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Pietre di Liguria dal Quattrocento ad oggi

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<strong>Pietre</strong> <strong>di</strong> <strong>Liguria</strong> <strong>dal</strong> <strong>Quattrocento</strong> <strong>ad</strong> <strong>oggi</strong> <strong>di</strong> Antonino Ronco<br />

Mineralogia


L’Italia al terzo posto, dopo la Russia e gli Stati Uniti,<br />

nella scoperta <strong>di</strong> nuovi minerali: merito delle miniere<br />

<strong>di</strong> manganese dell’entroterra chiavarese.<br />

Una piccola parte del vasto oliveto che<br />

riveste le pen<strong>di</strong>ci, volte a mezzogiorno,<br />

del p<strong>oggi</strong>o <strong>di</strong> Balestrino, da tempo<br />

immemorabile, viene in<strong>di</strong>cata con<br />

il nome <strong>di</strong> Ciazza Luvaira (Landa del<br />

Lupo) 1 . Anche se è certo che ancora<br />

nell’Ottocento i lupi fossero presenti<br />

nella valle del Rio Ponte, il nome deriva<br />

forse alla località <strong>dal</strong>la presenza<br />

<strong>di</strong> una caverna che nelle registrazioni<br />

ufficiali viene denominata “Buco del<br />

Topo”, ma che per la fantasia popolare<br />

sarebbe proprio la tana del lupo<br />

da cui deriva il toponimo <strong>di</strong>alettale. In<br />

realtà questa cavità ipogea, <strong>di</strong> non più<br />

<strong>di</strong> duecento metri <strong>di</strong> lunghezza, non<br />

è altro che il risultato dello sfruttamento<br />

<strong>di</strong> una piccola miniera <strong>di</strong><br />

piombo coltivata quando il territorio<br />

<strong>di</strong> Balestrino costituiva ancora l’antico<br />

feudo imperiale dei del Carretto.<br />

Sotto il governo del marchese Ottaviano,<br />

tra Seicento e Settecento, il paese<br />

conobbe un periodo <strong>di</strong> benessere,<br />

con interessanti iniziative politiche e<br />

sociali. Tra le altre è probabile che si<br />

possa collocare anche un tentativo <strong>di</strong><br />

sfruttamento, delle mineralizzazioni a<br />

galena e cerussite del “Buco del Topo”.<br />

Nell’angusto cunicolo il lavoro si svolgeva<br />

con grande <strong>di</strong>sagio, a forza <strong>di</strong> scalpello<br />

e martello, non essendovi l’altezza<br />

sufficiente per l’uso del piccone; tanto<br />

è vero che si pensò <strong>di</strong> realizzare, a pochi<br />

metri <strong>dal</strong>l’ingresso primitivo un secondo<br />

passaggio (ancor <strong>oggi</strong> visibile)<br />

Paolo Tiragallo tra le vetrine della<br />

sua collezione saccheggiata dai l<strong>ad</strong>ri.<br />

A fronte<br />

Panorami <strong>di</strong> Nascio e Reppia<br />

(Archivio <strong>di</strong> Andrea Palenzona).<br />

Mineralogia<br />

che rendesse più comodo lo sgombero<br />

del minerale. Nel periodo in cui il<br />

modesto giacimento <strong>di</strong> piombo fu<br />

sfruttato, il minerale veniva portato, a<br />

dorso <strong>di</strong> mulo, sino al Borgo risalendo<br />

l’antica mulattiera dei “risö`” (acciottolato)<br />

che rimase per secoli la principale<br />

via <strong>di</strong> collegamento, allora, tra<br />

Balestrino, Toirano e i centri costieri<br />

(Borghetto e Loano). Ancora in tempi<br />

recenti un balestrinese ha raccolto,<br />

lungo questo itinerario, uno dei pezzi<br />

<strong>di</strong> quel minerale sfuggito, per i sobbalzi<br />

dovuti alla str<strong>ad</strong>a, <strong>dal</strong>le ceste caricate sui<br />

muli. Il trasporto verso il Borgo fa pensare<br />

che il minerale potesse essere anche<br />

trattato in loco, il che troverebbe<br />

conferma nel ritrovamento, in una casa<br />

<strong>di</strong>sabitata dell’antica capitale del feudo,<br />

<strong>di</strong> alcune ruote dentate <strong>di</strong> piombo<br />

<strong>di</strong> rozza fattura. Anche <strong>di</strong> questi manufatti<br />

