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ALDO RENDINE<br />

Nato a Foggia il 15 marzo 1917, morto a Roma il 25 dicembre 1987. È stato attore<br />

teatrale e cinematografico, regista e fondatore dell’Accademia d’Arte Drammatica<br />

“Pietro Scharoff” di Roma.<br />

Dopo essersi laureato in lettere, è ufficiale di complemento e partigiano dal 1943.<br />

[omissis]<br />

RAFFAELE CONTE<br />

Nato a Foggia nel 1913, deceduto a Bari nel 1985, medico tisio-pediatra, primo<br />

presidente dell’ANPI barese.<br />

Tenente medico del Reparto sanità <strong>della</strong> “Divisione Murge”, dopo l’armistizio<br />

dell’8 settembre, passò, come tanti altri soldati e ufficiali taliani, nelle file <strong>della</strong><br />

resistenza contro i tedeschi, a fianco dell’Esercito di liberazione jugoslavo.<br />

Nelle vesti di medico, curo i feriti italiani e slavi. Poi si cimentò in un epico<br />

viaggio di ritorno verso Bari: ferito nella battaglia di Babin Potok, nel maggio del<br />

1944 si imbarcò, in Dalmazia, su un peschereccio, alla guida di altri centoventi feriti.<br />

Destinazione Bari, dove nella Puglia liberata sperava di poter far ricoverare quei<br />

reduci.<br />

Ma l’imbarcazione fu attaccata da un cacciatorpediniere tedesco, morirono ottanta<br />

persone, lo stesso Conte fu colpito gravemente al viso.<br />

Ciò malgrado, il peschereccio riuscì a raggiungere la costa pugliese. I superstiti<br />

furono accolti negli ospedali di tutta la regione, col consenso dei comandi alleati.<br />

Raffaele Conte assunse nel dopoguerra la presidenza dell’ANPI di Bari, e a lui<br />

spetta il merito di aver ricordato per la prima volta, nel corso di una<br />

commemorazione del 1946, il ruolo svolto dai militari italiani nei Balcani a fianco<br />

<strong>della</strong> resistenza antinazista. [omissis]<br />

La storia di Conte contribuisce a ricordare che la Puglia, una volta liberata, dalla<br />

fine del 1943 diventò anche la retrovia dei partigiani slavi. Nel Tacco d’Italia il 3<br />

giugno 1944 giunse anche il maresciallo Josip Broz Tito, accompagnato da Randolf<br />

Churchill, figlio del premier britannico Winson Churchill. Circostanza di cui si trova<br />

testimonianza nel cimitero di Barletta: ospita il sacrario jugoslavo, dove sono sepolti<br />

oltre ottocento partigiani slavi morti nell’Italia meridionale, dov’erano giunti, per lo<br />

più feriti, dopo i combattimenti affrontati al di là dell’Adriatico. Non solo. Ricorda<br />

Vito Antonio Leuzzi, direttore dell’Ipsaic: “Grazie all’eredità lasciata da Conte,<br />

l’archivio dell’ANPI barese è tuttora il più ricco di documentazione, preziosissima,<br />

sulla resistenza dei militari italiani nei Balcani e nelle isole greche, compresa<br />

Cefalonia”.<br />

In particolare tra le montagne jugoslave combatterono i battaglioni partigiani<br />

“Mameli”, “Budicin”, “Fontanot”, e “Zara”; in Dalmaziae Istria, la “Brigata Italia”,<br />

costituita dai battaglioni “Garibaldi”, “Matteotti”, “Mameli” e “Fratelli Bandiera”,<br />

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