta, poco cotta, il v<strong>in</strong>o annacquato, i bicchieri<br />

sporchi, presunti <strong>in</strong>setti nel piatto, ancora più presunte avances dei<br />

malcapitati nei suoi confronti. Quante volte, oltre alla cena, ho dovuto<br />

pagare anche i piatti e i bicchieri che Brigida rompeva. Ma queste cose<br />

non erano importanti per me, io l'amavo. Mi piaceva ascoltare quel suo<br />

modo di parlare un po' esotico, quel suo vezzo di arrotare la erre mi<br />

affasc<strong>in</strong>ava. L'avrei ascoltata <strong>ad</strong>orante per ore. Certo, f<strong>in</strong>chè la voce<br />

non le si spezzava <strong>in</strong> un urlo rauco. Brigida era fatta così, un tant<strong>in</strong>o


irascibile, ma diciamoci la verità, chi non lo è? A tutti noi capita di<br />

<strong>esser</strong>e impulsivi, ogni tanto, almeno una volta nella vita. Devo<br />

ammettere con vergogna che è capitato anche a me. Pers<strong>in</strong>o io che<br />

sono così calmo e controllato, che non ricordo di avere mai alzato la<br />

voce <strong>in</strong> vita mia, una volta ho perso la pazienza. Una volta sola. Quella<br />

sera eravamo andati al c<strong>in</strong>ema a vedere un film giallo, il mio genere<br />

preferito. Lei <strong>in</strong>iziò <strong>ad</strong> <strong>in</strong>nervosirsi dopo il primo tempo, quando la<br />

persona davanti a noi com<strong>in</strong>ciò a scartare un pacchetto di crackers. Da<br />

lì è stato un crescendo di <strong>in</strong><strong>sul</strong>ti a tutti quelli che mangiavano o<br />

bevevano qualcosa, un'apoteosi di urla <strong>in</strong>ferocite, contestate da tutta la<br />

sala. Dovemmo uscire prima di scoprire l'assass<strong>in</strong>o. Il servizio d'ord<strong>in</strong>e<br />

del c<strong>in</strong>ema ci prelevò quasi a forza dalle nostre poltrone e ci buttò fuori<br />

<strong>in</strong> malo modo. Tutta la sala li applaudì. La mia fidanzata scalciava e<br />

soffiava come un gatto.<br />

Andammo a casa mia, per term<strong>in</strong>are la serata con un po' di <strong>in</strong>timità.<br />

Il fatto di non avere visto la f<strong>in</strong>e del film mi aveva però messo di cattivo<br />

umore. Questo fece sì che le mie prestazioni non fossero all'altezza<br />

delle sue aspettative. Molto al di sotto a dire il vero. Brigida si arrabbiò<br />

moltissimo e com<strong>in</strong>ciò <strong>ad</strong> <strong>in</strong><strong>sul</strong>tarmi. Quante volte l'avevo ascoltata<br />

senza scompormi, era sempre il metodo migliore. Poi si calmava. Mi ero<br />

abituato <strong>ad</strong> assecondarla, blandirla, riportarla a più miti consigli, ormai<br />

sapevo affrontare ogni tipo di sfuriata. Ma non quella sera. Cont<strong>in</strong>uavo<br />

a pensare al film, a come poteva <strong>esser</strong>e andato a f<strong>in</strong>ire. Quando dal<br />

piano di sotto bussarono <strong>sul</strong> pavimento per l'ennesima volta,<br />

<strong>in</strong>timandoci un po' di silenzio, le dissi di tacere. Questo la fece<br />

arrabbiare ancora di più, così com<strong>in</strong>ciò a tirarmi dietro il servizio di piatti<br />

di mamma. Fu a quel punto che avrei fatto qualsiasi cosa pur di<br />

fermarla. E lo feci. Ho messo le mani attorno a quel suo collo magro e<br />

ho stretto. Che magnifico silenzio. Riesco ancora a sentire la<br />

sensazione di sollievo quando smise di urlare. E di respirare. L'ho<br />

avvolta nel tappeto e l'ho portata <strong>in</strong> fondo al giard<strong>in</strong>o. Con la scusa di<br />

piantare un'ortensia, che avevo comperato per regalarla a lei, ho<br />

scavato una buca e l'ho sepolta lì, con il fiore sopra naturalmente. Era il<br />

suo preferito, lei lo pronunciava “orrrtensia”, <strong>in</strong> maniera <strong>ad</strong>orabile. Il<br />

giorno dopo tutto il condom<strong>in</strong>io mi ha fatto i complimenti per la bella<br />

pianta fiorita che avevo messo <strong>in</strong> quel punto del cortile. Ci stava tanto<br />

bene. Da allora non ho mai smesso di prendermi cura di lei: l'annaffio,<br />

le parlo, le tolgo le foglie secche. E' cresciuta bella e rigogliosa. F<strong>in</strong>o <strong>ad</strong><br />

oggi. Ieri notte si è rotto un tubo dell'acqua e oggi gli <strong>ad</strong>detti stanno<br />

facendo un buco che corre per tutto il giard<strong>in</strong>o nell'<strong>in</strong>tento di riparare il<br />

guasto. La scavatrice è al lavoro, sono ore che si sente quel suo


umore: “rrr, rrr” . Mi ha ricordato il modo di pronunciare la erre che<br />

aveva Brigida. Fra poco arriveranno all'ortensia, non c'è niente che io<br />

possa fare per fermarli: la troveranno. Non posso fare altro che<br />

rimanere qui <strong>sul</strong>la panch<strong>in</strong>a a guardarli lavorare. “Rrr rrr“. Ormai ci<br />

sono. Forse è lei che li ha chiamati. Dentro di me l'ho sempre saputo<br />

che si sarebbe fatta sentire anche da lì.


ANNA ZUCCHINI<br />

La seta bianca<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia. In realtà non si trattava proprio<br />

di un difetto, era una specie di distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong><br />

cui pronunciava la “r”. Non era moscia alla francese, né tanto meno una<br />

evve di sapore <strong>in</strong>tellettuale; Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella<br />

consonante f<strong>in</strong>o a farla diventare tagliente; una “r” affilata che dava<br />

ancor più enfasi alle sue sfuriate, quando si arrabbiava. E Brigida si<br />

arrabbiava spesso.<br />

Poco prima del matrimonio, poi, era <strong>in</strong>avvic<strong>in</strong>abile.<br />

La camera che sarebbe stata degli sposi, e che occorreva sistemare,<br />

la preoccupava più di ogni altra cosa. F<strong>in</strong>o al giorno delle nozze<br />

avrebbe cont<strong>in</strong>uato <strong>ad</strong> <strong>esser</strong>e la camera da <strong>letto</strong> dei genitori, ma dalla<br />

notte del quattro novembre, data sospirata, sarebbe stata la sua e di<br />

Pompeo. Bisognava provvedere, nel frattempo, a spostare le poche<br />

cose della mamma e di Alfonso, il babbo, dall’arm<strong>ad</strong>io della loro stanza<br />

al comò dell’altra piccola camera. La Gig<strong>in</strong>a e Alfonso avevano facce<br />

così lunghe nell’assistere al trasloco casal<strong>in</strong>go che si sarebbe potuto<br />

pensare fossero stati condannati all’esilio. Il conf<strong>in</strong>o <strong>in</strong> questione era<br />

solo però di là dal tramezzo: tutto l’appartamento era sessanta metri, e<br />

se si contava anche il piccolo terrazz<strong>in</strong>o <strong>sul</strong> cortile.<br />

La semplicità dell’arredo e la povertà di suppellettili denunciavano<br />

che la guerra era f<strong>in</strong>ita da poco e che il superfluo, se mai c’era stato, se<br />

l’erano portato via i bombardamenti e i cont<strong>in</strong>ui sfollamenti. Si era<br />

salvato, per fortuna, il bell’arm<strong>ad</strong>io che <strong>in</strong> gioventù Alfonso, provetto<br />

falegname, aveva costruito, e che ora Brigida, tra un borbottio e l’altro<br />

della m<strong>ad</strong>re, andava stipando.<br />

Perché Brigida una ricchezza l’aveva, quella delle sue mani. E dalle<br />

sue mani, negli anni, erano usciti i più begli abiti che alla Barca si<br />

fossero visti. Le amiche, del cortile prima, della passeggiata della<br />

domenica dopo, per quella sua eleganza nel vestire la <strong>in</strong>vidiavano e<br />

talvolta la corteggiavano con la speranza, magari, di ottenere un capo<br />

da lei cucito.<br />

Brigida, caratteraccio sì, ma anche generosa, non scontentava<br />

nessuno. Per la Mafalda aveva confezionato un cappotto da una<br />

vecchia coperta ritenuta ormai <strong>in</strong>utilizzabile e ottenendone un ri<strong>sul</strong>tato<br />

da copert<strong>in</strong>a de “L’almanacco della donna”. Alla Cesar<strong>in</strong>a aveva


sistemato due gonne secondo la moda recente e quella, vanitosa non<br />

poco, ne faceva sfoggio al ballo del sabato sera, quando la sala sociale<br />

della Cooperativa diventava balera.<br />

“Cesarrrr<strong>in</strong>a, <strong>in</strong>somma, non si mette il verrrde col blu” correggeva<br />

Brigida quando vedeva un mal assortimento di colori. E brontolando con<br />

la vittima preferita: “Il corrrrpetto nero, mamma, non metterrrlo via. Lo<br />

puoi usare al matrrrimonio”.<br />

Le amiche, Alfonso, la mite Gig<strong>in</strong>a e soprattutto il buon Pompeo,<br />

non la contr<strong>ad</strong>dicevano. Sapevano che, qualunque ne fosse stato il<br />

motivo, subito dopo lo sfogo la ragazza avrebbe abbracciato il<br />

malcapitato di turno e il malumore sarebbe sparito dietro a un sorriso<br />

irresistibile.<br />

Così era Brigida.<br />

Non era consapevole di approfittare delle sue doti, ma l’ist<strong>in</strong>to<br />

l’aveva conv<strong>in</strong>ta che una mo<strong>in</strong>a bastava a rabbonire Pompeo. Bel<br />

giovane, lavoratore onesto, ombroso e taciturno, egli era soprattutto un<br />

uomo semplice e la vitalità di Brigida lo aveva prima conquistato e poi<br />

def<strong>in</strong>itivamente v<strong>in</strong>to.<br />

Babbo e mamma, poi, conoscendone per primi la celata bontà<br />

d’animo, la perdonavano comunque.<br />

Solo all’atelier Brigida stentava <strong>ad</strong> avere riconoscimenti, nonostante<br />

fosse proprio al lavoro che lei dava il meglio di sé.<br />

Si trattava di una importante sartoria <strong>in</strong> pieno centro della città, che<br />

aveva alle proprie dipendenze parecchie lavoranti ed era un po’<br />

speciale, giacché vi si confezionavano abiti maschili da cerimonia.<br />

Brigida vi lavorava già da prima della guerra. Era stato un azzardo,<br />

allora, ma anche una fortuna, aver trovato quella occupazione.<br />

Nessuna delle sart<strong>in</strong>e che come lei imparavano il mestiere a bottega<br />

dalla camiciaia Letizia, di via Batt<strong>in</strong>darno, per poi passare al lavoro a<br />

domicilio, avrebbe osato fare altrettanto. La consuetud<strong>in</strong>e di lavorare <strong>in</strong><br />

casa permetteva di coniugare la cura del focolare domestico con la<br />

possibilità di una piccola entrata economica <strong>in</strong> famiglia.<br />

Coraggiosa e determ<strong>in</strong>ata, Brigida era senza alcun dubbio la più<br />

brava. Ma anche la meno amata fra le colleghe.<br />

Si sa che l’<strong>in</strong>vidia impera dove c’è competizione: e ognuna delle<br />

ragazze voleva emergere agli occhi della G<strong>in</strong>evra, la terribile Capo<br />

Reparto.<br />

Come se non bastasse, fra le prerogative di Brigida, non c’erano il<br />

tacere di fronte ai soprusi e l’obbedire servilmente. Si <strong>in</strong>trometteva anzi<br />

<strong>in</strong> ogni discussione, parteggiava per l’una o per l’altra, contestava gli<br />

ord<strong>in</strong>i superiori. Si favoleggia <strong>ad</strong>dirittura di una frase che avrebbe detto


alla capo reparto, e che doveva suonare circa così: “Ma perrrchè non te<br />

ne vai <strong>in</strong> Svizzerrrrra, G<strong>in</strong>evrrrra, ch’è il <strong>tuo</strong> posto?”. Fantasie, sicuro,<br />

pettegolezzi. Però con qualche fondamento.<br />

Alla f<strong>in</strong>e di settembre, quando mancava solo un mese alle nozze, e i<br />

preparativi erano a buon punto, scoppiò la crisi. O, come asseriva la<br />

Gig<strong>in</strong>a, sua figlia andò fuori di testa.<br />

Successe che una sera, al rientro dopo una giornata <strong>in</strong> sartoria,<br />

Brigida ebbe una delle peggiori crisi di nervi mai viste, neppure per una<br />

‘professionista’ come lei.<br />

Pestava i piedi, urlava all’<strong>in</strong>dirizzo delle colleghe epiteti irriferibili,<br />

rifiutando fra i s<strong>in</strong>ghiozzi di calmarsi e spiegare. Rifiutò perf<strong>in</strong>o la cena,<br />

e la polenta con salsiccia, uno dei vanti cul<strong>in</strong>ari della mamma, raffreddò<br />

def<strong>in</strong>itivamente e miseramente nel piatto.<br />

A sera <strong>in</strong>oltrata, f<strong>in</strong>almente, si decise a raccontare: era sparito dal<br />

laboratorio un taglio di fodera bianca, di buona seta fiorent<strong>in</strong>a. Non<br />

potendo trattarsi che di un furto avvenuto all’<strong>in</strong>terno, le supposizioni che<br />

si facevano erano poche: una delle lavoranti era colpevole. E chi più<br />

probabile di una ragazza, prossima sposa, che si sta cucendo l’abito<br />

per la cerimonia?<br />

Brigida, <strong>in</strong>nocente non solo <strong>in</strong> questo caso, ma proprio per <strong>in</strong>dole,<br />

fremeva di rabbia impotente per le accuse. Come potevano le altre<br />

lavoranti supporre una cosa così tremenda? E dubitare proprio di lei,<br />

che con tutte si era privata di qualcosa per farne dono: l’Armanda, alla<br />

quale aveva regalato bottoni di m<strong>ad</strong>reperla <strong>in</strong>trovabili, la P<strong>in</strong>a, che<br />

quotidianamente soccorreva nel fare orli e sottopunti, la stessa G<strong>in</strong>evra,<br />

debitrice di tanti piccoli favori.<br />

“Non c’entrrro niente io” andava ripetendo “vorrrrei mettere io le mani<br />

su quella strrrega che ha rubato la foderrrra bianca”. E piangeva,<br />

temendo un <strong>in</strong>giusto licenziamento e conv<strong>in</strong>cendosi sempre più che il<br />

furto avesse proprio lo scopo di colpire lei.<br />

Pompeo, <strong>in</strong> visita serale, taceva <strong>in</strong>capace di suggerimenti; Alfonso,<br />

orecchio alla r<strong>ad</strong>io, si estraniò dalla famiglia. La sola Gig<strong>in</strong>a affrontò<br />

problema e figliola. Suggerì di tornare al lavoro tranquilla, senza litigare,<br />

e sottol<strong>in</strong>eò “senza litigare” con sguardo e voce decisi, e le consigliò di<br />

mantenersi gentile con tutti.<br />

Sommando le lacrime all’<strong>in</strong>sonnia, venne il matt<strong>in</strong>o. Brigida, puntuale<br />

come sempre, <strong>in</strong> sartoria fu mite se pur sostenuta. Occhiate e bisbigli<br />

volteggiarono <strong>sul</strong>le macch<strong>in</strong>e da cucire e <strong>sul</strong>le ragazze per tutto il<br />

giorno. E per i giorni successivi. Nessun licenziamento, per fortuna; ma<br />

neppure la risoluzione dell’enigma. La fodera bianca era proprio<br />

svanita.


Ma si sa, la vita cont<strong>in</strong>ua. E le date <strong>in</strong>calzano.<br />

Il quattro novembre arrivò puntuale e piovoso come deve <strong>esser</strong>lo un<br />

giorno di nozze.<br />

Sul sagrato della chiesa e sotto gli ombrelli, comparvero per primi il<br />

babbo e lo sposo. Ingessati entrambi nei vestiti appositamente cuciti,<br />

alla sera, <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a, da Brigida. Sebbene eleganti si sentivano un po’<br />

goffi <strong>in</strong> quel ruolo a loro non consono; ma ancor di più irriconoscibile era<br />

la Gig<strong>in</strong>a, rivestita da capo a piedi dalla figliola. Si vergognava e nello<br />

stesso tempo si pavoneggiava, imbalsamata nel paltò color panna <strong>sul</strong><br />

quale Brigida si era cavata gli occhi.<br />

Tutt’<strong>in</strong>torno, cicalecciando a più non posso, starnazzavano le<br />

amiche, e, fra di loro, immancabili, le colleghe.<br />

Mancava solo la sposa.<br />

C’era calca nel tentativo di vederla comparire, ma non precisamente<br />

lei, più malignamente, il suo vestito. La P<strong>in</strong>a e la G<strong>in</strong>evra, <strong>in</strong> prima fila,<br />

attendevano l’apparizione del bianco della seta.<br />

E quando Brigida, tutta sola, raggiante e imponente sbucò f<strong>in</strong>almente<br />

dall’angolo delle case del Belcantone diretta di buon passo alla chiesa,<br />

tutti ammirarono la raff<strong>in</strong>atezza e s<strong>in</strong>golarità del suo abbigliamento.<br />

Indossava un trionfante <strong>in</strong>congruo bellissimo tailleur.<br />

Colore verde bottiglia.


COSTANZA TUOR<br />

Brigida e la verità<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia. In realtà non si trattava proprio<br />

di un difetto, era una specie di distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong><br />

cui pronunciava la “r”. Non era moscia alla francese, né tanto meno una<br />

evve di sapore <strong>in</strong>tellettuale; Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella<br />

consonante f<strong>in</strong>o a farla diventare tagliente; una “r” affilata che dava<br />

ancor più enfasi alle sue sfuriate, quando si arrabbiava. E Brigida si<br />

arrabbiava spesso.<br />

Dovete sapere che Brigida si arrabbiava spesso perché non<br />

sopportava le bugie. C’erano persone che ne dicevano tante, ma tante,<br />

ma così tante che a Brigida diventavano rosse le punte delle orecchie a<br />

sentirle tutte e quello era il segnale. Precisa come un bollitore quando<br />

bolle soffiava fuori <strong>in</strong>dispettita tutto il suo furore roboante. Non le<br />

lasciava più passare, o meglio quelle piccol<strong>in</strong>e riusciva ancora a<br />

tollerarle, però quelle grosse grosse proprio no.<br />

Per dirla tutta Brigida era una persona molto critica e il suo giudizio<br />

era rispettato da tutti quanti, perché le persone erano certe che Brigida<br />

sapesse il fatto suo. Si arrivò al punto che qualcuno prima di sposarsi le<br />

presentava, di sorpresa, la futura moglie o il futuro sposo e lasciava che<br />

parlassero un poch<strong>in</strong>o <strong>in</strong>sieme a lei cosicché ci si potesse render conto<br />

del gr<strong>ad</strong>o di s<strong>in</strong>cerità con cui la fidanzata o il fidanzato affrontava gli<br />

<strong>in</strong>contri <strong>in</strong>aspettati. Segnale questo che dava un’idea <strong>sul</strong> probabile<br />

andamento delle nozze. Tutto ciò era possibile perché Brigida era<br />

anche una persona piuttosto disponibile. Piccola, magrol<strong>in</strong>a, con gli<br />

occhi scuri e fiammeggianti come carboni ardenti e nel mezzo del viso<br />

un fantastico nas<strong>in</strong>o alla francese, Brigida era, quando non era<br />

arrabbiata, la persona più gentile e umile che la citt<strong>ad</strong><strong>in</strong>anza avesse<br />

mai conosciuto. Si rendeva utile <strong>in</strong> tutto: partecipava ai preparativi delle<br />

sagre del paese, portava la spesa alle vecchiette che abitavano ai piani<br />

più alti dei palazzi che non riuscivano più a scendere da sole, cuc<strong>in</strong>ava<br />

meravigliose torte salate piene di verdi verdure e, per chi glielo avesse<br />

chiesto, Brigida era disposta a passare ore e ore nei campi <strong>in</strong> cerca di<br />

r<strong>ad</strong>icchio selvatico. Adorava il r<strong>ad</strong>icchio selvatico, o come lo chiamava<br />

lei “il suo <strong>ad</strong>orato streccapogn!” e per lei offrire una bella terr<strong>in</strong>a piena di<br />

quel ben di Dio era come offrire il meglio di sé.


Insomma si era sparsa la voce che Brigida non sbagliasse a giudicar<br />

le cose e le persone, che fosse <strong>in</strong>somma capace di riconoscere sempre<br />

la verità. Anche Brigida aveva com<strong>in</strong>ciato a crederci.<br />

Un giorno, però, capitò una cosa davvero strana. Brigida si trovava<br />

<strong>in</strong> un campo poco lontano dalla sua abitazione, ma sufficientemente<br />

distante da non riuscire più a vederla, l’abitazione s’<strong>in</strong>tende. Brigida<br />

gironzolava allegra e leggera tra l’erba e di tanto <strong>in</strong> tanto si ch<strong>in</strong>ava e<br />

con il suo coltell<strong>in</strong>o procedeva a raccogliere le piantol<strong>in</strong>e.<br />

Mentre Brigida si beava della sua raccolta, le si avvic<strong>in</strong>ò un signore<br />

con una barba arruffata e rossastra. Indossava una tuta blu e, se lui non<br />

avesse detto niente, Brigida avrebbe creduto che quell’uomo fosse un<br />

operaio fuggito dalla fabbrica lì vic<strong>in</strong>o <strong>in</strong> cerca di pace <strong>in</strong> orario di<br />

pausa. Invece Romeo non era un operaio, ma lavorava <strong>in</strong> proprio come<br />

falegname e stava girando per i campi <strong>in</strong> cerca di legname che gli<br />

serviva per il suo lavoro.<br />

Brigida se lo trovò davanti improvvisamente e presa da immenso<br />

stupore cascò all’<strong>in</strong>dietro <strong>sul</strong> sedere facendo c<strong>ad</strong>ere anche il cest<strong>in</strong>o<br />

pieno di r<strong>ad</strong>icchio. Subito Romeo preoccupato di aver spaventato la<br />

signora, si premurò di raccogliere il cest<strong>in</strong>o e di aiutare Brigida <strong>ad</strong><br />

alzarsi.<br />

“Salve mi chiamo Romeo” bofonchiò. “Sono il falegname di Ca’<br />

Luccio, il paese dirimpetto a quello laggiù!”<br />

Ahi, ahi, ahi, Brigida <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciava a notare qualche malizia nell’uomo<br />

dalla barba rossastra. Cosa stava dicendo? Il paese dirimpetto si<br />

chiamava Ca’ Bomba, pensò.<br />

Romeo cont<strong>in</strong>uò aggiungendo: “E’ un paese pieno di artigiani<br />

<strong>in</strong>novatori. C’è il fabbro, mastro Roberto, che costruisce chiavi<br />

elettroniche, c’è anche il calzolaio, don Riccio, che costruisce scarpe<br />

lum<strong>in</strong>ose per i bamb<strong>in</strong>i, poi ancora la signora Riccard<strong>in</strong>a che prepara il<br />

miglior pane <strong>in</strong>tegrale della regione e c’è perf<strong>in</strong>o un certo Sante<br />

Gennaro che modella le migliori ceramiche della nazione con l’aiuto di<br />

un tornio <strong>ad</strong> alta tecnologia. Siamo tutti un po’ artisti laggiù, artisti<br />

sperimentatori”<br />

Brigida alzò un poco il sopracciglio destro, arricciò il naso e com<strong>in</strong>ciò<br />

a sentire un certo calor<strong>in</strong>o salirle su per il collo. Non aveva mai sentito<br />

parlare di una zona artigianale da quelle parti, anzi tutto puntava dritto<br />

dritto a un piccolo borghetto senza arte ne parte. Brigida com<strong>in</strong>ciò a<br />

preoccuparsi perché si chiedeva che cosa mai volesse uno che di balle<br />

ne raccontava, non tante, ma <strong>ad</strong>dirittura una attaccata all’altra.<br />

“Senta signorrrr Rrrrrromeo… - e la sua erre era già fuori controllo –<br />

mi chiedo come mai mi dice queste cose?”


“Per presentarmi e per elogiare le bellezze della zona a una signora<br />

appena conosciuta. Vivo <strong>in</strong> questo paese da circa vent’anni e non mi<br />

sembra di averla mai vista qui, così mi chiedevo se le sarebbe piaciuto<br />

visitare Ca’ Luccio!”<br />

“Senta signorrrr Rrrrrromeo, io qui ci vivo da oltrrre trrrentac<strong>in</strong>que<br />

anni e so benissimo che quel paese non si chiama Ca’ Luccio, ma Ca’<br />

Bomba. Orrra mi lasci andarrre, ne ho sentite abbastanza delle sue<br />

bugie!”<br />

Romeo fu evidentemente scosso dalla reazione di Brigida e colpito<br />

dal suo tono perentorio e affilatissimo. Possibile che nessuno mi abbia<br />

mai detto che Ca’ Luccio <strong>in</strong> realtà di chiama Ca’ Bomba? - pensò.<br />

Tutto f<strong>in</strong>ì lì. Brigida si girò e se ne tornò a casa, mentre Romeo si<br />

girò anche lui ma dalla parte opposta e tornò al suo artistico e<br />

<strong>in</strong>novativo paese.<br />

Quella notte Brigida non riuscì a chiuder occhio. Le stava acc<strong>ad</strong>endo<br />

qualcosa di imprevisto, o almeno qualcosa che nella sua vita lei non<br />

aveva previsto le potesse acc<strong>ad</strong>ere. Stava <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciando <strong>ad</strong> avere<br />

qualche dubbio. E non un piccolo dubbio, ma un dubbio bello grande.<br />

Un dubbione. Non era più sicura di sapere tutto. Si girava e si rigirava<br />

nel <strong>letto</strong> e non riusciva a darsi pace. Come mai quel Romeo avrebbe<br />

dovuto mentire <strong>in</strong> modo così esagerato su una cosa così evidente come<br />

il nome di un paese? Come mai avrebbe dovuto <strong>in</strong>ventarsi tante storie<br />

su un gruppo di artigiani, <strong>in</strong>ventori <strong>in</strong>novatori? In fondo, rifletteva<br />

Brigida, nei paesi è facile trovare delle botteghe d’artigiano, perché non<br />

a Ca’ Bomba? Erano anni che non si recava più là, <strong>in</strong> fondo forse<br />

chissà… I pensieri si accavallavano nella sua mente senza che<br />

riuscisse a districarli e pensò che l’unica cosa da fare era andare a<br />

visitare Ca’ Bomba e scoprire la verità.<br />

La matt<strong>in</strong>a si alzò prestissimo. Si lavò delicatamente la faccia con<br />

acqua fresca, fece una parca colazione e si mise <strong>in</strong> spalla uno za<strong>in</strong>etto<br />

azzurr<strong>in</strong>o. La giornata era splendente e mentre si avviava alla fermata<br />

della corriera <strong>in</strong>contrò vari concitt<strong>ad</strong><strong>in</strong>i che la salutarono con un sorriso<br />

o con un gesto della mano, ma Brigida non ci fece troppo caso. Era<br />

ansiosa di conoscere la verità. Arrivò dal tabaccaio per comprare il<br />

biglietto, ma quando ne chiese uno per Ca’ Bomba si sentì rispondere<br />

che Ca’ Bomba non esisteva più, da un bel po’ di anni si chiamava Ca’<br />

Luccio. Il nome era stato modificato perché evocava pensieri tristi che<br />

nessuno voleva più ricordare, così si pensò di cambiarlo con uno che<br />

richiamasse la pace e chi più del pesce di fiume evoca vita, pace e<br />

serenità?


Brigida si stava irrigidendo, ma appena salita <strong>sul</strong>la corriera si mise a<br />

guardare fuori dal f<strong>in</strong>estr<strong>in</strong>o e subito si rilassò. Com’era bella la sua<br />

terra e come ci teneva con tutto il cuore che fosse stupenda e preziosa!<br />

Lei odiava le bugie perché amava la bellezza. Si era conv<strong>in</strong>ta che una<br />

bugia deturpasse la realtà, la offuscasse e nascondesse lo splendore.<br />

Dove c’era bugia moriva lo stupore. Ora però <strong>in</strong>iziava a rendersi conto<br />

che non tutte le bugie erano uguali, ma soprattutto, per onestà, dovette<br />

aggiungere che lei non possedeva la verità tutta <strong>in</strong>tera. Che strano, era<br />

la prima volta che se ne accorgeva!<br />

Mentre davanti ai suoi occhi scorrevano i suoi diletti campi, le<br />

sovvenne l’immag<strong>in</strong>e di Romeo. Il suo viso prese una piega buffa, quasi<br />

che un sorriso le fosse rimasto <strong>in</strong>castrato tra i denti.<br />

Arrivò a Ca’ Luccio, scese. E com<strong>in</strong>ciò a girovagare per le str<strong>ad</strong><strong>in</strong>e. Il<br />

paes<strong>in</strong>o appariva vivace e allegro e dai portoni uscivano i rumori degli<br />

attrezzi al lavoro. Il dong rotondo del colpo di martello che batte <strong>sul</strong><br />

chiodo, lo strisch lungo della pialla <strong>sul</strong>l’asse di legno, il bla bla allegro<br />

delle chiacchiere serene delle persone che impastano la far<strong>in</strong>a, il rull<br />

veloce del tornio che fa girare la ceramica tra le mani dell’artista. Allora<br />

Romeo non aveva mentito e le si stampò un bellissimo sorriso <strong>sul</strong> suo<br />

visetto spigoloso. Proprio <strong>in</strong> quel momento un signore con una bella<br />

barba rossastra uscì da una porta con <strong>in</strong> mano un piccolo comod<strong>in</strong>o.<br />

Brigida corse <strong>in</strong>contro all’uomo. Lo salutò e aggiunse: “ Signorrrrrrr<br />

Rrrrrrrrrromeo, mi vorrrrrrrei scusare con lei! Errrrrrro conv<strong>in</strong>ta che mi<br />

avesse mentito e <strong>in</strong>vece mi rrrrrrrrendo conto che sono io <strong>ad</strong><br />

<strong>esser</strong>rrrrrrrre stata molto <strong>in</strong>opporrrrrrrrrtuna.”<br />

L’uomo appoggiò a terra il mobi<strong>letto</strong> e str<strong>in</strong>se la mano di Brigida che,<br />

chissà perché, sentì un brrrrrrrrrrrrivido attraversarle la schiena e da<br />

quel giorno imparò a riconoscere un’emozione nuova.


MARIA GRAZIA GAGLIARDI<br />

Aiutati che il ciel ti aiuta<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia. In realtà non si trattava proprio<br />

di un difetto, era una specie di distorsione che caratterizzava il modo<br />

con cui pronunciava la “r”. Non era moscia alla francese, né tantomeno<br />

una evve di sapore <strong>in</strong>tellettuale; Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella<br />

consonante f<strong>in</strong>o a farla diventare tagliente; una “r” affilata che dava<br />

ancor più enfasi alle sue sfuriate, quando si arrabbiava, E Brigida si<br />

arrabbiava spesso.<br />

Un tempo si arrabbiava perché la natura le aveva fornito un fisico ed<br />

un viso abbastanza anonimi, contro le tante ragazze belle che si vedeva<br />

attorno, f<strong>in</strong> dai tempi della scuola. Non che lei fosse proprio brutta, ma<br />

appena un po’ tozza, l<strong>in</strong>eamenti sporgenti, sì, <strong>in</strong>somma, come detto<br />

piuttosto anonima. Ma Brigida aveva superato da un pezzo il disagio<br />

per queste caratteristiche, aveva fatto leva su quelle che riteneva<br />

fossero le sue doti, buona <strong>in</strong>telligenza e soprattutto ottima volontà: con<br />

queste si era gu<strong>ad</strong>agnata il suo posto nel mondo, che consisteva per il<br />

momento <strong>in</strong> un buon lavoro; il ragazzo ancora no, ma non ci disperava,<br />

mica cercava il pr<strong>in</strong>cipe azzurro, lei, solo uno che condividesse i suoi<br />

punti di vista e avesse un buon carattere. Prima o poi l’avrebbe trovato,<br />

lo sapeva.<br />

Quello che la faceva arrabbiare, ora, era chi le pestava i calli o le<br />

metteva i bastoni fra le ruote, consciamente o meno, perché lei, per sua<br />

etica personale, stava bene attenta a non arrecare danno agli altri, ed<br />

era sicura che anche gli altri potevano evitarlo, bastava che lo<br />

vol<strong>esser</strong>o. Tuttavia…<br />

Era approdata <strong>in</strong> quell’ufficio altoates<strong>in</strong>o perché ricercavano<br />

personale e offrivano un’ottima somma di trasferta, a tempo<br />

<strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato, per chi dimostrasse volontà e doti lavorative.<br />

“Sono Brigida Righetti, e arrivo da Rim<strong>in</strong>i,” si era presentata, e dopo<br />

un attimo di silenzio <strong>in</strong>terdetto, una risata era scoppiata spontanea tra i<br />

futuri colleghi, al sibilo tagliente di tutte quelle “r” <strong>in</strong>sieme; perf<strong>in</strong>o al suo<br />

nuovo capo era scappato un sorriso.<br />

“E come mai da un tale posto una viene a lavorare qui, Brigida da<br />

Rim<strong>in</strong>i?”, disse uno dei suoi futuri collaboratori ed amici. Spiegò dunque<br />

che non aveva voluto lavorare né <strong>in</strong> bagni marittimi né <strong>in</strong> ristoranti per


partito preso, aveva scelto volontariamente un impiego da dipendente<br />

presso quella grossa azienda privata, e quando questa le aveva offerto<br />

la prospettiva di una lunga trasferta altoates<strong>in</strong>a aveva <strong>ad</strong>erito con<br />

piacere.<br />

Nicola e Francesco erano arrivati subito dopo, <strong>in</strong>sieme <strong>ad</strong> un’altra<br />

vent<strong>in</strong>a di operai, quasi tutti calabresi, <strong>in</strong> trasferta come lei, e uno dei<br />

compiti di Brigida e dei colleghi era proprio di amm<strong>in</strong>istrare questi<br />

operai e quelli di altri settori. Non erano proprio amici, i due giovani,<br />

erano solo due che si erano <strong>in</strong>contrati durante il lungo viaggio da<br />

Reggio Calabria a Bolzano. Inoltre Francesco era scapolo, mentre<br />

Nicola era sposato da poco, come molti altri - Brigida conosceva lo<br />

stato civile di tutti a causa del suo lavoro - e ovviamente risentiva di<br />

aver dovuto lasciare giù la moglie (altri <strong>ad</strong>dirittura bamb<strong>in</strong>i piccoli), ma<br />

l’azienda offriva foresteria per gli operai, non per le famiglie, e anche <strong>in</strong><br />

Alto Adige le case non sono lì vuote <strong>ad</strong> attenderti.<br />

Dopo un anno, Brigida era p<strong>ad</strong>rona del nuovo lavoro e affiatata con i<br />

colleghi, che si erano pure abituati alle sue “r” e non la sfottevano più.<br />

Aveva legato anche con molti calabresi, come lei stranieri <strong>in</strong> un<br />

ambiente diverso, con cui però familiarizzavano abbastanza <strong>in</strong> fretta, e<br />

soprattutto aveva fatto amicizia con Francesco. Innegabile che con lui ci<br />

fosse qualcosa di diverso, di più profondo. Tuttavia entrambi tardavano<br />

a scoprire le carte, Brigida riteneva che ciò fosse dovuto a riflessioni <strong>sul</strong><br />

futuro: lui pensava di tornare prima o poi <strong>in</strong> Calabria; lei non moriva<br />

dalla voglia di rientrare a Rim<strong>in</strong>i, ma la trasferta, per quanto lunga, non<br />

sarebbe durata <strong>in</strong> eterno, lo si sapeva.<br />

Un collega dell’ufficio si ammalò, una malattia che richiedeva lunga<br />

convalescenza e riabilitazione. Ancora non si era diffusa la notizia che<br />

già si sapeva che sarebbe arrivata una sostituta: la moglie di Nicola.<br />

Già si sapeva perché Nicola, politico e s<strong>in</strong>dacalista militante, era subito<br />

diventato amicone con quelli della zona, e così, guarda caso, la<br />

domanda della moglie era partita <strong>in</strong> contemporanea con la malattia del<br />

collega, prima ancora che si sapesse della durata di quest’ultima. Ma<br />

Brigida, pur non provando eccessiva simpatia per Nicola e i suoi modi di<br />

fare, accolse Gemma con la stessa benevolenza con cui aveva accolto<br />

tutti gli altri e le offrì amicizia. Fu Gemma piuttosto a conservare un<br />

certo distacco: preferiva, come il marito, parlare di politica anziché di<br />

lavoro; <strong>in</strong> quanto a questo, pareva non desiderare troppe spiegazioni, si<br />

riteneva perfettamente <strong>in</strong> gr<strong>ad</strong>o di svolgerlo. E certamente dimostrava<br />

di <strong>esser</strong>lo. Anche il capo ufficio, uno di poche parole ma giudicato<br />

unanimemente persona corretta e giudiziosa, si lasciò sfuggire un<br />

giorno:


“Ragazza <strong>in</strong> gamba, questa Gemma.”<br />

Brigida non ne fu <strong>in</strong>vidiosa, conscia di non avere una personalità<br />

forte come la sua, né grossi <strong>in</strong>teressi politici o calcistici, così apprezzati<br />

da tutti i colleghi maschi, comunque sapeva di avere anche lei una<br />

buona considerazione, ormai la conoscevano da oltre un anno.<br />

Tuttavia…<br />

Una certa <strong>in</strong>quietud<strong>in</strong>e cui non sapeva dare un perché da un po’<br />

l’aveva presa.<br />

Quel giorno Gemma non era <strong>in</strong> ufficio, il marito aveva telefonato di<br />

assegnarle una giornata di ferie, perché doveva ancora rientrare da una<br />

visita <strong>in</strong> Calabria. Nonostante fossero normalmente <strong>in</strong> sei, nella stanza,<br />

a un certo momento Brigida si trovò sola con uno dei colleghi noto per<br />

<strong>esser</strong>e uno senza peli <strong>sul</strong>la l<strong>in</strong>gua, un vero noneso (della Val di Non).<br />

Quello emise un lungo sospiro, poi sbottò:<br />

“Senti, ragazza; ti parlo non per partigianeria, solo perché ti conosco:<br />

sei brava e onesta, e simpatica. Tra breve il nostro collega tornerà dalla<br />

malattia e l’ufficio qui sarà un po’ stretto, qualcuno se ne dovrà andare.<br />

Tu purtroppo sei anche un po’ <strong>in</strong>genua e non ti sei resa conto che la<br />

nuova socia, la politica, sta armeggiando col marito per farti le scarpe,<br />

per rimanere qui lei e mandare a casa te. Te lo dico anche perché a me<br />

queste manovre non vanno giù. Perciò regolati, vedi se è il caso di<br />

parlare col capo, <strong>in</strong>somma metti anche tu le mani avanti.”<br />

Brigida lo r<strong>in</strong>graziò e disse che avrebbe seguito il suo consiglio. Si<br />

riservò però di farlo il giorno dopo, per non parlare a botta appena<br />

ricevuta e prepararsi ciò che avrebbe detto.<br />

Nel pomeriggio si sfogò con Francesco; lui non frequentava molto<br />

Nicola e assicurò che nemmeno lui era al corrente delle manovre, ma<br />

sentendolo parlare <strong>in</strong> assemblea e con gli altri operai non dubitava<br />

affatto del suo credito. Ciò che sorprese Brigida fu quanto Francesco<br />

aggiunse poco dopo:<br />

“Se ti faranno rientrare a Rim<strong>in</strong>i, farò domanda all’azienda di <strong>esser</strong>e<br />

trasferito lì anch’io.”<br />

Lei gli spalancò gli occhi <strong>in</strong> faccia.<br />

“Beh, non credo che un operaio <strong>in</strong> meno a Bolzano e uno <strong>in</strong> più a<br />

Rim<strong>in</strong>i sia un problema per una ditta così grossa. E per me nemmeno fa<br />

differenza, chissà se tornerò mai a Reggio, ormai mi sto abituando al<br />

nord.”<br />

“Non è questo il punto!” disse Brigida cont<strong>in</strong>uando a fissarlo.<br />

Allora lui capì. Le mise una mano <strong>sul</strong>la nuca, l’attirò a sé e la baciò.<br />

Come lei rispose e il suo rossore dopo, gli fecero capire che anche per<br />

lei non era stato niente male.


“E’ vero,” proseguì lui “non ci siamo mai detti niente, ma lo<br />

sapevamo entrambi che sarebbe f<strong>in</strong>ita così.” E vedendo che lei ancora<br />

non diceva niente: “Vuoi che ne parliamo <strong>ad</strong>esso?”<br />

Brigida rise e preferì avvic<strong>in</strong>arsi a lui per un altro bacio.<br />

Si era preparata grosso modo un discorsetto, ma non quello che le<br />

uscì il matt<strong>in</strong>o dopo, quando chiese al capo di riceverla:<br />

“Signor Ruggeri, mi hanno riferito che presto ritornerà al lavoro il<br />

signor Roversi e ci sarà dunque uno di troppo nel nostro reparto. Mi<br />

hanno riportato <strong>in</strong>oltre che il marito di Gemma Ragona sta manovrando<br />

perché a rimanere sia la sua consorte e sia <strong>in</strong>vece io <strong>ad</strong> andarmene,<br />

certo del supporto dei suoi amici s<strong>in</strong>dacalisti. Ora io le chiedo se questi<br />

non siano criteri parziali per preferire una persona <strong>ad</strong> un’altra, senza<br />

tenere conto della maggiore anzianità del servizio da me qui prestato e<br />

della cura con cui ho sempre provveduto a svolgerlo, come riconosciuto<br />

da tutti i miei colleghi. Le chiedo dunque, per favore, come ritiene di<br />

comportarsi nei miei confronti.”<br />

Il capo ufficio era ancora <strong>in</strong> piedi quando lei aveva com<strong>in</strong>ciato a<br />

parlare, ma il suo tono forte e deciso (tra l’altro sentito da molti perché<br />

la porta era rimasta socchiusa), lo fece quasi c<strong>ad</strong>ere seduto. La prima<br />

cosa che pensò fu che neanche studiandosi lei avrebbe <strong>in</strong>serito tante “r”<br />

<strong>in</strong> quel discorso, che ancor oggi è rimasto nella storia dell’ufficio come<br />

“la rasoiata di Brigida”.<br />

Quando si riebbe, <strong>in</strong>vitò anche la ragazza a sedersi, e le disse con<br />

tono forse meno forte, ma altrettanto risoluto:<br />

“Io conosco bene lei come impiegata, ma lei conosce altrettanto<br />

bene me come capo. Sono ritenuto una persona equa e obiettiva, il che<br />

mi fa piacere non meno dell’apprezzamento delle mie capacità<br />

lavorative. Stia qu<strong>in</strong>di sicura che le mie valutazioni, qualunque siano,<br />

presc<strong>in</strong>deranno assolutamente da sollecitazioni politiche, s<strong>in</strong>dacali, o<br />

comunque di parte.”<br />

La risposta lasciò soddisfatta Brigida, ma quello che successe dopo<br />

ancora di più. Arrivò un telegramma che diceva che Gemma Ragona,<br />

da pochissimo <strong>in</strong> stato <strong>in</strong>teressante, non poteva assolutamente mettersi<br />

<strong>in</strong> viaggio dalla Calabria all’Alto Adige. Sarebbe seguito certificato<br />

medico.<br />

Era una prassi comune, da parte delle ragazze <strong>in</strong>c<strong>in</strong>te del sud,<br />

<strong>in</strong>viare un attestato medico che certificava la necessità di trascorrere a<br />

<strong>letto</strong> tutta la gravidanza.


Cosa questo significasse per l’azienda, a Brigida non <strong>in</strong>teressava.<br />

Lei sarebbe rimasta lì a cont<strong>in</strong>uare la sua trasferta ed ora con la<br />

compagnia certa e piacevole di Francesco.


MARIA ELISABETTA MANCINI<br />

Segni e disegni<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia. In realtà non si trattava proprio<br />

di un difetto, era una specie di distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong><br />

cui pronunciava la “r”. Non era moscia alla francese, né tanto meno una<br />

evve di sapore <strong>in</strong>tellettuale; Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella<br />

consonante f<strong>in</strong>o a farla diventare tagliente; una “r” affilata che dava<br />

ancor più enfasi alle sue sfuriate, quando si arrabbiava. E Brigida si<br />

arrabbiava spesso.<br />

- Roberto, proprio non ti sopporto!<br />

Gli occhi dritti spalancati su quelli del marito, la voce pungente,<br />

l’<strong>in</strong>dice <strong>in</strong> direzione della vittima di turno.<br />

La sua consonante preferita, quando Brigida perdeva le staffe,<br />

sembrava correrle <strong>in</strong> aiuto moltiplicandosi nelle parole che le uscivano a<br />

raffica dalla bocca.<br />

Indugiava con la l<strong>in</strong>gua <strong>sul</strong> palato pregustandone l’effetto.<br />

Poi lanciava fuori con forza quella erre che saturava di energia l’aria<br />

<strong>in</strong>torno, procurandole un sottile piacere <strong>ad</strong> ogni vibrazione.<br />

Arma affilata, dava sapore a frasi poco significative.<br />

Ne r<strong>in</strong>forzava la profondità, quando accompagnava argomentazioni<br />

di alto livello.<br />

Brigida l’aveva costruita nel tempo, con rabbia e con amore.<br />

Ne era fiera.<br />

Sopravvissuta <strong>in</strong>sieme a lei a tante tempeste, testimone di un<br />

percorso faticoso verso la vittoria, era divenuta sua compagna di vita.<br />

Unica,importante e <strong>in</strong>sostituibile<br />

E importante per Brigida era potersi ascoltare, mentre leggeva <strong>ad</strong><br />

alta voce o discuteva con qualcuno, nel silenzio piuttosto che nella<br />

confusione, al chiuso o <strong>in</strong> spazi aperti, senza difficoltà né vergogna.<br />

Difficoltà e vergogna. Sentimenti con cui, praticamente, era nata.<br />

Un po’ di tranquillità per i primi anni di vita, poi il tormento.<br />

Una serie di suoni si r<strong>in</strong>correvano a formare parole <strong>in</strong>comprensibili,<br />

di cui lei non si curava, ma che allarmavano m<strong>ad</strong>re e parenti tutti,<br />

nonché col tempo anche pediatra e maestre.<br />

Blesità.<br />

Difficoltà <strong>ad</strong> articolare consonanti, <strong>in</strong> particolare l,r e s, spesso<br />

deformate prima ancora di uscire nel mondo.<br />

Prima della diagnosi una miri<strong>ad</strong>e di visite.