non si conosce né la provenienza<br />

né la sorte. Chi scrive ebbe occasione<br />

<strong>di</strong> vederne un paio sul finire degli anni<br />

Trenta. Si trattava <strong>di</strong> ruote dentate<br />

<strong>di</strong> circa una ventina si centimetri <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro<br />

e due <strong>di</strong> spessore, con denti pirami<strong>dal</strong>i<br />

che si potrebbero immaginare<br />

come gli ingranaggi del semplice<br />

meccanismo <strong>di</strong> trasmissione del movimento<br />

in un vecchio frantoio a bestia,<br />

tipo quello ancora utilizzato, nei primi<br />

anni del Novecento, in un locale non<br />

lontano <strong>dal</strong>la chiesa <strong>di</strong> Sant’Andrea.<br />

Minerale <strong>di</strong> piombo, in qualche caso<br />

argentifero, si estraeva già nel <strong>Quattrocento</strong><br />

a Quiliano e nell’entroterra <strong>di</strong><br />

Finale, altro feudo dei marchesi del<br />

Carretto. In particolare estese ricerche,<br />

con <strong>di</strong>screto successo, furono condotte<br />

sino al XV secolo, nel territorio <strong>di</strong> Rialto.<br />

La tra<strong>di</strong>zione locale sostiene che<br />

i vasi sacri della locale parrocchia e <strong>di</strong><br />

qualche altra chiesa della zona, furo-<br />

37


Aggiunite con Malachite (miniera Bocea). Anatasio (miniera Gambatesa). (Collezione e Archivio <strong>di</strong> Andrea Palenzona).<br />

38 Mineralogia


Danbrunite (località Pornassino). Tiragalloite, cristallo molto ingran<strong>di</strong>to. (Collezione e Archivio <strong>di</strong> Andrea Palenzona).<br />

Mineralogia<br />

39


no realizzati con l’argento proveniente<br />

<strong>dal</strong>la Rocca (Melogno) (A. Issel, <strong>Liguria</strong><br />

geologica e preistorica, vol. II,<br />

pag. 57). A questo interesse mineralogico<br />

dei signori <strong>di</strong> Finale si collegano<br />

forse le iniziative dei cugini del Carretto<br />

<strong>di</strong> Balestrino che portarono al citato<br />

sfruttamento del Buco del Topo.<br />

Alla fine del Settecento ebbe notevole<br />

fama a Genova il farmacista Felice Morando,<br />

<strong>di</strong>scendente dei Morando <strong>di</strong> Capriata,<br />

famiglia nota per aver sempre<br />

parteggiato per la fazione popolare. La<br />

fama dello “speziale” <strong>di</strong> Luccoli derivava<br />

soprattutto <strong>dal</strong>l’essere riuscito, dopo<br />

varie esperienze, <strong>ad</strong> estrarre <strong>dal</strong>le piriti<br />

