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Le ragioni di Ipazia - Bertrand Russell

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Progetto<br />

finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri<br />

e dal Dipartimento delle Pari Opportunità<br />

Liceo “ <strong>Bertrand</strong> <strong>Russell</strong> “ <strong>di</strong> Roma<br />

<strong>Le</strong> <strong>ragioni</strong> <strong>di</strong> <strong>Ipazia</strong><br />

Il sentire e il sentirsi delle donne


Classe 3 A<br />

LA DONNA E LA SUA EMANCIPAZIONE<br />

INDICE DEI LAVORI REALIZZATI<br />

GLI STUDENTI pag. 11<br />

CHRISTINE DE PIZAN E LA CITTA' DELLE DAME ME (testo originale) pag. 12<br />

SIBILLA ALERAMO pag. 20<br />

ELSA MORANTE pag. 22<br />

FAUSTINA MARATTI ZAPPA pag. 24<br />

PETRONILLA PAOLINI MASSIMI pag. 25<br />

Classe 3 E<br />

LA DONNA E LA SUA EMANCIPAZIONE<br />

GLI STUDENTI pag. 27<br />

LA DONNA E LA SUA EMANCIPAZIONE pag. 28<br />

LE DONNE NEI CONVENTI TRA 1200 E1300 pag. 39<br />

TROTULA DE RUGGIERO pag. 41<br />

VITTORIA COLONNA pag. 44<br />

GASPARA STAMPA pag. 45<br />

ISABELLA MORRA pag. 47<br />

ELENA LUCREZIA CORNARO PISCOPIA pag. 48<br />

PETRONILLA MASSIMI pag. 50<br />

LAURA MARIA CATERINA BASSI VERATTI pag. 51<br />

MARIA GAETANA AGNESI pag. 55<br />

GRAZIA DELEDDA pag. 59<br />

PIA NALLI pag. 61<br />

CATERINA SCARPELLINI pag. 64<br />

RENATA VIGANO' pag. 65<br />

ORIANA FALLACI pag. 68<br />

INSCIALLAH pag. 70<br />

UN CAPPELLO PIENO DI CILIEGE pag. 72<br />

NATALIA GINZBURG pag. 75<br />

LESSICO FAMIGLIARE pag. 77<br />

DACIA MARAINI pag. 79<br />

D. MARAINI SCHEDA LIBRO pag. 81<br />

EMMA CASTELNUOVO pag. 82<br />

FABIOLA GIANOTTI pag. 84<br />

LAURA CONTI pag. 85<br />

MARCELLA DIEMOZ pag. 86<br />

MARIA MONTESSORI pag. 87<br />

MARIA CURATOLO pag. 90<br />

R.L.MONTALCINI pag. 91<br />

MARGHERITA HACK pag. 93<br />

DATI STATISTICI pag. 95<br />

Classe 4 B<br />

GLI STUDENTI pag. 115<br />

ELEONORA DE FONSECA PIMENTEL pag. 116<br />

VINCENZO STRIANO: "IL RESTO DI NIENTE" pag. 117


LA PROTAGONISTA E LA SUA FAMIGLIA pag. 118<br />

UNA DONN A NEL '700 pag. 121<br />

IL RUOLO DI E. PIMENTEL NELLA REPUBBLICA pag. 124<br />

UNA GIORNALISTA TRA IDEOLOGIA E UTOPIA A NAPOLI pag. 126<br />

ELEONORA ,VITTIMA E ARTEFICE DELLA SUA CONDIZIONE pag. 129<br />

SOCIETA' NAPOLETANA pag. 135<br />

BIBLIOGRAFIA pag. 137<br />

PROGETTAZIONE MODULO ITALIANO STORIA FILOSOFIA PIMENTEL pag. 138<br />

LA LETTERA AL FIGLIO MORTO (testo originale) pag. 139<br />

