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IL MUSEO ERBARIO DELL'UNIVERSITÀ 'SAPIENZA' DI ROMA L ...

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Università di Roma ‘Sapienza’<br />

Dipartimento di Biologia Vegetale<br />

<strong>MUSEO</strong> ORTO BOTANICO <strong>MUSEO</strong> <strong>ERBARIO</strong><br />

VALORIZZAZIONE DELLE COLLEZIONI BOTANICHE<br />

<strong>DI</strong> INTERESSE REGIONALE<br />

Il percorso dall’Orto Botanico all’Erbario


I MUSEI BOTANICI: ORTO BOTANICO ED <strong>ERBARIO</strong><br />

Nell’ambito della museologia scientifica<br />

le collezioni botaniche comprendono gli Orti Botanici e gli Erbari<br />

Gli Orti Botanici (Hortus vivus) coltivano esemplari vegetali vivi, in<br />

serra o all’aperto, facendo in modo che essi conservino nel corso<br />

del tempo le caratteristiche strutturali e funzionali e la capacità<br />

riproduttiva espresse nei luoghi di origine. Ogni individuo in<br />

coltivazione all’Orto Botanico ha un cartellino su cui è riportato il<br />

nome secondo i criteri della classificazione binomia di Linneo.<br />

Le specie collezionate vengono<br />

coltivate con tecniche specifiche che<br />

consentono l’acclimatazione ed i semi<br />

vengono raccolti e conservati nella<br />

Banca del Germoplasma, allo scopo di<br />

riprodurre altri individui della stessa<br />

specie o per scambi con altri Orti<br />

Botanici o Istituti di ricerca nel mondo.<br />

Frutti di diverse specie in fase di<br />

essiccazione del reparto per lo<br />

stoccaggio dei semi della Banca del<br />

Germoplasma dell’Orto Botanico di Roma


I MUSEI BOTANICI: ORTO BOTANICO ED <strong>ERBARIO</strong><br />

Ogni Orto Botanico pubblica periodicamente<br />

un Index seminum, la cui copertina è<br />

raffigurata a lato, in cui viene riportato<br />

l’elenco aggiornato delle specie presenti, con<br />

indicazioni su numero di individui per ciascuna<br />

specie, provenienza e data di acquisizione.<br />

Gli Erbari (Hortus siccus)<br />

collezionano materiale essiccato<br />

di specie vegetali, corredato da<br />

notizie di tipo tassonomico,<br />

geografico, storico ed ecologico.<br />

Armadi contenenti campioni d’erbario<br />

nel Museo Erbario dell’Università di Roma ‘Sapienza’.


I MUSEI BOTANICI: ORTO BOTANICO ED <strong>ERBARIO</strong><br />

Attraverso una politica di attenta gestione, agli Orti Botanici e ai<br />

Musei Erbari è affidato il compito della divulgazione scientifica nel<br />

settore delle Scienze Botaniche, con notizie informative<br />

sull’ecologia delle specie coltivate, sui loro ambienti di provenienza<br />

e sull’importanza della conservazione della biodiversità


L’ORTO BOTANICO <strong>DI</strong> <strong>ROMA</strong><br />

L’Orto Botanico di Roma ospita<br />

circa 2500 entità tassonomiche<br />

e si estende per 12 ettari nel<br />

centro di Roma, fra Via della<br />

Lungara e il Colle Gianicolo. È<br />

stato realizzato nel 1883 nel<br />

giardino di Palazzo Corsini,<br />

nell’area che aveva ospitato le<br />

Terme di Settimio Severo e di<br />

suo figlio Geta.<br />

Ingresso dell’Orto Botanico di Roma<br />

La storia dell’Orto Botanico di Roma inizia nel 1660, quando Papa<br />

Alessandro VII fece realizzare un orto botanico alle spalle del<br />

Fontanone dell’Acqua Paola al Gianicolo, svincolato dal Papato. Lì<br />

rimase fino al trasferimento nel 1820 nel giardino di Palazzo Salviati<br />

e, dopo l’Unità d’Italia, fu trasferito sul Colle Viminale, dove rimase<br />

per circa dodici anni prima di trovare lo spazio più idoneo nella<br />

sede attuale.


L’ORTO BOTANICO <strong>DI</strong> <strong>ROMA</strong><br />

È lunghissimo l’elenco delle specie rare e di<br />

elevata valenza fitogeografica che si possono<br />

osservare all’aperto e nelle serre: dalle 40 entità di<br />

palme tropicali e subtropicali, alla più ricca<br />

collezione di bambù d’Europa (70 entità), dal<br />

Giardino giapponese con giochi d’acqua, al Bosco<br />

mediterraneo, testimonianza della vegetazione che<br />

ricopriva il Gianicolo al tempo dei Romani, dal<br />

giardino dei ‘semplici’ con specie medicinali,<br />

all’interessante varietà delle piante grasse nella<br />

Serra Corsini realizzata nel 1800. Orto Botanico di Roma:<br />

collezione di palme<br />

Orto Botanico di Roma:<br />

il Giardino dei Semplici<br />

Orto Botanico di Roma:<br />

il giardino giapponese


L’ORTO BOTANICO <strong>DI</strong> <strong>ROMA</strong><br />

E ancora la collezione delle euforbiacee nella Serra Monumentale<br />

del 1977, le specie tropicali e subtropicali all’interno della Serra<br />

Tropicale del 1990, la collezione delle conifere, il roseto e gli alberi<br />

monumentali, con esemplari ultracentenari di elevata valenza.<br />

Orto Botanico di Roma: Serra Monumentale e,<br />

sullo sfondo, l’edificio che ospita i laboratori<br />

Orto Botanico di Roma:<br />

individui ultracentenari di Nolina longifolia<br />

Nell’ambito delle attività per la conservazione ex-situ, l’Orto<br />

Botanico di Roma sta effettuando ricerche mirate alla<br />

realizzazione di una collezione di specie autoctone del Lazio,<br />

con particolare riguardo a quelle minacciate di estinzione.


