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05.06.2013 Views

1. Desiderio e pudore C «Griseldaonline» 13 (2013) «PUDORE» Call for papers 1 Come del resto continuare a sopportare lo spettacolo inverecondo che ci mostra questa nostra sventurata epoca che, illudendosi di apparire bella, si deforma con le proprie stesse mani ed esibisce un quadro di sé davvero rivoltante? F. Petrarca, Senili VII 1, 14 1 hi cerca il ‘pudore’ in Google, incrocia ovviamente un bel numero di pagine, di immagini e di aforismi. Tra questi, c’è n’è uno più fortunato di altri, che recita: «Nacque così il Pudore, che regna su tutti gli uomini, e specialmente tra i popoli lasci- vi». La frase è di Anatole France, e proviene dal Manichino di vimini (1897). Protagoni- sta del romanzo è il professore Bergeret, studioso di letteratura latina – in particolare di Virgilio – che il giorno di capodanno, rincasando un’oretta in anticipo, trova la moglie e l’allievo prediletto l’una con l’altro indaffarati, tra abbracci un po’ scomposti e il disor- dine degli abiti: «Scorse allora sul canapè due forme umane avvinghiate in un atteg- giamento violento, una via di mezzo tra l’amore e la lotta, e che, di fatto, era l’atteggiamento della voluttà» 2 . Il buon Bergeret è incline alla discettazione filosofica: così si ritira nel suo studiolo per riflettere sui sentimenti di dolore, di vergogna, di disgusto e anche di nausea che l’adulterio della moglie gli suscita. Riflettendo, giunge a una prima conclusione: Gli oggetti, – pensò, – che hanno a che fare con quei desideri che per la loro violenza eccitano mag- giormente la carne e il sangue, non possono essere guardati con indifferenza, e, quando non ispirano la voluttà, provocano la ripugnanza. I francesi, sin dai tempi di Descartes, amano le sentenze: chiare, distinte, ben squa- drate (basta ascoltare solo qualche minuto Nana, prostituta ventiduenne e protagonista di Vivre sa vie di Godard, per averne una prova). Il buon Bergeret, dunque, potrebbe essere già soddisfatto. Ma la passione dell’argomento lo spinge oltre: 1 Cfr. F. Petrarca, Le senili. Libri VII-XII, trad. e cura di U. Dotti, collaborazione di F. Audisio, t. II, Torino, Aragno, 2007, p. 803. 2 L’edizione italiana del romanzo da cui si cita è quella tradotta da M. Zini, Torino, Einaudi, 19762 , qui a p. 44.

1. Desiderio e pudore<br />

C<br />

«Grisel<strong>da</strong>online» 13 (2013)<br />

«PUDORE»<br />

Call for papers<br />

1<br />

Come del resto continuare a sopportare lo spettacolo<br />

inverecondo che ci mostra questa nostra<br />

sventurata epoca che, illudendosi di apparire<br />

bella, si deforma con le proprie stesse mani ed<br />

esibisce un quadro di sé <strong>da</strong>vvero rivoltante?<br />

F. Petrarca, Senili VII 1, 14 1<br />

hi cerca il ‘pudore’ in Google, incrocia ovviamente un bel numero di pagine, di<br />

immagini e di aforismi. Tra questi, c’è n’è uno più fortunato di altri, che recita:<br />

«Nacque così il Pudore, che regna su tutti gli uomini, e specialmente tra i popoli lasci-<br />

vi». La frase è di Anatole France, e proviene <strong>da</strong>l Manichino di vimini (1897). Protagoni-<br />

sta del romanzo è il professore Bergeret, studioso di letteratura latina – in particolare di<br />