Dopo il verdetto, tanti logopedisti si erano avvicendati accanto a<br />

una piccola dai capelli ricci e gli occhi nocciola, licenziati poi da una<br />

m<strong>ad</strong>re saccente, o fuggiti dal campo volontariamente per fare posto <strong>ad</strong><br />

altri.<br />

Mamma Claudia, donna <strong>in</strong> carriera per questo poco presente <strong>in</strong><br />

casa, lasciata dal marito con Brigida di pochi mesi, non aveva mai<br />

accettato il problema della figlia.<br />

Cercava responsabili ovunque. Vittima di medici <strong>in</strong><strong>ad</strong>eguati, di<br />

riabilitatori <strong>in</strong>capaci, di psicologi superficiali, amplificava col suo<br />

comportamento una situazione già compromessa.<br />

Un giorno era arrivata pers<strong>in</strong>o a colpevolizzare la bimba.<br />

- Lo so che fai apposta per punirmi. Ma guarda che se <strong>tuo</strong> p<strong>ad</strong>re<br />

se n’è andato non è a causa mia. Se solo tu ci mettessi un po’ di<br />

buona volontà..<br />

Così Brigida, <strong>in</strong> lacrime, si rifugiava nelle braccia di Tata Adele e<br />

ricom<strong>in</strong>ciava i suoi esercizi davanti allo specchio.<br />

Era venuto,poi, il tempo dell’<strong>in</strong>segnante di sostegno, perché la fatica<br />

che Brigida metteva nel comporre le parole le toglieva le energie per<br />

comprendere e produrre. Così si era abituata <strong>ad</strong> avere sempre<br />

qualcuno a fianco.<br />

Da G<strong>in</strong>a, docente dolce e attenta non più giovane ma di esperienza,<br />

era passata a Erm<strong>in</strong>ia dalla voce sgr<strong>ad</strong>evole e priva di pazienza, che<br />

una gravidanza le aveva tolto dai piedi <strong>in</strong> fretta. Poi era stata la volta di<br />

Enrico, che avrebbe ricordato a vita per l’alito che sapeva di cipolla e<br />

ment<strong>in</strong>e. Poi Alessia, Elena, Mirka.<br />

Brigida si era imposta di non affezionarsi troppo.<br />

- Tanto l’anno prossimo ne verrà un'altra. Meglio stare a<br />

distanza. Queste le sue<br />

parole alla f<strong>in</strong>e della quarta elementare, saputo del trasferimento<br />

della sua <strong>ad</strong>orata L<strong>in</strong>a.<br />

Intelligente, sensibile, più matura della sua età per quel dest<strong>in</strong>o<br />

dispettoso che l’aveva messa alla prova, Brigida sognava compiti come<br />

gli altri, voti veri, un banco tra quelli dei compagni.<br />

Amava la scuola. Era curiosa, socievole, divertente.<br />

Spesso il suo sorriso parlava per lei. Lei che preferiva il silenzio.<br />

Qualcuno ogni tanto la canzonava.<br />

E lei cacciava <strong>in</strong>dietro le lacrime str<strong>in</strong>gendo i pugni.<br />

Il tempo passava. Sugli occhi un po’ di rimmel, nel cuore i primi<br />

amori.<br />

Il percorso riabilitativo pareva un’ altalena impazzita. Gr<strong>ad</strong><strong>in</strong>i<br />

superati, poi muri. Un passo avanti e due <strong>in</strong>dietro.


Brigida <strong>in</strong>tanto cresceva.<br />

Il suo fisico era muscoloso e più tonico grazie alla g<strong>in</strong>nastica,<br />

pratica che la metteva alla pari degli altri.<br />

Determ<strong>in</strong>azione e forte volontà erano ormai parte del suo carattere.<br />

Verso i tredici anni il salto di qualità.<br />

Era un giorno d’estate.<br />

Soliti esercizi. Lettura. Registrazione. Ascolto.<br />

Il cuore com<strong>in</strong>ciò a battere forte.<br />

Tasto Rew. Di nuovo ascolto.<br />

Poi un urlo.<br />

Brigida si toccava le labbra, mostrava la l<strong>in</strong>gua allo specchio, mentre<br />

le lacrime scendevano.<br />

La frase richiesta era f<strong>in</strong>almente chiara e comprensibile.<br />

Un unico neo: la erre.<br />

- Ci dobbiamo lavorare ancora. Le aveva detto la logopedista<br />

abbracciandola.<br />

- Io sono a posto così, <strong>in</strong>vece.<br />

Brigida aveva deciso: percorso di mantenimento e basta. Quella<br />

erre era speciale, unica ma soprattutto sua. Le piaceva, sì le piaceva<br />

molto. Non l’avrebbe modificata.<br />

Aveva manipolato e fatta sua la tecnica appresa nei tanti anni di<br />

terapia.<br />

Invece di togliere le imperfezioni della sua consonante preferita, le<br />

amplificava.<br />

Come si riconosce e spesso si apprezza un cantante per il timbro<br />

della voce, così il suo modo di pronunciare quella lettera doveva<br />

connotare lei.<br />

Un elemento dist<strong>in</strong>tivo, uno strumento di riscatto.<br />

Così la sua erre era diventata una erre “di carattere”.<br />

Si esercitava leggendo tutto ciò che le capitava davanti. Come un<br />

attore che si prepara a entrare <strong>in</strong> scena.<br />

Ricordava di un regista che aveva sostituito tutte le parole<br />

contenenti la erre <strong>in</strong> un testo poiché la protagonista, che non voleva<br />

perdere, aveva un difetto di pronuncia importante.<br />

Brigida, <strong>in</strong>vece, faceva l’esatto contrario. Si sforzava di riempire le<br />

frasi con la consonante <strong>in</strong> questione. Pratica faticosa all’<strong>in</strong>izio, era<br />

divenuta poi una piacevole abitud<strong>in</strong>e.<br />

Ogni sera una citazione diversa di fronte allo specchio: sussurrata,<br />

poi con tono crescente f<strong>in</strong>o a gridarla. E niente sonno f<strong>in</strong>ché non era<br />

completamente soddisfatta della performance.


Il battesimo era stato al compleanno di un amico, quando aveva<br />

<strong>letto</strong> una dedica al festeggiato <strong>in</strong> mezzo alla sala.<br />

Brusio, poi un silenzio pieno di imbarazzo.<br />

La voce di Brigida aveva riempito la stanza.<br />

M<strong>in</strong>uti che le erano sembrati ore, poi un applauso che non avrebbe<br />

dimenticato.<br />

- Allora si può sapere perché hai fatto tardi?<br />

Puntualità e rigore per Brigida erano fondamentali. Una gelosia<br />

smodata chiudeva il qu<strong>ad</strong>ro.<br />

Rapito dalla solarità di Brigida dal primo <strong>in</strong>contro, Roberto amava di<br />

lei entusiasmo e cocciutagg<strong>in</strong>e, creatività e spessore.<br />

Sentiva aria di tempesta a distanza. Segnale <strong>in</strong>confondibile erano<br />

tono della voce crescente dell’<strong>ad</strong>orata sposa, unito <strong>ad</strong> una produzione<br />

esagerata di erre.<br />

Come facesse poi a trovare tante parole <strong>ad</strong>atte al caso per lui era<br />

ancora un mistero.<br />

Sapeva della blesità, ma non del s<strong>in</strong>golare lavoro fatto da lei. Brigida<br />

ne custodiva il segreto.<br />

- Ecco il motivo.<br />

Roberto allunga un pacchetto alla moglie con un sorriso.<br />

- Cos’è?<br />

Brigida quasi glielo strappa di mano. Lui si avvic<strong>in</strong>a per accarezzarle<br />

la pancia. Tre mesi di nausee, progetti e felicità.<br />

- Il libro dei nomi!<br />

Brigida, buttata a terra la carta colorata, è già <strong>sul</strong> divano. Sfoglia con<br />

impazienza. La rabbia di prima è già svanita.<br />

Roberto le siede accanto.<br />

- Ne ho visti alcuni che mi piacciono. dice soddisfatto.<br />

Brigida si gira, lo bacia <strong>sul</strong>le labbra, poi torna a girare le pag<strong>in</strong>e<br />

senza ascoltarlo.<br />

A un tratto si ferma, l’<strong>in</strong>dice su un punto preciso del libro.<br />

- Amore mio – dice entusiasta - cosa ne dici di Maria Aurora?


ELISABETTA MALDINA<br />

FiammifeRo<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia. In realtà non si trattava proprio<br />

di un difetto, era una specie di distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong><br />

cui pronunciava la “r”. Non era moscia alla francese, né tanto meno una<br />

evve di sapore <strong>in</strong>tellettuale; Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella<br />

consonante f<strong>in</strong>o a farla diventare tagliente; una “r” affilata che dava<br />

ancor più spesso enfasi alle sue sfuriate, quando si arrabbiava. E<br />

Brigida si arrabbiava spesso.<br />

Certo, <strong>in</strong> questo momento, non lo si sarebbe mai immag<strong>in</strong>ato.<br />

Mentre la osservavo di sottecchi <strong>sul</strong>l’autobus diretto a scuola<br />

sembrava assolutamente tranquilla. Aveva negli occhi qualche briciola<br />

di sonno e l’aria assente.<br />

Ma, come per le sfuriate, che arrivavano all’improvviso,<br />

preannunciate solo da un rabbuiarsi degli occhi verdi e da un irrigidirsi<br />

delle spalle, tutto <strong>in</strong> lei era assolutamente fuori dall’ord<strong>in</strong>ario.<br />

Una cascata di ricci rosso tiziano le <strong>in</strong>corniciava un viso irregolare,<br />

pieno di efelidi.<br />

La bocca era espressiva e spesso imbronciata e gli occhi… , gli<br />

occhi passavano <strong>in</strong> secondo piano solo quando si arrabbiava e la sua<br />

“erre” di battaglia catturava tutta l’attenzione.<br />

Il fisico di Brigida era sottile e lei lo nascondeva sotto abiti<br />

improbabili.<br />

Come lei, erano abiti “contro”. Contro cosa non si sa. Contro tutto e<br />

tutti , <strong>in</strong> un eterno opporsi e <strong>in</strong> un eterno affermare se stessa, senza<br />

paura del giudizio altrui.<br />

Era per questo che ero diventata sua amica. Per questa capacità di<br />

tirare fuori la voce quando qualcosa non le andava bene.<br />

A scuola giravamo sempre <strong>in</strong> coppia e i compagni dicevano che lei<br />

era il mio “<strong>in</strong>cazzatore automatico”, come quel comico alla televisione.<br />

Io non ero certo capace di oppormi <strong>ad</strong> alcunché. Sono sempre stata<br />

molto chiusa e paurosa.<br />

Non reagivo neanche alle prese <strong>in</strong> giro o quando, <strong>in</strong> coda al banco<br />

della salumeria, qualcuno mi passava davanti. Avevo la sensazione di<br />

<strong>esser</strong>e <strong>in</strong>visibile.<br />

Brigida <strong>in</strong>carnava quello che avrei voluto <strong>esser</strong>e o fare, la trovavo<br />

coraggiosa e soprattutto.. comoda. Una barriera fra me e gli altri, un<br />

filtro, una corazza.


All’<strong>in</strong>izio il fatto che fosse temuta dagli altri mi dava una sensazione<br />

di potere: io ero la sua ombra e godevo di riflesso del rispetto nei suoi<br />

confronti.<br />

Non mi <strong>in</strong>fastidivano neanche le provocazioni dirette a Brigida dai<br />

compagni più audaci.<br />

La chiamavano “fiammifeRo”, arrotando la “r”, per i capelli e la<br />

capacità di prendere fuoco con niente e Giacomo, il bullo della classe le<br />

chiedeva sempre se si era scopata lo “zietto”, da quando il Prof. di<br />

matematica le aveva detto che il suo nome gli ricordava quello della<br />

spasimante di Zio Paperone.<br />

Non che qualcuno <strong>in</strong> classe sapesse molto su Zio Paperone, forse di<br />

più su W<strong>in</strong>x e Power Ranger, ma, ben presto quasi tutti avevano<br />

com<strong>in</strong>ciato a sfottere la mia amica come se Giacomo avesse <strong>in</strong>cr<strong>in</strong>ato<br />

quel muro di timore reverenziale che sembrava avvolgere Brigida e me.<br />

Era <strong>in</strong> quei frangenti che Brigida dava il meglio di sé. Li spiazzava<br />

guardandoli con un lampo tagliente negli occhi e vomitava loro <strong>ad</strong>dosso<br />

commenti salaci e pieni di “erre”, che battevano come tamburi e<br />

scandivano un ritmo di guerra. Li sferzava nei loro punti deboli con un<br />

rap impietoso che colpiva difetti e debolezze per lasciarli attoniti e a<br />

bocca chiusa, assolutamente <strong>in</strong>ermi.<br />

Il ri<strong>sul</strong>tato era che ai commenti cattivi si sostituiva pian piano<br />

un’esclusione così totale da parte della classe nei nostri confronti che<br />

la sensazione di <strong>in</strong>visibilità a cui volevo sottrarmi si rafforzava sempre<br />

più, smentita solamente dagli sguardi sprezzanti o di compatimento che<br />

ci venivano rivolti.<br />

Brigida sembrava non soffrirne. All’ora di ricreazione mi<br />

accompagnava alle macch<strong>in</strong>ette e parlava con me di filosofia o<br />

commentava qualche poesia fatta <strong>in</strong> classe. Com<strong>in</strong>ciavo a trovare<br />

<strong>in</strong>sopportabile questa sua “profondità”, questo suo prendere tutto <strong>sul</strong><br />

serio, il suo impegno sociale, la sua onestà.<br />

Avrei voluto parlare anche di cazzate, dell’ultima puntata del Grande<br />

Fratello, di acconciature e vestiti. Mi sentivo oppressa e volevo di nuovo<br />

respirare.<br />

L’occasione si presentò quando Brigida venne colpita da una brutta<br />

<strong>in</strong>fluenza e rimase assente per due settimane.<br />

Tentai timidi e forse impacciati approcci con le compagne dall’aria<br />

meno aggressiva, <strong>in</strong>serendomi a fatica <strong>in</strong> un gruppetto <strong>in</strong>sieme al quale<br />

trascorrevo le pause, chiacchierando di moda, shopp<strong>in</strong>g e ragazzi.<br />

Quando Brigida tornò, la ignorai, neanche tanto velatamente e con la<br />

paura che la sua “r” si scatenasse anche contro di me, contro il mio<br />

tr<strong>ad</strong>imento.


Ma non fu così. Fu come se Brigida prendesse atto della distanza<br />

che avevo messo tra noi due e la rispettasse.<br />

Niente più chiacchierate alle macch<strong>in</strong>ette, niente più viaggi <strong>in</strong><br />

autobus <strong>in</strong>sieme. Eravamo come due pianeti che ruotavano nello stesso<br />

universo su orbite separate senza <strong>in</strong>contrarci o scontrarci mai.<br />

Per andare a casa avevo preso l’abitud<strong>in</strong>e di percorrere a piedi un<br />

vicolo di fianco al Liceo per raggiungere la fermata di un’altra l<strong>in</strong>ea di<br />

autobus che mi avrebbe portato a casa.<br />

A volte una delle mie nuove amiche faceva la str<strong>ad</strong>a con me , ma più<br />

spesso ero sola.<br />

Quel giovedì uscivamo tardi e <strong>in</strong> giro non c’era proprio nessuno.<br />

Fui sorpresa perciò quando sentii una mano <strong>sul</strong>la mia spalla, anzi,<br />

sus<strong>sul</strong>tai.<br />

-Ah sei tu..- dissi quando girandomi di scatto mi trovai di fronte<br />

Giacomo.<br />

-Cosa vuoi? – gli chiesi.<br />

- Volevo chiederti una cosa- rispose- visto che <strong>in</strong> giro non c’è più la<br />

tua amica.-<br />

-Cosa?-<br />

-Volevo sapere se le femm<strong>in</strong>e come te, che non dicono mai una<br />

parola, stanno zitte anche quando si divertono.-<br />

-Cosa <strong>in</strong>tendi dire?<br />

Intanto Giacomo mi aveva afferrato un polso stretto stretto e io<br />

capivo che le cose si stavano mettendo male e avrei dovuto gridare, ma<br />

la voce si era come congelata <strong>in</strong> gola e sentivo male agli occhi da<br />

quanto li tenevo spalancati.<br />

Buttò a terra il mio za<strong>in</strong>o con l’altra mano e mi sp<strong>in</strong>se nell’androne di<br />

una porta.<br />

Poi mi sussurrò: - Se io ti tocco e ti piace, stai zitta o mi fai sentire un<br />

miagolio di gatt<strong>in</strong>a <strong>in</strong> calore eh? Io penso che voi represse <strong>in</strong> queste<br />

occasioni siate una sorpresa. Dimmi ti piace?<br />

Sentivo l’odore del suo alito <strong>sul</strong>la mia faccia, mentre <strong>in</strong>filava la sua<br />

mano sotto la mia camicetta e una repulsione mai provata mi diede le<br />

vertig<strong>in</strong>i.<br />

L’urlo rimaneva bloccato nella mia testa, mentre cercavo <strong>in</strong>vano di<br />

div<strong>in</strong>colarmi e sentivo le mani di Giacomo sopra di me e il suo corpo<br />

premere contro il mio.<br />

-Se cont<strong>in</strong>ui a stare zitta mi diverto di meno ma mi rendi tutto più<br />

facile, sai?-<br />

E la mano scendeva sui jeans ed armeggiava con la cerniera.


Nella mia mente sentivo ronzare un gigantesco sciame d’api, un<br />

crepitio che diventava un boato, un fras<strong>tuo</strong>no crescente e speravo che<br />

tutto f<strong>in</strong>isse all’improvviso.<br />

Quando udii anche rullare i tamburi pensai che sarei f<strong>in</strong>almente<br />

svenuta, ma le percussioni si trasformarono <strong>in</strong> parole concitate:<br />

-Razza di cRet<strong>in</strong>o lasciala! Lasciala subito o ti castRo! IdRocefalo<br />

ipodotato e pRobabilmente affetto da disfunzione eRettile! ViagR<strong>ad</strong>ipendente,<br />

tiRa giù le zampe e usale peR le tue mastuRbazioni<br />

quotidiane!<br />

Non sapevo chi, fra me e lui, era rimasto più sorpreso da questa furia<br />

di parole, da queste “erre” rotanti che rompevano l’attimo, che<br />

irrompevano <strong>in</strong> quel tempo sospeso e rendevano tutto vano, quasi<br />

irreale e ci tiravano giù, ognuno nei soliti ruoli, nella solita realtà.<br />

-Brigida..-riuscii f<strong>in</strong>almente a mormorare e la vidi sbattere il suo za<strong>in</strong>o<br />

<strong>sul</strong>la testa e le spalle di Giacomo, che c<strong>ad</strong>uto a terra, si trasc<strong>in</strong>ava<br />

lontano con lo sguardo smarrito, come avesse appena visto<br />

un’apparizione.<br />

-Stai bene?- mi chiese lei.<br />

- Si, sto bene..grazie- e <strong>in</strong> quel momento realizzai che non aveva mai<br />

usato la sua “erre” contro di me, neanche una volta; che io a un certo<br />

punto non c’ero più per lei , mentre lei non aveva mai smesso di <strong>esser</strong>ci<br />

per me.<br />

In quell’istante mi vergognai di una vergogna più profonda di quella<br />

per la violenza appena subita.<br />

La mia voce, così frenata, si aprì <strong>in</strong> scuse che rispuntano a volte<br />

anche ora, quando ci vediamo.<br />

Quando la ascolto pronunciare le sue “erre” <strong>in</strong> mille modi diversi,<br />

pazienti e dolci con i suoi bamb<strong>in</strong>i, stanche dopo una giornata di lavoro,<br />

appassionate quando sale <strong>sul</strong> palco a recitare e a testimoniare al<br />

mondo la sua <strong>in</strong>crollabile voglia di rendere tutto migliore.


DORANNA MONTEFUSCO FUZZI<br />

Tutta colpa della neve<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia. In realtà non si trattava proprio<br />

di un difetto, era una specie di distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong><br />

cui pronunciava la “r”. Non era moscia alla francese, né tanto meno una<br />

evve di sapore <strong>in</strong>tellettuale; Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella<br />

consonante f<strong>in</strong>o a farla diventare tagliente; una “r” affilata che dava<br />

ancor più enfasi alle sue sfuriate, quando si arrabbiava. E Brigida si<br />

arrabbiava spesso.<br />

Come acc<strong>ad</strong>de quella sera al ritorno dal supermercato.<br />

Dopo una giornata passata fuori casa le era rimasta anche<br />

l’<strong>in</strong>combenza della spesa e poi ancora quella dei due cani da portare <strong>in</strong><br />

giro per i loro bisogni. Come se lei di bisogni non ne avesse! Ma alt, qui<br />

si doveva fermare, perché poteva arrabbiarsi per tutto, ma non per quel<br />

motivo: i due cani li aveva voluti lei, si proprio lei e per questo non<br />

poteva prendersela con nessuno.<br />

Certo, le cose non erano andate proprio lisce come sembravano.<br />

Uno dei due, il bianco, era stato una improvvisa eredità. All’<strong>in</strong>izio<br />

aveva <strong>ad</strong>ottato il m<strong>in</strong>uscolo Tor. Poi, per assecondare il desiderio di<br />

sua mamma di avere anche lei un cagnetto piccolo così, aveva<br />

sgu<strong>in</strong>zagliato suo figlio per canili e negozi della città e d<strong>in</strong>torni, alla<br />

ricerca di un batufol<strong>in</strong>o che non fosse eccessivamente di <strong>in</strong>gombro.<br />

Avrebbe fatto compagnia ai nonni che vivevano da soli <strong>in</strong> una città<br />

divenuta troppo grande per una famiglia così sparpagliata come la loro.<br />

Quel che le era mancato era stato uno sguardo al futuro, al futuro dei<br />

suoi genitori, all’epoca già ottantenni. Ma questa era una visione della<br />

vita limitata per Brigida: per lei i suoi vecchi non erano vecchi per<br />

davvero. Non riusciva mai a pensare che un giorno o l’altro avrebbero<br />

fatto i conti con qualche <strong>in</strong>evitabile problema di sopravivenza, come tutti<br />

i comuni mortali e, quando giunse il momento, si ritrovò proprietaria di<br />

due cani, si di piccola taglia, ma pur sempre due, Tor e Bracco.<br />

E’ vero che poteva contare su suo marito, per la verità un bell’aiuto,<br />

faceva quasi tutto lui coi cani, <strong>in</strong> cambio di scarso affetto da parte loro<br />

nei suoi confronti. Ma lei non soffriva per questa mancanza di<br />

attenzioni: aveva sempre tante cose da fare che quasi non se ne<br />

accorgeva. In quei giorni, però, suo marito era via, perciò alla matt<strong>in</strong>a e


all’imbrunire, i due momenti canonici della giornata, non poteva ignorare<br />

la loro legittima pretesa d’<strong>esser</strong>e portati a spasso.<br />

Tutto s’era complicato quella sera per l’improvvisa nevicata che <strong>in</strong><br />

meno di un’ora aveva ricoperto ogni cosa di bianco, aveva spianato<br />

tutto, livellando le str<strong>ad</strong>e e i giard<strong>in</strong>i, i marciapiedi e i piccoli spazi<br />

all’aperto.<br />

All’uscita dal supermercato s’era ritrovata con le mani <strong>in</strong>gombre di<br />

sacchetti traboccanti di merce, la testa nuda anche se ancora bell’<strong>in</strong><br />

ord<strong>in</strong>e come quando s’era sistemata al matt<strong>in</strong>o, almeno dodici ore<br />

prima, ma i piedi decisamente fuori posto <strong>in</strong> quel candore disteso che<br />

non aspettava altro che <strong>esser</strong>e calpestato. Era rimasta paralizzata<br />

dietro alla porta scorrevole per l’improvviso ostacolo che aveva<br />

bloccato il suo passo frettoloso e le era scappato perf<strong>in</strong>o un “ Va a fa…<br />

‘n capo!” , un’esclamazione per fortuna senza nemmeno una erre<br />

graffiante, di quelle che piacevano a lei, visto che doveva fare i conti<br />

anche con chi entrava di gran fretta per ripararsi da quello scherzo<br />

<strong>in</strong>vernale ormai fuori posto, considerato che fra qualche giorno ci<br />

sarebbe stato l’equ<strong>in</strong>ozio di primavera.<br />

Ma chissà che f<strong>in</strong>e avevano fatto le stagioni!<br />

Così, sprofondò gli ignari piedi calzati nelle “fu” scarpette nere lucide,<br />

appositamente scelte all’alba per fare pendant con la capiente borsa da<br />

lavoro che si tirava dietro da un giorno <strong>in</strong>tero, anch’essa lucida, nera,<br />

<strong>ad</strong>atta all’<strong>in</strong>contro <strong>in</strong> agenda nella raff<strong>in</strong>ata Sala dei Notai di piazza<br />

Matteotti, <strong>in</strong>contro che poi all’ultimo m<strong>in</strong>uto era saltato, anche questa<br />

volta facendole perdere la pazienza per le conseguenze che ne<br />

sarebbero derivate, non solo a lei, ma a tutto quel progetto così<br />

meticolosamente costruito da tanti mesi.<br />

Alla vista di cosa l’aspettava lì fuori, un sibilo le uscì di bocca,<br />

sicuramente una frase piena di erre taglienti, pronunciata per la rabbia<br />

di vedere le sue scarpette, un gioiello costato non poco, nonostante le<br />

svendite, completamente <strong>in</strong> balia, compreso il piede, di una neve così<br />

far<strong>in</strong>osa da non lasciare scampo. Si sarebbero <strong>in</strong>zuppate<br />

completamente, ma non aveva alternative, se voleva tornare a casa.<br />

Quasi un’ora dopo, f<strong>in</strong>almente messi i gu<strong>in</strong>zagli ai cani, ricoperti da<br />

un morbido cappotto all’ultima moda di quell’<strong>in</strong>verno, i piedi al riparo <strong>in</strong><br />

due scarponc<strong>in</strong>i fatti apposta per sfidare la neve delle Alpi, la testa<br />

questa volta riparata da un berrettone nero di lana che non lasciava<br />

passare un filo di aria, aveva deciso di buttarsi nella nevicata che<br />

scendeva copiosa <strong>in</strong> quella zona di pianura abituata a ben altri<br />

fenomeni meteorologici. Sarebbe passata dal garage, come faceva suo<br />

marito ogni volta che era costretto a portar fuori i cani sotto la pioggia. Il


pianerottolo antistante il loro portone, <strong>in</strong>fatti, <strong>in</strong> presenza di acqua o<br />

neve si trasformava <strong>in</strong> una <strong>in</strong>sidiosa pista da patt<strong>in</strong>aggio, col rischio di<br />

mandare con le gambe all’aria gli <strong>in</strong>cauti <strong>in</strong>quil<strong>in</strong>i che osassero sfidarlo.<br />

Uscendo dal garage si sarebbe trovata immediatamente <strong>sul</strong> retro<br />

della casa e, se avesse avuto fortuna, il suo giro poteva concludersi<br />

nelle strette vic<strong>in</strong>anze, sempre che i cani av<strong>esser</strong>o deciso, <strong>in</strong> virtù del<br />

freddo polare che ormai s’era fatto, di r<strong>in</strong>unciare alla consueta<br />

passeggiat<strong>in</strong>a, preludio impresc<strong>in</strong>dibile della liberatoria evacuazione<br />

<strong>in</strong>test<strong>in</strong>ale.<br />

Non fu proprio così, perché i cani sembrarono improvvisamente a<br />

loro agio <strong>sul</strong>lo spesso strato di neve che s’era depositato nel frattempo<br />

<strong>sul</strong>l’ampio cortile. Tanto che presero a zampettare con vivacità e<br />

soddisfazione, <strong>in</strong>curanti del baccano dei ragazz<strong>in</strong>i alle prese con la<br />

costruzione di un pupazzo di neve, dal cui faccione enorme spuntava<br />

una spiritosa carota.<br />

Ma quella distrazione fu fatale a Brigida.<br />

In men che non si dica, si ritrovò col sedere per aria e la caviglia<br />

destra piegata all’<strong>in</strong>dietro, ché non ne voleva sapere di rimettersi al suo<br />

posto. Una smorfia di dolore doveva <strong>esser</strong>si disegnata <strong>sul</strong> suo volto se<br />

l’urlo che le scappò di bocca aveva attirato perf<strong>in</strong>o l’attenzione dei<br />

ragazzi, distogliendoli dal loro rumoroso divertimento.<br />

Immediatamente aveva realizzato che non str<strong>in</strong>geva più il gu<strong>in</strong>zaglio<br />

di Tor, che aveva preso a correre <strong>sul</strong>la neve soddisfatto per l’imprevista<br />

libertà.<br />

– Prendetelo, prendetelo! - urlava Brigida rivolta ai ragazzetti che la<br />

guardavano divertiti per l’<strong>in</strong>cidente che l’aveva fatta f<strong>in</strong>ire <strong>in</strong> quella una<br />

posa ridicola, sommersa <strong>in</strong> una buca di neve fresca.<br />

– Prendetelo! M’è scappato, maledizione! - com<strong>in</strong>ciò a <strong>in</strong>veire,<br />

goffamente ripiegata su se stessa per sostenere l’acuto dolore che dalla<br />

caviglia si irr<strong>ad</strong>iava alla gamba.<br />

Fu allora che le vennero <strong>in</strong> mente tutti i contrattempi di quella<br />

giornata <strong>in</strong>fernale, che ancora era lontana dal concludersi, alle mille<br />

imprecazioni che le erano uscite di bocca piene di erre taglienti che non<br />

avevano lasciato scampo a nessuno dei suoi disgraziati vic<strong>in</strong>i, per<br />

quella sequela di sfuriate che ne erano seguite.<br />

In un batti baleno, le passarono d’avanti il suo direttore generale,<br />

senza parole di fronte alla veemenza del suo sfogo violento a causa<br />

della matt<strong>in</strong>a saltata <strong>in</strong>sieme a un anno di lavoro; l’arrabbiatura per la<br />

neve che era arrivata senza preavviso e per le sue scarpette nuove di<br />

vernice, irrimediabilmente sciupate per il trattamento a cui le aveva


sottoposte fuori dal supermercato; ai cani da portare <strong>in</strong> giro; alla scena<br />

ridicola che doveva <strong>esser</strong>e ora con le gambe all’aria!<br />

All’improvviso si ritrovò senza energie.<br />

Non ebbe più voglia di arrabbiarsi.<br />

Si lasciò c<strong>ad</strong>ere dolcemente <strong>sul</strong>la neve ancora morbida e allentò<br />

anche la gamba.<br />

Sentì il suo volto distendersi <strong>in</strong> una risata liberatoria, per la prima<br />

volta senza neanche una erre da pronunciare, anzi da lanciare, come al<br />

solito, contro il malcapitato di turno, con la forza di una saetta affilata.<br />

Le parve che una dolcezza nuova avvolgesse una per una le lettere<br />

dell’alfabeto che andava emettendo, compresa la stizzosa erre, <strong>in</strong> un<br />

<strong>in</strong>consueto coro di modulazioni verbali arrotondate, che diedero<br />

un’<strong>in</strong>tonazione <strong>in</strong>solita alla sua pronuncia, facendo drizzare le sue<br />

stesse orecchie, <strong>in</strong>curiosite dalla novità di tutte quelle erre lisce, per<br />

una volta senza spigoli, rotolare senza <strong>in</strong>ciampi dalla sua bocca!<br />

Perf<strong>in</strong>o il peso alla caviglia le parve alleggerito!


ELENA FERRARIS e MAURIZIO ROCCATO<br />

RrRrRrRrRr…<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia. In realtà non si trattava proprio<br />

di un difetto, era una specie di distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong><br />

cui pronunciava la “r”. Non era moscia alla francese, né tanto meno una<br />

evve di sapore <strong>in</strong>tellettuale; Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella<br />

consonante f<strong>in</strong>o a farla diventare tagliente; una “r” affilata che dava<br />

ancor più enfasi alle sue sfuriate, quando si arrabbiava. E Brigida si<br />

arrabbiava spesso.<br />

Brigida però era anche “s”.<br />

Stremata, spossata, sf<strong>in</strong>ita, sfiancata, snervata, sconquassata,<br />

scard<strong>in</strong>ata e soprattutto assurdamente sola. Non nella condivisione di<br />

piacevoli ed animati momenti orizzontali, sola nella vita quotidiana.<br />

Qu<strong>in</strong>di “s”, oltre che “r”.<br />

Ma si sentiva anche tante altre lettere: “c” come consapevole, “a”<br />

come accigliata, “c” come caustica, “c” come corroborante “a” come<br />

asprigna… Sì, tutto ed il contrario di tutto, il che alla f<strong>in</strong>e faceva di lei<br />

una cacca, proprio come l’unione delle lettere degli aggettivi che la<br />

caratterizzavano.<br />

Ad ogni arrabbiatura e <strong>ad</strong> ogni “r” affilata e veloce come il fischio di<br />

un treno che non ferma alla stazione, Brigida si sentiva sempre più<br />

rifiutata ed altrettanto <strong>in</strong>felice.<br />

Le pesava meno osservarsi allo specchio e notare un filo di cellulite<br />

piuttosto che focalizzare l’attenzione <strong>sul</strong> fatto che non sorridesse mai.<br />

La sua era una solitud<strong>in</strong>e della colazione alla domenica matt<strong>in</strong>a e del<br />

giorno di Natale, non quella giornaliera del <strong>letto</strong> freddo e vuoto oppure,<br />

a caso, caldo e pulsante.<br />

Solo fortuitamente qualche uomo sfiorava la curva del suo sedere o i<br />

suoi morbidi seni. Ed erano sempre problemi.<br />

C’era stato un Romualdo, detto Rorri, il nome che per decenza lei<br />

non avrebbe neppure dato al cane. Rorri, che al terzo appuntamento<br />

vedendola nuda le disse che avrebbe dovuto perdere qualche chilo.<br />

Una scarica di filate e nervose “r” erano risuonate nell’aria, e il<br />

soprannome del soggetto che le aveva scatenate non fu di aiuto <strong>ad</strong><br />

evitare quella mitragliata appuntita.<br />

C’era stato un Rodolfo, detto Ruri. Un nome, un altro problema.<br />

“Dovresti fare più sport, migliora la circolazione”, le disse al secondo<br />

mese di frequentazione, la risposta fu “RuRi, meRda, cRedi che la


palestRa possa miglioRaRe anche il <strong>tuo</strong> pene?”. 7 “r” e una porta<br />

sbattuta <strong>in</strong> faccia.<br />

Nel frattempo Brigida si mise a bere litri e litri d’acqua per<br />

dis<strong>in</strong>tossicarsi e migliorare la ritenzione, procurandosi la pancia gonfia<br />

come una cisterna e spendendo il 20% delle sue entrate <strong>in</strong> patch,<br />

creme e massaggi. L’economia girava attorno alla ritenzione idrica<br />

femm<strong>in</strong>ile, Brigida ne era cosciente.<br />

C’era stato poi anche un Osvaldo Ramurri, detto Ramur dagli amici,<br />

un nome da robot. E sotto le lenzuola lo era stato con performance<br />

ottime, f<strong>in</strong>ché non gli scappò: ”hanno aperto un centro estetico sotto<br />

casa mia, ti lascio il coupon omaggio per il l<strong>in</strong>fodrenaggio”. Questa volta<br />

le “r” furono 12 e tutte penetranti come il pugno rotante del cartone<br />

giapponese della sua <strong>in</strong>fanzia. Tuttavia, nonostante lo scoramento da<br />

sedere imbottito, la cellulite le stava pure un po’ simpatica, l’aveva<br />

coltivata per anni, e avrebbe voluto rilanciarla come corredo sexy per un<br />

corpo femm<strong>in</strong>ile evoluto. Fare una azione di Market<strong>in</strong>g pro cellulite<br />

pensava fosse un concetto avveniristico.<br />

A volte si immag<strong>in</strong>ava <strong>sul</strong> palco di un comizio e<strong>letto</strong>rale e, davanti<br />

allo specchio con il fiato sospeso perché l’<strong>ad</strong>dom<strong>in</strong>ale non svettasse,<br />

recitava una lunga litania: “Noi ci cReiamo i nostRi mostRi, li nutRiamo<br />

e li alleviamo peRmettendo loro di entRaRe nelle nostRe <strong>in</strong>sicuRezze<br />

amplificandole. CeRto, è meglio prendeRsela con la cellulite o con le<br />

smagliatuRe che guardaRci dentRo, osseRvaRe, <strong>in</strong>dagaRe, capiRe”.<br />

Poi respirava lunghissimo e riprendeva sogghignando compiaciuta:<br />

“Per viveRe felici dobbiamo aveRe un nemico. CombatteRe contRo di<br />

lui e odiaRlo a tal punto da spostaRe l’attenzione e la frustRazione<br />

veRso un scopo che sia il più lontano possibile da noi stesse, dalle<br />

tasse o dalla RifoRma delle pensioni”. Altro respiro accompagnato dalla<br />

posizione a trequarti petto <strong>in</strong> fuori e pancia <strong>in</strong>dentro e altro sguardo<br />

sornione: ”Bene. Detto questo, il nemico fittizio delle donne è l’aspetto<br />

fisico, quello veRo sono gli uom<strong>in</strong>i. AddiRittuRa le più evolute fRa noi<br />

hanno bisogno di un uomo. Punto”.<br />

Concitazione, altro respiro: ”Anche solo per un po’ di bRio sotto le<br />

lenzuola. La nostRa vita è impResc<strong>in</strong>dibilmente legata a quella<br />

dell’altRo sesso e, ovviamente, viceveRsa. Alleanza fra i sessi. Di<br />

questo avRemmo bisogno. Io donna ti concedo una notte <strong>in</strong>fuocata e tu<br />

uomo fai f<strong>in</strong>ta di amaRmi un po’, poco. Insomma fai le cose <strong>ad</strong> hoc.<br />

Almeno peR una notte, un gioRno, un weekend o, nei casi più<br />

dispeRati, un'oRa”.<br />

Solitamente, la “r” di oRa era molto più pungente delle altre e<br />

sovente era un suono che le entrava dentro risvegliando nei suoi


pensieri un nome, quello di RobeRto, il suo ultimo diversivo. Un nome e<br />

già un altro problema, non solo di pronuncia.<br />

Un'ora era il tempo che ci aveva messo lui <strong>ad</strong> aggiustarle lo scarico<br />

della lavastoviglie, il giorno <strong>in</strong> cui Brigida aveva sfogliato come una<br />

forsennata le pag<strong>in</strong>e gialle alla ricerca di un idraulico, disperata per lo<br />

tsunami di acqua e detersivo che aveva d'improvviso <strong>in</strong>vaso il<br />

pavimento della cuc<strong>in</strong>a.<br />

Un'ora era stato il tempo che Roberto aveva impiegato prima di<br />

comparire <strong>sul</strong>lo zerb<strong>in</strong>o di casa dopo la chiamata, cassetta per gli<br />

attrezzi <strong>in</strong> una mano, un rotolo di tubo nell'altra, e una maglietta attillata<br />

che lasciava <strong>in</strong>tuire quanto fossero ben sviluppati pettorali e <strong>ad</strong>dom<strong>in</strong>ali.<br />

Un'ora era il tempo che aveva richiesto l'approfondita verifica delle<br />

<strong>in</strong>timità di Brigida al term<strong>in</strong>e di quella effettuata <strong>sul</strong>le tubature della<br />

lavastoviglie, lasciata aperta e mezza smontata <strong>in</strong> mezzo alla cuc<strong>in</strong>a<br />

perché Roberto aveva preferito passare all’esplorazione di un altro tipo<br />

di cavità.<br />

Un'ora. Con lui il sesso non durava meno, ed era un limite di tutto<br />

rispetto, perché difficilmente altri uom<strong>in</strong>i avrebbero resistito così a lungo<br />

tra le gambe di Brigida. Però, nonostante l'<strong>ad</strong>eguatezza della<br />

performance, quella era l'unica cosa che Roberto le concedeva. Una<br />

notte o un giorno <strong>in</strong>teri, o peggio ancora un weekend, una passeggiata<br />

o una gita fuori porta non erano contemplati.<br />

Lei, nonostante questa limitazione, non riusciva a protestare, perché<br />

era quasi certa che di Roberto non ne avrebbe trovati molti <strong>sul</strong>la piazza.<br />

Si domandava il perché, dispiaciuta e tormentata, ma nel frattempo<br />

accettava. Ed il suo frattempo era riempito da quel sesso a domicilio, su<br />

chiamata, la cassetta degli attrezzi <strong>in</strong> una mano e un sorriso malizioso<br />

stampato <strong>sul</strong>la faccia erano il consueto biglietto da visita che Roberto<br />

presentava ogni volta che Brigida apriva la porta di casa mimando la<br />

scena della casal<strong>in</strong>ga disperata a cui si era rotto ora lo scaldabagno,<br />

ora un tubo della lavatrice, ora lo scarico del bidet.<br />

"Tu sei la dimostRazione che la cellulite può esseRe il punto di foRza<br />

<strong>in</strong> una donna" pensava Brigida mentre Roberto le massaggiava<br />

<strong>in</strong>tensamente i glutei come se stesse impastando il preparato per una<br />

torta di pastafrolla. Ah, quanti brividi partivano dal palpeggiamento dei<br />

suo glutei sodi e abbondanti! “RobeRto, meRda, le sue mani che mi<br />

aRRotolano il tanga e scopRono il deRetano, aRgh, RobeRto”, si<br />

ripeteva sognante. Ma, nonostante quei momenti di orgoglio femm<strong>in</strong>ile<br />

la fac<strong>esser</strong>o sentire veramente apprezzata, l'entusiasmo si spegneva<br />

rapidamente quando, term<strong>in</strong>ato l'<strong>in</strong>tervento, lui si rivestiva e si avviava<br />

verso la porta lasciandola sola con il suo corredo di cellulite.