FOLLIA, RAGIONE pag. 143<br />

FOLLIA DELLA RAGIONE, O RAGIONI DELLA FOLLIA?<br />

INTRODUZIONE pag. 144<br />

MODULO FILOSOFIA E GRECO pag. 146<br />

FIGURE FEMMINILI NEL MONDO ANTICO pag. 147<br />

ALTRE FIGURE FEMMINILI pag. 157<br />

IL POTERE DI UNIRE pag. 168<br />

BIBLIOGRAFIA pag. 170<br />

IL PENSIERO FEMMINILE IN INGHILTERRA<br />

MARY ASTELL pag. 171<br />

MOLL FLANDERS pag. 173<br />

V.WOOLF NASCITA DEL FEMMINISMO IN INGHILTERRA pag. 176<br />

Classe 4 E<br />

UNO SGUARDO NELLE CORTI RINASCIMENTALI: M. BELLONCI<br />

GLI STUDENTI pag. 182<br />

LE RAGIONI DI UNA SCELTA pag. 185<br />

BIOGRAFIA, OPERE, BIBLIOGRAFIA SU M.BELLONCI pag. 187<br />

ISABELLA D'ESTE pag. 198<br />

LUCREZIA BORGIA pag. 200<br />

LE DONNE NEL RINASCIMENTO ITALIANO pag. 205<br />

DONNE E POLITICA OGGI pag. 210<br />

DAL ROMANZO AL TEATRO (testo originale) pag. 216<br />

LO STILE DELL'AUTRICE pag. 219<br />

BIBLIOGRAFIA pag. 222<br />

LE NOSTRE RIFLESSIONI pag. 223<br />

Classe 5 G<br />

IMPETO E TEMPESTA “MODUS COGITANDI” DELLA DONNA ISLAMICA<br />

GLI STUDENTI pag. 232<br />

INTRODUZIONE pag. 234<br />

INCIPIT pag. 235<br />

"IL PREZZO DEL VELO" pag. 237<br />

"LA RABBIA E L'ORGOGLIO" pag. 239<br />

BIBLIOGRAFIA pag. 241<br />

Classe 5 L


DONNE E SCIENZA: DA IPAZIA A KOVALEVSKAJA<br />

GLI STUDENTI pag. 243<br />

MOTIVAZIONE METODOLOGICA pag. 245<br />

DONNA E ISTRUZIONE pag. 246<br />

LA DONNA NELLA STORIA DELLA SCIENZA pag. 249<br />

I PREMI NOBEL DELLE DONNE NELLA SCIENZA pag. 251<br />

IPAZIA pag. 254<br />

SOPHIE BRAHE pag. 261<br />

MADAME DU CHATELET pag. 267<br />

M.GAETANA AGNESI pag. 271<br />

SOPHIE GERMAIN pag. 275<br />

SOF'JA KOVALEVSKAJA pag. 281<br />

BIBLIOGRAFIA/SITOGRAFIA pag. 286<br />

Classe 5 M<br />

L'ARTE AL FEMMINILE (INTRODUZIONE AL POWER-POINT) pag. 288<br />

Classe 3 A<br />

INDICEE DEI CONTENUTI NEL CD ALLEGATO<br />

NOBEL AL FEMMINILE<br />

DONNE NELLA RICERCA SCIENTIFICA<br />

RICONOSCIMENTI NEGATI<br />

Classe 3 E<br />

CATERINA SCARPELLINI<br />

DACIA MARAINI<br />

DONNE SCIENZIATE NEL 1700<br />

ELSA MORANTE<br />

EMMA CASTELNUOVO<br />

UN CAPPELLO PIENO DI CILIEGE<br />

ORIANA FALLACI<br />

FISICHE<br />

GRAZIA DELEDDA<br />

INSCIALLAH<br />

LA DONNA E LA SUA EMANCIPAZIONE<br />

LAURA BASSI<br />

LE DONNE NEI CONVENTI TRA 1200 E1300<br />

LETTERATE TRA IL '500 e '700<br />

MARIA MONTESSORI<br />

NATALIA GINZBURG<br />

DATI STATISTICI<br />

PRESENTAZIONE ORIANA FALLACI<br />

RENATA VIGANO'<br />

SCIENZIATE ITALIANE NEL XX SEC.