<strong>di</strong> monte Ramazzo il sale amaro o<br />

sale inglese; successo che fece <strong>di</strong> lui un<br />

pioniere dell’industria farmaceutica ligure<br />

mentre, per le sue idee democratiche,<br />

fu il capo del movimento antioligarchico.<br />

La sua farmacia, situata<br />

in fondo a via Luccoli, <strong>di</strong>venne il covo<br />

dei “genialisti francesi”, come allora<br />

erano definiti i simpatizzanti della<br />

Rivoluzione, per cui, nonostante già anziano,<br />

Felice Morando si trovò a guidare<br />

l’insurrezione anti oligarchica del<br />

maggio 1797. Preso <strong>di</strong> mira <strong>dal</strong> “braccio<br />

<strong>di</strong> giustizia” del governo aristocratico<br />

Morando si rifugiò sotto la protezione<br />

del “ministro residente” francese,<br />

Guglielmo Faipoult, che lo nominò<br />

“chimico della Grande Nazione”<br />

fornendogli, in tal modo, anche una tutela<br />

internazionale.<br />

Il sistema con cui Felice Morando realizzava<br />

il suo “sale inglese”, era ru<strong>di</strong>mentale<br />

e complicato, ma i risultati dovettero<br />

essere sod<strong>di</strong>sfacenti se il pro-<br />

Campioni della Collezione Tiragallo,<br />

presso il Museo Civico <strong>di</strong> Storia<br />

Naturale “G. Doria”, Genova.<br />

Aragonite, Carro, Vallone sopra Agnola.<br />

Epidoto, Bargone, Monte Bianco.<br />

Grossularia var. Hessonite, Voltri, Valle<br />

della Gava.<br />

A fronte <strong>dal</strong>l’alto e da sinistra<br />

Quarzo (Santo Stefano d’Aveto).<br />

Rame nativo (miniera Libiola).<br />

Rodonite (miniera Gambatesa).<br />

Malachite (miniera Libiola).<br />

Tinzenite (miniera Gambatesa).<br />

Tiragalloite (miniera Gambatesa).<br />

Mineralogia


dotto rimase a lungo in uso, come purgante,<br />

per passare poi in più moderne<br />

preparazioni dove, sempre come purgante,<br />

è rimasto sino ai nostri giorni.<br />

All’inizio del secolo XIX l’interesse per<br />

le ricerche mineralogiche in <strong>Liguria</strong> risultava<br />

notevolmente accresciuto. In<br />

uno stu<strong>di</strong>o pubblicato a Genova, nel<br />

1803, <strong>dal</strong>la Società Me<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> Emulazione,<br />

il Citta<strong>di</strong>no Giuseppe Mojon<br />

(Pubblico Dimostratore <strong>di</strong> Chimica,<br />

Membro dell’Istituto Nazionale, nonché<br />

dell’Acc<strong>ad</strong>emia delle Scienze e<br />

della Società Galvanica <strong>di</strong> Parigi) riassumeva,<br />

con l’aiuto <strong>di</strong> una topografia<br />

del territorio, le iniziative mineralogiche<br />

in atto nei <strong>di</strong>ntorni <strong>di</strong> Genova e più<br />

precisamente nel vasto bacino del torrente<br />

Polcevera. Nella “Carta fisica”<br />

unita alla sua Memoria sul solfato <strong>di</strong><br />

magnesia, l’illustre stu<strong>di</strong>oso elencava,<br />

(e sul <strong>di</strong>segno ne in<strong>di</strong>cava l’ubicazione)<br />

<strong>di</strong>eci voci <strong>di</strong> interesse mineralogico:<br />

Acqua sulfurea, <strong>Pietre</strong> da calcina,<br />

Marmo verde, Asbesto, Arena ferruginosa,<br />

Amianto, Scisti piritosi <strong>di</strong> ferro e<br />

rame, Alabastro, Selenite, Ardesia.<br />

Più che <strong>di</strong> minerali si può forse parlare<br />

semplicemente <strong>di</strong> industria estrattiva.<br />

Ma è evidente che il settore suscitava<br />

notevole interesse: interesse<br />

che, per la <strong>Liguria</strong>, si concentrò ben<br />

presto su due aree mineralogiche<br />

molto promettenti: la zona del Bracco<br />

con le mineralizzazioni <strong>di</strong> rame <strong>di</strong><br />

Libiola-Santa Vittoria e la val Graveglia<br />

(entroterra Chiavarese) con gli affioramenti<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>aspro mineralizzato a<br />

manganese.<br />

La miniera <strong>di</strong> Libiola, la più cospicua<br />

delle miniere <strong>di</strong> rame liguri, si apriva<br />

a circa quattro chilometri da Sestri Levante,<br />

sulla sinistra del torrente Gromolo,<br />

interessando i comuni <strong>di</strong> Libiola<br />

e Santa Vittoria. In <strong>di</strong>eci anni <strong>di</strong> attività,<br />