"Magari, stasera...?" tentava timidamente lei prima che calasse quel<br />

velo di mal<strong>in</strong>conia ogni volta che si salutavano <strong>sul</strong>la porta.<br />

Lui non rispondeva, ma si limitava <strong>ad</strong> un sorriso e un bacio<br />

affet<strong>tuo</strong>so, allontanandosi poi verso le scale con la sua attrezzatura.<br />

"PeRché un uomo così pRestante, viRile, disponbile e<br />

sentimentalmente libeRo non vuole fRequentarmi al di fuoRi di questa<br />

cameRa da <strong>letto</strong>?" si domandava scoraggiata stando seduta <strong>sul</strong> bordo<br />

del materasso tra le coperte sfatte. 7 “r” tristi e scorate. Il tormento di<br />

quei pensieri, che da qualche tempo si ripetevano ossessivi nella sua<br />

mente di donna esteticamente imperfetta, ma nonostante ciò<br />

sessualmente appagata, giunse <strong>ad</strong> una conclusione. Anzi, due: o<br />

Roberto non era sentimentalmente libero, o si vergognava di farsi<br />

vedere con lei.<br />

La prima, anche se imbarazzante, avrebbe potuto accettarla senza<br />

grossi sforzi, perché avrebbe dato una spiegazione logica a quel<br />

comportamento. Ma la seconda la turbava profondamente. “rrrrr”, le 5<br />

“r” del post Roberto, unite alla “s” di solitud<strong>in</strong>e e alle aggettivazioni delle<br />

lettere di cacca la facevano sentire come il suo più frequente<br />

<strong>in</strong>tercalare, una “meRda!”. Per questo, per poter vivere lontana da certi<br />

dubbi e fastidiose angosce, e cont<strong>in</strong>uare a vivere almeno<br />

spregiudicatamente quella relazione, si conv<strong>in</strong>se di seguirlo per darsi<br />

una risposta.<br />

E quando una sera lo vide entrare completamente vestito di pelle<br />

nera borchiata dall'entrata di servizio del "Twiggy only men's cafè" fu<br />

come risvegliarsi da un sonno senza nemmeno rendersi conto di aver<br />

dormito.<br />

“rrrrr”, “rrrrr”, “rrrrr”…


FRANCESCA ALOISI<br />

L’unica femm<strong>in</strong>a della mia vita<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia. In realtà non si trattava proprio<br />

di un difetto, era una specie di distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong><br />

cui pronunciava la “r”. Non era moscia alla francese, né tanto meno una<br />

evve di sapore <strong>in</strong>tellettuale; Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella<br />

consonante f<strong>in</strong>o a farla diventare tagliente; una “r” affilata che dava<br />

ancor più enfasi alle sue sfuriate, quando si arrabbiava. E Brigida si<br />

arrabbiava spesso.<br />

Un giorno Celest<strong>in</strong>e, la signora congolese che ogni tanto dava una<br />

mano <strong>in</strong> casa, pregò i miei di tenergliela per qualche ora, ma non la<br />

videro più. Mia m<strong>ad</strong>re si recò dai carab<strong>in</strong>ieri, dicendo che doveva<br />

<strong>esser</strong>e successo qualcosa di grave alla mamma di Brigida visto che non<br />

era tornata a prenderla. Ci misero mezz’ora per comprendere che<br />

Brigida era un psittacus erithacus erithacus: 35 cm di pappagalla<br />

africana mooolto arrabbiata.<br />

Vissero <strong>in</strong>sieme per molti anni e la pennuta imparò <strong>ad</strong> imprecare <strong>in</strong><br />

italiano e ben presto diventò l’unica espressione tollerabile dell’<strong>in</strong>cazzo<br />

di entrambi: un tormento per mio p<strong>ad</strong>re ed una figlia per mia m<strong>ad</strong>re.<br />

Nell’arco di un mese i miei morirono uno dopo l’altro. Non ero pronto<br />

per questo, ma forse non lo sarei mai stato, e <strong>ad</strong>esso Brigida era mia,<br />

<strong>in</strong>sieme alla casa di via Ponte Buco ed alla Mor<strong>in</strong>i d’epoca.<br />

Ho ancora negli occhi l’immag<strong>in</strong>e di voi che pranzate sotto la f<strong>in</strong>estra<br />

della cuc<strong>in</strong>a <strong>in</strong> una fredda giornata di sole. Febbraio. Ad aprile sareste<br />

morti entrambi. Brigida stava libera <strong>sul</strong> trespolo: “Porrrca puttana, P<strong>in</strong>a,<br />

dove m<strong>in</strong>chia l’hai messo?” gridava <strong>in</strong> cerca di un altro pezzetto di mela<br />

e mia m<strong>ad</strong>re, gonfia di cortisone e quasi calva per via della chemio, le<br />

sorrideva divertita, per un attimo dimentica di tutto, mentre mio p<strong>ad</strong>re,<br />

Vittorio, alzando le braccia al cielo se la prendeva con tutti i santi<br />

sfogandosi così del dest<strong>in</strong>o cattivo che la vita gli aveva riservato, ma<br />

soprattutto <strong>in</strong>veiva contro quella donna nera come il carbone che gli<br />

aveva fatto quel bel regal<strong>in</strong>o.<br />

Mia m<strong>ad</strong>re era stata un donna bellissima. Apparentemente piccola,<br />

delicata, timida, mal<strong>in</strong>conica - la sosia di Audrey Hepburn – ma <strong>in</strong><br />

realtà dura, spigolosa e sospettosa come un gatto randagio ferito.<br />

Negli ultimi giorni di vita ho ricercato nei l<strong>in</strong>eamenti sconvolti i tratti<br />

che avevo tanto odiato <strong>in</strong>travvedendo nel piglio con cui mi chiedevi la


p<strong>ad</strong>ella l’autorità che imponevi <strong>sul</strong>le mie scelte di <strong>ad</strong>olescente <strong>in</strong> lotta: il<br />

battere imperioso delle tue ciabatte <strong>sul</strong> marmo del corridoio erano come<br />

l’allarme di un imm<strong>in</strong>ente bombardamento aereo. Tanto eri assillante tu,<br />

tanto era assente lui, perso nel suo amore per te. Solo questo gli<br />

importava. Io altro non ero che una gran rottura di balle. Mentre lei era il<br />

sole, il sale, l’acqua e il fuoco. E ti <strong>in</strong>cazzavi. Eri sempre <strong>in</strong>cazzato per<br />

qualcosa. All’improvviso ti <strong>in</strong>fiammavi e ciao. Non capivi più niente.<br />

Per un certo periodo ho cercato di defilarmi, di stare dentro <strong>ad</strong> una<br />

sudata corazza di libri e pan<strong>in</strong>i alla nutella, poi ho capito di stare<br />

affondando e mi sono attaccato al cazzo, nel vero senso della parola,<br />

f<strong>in</strong>o a quando uno che sembrava quasi da niente mi ha lasciato senza<br />

nemmeno un chiarimento a parte un secco : “Mi piace un altro”.<br />

E’ stato terribile. Pensavo di fare delle cose da matto, tipo filmarmi<br />

mentre mi buttavo giù – nudo - dagli As<strong>in</strong>elli.<br />

Devo dire che ho sempre avuto la sensazione che mia m<strong>ad</strong>re<br />

sopportasse a malapena suo marito, Vittorio; che tutto quell’amore<br />

<strong>in</strong>fiammabile non la facesse stare bene. Infatti una volta ho sentito mio<br />

p<strong>ad</strong>re che le chiedeva: “P<strong>in</strong>a, ma tu mi ami?”.<br />

E mia m<strong>ad</strong>re non ha mai risposto. Mai.<br />

C’è da dire che lei dell’amore ha sempre avuto paura, come ha<br />

sempre avuto paura della vita che ha cercato di <strong>ad</strong>dormentare<br />

<strong>in</strong>ghiottendo ogni sera per anni i sedativi che l’hanno ammazzata<br />

anzitempo. E’ che aveva dei ricordi che non le piacevano. Suo p<strong>ad</strong>re,<br />

Giovanni Battista, non era stato un brav’uomo. Con lei non si era<br />

comportato bene, ma queste sono cose che non si possono dire. Sono<br />

segreti che io non dovrei sapere; se non fosse che anche io ho<br />

conosciuto mio nonno, un uomo spesso <strong>in</strong> mutande che odorava di<br />

umidità di lumache. E’ morto anziano e per le conseguenze dovute <strong>ad</strong><br />

un pestaggio: pare che pagasse le ragazze drogate <strong>in</strong> cambio di<br />

prestazioni sessuali. Una f<strong>in</strong>e che mia m<strong>ad</strong>re non ha mai voluto<br />

accettare. Anche oggi mi direbbe, credendoci, che il poveretto è morto<br />

perché prendeva troppe medic<strong>in</strong>e.<br />

Ed eccoci qua, Brigida coda rossa, l’unica femm<strong>in</strong>a – viva - della mia<br />

vita. Ho deciso di farti uscire dalla gabbia e poi anche dalla f<strong>in</strong>estra.<br />

Sarai tu a decidere.<br />

“Cazzo Vittorio, chiudi la porrrta”.<br />

La porta deve rimane aperta Brigida. Puoi uscire.<br />

Ti aggiri <strong>sul</strong> divano brontolando m<strong>in</strong>chia m<strong>in</strong>chia. Una brezza gentile<br />

ti arruffa le penne color della cenere. Ti sei accorta che la f<strong>in</strong>estra è<br />

spalancata.


“Cazzo Vittorio, chiudi la porrrta”. Mi guardi. Giri la testa da un lato, ti<br />

arruffi tutta e spicchi il volo. Verso la gabbia. La libertà non ti <strong>in</strong>teressa<br />

più.<br />

C’è stato un periodo della mia vita, <strong>in</strong>torno ai 16 anni, <strong>in</strong> cui ho<br />

sofferto di epilessia. Prendevo tranquillanti e facevo<br />

elettroencefalogrammi. Tutti mi guardavano con commiserazione ed io<br />

non capivo. Non ricordavo di stare male come non lo ricordo ora. Un<br />

giorno uno dei miei amanti mi accompagnò a fare un controllo. Era<br />

molto premuroso ed agitato. Ci baciammo appassionatamente <strong>in</strong> sala<br />

d’attesa.<br />

Sciogliendo l’abbraccio scorsi un angolo di giacca grigia sparire giù<br />

per le scale: era Vittorio. Avrebbe dovuto farmi una sorpresa,<br />

sicuramente mandato da mamma. Vomitai per tutto il giorno.<br />

Ancora oggi si aggira dolorante nel mio petto lo sguardo sfuggente<br />

che gli <strong>in</strong>contrai quella sera. Non disse una parola <strong>sul</strong>l’argomento, però<br />

da quel giorno ogni volta che doveva <strong>in</strong><strong>sul</strong>tare qualcuno, all’epiteto<br />

“idiotta” sostituì il più ricercato “busone <strong>in</strong>tercoolerrr” mentre P<strong>in</strong>a restò<br />

rossa <strong>in</strong> viso per tre giorni, s<strong>in</strong>tomo del tentativo di <strong>in</strong>canalare<br />

un’eruzione vulcanica dentro la grondaia della casetta per gli attrezzi.<br />

Non mi guardò negli occhi per mesi, e poi - come per tutte le cose<br />

della sua vita – dimenticò a tal punto che un giorno mi chiese quando<br />

le avrei fatto dei nipot<strong>in</strong>i…<br />

siamo stati <strong>in</strong>sieme per anni senza mai <strong>in</strong>contrarci, scannarci,<br />

abbracciarci.<br />

La pennuta vi chiama <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>uazione e la mia casa risuona di grida,<br />

parolacce e <strong>in</strong><strong>sul</strong>ti. Brigida si arrabbia anche di notte.<br />

“P<strong>in</strong>a dove cazzo sei?”. Grida, sotto al telo scuro.<br />

E allora arrivano i fantasmi nei loro teli trasparenti come lacrime. Ed i<br />

ricordi si mescolano ai desideri che non si sono avverati ed alle parole<br />

che non sono state pronunciate se non a metà, se non per caso o per<br />

rabbia.<br />

I fantasmi sono la mancanza che la morte non cambia: aprendo la<br />

porta vi troverò li a soffrire ed a litigare <strong>in</strong> eterno, seduti a tavola, a<br />

pranzo e a cena.<br />

Vi ho amato come voi non saprete mai.


SALVATORE LEONARDI<br />

Un amore di pappagallo<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia. In realtà non si trattava proprio<br />

di un difetto, era una specie di distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong><br />

cui pronunciava la “r”. Non era moscia alla francese, né tanto meno una<br />

"evve" di sapore <strong>in</strong>tellettuale; Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella<br />

consonante f<strong>in</strong>o a farla diventare tagliente; una “r” affilata che dava<br />

ancor più enfasi alle sue sfuriate, quando si arrabbiava.<br />

E Brigida si arrabbiava spesso...si arrabbiava con tutti, ma proprio<br />

con tutti, persone, animali, vegetali e m<strong>in</strong>erali. Solo Crocco era immune<br />

dalle sue scenate. Con lui Brigida aveva un atteggiamento mansueto,<br />

straord<strong>in</strong>ariamente arrendevole, al limite del servilismo.<br />

Crocco era un pappagallo cener<strong>in</strong>o, grigio nelle piume e ancor più<br />

scuro nell’anima. L’ho odiato da subito. Il suo sport preferito era quello<br />

di prendersi gioco di me. Gridava a squarciagola nei momenti meno<br />

opportuni. Non appena accennavo una carezza, oppure mi avvic<strong>in</strong>avo a<br />

Brigida per baciarla, quello stramaledettissimo pennuto com<strong>in</strong>ciava a<br />

gracchiare a perdifiato: "ferrr..rmo farrr...rabutto".<br />

Il suono della "r" che fuoriusciva da quel becco impert<strong>in</strong>ente era<br />

<strong>in</strong>credibilmente simile all’<strong>in</strong>tonazione della sua p<strong>ad</strong>rona e mi conv<strong>in</strong>si<br />

decisamente che il difetto di pronuncia di Brigida non fosse congenito<br />

ma da lei acquisito a seguito di quella stramba convivenza ornitologica.<br />

Crocco le fu regalato tre anni fa da un imprenditore del Congo,<br />

trapiantato <strong>in</strong> Italia, <strong>in</strong>vischiato <strong>in</strong> una squallida storia di riciclaggio di<br />

denaro proveniente da affari illeciti. Brigida Miano, pr<strong>in</strong>cipessa del foro<br />

milanese, era riuscita <strong>ad</strong> ottenere per il suo assistito una pena ridicola:<br />

un risarcimento da 4000 euro, 3 giorni di galera e 2 mesetti scarsi di<br />

arresti domiciliari.<br />

Quel tipo, oltre a sborsare una parcella certamente più profumata di<br />

un ettolitro di Chanel n. 5, pensò bene di donare a Brigida quella specie<br />

di uccellaccio <strong>in</strong>fernale.<br />

Io, <strong>in</strong>vece, feci la conoscenza di Brigida circa un anno e mezzo fa. Il<br />

Cavalier Poretti, gestore del ristorante per cui lavoro, <strong>in</strong> quel periodo<br />

aveva bisogno di un buon avvocato per dirimere una questione relativa<br />

all'area di parcheggio a servizio del locale che, a detta degli abitanti<br />

dell'isolato, sottraeva illegalmente i posti auto che avrebbero dovuto<br />

<strong>esser</strong>e disponibili per la collettività.


Il vecchio Giammaria Poretti, con una fama, ormai sepolta dagli anni,<br />

di viveur e amante delle belle donne, pretese da Brigida <strong>in</strong>contri a ora di<br />

pranzo, <strong>in</strong> modo da pavoneggiarsi, nel suo ristorante, <strong>in</strong> compagnia di<br />

una ragazza così attraente.<br />

E Brigida era non solo una donna bellissima, ma anche dotata di uno<br />

charme formidabile. Poco più che trentenne, alta più di un metro e<br />

settanta, carnagione chiara, longil<strong>in</strong>ea, capelli biondi, occhi cerulei.<br />

Quando la vidi al ristorante la prima volta, ne rimasi <strong>in</strong>cantato.<br />

Non è raro vedere al Poretti Restaurant, donne esteticamente<br />

perfette. Il "Poretti" è uno dei locali preferiti da uom<strong>in</strong>i e donne del<br />

mondo dello spettacolo e dalla gente bene, o presunta tale, della<br />

borghesia milanese. Io lavoro lì già da 7 anni e, tutte le volte che decido<br />

di abbandonare i colori e gli odori della mia cuc<strong>in</strong>a per recarmi <strong>in</strong> sala<br />

<strong>ad</strong> osservare gli umori dei clienti che si cibano delle mie creazioni<br />

cul<strong>in</strong>arie, non disdegno mai di lustrarmi gli occhi alla vista di femm<strong>in</strong>e<br />

da mille e una notte.<br />

Brigida, però, aveva qualcosa di speciale che andava ben al di là<br />

dell'aspetto esteriore. Questo "qualcosa" si <strong>in</strong>s<strong>in</strong>uò nella mia mente e<br />

nel mio corpo, quando la sentii parlare. Una voce su<strong>ad</strong>ente, condita da<br />

quella "erre" che, con un'abilità tutta femm<strong>in</strong>ile, Brigida utilizzava per<br />

produrre frasi che risuonavano come stilettate, tanto taglienti quanto<br />

ammalianti.<br />

Il momento <strong>in</strong> cui le rivolsi la parola per la prima volta, co<strong>in</strong>cise con la<br />

più classica delle occasioni <strong>in</strong> cui venivo estirpato dalla sede dei miei<br />

prelibati <strong>in</strong>t<strong>in</strong>goli, per <strong>esser</strong>e catapultato <strong>in</strong> sala: una cliente mi voleva<br />

conoscere.<br />

Fu il vecchio Cavalier Giammaria <strong>in</strong> persona a chiamarmi. Me lo<br />

ritrovai alle spalle mentre ero <strong>in</strong>tento a farcire un'anatra selvatica con un<br />

impasto di pane raffermo ammollato, cipolla ed un trito di carne di pollo,<br />

di pancetta e di fegato d’anatra. Mi accorsi della sua presenza solo<br />

perché l'atmosfera odorosa e commestibile della cuc<strong>in</strong>a fu <strong>in</strong>qu<strong>in</strong>ata dal<br />

profumo tipico di quei dopobarba che, pur costando una cifra superiore<br />

a 20 euro, hanno lo stesso effetto nauseabondo di una fogna a cielo<br />

aperto. Quando mi girai, mi trovai davanti il sorriso gaudente della<br />

dentiera del Poretti. Con voce avv<strong>in</strong>azzata e soddisfatta, mi disse:<br />

"Bravo Luca, oggi hai cuc<strong>in</strong>ato da Dio. Vieni fuori, la stangona ti vuole<br />

conoscere".<br />

Lasciai lì la mia anatra, sperando che il dopobarba del vecchiaccio<br />

non le ridesse la vitalità necessaria a scappare via da quel posto<br />

divenuto improvvisamente puzzolente. Mi recai al tavolo di Brigida. La<br />

sentii parlare. Era <strong>in</strong>tenta <strong>in</strong> una discussione con qualche suo cliente.


Fu proprio <strong>in</strong> quell'occasione che la sua voce impregnò <strong>in</strong>timamente la<br />

mia essenza d’uomo. Lei ebbe il buon gusto, non appena si accorse<br />

della mia presenza, di <strong>in</strong>terrompere la telefonata. Fu molto gentile e mi<br />

riempì di apprezzamenti sia <strong>sul</strong> ragù di cernia con cui avevo condito le<br />

l<strong>in</strong>gu<strong>in</strong>e, sia <strong>sul</strong> calamaro ripieno di purè di patate e cacio che le era<br />

stato servito come seconda portata. Io la r<strong>in</strong>graziai proferendo qualche<br />

frase di circostanza e mi ritirai <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a. Con piacere e con una certa<br />

sorpresa mi accorsi che l'anatra era ancora là, accovacciata nella sua<br />

casseruola; l'odore di dopobarba si era dissolto del tutto, la mia psiche<br />

era irrimediabilmente turbata.<br />

Rividi Brigida al ristorante per altre 4 o 5 volte nelle successive 3<br />

settimane. La scena si ripeteva sempre <strong>in</strong> ugual modo: il capo mi<br />

chiamava, lei si complimentava, io la r<strong>in</strong>graziavo e la mia mente andava<br />

<strong>in</strong> tilt come un flipper degli anni '80 del secolo scorso.<br />

Il fatto che, da un certo momento <strong>in</strong> poi, lei non si fece più viva al<br />

ristorante, mi fece dedurre che la con<strong>sul</strong>enza legale per il Cavaliere si<br />

era conclusa. Prima me ne dispiacqui, poi, però, col trascorrere dei<br />

giorni, la mia mente si rassegnò all'idea che non sarebbe più stata<br />

sequestrata da quella donna così attraente e <strong>in</strong>trigante.<br />

Ma il fato volle che io, Luca Lo Presti, affermato cuoco siciliano, e<br />

Brigida Miano, celebrata avvocatessa milanese, ci <strong>in</strong>contrassimo<br />

nuovamente e ci unissimo <strong>in</strong> un tripudio di passione.<br />

Ci scambiammo i numeri di telefon<strong>in</strong>o <strong>in</strong> occasione di un meet<strong>in</strong>g per<br />

togati che si svolse nel comasco, per il quale io ebbi il ruolo di<br />

coord<strong>in</strong>are il cater<strong>in</strong>g per conto del Poretti Restaurant.<br />

Ciò acc<strong>ad</strong>de esattamente un mese dopo l'ultima volta che vidi<br />

Brigida al ristorante. Si <strong>in</strong>nescò una sequenza di approcci e di<br />

frequentazioni talmente rapida da poterla def<strong>in</strong>ire vorticosa.<br />

Nel giro di poco più di due mesi, mi trasferii, armi e bagagli, nel<br />

lussuoso attico di Brigida. Quasi trecento metri qu<strong>ad</strong>rati nei quali prese<br />

forma la strana famigliola costituita da lei, lui (cioè io) e il pappagallo.<br />

Tutto filò liscio per i primi 6 mesi. Poi la vera natura di Brigida si<br />

rivelò <strong>in</strong> tutta la sua iracondia. Ogni occasione era diventata buona per<br />

litigare e quella sua “r” tagliente come una sciabola si abbatteva su di<br />

me con una frequenza sempre maggiore ed io non ero <strong>in</strong> gr<strong>ad</strong>o di<br />

difendermi. Il nostro rapporto com<strong>in</strong>ciò a scricchiolare grazie anche al<br />

determ<strong>in</strong>ante contributo di Crocco. A quell’<strong>in</strong>sopportabile pennuto<br />

Brigida aveva attribuito il secondo posto nella scala dei valori assoluti<br />

da lei assegnati agli abitanti della casa. Al primo posto, ovviamente,<br />

c’era lei, troppo presa dal sua lavoro e dal culto di se stessa. Al terzo<br />

posto, distanziato migliaia di chilometri dal pappagallo c’ero io che, per


Brigida, avevo assunto pian pian<strong>in</strong>o l’<strong>in</strong>estimabile valore di una nullità di<br />

bassa lega.<br />

Lei rientrava a casa quasi sempre dopo di me e, ultimamente, mi<br />

riservava la stessa considerazione di un soprammobile tanto <strong>in</strong>utile,<br />

quanto sgr<strong>ad</strong>ito. Varcata la soglia d’<strong>in</strong>gresso, si dirigeva dritta verso la<br />

voliera per osservare estasiata quel fottuto pappagallo. Gli parlava con<br />

una dolcezza che a me riservò al massimo per tre giorni, all’<strong>in</strong>izio del<br />

nostro rapporto. Non solo. Crocco sembrava risponderle a tono:<br />

“Brrr..rigida, Brrr…rigida, signorrr…ra bella, signorrr..ra buona”. Io,<br />

<strong>in</strong>vece, mi beccavo <strong>in</strong><strong>sul</strong>ti del tipo: “Farrr…rabutto, crr…ret<strong>in</strong>o, scrrr…<br />

roccone”. Negli ultimi giorni, poi, Crocco aveva dato il meglio di sé:<br />

“Strrr…ronzo, merrr…rdoso”.<br />

Ieri matt<strong>in</strong>a, decisi di troncare il mio rapporto con Brigida, ma decisi<br />

di farlo con la classe che mi ha sempre contr<strong>ad</strong>dist<strong>in</strong>to. Noi chef, siamo<br />

uom<strong>in</strong>i raff<strong>in</strong>ati, no? Abbiamo il gusto sopraff<strong>in</strong>o e il palato ipersensibile.<br />

Niente di strano che anche il nostro modo di fare sia garbato<br />

e <strong>in</strong>triso di uno stile e di una grazia fuori dal comune.<br />

Brigida rimase stupita e percettibilmente <strong>in</strong>fastidita quando le dissi<br />

che quella sera avremmo cenato nel ristorante dove lavoravo e dove<br />

c’eravamo visti la prima volta. Ieri era il mio giorno libero e le promisi<br />

che avremmo cenato <strong>in</strong> un tavolo appartato tutto per noi. Lì le avrei fatto<br />

una sorpresa .…. una grossa sorpresa.<br />

E non era davvero una grossa sorpresa la mia dichiarazione, a f<strong>in</strong>e<br />

cena, che la lasciavo per sempre e che avevo già <strong>in</strong> macch<strong>in</strong>a le valigie<br />

con la mia roba?<br />

Lei mi guardò esterrefatta e, per la prima volta da quando la conobbi,<br />

non fiatò. Si <strong>in</strong>filò il soprabito, sollevò dalla sedia la borsa da lavoro con<br />

la quale era venuta al ristorante direttamente dal suo ufficio legale e<br />

uscì.<br />

Eppure Brigida era stata loquace durante la cena e aveva dimostrato<br />

di apprezzare molto il risotto alla boscaiola e, soprattutto, il piccione<br />

ripieno con crema di funghi e carciofi che le avevo fatto preparare<br />

appositamente.<br />

Il piccione ripieno era proprio la mia specialità e, quella sera, mi ero<br />

permesso di sperimentarne una variante prelibata. Una variante<br />

talmente speciale che, qualche ora prima, mi aveva <strong>ad</strong>dirittura parlato,<br />

dicendomi: “Farrr…rabutto, strrr…ronzo, merrr…rdoso”.


COSETTA COTONI<br />

Verde, bianco ed un legger rosso riverbero<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia.<br />

In realtà non si trattava proprio di un difetto, era una specie di<br />

distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong> cui pronunciava la “r”. Non era<br />

moscia alla francese, né tanto meno una evve di sapore <strong>in</strong>tellettuale;<br />

Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella consonante f<strong>in</strong>o a farla diventare<br />

tagliente; una “r” affilata che dava ancor più enfasi alle sue sfuriate,<br />

quando si arrabbiava. E Brigida si arrabbiava spesso. Come acc<strong>ad</strong>de<br />

quel pomeriggio quando suonò il telefono e lei era appena entrata sotto<br />

la doccia.<br />

L’acqua bella calda aveva f<strong>in</strong>almente com<strong>in</strong>ciato a scendere dopo<br />

<strong>esser</strong>si fatta attendere a lungo. Con una certa <strong>in</strong>fantile impazienza<br />

Brigida com<strong>in</strong>ciò <strong>ad</strong> <strong>in</strong>umidirsi i lunghi capelli e a frizionarli con un lento<br />

massaggio, ma guai <strong>ad</strong> aprire gli occhi tenuti ben strizzati perché<br />

l’essenza di menta piperita avrebbe dato il via <strong>ad</strong> una lacrimazione ben<br />

più copiosa di quella che le capitava quando si metteva a cuc<strong>in</strong>are<br />

<strong>in</strong>fervorata il gulash con paprika e cipolla.<br />

Accecata e <strong>in</strong>saponata, trovò a tentoni i rub<strong>in</strong>etti. Il gorgoglio<br />

s’<strong>in</strong>terruppe e il dolce tepore vaporoso lasciò quasi immediatamente il<br />

posto <strong>ad</strong> un brivido freddo che le percorse la schiena partendo dalla<br />

nuca e arrivando giù giù f<strong>in</strong>o ai piedi, il che <strong>in</strong>nescò un pronto<br />

arrotamento di quella erre mentre profferiva <strong>in</strong> malo modo un<br />

“povcaccia la misevia” rivolto al trillo che cont<strong>in</strong>uava <strong>in</strong>sistente al di là<br />

del muro. Se non fosse che stava aspettando quella benedetta<br />

telefonata già da due settimane non avrebbe nemmeno osato pensare<br />

di <strong>in</strong>terrompere quello che stava facendo, ma ora doveva<br />

assolutamente andare di là e rispondere. Era veramente troppo<br />

importante per lei.<br />

Sul pavimento, <strong>in</strong>sieme ai piccoli laghetti, ora anche l’asciugamano<br />

scivolato giù nel breve tragitto fatto di corsa, un “pvonto chi pavla”<br />

affannato e quasi urlato dentro alla cornetta su cui si era fiondata<br />

scivolando, la pelle d’oca che non aveva risparmiato un centimetro del<br />

suo corpo. E dall’altra parte del filo il miagolio mieloso di una donna che<br />

con forte accento <strong>in</strong>glese le stava chiedendo di Roberto.<br />

“Roberto”? - ripetè tra sé Brigida - “ma Roberto chi”? Pensò tra sè. E<br />

lì per lì ebbe un attimo di esitazione che però fu prontamente <strong>in</strong>calzato


dalla donna che, metà <strong>in</strong> <strong>in</strong>glese e metà <strong>in</strong> italiano, <strong>in</strong>sisteva nella sua<br />

richiesta: “Roberto, Roberto, sei tu Roberto”?<br />

“No, guavdi, qui non c’è nessun Vobevto, mi capisce”? “I have not<br />

Vobevto heve”!! strillò Brigida pronta alla battaglia perché la pazienza<br />

già sgocciolava come l’acqua che le correva giù per le gambe. Irritata,<br />

<strong>in</strong>freddolita, con la testa ricoperta dalla schiumetta verd<strong>in</strong>a che si stava<br />

rapprendendo, Brigida pensò che no, non ne aveva proprio voglia di<br />

mettersi a discutere con questa tonta d’<strong>in</strong>glese. Ma la tizia al telefono,<br />

ora agitata pure lei, le <strong>in</strong>timava ost<strong>in</strong>atamene di farla parlare col “suo<br />

Roberto”.<br />

Brigida ammutolì rassegnata, schiaffò giù la cornetta tra gli improperi<br />

e fece per tornarsene di corsa al calduccio nella doccia, maledicendo<br />

tra sé a colpi di erre rotante e saettante quella rompiscatole.<br />

Solo che immediatamente dopo il telefono si rimise a squillare e lo<br />

fece per ben altre sette volte quel pomeriggio. Era sempre lei, l’<strong>in</strong>glese,<br />

che s<strong>in</strong>ghiozzando e tirando malamente sù col naso ripeteva per<br />

l’ennesima volta <strong>ad</strong> una Brigida allibita e furiosa che quel numero no,<br />

non era sbagliato, e che lei sapeva sicuramente che era esatto, e che<br />

era stato memorizzato già da mesi <strong>sul</strong> suo cellulare, e che era il numero<br />

di casa di Roberto, e che lui era il suo fidanzato italiano, e che questa<br />

era la prova certa che Brigida era la sua amante che rispondeva al<br />

telefono di casa sua. Fu così che alla settima telefonata Brigida valutò<br />

che le lame erano già state affilate a sufficienza.<br />

Dopo una notte alquanto agitata, la matt<strong>in</strong>a dopo <strong>sul</strong> tardi il telefonò<br />

tornò a squillare e Brigida, che aveva appena f<strong>in</strong>ito di ridacchiare tra se<br />

e sé ripensando a come si era liberata di quella gatta <strong>in</strong>glese dalla<br />

voc<strong>in</strong>a irritante, che tra i s<strong>in</strong>ghiozzi era stata capace d’imbastire tutto un<br />

romanzo su un banale contatto nelle l<strong>in</strong>ee telefoniche, si disse<br />

f<strong>in</strong>almente che questa era la volta buona, ecco qui la telefonata che<br />

tanto aspettava. Respirò a fondo prima di rispondere e quando prese il<br />

ricevitore era calma e ben disposta, fiduciosa che f<strong>in</strong>almente avrebbe<br />

ottenuto quel colloquio all’estero che aspettava da una vita.<br />

Al telefono <strong>in</strong>vece irruppe la voce di un tizio dal tono irritato che si<br />

presentò come Roberto Guerrieri e che, passando subito al dunque,<br />

<strong>in</strong>sisteva <strong>ad</strong> <strong>in</strong>terrogarla per sapere come mai lei ora stava rispondendo<br />

proprio a quel numero di telefono, dato che lui poteva dimostrare, carte<br />

alla mano, che già da anni era il suo. Seguì un attimo di silenzio foriero<br />

di tempesta poi, nei m<strong>in</strong>uti seguenti, fu necessario per entrambi<br />

cimentarsi <strong>in</strong> un funambolesco esercizio di pazienza e la delicata<br />

questione si trasc<strong>in</strong>ò per un bel pezzo. Alternando via via dubbi legittimi<br />

e reciproche accuse f<strong>in</strong>irono per <strong>ad</strong>dossare tutta la colpa alla


compagnia telefonica, che senza ombra di dubbio aveva fatto un<br />

grossolano errore durante l’attivazione dei numeri di telefono <strong>in</strong> seguito<br />

a quell’offerta commerciale vantaggiosissima cui avevano <strong>ad</strong>erito<br />

entrambi poche settimane prima <strong>in</strong> quella stessa zona della città.<br />

Due vic<strong>in</strong>i di casa nello stesso quartiere che ora si spartivano tra loro<br />

lo stesso identico numero di telefono e il che, a detta di lui, aveva dato il<br />

colpo di grazia def<strong>in</strong>itivo alla sua già traballante relazione con la l<strong>ad</strong>y<br />

<strong>in</strong>glese, che si era proprio tanto tanto arrabbiata e che aveva<br />

approfittato del momento critico per dire <strong>ad</strong>dio senza rimpianti al<br />

fidanzato, mentre Brigida ora non poteva sapere se il suo<br />

corrispondente <strong>in</strong> Francia avesse già tentato di contattarla e quando.<br />

Stremati come due reduci da un naufragio decisero di darsi un<br />

appuntamento per tentare di risolvere la questione tra di loro senza<br />

ulteriori danni e cercare una veloce soluzione a quell’assurda<br />

situazione.<br />

«Vous êtes fou!» le gridò dietro il tassista <strong>in</strong> un dispettoso francese<br />

al term<strong>in</strong>e della baruffa verbale dove Brigida, un piede dentro ed uno<br />

fuori dallo sportello aperto, si ost<strong>in</strong>ava a contestare il tassametro a suo<br />

dire manomesso, che lampeggiava una cifra a dir poco vergognosa<br />

considerato il brevissimo tragitto percorso.<br />

E lei giù a profferire apprezzamenti sarcastici rivolti all’autista, un<br />

uomo <strong>sul</strong>la c<strong>in</strong>quant<strong>in</strong>a, profumato ed accuratamente pett<strong>in</strong>ato, pieno di<br />

sfacciati bracciali d’oro ai polsi, che ribatteva <strong>in</strong>viperito alle accuse che<br />

gli arrivavano da quella specie di furetto rosso che si ritrovava a bordo.<br />

E lui nemmeno si voltava, ma ribatteva sprezzante dallo specchietto<br />

retrovisore dove il suo viso si distorceva come quello di un grottesco<br />

pierrot.<br />

Lei f<strong>in</strong>almente scese sbuffando e imprecando a denti stretti. Lanciò<br />

con stizza <strong>sul</strong> sedile il denaro reclamato , sbatté forte lo sportello e si<br />

avviò a passo di marcia verso il suo prossimo obiettivo, che non era<br />

molto distante e che non le avrebbe certamente consentito di sbollire la<br />

rabbia <strong>in</strong> tempi accettabili.<br />

Oddio, come fare ora, nella foga si era tutta accaldata, con le gote<br />

rossissime e con piccole gocce di sudore che scivolavano <strong>sul</strong>la fronte,<br />

pronte a lanciarsi coraggiose senza parac<strong>ad</strong>ute nell’abisso che si apriva<br />

più <strong>in</strong> basso. Non aveva sudato tanto nemmeno litigando al telefono<br />

con il call center la settimana prima, quando, <strong>ad</strong> un cortese ma<br />

eludente operatore aveva bellamente promesso di riempire la faccia di<br />

schiaffi se non le avesse risolto immediatamente quel gran pasticcio del<br />

numero di telefono, già spiegato e rispiegato <strong>in</strong>vano <strong>ad</strong> almeno una<br />

mezza dozz<strong>in</strong>a di operatori prima di lui. E ora nemmeno il fazzolett<strong>in</strong>o


profumato, pescato <strong>in</strong> fretta furia dentro al caos della borsetta riusciva<br />

nell’<strong>in</strong>tento di far tornare pallido quel viso e allora pazienza, pensò lei,<br />

se qui mi vogliono mi prendono come sono altrimenti io me ne torno a<br />

casa e peggio per loro.<br />

I tacchi affusolati picchiettavano impazienti <strong>sul</strong> selciato mentre si<br />

tuffavano sui gr<strong>ad</strong><strong>in</strong>i dell’ampia scal<strong>in</strong>ata. Brigida guardò <strong>in</strong> tralice<br />

l’agente di sicurezza, che dalla sua posizione privilegiata aveva<br />

assistito a tutta la scenetta e dopo lo sconcerto <strong>in</strong>iziale ora soffocava un<br />

sorris<strong>in</strong>o impert<strong>in</strong>ente che però rientrò lestamente dietro al sipario<br />

bianco quando i suoi occhi <strong>in</strong>crociarono <strong>in</strong> rapido avvic<strong>in</strong>amento quel<br />

lampo verde acqua che fiammeggiava ancora. Una leggera scia<br />

profumata di menta rimase sospesa per un attimo nel grandissimo<br />

atrio, illum<strong>in</strong>ato a giorno da tante piccole luci alogene ma silenzioso e<br />

vuoto come quello di un convento.<br />

Si scivolava e tanto, su quei pavimenti di marmo cremisi lucidissimo,<br />

e lei dovette suo malgr<strong>ad</strong>o rallentare il passo, riuscendo così a<br />

riprendere la sua calma, str<strong>in</strong>gendo più forte a sé la valigetta e stirando<br />

sui fianchi col palmo della mano sudata la giacchetta un po’<br />

stropicciata. L’<strong>ad</strong>detta all’accettazione le consegnò la t<strong>esser</strong>a<br />

magnetica di accesso dopo aver controllato <strong>sul</strong> monitor le<br />

autorizzazioni pervenute della direzione centrale.<br />

Aspettò il suo ascensore. Mentre saliva ripassava mentalmente le<br />

complicate formule chimiche che le mul<strong>in</strong>avano <strong>in</strong> testa ma da lì a<br />

pochissimo dovette <strong>in</strong>terrompersi quando un fruscio soffocato le<br />

annunciò che le porte si stavano aprendo <strong>sul</strong>la sala d’aspetto del<br />

ventesimo piano dove già la stava aspettando il direttore della ricerca<br />

scientifica col quale le era stato fissato l’<strong>in</strong>contro per quel pomeriggio.<br />

Era stata puntuale nonostante quel gran antipatico di tassista, che<br />

aveva guidato come una lumaca contribuendo così a stuzzicare ancor<br />

di più la smania impaziente della sua cliente.<br />

L’uomo, <strong>in</strong> elegante doppio petto grigio, le tese la mano guardandola<br />

attento, cercando forse di decifrare nel più breve tempo possibile quella<br />

donna sorprendente che si ritrovava davanti e che aveva i capelli<br />

ramati uguali a quelli delle donne <strong>sul</strong>le tele del Rossetti.<br />

Lui forse poteva immag<strong>in</strong>are ma chissà f<strong>in</strong>o a che punto che lei,<br />

dopo egregi studi universitari e lunghe notti <strong>in</strong>sonni trascorse a lavorare<br />

per completare quelle formule su cui pochissimi avevano scommesso,<br />

negli ultimi tre anni aveva mac<strong>in</strong>ato chilometri e chilometri per arrivare a


ussare alle porte delle maggiori aziende italiane, per confrontarsi con<br />

general manager e amm<strong>in</strong>istratori delegati tutti appesi a nodi scorsoi di<br />

rigidissime promesse di f<strong>in</strong>anziamento che veleggiavano al largo senza<br />

mai toccare terra, per scontrarsi con un mondo totalmente estraneo<br />

all’<strong>in</strong>novazione. E che sempre lei, ost<strong>in</strong>ata e arrabbiata, era andata<br />

avanti a testa alta. Sapeva che prima o poi la sua str<strong>ad</strong>a avrebbe<br />

dovuto prendere altre direzioni, fuori dai conf<strong>in</strong>i del suo paese, così<br />

come avveniva per la maggior parte dei ricercatori della sua<br />

generazione.<br />

Lo sguardo di entrambi f<strong>in</strong>ì per posarsi <strong>in</strong> contemporanea <strong>sul</strong>la<br />

valigetta stracolma di documenti, dove da lì a poco uscirono pile di fogli<br />

e grafici che Brigida distribuì rapida <strong>sul</strong> grande tavolo riunioni, davanti<br />

<strong>ad</strong> una dec<strong>in</strong>a di con<strong>sul</strong>enti <strong>in</strong> attesa.<br />

L’<strong>in</strong>contro durò più di c<strong>in</strong>que ore, senza nemmeno una pausa.<br />

Intorno al grande tavolo s’<strong>in</strong>anellavano fitte discussioni tecniche,<br />

<strong>in</strong>terrotte solo di tanto <strong>in</strong> tanto dal via vai del segretario sorridente,<br />

solerte a distribuire <strong>ad</strong> ognuno acqua e caffè.<br />

Quando molto più tardi le porte dell’ascensore si riaprirono a piano<br />

terra e Brigida si affacciò <strong>sul</strong> grande atrio, era già buio. Una fame<br />

feroce la stava assalendo mentre fuori i rumori della città pian piano si<br />

smorzavano. Lassù, nell’ufficio al ventesimo piano, la luce era ancora<br />

accesa e vi sarebbe rimasta per tutta la notte e anche per tante lunghe<br />

notti successive.<br />

A sette anni di distanza da quel caldo pomeriggio la sua pronuncia<br />

era notevolmente migliorata e la “evve” aveva f<strong>in</strong>almente trovato una<br />

giusta collocazione, mettendo su casa e arrotandosi ancora di più,<br />

complice la lettura delle complicate relazioni durante quei convegni<br />

dove Brigida illustrava e discuteva con altri <strong>in</strong>gegneri <strong>in</strong>novatori i suoi<br />

brevetti applicati all’<strong>in</strong>dustria aerospaziale, la prima promotrice e<br />

f<strong>in</strong>anziatrice degli studi <strong>sul</strong>le nanotecnologie. Quando si trovava <strong>in</strong><br />

Francia e non era chiusa nei laboratori chimici, dal suo ufficio lassù <strong>in</strong><br />

alto li poteva vedere decollare quegli aerei super tecnologici e ogni volta<br />

si chiedeva se fossero diretti <strong>in</strong> Italia o <strong>in</strong> quale altro angolo del pianeta.<br />

Si era fatto tardi anche quel giorno, era un po' stanca e <strong>in</strong> più era già<br />

ora di cena.<br />

Si collegò <strong>in</strong> chat e vide con piacere che il suo contatto era già <strong>in</strong><br />

l<strong>in</strong>ea. Iniziò a scrivere mentre str<strong>in</strong>geva un poco gli occhi alla luce del<br />

sole che tramontava dietro le ampie vetrate. In chat la sua erre poteva


f<strong>in</strong>almente esprimersi pacatamente, anzi, poteva anche non <strong>esser</strong>ci,<br />

non era essenziale e nessuno le avrebbe mai fatto pesare questa<br />

grande assenza.<br />

“C’è lì il mio fidanzato”? scrisse rapida;<br />

“No, non c’è” le rispose prontamente la matit<strong>in</strong>a;<br />

“Qu<strong>in</strong>di tu…tu, chi sei. Che ci fai a casa sua? ” <strong>in</strong>sistette lei<br />

simulando un faceto disappunto;<br />

“R<strong>in</strong>fodera le tue sp<strong>ad</strong>e dolcezza, il <strong>tuo</strong> nome con me è al sicuro”<br />

rispose subito il misterioso contatto e poi aggiunse “Avrei<br />

un’<strong>in</strong>teressante proposta per te…”<br />

“Dimmi, ti ascolto...” replicò lei.<br />

“Gr<strong>ad</strong>iresti ricevere <strong>in</strong> dote c<strong>in</strong>que dolcissime e tenere letter<strong>in</strong>e?<br />

Avrei qui c<strong>in</strong>que erre molto ben educate che ora sono di mia proprietà<br />

esclusiva ma che volendo....”<br />

Trascorsero alcuni secondi, poi anche alcuni m<strong>in</strong>uti mentre il cursore<br />

attendeva paziente, lampeggiando silenzioso <strong>sul</strong> monitor. Il sole <strong>in</strong>tanto<br />

era quasi del tutto scomparso all’orizzonte.<br />

Di lui restava qua e là solo un leggero rosso riverbero, tenacemente<br />

aggrappato ora un po’ alle nuvole striate ora un po’ alla bianca scia<br />

tratteggiata da un aereo, già da tempo eclissatosi verso sud...<br />

Immobile lì davanti allo schermo, Brigida si figurava quelle c<strong>in</strong>que<br />

consonanti che Roberto portava a spasso dentro al suo nome e<br />

cognome italiano, lucide e accuratamente arrotate che, <strong>in</strong>sieme alle<br />

altre attendevano pazienti il loro turno per farsi sentire.<br />

Dopo tutti quegli anni di tacito sostegno forse anche per loro era<br />

giunto il tempo di lavorare e di metter su casa sebbene, una volta<br />

ancora, tutto ciò avrebbe dovuto compiersi <strong>in</strong> terra straniera.<br />

“Oui, Oui...” fu la sua franca risposta.


MARIA PAOLONI<br />

Capricci di consonante<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia. In realtà non si trattava proprio<br />

di un difetto, era una specie di distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong><br />

cui pronunciava la “r”. Non era moscia alla francese, né tanto meno una<br />

"evve" di sapore <strong>in</strong>tellettuale; Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella<br />

consonante f<strong>in</strong>o a farla diventare tagliente; una “r” affilata che dava<br />

ancor più enfasi alle sue sfuriate, quando si arrabbiava. E Brigida si<br />

arrabbiava spesso...<br />

La nuova Brigida era diventata una sconosciuta, per me. Ma ci<br />

dovevo fare i conti lo stesso: ero il suo migliore amico. Veramente ero<br />

l'unico che avesse e qu<strong>in</strong>di il migliore, ovvio.<br />

Ci eravamo conosciuti alle elementari. Mio p<strong>ad</strong>re, operaio e<br />

orgoglioso d'<strong>esser</strong>lo, ma determ<strong>in</strong>ato a che io non ricalcassi le sue<br />

orme, mi aveva iscritto a una scuola poco <strong>in</strong> là da casa nostra, quel tot<br />

di metri sufficienti perché si fosse <strong>in</strong> zona residenziale e qu<strong>in</strong>di ci<br />

fossero soprattutto figli di papà. Mi sentii subito totalmente fuori posto.<br />

Avrei voluto scappare a gambe levate e correre a casa, a giocare con i<br />

miei amici <strong>sul</strong>la str<strong>ad</strong>a e <strong>ad</strong> andare a scuola con loro, tra figli di operai.<br />

Brigida, membro a pieno titolo dei figli di benestanti, era una<br />

creatur<strong>in</strong>a angelica e commovente nella sua delicatezza. Lei mi guardò,<br />

vide il mio disagio, la mia voglia di scappare e mi trattenne,<br />

prendendomi per mano e non mollandomi più per tutti e c<strong>in</strong>que gli anni<br />

delle elementari. Parlava poco, chiedeva tanto e ascoltava tutto. Aveva<br />

un piccolo vezzo, credo <strong>in</strong>consapevole: la “r” alla francese. I miei amici<br />

di str<strong>ad</strong>a le facevano il verso, io ne ero <strong>in</strong>cantato.<br />

Ci perdemmo di vista alla f<strong>in</strong>e delle elementari. La mandarono <strong>in</strong> un<br />

collegio, i suoi, scontenti della sua con-fusione con me e con gli altri<br />

quattro o c<strong>in</strong>que figli di operai come me. Era proprio una bella confusione<br />

la nostra e i suoi corsero ai ripari.<br />

Non mi scrisse mai, neanche una cartol<strong>in</strong>a e io non sapevo dove<br />

<strong>in</strong>dirizzare una mia lettera. Un po' gliene volli, per quello. E che si fa<br />

così, scusa?! Prima sempre mano nella mano, tanti assagg<strong>in</strong>i di<br />

merende, tante domande <strong>sul</strong>la mia giornata dopo scuola, tanta voglia di<br />

conoscere mia m<strong>ad</strong>re e la mia casa, un silenzio timoroso e pieno di<br />

rispetto di fronte a mio p<strong>ad</strong>re <strong>in</strong> tuta da operaio, sorpresa e piacere<br />

negli occhi di fronte alle quattro cose <strong>in</strong> croce con cui giocavo, fatte <strong>in</strong><br />

casa, tanto dispiacere ogni giorno per non avere il permesso dai suoi di


portarmi a casa sua... E poi era sparita così, come se non fosse mai<br />

esistita. Come se non fossi mai esistito io. Non si fa così, signor<strong>in</strong>a<br />

bella, no. Poi mi ricordavo che le dovevo c<strong>in</strong>que anni della mia vita e<br />

soffrivo la sua mancanza.<br />

Quando ci rivedemmo, eran passati almeno qu<strong>in</strong>dici anni. Feci fatica<br />

a riconoscerla. Dov'era l'angelica creatur<strong>in</strong>a della mia <strong>in</strong>fanzia? Quella<br />

che vedevo arrivare verso di me, con un sorriso spavaldo, era un pugno<br />

nello stomaco, non di quelli che ti fan venire il vomito, però, no. Di quelli<br />

che ti fan venire fame. Uno splendore. Ma troppo diversa dalla Brigida<br />

che mi ero immag<strong>in</strong>ato crescere <strong>in</strong> armonia con tutto quello che aveva<br />

fatto di lei il mio angelo custode. Era come se, dopo aver immag<strong>in</strong>ato<br />

Sandy, quella di Grease, <strong>in</strong> versione timida dolce romantica, mi trovassi<br />

di fronte a Sandy versione pantera, fasciata di nero dal collo ai piedi -<br />

ché i capelli eran rimasti, per fortuna, vecchia maniera, biondi come il<br />

sole - sfrontata ed aggressiva. Ecco. Per <strong>in</strong>tenderci. Brigida non era<br />

fasciata di pelle nera, anzi, era elegantissima e di gran classe, ma non<br />

aveva nulla della delicatezza che m'era rimasta nel cuore.<br />

- Arrigo! - sì, mi chiamo Arrigo. I nostri genitori, <strong>in</strong> quanto a scelta di<br />

nomi per i propri figli, eran stati tutti e quattro di gusti barbari. - Ma che<br />

piacere rivederti! Non credevo di trovarti r<strong>in</strong>tanato ancora da queste<br />

parti. Che mi racconti, allora, Arrigo? -<br />

Quelle qu<strong>in</strong>dici “r” - contate, contate - sembrarono un esercito di<br />

arrot<strong>in</strong>i <strong>in</strong> azione tutti <strong>in</strong>sieme e mi aggredirono lasciandomi tramortito.<br />

Dov'era andata a f<strong>in</strong>ire la sua dolcissima “r” francese? Cosa le avevan<br />

fatto <strong>in</strong> quegli anni per trasformare la sua “r” <strong>in</strong> un'arma impropria per le<br />

orecchie e poi giù giù f<strong>in</strong>o alle budella?<br />

Quella prima volta scappai velocemente, <strong>in</strong>ventando un<br />

appuntamento urgente. Ma la nuova Brigida rimase <strong>in</strong> città, mi scovò e<br />

me la dovetti sorbire, con la sua “r” e le sue sfuriate. C'ero ogni volta<br />

che aveva bisogno di esplodere. Glielo dovevo. Per quei c<strong>in</strong>que anni<br />

delle elementari.<br />

E poi fu lei a farmi <strong>in</strong>contrare la compagna della mia vita.<br />

Elisa - genitori con gusti semplici <strong>in</strong> fatto di nomi, i suoi, per fortuna -<br />

sua amica dalle medie <strong>in</strong> poi, fu felice di passare la palla a me, lei era<br />

arrivata alla frutta, <strong>sul</strong>l'orlo di un esaurimento def<strong>in</strong>itivo. Però ogni tanto<br />

voleva sapere come stesse andando e ci si <strong>in</strong>contrava e si parlava di<br />

Brigida, e ci si <strong>in</strong>contrava ci si <strong>in</strong>contrava, f<strong>in</strong>o a che della nostra amica<br />

si smise di parlare.<br />

Elisa mi raccontò di come la gentilezza, la compostezza, la buona<br />

educazione di Brigida le si fossero rivoltate contro, sistematicamente.