SIBILA ALERAMO<br />

TROTULA - PISCOPIA - NALLI<br />

Classe 4 B<br />

MARY WOLLSTONECRAFT<br />

MOLL FLANDERS AND THE WOMEN'S CONDITION IN THE 18TH CENTURY<br />

V.WOOLF<br />

Classe 4 E<br />

UNO SGUARDO NELLE CORTI RINASCIMENTALI<br />

Classe 5 L<br />

DONNA E SCIENZA<br />

Classe 5 M<br />

ANCHE LE DONNE HANNO FATTO LA STORIA<br />

L'ALTRA META' DELL'ARTE


Tutto il materiale prodotto<br />

per il Progetto Formez – IPO<br />

è stato realizzato grazie al finanziamento del Ministero<br />

dell’ Istruzione e del Dipartimento delle Pari Opportunità<br />

***<br />

Introduzione al progetto<br />

Il titolo del nostro progetto allude ad un libro famoso, “ L’ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> <strong>Ipazia</strong>”, che è una<br />

storia del rapporto, spesso sofferto, fra le donne e la scienza.<br />

<strong>Ipazia</strong> <strong>di</strong> Alessandria, nata nel 370 circa, ad Alessandria d’Egitto, ed ivi morta, trucidata in<br />

modo orrendo da fanatici cristiani guidati dal vescovo della città, Cirillo (<strong>di</strong>venuto poi<br />

santo), fu filosofa e matematica.<br />

<strong>Le</strong> testimonianze che <strong>di</strong> lei ci rimangono testimoniano <strong>di</strong> una personalità brillante e<br />

carismatica, in continui rapporti <strong>di</strong> scambio culturale con eminenti personaggi del suo<br />

tempo, come il vescovo <strong>di</strong> Ptolemais Synesius o il prefetto romano <strong>di</strong> Alessandria Oreste.<br />

Fu proprio l’amicizia con quest’ultimo che la perse.<br />

Cirillo e Oreste si scontrarono drammaticamente, nell’eterno duello fra chiesa e stato, e<br />

<strong>Ipazia</strong> fu la vittima sacrificale.<br />

“…Attraverso la sua eloquenza e autorità…ottenne una tale influenza, che la cristianità la<br />

considerò una minaccia.”: vicina al potere laico e insieme esponente del pensiero neoplatonico,<br />

considerato l’ultima luce del paganesimo al tramonto, <strong>Ipazia</strong> fu uccisa dalle<br />

“scimmie“ <strong>di</strong> Nitrian, una setta <strong>di</strong> fanatici cristiani agli or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Cirillo, squartata con gusci<br />

affilati <strong>di</strong> conchiglia.<br />

Ecco il perché della scelta. L’immagine <strong>di</strong> questa donna <strong>di</strong> un tempo antico, che è<br />

contemporaneamente esempio delle capacità intellettuali femminili, ma anche delle<br />

violenze <strong>di</strong> cui le donne sono state sempre le vittime privilegiate (drammaticamente ancora<br />

oggi), ci sembrava ben sintetizzare il senso che abbiamo inteso dare al nostro progetto.<br />

Insieme ai nostri studenti, all’interno della pratica quoti<strong>di</strong>ana <strong>di</strong> lavoro, come docenti e<br />

come educatori, abbiamo scelto <strong>di</strong> evidenziare, in vari momenti della storia della cultura<br />

occidentale, alcuni esempi <strong>di</strong> donne che si sono affermate, o che hanno cercato <strong>di</strong><br />

affermarsi, o che non sono riuscite ad affermarsi nonostante le loro capacità. E insieme <strong>di</strong><br />

ricordare il sacrificio <strong>di</strong> donne, importanti o no, sulle quali si è scatenata la violenza <strong>di</strong><br />

genere, esercitata, consapevolmente o meno, per riaffermare il dominio maschile nella<br />

società, nella scienza, nella cultura o semplicemente nella famiglia.<br />

Nel nome <strong>di</strong> <strong>Ipazia</strong>.<br />

La referente del progetto:<br />

Prof.ssa Simonetta Madussi


METODOLOGIA E DIDATTICA GENERALE<br />

Tutti i lavori presenti nel nostro progetto hanno seguito una medesima impostazione<br />

metodologica e <strong>di</strong>dattica, conforme a quella prevista dal Piano dell’Offerta Formativa<br />

elaborata dal nostro Istituto.<br />

Una lunga tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Sperimentazione ( “Maxisperimantazione” ), prima Autonoma e poi<br />