<strong>dal</strong> 1866 al 1876, la miniera produsse<br />

15.000 tonnellate <strong>di</strong> minerale al<br />

10 per 100 <strong>di</strong> rame e 3.500 <strong>di</strong> pirite<br />

marziale (al 40 per cento). In quel periodo,<br />

assai produttive furono anche<br />

le vicine miniere <strong>di</strong> Monte Loreto -<br />

Masso nel comune <strong>di</strong> Castiglione<br />

Chiavarese e Gallinaria <strong>di</strong> Bargone.<br />

Dopo la cessazione dell’attività estrattiva<br />

per l’impoverimento delle vene,<br />

queste miniere continuarono a suscitare<br />

l’interesse degli stu<strong>di</strong>osi <strong>di</strong>ventando<br />

(soprattutto Libiola) autentici<br />

“santuari” della mineralogia culturale<br />

e collezionistica. Da Libiola uscirono<br />

splen<strong>di</strong><strong>di</strong> campioni <strong>di</strong> malachite,<br />

<strong>di</strong> vetriolo e <strong>di</strong> rame nativo anche<br />

in preziosi esemplari arborescenti.<br />

Ma un ben più vasto orizzonte, <strong>di</strong> interesse<br />

industriale e culturale, erano<br />

destinate <strong>ad</strong> offrire, negli anni successivi,<br />

le miniere della val Graveglia,<br />

un’ ampia valle che convoglia le sue acque<br />

nel fiume Entella per riversarle nel<br />

mare <strong>di</strong> Chiavari.<br />

Già <strong>dal</strong>le prime ricerche, condotte da<br />

illustri stu<strong>di</strong>osi italiani e stranieri all’i-


nizio del Novecento, riassunte nel 47°<br />

Congresso della Società Geologica<br />

Italiana, tenutosi a Sestri Levante nel<br />

1934, si ebbe la conferma della straor<strong>di</strong>naria<br />

concentrazione <strong>di</strong> minerale <strong>di</strong><br />

manganese esistente nei monti circostanti,<br />

con livelli <strong>di</strong> accesso particolarmente<br />

favorevoli. Avviata la produzione<br />

le miniere della valle (Gambatesa,<br />

Cassagna, Molinello ecc.,) costituirono<br />

una notevole risorsa economica<br />

per l’intera vallata. Nei perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> maggior<br />

sfruttamento (anni 1920 - 1975 )<br />

i tre quarti del manganese prodotto in<br />

Italia proveniva <strong>dal</strong>la val Graveglia, con<br />

notevoli riflessi sull’economia e il<br />

commercio dei comuni interessati. La<br />

vita <strong>di</strong> interi paesi ruotava intorno alle<br />

attività estrattive che influenzate, in<br />

alcuni perio<strong>di</strong>, dagli eventi bellici giunsero<br />

<strong>ad</strong> occupare 600 operai, con una<br />

produzione annua <strong>di</strong> 50.000 tonnellate<br />

<strong>di</strong> minerale utile. Per alcuni decenni<br />

la val Graveglia fornì i tre quarti della<br />

produzione nazionale <strong>di</strong> manganese<br />

e solo la <strong>di</strong>minuita richiesta delle industrie<br />

ne ha rallentato, sino a cessare<br />

del tutto, la produzione. “E anche se<br />

per ora una ripresa appare improbabile,<br />

scriveva nel 1998 il prof. Andrea Palenzona,<br />

(autore delle più recenti opere<br />

sulla mineralogia Ligure che completano,<br />

con i risultati delle ultime ricerche,<br />

i testi fondamentali <strong>di</strong> A. Issel,<br />

<strong>di</strong> G. Rovereto e <strong>di</strong> E. Artini), non è<br />

detto che in un domani non si possa riprendere<br />

l’attività estrattiva”.<br />

Ma sullo sfondo alquanto incerto <strong>di</strong> tali<br />

prospettive industriali, anzi proprio<br />

al loro sbia<strong>di</strong>re, prese a delinearsi un<br />

aspetto inatteso e sorprendente delle<br />

assise manganesifere della val Graveglia:<br />

là dove non si scavavano più le<br />

tonnellate <strong>di</strong> rocce ricche <strong>di</strong> manganese<br />

cominciarono a rivelarsi morfologie<br />

non identificabili con quelle già note,<br />

cioè minerali sconosciuti . Nelle rosse<br />

profon<strong>di</strong>tà delle assise <strong>di</strong> <strong>di</strong>aspro,<br />

nelle viscere delle montagne, la Natura<br />

si era sbizzarrita nel creare segrete<br />

meraviglie del suo giar<strong>di</strong>no <strong>di</strong> pietra:<br />

aghi vermigli come stami <strong>di</strong> fiori, concrezioni<br />

delicate come merletti, fiam-<br />

manti incrostazioni dai toni dell’aurora,<br />

cristalli sfaccettati come usciti <strong>dal</strong>le <strong>di</strong>ta<br />