Non aveva imparato a difendersi, non aveva neanche pensato che<br />

potesse averne bisogno, i suoi genitori non gliel'avevano mai <strong>in</strong>segnato.<br />

Quando andò all'università, si trovò con gente di ogni tipo e pensò di<br />

potersi con-fondere, come era stato per noi. Invece le amicizie f<strong>in</strong>ivano<br />

appena f<strong>in</strong>iva la convenienza, i rapporti sentimentali morivano presto<br />

per il suo bisogno di romanticismo, delicatezza, eleganza. Troppo<br />

educata anche nel sesso. Mossa perdente. In ogni lavoro fu scavalcata<br />

da chi si era fatto crescere <strong>in</strong> fretta il pelo <strong>sul</strong>lo stomaco.<br />

Ed era successa allora una cosa <strong>in</strong>attesa, orig<strong>in</strong>ale: <strong>ad</strong> ogni<br />

frustrazione la sua “r” si era <strong>in</strong>durita, affilata f<strong>in</strong>o a diventare così<br />

tagliente, come me la sentii arrivare alle orecchie al nostro primo<br />

re<strong>in</strong>contro. La buona educazione era rimasta, non era mai volgare,<br />

Brigida, sguaiata, le parolacce cont<strong>in</strong>uavano a non far parte del suo<br />

vocabolario. Ma la sua nuova “r” valeva per mille oscenità. E la sua<br />

rabbia aveva tempi sempre più corti per esplodere.<br />

La mia amica non diceva: sono <strong>in</strong>cazzata. Le due “z” le facevano il<br />

solletico e poi non erano f<strong>in</strong>i. Lei diceva: sono arrabbiata! e le due “r” le<br />

davano soddisfazione e rendevano bene l'idea a chiunque.<br />

Aveva fatto carriera, alla f<strong>in</strong>e, Brigida, anche senza il pelo <strong>sul</strong>lo<br />

stomaco. Era temuta e odiata. Pochi apprezzavano la sua <strong>in</strong>tegrità. Lei<br />

diffidava di tutto e di tutti. Subito. Ci salvavamo Elisa ed io, senza<br />

poterci sentire al sicuro più di tanto, <strong>in</strong> realtà, neanche noi. E comunque<br />

per sfogarsi chiamava solo me.<br />

- Arrigo! Per favore, vieni qua? Arriva subito, ti prego! Non farmi<br />

aspettare, non resisto, sto troppo male, troppo! -<br />

Se si lasciava andare al telefono, ero salvo, mi mettevo i tappi alle<br />

orecchie e ascoltavo il suo sfogo attutito, lontano, quasi una musica un<br />

po' punk, un po' rock, un po' rap. Quando il silenzio diventava totale,<br />

toglievo i tappi, dicevo due o tre parole d'<strong>in</strong>coraggiamento, lei mi<br />

r<strong>in</strong>graziava per averla fatta parlare senza mai <strong>in</strong>terromperla e f<strong>in</strong>iva lì.<br />

Se mi voleva da lei, allora ero fottuto. Ma che dovevo fare? Ero il suo<br />

migliore amico. Il solo, sì, ok. Lei mi aveva tenuto per mano per tutte le<br />

elementari, aveva ascoltato il racconto del mio piccolo mondo di allora<br />

come fosse magico, aveva guardato dove vivevo come fosse il<br />

par<strong>ad</strong>iso. Dai, glielo dovevo.<br />

Volevo <strong>esser</strong>ci, per lei. Però, quando la <strong>in</strong>contravo, scendevo al suo<br />

livello, nel senso che lei affilava le sue “r” <strong>in</strong> punta di forchetta e io le<br />

rispondevo con uno sproloquio sporco e sconcio, sibilato sottovoce,<br />

tanto che <strong>ad</strong> un certo punto era costretta <strong>ad</strong> <strong>in</strong>terrompersi. Mi chiedeva<br />

di tr<strong>ad</strong>urre, ché non aveva capito, o di ripetere, ché non aveva sentito. E<br />

<strong>in</strong>tanto la rabbia le si raffreddava: le scappava un risol<strong>in</strong>o, una risatella,


una risata, uno spanciamento totale. Alla f<strong>in</strong>e mi si buttava tra le<br />

braccia, ci massaggiavamo la schiena nell'abbraccio e poi se ne<br />

andava, con rimasugli di risata <strong>in</strong> pancia. Io la guardavo andare e un po'<br />

immal<strong>in</strong>conivo, sapevo che a casa avrebbe trovato tre gatti <strong>ad</strong><br />

attenderla. E basta.<br />

Ma porca... dovevo trovarle un compagno, assolutamente. Anche<br />

solo un accompagnatore. Magari un po' sordo. Meglio, no? Per lui.<br />

Ehi! Glielo trovai. Enrico. F<strong>in</strong>e, no? Il nome. Ricco. Educato. Colto.<br />

Tanti <strong>in</strong>teressi <strong>in</strong> comune. Un po' sordo. Davvero, non sto facendo lo<br />

scemo. Ebbi fortuna.<br />

Beh, sparirono dalla città, dissero: un viaggio, e non tornarono più.<br />

Neanche una cartol<strong>in</strong>a, neanche quella volta, ma non me la presi.<br />

Ero felice per lei. E anche un po' per le mie povere orecchie.<br />

Un anno dopo un amico di Enrico - che non aveva mai <strong>in</strong>contrato<br />

Brigida - ci raccontò di averlo visto con una donna <strong>in</strong>cantevole - la<br />

descrizione era di Brigida, senza ombra di dubbio - e quella donna,<br />

disse, parlava con una deliziosa “r” alla francese.


GIULIA GUBELLINI<br />

Nuongiorno namn<strong>in</strong>i<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia. In realtà non si trattava proprio<br />

di un difetto, era una specie di distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong><br />

cui pronunciava la “r”. Non era moscia alla francese, né tanto meno una<br />

"evve" di sapore <strong>in</strong>tellettuale; Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella<br />

consonante f<strong>in</strong>o a farla diventare tagliente; una “r” affilata che dava<br />

ancor più enfasi alle sue sfuriate, quando si arrabbiava. E Brigida si<br />

arrabbiava spesso.<br />

Quello che nessuno sapeva, perché tenuto nascosto e<br />

appositamente taciuto, era che Brigida quella “r” affilata non l'aveva<br />

sempre avuta. Si era sviluppata nel tempo, per motivi molto semplici:<br />

una manifesta distorsione, a partire dall'età dei c<strong>in</strong>que anni, della lettera<br />

“b”, pronunciata <strong>in</strong>sistentemente come una “n”. Quando Brigida<br />

chiamava disperata per le sue “namnole”, o le sue “narnie”, oppure<br />

perché i “namn<strong>in</strong>i” erano cattivi, nessuno riusciva a capire che cose<br />

volesse, e si associava il difetto a non aver ancora appreso a parlare<br />

correttamente.<br />

Iniziata la scuola, con il proseguire del problema, <strong>in</strong>segnanti e<br />

genitori si conv<strong>in</strong>sero della natura grammaticale dell'errore, dal<br />

momento che Brigida, come tanti altri bamb<strong>in</strong>i, confondeva metà<br />

dell'alfabeto con l'altra sua parte. Alla f<strong>in</strong>e, lavorando sodo, tutte le<br />

lettere erano tornate al loro posto, liberandola dalla nuvola nera della<br />

dislessia. Se però Brigida aveva imparato a scrivere “bambola”, “barbie”<br />

o “bamb<strong>in</strong>i”, il difetto di pronuncia non era affatto scomparso. Per<br />

questo fu portata da un logopedista, che a sua volta con<strong>sul</strong>tò un gran<br />

numero di specialisti, senza che si arrivasse <strong>ad</strong> alcuna soluzione. Detta<br />

<strong>in</strong> altre parole, o la bamb<strong>in</strong>a guariva da sé oppure non guariva affatto.<br />

Così i genitori, che erano di certo brave persone, si impegnarono <strong>in</strong> una<br />

campagna di aiuto e sostegno della loro figliola, che per questo si sentì<br />

sempre molto amata e desiderata.<br />

Le cose peggiorarono alle medie, quando <strong>in</strong> aula venne<br />

soprannom<strong>in</strong>ata “nannea” -distorsione della parola “babbea”. Quello,<br />

nonostante tutti gli sforzi degli <strong>in</strong>segnanti, diventò il suo tormento.<br />

Quando <strong>in</strong>fatti <strong>in</strong>cappava <strong>in</strong> un parola con la “b”, i compagni di classe<br />

<strong>in</strong>tonavo <strong>in</strong> coro “nannea, nannea, nannea!” e ben presto l'abitud<strong>in</strong>e si<br />

diffuse per tutta la scuola, così che la povera bamb<strong>in</strong>a non ebbe più<br />

pace, anche quando non proferiva parola.


Brigida però non era tipo da scoraggiarsi: non poteva certo restare<br />

muta per una lettera su ventic<strong>in</strong>que! Come primo tentativo, cercò di<br />

evitare tutte le parole che conten<strong>esser</strong>o la “b”, così che la bamb<strong>in</strong>a non<br />

dava mai il buongiorno o la buonasera, non chiedeva mai un abbraccio<br />

e non scoppiava mai <strong>in</strong> un “che bello!” o “che brutto!”. Era alla ricerca<br />

perpetua di term<strong>in</strong>i nuovi, ma quando esclamava che la “pizza era<br />

fantasmagorica” <strong>in</strong>vece che buona, tutti si mettevano a ridere e<br />

ricom<strong>in</strong>ciavano i cori. Inoltre, ogni volta che voleva dire la sua, nessuno<br />

mai aveva il tempo di aspettarla mentre controllava la presenza di<br />

parole con la “b”.<br />

Brigida allora decise di provare per un'altra str<strong>ad</strong>a e affilò la “r” tanto<br />

da renderla letale, perché se un difetto di pronuncia l'aveva messa <strong>in</strong><br />

quel pasticcio, allora un altro difetto di pronuncia doveva risolverlo. E<br />

Brigida si prese le sue riv<strong>in</strong>cite, con una sfilza di sfuriate piene di “r”<br />

così affilate da ammutolire l'uditorio. Quel nuovo metodo mise a tacere i<br />

coretti di “nannea”, ma non le fece gu<strong>ad</strong>agnare la simpatia dei<br />

compagni. Era ancora sola.<br />

Alle superiori la ragazza si lasciò alle spalle le brutte esperienze,<br />

pronta a <strong>in</strong>iziare una nuova vita scolastica. I compagni di classe si<br />

dimostrarono più maturi di quelli precedenti, e anche Brigida cercò di<br />

imbrigliare il suo caratteraccio. Certo si arrabbiava spesso, ma almeno<br />

<strong>ad</strong>esso non era più per la sua “b”, ma perché la verifica era andata<br />

male.<br />

La prima parola che Brigida riuscì a dire fu “bacio”, una sorpresa<br />

anche per lei.<br />

Fortunatamente, il ragazzo che le stava affianco – che era il<br />

desiderio ardente del suo cuore – scoppiò a ridere, rompendo<br />

l'imbarazzo di lei, più preoccupata di aver effettivamente detto quella<br />

parola vic<strong>in</strong>o a lui, che di averla, per la prima volta <strong>in</strong> vita sua,<br />

pronunciata bene. Alla f<strong>in</strong>e le venne da ridere, e i due andarono avanti<br />

per almeno mezzora, poi sì, si baciarono.<br />

Da quel giorno Brigida non ebbe più problemi con la “b”. Tornò dal<br />

logopedista, che contattò nuovamente tutti gli specialisti del caso.<br />

Nessuno riuscì a spiegarle la sua strana patologia, così che Brigida<br />

concluse che a volte le cose capitano, e bisogna prenderle come sono,<br />

sopportarle e sopravvivere, senza arrendersi mai. E magari si può<br />

anche ricavarne qualcosa <strong>in</strong> cambio.<br />

A Brigida rimase la “r” affilata, e seppe sempre farne buon uso.


FABIANA TRAVERSI<br />

Law&M<strong>in</strong>d<br />

“Brigida aveva un difetto di pronuncia. In realtà non si trattava proprio<br />

di un difetto, era una specie di distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong><br />

cui pronunciava la “r”. Non era moscia alla francese, né tantomeno una<br />

“evve”di sapore <strong>in</strong>tellettuale; Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella<br />

consonante f<strong>in</strong>o a farla diventare tagliente; una “r” affilata che dava<br />

ancor più enfasi alle sue sfuriate, quando si arrabbiava. E Brigida si<br />

arrabbiava spesso”.<br />

Leggo nuovamente il f<strong>in</strong>ale dell’<strong>in</strong>tervista.<br />

Respiro e m’impongo di star calmo.<br />

Visualizzo nella mente la figura della testimonial: alta, giunonica e<br />

con un caratteraccio.<br />

Su questo il giornalista ha ragione, almeno una volta al giorno<br />

Brigida alza la voce, <strong>in</strong> ufficio, con i parenti o con il compagno. Ogni<br />

stimolo che riceve dal mondo esterno è convertito e reso pieno di dolore<br />

e negatività, <strong>in</strong> perenne guerra con la vita.<br />

“Io sono un mostro“, ama ripetere con quella strana pronuncia tutta<br />

personale almeno una volta al mese.<br />

Solitamente alterna questa frase con: “Sono un’anomalia per la mia<br />

generazione, mal<strong>in</strong>conicamente felice ed ho un contratto a tempo<br />

<strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato”.<br />

E ogni volta provo <strong>ad</strong> <strong>in</strong>terrogarla <strong>sul</strong>la motivazione di questo<br />

pensiero e lei sussurra: “ Ho quattordici mensilità, ferie e malattie<br />

retribuite, contributi previdenziali versati. Tutti benefici non ricercati o<br />

voluti, solamente capitati. Un dono della mia esistenza che prosegue<br />

afflitta dal peso di tale consapevolezza. Sono un’anomalia” e detto ciò si<br />

tr<strong>in</strong>cera dietro un assordante silenzio. Assordante perché lo <strong>in</strong>tervalla<br />

con scrocchio di dita, sbattimento di tacchi <strong>sul</strong> parquet o t<strong>in</strong>t<strong>in</strong>nio di<br />

unghie <strong>sul</strong> tavolo di cristallo. Una lunga agonia per il sottoscritto, che<br />

durante quel tempo schizofrenico maledice la sua professione:<br />

psicologo. Un lavoro nato dalla voglia di aiutare il prossimo, rendermi<br />

utile.<br />

Probabilmente <strong>esser</strong>e <strong>in</strong>fermiere o poeta sarebbe stata la scelta<br />

migliore, soprattutto <strong>in</strong> situazioni simili.<br />

”Forse tutti gli psicologi sono un po’ poeti, fanno i dottori utilizzando<br />

l’arte della parola scritta o orale”, è stata la conclusione di un collega <strong>in</strong><br />

una pausa caffè cui avevo esposto la mia idea.


Sicuramente una teoria <strong>in</strong>teressante e rivendibile alla prima<br />

occasione utile.<br />

“V<strong>ad</strong>o, ci vediamo giovedì prossimo”, c<strong>in</strong>guetta Brigida riportandomi<br />

alla realtà ed a quella “r” ibrida: né moscia o francese, né tantomeno<br />

una “evve”di sapore <strong>in</strong>tellettuale. Una lettera unica e <strong>in</strong>sopportabile<br />

come lei: alta, bionda plat<strong>in</strong>o, due labbra grandi come canotti ed un<br />

fisico atletico e di plastica. La perfetta riproduzione vivente della famosa<br />

bambola americana.<br />

“Ciao” saluta mentre sculetta fuori dalla porta.<br />

Solo quando sento sbattere l’anta di legno mi rendo conto di <strong>esser</strong>e<br />

stato ammaliato per l’ennesima volta dalla paziente. Vedermi riflesso <strong>in</strong><br />

quelle pupille viola come l’ametista mi ha fatto perdere la cognizione del<br />

tempo e fatto vagare nei pensiero. Devo assortamente trovare una<br />

svolta per questo caso o cont<strong>in</strong>ueremo a chiacchierare come due<br />

vecchi amici senza giungere al nocciolo della questione.<br />

Ma ciò non è ammissibile, sono un professionista e come tale devo<br />

comportarmi.<br />

Prendo la penna e scrivo: “ Concentrarsi sui pensieri di Brigy per<br />

quanto noioso”, leggo e correggo il nomignolo con il nome <strong>in</strong>tero:<br />

Brigida.<br />

“La paziente si è costruita un falso mondo di stupidità e apparenza<br />

per nascondere la verità. Quest’ultima cosa o chi riguarda? A quando<br />

risale? Difficile da stabilire poiché la donna non ha parenti di sangue<br />

viventi da poter <strong>in</strong>terrogare. Il suo unico congiunto è l’anziano marito e<br />

lei non sembra per nulla <strong>in</strong>teressata a svelare i suoi nodi oscuri”.<br />

Soddisfatto, rileggo i miei appunti e chiudo la stilografica.<br />

Odio i computer o le bic per redigere le cartelle dei pazienti, li trovo<br />

strumenti impersonali e volgari.<br />

“Che classe!”, alzo gli occhi e vedo Daniele,“Socio urgo di un caffè<br />

ed una sigaretta” dice esortandomi <strong>ad</strong> alzarmi, “Concediamoci una<br />

pausa dai”.<br />

“Andiamo và”, rispondo sorridendo ed alzandomi dalla comoda<br />

poltrona di eco pelle nera, stiracchiando le braccia e facendo str<strong>ad</strong>a<br />

verso l’uscita.<br />

Camm<strong>in</strong>iamo fianco a fianco nel corridoio del nostro impero.<br />

Due amici che hanno <strong>in</strong>ventato un giocattol<strong>in</strong>o <strong>in</strong>novativo e perfetto:<br />

studio legale e di psicologia. All’<strong>in</strong>izio i clienti erano scettici, abituati alla<br />

divisione tra mente e leggi, ma con il tempo e la pazienza abbiamo<br />

<strong>in</strong>iziato <strong>ad</strong> <strong>in</strong>granare.<br />

“Ti ricordi quando abbiamo buttato giù il bus<strong>in</strong>ess plan della<br />

società?”, domando attraversando il grande open space dove gli


operatori lavorano per noi, alcuni rispondono ai clienti e altri fissano gli<br />

appuntamenti.<br />

Inserisco la chiavetta nella macch<strong>in</strong>a per il caffè e Dany dal suo<br />

metro e novanta mi guarda di sottecchi e domanda: “È ricapitato vero?”.<br />

Prelevo il suo bicchier<strong>in</strong>o e lo scruto sospettoso, “A cosa ti riferisci?”.<br />

“A Brigida”, taglia corto.<br />

Inserisco nuovamente la chiavetta nella fessura della macch<strong>in</strong>etta, <strong>in</strong><br />

attesa del secondo caffè e una spiegazione da parte del mio amico.<br />

“Cioè?”, lo <strong>in</strong>calzo, “Ti ha <strong>in</strong>cantato e non la hai licenziata vero?”,<br />

chiede placidamente.<br />

“Non ancora, non me la sono sentita, ha ancora dei passi da fare”,<br />

provo a giustificarmi “e poi... ”.<br />

“Nulla”, m’<strong>in</strong>terrompe bruscamente, “ci stiamo separando perché lei<br />

mi ha tr<strong>ad</strong>ito. Non può più <strong>esser</strong>e la testimonial della Law&M<strong>in</strong>d. Inoltre<br />

è una persona che conosci bene qu<strong>in</strong>di non può <strong>esser</strong>e realmente una<br />

tua paziente”.<br />

Lo guardo <strong>in</strong> silenzio, <strong>in</strong>timorito dalla sua violenza <strong>in</strong>aspettata ma<br />

consapevole del mio errore.<br />

Non dovevo tergiversare.<br />

“Scusami”, mormoriamo all’unisono, scoppiando a ridere.<br />

“Hai ragione, ma non amo lasciare le terapie a metà. Nemmeno con<br />

lei”, provo a giustificarmi.<br />

“Lo so, è una donna poliedrica: solare e triste, socievole e taciturna.<br />

Sembra la personificazione degli opposti. Pensa che questo mi fece<br />

<strong>in</strong>namorare all’<strong>in</strong>izio”, confessa.<br />

Lo guardo <strong>in</strong>curiosito, per quanto amici e soci, non si è mai<br />

sbottonato sui loro trascorsi.<br />

“Non guardarmi così! Non è sempre stata la lastra di ghiaccio che<br />

tutti conosciamo. Prima era un grande mistero che veniva dalla<br />

campagna, una ragazza bellissima senza passato ma che voleva<br />

divorare la vita. Il ricordo degli anni felici <strong>in</strong> cui Brigida era mia moglie mi<br />

perseguitano”, prova a giustificarsi prima che lo <strong>in</strong>terrompa:“Ogni volta<br />

che mette piede qui dentro vivo un déjà vu. Tutti i momenti belli e<br />

condivisi vengono a galla: l’<strong>in</strong>izio della nostra attività, le espressioni di<br />

felicità per ogni piccola novità, il suo pudore la prima volta che le chiesi,<br />

di posare per la nostra pubblicità”, una lacrima riga il viso dell’uomo<br />

perso <strong>sul</strong> sentiero dei ricordi.<br />

E’ un uomo <strong>in</strong>namorato del passato.<br />

“Andiamo a fumare”, comando sp<strong>in</strong>gendolo verso la pesante e<br />

immacolata porta che dà <strong>sul</strong>l’ampio balcone.


Appena fuori veniamo punti dall’aria fresca e dal fumo di alcune<br />

sigarette.<br />

Osservo il mio socio e mi accorgo che la passeggiata <strong>sul</strong> viale dei<br />

ricordi è f<strong>in</strong>ita, è di nuovo p<strong>ad</strong>rone dei suoi pensieri e azioni.<br />

Gli sorrido soddisfatto e frugo nelle tasche dell’impermeabile e tiro<br />

fuori una sigaretta che gli porgo. Daniele la afferra r<strong>in</strong>graziandomi con<br />

lo sguardo.<br />

“Lei non è più quella donna né tantomeno naturale”, dico<br />

accendendo la mia droga quotidiana e porgendo lo zippo al mio socio.<br />

Trattengo il fumo tra le guance, lo <strong>in</strong>spiro col naso e mi riporto la<br />

cicca alle labbra. Aspiro, trattengo, <strong>in</strong>spiro dal naso. Faccio tutto con<br />

studiata lentezza per rendere il momento <strong>in</strong> cui affondo Daniele, un po’<br />

più melodrammatico, “L’ultima <strong>in</strong>tervista che ha rilasciato poteva ledere<br />

la nostra società. Fortunatamente il nostro ufficio stampa ha subito<br />

rimediato con un comunicato chiaro e co<strong>in</strong>ciso. Domani la licenzierò,<br />

nel frattempo perché non rivediamo uno dei suoi primi cartelloni<br />

pubblicitari?”, propongo per gioco.<br />

“No per favore”, mi prega il mio amico <strong>in</strong>g<strong>in</strong>occhiato per terra con un<br />

bicchiere di plastica vuoto <strong>in</strong> mano, mimando la r tagliente della<br />

modella, “farò quel che vuoi, ma questo no!”, urla.<br />

I dipendenti <strong>in</strong>curiositi si voltano verso di noi.<br />

Gli offro la mano per rialzarsi ridendo e lo abbraccio piano ma<br />

<strong>in</strong>tensamente come solo due uom<strong>in</strong>i sanno fare.


FABRIZIO CORAZZA<br />

Un viol<strong>in</strong>o ed un carrello<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia. In realtà non si trattava proprio<br />

di un difetto, era una specie di distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong><br />

cui pronunciava la “r”. Non era moscia alla francese, né tanto meno una<br />

"evve" di sapore <strong>in</strong>tellettuale; Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella<br />

consonante f<strong>in</strong>o a farla diventare tagliente; una “r” affilata che dava<br />

ancor più enfasi alle sue sfuriate, quando si arrabbiava. E Brigida si<br />

arrabbiava spesso.<br />

Il carrello della coop arrivava prima di lei, ovunque. Non se ne separava<br />

mai. Con il suo carico di disperazione procedeva sotto i portici della città<br />

fels<strong>in</strong>ea <strong>in</strong> un tragitto sempre uguale: mensa della stazione, bagni<br />

pubblici <strong>in</strong> via del pratello, piazza San Francesco, via D'Azeglio e via<br />

Portanova. Lì dormiva davanti alla vetr<strong>in</strong>a della libreria Fair Book e si<br />

svegliava quando il proprietario del negozio arrivava.<br />

A quei tempi ero io il proprietario del negozio.<br />

La prima volta che la vidi ebbi un moto di stizza. Mi ero alzato <strong>in</strong><br />

ritardo ed avevo trovato la solita fila <strong>in</strong> via Sabot<strong>in</strong>o. Era novembre,<br />

pioveva e lo smog soffocava la città dentro il suo fetido collare color<br />

grigio, la sera prima le central<strong>in</strong>e S.A.R.A avevano decretato l'ennesimo<br />

sforamento delle polveri sottili<br />

“Moriremo per un cancro ai polmoni – brontolava mia m<strong>ad</strong>re – una<br />

volta non c'erano tutte queste allergie e non mi svegliavo col mal di<br />

testa”.<br />

“Dove andremo a f<strong>in</strong>ire?” Era il commento di Sanzio del Bar Fiò,<br />

mentre mi serviva il caffè.<br />

Le mie giornate erano scandite da una sorta di ritualità immutabile:<br />

sveglia-mamma-doccia-auto-colazione-sanzio-parcheggio-negoziopranzo-negozio-parcheggio-fila<br />

sui viali-coda <strong>sul</strong>la prov<strong>in</strong>ciale-arrivo a<br />

casa-mamma-cena-calcetto (1 volta alla settimana)-branda.<br />

Talvolta si <strong>in</strong>serivano le variabili “Laura” la mia fidanzata, stanca e<br />

depressa pure lei, “Giorgio”, l'unico amico che non mi aveva ancora<br />

mollato e, da quella matt<strong>in</strong>a, “Brigida”.<br />

Era sdraiata sui cartoni, avvolta dentro un sacco a pelo sporco e<br />

maleodorante di umanità allo sfacelo, col carrello parcheggiato lì vic<strong>in</strong>o,<br />

sotto il portico. Accanto a lei, sotto il sacco a pelo, spuntava la custodia


di uno strumento musicale che dalle dimensioni poteva <strong>esser</strong>e un<br />

viol<strong>in</strong>o o una piccola chitarra. Non avevo voglia di litigare con un<br />

barbone, non avevo né voglia né tempo. La guardai per decidere che<br />

fare. Il viso, sem<strong>in</strong>ascosto da un berretto sporco di lana rosa e una<br />

sciarpa che di rosa non aveva più nulla, era segnato da rughe molto<br />

profonde. Era una donna che poteva avere più o meno c<strong>in</strong>quantanni,<br />

difficile dirlo, troppo trasandata per capire dove f<strong>in</strong>ivano i segni dell'età e<br />

dove com<strong>in</strong>ciavano quelli lasciati da una vita di quel genere.<br />

Forse sentì il rumore delle chiavi o dei passi o il mio sbuffare tipo<br />

caffettiera, fatto sta che aprì gli occhi, e con la lucidità di chi è sveglio<br />

da molte ore, si sollevò seduta porgendomi un libro dalla copert<strong>in</strong>a<br />

rossa che tirò fuori dal sacco a pelo<br />

“Questo è suo signore, l'ho trovato nel bidone dell'immondizia<br />

durante l'ispezione di ieri sera. Mi son detta Brigida, questo è un libro<br />

bellissimo e tu lo sai, i libri non vanno buttati, per cui portalo a quel<br />

libraio simpatico che dà da mangiare ai piccioni nella piazza. Lei dà<br />

ancora da mangiare ai piccioni? I piccioni sono da salvare ed io non<br />

sopporto quelli che dicono che bisogna liberare le taccole perchè<br />

mang<strong>in</strong>o le loro uova. E' una cattiveria <strong>in</strong>utile, una barbarie. Il s<strong>in</strong>daco è<br />

un barbaro, lui e i suoi amici <strong>in</strong> divisa”.<br />

Il tono di voce era brillante e non aveva sbagliato un verbo, il libro<br />

era una copia del 1973 rilegato <strong>in</strong> brossura de “Il dottor Zivago”, la<br />

copert<strong>in</strong>a era perfetta.<br />

Io non lo non avrei potuto vendere, la mia era una libreria<br />

specializzata <strong>in</strong> editoria legale e commerciale, i miei clienti erano<br />

soprattutto aziende, studenti di giurisprudenza e scienze politiche e<br />

docenti di quelle facoltà, ma sapevo riconoscere un buon libro dalla<br />

fuffa, e quello era un ottimo libro.<br />

“Lo conosce? E' <strong>in</strong>utile che glielo chieda, lo so, lei è una persona di<br />

cultura. Mi scusi se ho dormito qui sotto, ma avevo paura di non vederla<br />

e io non posso portarmi dietro un libro, non c'è più spazio nella mia<br />

macch<strong>in</strong>a – disse <strong>in</strong>dicando il carrello - e poi ho paura che me lo rub<strong>in</strong>o.<br />

Mi hanno già aggredito 14 volte, portandomi via di tutto. Solo il viol<strong>in</strong>o<br />

sono riuscita a difendere, ma quello non possono prendermelo, loro<br />

sanno che per lui potrei uccidere. E poi anche a loro piace quando<br />

suono...”. Si <strong>in</strong>terruppe fissando il vuoto, poi mi guardò di nuovo<br />

sorridendo.<br />

Mi sentii prendere da quel timore che ti prende quando hai di fronte<br />

una persona diversa. Quando, <strong>tuo</strong> malgr<strong>ad</strong>o, devi affrontare qualcosa<br />

che deraglia nettamente dalla tua rout<strong>in</strong>e. E ti <strong>in</strong>cazzi perchè non ci vuoi


<strong>esser</strong>e <strong>in</strong> quella situazione e sai che razionalmente non ti ci saresti mai<br />

messo. Ti senti avvampare, arrossisci e vorresti evitare, ma ti tocca.<br />

E quella volta toccava a me.<br />

“Grazie” fu la sola cosa che riuscii a dire.<br />

La donna aveva le gote rosse e gli occhi chiari, il suo viso mi<br />

ricordava qualcuno di conosciuto, ma non riuscivo a focalizzare chi<br />

fosse. Rimasi a guardare Brigida mentre con <strong>in</strong>sospettabile eleganza e<br />

cura raccoglieva le sue cose, piegava i cartoni e il sacco a pelo<br />

riponendo tutto ord<strong>in</strong>atamente nel carrello.<br />

Avevo aperto lo sportell<strong>in</strong>o ed <strong>in</strong>filato la chiave per aprire la serranda<br />

elettrica, quando mi voltai un istante per dare un'occhiata a che punto<br />

fosse la barbona. In quel momento i nostri sguardi si <strong>in</strong>crociarono<br />

“E' <strong>in</strong>utile che mi guardi così sai? Con quegli occhi da P<strong>ad</strong>re Pio, che<br />

f<strong>in</strong>gono solidarietà e comprensione. Non ho bisogno della tua pena e<br />

della tua commiserazione – urlava – sei esattamente come tutti gli altri,<br />

f<strong>in</strong>gi di capire, ma non sai niente di noi. Te ne stai al caldo del <strong>tuo</strong><br />

negozio e senza sapere chi sono e cosa faccio hai la certezza di <strong>esser</strong>e<br />

tu dalla parte della ragione, di <strong>esser</strong>e tu la verità di questo mondo.<br />

Invece io so che ti sbagli! Me l'hanno detto. Tu sei come tutti gli altri.<br />

Non te la do la mia roba, è mia, non te la darò.”<br />

“Ma signora, io non volevo, io...” abbozzai una difesa. Abbozzai,<br />

questa è la parola giusta.<br />

E come altre volte nella mia vita, nelle quale avevo abbozzato senza<br />

davvero scegliere, venni travolto. Brigida aveva perfettamente ragione.<br />

Io non sapevo nulla di lei e della sua esistenza, ma ero sicuro di <strong>esser</strong>e<br />

dalla parte della ragione. Vivevo <strong>in</strong> una casa comoda e bella anche se<br />

non avevo fatto nulla per ottenerla, c'avevano pensato i miei. Avevo una<br />

fidanzata, ma il mio concetto di coppia sbi<strong>ad</strong>iva ogni volta che andavo a<br />

<strong>letto</strong> con un' altra. Avevo un lavoro, la libreria, ereditata da mio p<strong>ad</strong>re e<br />

la tenevo aperta per non spezzare il cuore di mia m<strong>ad</strong>re.<br />

Per dirla tutta mi piaceva il mestiere di libraio, ma non amavo vendere<br />

quell'ammasso di tomi noiosi. Avevo accennato a mia mamma della<br />

possibilità di cambiare genere, vendere libri usati, magari salvati dal<br />

macero o da qualche cant<strong>in</strong>a. Mi eccitava l'idea di ridare vita a qualcosa<br />

dest<strong>in</strong>ato a “morire”. La sua risposta era stata categorica:<br />

“Libri usati? E come fai a campare? Io e <strong>tuo</strong> p<strong>ad</strong>re abbiamo lavorato<br />

una vita per darti un futuro, e ora tu vuoi buttare tutto nel rusco solo<br />

perchè i libri che vendi non ti <strong>in</strong>teressano? Ma dove hai la testa figlio<br />

mio? Se ci fosse ancora <strong>tuo</strong> p<strong>ad</strong>re gli spezzeresti il cuore a parlare <strong>in</strong><br />

questo modo”.


E di fronte a questi argomenti la mia determ<strong>in</strong>azione scompariva e<br />

cont<strong>in</strong>uavo a vivere la vita che voleva mia m<strong>ad</strong>re. Avere una ragazza di<br />

buona famiglia, avere un lavoro sicuro, avere un sentiero tracciato che<br />

mi tenesse alla larga dai “pericoli” o quelli che lei considerava tali.<br />

La mia era una vita voluta da altri, un abbozzo di vita appunto.<br />

Pensai queste cose mentre Brigida mi urlava frasi senza senso,<br />

esternando il suo disprezzo per tutti coloro che la vessavano, puntando<br />

il dito soprattutto contro i vigli urbani e la cosidetta società civile.<br />

“Io non voglio nulla da voi, benpensanti del cazzo, io voglio solo<br />

suonare il mio viol<strong>in</strong>o <strong>in</strong> pace, è troppo chiedere una cosa del genere <strong>in</strong><br />

una città come Bologna?”<br />

Dopo aver sacramentato contro tutto e contro tutti, mi chiese se<br />

avevo un bagno. Non volevo che lo usasse, se mia m<strong>ad</strong>re avesse<br />

saputo che avevo fatto <strong>ad</strong>operare il bagno del negozio <strong>ad</strong> una barbona<br />

avrebbe brontolato per una settimana.<br />

“La porta a destra, dietro al banco, se vuole l'accompagno”<br />

“posso fare da sola, grazie. Sono sempre una signora”.<br />

Mi sentii un po' stupido.<br />

La seguii con lo sguardo scomparire dietro la porta, dalla quale uscì<br />

dopo alcuni m<strong>in</strong>uti.<br />

“Può stare tranquillo – mi disse - non ho vomitato né pisciato fuori,<br />

non c'è bisogno che chiami la dis<strong>in</strong>festazione”. Mi aveva <strong>letto</strong> nella<br />

mente, quella donna doveva <strong>esser</strong>e una medium.<br />

“Suona il viol<strong>in</strong>o qu<strong>in</strong>di ?” le dissi con tono <strong>in</strong>teressato<br />

“Si, ho studiato al conservatorio di Milano. Se mi vuole ascoltare mi<br />

trova <strong>in</strong> via D'Azeglio tutti i pomeriggi, tutte le volte che i vigili non mi<br />

mandano via”.<br />

La sua voce era tornata brillante, lo sguardo lucido. Mi sorrise con<br />

dolcezza, salutandomi con la mano che non usava per sp<strong>in</strong>gere il<br />

carrello, dirigendosi verso Piazza Malpighi.<br />

Nei giorni successivi la trovai a dormire davanti alla vetr<strong>in</strong>a del<br />

negozio, ma al mio arrivo si alzava sempre <strong>in</strong> fretta, raccoglieva le sue<br />

cose e si allontanava.<br />

A volte mi chiedeva di usare il bagno, altre volte parlavamo e dopo i<br />

suoi eccessi di rabbia che avevo imparato a riconoscere, ritrovava<br />

quella dolcezza che avevo visto la prima volta che mi aveva regalato Il<br />

Dottor Zivago.<br />

“Deve fare uscire i sogni dal suo cuore Giacomo – mi disse una volta<br />

– il suo passo alla matt<strong>in</strong>a è sempre più pesante. Abbandoni quelle<br />

cose che non le piacciono e si lasci andare. Faccia quello che la fa<br />

sentire leggero e non permetta a nessuno di dirle cosa fare dei suoi


giorni”.<br />

Ero sempre più conv<strong>in</strong>to che fosse una specie di strega, che mi<br />

leggesse nel pensiero. O forse, più semplicemente, era tutto molto<br />

evidente e bastava solo volerlo vedere. E io avevo paura di guardarmi.<br />

Una matt<strong>in</strong>a la trovai <strong>in</strong> compagnia di Marco il toscano, un altro<br />

clochard. Erano sotto un portico <strong>in</strong> via del Pratello, discutevano<br />

animatamente, ma non capii il senso del discorso. La voce di Marco era<br />

roca e dall'accento marcato, Brigida <strong>in</strong>vece aveva quella tonalità<br />

brillante che tanto apprezzavo quando scambiavamo alcune parole nei<br />

suoi momenti di calma, tra un'accesso di rabbia e l'altro.<br />

Andai <strong>in</strong> via d'Azeglio molte volte trovandola sempre là, <strong>in</strong> piedi, con il<br />

viol<strong>in</strong>o stretto al collo e il corpo ondeggiante <strong>ad</strong> accompagnare<br />

l'armonia che stava eseguendo.<br />

C'era sempre un sacco di gente <strong>ad</strong> ascoltarla, molti lasciavano una<br />

moneta, alcuni soldi di carta. Quando suonava il viso era soave, non<br />

sembrava possibile che fosse la stessa persona che imprecava contro i<br />

passanti che l'<strong>ad</strong>ditavano, o quella che scalciava i vigili che le<br />

<strong>in</strong>timavano di liberare la str<strong>ad</strong>a dal suo carrello maleodorante.<br />

Aveva la leggerezza della farfalla, si librava dentro le note del suo<br />

viol<strong>in</strong>o e sembrava potesse prendere il volo da un momento all'altro e<br />

andarsene via da quel mondo dal quale si sentiva oppressa.<br />

Ho cercato di capire il perchè della sua situazione, se avesse famiglia o<br />

parenti che pot<strong>esser</strong>o aiutarla, ma <strong>ad</strong> ogni mio tentativo rispondeva che<br />

lei non aveva bisogno di nessuno che le dicesse come vivere<br />

“Io sono felice Giacomo, perchè dovrei chiedere aiuto?”<br />

“Perchè quella che conduce non è una vita normale Brigida!” esclamai<br />

un giorno, frustrato per l'ennesimo d<strong>in</strong>iego.<br />

“E cos'è la normalità Giacomo? Avere qualcuno che ti dice come<br />

vivere? Adeguarsi dentro regole che non senti tue? No grazie, non è<br />

umano. Io sono la normalità, non voi. Non lei”.<br />

Non riuscii a risponderle. Non potevo impartire lezioni di vita e<br />

perlomeno non ero ancora così ipocrita da volerlo fare. Quella fu l'ultima<br />

volta che ci parlammo.<br />

Smise di dormire davanti al mio negozio e un moto di orgoglio mi<br />

fermò dall'andarla a cercare.<br />

Ero <strong>in</strong>timamente preoccupato per lei, ma non feci nulla. Mi seccava<br />

ammettere che ciò che mi aveva detto Brigida l'ultima volta era vero,<br />

che io vivevo una vita voluta da altri, dentro regole scritte da altri che io<br />

non condividevo, che ero troppo vigliacco per r<strong>in</strong>unciarvi e per fare delle<br />

scelte che andassero contro quelle che altri avevano fatto per me.<br />

Poi una sera acc<strong>ad</strong>de.


Dopo la mensa <strong>in</strong> stazione Brigida si stava dirigendo lungo via<br />

Indipendenza sp<strong>in</strong>gendo il suo carrello. Ad un certo punto due barboni<br />

l'avevano aggredita cercando di strapparle il viol<strong>in</strong>o, ma lei aveva<br />

reagito urlando per demoralizzare gli aggressori. Questi però non<br />

avevano r<strong>in</strong>unciato e l'avevano sp<strong>in</strong>tonata dentro l'atrio di un<br />

condom<strong>in</strong>io. A quel punto Brigida aveva tirato fuori dal vestito un coltello<br />

da cuc<strong>in</strong>a, ma nella collutazione era rimasta gravemente ferita. Gli<br />

assalitori erano fuggiti, ma il viol<strong>in</strong>o non erano riusciti a rubarlo. Alcuni<br />

passanti erano <strong>in</strong>tervenuti soccorrendola, Brigida lo teneva stretto tra le<br />

mani.<br />

Purtroppo la coltellata aveva danneggiato il cuore e non era stato<br />

possibile salvarla, era morta poche ore dopo nel reparto di terapia<br />

<strong>in</strong>tensiva dell'ospedale Maggiore, mentre dec<strong>in</strong>e di senzatetto si erano<br />

accampati nel parcheggio <strong>sul</strong>la via Emilia <strong>in</strong> attesa di notizie.<br />

Lo seppi alcuni giorni dopo, leggendo le pag<strong>in</strong>e di cronaca del Carl<strong>in</strong>o<br />

mentre aspettavo il mio turno dal barbiere. Guardando la foto che era<br />

stata pubblicata dal giornale riconobbi f<strong>in</strong>almente chi mi ricordava.<br />

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera:<br />

Valeria Facch<strong>in</strong>elli, conosciuta al pubblico come la sosia di G<strong>in</strong>a<br />

Lollobrigida è stata primo viol<strong>in</strong>o nell'orchestra filarmonica della Scala di<br />

Milano. Ha <strong>in</strong>terrotto la carriera artistica per dissidi con il direttore Naio<br />

Buratti, che i rumors volevano suo amante e mentore.<br />

Dopo l'abbandono della carriera artistica ha fatto perdere le sue tracce<br />

per molti anni.<br />

Denunciata come scomparsa dalla famiglia è stata riconosciuta da<br />

alcuni turisti durante una sua esibizione <strong>in</strong> str<strong>ad</strong>a a Bologna, dove la<br />

donna aveva deciso di vivere, come clochard. E' morta <strong>in</strong> seguito <strong>ad</strong><br />

un'aggressione nella primavera del 2010.<br />

Per più di un anno non ho avuto il coraggio di andare al cimitero, poi<br />

questa matt<strong>in</strong>a ho rotto gli <strong>in</strong>dugi, ci ho messo un po' a trovarla tra le<br />

tombe. La lapide è ancora lucida, ma non ci sono fiori veri, solo un vaso<br />

di calle di plastica. La foto che hanno messo la ritrae mentre suona il<br />

viol<strong>in</strong>o <strong>in</strong> via d'Azeglio, quello sguardo sognante che ben conoscevo mi<br />

ha fatto piangere.<br />

Non ci sono parole che possono dare un significato alla morte, né<br />

attenuare la sofferenza di coloro che rimangono. Brigida ha vissuto la<br />

vita che voleva, scegliendo di rimanere <strong>in</strong> str<strong>ad</strong>a per amore della libertà<br />

e della musica, conscia dei rischi che correva.