<strong>IL</strong> <strong>MUSEO</strong> <strong>ERBARIO</strong> DELL’UNIVERSITÀ ‘SAPIENZA’ <strong>DI</strong> <strong>ROMA</strong><br />

L’erbario è una raccolta di piante spianate ed essiccate,<br />

allestita con metodi e scopi scientifici<br />

Pacchi di campioni d’erbario<br />

conservati in appositi armadi<br />

Foglio d’erbario preparato<br />

secondo standard scientifici<br />

Un campione d’erbario è costituito, secondo criteri internazionali, da<br />

un foglio di carta pesante, di dimensioni fisse di 30 x 44 cm. Sui fogli<br />

individui (o parti di essi) di una stessa specie e di una stessa<br />

popolazione, precedentemente spianati ed essiccati, vengono disposti<br />

e fissati con fascette di carta fermate da spilli.


<strong>IL</strong> <strong>MUSEO</strong> <strong>ERBARIO</strong> DELL’UNIVERSITÀ ‘SAPIENZA’ <strong>DI</strong> <strong>ROMA</strong><br />

Su ciascun campione viene apposta<br />

un’etichetta, chiamata cartellino, contenente<br />

informazioni sulla località, l’ambiente e la data di<br />

raccolta, il nome di chi ha raccolto il campione<br />

(preceduto da legit, ossia «ha raccolto» in<br />

latino) e di chi lo ha determinato (preceduto da<br />

determinavit, ossia «ha determinato» in latino).<br />

Particolare<br />

del cartellino<br />

di un foglio d’erbario<br />

È proprio la presenza di tale etichetta che conferisce valore<br />

scientifico al campione. Il materiale che compone le collezioni viene<br />

archiviato in pacchi e quindi conservato in armadi. La catalogazione<br />

è basata sui ranghi tassonomici di famiglia, genere e specie.


<strong>IL</strong> <strong>MUSEO</strong> <strong>ERBARIO</strong> DELL’UNIVERSITÀ ‘SAPIENZA’ <strong>DI</strong> <strong>ROMA</strong><br />

Tenuto conto del tipo di informazioni contenute nei campioni,<br />

l’erbario riveste notevole interesse da un punto di vista scientifico,<br />

storico e didattico.<br />

Le collezioni risultano di grande utilità negli studi sulla diversità<br />

vegetale, oltre che nelle ricerche di base di tipo tassonomico,<br />

floristico, fitogeografico e fitochimico.<br />

I campioni raccolti in epoche lontane, in particolare,<br />

rappresentano una chiara testimonianza nella ricostruzione della<br />

storia naturale di molte località oggi fortemente alterate dall’uomo


<strong>IL</strong> <strong>MUSEO</strong> <strong>ERBARIO</strong> DELL’UNIVERSITÀ ‘SAPIENZA’ <strong>DI</strong> <strong>ROMA</strong><br />

Il Museo Erbario dell’Università<br />

‘Sapienza’ di Roma, indicato a<br />

livello internazionale con la<br />

sigla RO, ha una consistenza<br />

complessiva stimata in poco più<br />

di un milione di esemplari<br />

(Iberite et al., 1993) ed è<br />

considerato, per importanza, il<br />

secondo erbario d’Italia.<br />

Personale tecnico e visitatori al lavoro nella<br />

sala dell’Erbario Romano del Museo Erbario<br />

dell’Università ‘Sapienza’ di Roma<br />

L’origine delle collezioni risale al 1872 ad opera di Giuseppe<br />

De Notaris, il quale vi contribuì con le sue raccolte personali<br />

e con l’acquisizione di raccolte preesistenti. La sistemazione<br />

attuale, nei locali del Dipartimento di Biologia Vegetale (già<br />

Istituto di Botanica), risale al 1938, anno in cui si concluse la<br />

costruzione della Nuova Città Universitaria.


<strong>IL</strong> <strong>MUSEO</strong> <strong>ERBARIO</strong> DELL’UNIVERSITÀ ‘SAPIENZA’ <strong>DI</strong> <strong>ROMA</strong><br />

I campioni conservati presso il Museo Erbario provengono non solo<br />

dall’Italia, ma anche da diverse parti del mondo e sono ripartiti in<br />

cinque erbari: Romano, Generale, Cesati, Montelucci, Anzalone.<br />

Erbario Romano: riunisce circa 69.500 esemplari di fanerogame<br />

del territorio laziale (secondo i confini definiti da P.R. Pirotta e da E.<br />

Chiovenda nell’introduzione al primo fascicolo della Flora Romana<br />

del 1900).<br />

Erbario Generale: include campioni provenienti dall’Italia e<br />

dall’estero, è suddiviso in due sezioni, quella fanerogamica (circa<br />

150.000 esemplari) e quella crittogamica (circa 72.000 esemplari).<br />

Erbario Cesati: raccoglie le collezioni di specie provenienti<br />

principalmente dall’Italia, dalla Germania e dalla Svizzera,<br />

materiale raccolto personalmente da V. Cesati Barone di Vigadore<br />

(1806-1883) o proveniente da tutto il mondo e derivante da acquisti<br />

e scambi con altri botanici; comprende circa 32.000 esemplari di<br />

fanerogame e 17.000 di crittogame.


<strong>IL</strong> <strong>MUSEO</strong> <strong>ERBARIO</strong> DELL’UNIVERSITÀ ‘SAPIENZA’ <strong>DI</strong> <strong>ROMA</strong><br />

Erbario Montelucci: comprende circa 12.000 esemplari<br />

dell’erbario personale del generale Giuliano Montelucci (1899-<br />

1983), provenienti principalmente da Lazio e Toscana.<br />

Erbario Anzalone: erbario del Prof. Bruno Anzalone (1921-),<br />

considerato il maggior esperto vivente della flora laziale;<br />

costituito da circa 31.000 esemplari riguardanti principalmente il<br />

Lazio, ma anche l’Abruzzo, le Marche ed il Trentino-Alto Adige.<br />

In particolare, le collezioni maggiormente rilevanti per la<br />

conoscenza della flora laziale sono l’Erbario Romano, l’Erbario<br />

Montelucci e l’Erbario Anzalone, riferimento per gli studi attuali<br />

sulla flora e di enorme importanza come testimonianza di realtà<br />

scomparse o profondamente trasformate, come ad esempio le<br />

Paludi Pontine e molte aree umide o costiere.<br />

Attualmente è in via di ultimazione la schedatura informatizzata<br />

dei cartellini dell’Erbario Montelucci e dell’Erbario Anzalone; ciò<br />

permetterà una consultazione semplificata delle collezioni e una<br />

base di dati utile agli studi floristici.