Assistita, e la presenza a tutt’oggi <strong>di</strong> un orario curricolare in cui sono presenti ore <strong>di</strong><br />

compresenza ed ore <strong>di</strong> insegnamento <strong>di</strong> Linguaggi Non Verbali e Multime<strong>di</strong>ali ( Arte,<br />

Musica, Informatica), ci hanno consentito <strong>di</strong> utilizzare tecniche <strong>di</strong> Insegnamento –<br />

Appren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> tipo innovativo, secondo la metodologia della ricerca – azione.<br />

Anche nel caso <strong>di</strong> questo Progetto, relativo all’ Educazione alla Pari Opportunità, nelle<br />

varie classi coinvolte, abbiamo lavorato secondo modalità ormai consolidate.<br />

Intanto, per affrontare il tema delle Pari Opportunità, abbiamo deciso <strong>di</strong> partire dalla<br />

programmazione curricolare prevista, tagliandola però, nelle classi coinvolte, secondo una<br />

prospettiva “<strong>di</strong> genere”.<br />

Abbiamo prospettato agli studenti bibliografie e percorsi <strong>di</strong>versi, sui quali essi hanno<br />

operato una scelta autonoma, <strong>di</strong> gusto e <strong>di</strong> valore, ma comunque tale da iniziare la ricerca<br />

<strong>di</strong>rettamente dai testi e dagli autori/autrici.<br />

Per esempio, in una classe <strong>di</strong> penultimo anno <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzo classico, in cui è previsto lo<br />

stu<strong>di</strong>o della trage<strong>di</strong>a antica, il problema della con<strong>di</strong>zione della donna nella società, è stato<br />

affrontato partendo da Euripide e dalla lettura dei passi della “Medea” e dell’”Ippolito” in<br />

cui, in maniera profetica rispetto anche a noi moderni, sono delineati i ruoli sociali<br />

dell’uomo e della donna, per arrivare infine al dramma delle “Baccanti”.<br />

Allo stesso modo, in altre classi, i ragazzi hanno letto biografie, autobiografie e romanzi<br />

che raccontano storie <strong>di</strong> donne, <strong>di</strong> varie epoche, culture e con<strong>di</strong>zioni.<br />

Ne hanno tratto sintesi, commenti e riflessioni in<strong>di</strong>viduali sulle quali sono stati valutati.<br />

Infine sono giunti ad un prodotto finale, prima cartaceo e poi su supporto informatico nei<br />

quali hanno sintetizzato tutto il percorso che li ha visti partecipi attivi del processo <strong>di</strong><br />

appren<strong>di</strong>mento e <strong>di</strong> crescita.<br />

L’obiettivo è stato infatti quello <strong>di</strong> favorire la maturazione della consapevolezza <strong>di</strong> genere,<br />

del rispetto reciproco, del rifiuto <strong>di</strong> ogni forma <strong>di</strong> violenza, fisica e psicologica, non<br />

indottrinando astrattamente gli studenti, ma aiutandoli a rintracciare da loro stessi, nella<br />

storia, nella filosofia, nella letteratura, nelle scienze il filo <strong>di</strong> quella presenza-assenza delle<br />

