05.06.2013 Views

AVIS_aprile_08_web-completo2(.Pdf 3 MB)

AVIS_aprile_08_web-completo2(.Pdf 3 MB)

AVIS_aprile_08_web-completo2(.Pdf 3 MB)

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Avis<br />

Notizie<br />

4<br />

<strong>AVIS</strong> Regionale<br />

Le differenze? Non contano.<br />

Parola di un giramondo<br />

Intervista a Sabri Kechrida, donatore tunisino presso l’Avis di Parma<br />

Dopo la vittoria del Premio Montecelio<br />

TP per la comunicazione<br />

pubblica lo scorso dicembre a Roma<br />

da parte della campagna promossa<br />

dall’Avis Provinciale di Parma per incentivare<br />

i cittadini stranieri presenti<br />

in Italia alla donazione, inauguriamo<br />

una serie di interviste con alcuni dei<br />

donatori extracomunitari residenti<br />

nella nostra regione. Il primo a rispondere<br />

al nostro appello è Sabri Kechrida,<br />

che proprio a Parma vive ed ha<br />

partecipato attivamente all’iniziativa<br />

della sua Avis Provinciale.<br />

Partiamo dalle tue origini, Sabri, e<br />

dal percorso che hai compiuto per<br />

arrivare in Italia. La tua è stata una<br />

scelta meditata o il frutto del caso?<br />

Beh le mie origini sono una questione<br />

un po’ complicata - scherza Sabri -<br />

dal momento che mia madre è peruviana,<br />

mio padre tunisino ma di origini<br />

egiziane e io sono nato in Francia,<br />

sono cresciuto in Tunisia e vivo in Italia<br />

dal 1981.<br />

L’Italia non è stata una scelta programmata,<br />

credo che ci abbia messo<br />

lo zampino il destino. Ero partito per<br />

un “tour de monde”, come si dice in<br />

Francia, per soddisfare la mia curiosità<br />

di conoscenza del diverso, cosa<br />

che ha confermato la mia idea che<br />

non esistano tanto le diversità tra uomini,<br />

quanto persone che fanno le<br />

stesse cose in modi differenti. Giunto<br />

al porto di Genova dove avrei dovuto<br />

fare il biglietto per tornare a casa incontrai<br />

un ragazzo del mio quartiere,<br />

che stava in Italia e mi propose di<br />

passare qualche giorno con lui invece<br />

di partire subito. Così, sono rimasto.<br />

Immagino tu fossi molto giovane,<br />

stiamo parlando di 26 anni fa. A noi<br />

italiani che non abbiamo questo<br />

spirito nomade sembrano vicende<br />

straordinarie ed esotiche.<br />

Sì avevo 21 anni, avevo la necessità<br />

di conoscere meglio la mia terra, la<br />

Tunisia, e poi spostarmi nel bacino<br />

del Mediterraneo: Algeria, Marocco,<br />

Spagna, Portogallo, e poi l’Europa<br />

dell’est, del nord, il Sudamerica<br />

…Sono riuscito a viaggiare tanto an-<br />

che senza ingenti risorse<br />

economiche perché<br />

sono stato educato allo<br />

scoutismo che nella nostra<br />

cultura non ha connotazioni<br />

religiose, lo<br />

definirei quasi un addestramento<br />

militare, che<br />

ti insegna il contatto col<br />

prossimo, con la natura, e ti insegna<br />

ad arrangiarti, come mi diceva sempre<br />

un vecchio capo scout.<br />

L’unico mio rammarico rimane quello<br />

di non aver ancora visto gli Usa e il<br />

Canada, ma dopo l’11 settembre è<br />

diventato quasi impossibile ottenere<br />

visti o spostarsi senza subire umilianti<br />

controlli, nonostante io abbia soltanto<br />

un terzo di sangue arabo. Sono<br />

restrizioni che un occidentale fatica a<br />

comprendere: la tua provenienza diventa<br />

già di per sé una condanna e<br />

ciò è doloroso.<br />