LE SCHEDE<br />

Vengono di seguito riportate 17 schede di sintesi riguardanti alcune<br />

entità di particolare interesse per la regione, perché a rischio di<br />

estinzione o perché specie costruttrici del paesaggio vegetale.<br />

Per ciascuna entità sono riportati:<br />

• binomio latino aggiornato;<br />

• nome volgare;<br />

• famiglia di appartenenza;<br />

• area di distribuzione a livello planetario dell’entità (areale);<br />

• presenza e distribuzione nella regione Lazio (dati inediti tratti da:<br />

Anzalone, Iberite, Lattanzi, La flora del Lazio, in preparazione);<br />

• habitat dove si rinviene l’entità;<br />

• breve descrizione riguardante morfologia ed eventuali usi.


Agrostis monteluccii (Selvi) Banfi<br />

(Agrostide di Montelucci)<br />

Famiglia<br />

Poaceae<br />

Areale<br />

endemica dell’Italia centrale tirrenica<br />

(Toscana, Lazio, Campania)<br />

Presenza e distribuzione nel Lazio<br />

rara; presente alle Grotte di Santo<br />

Stefano nel viterbese, a Bagni di Tivoli, a<br />

Canale Monterano e Caldara di Manziana<br />

Habitat<br />

entità strettamente legata agli ambienti con emissioni gassose delle aree<br />

geotermicamente attive


Agrostis monteluccii (Selvi) Banfi<br />

(Agrostide di Montelucci)<br />

È una graminacea perenne dal portamento a<br />

cespo alta fino ad 80 cm, che produce alla<br />

base diversi fusti, alcuni dei quali fertili, altri<br />

invece sterili. Le foglie del fusto sono in<br />

genere più corte rispetto alle basali e spesso<br />

piatte. Ha infiorescenze a dense pannocchie<br />

con rami patenti all’antesi e scabri al tatto<br />

per la presenza di corti peli. Il frutto è una<br />

cariosside di lunghezza media di 1 mm.<br />

È questa un’entità dall’ecologia piuttosto peculiare; vive infatti in ambienti<br />

che risultano ostili alla maggior parte delle altre specie. Tali ambienti sono<br />

caratterizzati da spiccata acidità del substrato e anomale concentrazioni<br />

atmosferiche di CO 2 , presenza di H 2 S e alluminio solubile nel suolo.<br />

Secondo le Liste Rosse Regionali delle Piante d’Italia l’entità è Vulnerabile<br />

(VU) sia a livello nazionale che per la regione Lazio.


Arbutus unedo L.<br />

(Corbezzolo)<br />

Famiglia<br />

Ericaceae<br />

Areale<br />

pianta distribuita in tutto il Bacino del<br />

Mediterraneo e in parte dell’Europa<br />

Sud-occidentale e settentrionale<br />

Presenza e distribuzione nel Lazio<br />

molto comune su tutta la fascia<br />

costiera (inclusa Roma) e isole e in<br />

molte zone interne. 0-900 m s.l.m.<br />

Habitat<br />

elemento tipico della macchia<br />

mediterranea, nel sottobosco di<br />

leccete e pinete litoranee, su pendii<br />

aridi e rocciosi e su terreni acidi


Arbutus unedo L.<br />

(Corbezzolo)<br />

Il corbezzolo è un arbusto o<br />

piccolo albero alto fino a 10 m,<br />

con un tronco corto e tozzo, rami<br />

contorti ed una chioma densa. La<br />

scorza è bruno-rossastra e si<br />

stacca in placche sottili. Le foglie<br />

sono sempreverdi, alterne, ovatoellittiche,<br />

coriacee, lucide, con<br />

margine seghettato ed apice<br />

appuntito. Il picciolo è<br />

tomentoso. I fiori sono bianchi e<br />

campanulati e riuniti in racemi<br />

penduli, che compaiono in<br />

autunno, da ottobre a dicembre.


Arbutus unedo L.<br />

(Corbezzolo)<br />

I frutti sono bacche sferiche,<br />

carnose, con una superficie<br />

verrucosa, irta di piccole<br />

formazioni piramidali, con un<br />

colore che passa dal giallo,<br />

all’arancione ed infine diviene<br />

rosso a maturità.<br />

I frutti sono eduli, anche se non<br />

eccelsi (da qui il nome unedo:<br />

‘unum edo’ = ne mangio uno<br />

solo); vengono usati per<br />

preparare marmellate e liquori. Il<br />

corbezzolo è un ottima pianta<br />

mellifera. Dal suo legno si ricava<br />

un carbone di eccellente qualità.


Bidens cernua L.<br />

(Forbicina intera)<br />

Famiglia<br />

Asteraceae<br />

Areale<br />

pianta in origine Eurasiatica, divenuta<br />

Circumboreale (distribuita nelle zone fredde<br />

e temperato-fredde dell’Europa, Asia e<br />

Nordamerica). In Italia è presente nelle<br />

zone umide del Nord (Padania e valli alpine)<br />

e del Centro (Toscana, Abruzzo nella Piana<br />

del Fucino, Lazio). Più a Sud è segnalata<br />

solo nei pressi di Castrovillari in Calabria;<br />

manca nelle isole<br />

Presenza e distribuzione nel Lazio<br />

Rarissima, si trova solo al Lago di Vico e al Lago di Posta Fibreno<br />

Habitat<br />

pianta eliofila, legata agli ambienti umidi e fangosi di pianura e di zone<br />

collinari. Predilige acque sorgive e fresche


Bidens cernua L.<br />

(Forbicina intera)<br />

È una pianta annuale, rara in Italia. I fusti sono<br />

alti 10-100 cm, eretti, glabri e cavi all’interno,<br />

spesso ramificati alla base. Le foglie sono<br />

opposte e prive, o quasi, di peduncolo; sono<br />

intere o con dentelli acuti distanziati, la<br />

lamina fogliare è lineare o lineare-lanceolata<br />

(5-15 x 40-100 mm). I capolini sono inclinati e<br />

generalmente discoidali (diametro 1-2 cm); le<br />

squame esterne sono fogliacee (1-2 cm) e<br />

raggianti; le ligule sono gialle, ovali, (3 x 6<br />

cm). Fiorisce da luglio a settembre. Il frutto è<br />

un achenio lungo meno di un centimetro con<br />

4-5 reste.<br />

Le Liste Rosse Regionali per il Lazio (Conti et<br />

al., 1997), attribuiscono alla specie lo status<br />

CR (Gravemente Minacciato).