Virgilio – che il giorno di capo<strong>da</strong>nno, rincasando un’oretta in anticipo, trova la moglie e<br />

l’allievo prediletto l’una con l’altro in<strong>da</strong>ffarati, tra abbracci un po’ scomposti e il disor-<br />

dine degli abiti: «Scorse allora sul canapè due forme umane avvinghiate in un atteg-<br />

giamento violento, una via di mezzo tra l’amore e la lotta, e che, di fatto, era<br />

l’atteggiamento della voluttà» 2 .<br />

Il buon Bergeret è incline alla discettazione filosofica: così si ritira nel suo studiolo<br />

per riflettere sui sentimenti di dolore, di vergogna, di disgusto e anche di nausea che<br />

l’adulterio della moglie gli suscita. Riflettendo, giunge a una prima conclusione:<br />

Gli oggetti, – pensò, – che hanno a che fare con quei desideri che per la loro violenza eccitano mag-<br />

giormente la carne e il sangue, non possono essere guar<strong>da</strong>ti con indifferenza, e, quando non ispirano la<br />

voluttà, provocano la ripugnanza.<br />

I francesi, sin <strong>da</strong>i tempi di Descartes, amano le sentenze: chiare, distinte, ben squa-<br />

drate (basta ascoltare solo qualche minuto Nana, prostituta ventiduenne e protagonista<br />

di Vivre sa vie di Go<strong>da</strong>rd, per averne una prova). Il buon Bergeret, dunque, potrebbe<br />

essere già soddisfatto. Ma la passione dell’argomento lo spinge oltre:<br />

1 Cfr. F. Petrarca, Le senili. Libri VII-XII, trad. e cura di U. Dotti, collaborazione di F. Audisio, t. II, Torino,<br />

Aragno, 2007, p. 803.<br />

2 L’edizione italiana del romanzo <strong>da</strong> cui si cita è quella tradotta <strong>da</strong> M. Zini, Torino, Einaudi, 19762 , qui<br />

a p. 44.


«Pudore» – Call for papers<br />

Tale osservazione ci porta a riconoscere la vera ragione per cui <strong>da</strong>ppertutto e in ogni tempo gli atti ero-<br />

tici si compiono in segreto per non provocare tra la gente emozioni violente e antitetiche; si giunse<br />

persino a nascondere tutto ciò che potesse richiamarli alla mente. Nacque così il pudore, che regna su<br />

tutti gli uomini, e specialmente tra i popoli lascivi 3 .<br />

Ecco tracciata – a partire <strong>da</strong>lla visione di una scena erotica ‘fuori luogo’, che con-<br />

templa cioè lo sguardo di uno spettatore non contemplato – una linea discorsiva che<br />

<strong>da</strong>ll’oggetto del desiderio giunge alle contraddizioni del desiderio, alle sue pause, alle<br />

sue negazioni perfino, e su questa via termina in quella che solo apparentemente è un<br />

paradosso: perché ci sia un moto di pudore, occorre che almeno nella mente ci sia qual-<br />

cosa di impudico. Niente di nuovo, sia chiaro. Ma il rilievo può essere utile per definire<br />

il pudore, che evidentemente funziona come funziona il segno: aliquid stat pro aliquo.<br />

Ma per che cosa? Il peccato, la colpa, la paura, l’immaginazione o la segreta speranza<br />

del peccato? O, più semplicemente, il desiderio in quanto tale?<br />

2. Siamo in un’epoca spudorata?<br />

Pare che il pudore non sia di gran mo<strong>da</strong>, oggi come oggi. Il vedere e il far-vedere<br />

sembrano farla <strong>da</strong> padroni, in quella che qualcuno insiste a definire la ‘società delle<br />

immagini’ – trascurando un po’ di riflettere sulla matassa aggrovigliata di scritture che<br />

accompagnano, indirizzano, firmano, postillano e così predispongono le immagini a<br />

una circolazione già fornita di senso. Quando si esercita lo sguardo senza alcun limite e<br />

si incita alla liberazione <strong>da</strong> qualunque ostacolo al desiderio individuale, il pudore – si<br />

dice – sembra non aver più casa. Così la psicoanalista francese Monique Selz propone<br />

di ripensare la qualità dei tempi proprio riscoprendo le ragioni del Pudore in quanto<br />