<strong>di</strong> un tagliatore <strong>di</strong> Amsterdam.<br />

L’incontro dello stu<strong>di</strong>oso con un minerale<br />

nuovo non dà mai luogo <strong>ad</strong> un<br />

conoscimento a prima vista: la nuova<br />

morfologia può apparire bella, strana,<br />

ma prima che si aprano le braccia alla<br />

scoperta, sono necessari esami,<br />

analisi, relazioni: una specie <strong>di</strong> processo<br />

<strong>di</strong> “canonizzazione”, nonché<br />

mesi, se non anni, <strong>di</strong> attesa prima che<br />

il fortunato ricercatore possa <strong>di</strong>re <strong>di</strong><br />

aver scoperto un minerale cui poter<br />

dare il proprio nome e, con quel nome,<br />

vederlo inserito nell’in<strong>di</strong>ce mon<strong>di</strong>ale,<br />

nei trattati <strong>di</strong> mineralogia, nei cataloghi,<br />

nei cartellini che corredano le<br />

vetrine dei musei. È un premio che, nel<br />

mondo dei mineralogisti, vale più <strong>di</strong><br />

una medaglia; resterà scritto nella cronaca<br />

del nostro tempo, per sempre, che<br />

uno sconosciuto ricercatore, uno stu<strong>di</strong>oso,<br />

un <strong>di</strong>lettante ha gettato l’occhio<br />

in un angolo riposto del Creato dove<br />

c’era un fiore <strong>di</strong> pietra, che nessuno<br />

aveva visto mai.<br />

Dal 1979 <strong>ad</strong> <strong>oggi</strong> sono state ben do<strong>di</strong>ci<br />

le nuove specie <strong>di</strong> minerali scoperte<br />

in <strong>Liguria</strong> ed entrate dell’in<strong>di</strong>ce mon<strong>di</strong>ale<br />

(<strong>di</strong> cui nove provenienti <strong>dal</strong>la val<br />

Graveglia) portando complessivamente<br />

a 20 le registrazioni italiane; bottino<br />

che ci ha assicurato (per il periodo<br />

suddetto) il terzo posto nelle classifica<br />

mon<strong>di</strong>ale, dopo la Russia con 46 registrazioni<br />

e gli Stati Uniti con 34. Tutti<br />

questi stu<strong>di</strong> e ricerche sono stati condotti<br />

in collaborazione tra i ricercatori<br />

del Dipartimento per lo stu<strong>di</strong>o del<br />

Territorio e delle Risorse (DIPTERIS),<br />

(Sezione <strong>di</strong> mineralogia e petrografia),<br />

del Dipartimento <strong>di</strong> Chimica Industriale<br />

(DCCI) (Sezione <strong>di</strong> Chimica fisica)<br />

della nostra Università e con l’aiuto<br />

dei molti appassionati delle Associazioni<br />

mineralogiche amatoriali che<br />

svolgono ricerche sul territorio e forniscono<br />

anche materiale per tutte le<br />

analisi chimiche, fisiche e cristallografiche.<br />

Non tutte le nuove specie, per ragioni<br />

varie, portano il nome dello scopritore.<br />

Voglio ricordare soltanto il primo<br />

dell’elenco italiano: Paolo Tiragal-<br />

lo. (Non era un acc<strong>ad</strong>emico ma un preparatore:<br />

forniva agli studenti i campioni<br />

<strong>di</strong> minerali su cui impostare la tesi<br />

e, al momento della laurea, i campioni<br />

da presentare per la <strong>di</strong>scussione). Aveva<br />

esplorato a pie<strong>di</strong> tutte le montagne<br />

del genovesato, visitato tutte le miniere<br />

e le cave; aveva trovato i più bei cristalli<br />

<strong>di</strong> granato hessonite che si potessero<br />

immaginare. Spesso, con uno zaino<br />

<strong>di</strong> sassi metteva a rischio i predellini<br />

delle vecchie corriere paesane. Viveva<br />

in una casa modesta ma aveva destinato<br />

due stanze alla sua raccolta <strong>di</strong><br />

pietre. Ognuno <strong>di</strong> quei sassi, <strong>di</strong> quei cristalli,<br />