Castanea sativa Mill.<br />

(Castagno)<br />

Famiglia<br />

Fagaceae<br />

Areale<br />

originario dell’Europa sud-orientale e<br />

dell’Asia Minore, è stato diffuso<br />

ampiamente dall’uomo fin dal V sec. a.C.,<br />

per i suoi frutti commestibili, nutrienti e<br />

ricchi in amido e per il suo legno<br />

Presenza e distribuzione nel Lazio<br />

molto comune nella maggior parte della<br />

regione, per lo più in zone collinari,<br />

submontane o montane (talora<br />

introdotto). 0-1200 m s.l.m.<br />

Habitat<br />

è una pianta eliofila che predilige un clima fresco e umido, non troppo<br />

rigido e caldo in estate. Cresce su terreni soffici, profondi di natura silicea<br />

o comunque decalcificati


Castanea sativa Mill.<br />

(Castagno)<br />

Il castagno è un albero alto fino a 30 m, con<br />

una chioma molto ampia ed espansa. La<br />

scorza è bruno-grigiastra, fessurata con<br />

scanalature longitudinali che si avvolgono a<br />

spirale con l’età. Il legno, semiduro, è simile a<br />

quello della quercia. Il castagno è una<br />

importante specie forestale ed è molto<br />

longeva, potendo arrivare all’età di 1000 anni.<br />

Le foglie sono caduche, alterne, ovaliallungate,<br />

ad apice acuto, con margine<br />

seghettato e nervature parallele ed in<br />

rilievo.


Castanea sativa Mill.<br />

(Castagno)<br />

I fiori maschili, piccoli e gialli, con numerosi<br />

stami ed un perigonio a 6 tepali, sono<br />

odorosi e melliferi e compaiono a giugno,<br />

dopo le foglie, riuniti in amenti eretti.<br />

I fiori femminili, più piccoli e mancanti di<br />

perigonio, si trovano alla base di alcuni amenti<br />

maschili, in gruppi di 2-3, ognuno dei quali formato<br />

da 2-3 fiori racchiusi da un unico involucro.<br />

A maturazione tale involucro (la cupola) si<br />

trasforma in un riccio spinoso, contenente 2 o 3<br />

castagne.


Centaurea cineraria L. subsp. circae (Sommier) Cela-Renzoni & Viegi<br />

(Fiordaliso delle scogliere)<br />

Famiglia<br />

Asteraceae<br />

Areale<br />

endemica esclusiva del Lazio<br />

Presenza e distribuzione nel Lazio<br />

rarissima; Circeo, Terracina, fra<br />

Sperlonga e Gaeta<br />

Habitat<br />

rupi marittime assolate<br />

Il fiordaliso delle scogliere è una piccola<br />

pianta erbacea, ricoperta da un fine tomento<br />

niveo, le cui dimensioni sono di 30-100 cm.


Centaurea cineraria L. subsp. circae (Sommier) Cela-Renzoni & Viegi<br />

(Fiordaliso delle scogliere)<br />

I fusti sono robusti, lignificati alla base, ramificati in alto. Le foglie<br />

inferiori e le medie sono pennatopartite con 7-9 lacinie per parte<br />

largamente obovato-oblunghe, intere o con 1-2 lobuli. I capolini hanno<br />

un involucro ovoide di 9-12 x 10-15 mm. Le squame dell’involucro<br />

presentano un’appendice scura, decorrente sui lati, munita di ciglia. I<br />

fiori sono vistosi e rosso-purpurei e compaiono da giugno ad agosto. I<br />

frutti sono acheni di 3 mm muniti di un breve pappo.<br />

L’entità è un raro endemismo<br />

esclusivo del Circeo che, negli ultimi<br />

anni, si è diffuso in maniera<br />

sporadica in poche altre stazioni più<br />

a Sud; colonizza, con la palma nana,<br />

le pareti rocciose assolate<br />

prospicienti il mare.<br />

Le liste Rosse Regionali delle Piante<br />

d’Italia attribuiscono alla specie lo<br />

status LR (Minor Rischio) tanto a<br />

livello nazionale che per il Lazio.


Chamaerops humilis L.<br />

(Palma nana)<br />

Famiglia<br />

Arecaceae<br />

Areale<br />

insieme a Phoenix theophrastii Greuter<br />

(palma rara ed endemica dell’isola di<br />

Creta) è l’unica palma spontanea in<br />

Europa ed è distribuita nel Mediterraneo<br />

occidentale. In Italia si limita alle coste<br />

tirreniche e si incontra più<br />

frequentemente in Sicilia e Sardegna<br />

Presenza e distribuzione nel Lazio<br />

rara; Circeo, Monti Ausoni, Monti<br />

Aurunci, Isole Ponziane; altrove<br />

spontaneizzata<br />

Habitat<br />

specie decisamente termofila, cresce in luoghi caldi, aridi, rocciosi o<br />

sabbiosi, su pendii e nelle macchie prossime al mare


Chamaerops humilis L.<br />

(Palma nana)<br />

La palma nana, allo stato selvatico,<br />

ha l’aspetto di un cespuglio, alto 1-2<br />

m, con un tronco breve e tozzo,<br />

spesso con più polloni per individuo.<br />

In coltura, invece, la pianta arriva a<br />

misurare anche 7-9 m. La scorza è<br />

marrone scuro, ricoperta da tessuto<br />

fibroso e segnata dalle cicatrici delle<br />

foglie cadute. Alla sommità del tronco<br />

cresce una corona di foglie,<br />

sempreverdi, coriacee, a forma di<br />

ventaglio suddiviso in 12-15 lacinie<br />

rigide ed appuntite, con un picciolo<br />

più lungo del lembo, semicilindrico e<br />

spinoso ai margini.<br />

I fiori sono maschili od ermafroditi e possono crescere sulla stessa<br />

pianta (monoica) o su piante differenti (dioica); sono riuniti in<br />

pannocchie gialle e pendule e fioriscono da maggio a giugno.