Luogo di libertà 4 . E <strong>da</strong> simili preoccupazioni non è lontano Massimo Recalcati, psicoa-<br />

nalista di scuola lacaniana: che non si occupa specialmente del pudore, ma stigmatizza<br />

la sfrenatezza dell’epoca ipermoderna, quella in cui non esiste né differenza né differi-<br />

mento tra desiderio della cosa e soddisfacimento del desiderio; e arriva in questo modo<br />

a denunciare la quasi avvenuta scomparsa del Padre, e a paventare quella<br />

dell’Inconscio 5 .<br />

3 Entrambe le citazioni, ivi, pp. 48-49.<br />

4 Sono questi titolo e sottotitolo di un suo volumetto uscito in Francia nel 2003, e <strong>da</strong> noi tradotto due<br />

anni dopo, nella collana einaudiana della «Vele».<br />

5 Vd., p. es., M. Recalcati, L’uomo senza inconscio. Figure della nuova clinica psicoanalitica, Milano,<br />

Cortina, 2010, pp. 1-69: nel quale si tratta del Disagio della Civiltà ipermoderna, e partitamente di Estinzione<br />

dell’inconscio? Una recente mutazione antropologica, di Evaporazione del Padre e discorso del capitalista<br />

ecc. A seguire, Recalcati ha poi pubblicato Cosa resta del padre? e Ritratti del desiderio, sempre<br />

con Cortina, nel 2011 e 2012. L’ipotesi di un’epoca ipermoderna, dopo quella postmoderna, viene <strong>da</strong>l sociologo<br />

francese G. Lipovetsky, il cui volume Les temps hypermodernes, Paris, Grasset, 2004, strano a dirsi,<br />

non è ancora tradotto in Italia.<br />

2


«Grisel<strong>da</strong>online» 13 (2013)<br />

Insomma, sembrerebbe proprio che l’epoca nel quale l’offerta onnipervasiva di beni,<br />

materiali o immateriali, destinati a un consumo tanto immediato e acritico <strong>da</strong> rendere<br />

addirittura desueta la percezione del consumismo in quanto consumismo; l’epoca, cioè,<br />

in cui il desiderio pretende immediato appagamento e non tollera dilazioni, sia riuscita<br />

ad avere la meglio – una volta per tutte – sul pudore.<br />

Si sa, come testimonia il Petrarca messo in esergo 6 , ogni epoca si vede spudorata, e<br />

di solito riserva ai bei tempi an<strong>da</strong>ti – quelli in cui «Fiorenza dentro <strong>da</strong> la cerchia anti-<br />

ca» «si stava in pace, sobria e pudica» (Par. XV 97, 99) – le immagini della sobrietà,<br />

della misura, di un comune e pacifico senso del pudore. Eppure il nostro tempo sarebbe<br />

unico, in questo: circolazione mondiale di merci e di persone (ridotte a merci),<br />

deregulation neoliberista, società dello spettacolo, spettacolarizzazione della politica e<br />

potere personale quale suo scopo principale, Reality show, riduzione del soggetto a<br />

succe<strong>da</strong>neo dei propri apparecchi tecnologici (iPhone, iPad, cellulari e tablet vari, mail,<br />

sms, Gps ecc.), giovanilismo di massa, esibizione della ricchezza in quanto testimonian-<br />

za di riuscita sociale e così via.<br />

3. Il corpo nudo<br />

Questi alcuni dei fenomeni dominanti nella società occidentale di oggi, che sarebbe<br />

riuscita a farla finita con la vicen<strong>da</strong> iniziata ai tempi di Eva e di A<strong>da</strong>mo: quando – man-<br />