Se ne è andata senza spiegare a nessuno il perchè di questa fuga<br />

dalla “normalità”, ma alla f<strong>in</strong>e che importa? Ognuno dà alle sue scelte il<br />

significato che vuole o che può. Io sono felice di averla conosciuta e le<br />

sarò per sempre grato per quanto mi ha mostrato.<br />

Lei mi ha fatto vedere che una vita può <strong>esser</strong>e degna, anche se vissuta<br />

<strong>in</strong> str<strong>ad</strong>a. Mi ha dato il coraggio di scegliere e <strong>in</strong> qualche modo glielo<br />

volevo dire.<br />

“Buongiorno Brigida, volevo raccontarti alcune cose di me, quello che<br />

mi è acc<strong>ad</strong>uto <strong>in</strong> quest'anno... Ti volevo dire che ho chiuso la libreria dei<br />

miei e ne ho aperta un'altra di libri usati, <strong>in</strong> via del Pratello. Gu<strong>ad</strong>agno<br />

meno, ma sono <strong>in</strong> mezzo a cose che mi piacciono. Io e Laura non<br />

stiamo più <strong>in</strong>sieme, lei l'ha presa male, ma so che troverà un uomo che<br />

saprà renderla felice e a quel punto, forse, mi r<strong>in</strong>grazierà.<br />

Mia m<strong>ad</strong>re brontola, non condivide praticamente nulla di quello che<br />

faccio. Io porto pazienza e la v<strong>ad</strong>o a trovare due volte alla settimana.<br />

Abbiamo f<strong>in</strong>almente com<strong>in</strong>ciato a parlare alla pari.<br />

Ora vivo da solo <strong>in</strong> Via Pietralata, arrivo a f<strong>in</strong>e mese con fatica, ma me<br />

la cavo. Faccio volontariato alla mensa dei senzatetto <strong>in</strong> stazione, ho<br />

conosciuto Diego, Renato e Caruso ed ho scoperto che mi<br />

conoscevano già. Sei stata tu a parlargli di me vero? Ogni settimana li<br />

rifornisco di libri che dovrebbero restituirmi al massimo dopo un mese.<br />

Qualcuno lo fa, altri no...pazienza”<br />

Ho raccontato questo più o meno, non sono riuscito <strong>ad</strong> aggiungere<br />

altro. Le ho lasciato un libro con una bella copert<strong>in</strong>a rossa <strong>sul</strong>la tomba<br />

ed un biglietto scritto a biro <strong>in</strong>serito dentro come se fosse un segnalibro<br />

“Grazie Brigida”.<br />

Faccio il libraio, sono un buon <strong>letto</strong>re, ma non chiedetemi di scrivere<br />

qualcosa, sono negato.<br />

Le ho mandato un bacio e me ne sono andato <strong>ad</strong> aprire la libreria.


ELISA BRAGA<br />

La Sp<strong>ad</strong>a Affilata della Giustizia<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia. In realtà non si trattava proprio<br />

di un difetto, era una specie di distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong><br />

cui pronunciava la “r”. Non era moscia alla francese, né tantomeno una<br />

“evve” di sapore <strong>in</strong>tellettuale; Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella<br />

consonante f<strong>in</strong>o a farla diventare tagliente; una “r”affilata che dava<br />

ancora più enfasi alle sue sfuriate, quando si arrabbiava. E Brigida si<br />

arrabbiava spesso.<br />

Aveva un carattere “vesuviano”, come lo def<strong>in</strong>ì tempo <strong>ad</strong>dietro<br />

Giulia. A scuola stavamo studiando i vulcani. Scoprimmo che<br />

esistevano i vulcani attivi, i vulcani <strong>in</strong>attivi, e i vulcani quiescenti. Questi<br />

ultimi erano quei vulcani che parevano spenti, restando <strong>in</strong>attivi anche<br />

per cent<strong>in</strong>aia di anni, e che poi, all’improvviso esplodevano, sem<strong>in</strong>ando<br />

distruzione. L’esempio più lampante è proprio il Vesuvio. Durante la<br />

spiegazione Giulia soffocò una risata e mi passò un bigliett<strong>in</strong>o con su<br />

scritto “Brigida è il nostro Vesuvio personale”. Brigida rise f<strong>in</strong>o alle<br />

lacrime quando venne a conoscenza della def<strong>in</strong>izione nuova fiammante<br />

data al suo carattere. Nei momenti di quiete riusciva <strong>ad</strong> <strong>esser</strong>e una<br />

ragazza spiritosa.<br />

E poi non è che si arrabbiasse senza motivo, tanto per strapazzare<br />

un po’ il primo che le capitava a tiro. Le sue ire erano sempre<br />

giustificate.<br />

Ci fu una volta <strong>in</strong> cui il suo carattere irascibile si trasformò <strong>in</strong> un’arma<br />

di giustizia.<br />

Successe a scuola. In terza superiore.<br />

Una delle nostre compagne di classe si chiamava Nicoletta. Era<br />

schiva e taciturna, girava sempre con gli occhi bassi. Non era brutta,<br />

ma non si valorizzava per niente, quasi lo facesse apposta <strong>ad</strong> apparire<br />

sciatta e poco curata. Di lei si sapeva solo che aveva problemi familiari,<br />

ma ignoravamo di che tipo e gravità pot<strong>esser</strong>o <strong>esser</strong>e.<br />

Non ci volle molto perché Brigida la prendesse sotto la sua ala<br />

protettrice. Passava molto tempo con Nicoletta: le prestava quelli tra i<br />

suoi vestiti che pensava esaltassero la sua figura, le acconciava i<br />

capelli, e le <strong>in</strong>segnò a truccarsi.


Come nella migliore delle favole il brutto anatroccolo sbocciò,<br />

lasciando il posto a uno splendido cigno: Nicoletta era una gran bella<br />

ragazza, aveva <strong>in</strong>credibili occhi blu e un sorriso dolcissimo che<br />

potevamo vedere tutti, ora che f<strong>in</strong>almente teneva la testa alta.<br />

In breve tempo vedemmo coi nostri occhi i poteri miracolosi<br />

dell’amicizia, di un po’ di fiducia <strong>in</strong> se stessi e… di qualche tocco<br />

sapiente di fard e lucidalabbra.<br />

La sua sicurezza aumentava sempre più nel vedere l’ammirazione<br />

degli altri e il consenso di tutti nei suoi confronti. Com<strong>in</strong>ciò a ricevere<br />

<strong>in</strong>viti alle feste da quelli che l’avevano sempre snobbata e si fece <strong>in</strong><br />

breve tempo un sacco di nuovi amici.<br />

Brigida era molto orgogliosa di Nicoletta e si schermiva sempre<br />

quando le facevamo i complimenti. “Le ho solo dato qualche consiglio e<br />

un po’ di affetto, nient’altro” diceva lei.<br />

Un giorno Nicoletta non venne a scuola.<br />

Due giorni.<br />

Tre giorni.<br />

Una settimana.<br />

Nessuno sapeva niente di lei e tutti eravamo molto preoccupati.<br />

Brigida più di tutti.<br />

Quando Nicoletta tornò il fard che aveva imparato a usare così bene<br />

non poteva nascondere un grosso livido che, nei primi giorni della sua<br />

assenza, doveva averle chiuso l’occhio s<strong>in</strong>istro.<br />

Non volle rispondere alle domande. E Brigida la protesse dalla<br />

curiosità di tutti col suo cipiglio peggiore.<br />

Dopo un’<strong>in</strong>tera matt<strong>in</strong>ata passata <strong>in</strong> silenzio vidi Nicoletta e Brigida<br />

confabulare fitto fitto tra l’ora di matematica e quella di scienze. Quando<br />

suonò la campanella Nicoletta tornò <strong>in</strong> classe con gli occhi rossi, senza<br />

guardarmi. Brigida <strong>in</strong>vece sgattaiolò verso l’uscita.<br />

Le andai dietro.<br />

Quando vidi Brigida uscire dall’edificio la chiamai dal portone: “Dove<br />

stai andando?”<br />

“Torna <strong>in</strong> classe Terri, ho da fare.”<br />

Aveva il tono agguerrito dei suoi momenti peggiori. Anzi, <strong>ad</strong> <strong>esser</strong>e<br />

s<strong>in</strong>cera, non avevo mai sentito tanto furore nella sua voce.<br />

La seguii.<br />

A onor del vero la tallonai da lontano: se si fosse accorta che la<br />

stavo ped<strong>in</strong>ando avrebbe rivolto verso di me la sua furia.


E questo volevo evitarlo con tutta me stessa.<br />

Arrivammo vic<strong>in</strong>o al centro. Brigida entrò <strong>in</strong> una banca. Feci una<br />

corsa per entrare subito dopo di lei.<br />

Quando le porte automatiche si aprirono davanti a me sentii Brigida<br />

chiedere imperiosa del direttore <strong>ad</strong> un impiegato. Il pover’uomo <strong>in</strong>dicò<br />

con un braccio teso verso il corridoio <strong>sul</strong>la destra. Ma proprio da quella<br />

direzione arrivò <strong>in</strong> quel momento un signore dist<strong>in</strong>to <strong>in</strong> giacca e<br />

cravatta.<br />

Gli occhi blu del direttore si dilatarono dalla sorpresa nel trovarsi<br />

davanti due <strong>ad</strong>olescenti, una delle quali <strong>in</strong> un evidente stato di<br />

alterazione rabbiosa.<br />

“Il signor Del Vecchio?” chiese Brigida. Accidenti, le tremava la voce<br />

e la “r” non era mai stata così affilata.<br />

“Sì, sono io” rispose il direttore, dubbioso “cosa posso fare per voi?”<br />

In quel momento la vita nella banca si fermò. Dev’<strong>esser</strong>e così<br />

quando si sta per scatenare la tempesta, l’attimo di sospensione prima<br />

della devastazione totale.<br />

“Potrebbe smetterla di picchiare sua figlia, tanto per dirne una”<br />

com<strong>in</strong>ciò Brigida.<br />

Sentii chiaramente i dipendenti della banca trattenere il fiato, non so<br />

se per l’affermazione di Brigida o per il tono che aveva usato. Forse per<br />

entrambe le cose.<br />

Tutti all’<strong>in</strong>terno della banca rimasero congelati <strong>sul</strong> posto.<br />

Nessuno si muoveva, nessuno respirava.<br />

Nel silenzio sepolcrale che aveva creato, Brigida rovesciò <strong>sul</strong> p<strong>ad</strong>re<br />

di Nicoletta l’arr<strong>in</strong>ga più furibonda che le sentii mai scatenare su un<br />

<strong>esser</strong>e vivente.<br />

“Non si vergogna <strong>ad</strong> alzare le mani <strong>sul</strong>la sua creatura? È una<br />

ragazza bellissima e molto <strong>in</strong> gamba, che la sua cattiveria aveva<br />

tras<strong>formato</strong> <strong>in</strong> una creatura paurosa ed <strong>in</strong>sicura. Non importa quali<br />

problemi lei abbia, non mi <strong>in</strong>teressano. Fosse anche <strong>sul</strong>l’orlo del<br />

disastro lei è e resta un <strong>esser</strong>e spregevole a prendere a pugni<br />

un’<strong>ad</strong>olescente <strong>in</strong>difesa, che oltretutto è sangue del suo sangue.<br />

Nemmeno gli animali si comportano così con i loro cuccioli. Nicoletta è<br />

appena tornata a scuola dopo una settimana di assenza. E ancora oggi<br />

il livido che le ha lasciato <strong>sul</strong>la faccia è ben visibile. So io cosa farei <strong>ad</strong><br />

un <strong>esser</strong>e abom<strong>in</strong>evole come lei. Le renderei pan per focaccia. La<br />

r<strong>in</strong>chiuderei <strong>in</strong> prigione, buttando via la chiave, <strong>in</strong> compagnia di<br />

omaccioni grandi e grossi che la gonfierebbero di botte dalla matt<strong>in</strong>a<br />

alla sera…”


Questo fu solo l’<strong>in</strong>izio della più epica sfuriata di Brigida. Le sue “r”<br />

agivano da sferzate, il tono di voce era un cont<strong>in</strong>uo salire di tono.<br />

Non sono mai stata tanto orgogliosa di lei.<br />

Proprio io, che tante volte l’avevo presa <strong>in</strong> giro, ora desideravo che<br />

non si fermasse più.<br />

Quando riuscivo a distogliere lo sguardo dalla mia amica per<br />

osservare il direttore, avevo l’impressione che <strong>ad</strong> ogni assalto<br />

diventasse un po’ più piccolo di prima.<br />

Brigida term<strong>in</strong>ò la sua carica con un “… e questo è quanto!”<br />

Poco ci mancò che mi mettessi <strong>ad</strong> applaudire.<br />

Uscimmo dalla banca e solo <strong>in</strong> quel momento si accorse di me.<br />

“Terri, da quanto sei qui?” mi chiese sorpresa.<br />

Io l’abbracciai forte, con le lacrime agli occhi.<br />

“Brigida, sei stata fantastica! Sono fiera di te!”<br />

“Oh, Terri, ero così arrabbiata…”<br />

Scoppiai a ridere. “Sì” le dissi “ho notato.”<br />

“Ma dovevo fare qualcosa” cont<strong>in</strong>uò lei “anche se non so se servirà a<br />

qualcosa.”<br />

“Di sicuro io mi sento meglio. Quel verme merita pure di peggio. Dai,<br />

torniamo a scuola, prima che ci venga a cercare la polizia.”<br />

“Ok, ma prima fermiamoci al bar. Mi è venuta fame.”<br />

Abbracciate camm<strong>in</strong>ammo verso la scuola soddisfatte.<br />

Subimmo una sospensione per <strong>esser</strong>ci allontanate da scuola durante<br />

le lezioni, ma non ci importava. In seguito Nicoletta e sua m<strong>ad</strong>re si<br />

trasferirono <strong>in</strong> un altro appartamento, uno dei frutti della causa di<br />

divorzio tra i suoi genitori. Nel frattempo un centro specializzato aiutava<br />

m<strong>ad</strong>re e figlia a ritrovare equilibrio e serenità, mentre il p<strong>ad</strong>re era<br />

obbligato a sottoporsi a sedute terapeutiche per il controllo della rabbia.<br />

Se avesse sgarrato anche solo una volta sarebbe f<strong>in</strong>ito <strong>in</strong> carcere.<br />

Dopo questo episodio Nicoletta tornò lentamente a fiorire, sorretta<br />

dall’amicizia e dal sostegno di tutti noi.<br />

Da questa storia ho imparato che non sempre le esplosioni di rabbia<br />

sono un difetto da correggere, o da deridere, e che a volte arrabbiarsi<br />

può <strong>esser</strong>e l’unico modo per risolvere una brutta situazione.


PAOLA ELIA CIMATTI<br />

Orrore e sussurro<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia. In realtà non si trattava proprio<br />

di un difetto, era una specie di distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong><br />

cui pronunciava la “r”. Non era moscia alla francese, né tanto meno una<br />

evve di sapore <strong>in</strong>tellettuale; Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella<br />

consonante f<strong>in</strong>o a farla diventare tagliente; una “r” affilata che dava<br />

ancor più enfasi alle sue sfuriate, quando si arrabbiava. E Brigida si<br />

arrabbiava spesso.<br />

Che ci fossero tante erre nelle parole la irritava forte; per di più, le<br />

pareva che un impulso irrefrenabile e beffardo la provocasse, proprio<br />

mentre era su tutte le furie, a usare frasi con erre a ripetizione. Allora<br />

l’aria si elettrizzava e lei stessa provava fastidio e imbarazzo per la sua<br />

voce. Le reazioni degli altri la urtavano: chi cercava di calmarla come se<br />

fosse <strong>in</strong> preda a un attacco isterico, chi non la prendeva <strong>sul</strong> serio,<br />

come se stesse recitando un’arrabbiatura da teatro.<br />

Dopo avere provato terapie e corsi di vario genere, era arrivata alla<br />

conclusione che la sua distorsione di pronuncia fosse un segno<br />

particolare che il suo dest<strong>in</strong>o le mandava: la sua personalità non era<br />

strutturata per reagire con ira alla sorte avversa, o per tentare di<br />

imporre il suo parere, cosa fra l’altro molto scorretta. Doveva <strong>in</strong>vece<br />

coltivare <strong>in</strong> se stessa l’accettazione, la mitezza e la pazienza,<br />

allenandosi con perseveranza a concentrarsi sugli aspetti positivi, <strong>in</strong><br />

modo da non provare più rabbia, rancore, risentimento. Intraprese<br />

qu<strong>in</strong>di un percorso di ricerca spirituale per recidere l’aggressività alle<br />

r<strong>ad</strong>ici: era s<strong>in</strong>ceramente persuasa e <strong>in</strong>fervorata di questa nuova<br />

esperienza, tanto che avrebbe voluto cambiare nome.<br />

Come passaggio <strong>in</strong>termedio, si arrabattava <strong>sul</strong> vocabolario e<br />

imparava a memoria le parole senza erre, <strong>in</strong> modo da non correre rischi<br />

quando le capitava di prendere fuoco. Decise che non si sarebbe mai<br />

più arrabbiata né <strong>ad</strong>irata né mai più sarebbe stata <strong>in</strong> collera, furente o<br />

furiosa, ma caso mai <strong>in</strong>dignata, e solo per ragioni irreprensibili<br />

Una buona palestra per mettersi alla prova era la pausa-caffè <strong>in</strong><br />

ufficio, quando tutti si r<strong>ad</strong>unavano <strong>in</strong>torno alle macch<strong>in</strong>ette automatiche<br />

e chiacchieravano di attualità.


Quella matt<strong>in</strong>a la discussione era più animata del solito: c’era stato<br />

la sera prima un dibattito televisivo <strong>sul</strong> testamento biologico e i clienti<br />

delle macch<strong>in</strong>ette si erano divisi <strong>in</strong> opposti schieramenti.<br />

- “Favorevole o contraria? ” – la apostrofò il direttore, già <strong>in</strong>fervorato<br />

nella perorazione della sua causa.<br />

– “Favorevole” - rispose Brigida a freddo.<br />

- “Ah! – <strong>in</strong>calzò lui con un sorriso trionfante - ecco qua un’altra che<br />

vuol farsi ammazzare per regalare i suoi organi ai ricchi!” -<br />

- Che brava persona - si sforzò di pensare Brigida - si preoccupa dei<br />

poveri, che non possono mai difendersi dai soprusi. -<br />

Ma una leggera contrazione alla gola l’avvertì di stare <strong>in</strong> guardia.<br />

- “Io … penso che ognuno … è meglio se sceglie quello che va bene<br />

secondo la sua coscienza.” - dichiarò. Sapeva che non era nelle sue<br />

corde lanciarsi <strong>in</strong> arr<strong>in</strong>ghe contro il partito avversario, e d’altra parte non<br />

poteva rischiare un’arrabbiatura <strong>in</strong> quella situazione.<br />

- “Coscienza? - ribattè l’altro - ma se voi non avete né valori, né<br />

morale, credete che la vita sia di vostra proprietà!”<br />

Brigida portò alle labbra la tazz<strong>in</strong>a, per distrarsi dall’irritazione che<br />

si era fatta più pericolosa - Molto nobile da parte sua - pensò con la<br />

punta del cervello – vuole difendere i valori, magari si crede l’unico<br />

proprietario di quelli veri…-<br />

- “Non tutti la vedono nello stesso modo - articolò scegliendo con<br />

cura suoni dolci e consonanti morbide - c’è gente molto gentile, con<br />

buoni sentimenti...” - Ma già la voce tremava per una vibrazione di<br />

rabbia repressa e quando si accorse dello sguardo sprezzante dell’altro<br />

perse la presa e una raffica partì <strong>in</strong>controllata.<br />

- “Non si può <strong>esser</strong>e contro la libertà di pensiero… vergogna!...<br />

è proibito… un terribile errore!” - ormai i rasoi erano arrotati -<br />

“... Dittatore, peggio del p<strong>ad</strong>rone delle ferriere, guerrafondaio! …<br />

Orrore!” -<br />

La sua collega Susanna le si avvic<strong>in</strong>ò sussurrando qualcosa.<br />

Allora Brigida si guardò <strong>in</strong>torno e vide che tutti si erano portati le<br />

mani alle orecchie, come per proteggersi dallo stridore di una frenata<br />

brusca, o di gesso <strong>sul</strong>la lavagna, e si allontanavano da lei voltandole<br />

le spalle, poi sparirono nelle loro stanze e nessuno le rivolse più la<br />

parola, nemmeno quando si <strong>in</strong>contrarono all’uscita. Susanna la <strong>in</strong>vitò a<br />

uno spunt<strong>in</strong>o <strong>in</strong> un bar poco frequentato e le domandò di spiegarle per<br />

bene quello che voleva dire; da quel giorno com<strong>in</strong>ciarono a frequentarsi<br />

e a fare lunghe conversazioni.


Ascoltava con attenzione, Susanna, dando alle erre di Brigida il<br />

tempo per srotolarsi e temprare la loro carica dirompente prima di<br />

esprimersi. Allora diventavano affilate come lame di diamante e<br />

potevano tagliare il vetro <strong>in</strong> modo nitido e preciso. I ragionamenti più<br />

aggrovigliati si scioglievano <strong>in</strong> organiche architetture di riflessioni e il<br />

suo pensiero poteva spaccare <strong>in</strong> quattro il capello perché ri<strong>sul</strong>tasse<br />

chiaro <strong>in</strong> tutte le sue articolazioni. Era una corrente di energia <strong>ad</strong> alto<br />

potenziale: parlando con l’amica riusciva sempre a capire cosa era<br />

meglio per lei.<br />

Brigida la aiutava a cercare le parole e anche a trovarle, perchè<br />

Susanna si era abituata a non parlare quasi mai: quando si<br />

emozionava, il che le succedeva spesso - per collera o commozione,<br />

imbarazzo o sorpresa - gioia o dolore - strascicava la esse come se<br />

avesse <strong>in</strong> bocca un sasso, o una salsiccia - dicevano - e tutti la<br />

prendevano <strong>in</strong> giro senza pietà.<br />

Avrebbe voluto con le parole andare dritta al cuore, ma doveva<br />

<strong>in</strong>vece stare attentissima a non metterci nessuna passione. Cercava di<br />

esprimersi <strong>in</strong> modo oggettivo e distaccato, ma f<strong>in</strong>iva poi per tenersi<br />

tutto dentro perchè parlare sotto stretto auto-controllo le riusciva<br />

faticoso e sgr<strong>ad</strong>evole.<br />

Parlando <strong>in</strong>sieme, di cose sciocche o serissime, Brigida e Susanna<br />

si accorgevano sempre più spesso che la loro pronuncia, con rabbia<br />

repressa e scivolosi sussurri, era piacevolmente espressiva e<br />

vbibrante. La conversazione era diventata la loro attività preferita: ne<br />

avevano fatto un’arte.


VIVIANA VIVIANI<br />

Amico e amore<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia. In realtà non si trattava proprio di<br />

un difetto, era una specie di distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong> cui<br />

pronunciava la “r”. Non era moscia alla francese, né tanto meno una<br />

"evve" di sapore <strong>in</strong>tellettuale; Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella<br />

consonante f<strong>in</strong>o a farla diventare tagliente; una “r” affilata che dava<br />

ancor più enfasi alle sue sfuriate, quando si arrabbiava. E Brigida si<br />

arrabbiava spesso.<br />

Era nata con il broncio, raccontava sua m<strong>ad</strong>re. Si era affacciata al<br />

mondo con il piglio corrucciato di chi a quella nuova condizione, la vita,<br />

guardava già con diffidenza, se non con vero e proprio risentimento. E<br />

la stessa espressione aveva ora mentre, alla lavagna, la professoressa<br />

di lat<strong>in</strong>o le chiedeva il par<strong>ad</strong>igma di fero.<br />

Non perché non fosse preparata. Anzi, l'aveva ben presente quel<br />

par<strong>ad</strong>igma, con le sue erre tutte <strong>in</strong> fila, pronte a tr<strong>ad</strong>irla.<br />

“Fero”, <strong>in</strong>izio titubante, cercando di premere la l<strong>in</strong>gua contro il palato per<br />

contenere quel difetto che tanto la imbarazzava, ma con scarsi ri<strong>sul</strong>tati.<br />

“Fers”, cont<strong>in</strong>uò, e stavolta la erre uscì quasi normale, tanto che Brigida<br />

osò alzare gli occhi <strong>sul</strong>la platea dei compagni che dai banchi la<br />

osservavano. M<strong>in</strong>ghetti e la Corazz<strong>in</strong>i si stavano scambiando uno<br />

sguardo complice. La aspettavano per il gran f<strong>in</strong>ale.<br />

“Tuli....Latum...”. Prolungò il più possibile quelle parole senza erre,<br />

avrebbe voluto che durassero <strong>in</strong> eterno. Ma erano brevi, troppo brevi.<br />

“Ferre” disse <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e. La l<strong>in</strong>gua le si arrotolò sotto il palato e quella doppia<br />

erre volò sopra la lavagna, rimbalzò contro il soffitto, scese a fendere<br />

l'aria tra le risat<strong>in</strong>e dei compagni per poi planare ormai spenta <strong>sul</strong>la<br />

cattedra dell'<strong>in</strong>segnante, l'unica a sembrarne soddisfatta. “Bene Brigida,<br />

vai pure al posto”<br />

Prima di sedersi guardò l'<strong>in</strong>segnante con un astio assolutamente<br />

<strong>in</strong>consueto per una studentessa che aveva appena preso un buon voto.<br />

Lo stesso con cui aveva guardato la maestra delle elementari, quando<br />

le aveva assegnato la parte della pr<strong>in</strong>cipessa nella recita. Certo, il ruolo<br />

le sarebbe piaciuto, se non ci fossero stati tutti quegli “orsù”.<br />

La stessa rabbia con cui stramalediva i suoi genitori, che le avevano<br />

imposto il nome della nonna, Brigida, con quella erre proprio all'<strong>in</strong>izio,


che accostata alla b diventava un lungo brivido di freddo nel rispondere<br />

pers<strong>in</strong>o alla domanda più semplice, come ti chiami.<br />

Al suono della campana riempì <strong>in</strong> fretta il suo za<strong>in</strong>o e stava già per<br />

gu<strong>ad</strong>agnare l'uscita quando si sentì prendere sotto braccio.<br />

“Brrrrrrigida, ma dove scappi? Com'è che ultimamente te ne scheeggi<br />

via così di freetta?”<br />

Il solito birignao della Corazz<strong>in</strong>i. Brigida la <strong>in</strong>cenerì con uno sguardo<br />

ancora più tagliente, se possibile, della sua erre.<br />

“Dai, non te la prendere, scheerzo!” cont<strong>in</strong>uò la Corazz<strong>in</strong>i “sai che ci<br />

dicevamo io e M<strong>in</strong>go mentre eri alla lavagna? Anzi, lui mi diceva che<br />

non saresti affatto brutta”. M<strong>in</strong>ghetti, bello, bravo e ricco. Troppo per<br />

non sentirsi <strong>in</strong> diritto di prenderla <strong>in</strong> giro. L'aveva fatto f<strong>in</strong> dal primo<br />

giorno, con appellativi del tipo “Brrrigida frrrigida” e simili amenità, che<br />

le facevano imbizzarrire le erre negli <strong>in</strong><strong>sul</strong>ti più feroci.<br />

L'unico a non ridere era Giorgio Berti, l'unico altro maschio della classe.<br />

C'era una specie di patto latente tra lui e Brigida: non prendersi <strong>in</strong> giro a<br />

vicenda. Così lui non si accaniva <strong>sul</strong>la pronuncia di lei e lei non si univa<br />

al coro delle compagne nel deriderne il naso <strong>ad</strong>unco e la pelle<br />

brufolosa.<br />

L'unica cosa bella di Giorgio erano gli occhi, azzurri come il mare delle<br />

carte geografiche appese alle pareti, ma da tutte ritenuti “sprecati” per<br />

quel volto irregolare e quel fisico gracile.<br />

Brigida <strong>in</strong>vece qualche volta si vedeva pers<strong>in</strong>o bella, ma soltanto<br />

quando stava sola <strong>in</strong> casa e provava i vestiti e i trucchi di sua m<strong>ad</strong>re,<br />

non certo lì, alla lavagna, persa nel suo maglione <strong>in</strong>forme, pallida e con<br />

la coda di cavallo.<br />

“Certo, non saresti brutta” cont<strong>in</strong>uò la Corazz<strong>in</strong>i “se solo ti vestissi<br />

meglio, perdessi un paio di chili e fossi meno musona... beh e<br />

soprattutto se non avessi quella pronuncia ridicola, hai mai pensato <strong>ad</strong><br />

un corso di dizione?”<br />

Brigida se lo aspettava, la Corazz<strong>in</strong>i era sempre stata brava a<br />

nascondere le offese tra i complimenti. Un po' come da piccola sua<br />

m<strong>ad</strong>re le preparava il m<strong>in</strong>estrone di patate, che le piaceva tanto, ma poi<br />

ci nascondeva dentro i piselli. Così Brigida si era conv<strong>in</strong>ta che ogni<br />

cosa bella ne nascondesse una brutta molto, molto più grande. Questo<br />

era il pr<strong>in</strong>cipio di base. Forse non era un pensiero <strong><strong>ad</strong>atto</strong> <strong>ad</strong> una<br />

ragazza di qu<strong>in</strong>dici anni, ma era ciò che la vita f<strong>in</strong>o <strong>ad</strong> allora le aveva<br />

<strong>in</strong>segnato. Che le patate nascondevano i piselli, le recite nascondevano<br />

gli orsù, i complimenti nascondevano le mesch<strong>in</strong>ità e anche l'amore,<br />

quella parola <strong>in</strong>sidiosa che <strong>in</strong>iziava con un suono dolce e poi si<br />

chiudeva su una erre <strong>in</strong>aspettata, portava un po' di felicità all'<strong>in</strong>izio,


nell'immag<strong>in</strong>azione, e poi solo sofferenza. Nessuna delle sue cotte era<br />

mai stata corrisposta, ed era certa che anche se, un giorno, avesse<br />

trovato qualcuno che la ricambiasse sarebbe poi f<strong>in</strong>ito tutto male, come<br />

per i suoi genitori, che si erano tanto amati e poi erano arrivati a litigare<br />

per qualsiasi cosa f<strong>in</strong>ché suo p<strong>ad</strong>re se ne era andato a stare con una<br />

tipa che aveva lo stesso birignao della Corazz<strong>in</strong>i.<br />

Però su una cosa quella carognetta aveva ragione: da un po' di tempo<br />

Brigida non vedeva l'ora di tornare a casa dopo la scuola. Perché da un<br />

po' di tempo c'era Giacomo <strong>ad</strong> aspettarla. Giacomo, che bel nome.<br />

Senza nemmeno una erre. Avrebbe potuto sussurrarlo senza<br />

imbarazzo, quando lui l'avesse presa per mano. Poi era davvero<br />

car<strong>in</strong>o, con il sorriso simpatico, lo sguardo timido, gli occhiali da sole<br />

sopra il ciuffo ribelle, il giubb<strong>in</strong>o jeans aperto <strong>sul</strong> davanti, portato con<br />

dis<strong>in</strong>voltura, ma senza l'arroganza di M<strong>in</strong>ghetti. E da quando c'era lui, a<br />

M<strong>in</strong>ghetti e a quanto avrebbe voluto piacergli Brigida non pensava<br />

quasi più.<br />

Certo, non si erano ancora visti: di lui conosceva soltanto quella foto <strong>sul</strong><br />

profilo di facebook. Le aveva chiesto l'amicizia un paio di settimane<br />

prima, dicendo di averla vista nel corridoio della scuola. Non è possibile,<br />

aveva risposto lei, tu fai il classico e io lo scientifico. Poi avevano<br />

<strong>in</strong>iziato a chattare. Avevano scoperto di avere molti <strong>in</strong>teressi <strong>in</strong> comune,<br />

film, libri, canzoni. Amavano pers<strong>in</strong>o le stesse poesie, quelle della<br />

Dick<strong>in</strong>son che Brigida era solita copiare <strong>sul</strong> diario. E lui le aveva<br />

confessato subito di trovarla car<strong>in</strong>a.<br />

Appena arrivata a casa corse a controllare la posta della chat: lui<br />

confermava l'appuntamento per quel pomeriggio alla gelateria.<br />

All'improvviso le tornò <strong>in</strong> mente il pr<strong>in</strong>cipio di base: ogni cosa bella ne<br />

nasconde una brutta molto più grande.<br />

Certo nella foto di facebook era venuta bene, la luce della cam le aveva<br />

reso la pelle più liscia e il naso più piccolo ma, soprattutto, <strong>in</strong> chat la sua<br />

erre non si sentiva! E se con Giacomo avesse superato l'esame<br />

estetico, cosa per nulla scontata, la sua pronuncia avrebbe potuto<br />

<strong>esser</strong>le fatale.<br />

Parlerò poco, pensò. Arrivo e dico ciao Giacomo e <strong>in</strong>tanto non c'è<br />

nessuna erre. Poi mia m<strong>ad</strong>re lo dice sempre che le donne troppo<br />

chiacchierone agli uom<strong>in</strong>i non piacciono. Penserà che sono timida, il<br />

che è anche vero. Potrei f<strong>in</strong>germi muta... no, questo sarebbe troppo.<br />

Ah, come sarebbe bello che anche lui avesse un difetto di pronuncia,<br />

come me, ma sono cose che succedono solo nei film, pensò.


Mise i soliti jeans con un maglione meno <strong>in</strong>forme, passò un velo di<br />

rossetto <strong>sul</strong>le labbra e di mascara <strong>sul</strong>le ciglia, si guardò allo specchio,<br />

sospirò, prese coraggio e uscì.<br />

Era ormai <strong>ad</strong> un cent<strong>in</strong>aio di metri dalla fermata dell'autobus, immersa<br />

nei suoi pensieri, quando si sentì chiamare.<br />

“Ciao Brigida”<br />

Si girò e i suoi occhi <strong>in</strong>contrarono quelli azzurri sprecati di Giorgio. Che<br />

ci faceva lì?<br />

“Ciao Giorgio, scusa sono di fretta”<br />

“Ecco, io sono qui per dirti una cosa...ecco...so che rimarrai delusa”<br />

Rugi<strong>ad</strong>a lo guardò con aria <strong>in</strong>terrogativa e pessimi presentimenti.<br />

“Perdonami, ho cercato di impedirglielo. Ti hanno fatto un brutto<br />

scherzo... M<strong>in</strong>ghetti, la Corazz<strong>in</strong>i e qualcuna delle altre. Hanno preso le<br />

canzoni e le poesie dal <strong>tuo</strong> diario e una foto da <strong>in</strong>ternet. Quel Giacomo<br />

non esiste”.<br />

Brigida abbassò gli occhi, sconfitta. Le gambe le tremavano, ma la<br />

testa era lucida e stava collegando tutto. Tutto si <strong>in</strong>castrava<br />

perfettamente attorno al pr<strong>in</strong>cipio di base: dietro <strong>ad</strong> ogni cosa bella se<br />

ne nasconde una brutta. Molto più brutta.<br />

“Gli altri sono là alla gelateria che ti aspettano per farsi due risate. Ho<br />

voluto avvertirti” aggiunse Giorgio.<br />

“Grazie Giorgio, ti r<strong>in</strong>grazio davvero” rispose Brigida, ed era talmente<br />

triste che tutte quelle erre uscirono meno taglienti del solito, più<br />

arrotondate, ma ormai non le importava più. Forse perché non le<br />

importava più di niente.<br />

Giorgio sorrise, e non era un sorriso di scherno.<br />

“Di niente. Io vorrei <strong>esser</strong>ti amico”<br />

Ogni cosa bella ne nasconde una più brutta, pensò Brigida. Anche<br />

l'amicizia, ne sono certa. Ma gli occhi azzurri sprecati di Giorgio, sopra i<br />

brufoli e il naso <strong>ad</strong>unco, erano limpidi.<br />

“Domani a scuola fai f<strong>in</strong>ta di niente, ok? Sono degli stupidi, si<br />

stancheranno” aggiunse.<br />

“Ok” rispose Brigida. “Ok, amico”.<br />

Sì, avrebbe fatto f<strong>in</strong>ta di niente. E se le av<strong>esser</strong>o chiesto qualcosa,<br />

bastava dire che l'aveva capito subito che Giacomo era f<strong>in</strong>to. E poi<br />

quale maschio di qu<strong>in</strong>dici anni ama le poesie della Dick<strong>in</strong>son? Era stata<br />

lei a fare lo scherzo a loro e a dare buca. E d'ora <strong>in</strong> poi di fronte alle<br />

prese <strong>in</strong> giro non si sarebbe più arrabbiata, almeno non <strong>in</strong> maniera<br />

evidente. Avrebbe riso, così si sarebbero stancati prima.<br />

“Grazie ancora” disse a Giorgio, e risero <strong>in</strong>sieme della sua erre, di<br />

nuovo affilata. Chissà, pensò Brigida, se dietro <strong>ad</strong> una cosa brutta se ne


può nascondere una bella, per quanto piccola. Amico era una bella<br />

parola. E soprattutto, al contrario dell'amore, non nascondeva nessuna<br />

<strong>in</strong>fida erre nel f<strong>in</strong>ale.


SAVERIO ALFONSO ROSSI<br />

Il genio della lamp<strong>ad</strong>a<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia. In realtà non si trattava proprio<br />

di un difetto, era una specie di distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong><br />

cui pronunciava la “r”. Non era moscia alla francese, né tanto meno una<br />

"evve" di sapore <strong>in</strong>tellettuale; Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella<br />

consonante f<strong>in</strong>o a farla diventare tagliente; una “r” affilata che dava<br />

ancor più enfasi alle sue sfuriate, quando si arrabbiava. E Brigida si<br />

arrabbiava spesso.<br />

L’ho rivista di recente - per la prima volta dopo molti anni - alla festa<br />

di compleanno di un amico dei miei genitori. Non lavora più per la<br />

nostra famiglia da lungo tempo ed è <strong>in</strong>vecchiata, molto, forse troppo per<br />

la sua età e questo, mi dicono, l’ha resa ancor più irascibile.<br />

Non mi é mai piaciuta, Brigida, trattava me e mio fratello come due<br />

soldat<strong>in</strong>i, <strong>in</strong> modo duro, scortese, a tratti violento; per <strong>in</strong>segnare la<br />

discipl<strong>in</strong>a e il rispetto, diceva, ma <strong>in</strong> realtà la sua era proprio una<br />

mancanza di rispetto, una sorta di rivalsa sociale attuata, come dire, per<br />

via pedagogica, con lo scopo, nemmeno troppo nascosto, di<br />

conv<strong>in</strong>certi che tu sei cattivo per quello che rappresenti e non per quello<br />

che fai.<br />

C’era però una ragione per la quale i miei genitori tenevano Brigida<br />

<strong>in</strong> casa e le affidavano i loro figli con piena fiducia. Questa ex-operaia<br />

cont<strong>ad</strong><strong>in</strong>a e atea, emigrata giovanissima dal cuore dell’Abruzzo a<br />

Milano per lavorare come bamb<strong>in</strong>aia, era affidabile, onesta, efficiente;<br />

mio p<strong>ad</strong>re diceva, con una punta di sarcasmo, che aveva sostituito Dio<br />

con una sua div<strong>in</strong>ità <strong>in</strong>dividuale, il senso del dovere. Da <strong>ad</strong>olescente<br />

non me ne rendevo conto, ma ho capito <strong>in</strong> seguito, crescendo, che<br />

papà aveva colto nel segno e che a questo suo dio personale quella<br />

donna sacrificava ogni giorno, <strong>sul</strong>l’altare dell’educazione di noi<br />

sventurati, le sue aspirazioni, i suoi sogni, i suoi desideri; proprio a<br />

causa di questa <strong>in</strong>cessante e vana ricerca di un perfetto autocontrollo<br />

Brigida era sempre pronta <strong>ad</strong> <strong>in</strong>cendiarsi per un nonnulla.<br />

Ma non voglio parlare ancora di lei. La sua apparizione a quella festa<br />

è stata per me solo l’occasione per fare qualcosa che non faccio mai,<br />

per tornare sui luoghi della mia <strong>in</strong>fanzia e <strong>ad</strong>olescenza. Talvolta, se non<br />

siete più dei ragazzi, di solito <strong>in</strong> un momento di svago, quando, complici<br />

la compagnia ed un buon v<strong>in</strong>o bianco mosso, le difese apprestate al<br />

vostro io più <strong>in</strong>timo dalle convenzioni sociali sono abbassate, sarà


capitato anche a voi di <strong>in</strong>contrare uno di quei “geni della lamp<strong>ad</strong>a” il cui<br />

repent<strong>in</strong>o apparire vi abbia costretto a cavalcare i ricordi verso ansie e<br />

sensazioni lontane che sembravano sepolte dal tempo e dall’oblìo. Se<br />

vi è capitato ricorderete il dolore sordo provocato da quella tumul<strong>tuo</strong>sa<br />

cavalcata ed il senso di oppressione che vi avrà serrato la gola<br />

all’evocazione, del tutto <strong>in</strong>attesa, di eventi e persone care scomparsi e<br />

che non torneranno più. Ricorderete la sofferenza per il vostro respiro<br />

che si sarà fatto proditoriamente corto, le gambe che si saranno rifiutate<br />

di sostenervi, ricorderete il divano che vi avrà accolto, il cuore lacerato<br />

dall’improvvisa consapevolezza che il tempo che abbiamo a<br />

disposizione è limitato e si esaurisce <strong>in</strong> un lampo. E lì seduti, con gli<br />

occhi spalancati, avrete assistito impotenti all’<strong>in</strong>esorabile dissolversi del<br />

castello di piccole gioie, di sensazioni familiari, di profumi rassicuranti, di<br />

parol<strong>in</strong>e dolci e n<strong>in</strong>ne-nanna sussurrate all’orecchio che anime<br />

amorevoli e scomparse avevano costruito per rendervi più leggero il<br />

camm<strong>in</strong>o nel mondo.<br />

Ecco, quella sera per me Brigida è stata uno di questi odiosi “geni<br />

della lamp<strong>ad</strong>a” e, al suo <strong>in</strong>cedere sgraziato, al roteare nell’aria della sua<br />

“f” plebea, non ho proprio potuto evitare che la cavalcata dei ricordi<br />

partisse.<br />

Mio p<strong>ad</strong>re. L’espressione dolce che avrebbe voluto <strong>esser</strong>e severa e<br />

non ci riusciva mai. La sua gioia <strong>in</strong>esprimibile quando tornava a casa la<br />

sera e ci abbracciava come se non ci vedesse da mesi. La mamma.<br />

Mio fratello bamb<strong>in</strong>o. La nostra vecchia casa di Piazza<br />

Sant’Alessandro, all’ultimo piano di un elegante e sobrio edificio posto<br />

dal genio di un architetto di qualche secolo fa nel cuore della Milano<br />

vecchia, stretto tra la grande chiesa barocca del Santo e lo splendido<br />

Palazzo Trivulzio. La vecchia Fiat 124 bianca anni settanta che papà<br />

teneva nel garage della vic<strong>in</strong>a Via Rugabella e con cui andava <strong>in</strong><br />

azienda ogni matt<strong>in</strong>a alle sette, sfidando il freddo pungente come uno<br />

spillo e la nebbia, che oggi <strong>in</strong> città non si vede più ma allora, nei giorni<br />

d’<strong>in</strong>verno, affogava i pensieri e le anime dei milanesi.<br />

Le domestiche <strong>in</strong> libera uscita, che il sabato e la domenica<br />

affollavano la piazza e mangiavano enormi pan<strong>in</strong>i al prosciutto sedute<br />

<strong>sul</strong>le panche di pietra di fronte al sagrato della Chiesa, urlando parole<br />

d’amore e di guerra <strong>in</strong> dialetti a noi <strong>in</strong>comprensibili. Il mio za<strong>in</strong>etto per<br />

andare a scuola appoggiato alla grande porta di legno del soggiorno,<br />

pronto per la matt<strong>in</strong>a dopo, per ognuna delle <strong>in</strong>f<strong>in</strong>te, lontane “matt<strong>in</strong>e<br />

dopo” che ora si r<strong>in</strong>corrono nella mia memoria, ciascuna ricca di cento<br />

aneddoti, di mille sorrisi alla mia compagna di banco, di tanti amori<br />

timorosi e forti, come solo gli amori <strong>ad</strong>olescenti sanno <strong>esser</strong>e. Il


profumo del caffè appena fatto al matt<strong>in</strong>o ed il numero di un giornale a<br />

fumetti che mamma ci faceva trovare a colazione accanto alla ciotola<br />

del latte, una volta alla settimana.<br />

La notte della Vigilia, due piccoli pigiami colorati che sgattaiolano<br />

furtivi fuori da una cameretta della grande casa dormiente per sbirciare,<br />

dai vetri antichi e austeri del salone, il grande albero illum<strong>in</strong>ato, il cuore<br />

che batte forte <strong>in</strong>cendiato da quella pazza gioia <strong>in</strong>fantile che provoca <strong>in</strong><br />

ogni bimbo l’attesa, ogni anno delusa ed ogni anno r<strong>in</strong>ata, di vedere<br />

Babbo Natale. Il volto di mia m<strong>ad</strong>re giovane, <strong>in</strong>spiegabilmente nitido nei<br />

miei occhi rubati al presente da questo folle volo, e la sua voce dolce e<br />

<strong>in</strong>sieme sicura: “Saverio, hai f<strong>in</strong>ito di mangiare? Lascia stare il gir<strong>ad</strong>ischi<br />

di Filippo…”. Povera mamma, ora che ha più di ottant’anni ed io più di<br />

c<strong>in</strong>quanta quando mi vede mi abbraccia e mi bacia come se i suoi<br />

occhi, velati di lacrime, ved<strong>esser</strong>o il bamb<strong>in</strong>o di allora e di sempre.<br />

Poi tutto questo è svanito d’un tratto come sabbia tra le dita e mi<br />

sono rimasti soltanto il caldo soffocante di un salotto troppo affollato e lo<br />

sguardo cupo e beffardo di Brigida.