Chamaerops humilis L.<br />

(Palma nana)<br />

I frutti sono drupe di 2-4 cm, ovoidali,<br />

prima gialle, poi bruno-rossicce a<br />

maturità, fibrose, con un seme legnoso<br />

non commestibile. Nell’antichità, ma<br />

anche in periodi più recenti in tempo di<br />

carestie, venivano utilizzati i germogli<br />

come alimento e dalle parti sotterranee<br />

se ne ricavava un tipo di farina. Dalle<br />

foglie si ottenevano fibre per corde,<br />

stuoie, scope e cesti.<br />

Le liste rosse regionali delle Piante d’Italia<br />

(Conti et al., 1997), attribuiscono alla specie<br />

lo status VU (vulnerabile) per il Lazio.


Cyperus polystachyus Rottb.<br />

(Zigolo termale)<br />

Famiglia<br />

Cyperaceae<br />

Areale<br />

ha una distribuzione in tutta la fascia<br />

tropicale e subtropicale dell’Eurasia,<br />

Africa ed America. In Europa, ad<br />

eccezione delle Isole Canarie; in Italia<br />

solo in alcune fumarole di Ischia, e nel<br />

Lazio<br />

Presenza e distribuzione nel Lazio<br />

rarissimo. Litorale Romano a Tor<br />

Caldara presso Anzio<br />

Habitat<br />

pianta eliofila e termofila legata agli<br />

ambienti umidi di bassa quota,<br />

esclusivamente su terreno acido<br />

presso aree termali e fumarole


Cyperus polystachyus Rottb.<br />

(Zigolo termale)<br />

È una pianta perenne erbacea, molto rara in<br />

Italia. È interessante notare che le<br />

popolazioni di Tor Caldara hanno un<br />

comportamento annuale: al sopraggiungere<br />

dei rigori invernali le piante deperiscono e<br />

quando le temperature del suolo scendono<br />

al di sotto dei 10 °C muoiono, superando<br />

l’inverno allo stato di semi. I fusti cespugliosi<br />

trigoni sono alti 20-40 cm. Le foglie sono<br />

lunghe e sottili (2-3 mm). Le infiorescenze<br />

sono emisferiche contratte, hanno alla base<br />

3-5 brattee erette superanti l’infiorescenza;<br />

le spighe sono lunghe 5-15 mm e larghe 1<br />

mm a maturità, di colore giallo paglierino.<br />

Fioriscono da giugno a ottobre. Il frutto è un piccolo achenio lungo circa<br />

1 mm.<br />

Le liste rosse regionali delle Piante d’Italia attribuiscono alla specie lo<br />

status CR (Gravemente Minacciato) sia a livello nazionale che per il Lazio


Fagus sylvatica L.<br />

(Faggio)<br />

Famiglia<br />

Fagaceae<br />

Areale<br />

specie tipicamente europea, distribuita<br />

dalla Spagna settentrionale alla Russia<br />

sud-orientale e dalla Gran Bretagna<br />

meridionale ai monti della Sicilia<br />

Presenza e distribuzione nel Lazio<br />

molto comune in tutti i settori elevati<br />

della regione, sopra i 700-800 m s.l.m.,<br />

in talune zone a quote inferiori, fino a<br />

1800 m s.l.m.<br />

Habitat<br />

predilige un clima oceanico, umido, relativamente piovoso e con bassa<br />

escursione termica, con estati fresche ed inverni miti. In Italia si colloca<br />

tra i 600 ed i 1200 m sulle Alpi e tra i 1000 ed i 1800 m sugli Appennini,<br />

dove arriva al limite della vegetazione arborea. Forma sovente foreste<br />

pure, con una copertura fogliare molto fitta


Fagus sylvatica L.<br />

(Faggio)<br />

Il Faggio è un grande albero alto fino<br />

a 40 m, con una chioma massiccia,<br />

espansa e densamente ramificata e<br />

rami ascendenti o sub-orizzontali. La<br />

scorza è grigia, liscia e lucente<br />

Le foglie sono caduche, alterne, ovatoellittiche,<br />

acute all’apice, verde lucido, con<br />

margine ondulato e dentellatura appena<br />

accennata


Fagus sylvatica L.<br />

(Faggio)<br />

I fiori maschili sono riuniti in glomeruli<br />

pendenti, quelli femminili sono eretti e<br />

riuniti a 2 in un involucro a 4 brattee. I<br />

frutti sono acheni a tre spigoli (detti<br />

‘faggiole’) racchiusi a gruppi di 2 in una<br />

capsula legnosa, con aculei sottili<br />

all’esterno, che a maturità si apre in 4<br />

valve. I frutti sono eduli e ricchi di olio<br />

Il legno è leggero, a grana fine, esente da nodi<br />

e si piega facilmente. Per tali motivi viene<br />

spesso utilizzato per lavori di falegnameria,<br />

anche se viene facilmente aggredito dai tarli


Hottonia palustris L.<br />

(Erba scopina)<br />

Famiglia<br />

Primulaceae<br />

Areale<br />

specie eurosiberiana, distribuita<br />

in tutta Europa spingendosi a Est<br />

fino alla Russia<br />

Presenza e distribuzione nel Lazio<br />

rarissima; presente attualmente<br />

solo a Monte Rufeno nel viterbese.<br />

Presente anticamente anche alle<br />

Paludi Pontine (da Nettuno al Lago<br />

di Fondi)<br />

Habitat<br />

cresce nelle acque stagnanti<br />

povere in calcare, spesso in<br />

stazioni ombrose e su fango<br />

torboso


Hottonia palustris L.<br />

(Erba scopina)<br />

Si tratta di un’idrofita radicante alta dai 2 ai 4 dm<br />

(massimo 8), con un fusto radicante alla base in acqua,<br />

ingrossato e galleggiante nelle parti superiori. Le foglie<br />

sono alterne o irregolarmante verticillate e restano<br />

immerse in acqua. La lamina è pennata, cioè<br />

completamente divisa in segmenti lineari larghi 1 mm,<br />

interi e acuti. Lo scapo, parzialmente emergente<br />

dall’acqua, è eretto e cilindrico e presenta grossi peli<br />

ghiandolari rossastri. I fiori sono disposti in verticilli<br />

sovrapposti, recanti alla base brattee lineari. I sepali<br />

sono acuti e saldati alla base. La corolla è tubulosa e<br />

gialla alla base e termina con 5 lacinie riflesse biancoviolette.<br />

Il frutto è una capsula subsferica di 3-6 mm.<br />

In passato era molto più diffusa; attualmente è molto rara e localizzata in<br />

poche stazioni, a causa della distruzione del suo ambiente a causa di<br />

bonifiche, inquinamento e antropizzazione in genere.<br />

Le stazioni dell’Italia centrale sono le più meridionali di tutto l’areale.<br />