giato il «frutto dell’albero, ch’è in mezzo al giardino» – «Allora gli occhi di amendue lo-<br />

ro si apersero, e conobbero ch’erano ignudi: onde cucirono insieme delle foglie di fico, e<br />

se ne fecero delle coverte <strong>da</strong> cignersi attorno». Ecco apparire il pudore, per la prima<br />

volta: la trasgressione di Eva e A<strong>da</strong>mo porta con sé un supplemento di intelligenza, e di<br />

conoscenza, perché il serpente ha la meglio su Eva proprio per il fatto «che l’albero era<br />

disiderabile per avere intelletto» 7 . Con il che, acquistata l’intelligenza e la conoscenza<br />

che prima mancava, i due si scoprono nudi, provano pudore di essere esposti allo<br />

sguardo divino, si fabbricano i primi rudimentali vestiti e si nascondono. Siamo tornati<br />

alle considerazioni del Bergeret di Anatole France: per provare pudore, occorre cono-<br />

scere ciò che il pudore invita a sfuggire, e quindi a ri-conoscerlo.<br />

Ma abbiamo anche fatto un piccolo passo in più, perché è vero: il pudore è general-<br />

mente associato alla nudità. La prima cosa di cui si prova pudore, è il corpo nudo. Il<br />

proprio, se esposto allo sguardo altrui. Di quello degli altri, se ci occorre di vederlo<br />

quando non dovremmo. Di qui una lunga storia – nella Storia – di camicioni e mutan-<br />

6 Il passo citato prosegue in forma di catalogo: «Calzari a due punte, teste piumate, chiome attorte in<br />

treccia e a guisa di co<strong>da</strong>, fronti virili femminilmente scriminate con pettine eburneo, vesti lascive e nemiche<br />

del pudore, ventri stretti <strong>da</strong> lacci che, per mera vanità, <strong>da</strong>nno agli infelici che li soffrono quei tormenti<br />

che i beati, un tempo, soffrivano per la verità».<br />

7 Questa e le precedenti citazioni, <strong>da</strong> Genesi 3, 1-7 (nella trad. di Dio<strong>da</strong>ti: cfr. La Sacra Bibbia tradotta<br />

in lingua italiana e commentata <strong>da</strong> Giovanni Dio<strong>da</strong>ti. I libri del Vecchio Testamento, a cura di M. Ranchetti,<br />

M. Ventura Avanzinelli, Milano, Mon<strong>da</strong>dori, 1999, t. I, pp. 14-15).<br />

3


«Pudore» – Call for papers<br />

doni panneggiati sui corpi nudi delle statue, o dipinti sui corpi nudi nei grandi affre-<br />

schi. Perché anche il pudore ha le sue storie, che nella Storia si srotolano per via di pro-<br />

gressi, regressi, accelerazioni, ironie e restauri. Su su, fino al geniale sussulto vittoriano<br />

per cui anche le gambe di tavoli e sedie devono essere coperte o nascoste: per<br />

l’involontaria ma eccellente verifica contrastiva di quella che Lausberg ha chiamato ‘a-<br />

bitualizzazione’ del tropo.<br />

4. Il critico spudorato<br />

Il corpo, dunque, è il primo luogo del desiderio. Ma nel libro della Genesi, al deside-<br />

rio, si associa anche l’intelligenza: l’intus-legere in quanto primo passo verso la cono-<br />

scenza (che cosa fa, poi, la critica letteraria, se non intus-legere i testi? O almeno,<br />

cos’altro dovrebbe fare? Non sarà che il critico, prima di tutto, appartiene al tipo dello<br />

spudorato?). Il che ci porta a riflettere sul fatto che il pudore non è forse una reazione<br />

dinanzi a qualche cosa, o alle cose sensibili; ma invece un pensiero che si colloca a livel-<br />

lo dell’intellegibile: del fatto che qualunque cosa (<strong>da</strong>s Ding, per Heidegger e per il<br />