MASSIMO FOGLIARDI<br />

Macch<strong>in</strong>e a rabbia<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia.<br />

In realtà non si trattava proprio di un difetto, era una specie di<br />

distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong> cui pronunciava la “r”.<br />

Non era moscia alla francese, né tanto meno una "evve" di sapore<br />

<strong>in</strong>tellettuale; Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella consonante f<strong>in</strong>o a farla<br />

diventare tagliente; una “r” affilata che dava ancor più enfasi alle sue<br />

sfuriate, quando si arrabbiava.<br />

E Brigida si arrabbiava spesso...<br />

Non si sapeva mai di preciso con chi ce l'avesse, se non trovava<br />

nessuno a cui rivolgersi, la si poteva comunque sentire imprecare da<br />

sola, come volesse affidare i propri lamenti al vento.<br />

Come avesse nemici nascosti alla vista, spiriti che rimandavano<br />

l'assalto f<strong>in</strong>ale <strong>in</strong> forza della sua ost<strong>in</strong>ata resistenza.<br />

Era temuta come i temporali improvvisi <strong>in</strong> montagna, che un attimo<br />

sei lì unita al cielo e quello dopo, come fossi una schiava nei cantieri di<br />

Babele... te ne viene scagliato dietro un pezzo.<br />

Ultima di c<strong>in</strong>que tra fratelli e sorelle, li aveva visti sparire uno <strong>ad</strong> uno.<br />

Due se li era presi la miseria, se li erano mangiati i sogni, trasc<strong>in</strong>ati<br />

nelle nuove Americhe.<br />

La più grande se ne era andata abbracciando la malattia dei<br />

disperati.<br />

La matt<strong>in</strong>a che la trovò immobile nel <strong>letto</strong> macchiato appena da<br />

qualche schizzo di sangue, le chiuse gli occhi solo dopo averla pett<strong>in</strong>ata<br />

per quelle che le sarebbero poi sembrate ore.<br />

Lucia <strong>in</strong>vece se l'era presa un ubriaco fuori da una osteria nel centro<br />

della città.<br />

Presa per sé e consegnata all'Oscura Signora dopo pochi m<strong>in</strong>uti di,<br />

parole sue .<br />

Lucia però, aveva il ventre arrossato da c<strong>in</strong>que coltellate, che non<br />

sono giochi che si fanno volentieri.<br />

C<strong>in</strong>que coltellate ed un pezzo di pane bianco appena morsicato<br />

stretto nel pugno.<br />

L'ubriaco, venne fuori che oltre <strong>ad</strong> <strong>esser</strong>e appassionato di ludici<br />

<strong>in</strong>trattenimenti era un signore con tanta terra a Vignola.<br />

Così tanta, ma così tanta, che era capace di far magie…trasformò il<br />

suo coltello ancora sporco di sangue <strong>in</strong> un mazzo di fiori.


Furono aperte delle <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i ufficiali e il delegato <strong>in</strong>caricato fece<br />

alcune importanti scoperte.<br />

Altre morti simili erano capitate guarda caso proprio nel tragitto che<br />

univa Vignola alla città di Brigida. Raccolse testimonianze e redasse un<br />

corposo rapporto.<br />

Quando fu pronto davanti all'eccellentissima rappresentanza del<br />

potere <strong>in</strong>cassò però ampi scossar di teste.<br />

Gli fu ritirato il carteggio.<br />

Il giorno dopo ricevette nuovo <strong>in</strong>carico oltre a prezioso consiglio <strong>sul</strong><br />

beneficio dell'uso del silenzio.<br />

Le nuove disposizioni lo portavano a Ravenna, tre giorni di carro se<br />

andava bene.<br />

Era bella Lucia… aveva i capelli lunghi color del rame quando c’è il<br />

sole, le lentigg<strong>in</strong>i caffelatte e gli occhi chiari, grigioverde come il<br />

ghiaccio pressato, puliti.<br />

Non sorrideva mai, ma aveva sempre qualcosa nei capelli che le<br />

accendeva il viso.<br />

Brigida la proteggeva da tutto e tutti.<br />

Dalle speranze, dai sogni, dagli ubriachi.<br />

Viveva per lei, per la speranza che una delle sorelle potesse avere<br />

un futuro se non felice almeno dignitoso.<br />

Ma quando smisero di arrivare le lettere dall'America ed i pochissimi<br />

soldi <strong>in</strong>filatici dentro, fu costretta a lasciarla sempre più spesso da sola.<br />

Sola ed affamata.<br />

Quando le fu riconsegnata l'abbracciò forte nonostante fosse del<br />

colore e della consistenza del marmo. Rimase piegata su di lei per<br />

lungo tempo, pensando di sentirne il calore recuperato sotto alla sua<br />

pelle. Quando trovò da sola la forza di staccarsi... pianse silente le<br />

lacrime di una vita <strong>in</strong>tera, avvolta <strong>in</strong> una coperta di solitud<strong>in</strong>e che<br />

ri<strong>sul</strong>tava pers<strong>in</strong>o dolce, quanto era spessa.<br />

Come si diventa quando si perde ogni speranza? Cosa si diventa...?<br />

Macch<strong>in</strong>e a rabbia...<br />

Automi, golem vaganti dallo sguardo al nulla con <strong>in</strong>cisa <strong>in</strong> fronte la<br />

parola maledizione, <strong>in</strong> attesa di qualcuno che la sappia con gesto<br />

deciso cancellare.<br />

Dopo i funerali, Brigida, decise di non lasciarsi andare, accettava<br />

qualsiasi tipo di lavoro. Fuori da ogni possibile parac<strong>ad</strong>ute protettivo di<br />

rete parentale, sopravviveva.<br />

Lavava, puliva, se poteva trasportava.


E quando questo non bastava, faceva ricorso all'unico bene che le<br />

restava.<br />

Lo vendeva per pochi spiccioli.<br />

I bamb<strong>in</strong>i al lavatoio <strong>in</strong> forza delle parole rubate agli <strong>ad</strong>ulti non si<br />

accontentavano di rubarle pezzi di sogni frugando con lo sguardo fra le<br />

sue gonne.<br />

Si facevano vic<strong>in</strong>i, <strong>in</strong><strong>sul</strong>tavano e a volte tiravano oggetti f<strong>in</strong>o a<br />

quando lei presa dal suo personaggio li <strong>in</strong>seguiva bestemmiando,<br />

brandendo la sua difficoltà di pronuncia come i fanti di Alessandro le<br />

loro lance; con <strong>in</strong>credibile abilità.<br />

Questi scappavano con il cuore <strong>in</strong> gola spaventati a morte come<br />

fosse il diavolo stesso <strong>ad</strong> <strong>in</strong>seguirli.<br />

Correvano abili, correvano giovani.<br />

F<strong>in</strong>ivano a buttare le loro schiene una contro l'altra sotto la quercia<br />

della chiesa.<br />

A strozzarsi di risate, senza avere sospetto della miseria a cui<br />

avevano appena partecipato.<br />

Ma non andava sempre così bene.<br />

C'era qualcuno fra di loro un poco più grande.<br />

Intraprendente e coraggioso aspettava Brigida lungo il sentiero che<br />

dal fiume portava alle sue due povere stanze.<br />

L'assaliva a tr<strong>ad</strong>imento il bastardo, contando <strong>sul</strong>le fatiche di una<br />

giornata <strong>in</strong>tera e si prendeva gratis ciò che per lui non era altro che<br />

giusta condanna.<br />

Maledette bestie...maledette…<br />

Brigida restava a pancia <strong>in</strong> su fra le canne dove veniva trasc<strong>in</strong>ata e<br />

cercava con la mano il seme del cane di turno sperando di trovarlo<br />

<strong>sul</strong>l'<strong>ad</strong>dome e non dentro di sé. Piangeva muta il tempo di recuperare il<br />

respiro e con lo sforzo che occorre per ritornare dalla morte si alzava di<br />

scatto come avesse un meccanismo a molle.<br />

Scendeva al fiume e si lavava via tutto, anche il ricordo, c'era da<br />

sopravvivere fra quei visi che conosceva bene.<br />

Risaliva il sentiero e quando trovava il cesto col lavoro di un<br />

pomeriggio a terra nel fango, tutto da rifare, non tratteneva più le grida<br />

che tutti ormai conoscevano.<br />

Per riparare a questa violenza imposta si sarebbe resa necessaria<br />

l'uscita serale <strong>in</strong> cerca di un altra identica ma volontaria, obbligatoria per<br />

poter mangiare.<br />

Ogni volta che veniva violentata, lo sfregio subito r<strong>ad</strong>doppiava<br />

automaticamente.<br />

Rientrava completamente vuota e <strong>in</strong>consistente.


Dietro alle f<strong>in</strong>estre, ai legni anch'essi stessi marci come chi da dietro<br />

guardava, le altre donne osservavano mute la scena.<br />

Al riparo delle proprie mura pur essendo testimoni non muovevano<br />

parola né denuncia.<br />

Brigida a loro serviva.<br />

Era un monito, il gr<strong>ad</strong><strong>in</strong>o più basso, quello <strong>sul</strong> quale esse stesse<br />

avevano il terrore di ritrovarsi av<strong>esser</strong>o perso chi portava loro a casa il<br />

salario.<br />

Di legno era il loro cuore; vivo una volta e pieno di muffe e scarafaggi<br />

ora.<br />

Le loro chiacchiere arrivarono un giorno alle orecchie del nuovo<br />

curato che ascoltate con attenzione le comari si lasciò scappare la<br />

promessa di andare a trovarla per mettere f<strong>in</strong>e allo scandalo.<br />

Lei lo fece entrare e cosa mai permessa a nessuno ascoltò le sue<br />

parole.<br />

Diceva disdicevole il suo comportamento, troppo sfrontato anche se<br />

<strong>in</strong> parte capito dalla disperazione; le spiegò che <strong>in</strong> quelle vie del quasi<br />

centro tanto valeva metter su un teatro ed <strong>in</strong>vitare tutte le ragazze <strong>ad</strong><br />

imparare cose che solo il diavolo...<br />

Fuori le mura sarebbe dovuta andare, luoghi più <strong>ad</strong>atti.<br />

Erano espedienti i suoi per sopravvivere, strumenti <strong>in</strong> mano al<br />

demonio, che solo il male potevano portare e non solo per sé ma per<br />

tutti i suoi vic<strong>in</strong>i.<br />

Lei non disse niente.<br />

Sapeva che la l<strong>in</strong>gua che aveva davanti aveva le sue ragioni,<br />

nonostante il cervello che la muoveva doveva aver avuto qualche<br />

problema, a legger fra le righe dei racconti, della vita del dio, che<br />

rappresentava.<br />

Non avrebbe detto niente...non fosse stato che il curato alla f<strong>in</strong>e del<br />

sermone non facesse l'errore di scambiare la sua stanchezza per un<br />

gesto di muta consegna.<br />

Se ne era già fatto <strong>in</strong> parte idea, e forse era il momento di passare<br />

all'azione.<br />

Si fece avanti cercando di dimostrare la disdicevolezza del<br />

mercimonio delle carni, con un bell'esempio pratico che non si potesse<br />

dimenticare né tanto meno denunciare.<br />

Bastò lo sguardo alzato dal pavimento <strong>in</strong> terra battuta come la donna<br />

che lo ostentava a fermarlo.<br />

Le parole del curato al suo eccellentissimo superiore e confessore;<br />

pur tralasciando la parte <strong>in</strong> cui era soggetto e parte atta a ledere,


furono queste ><br />


Cliente da un m<strong>in</strong>uto di fatica, sembrava, ma c’era nell’aria qualcosa<br />

che non qu<strong>ad</strong>rava, e <strong>in</strong>fatti scrutando meglio Brigida capì…<br />

Quando lo vide rovistare nei vestiti come a cercare cosa che non<br />

era quella dell'amore; Brigida comprese che era f<strong>in</strong>ita la sua<br />

disperazione.<br />

Si voltò <strong>in</strong>dietro e pur vedendo la possibile fuga verso la str<strong>ad</strong>a<br />

ancora frequentata, non mosse passo.<br />

Accondiscese la demoniaca ricerca e si fece avanti f<strong>in</strong>gendo di<br />

aiutare.<br />

Il cuore le batteva forte come a chi, costruite ali con tela e legno si<br />

trova poi <strong>sul</strong>l'orlo di un precipizio decisa a provarle.<br />

Sentì il braccio dell'uomo trovare il cercato e passarglielo attraverso i<br />

vestiti dentro a sé, gelido e caldo allo stesso tempo.<br />

Percepì placata l'ossessione, una volta trovato il proprio sfogo.<br />

Non smise di sorridere Brigida. Str<strong>in</strong>se forte il suo braccio, gli calò<br />

con la mano libera le braghe disarmate poc'anzi, <strong>in</strong> modo che non<br />

potesse correre e con tutta la voce di chi arriva al proprio traguardo;<br />

dopo <strong>esser</strong>gli rov<strong>in</strong>ata sopra gridò ><br />

<br />

<br />

Alzò lo sguardo per rivelare la propria identità e capì dai tic nervosi<br />

del suo viso di <strong>esser</strong>e stata riconosciuta.<br />

gli disse.<br />

Appoggiò la fronte al suo petto, la sfregò piano come a cancellarne<br />

la maledizione sopra <strong>in</strong>cisa.<br />

Per un attimo fu bamb<strong>in</strong>a <strong>in</strong> un giorno <strong>in</strong> cui era felice.<br />

Macch<strong>in</strong>a a rabbia <strong>in</strong>ceppata.<br />

Le prime persone erano già accorse, se ne sentivano i passi sempre<br />

più vic<strong>in</strong>i.<br />

Non ci sarebbe stata abbastanza terra questa volta a liberare quel<br />

Signore dal male.<br />

Bloccato dal suo abbraccio, oramai disperato, l'uomo liberò gli sf<strong>in</strong>teri<br />

preso dalla certezza della propria f<strong>in</strong>e.<br />

Brigida se ne andò dal mondo così come era stata costretta a viverci;<br />

con l'odore degli escrementi altrui nelle narici.<br />

Al buio che le veniva <strong>in</strong>contro non disse <br />

Con l'ultimo fiato e una dolcezza da lei mai sentita disse solo ><br />

Cosa si diventa quando, dopo avere volontariamente consegnate le<br />

proprie speranze <strong>ad</strong> un sacco pieno di sassi gettato al fiume, si vedono


strappate a forza quelle cucite <strong>ad</strong>dosso, all'ultima persona che ci era<br />

rimasta da amare?<br />

Macch<strong>in</strong>e a rabbia si diventa...<br />

A orologeria.


LUCA SOLDATI<br />

Brigida la rigida<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia. In realtà non si trattava proprio<br />

di un difetto, era una specie di distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong><br />

cui pronunciava la “r”. Non era moscia alla francese, né tanto meno una<br />

evve di sapore <strong>in</strong>tellettuale; Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella<br />

consonante f<strong>in</strong>o a farla diventare tagliente; una “r” affilata che dava<br />

ancor più enfasi alle sue sfuriate, quando si arrabbiava. E Brigida si<br />

arrabbiava spesso.<br />

Anche io però ne comb<strong>in</strong>avo troppe. Come la volta del compleanno<br />

di Elena. Ci avevo messo mezzo pomeriggio a cercare il regalo giusto<br />

tra le bancarelle <strong>in</strong> piazza. Volevo trovare qualcosa di orig<strong>in</strong>ale, anzi<br />

qualcosa di più che orig<strong>in</strong>ale, e f<strong>in</strong>ivo per scovare solo pacchianate.<br />

Un’<strong>in</strong>filata impressionante di pacchianate. Parevo avere il bastonc<strong>in</strong>o<br />

del rabdomante. Guardai un’ultima volta l’ora e mi decisi per un<br />

anonimo za<strong>in</strong>etto dai motivi peruviani. Com<strong>in</strong>ciava a scendere un velo<br />

di pioggia. Correvo dentro quel mio residuato di 127 verde pisello<br />

lanciato attraverso la piana lungo i micidiali rettil<strong>in</strong>ei. Str<strong>ad</strong>e monotone<br />

che si trasformano all’istante <strong>in</strong> Z e <strong>in</strong> X per rispettare i conf<strong>in</strong>i dei<br />

poderi. Il rombo dei miei pensieri copriva quello dei quattro cil<strong>in</strong>dri<br />

sollecitati. Ero <strong>in</strong> ritardo e la festa di sicuro già ferveva. Elena elegante<br />

e splendida, attorniata dalla cerchia dei suoi spasimanti. Più che<br />

attorniata, assediata. Schiacciai <strong>sul</strong>l’acceleratore. Nell’altra corsia<br />

passava la fila <strong>in</strong>diana di tre camion della cava. Arrivai a una doppia<br />

svolta e sterzai con decisione, prima a destra e poi subito a s<strong>in</strong>istra. La<br />

127 prese a volteggiare su se stessa con un’eleganza da competizione.<br />

Una piroetta, una seconda, una terza. Nurejev di lamiera sotto i rif<strong>letto</strong>ri<br />

del Bolscioj. Mi ritrovai a contemplare il cielo bigio oltre il parabrezza<br />

mentre il sangue tornava a fluire da un angolo remoto e mi mandava<br />

notizie del mio corpo <strong>in</strong>dolenzito. Ero ancora seduto al mio posto, ma<br />

capovolto all’<strong>in</strong>dietro di novanta gr<strong>ad</strong>i. La macch<strong>in</strong>a aveva concluso<br />

l’evoluzione <strong>in</strong>filandosi magistralmente <strong>in</strong> retromarcia dentro il fossato<br />

oltre la carreggiata opposta. I pensieri di un attimo prima annichiliti,<br />

lavati via dalle gocce sorde contro la lamiera.<br />

C’è un capello che fluttua davanti a me nell’abitacolo, un lungo cr<strong>in</strong>e<br />

biondo. Al di là del parabrezza si staglia il mezzobusto di Brigida, il suo<br />

sguardo è accigliato. La voce giunge nitida anche attraverso il cristallo:<br />

“Sei un pRotozoo. Da non cRedeRe. PRopRio un pRotozoo”.


Brigida l’<strong>in</strong>cazzosa. E dire che la prima volta che si presentò fu<br />

dolcissima. Io avevo raggiunto da poco la pubertà. Era ancora lontana<br />

quando mi accorsi che avanzava verso di me, lentamente. La figura<br />

slanciata di ragazz<strong>in</strong>a <strong>in</strong> boccio, i capelli biondi lunghi f<strong>in</strong>o alle<br />

g<strong>in</strong>occhia. Procedeva completamente nuda, eppure non ri<strong>sul</strong>tava<br />

provocante. Si fermò solo quando il suo volto occupò tutta la mia<br />

visuale. Abbassò le palpebre e accostò le labbra rosee schiudendole <strong>in</strong><br />

un bacio di cui non sentii il sapore.<br />

Trascorse l’epoca di Elena l’assediata, portandosi dietro le corse a<br />

rompicollo, le ansie, le rabbie che corrodevano lo stomaco. Arrivò la<br />

stagione di Gaia, neolaureata <strong>in</strong> scienze dell’educazione. La conobbi<br />

perché la tipografia <strong>in</strong> cui ero assunto come grafico mi affidò la<br />

realizzazione di cartelloni commissionati dalla comunità di recupero<br />

Quattrostelle. Lei era una delle operatrici, nonché l’ideatrice dei<br />

manifesti. L’orto di Quattrostelle. Le Quattrostagioni di Quattrostelle. Ci<br />

<strong>in</strong>contrammo per discutere i dettagli, i bozzetti sparsi <strong>sul</strong>la scrivania di<br />

formica. Gaia aveva occhi grandi e neri, esprimevano gr<strong>in</strong>ta. I giovani<br />

che aiutavano a gestire la struttura, ragazze e ragazzi, professionisti e<br />

volontari, formavano anche al di fuori di quella realtà un gruppo ben<br />

amalgamato e compatto che condivideva una porzione generosa del<br />

tempo libero. Gaia faceva parte di quel gruppo. E io f<strong>in</strong>ii per diventarne<br />

un assiduo frequentatore. Eravamo, tutti noi, compresi <strong>in</strong> una fascia<br />

d’età tra i ventiquattro e i trenta, nessuno con famiglia a carico, sospesi<br />

nell’<strong>in</strong>tervallo tra l’impostazione di un’affermazione professionale da un<br />

lato e la ricerca di una realizzazione personale dall’altro. Fu la stagione<br />

dei grandi discorsi costruttivi, del confronto sugli ideali, delle abbuffate<br />

dal m<strong>in</strong>estraio, dei f<strong>in</strong>e settimana <strong>in</strong> baita al lago. I periodici affiatamenti<br />

che si creavano avevano il sapore di una prova attitud<strong>in</strong>ale più che di<br />

un preludio a una vita di coppia. Il gruppo come laboratorio dei<br />

sentimenti, oltre che di idee. Una società che correva il rischio forse di<br />

ri<strong>sul</strong>tare eccessivamente v<strong>in</strong>colante.<br />

Fu pertanto per una sorta di favorevole congiuntura astrale che mi<br />

trovai una sera a guardare un film <strong>in</strong> un c<strong>in</strong>ema estivo all’aperto <strong>in</strong>sieme<br />

a Gaia. E nessun altro. Nessun altro del gruppo. Era per giunta un film<br />

piacevole, leggero e poetico <strong>in</strong>sieme: narrava della convivenza<br />

improvvisata e prolungata di un anziano signore e del suo piccolo<br />

nipote. Avevo un disteso sorriso di soddisfazione <strong>sul</strong>le labbra mentre<br />

riportavo a casa Gaia con la mia Punto Sole color blu. Ripassammo a<br />

turno gli episodi divertenti o le battute azzeccate. Gran bella serata. Fu<br />

come sentire lo stridore di una punt<strong>in</strong>a strattonata <strong>sul</strong>la superficie di un


disco <strong>in</strong> v<strong>in</strong>ile quando Gaia esclamò scendendo: “Beh, io il vecchietto<br />

l’ho avuto al fianco tutta la sera…”.<br />

Ci volle un attimo prima che mi riprendessi e provassi a balbettare<br />

una replica: “Veramente… io ero lus<strong>in</strong>gato di uscire con te”.<br />

Ma stavo solo parlando a me stesso, Gaia era già avvolta dalla<br />

penombra.<br />

Rientrato a casa, c’era Brigida <strong>ad</strong> attendermi. Se ne stava al di là di<br />

una grande cancellata <strong>in</strong> ferro battuto verniciato di grigio e cumuli<br />

torreggianti di mele e di patate le <strong>in</strong>combevano tutt’<strong>in</strong>torno.<br />

“Possono c<strong>ad</strong>eRti <strong>ad</strong>dosso i meRcati geneRali che tanto tu non<br />

Reagisci. Anzi, ne saResti lus<strong>in</strong>gato”.<br />

La sua voce rimbombava roca.<br />

Effettivamente la mia occasione era svanita. Di lì a poco si seppe<br />

che Gaia si era messa con un tipo, mai visto nella cerchia, una sera che<br />

erano usciti per un c<strong>in</strong>e.<br />

Arrivarono mesi strani, silenziosi. Avevo una gran voglia di starmene<br />

<strong>in</strong> disparte. Trovai un rifugio <strong>sul</strong> terrazz<strong>in</strong>o sovrastante la palestra del<br />

circolo sportivo. Ci andavo soprattutto la sera, ma anche ogniqualvolta<br />

avessi abbastanza tempo a disposizione. Pioggia o sereno che fosse,<br />

non importava. Non mi disturbava nessuno, perché si raggiungeva solo<br />

risalendo una scaletta a pioli esterna a un muro. Di lassù avevo modo di<br />

osservare la piazza prospiciente, su cui si affacciavano diverse<br />

palazz<strong>in</strong>e. Un soldato <strong>sul</strong>la garitta. In quei giorni Brigida era sofferente.<br />

La chioma leon<strong>in</strong>a e fluente <strong>in</strong>corniciava una donna matura e tornita,<br />

legata ai polsi e alle caviglie da due funi robuste, ancorate <strong>ad</strong> uno<br />

scoglio erto. Ricordava l’Olimpia dell’Orlando furioso, <strong>in</strong> attesa del<br />

pal<strong>ad</strong><strong>in</strong>o che la liberi, o del mostro mar<strong>in</strong>o che la <strong>in</strong>ghiotta. La voce<br />

affiorava sommessa, eppure suonava ancora gr<strong>in</strong>tosa.<br />

“Ti pRego”, ripeteva, “ti pRego, ti pRego…”.<br />

Per tutta risposta io mi strof<strong>in</strong>avo alternativamente i polsi ora con un<br />

palmo, ora con l’altro. Sentivo le mie membra <strong>in</strong>dolenzite, quasi<br />

scomposte. Come una caffettiera usata male. Mi tornava <strong>in</strong> mente<br />

quella matt<strong>in</strong>a di qualche tempo prima, al risveglio <strong>in</strong> baita su al lago:<br />

poiché ero stato il primo a comparire ciabattando <strong>in</strong> sala pranzo, avevo<br />

deciso di preparare il caffè per gli amici che <strong>in</strong>dugiavano ancora <strong>in</strong><br />

branda. Tre belle moka a scaldarsi sui fornelli della stufa. Solo che al<br />

posto dell’aroma si sprigionò un puzzo di gomma bruciata. Con<br />

diligenza avevo riempito di caffè i tre serbatoi, pressandolo col<br />

cucchiaio, avevo avvitato ben strette le tre caldaie vuote e, tocco f<strong>in</strong>ale,<br />

dentro ciascun bricco avevo versato acqua fresca f<strong>in</strong>o all’orlo. Mi venne<br />

spiegato poi, tra l’ilarità generale, che è difficile ottenere la bevanda


nera e aromatica filtrando dell’acqua attraverso i chicchi mac<strong>in</strong>ati se<br />

metti l’acqua stessa alla f<strong>in</strong>e del processo anziché al pr<strong>in</strong>cipio. Chi ne<br />

sapeva niente di come si fa una moka, pensavo io, abituato com’ero a<br />

consumare la tazz<strong>in</strong>a al bar.<br />

“Eh, chi è scomb<strong>in</strong>ato fa cose scomb<strong>in</strong>ate”, aveva commentato <strong>in</strong><br />

quell’occasione uno spirito arguto.<br />

Appollaiato <strong>sul</strong> rifugio sopra la palestra andavo scomponendo e<br />

ricomponendo la mia vita, tanto l<strong>in</strong>eare e scontata all’apparenza, e tanto<br />

<strong>in</strong>garbugliata a un occhio attento. Il solo possesso dell’uomo è ciò che<br />

ha perduto, ha scritto qualcuno. Aspettavo, e i ricordi com<strong>in</strong>ciavano a<br />

staccarsi dal fondo bidimensionale <strong>in</strong> cui erano andati a schiacciarsi l’un<br />

con l’altro, riprendevano corpo, si distendevano, si <strong>in</strong>tersecavano e si<br />

richiamavano. Nel flusso che nasceva pareva di ritrovare un sapore, di<br />

pregustare un aroma.<br />

Davanti a me, nella piazza c<strong>in</strong>ta di palazzi, ferveva l’andirivieni dei<br />

passanti: i tragitti consigliati dalle abitud<strong>in</strong>i, i percorsi dettati dalla<br />

necessità, le traiettorie suggerite da scelte improvvise. Fili <strong>in</strong>visibili che<br />

si saldavano <strong>in</strong> un reticolato disteso a difesa del vuoto. Il mostro mar<strong>in</strong>o<br />

si allontanava a poco a poco, sbuffando stizzito.<br />

Arrivò il giorno <strong>in</strong> cui smisi di salire <strong>sul</strong> terrazzo.<br />

Alla f<strong>in</strong>e qualcosa di buono l’ho comb<strong>in</strong>ato anch’io, dato che ora che<br />

ho quarant’anni il caffè lo preparo per ben<strong>in</strong>o, e <strong>in</strong> compagnia di mio<br />

figlio. Mario, che ha c<strong>in</strong>que anni e vuole imparare di tutto e di più,<br />

ammicca e mi mormora soddisfatto: “Guarda come si fa un caffè, papà”.<br />

“Giorgio, stai attento che non tocchi i fornelli!”, <strong>in</strong>tima mia moglie<br />

dalla sala, perentoria. In effetti Francesca mi ricorda Brigida nei toni,<br />

anche se non possiede quel difetto di pronuncia della “r”.<br />

Quanto a lei, ha smesso di arrabbiarsi ultimamente. Anzi. Capita che<br />

la veda r<strong>in</strong>casare, sorridente come la prima volta che mi si è presentata.<br />

Sopraggiunge da una lunga passeggiata <strong>in</strong> un giard<strong>in</strong>o lussureggiante,<br />

nel lum<strong>in</strong>oso tepore di un pomeriggio di primavera. Mi oltrepassa esile e<br />

aggraziata, spandendo una fragranza di fiori. La guardo orgoglioso. Poi<br />

si volta verso di me e, ricambiando lo sguardo, prima che io riesca a<br />

batter ciglio, mi ruba di bocca la frase che vorrei dirle ancora una volta,<br />

come da sempre:<br />

“GRazie”.


WALDEMAR 1991<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia. In realtà non si trattava di un<br />

difetto,era una specie di distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong> cui<br />

pronunciava la “r”,non era moscia alla francese,ne tanto meno una evve<br />

di sapore <strong>in</strong>tellettuale;Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrottare quella consonante<br />

f<strong>in</strong>o a farla diventare tagliente,una “r” affilata che dava ancor più enfasi<br />

alle sue sfuriate quando si arrabbiava e Brigida si arrabbiava spesso.<br />

Quanto è bella,pensavo. Ho avuto modo di conoscere tante donne ma<br />

lei era particolare. Mostrava un carattere scontroso,amaro come il caffè<br />

senza zucchero ma prima o poi quello zucchero si sarebbe sciolto e<br />

avrebbe cambiato ogni cosa.<br />

Sebrava che facesse apposta a pronunciare parole con la “r”,se non<br />

la conoscessi direi che era pazza e che non sapeva parlare e <strong>in</strong>vece<br />

no,la conoscevo molto bene.<br />

Non ci parlavo mai,se non per ord<strong>in</strong>are il solito cappucc<strong>in</strong>o,e quando<br />

ci provavo tirava fuori il suo scudo. Il suo viso bianco era pieno di<br />

lentigg<strong>in</strong>i rosse che risaltavano quando i suoi grandi occhi verdi si<br />

illum<strong>in</strong>avano ed emanavano una grande energia,quando sbatteva le<br />

ciglia trasmetteva un non so che di affasc<strong>in</strong>ante e misterioso. Portava<br />

sempre i capelli sciolti solo a f<strong>in</strong>e giornata li legava,come se fossero un<br />

peso <strong>sul</strong>le spalle. Pur non avendo mai discusso con lei,sapevo molte<br />

cose. Lavorava al “Caffè di Napoli” da tre anni,aveva due fratelli a cui<br />

b<strong>ad</strong>are e una m<strong>ad</strong>re malata,lavorava come barista per mantenere la<br />

famiglia.<br />

Io ero vecchio,bè non proprio vecchio vecchio,ma lo stavo per<br />

diventare. A sessant'anni ero già <strong>in</strong> pensione,esatto:<br />

vecchio,brutto,pensionato e <strong>in</strong>namorato di una giovane ragazza<br />

che,probabilmente, non sapeva neanche della mia esistenza. Eppure<br />

facevo di tutto per farmi notare. Ormai le mie giornate si consumavano<br />

<strong>in</strong> quel antico bar nel centro di Napoli.<br />

Ord<strong>in</strong>avo il solito cappucc<strong>in</strong>o con una brioche con la marmellata e<br />

sedevo al solito posto accanto alla f<strong>in</strong>estra dove riuscivo a vedere ogni<br />

s<strong>in</strong>gola mossa di Brigida. Potevo passare per un maniaco ma quella<br />

ragazza aveva la straord<strong>in</strong>aria capacità di <strong>in</strong>cantarmi. Tutte le volte che<br />

la guardavo mi ponevo la solita domanda, che cos'ho fatto <strong>in</strong><br />

sessant'anni?<br />

Insomma,perchè non sono riuscito a metter su famiglia,perchè non<br />

ho trovato un lavoro decente?


E tutto <strong>ad</strong> un tratto mi ritrovo alla mia età <strong>in</strong>namorato e affasc<strong>in</strong>ato da<br />

una rossa. Andò avanti per mesi e mi <strong>in</strong>namoravo sempre più. Non<br />

comprendevo questo amore,ovviamente non corrisposto, e non<br />

comprendevo perchè mi fossi <strong>in</strong>namorato di una ragazza così<br />

giovane,bella e apparentemente scontrosa.<br />

Una sera,il bar,aveva deciso di trasmettere la partita di<br />

campionato,Napoli-Rub<strong>in</strong> kazan,era la prima volta che guardavo una<br />

partita di calcio,non ero il classico tifoso sfigatato ma andai <strong>ad</strong> assisterla<br />

solo per vedere la “mia” Brigida.<br />

Entrai ed era affollato e la partita era già <strong>in</strong>iziata. Speravo che il mio<br />

posto fosse libero e lo era. C'era tanta gente,tutti uom<strong>in</strong>i,dai diciassette<br />

ai quarant'anni,tutti napoletani vigorosamente vestiti di azzurro. Era 1 a<br />

0 per il Napoli,primo tempo. Ad un certo punto entrarono c<strong>in</strong>que<br />

uom<strong>in</strong>i,<strong>in</strong> giacca e cravatta,non camm<strong>in</strong>avano bene e sbiascicavano a<br />

voce alta. Erano ubriachi,occuparono un tavolo,si sedettero e <strong>in</strong>iziarono<br />

a lamentarsi,avevano uno strano accento russo. Da quel che ho capito<br />

dovevano andare allo st<strong>ad</strong>io a vedere la partita,la stessa che stavano<br />

trasmettendo <strong>in</strong> televisione ma non trovarono i biglietti. Per un attimo il<br />

mio sguardo si concentrò <strong>sul</strong> più basso dei c<strong>in</strong>que,lo riconobbi. Erano<br />

gli imprenditori che comprarono quel gran terreno fuori città.<br />

2 a 0 per il Napoli,i tifosi <strong>in</strong> delirio e i c<strong>in</strong>que ubriaconi si irritavano<br />

sempre più.<br />

La partita si concluse con la grande vittoria dei partenopei. Erano<br />

quasi le dieci di sera e il bar <strong>in</strong>iziava a svuotarsi,decisi di rimanere<br />

li,pensavo che Brigida avesse avuto bisogno di una mano per pulire i<br />

tavoli e io gliel'avrei data volentieri,ma purtroppo non andò così.<br />

I c<strong>in</strong>que russi <strong>in</strong>iziarono a cantare e ballare,sbattevano i pugni <strong>sul</strong><br />

tavolo e reclamavano ogni tipo di alcool. Brigida li guardava con<br />

disgusto e si rifiutò di dar loro da bere così <strong>in</strong>iziarono <strong>ad</strong> <strong>in</strong><strong>sul</strong>tarla.<br />

Uno dei c<strong>in</strong>que si avvic<strong>in</strong>ò a lei. Era alto,biondo e puzzava di<br />

vodka,la prese per il braccio e la scaraventò a terra,si abbassò e con<br />

sguardo eccitato le sussurrò qualcosa nell'orecchio.<br />

Dovevo far qualcosa,presi la sigaretta accesa e la spensi <strong>sul</strong>la sua<br />

mano;si girò,mi tirò un pugno. Non me l'aspettavo così c<strong>ad</strong>di a<br />

terra,<strong>in</strong>coscio. Non capivo cosa setsse succedendo <strong>in</strong>torno a me,vidi<br />

Brigida che prese una mazza da sotto il balcone e con un colpì la<br />

schiena del grosso russo m<strong>in</strong>acciandolo che se non se ne fosse andato<br />

avrebbe chiamato la polizia. Chiusi gli occhi ma mi svegliai subito dopo.<br />

Ero confuso e frastornato,cercai di alzarmi ma non ci riuscì. Intorno a<br />

me luci rosse e blu,rumori e gente che urlava,spalancai gli occhi e<br />

realizzai che Brigida era rossa,dalla testa ai piedi,Brigida era morta.


ANTONIO BUMBACA<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia. In realtà non si trattava proprio<br />

di un difetto, era una specie di distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong><br />

cui pronunciava la “r”. Non era moscia alla francese, né tanto meno una<br />

evve di sapore <strong>in</strong>tellettuale; Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella<br />

consonante f<strong>in</strong>o a farla diventare tagliente; una “r” affilata che dava<br />

ancor più enfasi alle sue sfuriate, quando si arrabbiava. E Brigida si<br />

arrabbiava spesso.<br />

Il suo nome raggiungeva i più alti significati nell'assonanza con il<br />

term<strong>in</strong>e "sprucida"; un corpo aspro e raggr<strong>in</strong>zito come se soffrisse di<br />

una rara malattia di <strong>in</strong>vecchiamento precoce, completava il tutto. I più la<br />

consideravano una donna sola, acida ed <strong>in</strong>capace di comunicare. Lei<br />

però conosceva perfettamente ben quattro l<strong>in</strong>gue. Quattro differenti<br />

pronunce della tagliente "r" la seguivano e perseguitavano quasi fosse<br />

un marchio di fabbrica <strong>in</strong>saziabile di propaganda.<br />

Il suo più grande problema era la solitud<strong>in</strong>e. Una sentimento che<br />

l'avvolgeva quasi fosse una rete di un vecchio pescatore, colma di<br />

spiragli ma così fitta ed <strong>in</strong>trecciata da evitare ogni via d'uscita. Incapace<br />

di affezionarsi <strong>ad</strong> un chiunque dell'altro sesso e timorosa <strong>in</strong> tutti i sensi<br />

di quel non gentil sesso; fondamentalmente bisognosa di un uomo,<br />

dicevano <strong>in</strong> molti.<br />

Alcuni la tenevano lontano, dubbiosi della scarsa considerazione<br />

riservatale dai più ed <strong>in</strong>timoriti dalla seppur <strong>in</strong>genua superstizione di<br />

altri. Quelli che <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e non si lasciavano trasc<strong>in</strong>are dai facili cliscé né<br />

dalle sciocche credenze, la consideravano semplicemente una sfigata,<br />

sfortunata o <strong>in</strong>capace ma pur sempre sfigata.<br />

Lei andava avanti. Coltivava ogni s<strong>in</strong>gola amicizia <strong>in</strong> un modo quasi<br />

maniacale, come se avesse ora deciso di non perdere più nulla per<br />

qualcosa di <strong>in</strong>tentato. Le più piccole e per molti <strong>in</strong>significanti<br />

conoscenze per lei ora avevano un peso, un peso enorme. Erano<br />

queste frequentazioni coloro che le <strong>in</strong>iettavano la forza per cont<strong>in</strong>uare a<br />

sperare, a vivere, <strong>ad</strong> <strong>esser</strong>e a volte felice. Conoscere un chiunque, le<br />

stimolava curiosità, gioia ed una certa dose di voracità. Ma attenzione,<br />

una volta stretta la mano, si era ormai entrati nel suo mondo; ragazz<strong>in</strong>a,<br />

donna, <strong>ad</strong>olescente, uomo o anziano signore, l'età si perdeva ora nel<br />

vuoto: quel suo universo era famelico.<br />

All'<strong>in</strong>izio ti faceva sentire importante, ti riempiva di attenzioni, di facili<br />

complimenti. Come una m<strong>ad</strong>re spesso <strong>in</strong>v<strong>ad</strong>ente ti coccolava e gioiva


delle tue semplici conquiste. Poi, così, da un momento all'altro,<br />

cambiava e come un p<strong>ad</strong>re spesso severo ti rimproverava se sbagliavi<br />

e quando non seguivi alla lettera il suo pensiero entravi <strong>in</strong><br />

quell'appiccicosa ragnatela di <strong>in</strong><strong>sul</strong>ti. Come una pianta velenosa che si<br />

arrampica e non conosce freno, si <strong>in</strong>s<strong>in</strong>uava <strong>in</strong> ogni piccolo aspetto del<br />

<strong>tuo</strong> vivere quotidiano. Le sue sfuriate raggiungevano decibel altissimi e<br />

come una piccola lama affilata ogni "r" pronunciata da lei scalfiva corpo<br />

e anima di chi <strong>in</strong> quel momento le passava accanto. Lasciava un lungo<br />

strascico di tagli, pericolosi come se provenissero da un'arma coperta di<br />

rugg<strong>in</strong>e e struggenti per l'<strong>in</strong>fezione vic<strong>in</strong>a che si riusciva ormai a<br />

percepire.<br />

Le conoscenti le stavano lontane, le amicizie la ignoravano. In<br />

passato il concime da lei usato per coltivarle non aveva quasi mai<br />

attecchito, e quando ciò era stato possibile, dal quel ramo era nato un<br />

frutto rigoglioso fuori ma aspro al suo <strong>in</strong>terno.<br />

Pensava di avere qualcuno vic<strong>in</strong>o, credeva nelle persone che aveva<br />

conosciuto <strong>in</strong> non so quale parte del mondo, ma la realtà era ben<br />

diversa. Tutti i suoi presunti amici erano avvolti da una strana e passiva<br />

f<strong>in</strong>zione.<br />

Si portava dietro ogni ricordo come se fosse un tesoro; raccoglieva<br />

oggetti a cui donava un significato profondo, ed ogni oggetto e ricordo<br />

ricambiava l'amore animandosi ai suoi occhi.<br />

Soltanto un <strong>in</strong>genuo, oltremodo uomo ambito e popolare, credeva di<br />

osservarla coi reali occhi della verità e la descriveva come donna<br />

saggia e coerente che nel tempo aveva purtroppo perduto molto, più di<br />

quanto un uomo normale avesse mai sopportato. Il suo stato d'animo la<br />

portava ora a giustificarsi con chiunque, il palato sfogava la sua<br />

frustrazione appigliandosi <strong>ad</strong> una sfuggente lettera. Passava così dal<br />

toccare fragili punti della sua <strong>in</strong>fanzia al comune strano rapporto di<br />

molte con il fattore età. La perdita del p<strong>ad</strong>re, la cacciata di casa da<br />

parte della m<strong>ad</strong>re e lo scontroso e permaloso rapporto con i suoi fratelli<br />

l'aveva a suo dire allontanata da ogni rapporto con l'altro sesso.<br />

Delusa dagli uom<strong>in</strong>i ed illusa da una ritrovata, momentanea, sp<strong>in</strong>ta di<br />

ottimismo. Si era avvic<strong>in</strong>ata, <strong>in</strong>namorata, e quasi giunta all'altare; quasi,<br />

perché abbandonata. Un figlio nel grembo costretta a rifiutare, aveva<br />

completato l'opera e strozzato <strong>in</strong> lei ogni <strong>ad</strong>dolcimento della tagliente<br />

"r".<br />

Una "r" mai riposta perché ancora oggi una fodera per la sua sp<strong>ad</strong>a<br />

non era stata costruita.<br />

Ora si sentiva abbandonata, maltrattata come un cane rognoso<br />

troppo vecchio per poter correre: a ventic<strong>in</strong>que anni si sentiva f<strong>in</strong>ita.


L'età non poteva <strong>esser</strong>e nom<strong>in</strong>ata perché scatenava <strong>in</strong> lei fortissimi stati<br />

d'ansia. Una vecchiaia sentita nei ventic<strong>in</strong>que, ora che ne aveva<br />

trentuno diventava un fattore <strong>in</strong>sopportabile, una macabra corsa contro<br />

il tempo passato nel vano tentativo di recuperare, servendosi di ogni<br />

mezzo e a ogni prezzo.


LICIA GUALANDI<br />

La luna, dietro<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia. In realtà non si trattava proprio<br />

di un difetto, era una specie di distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong><br />

cui pronunciava la r . Non era moscia alla francese, né tanto meno<br />

una evve di sapore <strong>in</strong>tellettuale; Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella<br />

consonante f<strong>in</strong>o a farla diventare tagliente; una "r" affilata che dava<br />

ancor più enfasi alle sue sfuriate, quando si arrabbiava. E Brigida si<br />

arrabbiava spesso. Esplodeva improvvisamente e com<strong>in</strong>ciava a urlare,<br />

a imprecare. Buttava le braccia <strong>in</strong> alto, le muoveva <strong>in</strong> modo goffo. La<br />

bocca diventava storta; e la sua naturale difficoltà nell'articolare le<br />

parole <strong>in</strong> quei momenti faceva peoccupare. Diceva frasi sconnesse; che<br />

zoppicavano <strong>in</strong> mezzo a tutte quelle "r".<br />

L'avevo vista <strong>in</strong>furiarsi così anche con Alice, loro si conoscevano da<br />

bamb<strong>in</strong>e. Negli anni avevano raggiunto una confidenza che non ha<br />

misura. Per Brigida era un'abitud<strong>in</strong>e quasi pacifica scagliarsi contro di<br />

lei. Per mia moglie Alice, era diventato normale evitare la pietà; non<br />

avrebbe potuto resistere a quella sua rabbia <strong>in</strong>esauribile.<br />

"Puoi urlare quanto vuoi Brigida. Ma sì, dai, ce l'hanno tutti con te. E'<br />

sempre la solita storia..."<br />

"Senti Alice non rrompere! Che io son sola io a starre con mia figlia!<br />

E gli altrri eh? Che gliene frrega agli altrri di me? No che niente gliene<br />

frrega!!"<br />

Aveva la "r" tagliente, Brigida, fastidiosa; le sue scenate di collera<br />

erano <strong>in</strong>sopportabili.<br />

Ma io stavo male a sentirla gridare, a vederle la bocca storcersi.<br />

La gente ignorante def<strong>in</strong>iva Brigida una persona un "po' semplice". Io<br />

dicevo che era un modo stupido di classificare chi ha delle difficoltà.<br />

Una lieve ipossia alla nascita le aveva causato un ritardo; un ritardo<br />

leggero, facilmente recuperabile. La sua famiglia non le aveva<br />

concesso recuperi. Era creciuta all'<strong>in</strong>ferno, Brigida.<br />

"E' sempre a lamentarsi che è sfortunata, che non la capiscono. A<br />

volte penso di non farcela..."<br />

"Lo so Alice, ma sei l'unica amica che ha, hai visto nascere la sua<br />

bamb<strong>in</strong>a. Non le è rimasto nessuno, a parte noi. Cerchiamo di<br />

conservarla tutta, la nostra pazienza."