Quando hai cominciato a donare?<br />

In Tunisia, al compimento della maggiore<br />

età: lì non esistono strutture come<br />

l’Avis, ma quando una persona<br />

cara, un parente, un vicino di casa<br />

hanno bisogno di una trasfusione tutta<br />

la famiglia, l’intera tribù si mobilitano<br />

per offrire il proprio aiuto. Quando<br />

in gioco c’è la vita di una persona non<br />

ci si pensa due volte, c’è un sentimento<br />

di solidarietà molto forte. A ciò<br />

si aggiunga che vivevo vicino al reparto<br />

maternità, ero molto ricercato!<br />

Quindi la donazione non è strutturata,<br />

si chiede il sangue laddove serve.<br />

Ci sono forse motivazioni religiose?<br />

No, affatto, la Legge Coranica prevede,<br />

così come la Bibbia, che si salvi<br />

la vita del proprio fratello in tutti i modi<br />

possibili, quindi anche offrendo il<br />

proprio sangue. Piuttosto c’è il sospetto<br />

diffuso che il sangue che viene<br />

donato venga poi rivenduto. È<br />

una questione culturale dunque, non<br />

religiosa. Anche se devo dire che ultimamente<br />

i media stanno facendo<br />

campagne di sensibilizzazione al dono,<br />

e durante l’estate sui lungomare<br />

si trovano facilmente unità mobili per<br />

l’analisi e la raccolta di sangue.<br />

Quando sono arrivato<br />

in Italia per me è stato<br />

naturale aderire all’Avis.<br />

Ho cominciato con<br />

il gruppo donatori dell’azienda<br />

per la quale<br />

lavoravo, ed ho proseguito,<br />

nonostante le arrabbiature<br />

di mia<br />

mamma che mi diceva che questi signori<br />

mi prendevano sangue senza<br />

darmi nulla in cambio! L’ho dovuta<br />

convincere che il grazie di una persona<br />

che riceve il tuo sangue, che ti conosca<br />

o no, non ha prezzo.<br />

Come pensi si possa proseguire il<br />

cammino di coinvolgimento dei<br />

donatori extracomunitari, andando<br />

oltre la campagna di comunicazione<br />

che è stata fatta a Parma?<br />

Credo che non si debba puntare ad<br />

una promessa vaga di maggiore integrazione<br />

per chi si presti a donare<br />

sangue. Si deve anzitutto combattere<br />

il pregiudizio di cui parlavo prima, ossia<br />

che il sangue raccolto sia poi rivenduto.<br />

Si deve conquistare la fiducia<br />

dei donatori convincendoli della<br />

bontà e della necessità di un gesto<br />

che può salvare una vita. Per quanto<br />

concerne la comunità araba credo<br />

che sarebbe necessario che i responsabili<br />

Avis entrassero nelle moschee,<br />

parlassero ai fedeli col tramite degli<br />

Imam. In questo modo l’appello alla<br />

donazione assumerebbe una forza<br />

molto più grande. Su 20mila potenziali<br />

donatori stranieri oggi dona una percentuale<br />

bassissima, lo 0,1 % circa.<br />

Dobbiamo fare di più. Parlare agli immigrati<br />

di prima generazione, fare sì<br />

che essi coinvolgano al dono le loro<br />

donne, naturalmente dotate di una<br />

maggior sensibilità, che però all’interno<br />

di una cultura maschilista non hanno<br />

molti margini di autonomia. Parlare<br />

ai ragazzi, coinvolgerli, farli sentire<br />

parte della comunità, perché in tanti<br />

non si sentono italiani nonostante siano<br />

nati e cresciuti qua. Occorre vincere<br />

il sentimento di estraneità, e donare<br />

il proprio sangue diventerà per loro<br />

un fatto naturale. Credo ciecamente<br />

nel loro forte senso di solidarietà.

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!