Secondo le Liste Rosse Regionali delle Piante d’Italia è Vulnerabile (VU)<br />

a livello nazionale e Gravemente Minacciata (CR) nel Lazio.


Nymphaea alba L.<br />

(Ninfea comune)<br />

Famiglia<br />

Nymphaeaceae<br />

Areale<br />

eurasiatica, comunemente<br />

coltivata. La ninfea<br />

comune, presente in molte<br />

regioni d’Italia è ovunque<br />

in progressiva riduzione<br />

Presenza e distribuzione nel Lazio<br />

molto rara; Lago di Monterosi, Lago di Vico, Reatino,<br />

Agro Pontino, Laghi del Vescovo, Priverno, Lago di<br />

Fondi. Segnalata anche a Terracina nel 1928<br />

Habitat<br />

pianta legata alle acque stagnanti oligotrofe. Cresce<br />

dal livello del mare sino al piano montano


Nymphaea alba L.<br />

(Ninfea comune)<br />

Pianta acquatica perenne con un grosso rizoma<br />

carnoso immerso nel fango e scolpito dalle<br />

cicatrici dei piccioli delle vecchie foglie; da esso<br />

si originano piccioli fogliari di lunghezza variabile<br />

secondo la profondità dell’acqua (di solito 2-3 m),<br />

provvisti di canali aeriferi recanti ossigeno alle<br />

radici sommerse. Le foglie, dal diametro di 10-30<br />

cm, hanno lamina piana a contorno circolareovale<br />

con una profonda incisione all’inserzione<br />

del picciolo; si dispiegano progressivamente con<br />

la crescita distendendosi completamente una<br />

volta raggiunta la superficie dell’acqua.<br />

I fiori, solitari e vistosi (10-15 cm di diametro), si schiudono fuori<br />

dall’acqua, hanno 4 sepali coriacei, verdi all’esterno e bianchi all’interno.<br />

I petali, circa 20, sono bianchi, oblunghi e spiralati, gli esterni più lunghi<br />

degli interni che progressivamente si trasformano in stami verso il centro<br />

del fiore. Fiorisce da aprile a settembre. Il frutto è una capsula ovoidale<br />

che matura sott’acqua e libera molti piccoli semi galleggianti.<br />

Le liste rosse regionali delle Piante d’Italia attribuiscono alla specie lo<br />

status VU (Vulnerabile) per l’Italia e EN (Minacciato) per il Lazio.


Quercus cerris L.<br />

(Cerro)<br />

Famiglia<br />

Fagaceae<br />

Areale<br />

originario dell’Europa centrale e<br />

meridionale, ma diffuso ampiamente<br />

fino all’Asia occidentale e, a Nord,<br />

fino in Inghilterra<br />

Presenza e distribuzione nel Lazio<br />

molto comune in quasi tutta la<br />

regione ad esclusione delle isole,<br />

dalle pianure costiere al livello<br />

montano fino a 1500 m s.l.m.<br />

Habitat<br />

si ritrova tra i boschi misti collinari e<br />

le faggete o i castagneti montani.<br />

Predilige un clima temperato ed un<br />

terreno ricco in calcare


Quercus cerris L.<br />

(Cerro)<br />

Il cerro è un grande albero alto fino a 35 m,<br />

con chioma ovale e allungata, che si espande<br />

con l’età. La scorza è bruno-grigiastra,<br />

spessa, ruvida e con fessure longitudinali<br />

che con l’età diventano rossastre.<br />

Le foglie sono tardivamente caduche,<br />

alterne, ruvide al tatto sulla pagina superiore,<br />

più o meno profondamente lobate, con lobi<br />

acuti ed appuntiti.<br />

La base del picciolo presenta delle stipole<br />

lunghe e strette, così come le gemme<br />

(caratteristica unica tra le querce).


Quercus cerris L.<br />

(Cerro)<br />

I fiori maschili sono riuniti in amenti penduli;<br />

quelli femminili sono piccoli. I frutti, portati<br />

sui rami dell’anno precedente, sono<br />

ghiande contenute in cupole con squame<br />

acute, strette ed allungate, riunite in gruppi<br />

di 2-4 su un breve peduncolo.<br />

Il cerro viene spesso utilizzato per<br />

rimboschimenti nell’area mediterranea,<br />

essendo una quercia a rapida crescita.<br />

Il suo legno però non è di gran pregio,<br />

essendo difficile da lavorare e non<br />

resistente al marciume (al contrario di<br />

quello di farnia e rovere). Anche le<br />

sue ghiande sono poco appetite dai<br />

suini perché molto ricche in tannino.