Freud di Lacan) molto prima di essere nei sensi, è nella mente.<br />

E se il nostro Anatole France e l’anonimo scrittore della Genesi fossero per questo<br />

pensatori un po’ più smaliziati di quegli psicoanalisti che, oggi, si preoccupano per noi?<br />

E se l’accesso immediato a oggetti del desiderio perfettamente intercambiabili, e privati<br />

di ogni valore intrinseco, non fosse tanto il segno di una progressiva alienazione<br />

dell’individuo e della collettività, ma invece il procedimento stan<strong>da</strong>rd di ogni desiderio,<br />

e insieme il più tradizionale modello di ‘regimentazione’ di una collettività? E se la no-<br />

stra epoca fosse, contrariamente a quello che sembra, una di quelle spudoratamente<br />

pudiche?<br />

5. Il pudore della forma<br />

In letteratura, il pudore può essere due cose. Può essere un tema: l’oggetto di di-<br />

scorso diretto o indiretto, la cosa messa in scena nelle parole di un Io lirico, nei ragio-<br />

namenti della trattatistica e della poesia di<strong>da</strong>scalica o nelle peripezie di un personaggio<br />

di novella, di romanzo, di tragedia o di commedia; può essere, dunque, il punto focale<br />

di un discorso che ne tematizza i confini o le tracce. Ma può essere anche qualcos’altro,<br />

qualcosa di più affine, forse, a quel sentimento inseparabile <strong>da</strong>lla letteratura che Leo-<br />

pardi segna con il dito.<br />

Occorre chiedersi, allora: esiste una sorta di ‘pudore della forma’ in quanto princi-<br />

pio di produzione del testo? Esiste un moto di rifiuto del testo, nei confronti della ‘lette-<br />

ratura’, che si incorpora al testo stesso per mezzo di quel rapporto conflittuale che esso<br />

stabilisce con la costellazione dei generi letterari, dei codici della letterarietà e della<br />

tradizione (quante fonti dissimulate nel canone occidentale, quanti contenziosi segre-<br />

tamente aperti nelle astuzie dell’arte allusiva, quanto cicaleccio dei libri tra di loro)?<br />

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«Grisel<strong>da</strong>online» 13 (2013)<br />

Ma la questione, poi, non riguar<strong>da</strong> solo la letteratura nel senso un po’ ristretto – de-<br />

cisamente romantico, e così poco illuministico – che ancora regna presso di noi. Essa<br />

invece pertiene a tutti quei ‘testi’ di cui la comunicazione di massa regola la circolazio-<br />

ne. Gli stessi ‘testi’ nei quali il far-vedere e il vedere sono articolati sopra un doppio e<br />

specchiato effetto di pudore: quello di colui che spedisce il messaggio, e decide cosa far<br />

vedere e cosa nascondere (secondo precise strategie di formazione del consenso); e<br />

quello di colui che riceve il messaggio, e che è costretto a subire – unica sua difesa re-<br />

stando la possibilità di conoscere, e di criticare – il fatto che qualcosa possa o non possa<br />

essere visto. Insomma: nella letteratura seriale, nel cinema, nella fiction televisiva, nelle<br />

immagini dei telegiornali e in quelle dei programmi di approfondimento politico, nella<br />

pubblicità cosa effettivamente si guar<strong>da</strong>? Cosa non è possibile vedere? E perché?<br />

Così, se è vero che i riti collettivi del soggetto-massa si organizzano intorno alla più<br />

impudica esposizione di sé, è vero anche che i messaggi della comunicazione di massa<br />

sono regolati <strong>da</strong> dissimulate reticenze e inibizioni. E se studiassimo in quali termini –<br />

con modesta spudoratezza – si può criticare il pudore?<br />

Attendiamo contributi che aggiungano altre voci a questa riflessione sul pudore nel-<br />

la letteratura e nell’arte.<br />

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