Avevamo un forno allora, l'abbiamo venduto un anno fa e ci siamo<br />

trasferiti <strong>in</strong> città. Brigida ogni matt<strong>in</strong>a si fermava al forno mentre portava<br />

a scuola la bamb<strong>in</strong>a.<br />

La bamb<strong>in</strong>a era <strong>in</strong>telligente, sveglia; anche troppo, pensavo. Sapeva<br />

rigirarsi la m<strong>ad</strong>re <strong>sul</strong>la punta di un dito. Il p<strong>ad</strong>re non si è mai capito chi<br />

fosse; e non ci <strong>in</strong>teressò approfondire.<br />

Brigida era <strong>in</strong>genua nel cercare attenzioni. In paese dicevano che<br />

l'affetto lo concedeva volentieri; e lo chiedeva come un assetato.<br />

Dicevano altro <strong>in</strong> quel paese micragnoso, annoiato, impegnato <strong>in</strong><br />

discorsi <strong>in</strong>utili. Io non ascoltavo mai.<br />

La bamb<strong>in</strong>a veniva al forno da noi quando Brigida lavorava f<strong>in</strong>o a<br />

tardi. Oppure stava a casa dei genitori di Alice. I servizi sociali avevano<br />

procurato a Brigida diversi lavori, ma lei non accettava regole. Litigava<br />

per cose che a me sembravano sciocchezze; e il giorno dopo non si<br />

presentava.<br />

"Mi fanno perrdere la rragione! Che se ne apprrofittano di me, che mi<br />

vogliono comandarre, lorro! Son tutti scemi! Tutti scemi!"<br />

"Brigida, hai una figlia. Piantala di fare la difficile. I soldi ti servono<br />

per mangiare, no?"<br />

"Che tu dici bene Alice, che lavorri nel forrno con <strong>tuo</strong> marrito. Non ti<br />

trrattano male, a te..."<br />

La m<strong>ad</strong>re di Alice e la bamb<strong>in</strong>a erano molto legate; la viziava, come<br />

pare facciano le nonne. La chiamava la mia piccola "Luna d'agosto".<br />

Per via del nome che Brigida le aveva dato: Annaluna. Si era fissata su<br />

quel nome già dai primi mesi di gravidanza.<br />

"Ma che nome è Annaluna? Io lo trovo eccentrico. Dai Alice,<br />

conv<strong>in</strong>cila a darle un altro nome..."<br />

"Senti, ne abbiamo già parlato, non voglio <strong>in</strong>sistere. Le piace quello.<br />

E non cambierà idea."<br />

La m<strong>ad</strong>re di Alice la chiamava così anche perché aveva il viso<br />

rotondo. Diceva che era tondo come la luna piena d'agosto. La bamb<strong>in</strong>a<br />

era bella; e cresceva bene.<br />

In quel periodo, eravamo a f<strong>in</strong>e maggio, Brigida aveva appena<br />

<strong>in</strong>iziato <strong>in</strong> una cooperativa di servizi. Faceva piccoli lavori di<br />

giard<strong>in</strong>aggio, aiutava la squ<strong>ad</strong>ra nelle potature. Il posto l'avevo<br />

segnalato io ai servizi sociali. A dirigere la squ<strong>ad</strong>ra c'era uno che<br />

conoscevo per il quale nutrivo una certa fiducia. Fiducia che potesse<br />

gestire le sfuriate della Brigida.<br />

In mezzo alla confusione dei clienti, e di gente ce n'era stata, <strong>ad</strong><br />

Alice quella matt<strong>in</strong>a sfuggì l'orario e si accorse <strong>in</strong> ritardo che Brigida e<br />

la bamb<strong>in</strong>a non erano passate.


"Stai tranquilla Alice, sarà malata la bimba e non l'ha portata a<br />

scuola."<br />

"Sì ma poteva almeno telefonare. Lo sa che le aspettiamo tutte le<br />

matt<strong>in</strong>e..."<br />

"Magari le è venuta la febbre stanotte, staranno dormendo. Vedrai<br />

che ti dirà qualcosa."<br />

Non ebbe neanche il tempo di angosciarsi a vuoto, Alice. Sua m<strong>ad</strong>re<br />

entrò <strong>in</strong> negozio sconvolta.<br />

"Alice, la Brigida è dai carab<strong>in</strong>ieri. Dice se andate da lei subito!"<br />

"Mamma, ma che è successo."<br />

Alice rimase immobile, con <strong>in</strong> mano il pane per un cliente.<br />

"Sono venuti a casa sua stamatt<strong>in</strong>a, i carab<strong>in</strong>ieri. Si sono presentati<br />

con l'assistente sociale..."<br />

Com<strong>in</strong>ciò a tremare, la m<strong>ad</strong>re di Alice. Le tremava il labbro sotto, la<br />

voce era strozzata.<br />

"La bamb<strong>in</strong>a...le hanno portato via la bamb<strong>in</strong>a. La mettono <strong>in</strong> un<br />

istituto, l'Annaluna."<br />

Si mise a a piangere, non riusciva più a parlare. Alice si tolse il<br />

grembiule come una furia.<br />

"V<strong>ad</strong>o subito. Tu servi i clienti che ci sono, poi chiudi e mi raggiungi."<br />

Quando arrivai <strong>in</strong> caserma erano già fuori, <strong>in</strong> piedi davanti<br />

all'<strong>in</strong>gresso; piangevano abbracciate, mia moglie e Brigida.<br />

Apppena mi vide si lanciò verso di me, com<strong>in</strong>ciò a str<strong>in</strong>germi forte.<br />

Buttò la testa contro il mio corpo dondolandosi, facendomi dondolare<br />

<strong>in</strong>sieme a lei.<br />

"Perrché, perrché me l'hanno porrtata via! Io non le faccio mancarre<br />

niente, io le voglio tanto bene. E' semprre pulita, <strong>in</strong> orrd<strong>in</strong>e. La seguo,<br />

bene la seguo. Che è la mia prr<strong>in</strong>cipessa..."<br />

"Brigida ora calmati. Spiegami cosa è successo"<br />

"L'hanno porrtata via. L'assistente sociale, i carrab<strong>in</strong>ieri, se la sono<br />

prresa. Annaluna grridava, mi chiamava. Io non posso starre senza di<br />

lei. E' l'unica cosa bella. L'unica che ho avuto..."<br />

"Brigida, ti avranno detto il perché. Ci sarà un motivo."<br />

Si staccò da me improvvisamente; com<strong>in</strong>ciò a strillare, con quella<br />

bocca storta.<br />

"Non può starre con me, dicono. Perr il suo bene! Con me! Che io<br />

sono sua m<strong>ad</strong>rre! "<br />

Avevo sentito Brigida urlare tante volte. Ma mai, nemmeno una sola<br />

volta, contro sua figlia.<br />

Ecco, io non sono uno che si <strong>in</strong>teressa ai fatti degli altri. Ho sempre<br />

parlato poco e ascoltato meno. Soprattutto le chiacchiere <strong>in</strong>utili. Non ho


mai avuto amici <strong>in</strong> quel paese schifoso. Ero andato <strong>ad</strong> abitarci solo<br />

perchè lì avevo conosciuto Alice; mi era piaciuta subito. Al paese<br />

conoscevo Brigida e Annaluna, una bamb<strong>in</strong>a sveglia con il viso tondo.<br />

Girava per casa, non stava mai ferma, toccava tutto. Era piacevole<br />

averla fra i piedi. Figli non ne potevamo avere, io e mia moglie.<br />

Eppure quella volta mi venne voglia di chiedere, <strong>in</strong>teressarmi. Ti<br />

vengono a raccontare le cose come se fosse un esercizio quotidiano<br />

imparare i fatti personali della gente. Ma quando vuoi sapere qualcosa<br />

di importante, nessuno è autorizzato a dirti niente. Perché non siamo<br />

parenti, noi. C'è il segreto professionale.<br />

Mi <strong>in</strong>cazzai, ferocemente. Come al solito, feci <strong>in</strong> modo che nessuno<br />

se ne accorgesse.<br />

La matt<strong>in</strong>a dopo andai nell'ufficio dell'assistente sociale. La<br />

conoscevo di vista, comprava il pane da noi, non tutti i giorni ma<br />

spesso. Entrava sorridente, scambiava qualche battuta con mia moglie.<br />

Mi fece aspettare un pezzo; appena entrato mi disse subito che<br />

aveva fretta. Era scostante, ostentava un atteggiamento brusco. Non<br />

feci nemmeno <strong>in</strong> tempo a dire mezza frase che mi bloccò, con la mano<br />

alzata.<br />

"Lei è un parente? Non mi ri<strong>sul</strong>ta."<br />

"No, no io...noi siamo suoi amici. Mia moglie e Brigida erano vic<strong>in</strong>e di<br />

casa, da piccole. La famiglia di mia moglie l'ha sempre aiutata. Prima<br />

che lo mett<strong>esser</strong>o <strong>in</strong> galera suo p<strong>ad</strong>re rientrava ubriaco, la picchiava<br />

forte. E picchiarla era una gentilezza. Ne ha fatte di peggio. Brigida<br />

quando riusciva a scappare si rifugiava da loro e...<br />

"Senta, non vorrà attaccare con tutta la storia di Brigida spero. La<br />

conosco bene, so degli abusi subiti da Brigida. I servizi seguono la<br />

famiglia da anni. E abbiamo cont<strong>in</strong>uato a farlo quando Brigida ha perso<br />

la m<strong>ad</strong>re, quando ha avuto la bamb<strong>in</strong>a..."<br />

"Appunto, allora sa quello che ha passato. E ora, portarle via la<br />

bamb<strong>in</strong>a, metterla <strong>in</strong> istituto..."<br />

"Non l'ho deciso io ma Il giudice tutelare. Io ho solo raccolto una<br />

segnalazione. E poi, via, non esistono più gli istituti. E' <strong>in</strong> una casa<br />

appartamento, lontano da qui. Sta bene, stia tranquillo."<br />

"Sì, ma cosa è successo? Brigida dice che è stata la maestra di<br />

Annaluna a segnalarla. Qual'è il motivo?"<br />

"Non sono autorizzata. Lei non è un parente."<br />

"Ecco, vede, io non sarei una persona <strong>in</strong>sistente. Ma Brigida mi ha<br />

parlato di un disegno fatto da Annaluna. Non potrei vederlo? Io ne ho<br />

visti tanti suoi, è spesso a casa nostra."


"Lo so, e per fortuna vostra non siete co<strong>in</strong>volti. La responsabilità è<br />

solo della m<strong>ad</strong>re."<br />

"Ma cosa ha fatto Brigida di tanto grave! Santo cielo... e poi che c'era<br />

<strong>in</strong> quel disegno!"<br />

"Il disegno è agli atti. Non l'ho io. Mi scusi ma ora ho da fare."<br />

Uscii senza dire un'altra parola; avrei potuto <strong>in</strong><strong>sul</strong>tarla. Mai stato<br />

capace. Però due più due lo so fare: non si segnala ai servizi sociali un<br />

disegno con fiori e alberi.<br />

Brigida abitava da sola con la bamb<strong>in</strong>a <strong>in</strong> un piccolo bilocale, alle<br />

case popolari.<br />

Aveva avuto qualche fidanzato, oltre al p<strong>ad</strong>re di Annaluna che era<br />

sparito nel vuoto. Brigida parlava <strong>in</strong> modo strano, aveva dei problemi e<br />

un carattere impossibile; ma appena si calmava era piacevole<br />

guardarla: occhi grandi e grigi, capelli lunghi, scuri. Provava le emozioni<br />

una bamb<strong>in</strong>a smarrita, Brigida; era egocentrica, <strong>in</strong>capace di controllarsi;<br />

senza difese, come una terra facilmente calpestabile. Si <strong>in</strong>namorava<br />

sempre, ogni volta diceva che era l'uomo della sua vita. Le sentivo<br />

parlare sottovoce, lei e mia moglie. Alice cercava di farla ragionare. Era<br />

<strong>in</strong>sistente, Brigida, quando metteva gli occhi su qualcuno. Sapevo che<br />

aveva conosciuto un uomo nella cooperativa di giard<strong>in</strong>aggio.<br />

Telefonai la sera a quel conoscente, il coord<strong>in</strong>atore della squ<strong>ad</strong>ra<br />

dove lavorava Brigida. Una persona tranquilla, uno dei pochi che mi<br />

piacesse da quelle parti.<br />

"Sì. Brigida mi ha telefonato per avvertirmi, era disperata. Le ho detto<br />

di stare un po' <strong>in</strong> malattia..."<br />

"Lo so...ma quel tipo, quello che lei frequenta <strong>ad</strong>esso... lui cosa<br />

dice?"<br />

"Non credo proprio che frequenti qualcuno della squ<strong>ad</strong>ra. Senti c'è<br />

uno qui, uno a posto arrivato da poco. Brigida gli è sempre attaccata ma<br />

lui sta per i fatti suoi. E' riservato, silenzioso. Stamatt<strong>in</strong>a mi ha detto<br />

solo che i carab<strong>in</strong>ieri l'avevano <strong>in</strong>terrogato. Domani è fuori con la<br />

squ<strong>ad</strong>ra per un servizio, quando rientra passa <strong>in</strong> ufficio così ci parli."<br />

A me piacciono le persone silenziose. Non solo perché lo sono<br />

anche io, ma perché immag<strong>in</strong>o che chi parla poco abbia dentro di sé un<br />

mondo piuttosto loquace. Il silenzio <strong>in</strong>izialmente mi svuota, mi<br />

alleggerisce; e f<strong>in</strong>isce col restituirmi pensieri affollati. Io dentro alla testa<br />

ho sempre una serie di immag<strong>in</strong>i che poi si trasformano <strong>in</strong> voci; queste<br />

voci stanno lì a girare, a girare. E piano piano mettono <strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e le cose.<br />

O <strong>in</strong> disord<strong>in</strong>e, se è necessario.<br />

Il collega di Brigida il giorno dopo aveva la faccia gialla; si<br />

tormentava le mani, era agitato.


"Eh, l'ho raccontato che io a casa della Brigida ci sono stato solo una<br />

volta. L'ho accompagnata dopo il lavoro e ha <strong>in</strong>sistito che salissi, per un<br />

caffè. Tutto qua...mi sta simpatica, ma niente altro."<br />

"Senta, ma cosa le hanno detto i carab<strong>in</strong>ieri?"<br />

"Mi hanno detto, cosa mi hanno detto...che la bamb<strong>in</strong>a era stata..."<br />

Piegò la testa, mi sembrò che avesse il s<strong>in</strong>ghiozzo. Mi accorsi che si<br />

stava trattenendo. Poi mi guardò di nuovo, alzò il dito davanti a me e<br />

<strong>in</strong>iziò <strong>ad</strong> urlare.<br />

"Sono cose che mi viene il vomito a dire! Io sono una persona<br />

normale! Non un depravato! Io non le tocco le bamb<strong>in</strong>e..."<br />

Non dissi niente. Lasciai che si calmasse.<br />

"Mi scusi...non ce l'ho con lei. Comunque ho già cercato un<br />

avvocato, tutto qua..."<br />

"E del disegno? Sa qualcosa di un certo disegno?"<br />

"La maestra, la maestra ha mostrato un disegno. Dice che da quello<br />

si capiva che la bamb<strong>in</strong>a era stata...<strong>in</strong>somma, così e così. Poi le ha<br />

fatto delle domande, tante. E la maestra ha detto che la bamb<strong>in</strong>a ha<br />

risposto giusto."<br />

"E come sarebbe "giusto"?"<br />

"Sì, <strong>in</strong>somma, che confermava le cose del disegno. Io non so mica<br />

niente, che io non c'entro, io..."<br />

Diceva la verità; la leggi la verità <strong>sul</strong>la faccia di certe persone. Dissi<br />

che gli credevo e lo r<strong>in</strong>graziai.<br />

Chi aveva portato a casa allora Brigida. Come aveva potuto fidarsi,<br />

fare entrare uno sconosciuto, permettergli di avvic<strong>in</strong>arsi non dico tanto a<br />

lei, ma a sua figlia. La sua bamb<strong>in</strong>a.<br />

Tornai al forno. Alice aveva lo sguardo scuro. Brigida <strong>in</strong>tanto si era<br />

piazzata a casa nostra perché da sola non ci voleva stare. Non era<br />

facile come convivenza; se la prendeva per tutto, non le potevi parlare<br />

che com<strong>in</strong>ciava a urlare. Gridava con quelle sue "r" irritanti, ma<br />

comunque scusabili; la sua rabbia era comprensibile; lo erano anche i<br />

miei dubbi.<br />

Difficile che mi impicci io. Ancora più difficile che v<strong>ad</strong>a <strong>in</strong> giro a<br />

seccare le persone che non conosco. Ma dalla maestra ci andai, il<br />

pomeriggio dopo.<br />

Abitava <strong>in</strong> una bifamiliare un po' fuori paese, suonai e mi aprì il<br />

cancello del giard<strong>in</strong>o una donna giovane. Il viso lungo, i capelli tagliati a<br />

caschetto, molto magra; una magrezza eccessiva, forse.<br />

"Buonasera, mi scusi sono la persona che le ha telefonato<br />

stamatt<strong>in</strong>a, a scuola. L'amico di famiglia di Annaluna."


"Venga, entri pure. Ma non ho molto tempo, devo prendere mio figlio<br />

alla materna. Aspetto che mio marito abbia f<strong>in</strong>ito una telefonata poi<br />

dobbiamo andare."<br />

"Sì, certo. Farò <strong>in</strong> fretta, non si preoccupi."<br />

Le feci qualche domanda, <strong>in</strong> piedi, vic<strong>in</strong>o al tavolo di cuc<strong>in</strong>a.<br />

"Lei non è un parente, non sono tenuta a darle <strong>in</strong>formazioni."<br />

"Ma è come se lo fossi, io e mia moglie abbiamo visto nascere<br />

Annaluna e..."<br />

"Ma nessuna relazione di parentela. Vede, l'ho fatta venire solo per<br />

chiarire questa cosa..."<br />

"Senta, ecco io non sono mai stato, f<strong>in</strong>o <strong>ad</strong> ora, una persona<br />

<strong>in</strong>sistente o <strong>in</strong>v<strong>ad</strong>ente, ma ecco, io..."<br />

"Ora può anche andare, non ho altro da dire."<br />

"Ma a me <strong>in</strong>teressava solo sapere quello che la bamb<strong>in</strong>a..."<br />

"Allora lei non ha capito..."<br />

"No, io capisco benissimo, ma cerchi anche lei di capire..."<br />

Sbucò improvvisamente suo marito. L'avevo già visto un paio di<br />

volte, non mi era nuova la sua faccia. Mi sembrò di ricordare che a volte<br />

veniva a prendere il pane, <strong>in</strong> divisa. Sì, con la divisa della polizia.<br />

"Che succede? Lei chi è?"<br />

"Salve, io ho telefonato a sua moglie stamatt<strong>in</strong>a e..."<br />

"Lei <strong>in</strong>fastidisce mia moglie! Deve smetterla!"<br />

"Infastidirla? Ma no, ha fra<strong>in</strong>teso, io..."<br />

Si avvic<strong>in</strong>ò al mio viso, avvic<strong>in</strong>ò il suo viso al mio così tanto che<br />

potevo sentirgli il fiato.<br />

"Stavo ascoltando dall'altra stanza! Ho registrato la vostra<br />

conversazione. Ho tutto qui! Qui <strong>sul</strong> mio telefono!"<br />

Com<strong>in</strong>ciò a sbattere la mano con violenza <strong>sul</strong> tavolo, accanto <strong>ad</strong> un<br />

cellulare che stava già lì, appoggiato, e neanche l'avevo notato.<br />

"Io la denuncio sa? Io la denuncio per violazione di domicilio! E per<br />

molestie a mia moglie!"<br />

"Molestie? Ma no, la signora mi ha aperto lei..."<br />

Mi prese per il collo della maglietta. Com<strong>in</strong>ciò a tirarmi su, con forza.<br />

Urlava nel mio orecchio come un pazzo.<br />

"E chi lo dice, eh? Lei? Io sono un poliziotto sa? Vediamo un po' a<br />

chi danno ragione!"<br />

Tirò fuori, non mi resi conto da dove, la sua pistola. La sollevò<br />

lentamente, me la puntò con calma tra gli occhi; un gioco divertente.<br />

Chiusi un occhio solo; la canna diventò nitida. La riabbassò con calma e<br />

la rimise via. Mi prese per un braccio e mi sp<strong>in</strong>se fuori dalla porta.<br />

Senza dire altro.


Attraversai il giard<strong>in</strong>o barcollando, con la vista annebbiata.<br />

Quello che più mi sconvolse, più tardi, non fu, e la cosa sembrerà<br />

assurda, ripensare alla sua reazione folle; alla mia paura. Mi sconvolse<br />

rivedere mentalmente l'immag<strong>in</strong>e della moglie. Se ne era rimasta<br />

impassibile, come se suo marito stesse parlando con l'uomo che legge<br />

il contatore. Lo sguardo verso un pensile, un leggero sorriso <strong>in</strong>ebetito, i<br />

pensieri <strong>sul</strong>la cena da fare.<br />

Non ne parlai <strong>ad</strong> Alice. Ne parlai tanto con me stesso. Le voci solite<br />

si erano trasformate <strong>in</strong> suoni confusi; rimbombavano stonati negli angoli<br />

della mia testa. Quel caos mi immobilizzò.<br />

Alice proprio quella sera si mise a parlarmi della maestra di<br />

Annaluna, sottovoce.<br />

"Brigida se la prende sempre con la maestra. Dice che è scema, che<br />

ha qualcosa che non va..."<br />

Cont<strong>in</strong>uai a fissare lo schermo della tv, seduto <strong>sul</strong> divano.<br />

"Brigida dice che sono scemi tutti, Alice, figurati..."<br />

"Oh lo so. Pensa che <strong>in</strong> paese dicono che è una delle <strong>in</strong>segnanti più<br />

brave. Il marito è <strong>in</strong> polizia. Non so <strong>in</strong> quale sede, ma <strong>in</strong> città. Qui li<br />

conoscono tutti, sono persone a posto."<br />

"Sì, certo. Infatti."<br />

Rimase per un attimo lì, <strong>in</strong> bilico <strong>sul</strong> bracciolo, a guardarmi;<br />

aspettava che dicessi qualcosa. Io non mossi gli occhi da un<br />

programma idiota.<br />

"Ma che roba stai guardando stasera? Io credevo ti fac<strong>esser</strong>o schifo<br />

certe trasmissioni."<br />

Si alzò e ritornò nella camera di Brigida.<br />

Passarono alcune settimane, ancora l'angoscia di quel pomeriggio<br />

non si era dissolta. Sarò forse un vigliacco, ma non avrei potuto fare<br />

molto. Un paio di volte andai davanti alla caserma dei carab<strong>in</strong>ieri. Ora<br />

entro e denuncio quel folle. Poi mi dicevo, ma chi denuncio uno della<br />

polizia?<br />

Non ho molti <strong>in</strong>teressi, a parte la mia Alice e il lavoro. Annaluna<br />

aveva lasciato la casa vuota come se qualcuno fosse entrato a<br />

svaligiarla. Entrando pestavi tristezza, frustrazione; e impotenza.<br />

A volte v<strong>ad</strong>o <strong>in</strong> bicicletta; da ragazz<strong>in</strong>o mac<strong>in</strong>avo molti chilometri, ora<br />

mi sono impigrito.<br />

Giugno era scoppiato; il caldo secco profumava ancora l'aria come<br />

nei maggi umidi. Nel giorno di chiusura per turno controllai le ruote della<br />

bici, mi preparai e decisi di fare un lungo giro.<br />

Salii verso le coll<strong>in</strong>e, lasciandomi il paese <strong>in</strong> basso, poi ridiscesi per<br />

la str<strong>ad</strong>a che si unisce al fondovalle. Il caldo si sentiva, avevo la bocca


asciutta. Decisi di prendere la prov<strong>in</strong>ciale e fermarmi al centro<br />

commerciale, per comprare dell'acqua e fare una pausa. La zona non è<br />

molto abitata, bar non ce ne sono. C'è solo un supermercato, un<br />

capannone <strong>in</strong>serito tra qualche casolare; un piccolo centro commerciale<br />

nuovo dall'aspetto già fatiscente. Un'illusione di opportunità per una<br />

zona depressa, isolata; serena della propria desolazione.<br />

Comprai una bottiglia, mi misi a berla fuori, all'ombra di un alberello,<br />

dietro alla tettoia dei carrelli.<br />

Vidi uscire dal supermercato la maestra, aveva per mano un<br />

bamb<strong>in</strong>o più piccolo di Annaluna e lo tirava veloce. D'ist<strong>in</strong>to cercai di<br />

nascondermi. Raggiunsero un'auto poco distante da me; pensai<br />

potesse <strong>esser</strong>ci anche il marito. Mi salì una certa <strong>in</strong>quietud<strong>in</strong>e, nel caso<br />

lui mi avesse visto.<br />

La donna mi sembrò ancora più magra, aprì la portiera e mise <strong>in</strong><br />

fretta il bamb<strong>in</strong>o <strong>sul</strong> seggiol<strong>in</strong>o dietro, caricò la spesa poi guardò nella<br />

sua borsa. Ero molto vic<strong>in</strong>o a loro, anche se nascosto. E avevo il casco,<br />

gli occhiali; tutto l'abbigliamento di chi va <strong>in</strong> bici. Difficile riconoscermi.<br />

"Oh, Kev<strong>in</strong>, ma non ho più il portafogli! L'avrò lasciato alla cassa! La<br />

colpa è tua! Non stai mai fermo! Dio Kev<strong>in</strong>, sei <strong>in</strong>sopportabile!"<br />

Legò il bamb<strong>in</strong>o <strong>sul</strong> seggiol<strong>in</strong>o, poi la vidi che si ch<strong>in</strong>ava di più su di<br />

lui.<br />

"Ora mamma va a cercarlo, ma tu non muoverti di qui!"<br />

Come, pensai. Lascia il bimbo solo <strong>in</strong> un parcheggio? Il bamb<strong>in</strong>o lo<br />

vedevo, aveva gli occhi spenti.<br />

"Hai capito Kev<strong>in</strong>? Tu non ti muovi! Che se provi a slacciare la<br />

c<strong>in</strong>tura c'è una scossa elettrica che ti colpisce! Prendi la scossa e muori<br />

fulm<strong>in</strong>ato! Bruciato all'istante!"<br />

Mi tirai <strong>in</strong>dietro; come se la cosa l'avesse detta a me.<br />

"E qui, ci sono i mostri! In questo posto ci sono mostri terribili!<br />

Divorano la testa dei bamb<strong>in</strong>i! Li uccidono se provano a scendere dalle<br />

macch<strong>in</strong>e, se non danno retta! Tu lo sai vero Kev<strong>in</strong>? Lo sai cosa<br />

succede ai bamb<strong>in</strong>i che non danno retta?"<br />

Il bamb<strong>in</strong>o mosse la testa appena, il resto del suo corpo era<br />

pietrificato.<br />

La donna corse verso le porte del centro, il bamb<strong>in</strong>o rimase<br />

immobile, a guardare il poggiatesta.<br />

Ecco, ci fu un attimo <strong>in</strong> cui credetti che sarei andato lì. A dirgli che<br />

non esistono i mostri, che nessuno divora la testa dei bamb<strong>in</strong>i. E che<br />

qualunque paura potesse avere gli <strong>ad</strong>ulti esistono per questo, per<br />

proteggere, rassicurare. Che gli <strong>ad</strong>ulti non dicono bugie spaventose,<br />

non mentono mai.


Non ce la feci. Avrei dovuto mentire. Dietro al f<strong>in</strong>estr<strong>in</strong>o c'era un<br />

bamb<strong>in</strong>o solo, impaurito; sperai che la m<strong>ad</strong>re facesse <strong>in</strong> fretta a tornare.<br />

Sperai che non tornasse mai più.<br />

La donna tornò, sgambettando <strong>sul</strong>le sue g<strong>in</strong>occhia ossute, riaprì la<br />

portiera dietro.<br />

"Bravo Kev<strong>in</strong>. Hai dato retta. Perchè lo sai che i bamb<strong>in</strong>i che non<br />

danno retta si ammalano e vanno all'ospedale. Lo sai vero?"<br />

Prese il braccio del bamb<strong>in</strong>o, il suo polso sottile, esile; com<strong>in</strong>ciò a<br />

str<strong>in</strong>gerlo con forza e a torcerlo. Il bamb<strong>in</strong>o fece appena un gemito. La<br />

donna lasciò improvvisamente il polso, sorridendo.<br />

"E all'ospedale, Kev<strong>in</strong>, ci sono i dottori che fanno le punture che<br />

bruciano...se non dai retta."<br />

Li vidi allontanarsi veloci e immettersi nella prov<strong>in</strong>ciale. Sparire,<br />

confondersi dietro <strong>ad</strong> altre auto. Una m<strong>ad</strong>re e un bamb<strong>in</strong>o che rientrano<br />

da un pomeriggio di spese.<br />

Cercai Alice, a casa; lei e Brigida erano uscite, non so dove. Le<br />

r<strong>in</strong>tracciai al telefono.<br />

"Ti devo parlare Alice, da sola."<br />

Decidemmo di prendere un avvocato; non so bene perchè non lo<br />

avessimo fatto prima. Anche noi avevamo creduto, come tutti gli stupidi,<br />

all'evidenza. A quello che salta agli occhi solo perché si trova nell'unica<br />

parte che ti è concesso di vedere.<br />

I servizi sociali com<strong>in</strong>ciarono <strong>ad</strong> avere dubbi <strong>sul</strong>la testimonianza<br />

della maestra; sospettarono che avesse estorto, <strong>in</strong> qualche modo, la<br />

confessione di Annaluna; confutarono l'<strong>in</strong>terpretazione del disegno. Due<br />

bamb<strong>in</strong>i, maschio e femm<strong>in</strong>a, che si baciavano; tre cuori sospesi sopra<br />

al loro abbraccio. Non c'era altro <strong>in</strong> quel disegno.<br />

Ripenso a una sera di qualche anno fa, quando abitavamo ancora <strong>in</strong><br />

quel paese. Io e Annaluna eravamo <strong>in</strong> giard<strong>in</strong>o. Avevamo cotto delle<br />

salsicce <strong>sul</strong>la griglia, cenato con il pane abbrustolito. Brigida era dentro<br />

con mia moglie, rideva, non era arrabbiata, non urlava parole piene di<br />

"r" affilate. L'unica cosa tagliente <strong>in</strong> quel momento era la sua risata;<br />

contagiosa, prorompente. Lontana dalla sua <strong>in</strong>fanzia orribile. Eravamo<br />

una delle tante famiglie normali che godono di una notte estiva.<br />

La bamb<strong>in</strong>a era seduta nel prato e guardava il cielo, sembrava quasi<br />

che si stesse <strong>ad</strong>dormentando. Poi all'improvviso si alzò <strong>in</strong> piedi e mi<br />

chiese: Senti, ma cosa c'è dietro alla luna?<br />

Io le dissi tranquillamente: niente, solo la luna.<br />

Ecco, ora io non so. Non so se potrei darle, <strong>ad</strong>esso, la stessa<br />

risposta.


ROBERTO COSTANTINI<br />

Controcorrente<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia.<br />

In realtà non si trattava proprio di un difetto, era una specie di<br />

distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong> cui pronunciava la “r”.<br />

Non era moscia alla francese, né tanto meno una "evve" di sapore<br />

<strong>in</strong>tellettuale;Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella consonante f<strong>in</strong>o a farla<br />

diventare tagliente; una “r” affilata che dava ancor più enfasi alle sue<br />

sfuriate, quando si arrabbiava.<br />

E Brigida si arrabbiava spesso.<br />

Poi, le traversie della vita hanno smussato i suoi eccessi di ira.<br />

La ragazza di un tempo non esiste più, la sua parte collerica è stata<br />

sopraffatta dagli avvenimenti che le si sono abbattuti <strong>ad</strong>dosso, senza<br />

mai risparmiarla.<br />

Si fa chiamare Andrea e si è trasferita al Nord.<br />

Il cambio di latitud<strong>in</strong>e non le ha risolto un granché ma la solleva<br />

sapere di <strong>esser</strong>e estranea a chiunque, <strong>in</strong> paese.<br />

Il suo viso non ricorda niente a nessuno e questo già le basta.<br />

Lo scorso sabato, <strong>in</strong> posta, aveva alzato un poco la voce contro una<br />

signora che le stava passando davanti.<br />

-Ma...io...questa erre la conosco, ecco dove sei f<strong>in</strong>ita!Brigida sei tu?-<br />

Le aveva chiesto un signore attempato.<br />

-No, si sbaglia, mi chiamo Andrea!-Aveva risposto prontamente.<br />

-Eppure...-<br />

Non lo aveva lasciato f<strong>in</strong>ire, se ne era andata all'improvviso,<br />

lasciandolo <strong>in</strong>terdetto.<br />

Sarebbe potuto acc<strong>ad</strong>ere ed era acc<strong>ad</strong>uto.<br />

L'<strong>in</strong>contro l'aveva sconvolta, aveva evitato di farsi vedere <strong>in</strong> giro i<br />

giorni seguenti.<br />

Non aveva la m<strong>in</strong>ima idea di chi potesse <strong>esser</strong>e l'uomo ma solo il<br />

fatto che l'avesse riconosciuta e senza alcuna difficoltà...<br />

Quel cazzo di erre!<br />

Fanculo la erre, Porretta ed il caso!<br />

Oggi tenta di rilassarsi, rimescolando i propri ricordi.<br />

Scorre tra i riflessi fluviali le troppe sconfitte patite, domandandosi<br />

quante ancora ne avrebbe potute sopportare.<br />

E' dura accorgersi di non esistere e vegetare a stento.


La luce è accecante, il riverbero dei raggi solari impedisce quasi la<br />

vista.<br />

Ovunque possa guardare, nulla pare sfuggire a quell'<strong>in</strong>candescenza<br />

spietata.<br />

Una ghiandaia chiassosa si appoggia a qualche metro da lei e la<br />

rallegra un istante con le sue piume striate d'azzurro poi schizza via,<br />

abbandonandola alla sua sorte.<br />

Adora quell'ansa del fiume <strong>in</strong> cui ha riso, pianto, amato e goduto, si è<br />

abbrustolita la pelle e si è offerta alla luna.<br />

Se ne sta appollaiata nel suo masso preferito <strong>in</strong> mezzo al corso del<br />

fiume, di tanto <strong>in</strong> tanto, punta lo sguardo verso il sole senza riuscire<br />

nemmeno <strong>ad</strong> <strong>in</strong>qu<strong>ad</strong>rarlo, nell'<strong>in</strong>contenibile ardore delle prime giornate<br />

di luglio.<br />

Qu<strong>in</strong>di richiude le palpebre e conta quelle forme svolazzanti verdeviola,<br />

nel buio dei propri occhi, come fossero allegri pallonc<strong>in</strong>i di<br />

un'<strong>in</strong>fanzia dimenticata.<br />

Brigida aveva la pelle scura quando, <strong>in</strong> Italia, i pochi neri conosciuti,<br />

li si vedeva cantare <strong>in</strong> televisione e per molto tempo aveva faticato più<br />

<strong>ad</strong> accettarsi che a<br />

farsi accettare.<br />

Un prete si riposa dal volo <strong>sul</strong> suo g<strong>in</strong>occhio: li preferisce agli altri<br />

<strong>in</strong>setti perché si lasciano prendere, come le lucciole di notte e li salva<br />

quando c<strong>ad</strong>ono nell'acqua, <strong>in</strong>zuppandosi le ali.<br />

Ora, anche lei vorrebbe qualcuno <strong>ad</strong> accorgersi del suo vano<br />

annaspare nel macero della vita, che la sollevasse delicatamente<br />

mettendola <strong>in</strong> salvo, lontano dal male.<br />

In alto una poiana volteggia regale, scrutando i m<strong>in</strong>imi movimenti<br />

terrestri per fiondarsi <strong>in</strong> picchiata a ghermire la preda.<br />

In basso, nel silenzio naturale, ronza un maggiol<strong>in</strong>o e un pesce balza<br />

fuori dall'acqua, lasciandole la compagnia armoniosa dei centri<br />

concentrici che si allargano, f<strong>in</strong>o a sparire <strong>sul</strong>le rive.<br />

Brigida ricorda poco dei suoi primi anni ma quel poco lo rammenta<br />

bene.<br />

Un androne da cui lei sbucava da s<strong>in</strong>istra, correndo verso un'ampia<br />

vetrata a volta, <strong>in</strong>sieme a bamb<strong>in</strong>i di varie età, la domenica matt<strong>in</strong>a,<br />

contenta e speranzosa, quanto solo chi cerca un p<strong>ad</strong>re o una m<strong>ad</strong>re<br />

può <strong>esser</strong>lo.<br />

Purtroppo non fu mai la sua domenica e solo gli sberleffi generali la<br />

colpirono al cuore:<br />

-Che corri a fare tu, tanto i genitori non li hai!-.


Non ha mai realizzato dove poi tornasse, dalle sue devastanti<br />

delusioni di quei giorni festivi ma nella nebbia del passato, una figura<br />

femm<strong>in</strong>ile la teneva un po' con sé, <strong>in</strong> scampoli d'affetto...forse suor<br />

Dolores.<br />

Avrebbe voluto trovarla quella notte, la suora!<br />

Invece non c'era nessuno là, <strong>in</strong>torno, fuori, vic<strong>in</strong>o...<br />

Urlava di lasciarla andare, implorava pietà <strong>ad</strong> un mondo sordo,<br />

distratto.<br />

I quattro demoni l'avevano lasciata priva di coscienza nell'ultima<br />

cab<strong>in</strong>a, prima della spiaggia libera.<br />

Si era riavuta tra canotti, salvagente, palette e secchielli:uno fra i<br />

tanti oggetti smarriti, dell'estate appena term<strong>in</strong>ata.<br />

Aveva vagabondato qualche ora per l'arenile deserto, come se<br />

l'av<strong>esser</strong>o scuoiata.<br />

Immersa tra le onde fredde di ottobre, aveva sperato di annegare le<br />

nausee soffocanti, senza riuscirci.<br />

Un accenno di reazione l'aveva diretta verso la caserma dei<br />

carab<strong>in</strong>ieri, dissolvendosi nel varcarne la soglia.<br />

Le pareva che tutto Porto San Giorgio la stesse spiando da dietro le<br />

tende, le persiane, le tapparelle.<br />

Gli occhi del piantone, scrutandole l'anima, l'avevano fatta desistere.<br />

Anche i muri della citt<strong>ad</strong><strong>in</strong>a le sussurravano di andarsene,<br />

dimenticare...<br />

Chi avrebbe preso le sue difese contro quei ragazzi di buona<br />

famiglia, conosciuti e stimati?<br />

Chi l'avrebbe protetta dagli sguardi scettici, dai commenti maligni, dai<br />

latenti rancori?<br />

L'<strong>in</strong>grata Brigida, la mulatt<strong>in</strong>a <strong>ad</strong>ottata, si scagliava contro la<br />

comunità che l'aveva cresciuta nella benevolenza generale!<br />

Pure i r<strong>in</strong>tocchi delle campane della prima messa, l'avevano scossa<br />

con un pacato rimprovero.<br />

Era partita anticipando la sveglia dei giovani rampolli del posto, con<br />

un gravoso bagaglio <strong>in</strong>teriore di vergogna, sdegno ed orrore.<br />

Si guarda <strong>in</strong>torno, cercando di scorgere differenze nel paesaggio<br />

dalla scorsa stagione e nell'afa soffocante le ri<strong>sul</strong>ta tutto immobile ed<br />

appiattito, come le parole che si ripete:<br />

-Basta che stai, che sei.<br />

Che ti possa chiamare, che ti chiami Andrea.<br />

Per sapere chi sono e conoscere chi sei.-<br />

Poco dopo <strong>esser</strong>si sistemata a Porretta, le era parsa le frase più<br />

bella ed <strong>in</strong>tensa che avesse mai potuto sentirsi dire!


L'unica differenza è lei, schiacciata da quel panorama troppo eterno<br />

e non solo...<br />

I rami più bassi dei maggiociondoli e delle acacie a monte, hanno un<br />

fremito improvviso; prima è una corrente fredda, appena sopra la<br />

superficie dell'acqua poi le foglie che galleggiano pigre ed <strong>in</strong>animate,<br />

<strong>in</strong>iziano la loro burrascosa discesa.<br />

Su quelle sponde, aveva scelto il proprio pr<strong>in</strong>cipe selvaggio e perso<br />

per lui ogni <strong>in</strong>ibizione, smarrendosi nelle <strong>in</strong>cantate maree di quell'unico<br />

uomo.<br />

L'amore ed il pudore, il desiderio, la passione... il sapore.<br />

Il possesso ed il timore, gli orgasmi, il sudore... il sospetto.<br />

La rabbia ed il dispetto, gli orgasmi...il dolore.<br />

E ancora il dolore e meno gli orgasmi, molto più la rabbia.<br />

In seguito le grida, gli <strong>in</strong><strong>sul</strong>ti, le prime sp<strong>in</strong>te, gli schiaffi ed un ventre<br />

che sbatte.<br />

Un semi boato là, dietro alle rocce lontane del suo orizzonte ed<br />

un'onda spumeggiante e m<strong>in</strong>acciosa sommerge la quiete.<br />

Ora è tutto stravolto, con la sua impe<strong>tuo</strong>sa energia la piena spazza<br />

ogni cosa, <strong>in</strong>v<strong>ad</strong>e, ribalta, irrompe, sfascia.<br />

Una serpe nera, sorpresa nel gu<strong>ad</strong>o, la sfiora tentando di<br />

sgrovigliarsi, pure essa travolta da quella potenza.<br />

Ma il suo strazio non si è più mosso dal quel pavimento, dalle prime<br />

gocce di sangue, dal folle precipitarsi al pronto soccorso.<br />

Il suo martirio è fissato nello sguardo mal<strong>in</strong>conico del medico, nel<br />

sommesso verdetto <strong>in</strong>umano che le si squarcia dentro.<br />

Un'altra f<strong>in</strong>e e solitud<strong>in</strong>e ancora.<br />

Il resto è fuligg<strong>in</strong>e amara che copre i sentimenti, oscura le speranze<br />

e cancella i colori.<br />

Il residuo ospedaliero di quella notte sarebbe stato il suo primo<br />

parente, l'<strong>in</strong>sostituibile respiro amico nella sua vita.<br />

Legge l'ultima volta l'assurda presunzione nel messaggio dell'uomo<br />

che aveva amato:<br />

-Nel perdere te, abbiamo perso tu ed io:io, perché tu eri quel che più<br />

amavo e tu, perché io ero quello che ti amava di più.<br />

Però di noi due, tu perdi più di quanto perda io, perché io potrò<br />

amare altre, come amavo te ma nessuno ti amerà mai, come ti amavo<br />

io.-<br />

...Sono tre passi ed un tuffo, Brigida vola dalla cascata, pochi attimi<br />

onnipotenti di estasi, leggerezza <strong>in</strong>audita.


Plana libera, staccandosi da perfide ossessioni nell'azzurro del suo<br />

cielo, nel verde del suo fiume e sparisce nel turb<strong>in</strong>io <strong>in</strong>arrestabile di una<br />

candida schiuma che rivolta i dest<strong>in</strong>i.<br />

Sarà la natura a decidere per lei, la potenza <strong>in</strong>arrestabile dell'acqua<br />

che la porta con sé, schiantandola contro le rocce, le sporgenze<br />

sabbiose, <strong>in</strong>abissandola ed offrendole rari attimi di ossigeno.<br />

E' un'immensa pressione di acqua che la ribalta e la proietta <strong>in</strong> una<br />

caotica vertig<strong>in</strong>e.<br />

E' il cuore <strong>in</strong> allarme costante che trasmette alla sua volontà:<br />

-Resisti, aggrappati, combatti, vivi... per Dio!-<br />

E nel cervello pulsa l'ist<strong>in</strong>to primordiale di uscirne per l'ennesima<br />

volta.<br />

Nel capovolgersi un bagliore <strong>in</strong>daco elettrico attrae le sue forze<br />

residue.<br />

Una mano si erge ribelle ai propri sensi, a cercare un appiglio.<br />

Una gamba la segue, a parare i colpi improvvisi.<br />

Inf<strong>in</strong>e è la bocca <strong>ad</strong> uscire e rubare un ansioso respiro.<br />

Il suo corpo si afferra ai denti dell'<strong>in</strong>granaggio e<br />

l'<strong>in</strong>esorabile meccanismo di sopravvivenza, si attiva con lentezza.<br />

E' un frenetico gesticolare, uno scoord<strong>in</strong>ato tentativo di non<br />

soccombere.<br />

A valle, la corrente restituisce un povero <strong>esser</strong>e ammaccato, <strong>in</strong> un<br />

anfratto melmoso.<br />

Brigida sente la vita ansimarle <strong>in</strong> corpo, si affanna a toccarsi ed alza<br />

la testa.<br />

R<strong>in</strong>asce dal ventre materno del mondo che le piace di più, si stende<br />

alla meglio nel grembo della sua natura selvaggia e respira tutta l'aria<br />

che può.