aveva una storia che Paolo raccontava<br />

volentieri agli amici. Quando<br />

(erano gli anni Ottanta) nell’INDEX<br />

mon<strong>di</strong>ale dei minerali comparve la Tiragalloite:<br />

il nuovissimo minerale <strong>di</strong><br />

manganese da lui scovato a Molinello,<br />

si sentì appagato, felice. Purtroppo lo<br />

attendeva una grande amarezza: una<br />

notte, ignoti l<strong>ad</strong>ri penetrarono nel<br />

pianterreno dove aveva or<strong>di</strong>nato le sue<br />

pietre razziando i pezzi più preziosi e<br />

sconvolgendo, nel sceglierli, l’or<strong>di</strong>ne<br />

meticoloso delle vetrine. Gli restava pur<br />

sempre, è vero, una grande collezione<br />

ma la ferita per lui fu insanabile; l’età<br />

non gli consentiva più <strong>di</strong> sfidare le<br />

montagne per strapparne i segreti.<br />

Visse gli anni seguenti con quella in<strong>di</strong>cibile<br />

amarezza.<br />

La preziosa raccolta <strong>di</strong> Paolo Tiragallo,<br />

è <strong>ad</strong>esso uno dei fiori all’occhiello<br />

del Museo <strong>di</strong> Storia Naturale <strong>di</strong> Genova,<br />

e nell’Index dei minerali il suo<br />

nome resta per sempre accanto a quello<br />

dei cristalli che amava.<br />

42 Mineralogia<br />

Note<br />

1 Il termine <strong>di</strong>alettale ciazza (con la “z” sonora<br />

<strong>di</strong> zucchero) ha un’origine <strong>di</strong>versa <strong>dal</strong> ciazza con<br />

la zeta sorda come in “piazza”. Diversa è anche<br />

l’origine dei due termini. Nella prima accezione<br />

<strong>di</strong>scende <strong>dal</strong>la voce che serviva <strong>ad</strong> in<strong>di</strong>care una<br />

zona sabbiosa (spiaggia o piaggia) vicina all’acqua,<br />

ma anche una landa arida e tra<strong>di</strong>zionalmente<br />

incolta, significato che è <strong>oggi</strong> il più usato per la<br />

parola ciazza con la “z” sonora.<br />

A fronte<br />

Topografie e sezioni degli affioramenti<br />

dei <strong>di</strong>aspri nella Val Graveglia in cartine<br />

del primo Novecento.


Mineralogia<br />

NUOVE SPECIE DI MINERALI<br />

RINVENUTE NELLE MINIERE DELLA LIGURIA<br />

Tiragalloite (1979), località Val Graveglia,<br />

miniera Molinello-Cassagna.<br />

Saneroite (1981), località Val Graveglia,<br />

miniera Molinello-Gambatesa.<br />

Medaite (1982), località Val Graveglia, miniera Molinello.<br />

Palenzonaite (1987), località Val Graveglia,<br />

miniera Molinello.<br />

Stronziopiemontite (1990), località Val Graveglia,<br />

miniera Molinello-Cassagna.<br />

Gravegliaite (1991), località Val Graveglia,<br />

miniera Gambatesa.<br />

Reppiaite (1992), località Val Graveglia, miniera Gambatesa.<br />

Mozartite (1993), località Borghetto Vara, miniera Cerchiara.<br />

Brewsterite-Ba (1993), località Borghetto Vara,<br />

miniera Cerchiara.<br />

Van<strong>ad</strong>omalayaite (1994), località Val Graveglia,<br />

miniera Gambatesa.<br />

Caoxite (1997), località Borghetto Vara, miniera Cerchiara.<br />

Vana<strong>di</strong>ocarpholite (2005), località Val Graveglia,<br />

miniera Molinello.<br />

(I nomi in<strong>di</strong>cano o lo scopritore del minerale - non più <strong>di</strong> una<br />

volta - o una personalità cui è stato de<strong>di</strong>cato, o la località del<br />

ritrovamento, o la composizione chimica o l’analogia con una<br />

specie isomorfa).<br />

43

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