Quercus ilex L.<br />

(Leccio)<br />

Famiglia<br />

Fagaceae<br />

Areale<br />

specie originaria del Bacino del<br />

Mediterraneo, dove è distribuita dalla<br />

penisola iberica alle coste del Medio<br />

Oriente e fino alle coste dell’Africa<br />

Settentrionale<br />

Presenza e distribuzione nel Lazio<br />

molto comune in quasi tutta la regione<br />

incluse le isole, specialmente nella<br />

fascia costiera e subcostiera, spesso<br />

anche all’interno, da 0 a 1100 m s.l.m.<br />

Habitat<br />

è una specie termofila, tipica dei boschi e boscaglie mediterranei, con<br />

optimum nelle aree non eccessivamente calde e aride. In Italia si trova<br />

dal livello del mare fino anche a 1500 m (sugli Appennini). Cresce su<br />

suoli poveri, ma non troppo argillosi


Quercus ilex L.<br />

(Leccio)<br />

Il leccio è un albero alto fino a 25 m, con tronco<br />

tozzo e robusto e chioma densa, globosa ed<br />

espansa. La scorza è bruno-grigiastra; con<br />

l’avanzare dell’età si screpola finemente in<br />

placche quadrangolari. Le foglie sono<br />

sempreverdi, alterne, quelle giovani larghe e a<br />

margine dentato-spinoso, quelle più vecchie<br />

strette, lanceolate ed a margine intero.<br />

I fiori maschili sono riuniti in amenti<br />

penduli e gialli, quelli femminili solitari<br />

o a gruppi di 2-3 su brevi peduncoli. I<br />

frutti sono ghiande brune, ovali ed<br />

appuntite, racchiuse fino a metà da<br />

una cupola a squame grigie ed<br />

appressate; maturano in un anno.


Quercus ilex L.<br />

(Leccio)<br />

Il leccio è utilizzato frequentemente<br />

come specie forestale e nelle alberature<br />

stradali. Il suo legno è duro e compatto,<br />

utilizzato nella realizzazione di utensili e<br />

nella produzione di carbonella.<br />

Per il suo elevato contenuto in<br />

tannino, veniva usato nell’antichità<br />

per la concia delle pelli.


Quercus pubescens Willd.<br />

(Roverella)<br />

Famiglia<br />

Fagaceae<br />

Areale<br />

diffusa nel sud dell’Europa, nel<br />

Caucaso ed in Asia Minore; a<br />

settentrione arriva fino alle zone<br />

temperate dell’Europa centrooccidentale<br />

Presenza e distribuzione nel Lazio<br />

molto comune pressoché in tutta<br />

la regione, specialmente nelle<br />

zone collinari e montane (fino a<br />

1200 m) ed anche in pianura<br />

Habitat<br />

nel nord dell’Italia caratterizza i boschi collinari e di pianura, mentre al<br />

centro e al sud quelli di bassa montagna e di collina. Predilige un clima<br />

caldo ed asciutto e, per la sua frugalità, si ritrova anche su suoli<br />

superficiali e su versanti assolati ed acclivi, preferendo quelli calcarei


Quercus pubescens Willd.<br />

(Roverella)<br />

La roverella è solitamente un piccolo albero alto<br />

fino a 20 m, con una chioma espansa e<br />

rotondeggiante e rami snelli e divergenti. La<br />

scorza è grigiastra, fessurata sia<br />

longitudinalmente che trasversalmente, a<br />

formare caratteristiche placche sub-rettangolari.<br />

Le foglie sono tardivamente caduche, alterne,<br />

con lobi più o meno profondi ed acutamente<br />

dentati, con il picciolo pubescente, così come<br />

la pagina inferiore delle foglie giovani. Anche le<br />

gemme (coniche e brune) ed i rametti (brunogrigiastri)<br />

sono tomentosi.


Quercus pubescens Willd.<br />

(Roverella)<br />

I fiori maschili sono riuniti in<br />

amenti penduli, quelli femminili<br />

sono molto piccoli e quasi<br />

sessili. I frutti sono delle<br />

ghiande allungate e protette per<br />

un terzo da una cupola, con<br />

piccole squame pubescenti e<br />

grigiastre, riunite in gruppi di 2-<br />

4 su brevi peduncoli.<br />

La roverella, in passato, veniva<br />

spesso governata a ceduo per<br />

ricavarne legna e carbone. Le<br />

sue ghiande sono molto appetite<br />

dai suini e furono utilizzate<br />

anche nell’alimentazione umana<br />

in tempi di guerre e carestie.


Ranunculus lingua L.<br />

(Ranuncolo delle canne)<br />

Famiglia<br />

Ranunculaceae<br />

Areale<br />

Eurasiatica-Temperata; è presente<br />

in gran parte dell’Europa ad Est<br />

fino alla Russia, diventando tuttavia<br />

più rara nella regione mediterranea<br />

e all’estremo Nord<br />

Presenza e distribuzione nel Lazio<br />

rarissimo, presente al Lago di<br />

Ventina presso Colli sul Velino;<br />

anticamente presente anche nelle<br />

Paludi Pontine<br />

Habitat<br />

cresce nelle paludi, sul bordo di stagni e nei fossi con acqua lentamente<br />

fluente


Ranunculus lingua L.<br />

(Ranuncolo delle canne)<br />

Si tratta di una pianta perenne con<br />

fusti eretti, ingrossati alla base e<br />

tubulosi, inferiormente radicanti ai<br />

nodi, superiormente ramosi. Le<br />

foglie sono sessili e graminiformi,<br />

intere e grossolanamente<br />

seghettate. Le foglie primordiali<br />

sono picciolate, con lamina a base<br />

tronca o cuoriforme; esse sono però<br />

effimere e divengono definitive solo<br />

negli individui adattati alla vita in<br />

sommersione completa.<br />

I fiori, piuttosto grandi (possono raggiungere i 3 cm di diametro) sono<br />

numerosi, i petali sono gialli ed obovati. Il frutto è un achenio<br />

terminante con un becco quasi diritto.<br />

Secondo le Liste Rosse Regionali delle Piante d’Italia è specie<br />

Vulnerabile (VU) sia a livello nazionale che nella regione Lazio.


Rhamnus alaternus L.<br />

(Alaterno)<br />

Famiglia<br />

Rhamnaceae<br />

Areale<br />

ampiamente distribuito nel Bacino del<br />

Mediterraneo e in Portogallo<br />

Presenza e distribuzione nel Lazio<br />

molto comune in tutta la zona<br />

mediterranea e submediterranea<br />

della regione, lungo la fascia costiera,<br />

nelle isole e in molte zone interne<br />

submontane; da 0 a 800 m s.l.m.<br />

Habitat<br />

specie termofila, cresce tipicamente<br />

nella lecceta e nella macchia<br />

sempreverde, in ambiente caldo e<br />

soleggiato, su luoghi anche aridi e<br />

sassosi. Resiste bene alla siccità e<br />

alla salsedine


Rhamnus alaternus L.<br />

(Alaterno)<br />

L’alaterno, o legno puzzo, è un arbusto che<br />

raramente si presenta come piccolo albero,<br />

alto massimo 5 m, eretto, compatto e<br />

cespuglioso. La scorza è rossastra ed i<br />

giovani rami finemente pubescenti.<br />

Le foglie sono sempreverdi, alterne, ovatolanceolate,<br />

coriacee, verde lucido, a margine<br />

biancastro, intero o leggermente seghettato.