SABRINA VENEZIA<br />

Teresa<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia. In realtà non si trattava di un<br />

difetto, era una specie di distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong> cui<br />

pronunciava la “r”. Non era moscia alla francese, né tanto meno una<br />

evve di sapore <strong>in</strong>tellettuale; Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella<br />

consonante f<strong>in</strong>o a farla diventare tagliente; una “r” affilata che dava<br />

ancora più enfasi alle sue sfuriate, quando si arrabbiava. E Brigida si<br />

arrabbiava spesso. Non sopportava l’odore acre che l’accoglieva ogni<br />

matt<strong>in</strong>a all’entrata del nostro stanzone: dieci corpi <strong>in</strong>ermi, c<strong>in</strong>que letti a<br />

destra e c<strong>in</strong>que a s<strong>in</strong>istra, parcheggiati lungo pareti bianche<br />

completamente anonime, senza storia, senza futuro. A Brigida tutta<br />

quella miseria, quei corpi da lavare, dis<strong>in</strong>fettare e sostentare, la<br />

<strong>in</strong>nervosivano. Almeno due volte al giorno gridava che se non fosse<br />

stato per la paga di f<strong>in</strong>e mese, avrebbe lasciato marcire le nostre<br />

carcasse, sfatte e <strong>in</strong>utili. Noi, relitti abbandonati, sopravvivevamo<br />

<strong>in</strong>difesi, soffocati da quella furia selvaggia, <strong>in</strong> mezzo <strong>ad</strong> una<br />

desolazione tetra e senza speranza. Il nostro equilibrio fisico e mentale,<br />

già molto precario, veniva messo a dura prova dalle urla di quella<br />

donna, parole strillate senza controllo e senza rispetto: “vecchi<br />

R<strong>in</strong>coglioniti, cosa aspettate a moRiRe!”. Alle sue urla isteriche<br />

facevano eco, mischiandosi, le grida <strong>in</strong>comprensibili di Carlo Fusetti, a<br />

cui già da tempo erano saltati tutti i delicati meccanismi mentali: Carlo<br />

era c<strong>ad</strong>uto negli abissi dell’<strong>in</strong>coscienza e affogava ogni giorno nel<br />

tormento della mancanza di memoria, senza nessuna ancora di<br />

salvezza a cui appigliarsi.<br />

Io, Franco R<strong>in</strong>aldi, maestro di scuola elementare <strong>in</strong> pensione, ero<br />

arrivato <strong>in</strong> quella “casa di riposo” alcuni mesi prima, pochi giorni dopo la<br />

dipartita della mia amata Teresa, compagna discreta e meravigliosa dei<br />

miei ultimi vent’anni. Lei, più giovane di me, più sana, più forte, era<br />

volata via nel sonno, con la leggerezza di una farfalla, abbandonando<br />

<strong>sul</strong> nostro <strong>letto</strong> un guscio vuoto e portando via il soffio vitale della sua<br />

dolce anima. Al mio risveglio avevo visto quel corpo immobile senza<br />

vita: dalle persiane socchiuse filtrava una calda luce, forte ed<br />

abbagliante, eppure io vedevo solo fredde tenebre <strong>in</strong>torno a me. Ero<br />

rimasto come un lago prosciugato, come un pallonc<strong>in</strong>o senza aria. Lei<br />

se ne era andata così, <strong>in</strong> punta di piedi, senza preavvisi, lasciandomi


solo, pesante come il masso di una scogliera, contro cui l’onda del<br />

dolore sbatteva ripetutamente senza sosta.<br />

La sua morte improvvisa era stata un trauma, mi aveva lasciato un<br />

vuoto <strong>in</strong>colmabile. Oltre la solitud<strong>in</strong>e di una casa silenziosa, c’era<br />

l’esigenza di dover trovare qualcuno che mi aiutasse nelle esigenze<br />

fisiologiche quotidiane. Non ero autosufficiente, vivevo su una sedia a<br />

rotelle da qualche anno. La mia pensione non mi permetteva di trovare<br />

l’aiuto di una b<strong>ad</strong>ante che si prendesse cura del mio corpo malandato.<br />

Avrei potuto trasferirmi da mio figlio, ma Roberto viveva all’estero <strong>in</strong> una<br />

città di cui non conoscevo i luoghi né la l<strong>in</strong>gua. Non volevo <strong>esser</strong>e di<br />

peso per lui e la sua compagna. Sapevo, <strong>in</strong>oltre, che Roberto provava<br />

ancora del rancore nei miei confronti, per la mia decisione mai accettata<br />

di convivere con Teresa.<br />

Così, senza altra scelta, ero f<strong>in</strong>ito <strong>in</strong> quell’<strong>in</strong>ferno, una casa per<br />

anziani sovvenzionata dal Comune nella quale mi ero illuso di trovare<br />

compagnia, cure e sostegno. Ma non era andata così. Il primo impatto<br />

era stato l’<strong>in</strong>contro con Brigida, che da subito aveva mostrato i suoi<br />

modi scortesi e arroganti. A distanza di due mesi dalla morte di Teresa,<br />

la mancanza di progetti e di idee per il futuro, <strong>in</strong>sieme alle sfuriate e ai<br />

maltrattamenti di Brigida, mi stavano attirando <strong>in</strong> un vortice senza<br />

fondo. Le mie giornate erano scandite dall’apatia, dalla rassegnazione,<br />

dall’attesa di una morte che annullasse per sempre quell’<strong>in</strong>utile e<br />

dolorosa agonia. Non c’era spazio per pensieri positivi, ma solo<br />

impotenza, solitud<strong>in</strong>e e depressione. Disperazione.<br />

“Come sta, signor Franco?”. A scuotermi dai miei pensieri tristi ed<br />

immobili era apparso Giovanni, il figlio m<strong>in</strong>ore di Teresa. Era passato<br />

alcuni giorni prima, non pensavo tornasse così presto a trovarmi.<br />

“Ciao Giovanni”, gli avevo risposto sorridendo debolmente. Poi, avrei<br />

voluto aggiungere che stavo bene… non trovai il coraggio e l’energia<br />

per mentirgli. I suoi occhi scuri, <strong>in</strong>tensi e profondi, mi guardarono dentro<br />

con la stessa <strong>in</strong>tensità e forza di sua mamma, la mia cara Teresa.<br />

Cercai di non commuovermi e trattenni le lacrime, anche se un tremore<br />

com<strong>in</strong>ciava <strong>ad</strong> agitarmi le labbra. Brigida, nel frattempo, stava urlando<br />

improperi contro Luigi Rossi, che aveva appena lasciato c<strong>ad</strong>ere per<br />

terra un bicchiere pieno d’acqua. Brigida ci odiava, e più di tutti odiava<br />

se stessa, costretta a fare un lavoro che le metteva davanti le difficoltà<br />

della vita e rivelava la sua stessa miseria: la mancanza assoluta di<br />

rispetto, l’<strong>in</strong>capacità di aiutare gli altri, di provare pazienza,<br />

comprensione e tolleranza verso <strong>esser</strong>i bisognosi di cure. Tutto quello<br />

che le stava attorno rifletteva senza sconti, come uno specchio nitido, la<br />

povertà del suo animo e del suo cuore. Noi, vecchi e sofferenti,


avremmo dovuto ricevere cure attente e premurose, che alleggerissero<br />

e rend<strong>esser</strong>o meno gravi il peso degli anni, le sofferenze fisiche, i dolori<br />

dell’anima. C’erano <strong>in</strong>vece solo imprecazioni e sfuriate isteriche.<br />

La voce tagliente di Brigida entrava con più forza dentro di me<br />

perché mi ricordava gli anni bui del mio matrimonio con Lisa. In quei<br />

giorni il suono stridulo ed aspro della voce di Lisa com<strong>in</strong>ciò <strong>ad</strong><br />

irrompere prepotentemente durante i miei sonni notturni: la mia ex<br />

moglie Lisa, dopo tanti anni, era tornata per accusarmi, ancora una<br />

volta, della mia <strong>in</strong>consistenza, dell’<strong>in</strong>utilità della mia vita.<br />

Io e Lisa, così diversi, così <strong>in</strong>felici <strong>in</strong>sieme. Eppure ci eravamo scelti.<br />

Ci eravamo conosciuti negli anni dell’università: frequentavamo la<br />

stessa biblioteca, io preparavo la tesi, lei studiava per un esame di<br />

francese. Lisa era bella a quei tempi, non mostrava ancora i segni di<br />

quella <strong>in</strong>quietud<strong>in</strong>e, che com<strong>in</strong>ciò a manifestarsi negli anni che<br />

seguirono la nascita del nostro unico figlio, Roberto. Io l’avevo<br />

conquistata con la mia semplicità, mettendo a nudo me stesso, i miei<br />

sogni, le mie poesie scritte di notte per lei. All’<strong>in</strong>izio non mi ero accorto<br />

di quanto stesse male. Poi, man mano che il disagio crebbe,<br />

aumentarono le sue sfuriate contro di me. L’ansia che la risucchiava<br />

dentro aveva abbattuto gli alvei delle buone maniere e del buon senso.<br />

Non perdeva occasione per accusarmi di tutte le sue <strong>in</strong>soddisfazioni e<br />

le sue fragilità emotive. A nulla valsero le sedute psicologiche e gli<br />

ansiolitici che prendeva come fossero caramelle. Il giorno <strong>in</strong> cui Roberto<br />

compì tredici anni fece una scenata che distrusse per sempre tutti i<br />

nostri sogni: mi urlò con una rabbia feroce di averle rov<strong>in</strong>ato la vita,<br />

costr<strong>in</strong>gendola <strong>ad</strong> un’esistenza <strong>in</strong><strong>sul</strong>sa, disse che mi odiava per il<br />

tempo che perdevo a leggere libri, scrivere racconti, suonare il piano,<br />

l’avevo truffata ed <strong>in</strong>gannata con le mie parole <strong>in</strong>utili, l’avevo resa<br />

<strong>in</strong>felice. Aveva preso il baule dei nostri ricordi, con le foto del<br />

matrimonio e i miei racconti, e l’aveva scaraventato con forza nel fiume<br />

che scorreva dietro la nostra casa. Poi era uscita di casa e non è<br />

tornata, mai più.<br />

Era seguito un periodo difficile e buio, non solo per me ma anche per<br />

Roberto che si avvic<strong>in</strong>ava all’età dell’<strong>ad</strong>olescenza senza la m<strong>ad</strong>re e con<br />

un p<strong>ad</strong>re <strong>in</strong> crisi profonda. Teresa è stata la mia salvezza. È arrivata, un<br />

giorno di maggio, a riportare la luce nelle mie giornate e a farmi<br />

ritrovare la gioia di vivere. Lei mi apprezzava per quello che ero, e lo ha<br />

fatto sempre, <strong>in</strong> tutti i giorni che mi è stata accanto, compagna s<strong>in</strong>cera e<br />

premurosa. E con lei è tornato il piacere della scrittura. Per lei, per noi,<br />

ho composto il testo di quella che è diventata la nostra canzone


d’amore, l’<strong>in</strong>no alla nostra vita <strong>in</strong>sieme. Con Teresa avevo ritrovato le<br />

parole, la pace di una pag<strong>in</strong>a, il valore della scrittura.<br />

“La sua morte mi ha colto impreparato, Giovanni”. Brigida era uscita<br />

dalla stanza e f<strong>in</strong>almente le parole erano uscite dal mio corpo muto e<br />

stanco. Giovanni era rimasto <strong>in</strong> silenzio, poi mi aveva risposto<br />

com<strong>in</strong>ciando <strong>ad</strong> espormi il suo progetto, il nostro progetto. Un’idea che<br />

mi avrebbe restituito la dignità e la voglia di vivere.<br />

Giovanni mi ha accolto nella sua casa e nella sua vita. La sera suona<br />

con la sua band <strong>in</strong> una birreria <strong>in</strong> centro, di giorno lavoriamo <strong>in</strong>sieme al<br />

suo sogno: scriviamo i testi per le sue canzoni. Mi ha affidato un<br />

compito che mi ha ridato l’energia persa <strong>in</strong> questi ultimi mesi. Giovanni<br />

e i suoi amici dicono che sono un poeta, che i miei testi sono pieni di<br />

suggestione. Vuole anche che com<strong>in</strong>ci a scrivere nel suo blog. Non so<br />

usare il computer, ma ho raccolto la sfida e sto studiando una guida<br />

veloce per imparare. Ogni tanto ripenso a Lisa e a Brigida, alla loro<br />

<strong>in</strong>capacità di vivere serenamente, alla necessità di riversare con<br />

aggressività tutta la loro <strong>in</strong>quietud<strong>in</strong>e <strong>sul</strong>le persone che hanno accanto,<br />

togliendo loro la gioia di vivere e di sognare. Guardo la mia vita di oggi<br />

e mi vedo come un ramo verde, non più secco, capace di far<br />

germogliare idee, pensieri, canzoni. Mi nutre l’energia di Giovanni e dei<br />

suoi amici pieni di entusiasmo, che credono <strong>in</strong> me e mi stimolano a<br />

trovare forza e vigore. E quando scende la notte, il pensiero più puro va<br />

alla luce della mia vita, la mia Musa… Teresa.


ANDREA BOVOLENTA<br />

Lotta di classe<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia. In realtà non si trattava proprio di<br />

un difetto,<br />

era una specie di distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong> cui<br />

pronunciava la “r”.<br />

Non era moscia alla francese, né tanto meno una "evve" di sapore<br />

<strong>in</strong>tellettuale;<br />

Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella consonante f<strong>in</strong>o a farla diventare<br />

tagliente;<br />

una “r” affilata che dava ancor più enfasi alle sue sfuriate, quando si<br />

arrabbiava.<br />

E Brigida si arrabbiava spesso…<br />

-Ho voluto <strong>in</strong>contrarti qui perché voglio che tu assuma questa<br />

prospettiva.<br />

Disse Brigida guardando fuori dal f<strong>in</strong>estrone panoramico del “110”.<br />

L’accento era quello degli emigranti di lunga data, come i vecchi premi<br />

Nobel di ritorno al paese da cui erano fuggiti <strong>in</strong> un lontano passato. Mi<br />

sorprese che si fosse proposta <strong>in</strong> italiano. Anche nelle riunioni ufficiali<br />

con gli ex connazionali imponeva solitamente il suo severo <strong>in</strong>glese<br />

nordamericano. Era il suo modo di marcare le distanze. D’altronde tutti<br />

noi consideravamo l’italiano una l<strong>in</strong>gua prolissa, poco funzionale e <strong>in</strong><br />

dotazione <strong>ad</strong> un popolo dec<strong>ad</strong>ente.<br />

Anche il nome l’aveva cambiato, “Bridget” compariva <strong>in</strong> tutte le <strong>in</strong>vitation<br />

dei suoi brief<strong>in</strong>g, ma quella erre affilata, quella, era rimasta la stessa di<br />

un tempo.<br />

Anch’io guardai di sotto.<br />

Brigida voltò di scatto le spalle strette al f<strong>in</strong>estrone panoramico e fece<br />

segno che potevo sedermi.<br />

Nessun preambolo, nessuna premessa, era andata, come sempre, al<br />

punto diretta e fiera -F<strong>in</strong>ora hai agito <strong>ad</strong> un livello, let me say, …<br />

operativo. Ti sei mosso con decisione ed hai ottenuto buoni ri<strong>sul</strong>tati …<br />

Ricordo di aver associato immediatamente i miei “Buoni Ri<strong>sul</strong>tati” ai<br />

volti smunti delle figlie di Mori. Alla fibrosi cistica che ne aveva reso<br />

ispidi i l<strong>in</strong>eamenti. Mori era stato l’ultimo. L’avevo “outplaced” due<br />

settimane prima. Niente buonuscita. Niente di niente. Dissi –Sì.


Brigida portò alle labbra un bicchiere <strong>in</strong> cristallo pesante colmo di un<br />

<strong>in</strong>truglio rosa, per me un birra alla sp<strong>in</strong>a con poca schiuma e patat<strong>in</strong>e<br />

bruciate.<br />

-Mi sei piaciuto, non fra<strong>in</strong>tendermi, ma hai lavorato <strong>ad</strong> un livello…<br />

basso. Capisci?<br />

Cacciai giù un rigurgito, –Certo. Dissi e vidi la maschera di Carlo che<br />

salutava dall’ufficio del legal mentre trattava la resa. L’avevo “dismesso”<br />

sei mesi prima. Avevo scopato la sua donna c<strong>in</strong>que mesi e due<br />

settimane prima. Carlo era stato il primo, <strong>in</strong> totale erano 17 Top<br />

managers BV&V, tutti fuori. “Con ogni mezzo, senza limiti di budget,<br />

con il mio totale appoggio” aveva <strong>in</strong>timato Brigida. Ed io come sempre,<br />

avevo eseguito ottenendo ….”Buoni ri<strong>sul</strong>tati”. Di li a poco anche la<br />

miri<strong>ad</strong>e di soldat<strong>in</strong>i di Carlo, Mori e di tutti gli altri Top Managers B&V<br />

furono sacrificati. Rapidi colloqui, falsi buoni auspici per il furturo e poi<br />

fuori, tutti fuori con i loro anonimi completi scuri e i Laptop Dell nelle<br />

morbide borse <strong>in</strong> cordura. Ristrutturati, ottimizzati, consolidati.<br />

Brigida percepì il mio affanno, fece un ampio giro attorno alla poltrona<br />

rigida <strong>sul</strong>la quale ero <strong>ad</strong>agiato, mi str<strong>in</strong>se la spalla, fletté un poco verso<br />

il tavol<strong>in</strong>o <strong>in</strong> vetro opaco e con l’<strong>in</strong>dice smaltato disegno “1MUSD”<br />

nell’unto della salsa rosa sparsa <strong>sul</strong> piatt<strong>in</strong>o bianco.<br />

Un milione di Dollari americani esentasse versati <strong>sul</strong> mio conto off shore<br />

<strong>in</strong> Liechtenste<strong>in</strong>. Quello era stato il mio prezzo per il lavoro sporco.<br />

Brigida contrasse le labbra <strong>in</strong> un sorriso tirato riproponendo le solite<br />

raccomandazioni di sempre. Non dovevo cont<strong>in</strong>uare a preoccuparmi di<br />

ciò che acc<strong>ad</strong>eva -“On the FlooRRR”, Dovevo cambiare prospettiva.<br />

Nel nostro gergo The floor, il pavimento, è il livello più basso dell<br />

organigramma, i ristrutturati, i consolidati, i soldat<strong>in</strong>i. “Don’t care about<br />

the floor” è il nostro motto.<br />

-Questa è la prospettiva giusta per comprendere the big picture. Disse<br />

Brigida sporgendosi verso il terrazzane panoramico.<br />

Fuori dal piano 110 del Ristorante “Cent Diece” all’apice del Grand<br />

Arche lo spettacolo era forte.<br />

Giù, di sotto, uno sciame forsennato di m<strong>in</strong>uscoli <strong>esser</strong>i <strong>in</strong> pausa pranzo<br />

<strong>in</strong>v<strong>ad</strong>eva gli ampi spazi della Defense. Migliaia di frenetiche formiche si<br />

muovevano senza una direzione precisa. Da lassù apparivano piccole,<br />

anonime, assolutamente <strong>in</strong>tercambiabili.<br />

Dal “Centidiece” le loro ansie, le loro aspettative, le loro azioni<br />

perdevano peso, apparivano evanescenti. Distanti, pestabili….<br />

calpestabili.


-Mi capisci? – disse Brigida fissando lo sciame.<br />

Mi sporsi di più verso la smisurata distesa della Defense. La Defense, il<br />

più grande centro direzionale D’Europa, il 40% del prodotto <strong>in</strong>terno<br />

lordo francese, gli he<strong>ad</strong> quarter Europeo delle più grandi Corporation<br />

del mondo.<br />

3 milioni di metri qu<strong>ad</strong>ri di uffici, 150.000 impiegati. Il meglio del<br />

management cont<strong>in</strong>entale concentrato <strong>in</strong> un ex terreno paludoso ai<br />

marg<strong>in</strong>i di Parigi.<br />

-Questa è la giusta prospettiva per giocare la partita che decide tutto.<br />

Il corpo ossuto della Vice President vibrò per un istante, sotto il vistoso<br />

completo turchese. Lo sguardo visionario brandiva un punto lontano.<br />

-La partita che stiamo giocando è quella per il controllo dell’<strong>in</strong>tera<br />

Società. Della hold<strong>in</strong>g. The whooole pye. Capisci? Disse Brigida<br />

Non capivo, dissi - Si.<br />

La Vice President cont<strong>in</strong>uò spiegando che alcuni… Big Players<br />

volevano il controllo del nostro Gruppo, dei suoi assets, dei suoi 24<br />

miliardi di dollari di fatturato e dei suoi profitti attesi.<br />

Conoscevo Brigida dai tempi dei Campus di Tra<strong>in</strong><strong>in</strong>g BV&V <strong>in</strong> New<br />

Jersey ma sapevo tutto di lei. Lei, tra noi, era ormai leggenda. Sapevo<br />

delle manifestazioni per le str<strong>ad</strong>e di Milano, i cortei contro la celere, i<br />

comitati rivoluzionari. Troppo scaltra per non capire che non si faceva<br />

per davvero, troppo sveglia per giocarsi tutto <strong>in</strong> quelle giornate fumose<br />

e convulse di quel lontano 72. Brigida aveva capito da subito che si<br />

trattava di una selezione, si trattava di una specie di psicodrama. Lo<br />

show serviva a selezionare i le<strong>ad</strong>er, i capopopolo. Per loro, i prescelti, si<br />

sarebbero spalancate le porte per i posti di comando. Partiti, banche,<br />

corporation, loro avrebbero avuto tutto. E Brigida aveva sparato alto,<br />

aveva sorpreso tutii, era partita per gli Staes anticipando tutti, puntando<br />

“dritto al cuore del nemico imperialista”.<br />

Brigida passò la l<strong>in</strong>gua tra le labbra esangui. Era venuto il tempo dei<br />

chiarimenti. Il corso dell’azione di BV&V era ancora molto alto. Era<br />

sceso rispetto agli ultimi due bimestri ma l’Acquirente voleva<br />

raggiungere un dato target price ancora piuttosto lontano.<br />

-E noi dobbiamo tirare la volata all’Acquirente. Dissi<br />

-Esatto. I ri<strong>sul</strong>tati di f<strong>in</strong>e anno devono scendere, l’<strong>in</strong>debitamento deve<br />

crescere, il titolo BV&V deve diventare scalabile al target price voluto<br />

dall’Acquirente.<br />

-Remiamo contro. Sputiamo nel piatto.<br />

-Momentaneamente, s<strong>in</strong>o al subentro del nuovo. Gruppo di controllo


-Ma la mattanza, il macello che mi hai ord<strong>in</strong>ato. I 17 Top Managers<br />

BV&V fuori <strong>in</strong> 6 mesi, e tutti i loro soldat<strong>in</strong>i spiaccicati <strong>sul</strong> selciato che<br />

significa?.<br />

-Il “Piano di <strong>in</strong>centivazione direzionale”. -Così l’aveva chiamato Brigida.<br />

-Ci spiana la str<strong>ad</strong>a. Facciamo pulizia della vecchia guardia.<br />

Non mi bastava -Qui prodest Brigida?. Chiesi<br />

-Chi compra?. Vuoi sapere chi è l’Acquirente, il ….Newcomer?<br />

-Sì.<br />

Brigida mi fissò decisa, esitò per un attimo, serviva a farmi capire che<br />

ero al punto di non ritorno. Io diedi l’ok, Enter.<br />

-I nonni ragazzo, sono i nonni a comprare.<br />

-I nonni?<br />

-I fondi pensione, solo loro hanno la forza no? E dietro a ruota i Private<br />

Equity di peso.<br />

-Edge founds?<br />

-No, gente seria.<br />

-Florida?<br />

-California.<br />

-I Calbers!<br />

-Sì ragazzo, i nonni californiani vogliono comprare l’<strong>in</strong>tera baracca. E’a<br />

loro che tiriamo la volata.<br />

-E i Private Equity a ruota?<br />

-Blackmoon e Apache.<br />

Contrassi i <strong>in</strong>volontariamente la muscolatura della schiena, una fitta<br />

lanc<strong>in</strong>ante mi attraversò il costato.<br />

-Qu<strong>in</strong>di poi ci scappa il solito spezzat<strong>in</strong>o con morti, feriti e sangue<br />

<strong>sul</strong>l’asfalto. Mi uscì<br />

-E’ <strong>in</strong>evitabile. I nonni, dopo l’acquisizione, vogliono veder i titoli delle<br />

azioni schizzare alle stelle, vogliono le plusvalenze. I nonni non<br />

aspettano,<br />

-No?<br />

- No, i nonni possono crepare da un momento all’altro. Capisci?<br />

Concessi un falso sorriso accondiscendente alla maschera grottesca<br />

che mi stava di fronte. Scossi la testa. -Ti rendi conto Brigida. Siamo<br />

una generazione <strong>in</strong> ostaggio. I più grandi fondi pensione hanno <strong>in</strong> mano<br />

le meglio imprese della terra …<br />

-Già.<br />

-.. e noi le trituriamo, le vivisezioniamo e sbattiamo per str<strong>ad</strong>a milioni di<br />

ragazzotti per far crescere il corso dei titoli e far svernare i nonni <strong>ad</strong><br />

Acapulco.<br />

-E’ la lotta di classe del nuovo millennio. Disse Brenda


-Nonno contro nipote.<br />

-Già. It’s Grandd<strong>ad</strong>dy power!!. La Vice President sgrano gli occhi <strong>in</strong> una<br />

maschera oscena riflessa sugli spessi cristalli del f<strong>in</strong>estrone.<br />

Le formiche di sotto sciamavano frenetiche verso il nido dopo la pausa<br />

pranzo.<br />

-E al fedele scudiero? – Chiesi sorridendo forzato<br />

Brigida allora, aveva creato aspettative con grande maestria. Chi<br />

avrebbe portato a term<strong>in</strong>e le azioni decisive <strong>in</strong> Europa avrebbe fatto un<br />

salto mOOOOlto GrAAAAnde. Si era avvic<strong>in</strong>ata s<strong>in</strong>uosa, dissotterrando<br />

per un attimo la sua grazia antica, mi aveva accarezzato morbidamente<br />

i capelli dietro l’orecchio. Chissà se coltivava ancora il suo g<strong>in</strong>eceo di<br />

giovani Toy boy <strong>in</strong> carriera. Un tempo era famosa per i suoi ragazzi,<br />

frequentati più per ostentazione che per il gusto. Un tempo anch’ io ne<br />

avevo fatto parte, ma ora, col trascorrere delle età, ero assurto a ben<br />

altre funzioni.<br />

-Quanto grande? Chiesi<br />

-Parigi può bastare?<br />

Poteva bastare<br />

-Questo è la tua fetta di torta. Sbottò Brigida<br />

-Vice president Sales BV&V South Europe?<br />

-Of CouRRRse<br />

Un italiano a capo della Gran Armèè, un formicolio caldo mi scese tra le<br />

scapole, Il disegno di Brigida mi appariva sempre più chiaro. Da sempre<br />

Brigida odiava il vecchio managemnt d’oltralpe.<br />

-E se con lo spezzat<strong>in</strong>o degli Hedge Found va tutto <strong>in</strong> malora dopo 6<br />

mesi?<br />

-Tu sarai bl<strong>in</strong>dato. Avrai un contratto bl<strong>in</strong>dato.<br />

-Quanto bl<strong>in</strong>dato?<br />

-6 milioni tra liquidazione e Stock options.<br />

-Facciamo 8. Dissi<br />

-Non sono qui per tRRRattare – Il tono era duro. Brigida era facile alla<br />

collera, quella duratura, cattiva. Decisi di non <strong>in</strong>sistere, d'altronde ero<br />

ben oltre il punto di non ritorno. Giunti a quel punto non era più possibile<br />

trattare. A quel punto si tace e si <strong>in</strong>cassa. Il contratto è siglato.<br />

-Sai, deformazione professionale. Dissi arrendevole<br />

-Veniamo all’operatività.<br />

-Già, dissi, -Operiamo.<br />

Brigida spiegò paziente che dovevamo comprimere i ri<strong>sul</strong>tati del Gruppo<br />

<strong>in</strong> Europa. NetxiraOne, la macch<strong>in</strong>a da soldi del gruppo, andava


fermata. Il grosso dei profitti del Gruppo dipendeva dai loro numeri. Una<br />

volta <strong>in</strong>cr<strong>in</strong>ata la solidità di NextiraOne lo scossone sui mercati sarebbe<br />

stato fortissimo. Il titolo di BV&V ne avrebbe risentito pesantemente.<br />

-Ma come bruciamo <strong>in</strong> poco tempo i ri<strong>sul</strong>tati di una macch<strong>in</strong>a da profitti<br />

come quella?. Chiesi preoccupato.<br />

-Noi non distruggeremo niente, lavoreremo per …differire i ri<strong>sul</strong>tati di<br />

NextiraOne nel tempo.<br />

-Lavoriamo sui numeri? Conti strani, rendiconti creativi, roba del<br />

genere?<br />

-Roba del genere.<br />

-Ma i numeri li gestiscono i fedelissimi dell’Empereur e lo sai “il est<br />

encorrutttible”.<br />

-Questa è la tua missione RRRagazzo. Disse Brigida<br />

-L’Empereur?. Pascalle?<br />

-Esatto.<br />

Altra fitta gelida, altro flash, Pascalle, l’Amm<strong>in</strong>istratore delegato di<br />

NextiraOne, che salva una società stracotta e ne fa il gioiello del<br />

Mercato. Pascalle che chiude contratti miliardari con Emirati e Quatar.<br />

Pascal l’<strong>in</strong>quisitore dei corrotti. L’arto sano che mi acc<strong>in</strong>gevo <strong>ad</strong><br />

<strong>in</strong>fettare.<br />

-Dovremmo agire con discrezione aggiunse Brigida spostando lo<br />

sguardo lontano<br />

-Ottenere la sua più totale e discreta… non belligeranza. Non escludere<br />

nulla. I <strong>tuo</strong>i mezzi sono i miei, i miei sono quelli dei Calbers. Hai un’idea<br />

di cosa significhi?<br />

-Certo. Dissi, ma ero poco conv<strong>in</strong>cente.<br />

Le dissi che i giochi sporchi con Pascalle non funzionavano. Le dissi<br />

che Pascalle non scopava i trans, non gonfiava i conti alle Cayman.<br />

Pascalle, lui, era un puro.<br />

Brigida stizzita obiettò con disgusto -Lo so ragazzo, ma io ti dò gli<br />

obbiettivi, i premi ed <strong>in</strong>f<strong>in</strong>iti mezzi per raggiungerli. Come li raggiungi è<br />

affar <strong>tuo</strong>. Anyway non attaccheremo direttamente Pascalle. Lo sguardo<br />

era duro e fermo.<br />

-No?<br />

-No. Lavorerai <strong>sul</strong> Premaidè?<br />

-Premaidè?<br />

La Vice President tento di recuperare a fatica la pazienza e attaccò a<br />

spiegare che Premaidè era una cl<strong>in</strong>ica per la cura dei nati prematuri.


Pascalle, ne era il presidente. -E’ la vita di Pascalle fuori da NextiraOne.<br />

Disse<br />

Sentii risalire la nausea, la vertig<strong>in</strong>e. Vidi <strong>in</strong> un lampo, man<strong>in</strong>e carnose,<br />

polmoni non formati, occhi ciechi, crani aperti e tubi <strong>in</strong>alanti. Sentii un<br />

tanfo di feto morto nello stomaco. Much moRRe Much moRRe. Capii,<br />

che ero lì per quello.<br />

Brigida fece subito chiarezza, il Primaidè viveva della beneficenza di<br />

NextiraOne. Ci lavora la figlia di Pascalle. Sorrise, disse che c’era<br />

fango, parecchio fango<br />

–Fango denso su cui lavorare.<br />

La Vice President poi aveva anche speso un pò di tempo per<br />

r<strong>in</strong>cuorarmi, mi aveva rassicurato che non avremmo fatto danni alla<br />

cl<strong>in</strong>ica. -Teniamo Pascalle un po’ per le palle, capisci?. Anyway, da<br />

<strong>ad</strong>esso <strong>in</strong> poi, le istruzioni operative mi sarebbero state impartite tramite<br />

solito canale. Non ci saremmo visti più per un pò.<br />

Brigida spostò lo sguardo al Panerai nero che le c<strong>in</strong>geva la pelle livida<br />

del polso, il volo per Hethrow la aspettava.<br />

-Se tutto andrà liscio ci rivedremo dopo…. l’entrata delle truppe a<br />

Roma. Disse.<br />

-Lanzichnecchi o Garibald<strong>in</strong>i? Chiesi.<br />

-What?<br />

-No niente.<br />

Brigida sporse le braccia secche <strong>in</strong> avanti, era il segnale del congedo<br />

Mi avvic<strong>in</strong>ai baciandola <strong>sul</strong>le guance esangui.<br />

-Cammmmon guy The best has to come!. Era, da sempre, il suo motto.<br />

Seguii la smunta figura di Brigida allontanarsi spedita verso il vano<br />

ascensori. Mi diressi al bagno del “110”, alzai la tazza, vomitai scuro<br />

con sforzo. Era fango, fango denso. Mi lavai la faccia con l’acqua<br />

gelata. Guardai la figura sformata nello specchio e scrissi, con il mio<br />

acido, <strong>sul</strong> vetro 6MUSD.


GIACOMO POSTUMI<br />

Brigida<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia.<br />

In realtà non si trattava proprio di un difetto, era una specie di<br />

distorsione che caratterizzava il modo <strong>in</strong> cui pronunciava la “r”.<br />

Non era moscia alla francese, né tanto meno una "evve" di sapore<br />

<strong>in</strong>tellettuale; Brigida riusciva <strong>ad</strong> arrotare quella consonante f<strong>in</strong>o a farla<br />

diventare tagliente; una “r” affilata che dava ancor più enfasi alle sue<br />

sfuriate, quando si arrabbiava.<br />

E Brigida si arrabbiava spesso… ma tra sé e sé, quasi sempre per lo<br />

meno, quando nessuno la vedeva, perché custodiva gelosamente il<br />

potere delle sue labbra. E si arrabbiava improvvisamente, come quel<br />

giovedì vic<strong>in</strong>o alla laurea che il motor<strong>in</strong>o quasi la <strong>in</strong>vestì ed era <strong>sul</strong>le<br />

strisce. Lei si voltò e con rapidità saettò un gelido “sei un rozzo<br />

roboante pirata della str<strong>ad</strong>a”. La sfilza di consonati tagliò l'aria sibilando<br />

f<strong>in</strong>o a <strong>in</strong>cidere la gomma posteriore: la strisciata che seguì fu<br />

accompagnata da una sequenza di “r” che Brigida <strong>in</strong>vidiò. Il ragazzo si<br />

raccolse stupito, seguì i segni <strong>sul</strong>l'asfalto f<strong>in</strong>o a trovare i piedi di lei,<br />

scalò f<strong>in</strong>o a raggiungere uno sguardo penetrante difeso da ruvidi capelli<br />

neri. Tornò su sé stesso, gambe, braccia e mani erano ancora tutte <strong>in</strong><br />

numero di due; lo scooter era ancora un uno, ma molto più piccolo di<br />

prima. Se il MOMA avesse cercato orig<strong>in</strong>ali opere d'arte su eBay, forse<br />

avrebbe potuto ricavarci qualcosa. Non era particolarmente turbato, non<br />

per l'<strong>in</strong>cidente per lo meno, allora cosa? Ricercò il viso di quella<br />

ragazza, ma lo spazio che prima occupava ora raccoglieva un portone e<br />

il civico quarant<strong>ad</strong>ue. La vide girare l'angolo lì vic<strong>in</strong>o, raccolta <strong>in</strong> un<br />

paltò rosso, largo. Lasciava <strong>in</strong>travedere degli stivali neri che chiudevano<br />

la parentesi aperta dal cr<strong>in</strong>e. Una parentesi che, <strong>in</strong> verità, non si<br />

chiudeva a una distanza molto grande.<br />

La prima volta che Brigida <strong>in</strong>contrò il suo potere era ancora piccola.<br />

La maestra aveva assegnato il compito di descrivere un animale, così<br />

aveva deciso di approfondire l’argomento osservando il ramarro che<br />

abitava l’araucaria del suo giard<strong>in</strong>o. Si appostò per due pomeriggi,<br />

armata di blocco notes, macch<strong>in</strong>a fotografica e poca pazienza. Al terzo,<br />

lo vide muoversi furtivamente tra i rami: è marrone, appuntò.<br />

Entusiasta, impugnò la macch<strong>in</strong>etta, ma non fece <strong>in</strong> tempo a far


null’altro, perché il rettile sparì e lei perse le staffe. Tre giorni a vuoto!<br />

“Maledetto raro ramarro marrone! Perché ti copri tra i rami<br />

dell’araucaria?!”. Due rami saltarono all’unisono, a diverse altezze del<br />

tronco comparvero segni d’accetta e anche il raro ramarro fu <strong>in</strong>vestito,<br />

decretando probabilmente l’est<strong>in</strong>zione della specie.<br />

Rientrò <strong>in</strong> casa leggermente turbata. La concomitanza tra il suo urlo<br />

e l’effetto Tanguska o era notevole co<strong>in</strong>cidenza o nascondeva la<br />

possibilità di una causalità da approfondire. Nei sogni di bamb<strong>in</strong>a la sua<br />

voce diventava una sp<strong>ad</strong>a, che potesse modulare la voce <strong>in</strong> urlo e<br />

scagliarla per colpire? “Sono una Fremen dagli occhi castani!”, doveva<br />

fare delle prove.<br />

Tentò urlando verso Ciccio il coniglio nano, “sei uno stupido coniglio<br />

mangia lattuga a sbafo!”. La prova non ebbe conseguenze, se non<br />

quella di dover prendere la scala per recuperare Ciccio aggrappato al<br />

soffitto.<br />

Si volse verso il cusc<strong>in</strong>o giallo che il p<strong>ad</strong>re le aveva regalato pochi<br />

giorni prima di sparire: “giallo cusc<strong>in</strong>o pieno di piume e coccole, io ti<br />

detesto!”, <strong>tuo</strong>nò. Anche questa volta nessuna conseguenza, neanche<br />

quella della scala.<br />

“Notevole co<strong>in</strong>cidenza, qu<strong>in</strong>di.”<br />

Tuttavia, qualche tempo dopo, ancora i compiti. Matematica. L’opera<br />

di Niccolò Fontana, al secolo Tartaglia. Ch<strong>in</strong>a <strong>sul</strong> foglio, armata a salve<br />

con una penna, confrontava il suo lavoro con l’immag<strong>in</strong>e del libro. Gli<br />

occhi si spostavano dalle lettere stampate alla sua grafia. Andavano,<br />

tornavano, contavano. In una partita a master m<strong>in</strong>d avrebbe totalizzato<br />

due ball e zero strike. Su sette numeri. Sentì la rabbia aggirare<br />

l’umiliazione, scansare con irruenza la conoscenza e sfrecciare<br />

attraverso le sue labbra: “Perché tre su questa riga? Perché quattro <strong>in</strong><br />

quest’altra?! Perché devo studiare il triangolo di Tartaglia?!?”. Seguì un<br />

suono lacerante e quando spostò il caschetto arruffato di capelli neri da<br />

davanti gli occhi, quello che vide fu un qu<strong>ad</strong>erno diviso <strong>in</strong> due: a s<strong>in</strong>istra<br />

il triangolo, a destra una pag<strong>in</strong>a bianca. Nel mezzo il piano del tavolo<br />

leggermente rosicchiato. Probabilmente, se Brigida avesse balbettato<br />

come Tartaglia, del qu<strong>ad</strong>erno non sarebbe rimasto che polvere di<br />

coriandoli.<br />

Così scopri il suo segreto: le “r”. Imparò a conviverci altalenandosi<br />

tra timore e fasc<strong>in</strong>o. Aff<strong>in</strong>ò la tecnica, lo portò con sé come fosse<br />

l'accessorio di un coltell<strong>in</strong>o svizzero, una gi<strong>ad</strong>a ereditata dalla nonna,<br />

sempre pronto all'uso nelle situazioni più svariate e mai per offendere,<br />

tranne nel caso di motor<strong>in</strong>i e strisce pedonali. E delle smart, ma per


queste senza limitazioni e sensi di colpa: ognuno ha le sue collezioni,<br />

quella di <strong>in</strong>cisioni <strong>sul</strong>le loro portiere era la propria.<br />

Certo, qualche piccola disavventura era sempre dietro l'angolo. A<br />

diciannove anni, per esempio, si <strong>in</strong>namorò. Per sbaglio. Lui, Roberto,<br />

ventidue anni, collega universitario, biondo senza averne l'aria,<br />

sorridente come solo le paresi sanno rendere, attraversava il mondo<br />

come la figur<strong>in</strong>a di un album: quella compresa tra la numero ventuno e<br />

la ventidue. Eppure lei si <strong>in</strong>namorò, forse perché le sembrava che nulla<br />

l'avrebbe potuto scalfire. Ingenua donna.<br />

La sera del primo bacio, quando si discostò da lui più arruffata del<br />

solito, il cuore al ritmo di Honky Tonky Tra<strong>in</strong> Blues, <strong>in</strong>forchettando il<br />

capo biondo gli dichiarò il sentimento più turb<strong>in</strong>oso e libero che avesse<br />

mai provato. Un sentimento che andava sussurrato, un segreto<br />

complice che solo la notte e la luna <strong>in</strong> eclisse e pochi istanti di eternità<br />

dovevano conoscere. Invece, nell'<strong>in</strong>genua rara donna, la diga cedette<br />

improvvisa facendole roboare “Roberto! Amore! Desidero stare con te<br />

per sempre!”. Non tutte le paresi sono irreversibili, né tutti i personaggi<br />

dei comics americani sono di fantasia: quale sarebbe stata<br />

l'espressione di un Batman <strong>in</strong> vacanza nel trovare il Joker proprio da<br />

quelle parti?<br />

Brigida scappò e di quella sera le rimasero poche cose: qualche<br />

ciocca di capelli biondi venute via sotto la sforbiciata del suo amore,<br />

l'eco di una canzone allegra, una ruga tra le ciglia e un cartello <strong>sul</strong><br />

cuore con su scritto “vietato passare”.<br />

Comunque il suo potere le portava anche dei vantaggi: “Triturerò la<br />

carne prima di farne hamburger” e la cena era un bel pezzo avanti. Se<br />

gli studi fossero andati male, un posto da McDonald non gliel'avrebbe<br />

tolto nessuno. Per non dire dal chiosco della Sora Rosa, quello vic<strong>in</strong>o al<br />

fiume, quello aperto tutta la notte, anche di giovedì, quello con la scritta:<br />

“Solo da Sora Rosa, frullati, granite e grattachecche con frutta fresca”.<br />

Poi ci fu il giorno della laurea e della partenza dalla città.<br />

“È troppo tardi, troppo tardi, troppo tardi. Ma non lo dire, non lo dire,<br />

non lo dire”. Con gli occhi che anticipavano di poco i passi rapidi, girò<br />

l'angolo.<br />

“Ciao”<br />

“Quarant<strong>ad</strong>ue, strisce, poi il trentaquattro per raggiungere<br />

l'università”, disse, e una scheggia schizzò via dal tomb<strong>in</strong>o <strong>in</strong> direzione<br />

della voce che scartò di lato per evitarla.


“Ciao”<br />

Spostò lo sguardo verso quel suono ripetuto, per curiosità più che<br />

altro, non che pensasse di <strong>in</strong>contrare qualcuno, dio non voglia. Ma poi,<br />

chi?<br />

“Ciao”<br />

La ruga si accentuò, donandole l'espressione accogliente tipica del<br />

filo sp<strong>in</strong>ato, ma lo sguardo si <strong>in</strong>cagliò <strong>in</strong> quello della voce,<br />

riconoscendolo. Le bastò perdere un passo per ritrovarsi su un asfalto<br />

fatto di colla.<br />

“Vedo che sei uscito illeso dalla c<strong>ad</strong>uta”, disse con gli occhi sottili di<br />

chi nasconde l'anta di una cassaforte sotto il poncho.<br />

“Sei stata tu, vero?”<br />

La ruga si ammorbidì verso un punto <strong>in</strong>terrogativo: “Chi sei tu?”<br />

“Volevo dirti una cosa su quello che hai fatto...” e le si avvic<strong>in</strong>ò<br />

deciso, senza abbandonarle gli occhi per un solo istante, quasi temesse<br />

potesse girare l'angolo anche lì dove non ce n'erano.<br />

Brigida lo vide troppo alto e vic<strong>in</strong>o, a una distanza dal suo paltò e dal<br />

suo segreto che nessuno aveva mai raggiunto. Né capito. Per la prima<br />

volta si sentì <strong>in</strong>difesa. Era <strong>in</strong>difesa! Indifesa e <strong>in</strong> ritardo. E per chi poi?!<br />

Per quello del motor<strong>in</strong>o, per quello stupido del motor<strong>in</strong>o. Stupido e<br />

aggressivo, che si avv<strong>in</strong>ava m<strong>in</strong>accioso. Decise di chiudere la cosa lì, lì<br />

e subito, e di correre all'università. Rifletté rapidamente e, mentre lui<br />

stava per proseguire, vibrò: “Credi di potermi criticare per aver cercato<br />

di farti scorticare l'altro giorno? Quasi mi prendevi mentre percorrevo le<br />

striscie!” e rimase lì, con l'espressione <strong>in</strong>telligente di una mucca sotto la<br />

pioggia che si ritrova nel bel mezzo di Central Park un giovedì sera.<br />

Un'<strong>in</strong>tera cartuccia di “r” s'era prima ammorbidita per poi gocciolare<br />

come un gelato estivo. Sul rosso del paltò comparvero due piccole<br />

chiazze al sapor di limone, <strong>sul</strong> viso di lui qualche macchia color<br />

rabarbaro. A terra, circondata da mirtillo e crem caramel, una ruga.<br />

“Cosa hai...?”<br />

“Ho detto: lascia che io mi scusi della mia guida dis<strong>in</strong>volta. E<br />

aggiungici anche scivolosa”. Era morbido, nelle parole e nel tono.<br />

“No, <strong>in</strong>tendevo dire cosa hai...?”<br />

“Ah, quello? È che il cusc<strong>in</strong>etto delle mie consonanti non può <strong>esser</strong>e<br />

attraversato dalle tue.”<br />

Lei capì che poteva non <strong>esser</strong>e un pericolo e comprese il senso di<br />

un motto che Confucio pronunciò da fanciullo e che lei aveva <strong>letto</strong> da<br />

piccola: “Lullo lallo lallo lullo, lullo lillo lillo là”. A due anni e mezzo non si<br />

può pretendere molto di più.<br />

“Come ti chiami?”


“Luigi”<br />

Il suo sorriso si aprì <strong>sul</strong>le prime note di Honky Tonky Tra<strong>in</strong> Blues.

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!