Rhamnus alaternus L.<br />

(Alaterno)<br />

Fiori monoici, giallo-verdastri, a 5<br />

sepali e petali nulli, riuniti in corti<br />

e densi racemi ascellari;<br />

fioriscono da Febbraio ad Aprile. I<br />

frutti sono drupe globose, di 3-4<br />

mm, nerastre a maturità e<br />

contenenti 2-3 semi; possiedono<br />

proprietà lassative e vermifughe.<br />

Il legno dell’alaterno è giallobrunastro<br />

ed appena tagliato<br />

emana un odore sgradevole (da<br />

qui il nome di ‘legno puzzo’); viene<br />

utilizzato per lavori di ebanisteria<br />

ed un tempo era usato per tingere<br />

di giallo i tessuti.


Rosa canina L.<br />

(Rosa canina)<br />

Famiglia<br />

Rosaceae<br />

Areale<br />

ampiamente diffusa in Europa, fino<br />

in Africa settentrionale ed Asia<br />

occidentale<br />

Presenza e distribuzione nel Lazio<br />

comunissima in quasi tutta la<br />

regione da 0 a 1500 m s.l.m.<br />

Habitat<br />

cresce nel sottobosco o al margine<br />

di boschi e strade su terreni incolti<br />

e pendii soleggiati, da 0 a 1300 m<br />

di quota, in aree con clima<br />

temperato


Rosa canina L.<br />

(Rosa canina)<br />

La rosa canina ha un aspetto<br />

cespuglioso, con lunghi rami molto<br />

spinosi, ricadenti a formare dense ed<br />

impenetrabili siepi alte fino a 4 m. La<br />

scorza del fusto è bruno-grigiastra. Le<br />

foglie sono caduche, alterne, composte,<br />

imparipennate, con 5-7 foglioline ovali,<br />

verde scuro e dal margine seghettato. Il<br />

picciolo è spinoso.<br />

I fiori compaiono da maggio a giugno, sono<br />

ermafroditi, di circa 3-5 cm di diametro, a<br />

simmetria raggiata, con 5 petali biancorosati<br />

e stami giallo vivo. I frutti sono acheni<br />

avvolti da peli setolosi e racchiusi nel<br />

cinnorodo (un ingrossamento del<br />

ricettacolo) ovale, lucido e rosso di circa 2<br />

cm. Tale falso frutto è edule, dal sapore<br />

acidulo e ricco in principi attivi.


Sarcopoterium spinosum (L.) Spach<br />

(Spinaporci)<br />

Famiglia<br />

Rosaceae<br />

Areale<br />

è distribuito nella zona SE del Bacino<br />

del Mediterraneo. In Italia allo stato<br />

spontaneo è presente in maniera<br />

puntiforme in Basilicata, Puglia,<br />

Calabria, Sicilia e in Sardegna (Capo<br />

S. Elia nel golfo di Cagliari) con la<br />

stazione più occidentale. Nel Lazio<br />

l’ultima segnalazione risale agli anni<br />

’30 del XX secolo<br />

Presenza e distribuzione nel Lazio<br />

rarissima, probabilmente estinta; raccolta presso Tivoli nel 1936 e da<br />

allora non più ritrovata allo stato spontaneo<br />

Habitat<br />

garighe e incolti umidi di bassa quota. Nel Mediterraneo orientale cresce<br />

dal livello del mare sino al piano montano


Sarcopoterium spinosum (L.) Spach<br />

(Spinaporci)<br />

È un piccolo cespuglio perenne alto 30-60 cm che<br />

in estate perde le foglie. La ripresa vegetativa<br />

avviene con le prime piogge autunnali. È una<br />

pianta ramosissima con i getti giovani tomentosi. I<br />

rami laterali sono afilli con spine chiare di 5-10<br />

mm. Le foglie sono imparipennate con 9-15<br />

segmenti ovali (4-6 mm) pelosi. I fiori compaiono<br />

da marzo a maggio, sono raggruppati in capolini o<br />

spighe brevi (1-3 cm), con fiori superiori femminili<br />

e inferiori maschili, con numerosi stami. Il calice<br />

verdastro ha 4 dentelli. I frutti sono minuti, tondi,<br />

rossi quando immaturi.<br />

Lo spinaporci nel passato era usato per curare le malattie del sistema<br />

nervoso. Gli antichi Greci ottenevano dalle sue radici un decotto che<br />

utilizzavano a tale scopo; per questo chiamavano questa pianta ‘Neuras’.<br />

Le Liste Rosse Regionali delle Piante d’Italia (Conti et al., 1997)<br />

attribuiscono alla specie lo status VU (Vulnerabile) per l’Italia e EW<br />

(Estinto in natura) per il Lazio.


Questo lavoro è stato realizzato dai Musei Orto Botanico ed Erbario<br />

del Dipartimento di Biologia Vegetale dell’Università di Roma ‘Sapienza’,<br />

nell’ambito del progetto<br />

Valorizzazione delle collezioni botaniche di interesse regionale:<br />

il percorso dall’Orto Botanico all’Erbario,<br />

finanziato dal Ministero Istruzione, Università e Ricerca<br />

tra le Iniziative per la diffusione della cultura scientifica (Legge 6/2000)<br />

RESPONSAB<strong>IL</strong>I PER <strong>IL</strong> PROGETTO<br />

Loretta Gratani<br />

direttore del Museo Orto Botanico<br />

Giovanna Abbate<br />

direttore del Museo Erbario<br />

PARTECIPANTI AL PROGETTO<br />

Orto Botanico: Andrea Bonito, Giuseppe Fabrini<br />

Erbario: Anna Millozza, Emanuela Giovi, Elisabetta Scassellati

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