donne che per troppo tempo è rimasto sottaciuto.<br />

Simonetta Madussi,<br />

Referente del Progetto Sulle Pari Opportunità


CLASSE III A<br />

LA DONNA E LA SUA EMANCIPAZIONE<br />

Tra letteratura e storia<br />

<strong>Le</strong> figure <strong>di</strong> donne analizzate<br />

CHRISTINE DE PIZAN<br />

SIBILLA ALERAMO<br />

ELSA MORANTE<br />

FAUSTINA MARATTI ZAPPA<br />

PETRONILLA PAOLINI MASSIMI<br />

Alunni<br />

Clau<strong>di</strong>a Aracu<br />

Giulia Cianchini<br />

Roberta Cicciarelli<br />

Giulia Di Berto<br />

Vittoria Giordano<br />

Andrea <strong>Le</strong>oni<br />

Francesca Loffari<br />

Silvia Lorini<br />

Lorenzo Martinelli<br />

Martina Marzullo<br />

Francesca Mottarelli<br />

Marina Nanni<br />

Carla Proserpio<br />

Livia Romano<br />

Martina Sapienza<br />

Marta Simoncini<br />

Alberto Ven<strong>di</strong>tti<br />

Livia Voce<br />

Insegnanti<br />

Prof.ssa Rita Sepe (docente <strong>di</strong> Italiano)


CHRISTINE DE PIZAN<br />

Christine de Pizan (1365 ca. – 1430 ca.) è una figura estremamente interessante <strong>di</strong><br />

scrittrice laica nel panorama storico-letterario <strong>di</strong> quello che viene definito “Autunno del<br />

Me<strong>di</strong>oevo” o “Preumanesimo”, a seconda che si voglia sottolineare in esso la continuità<br />

con la visione del mondo e la sensibilità della cultura me<strong>di</strong>oevale, o l’esigenza <strong>di</strong><br />

rinnovamento alla luce <strong>di</strong> un nuovo spirito critico e <strong>di</strong> un nuovo approccio al libro e alla<br />

cultura classica in particolare (le humanae litterae, appunto).<br />

Vissuta a Parigi, dove si era trasferita da Venezia al seguito del padre, me<strong>di</strong>co e<br />

astrologo alla corte <strong>di</strong> Carlo V, ha la possibilità <strong>di</strong> accedere alla Biblioteca del Louvre<br />

fondata dal sovrano stesso, e <strong>di</strong> coltivare il suo amore per lo stu<strong>di</strong>o, con l’incoraggiamento<br />

paterno e nonostante l’opposizione della madre, che avrebbe preferito per lei delle<br />

occupazioni più consone al suo essere donna. Di questo privilegio rispetto alle donne del<br />

suo tempo, <strong>di</strong> cui peraltro, ha piena coscienza, decide <strong>di</strong> fare il suo mestiere quando, alla<br />

morte del marito, si trova nella necessità <strong>di</strong> guadagnare per mantenere la sua famiglia:<br />

<strong>di</strong>venta così scrittrice <strong>di</strong> professione.<br />

Accanto a opere su commissione, come componimenti d’amore per la corte o la<br />

biografia <strong>di</strong> Carlo V per suo fratello Filippo l’Ar<strong>di</strong>to, utilizza gli strumenti culturali e retorici<br />

acquisiti per mettersi al servizio della causa femminile in due <strong>di</strong>rezioni: <strong>di</strong>fendere nei suoi<br />

scritti la <strong>di</strong>gnità delle donne, lesa dalla misoginia imperante negli ambienti accademici del<br />

suo tempo (Jean de Meung, autore della seconda parte del Roman de la Rose, ad<br />

esempio), ma ricorrente anche nella tra<strong>di</strong>zione letteraria; formare le generazioni future,<br />

non solo le donne, ma anche gli uomini, in lavori <strong>di</strong> carattere pedagogico. Vedono così la<br />

luce opere come <strong>Le</strong> livre des Epitres sur le “Roman de la Rose”, in polemica con<br />

l’accademico dell’Università <strong>di</strong> Parigi (che le attirò le critiche scandalizzate della maggior<br />

parte degli intellettuali del tempo, per aver osato lei, donna, folle arrogante, manifestare<br />

<strong>di</strong>ssenso contro un uomo <strong>di</strong> così alta cultura), o come l’Epistre Othea, finalizzata alla<br />

formazione del cavaliere, o ancora come <strong>Le</strong> livre de la Cité des Dames, pensato per<br />

educare le donne a non sentirsi più inferiori e ad acquisire consapevolezza delle proprie<br />

virtù e <strong>di</strong>gnità pari a quelle degli uomini.<br />

La figura e l’opera <strong>di</strong> Christine de Pizan mi sono sembrate dunque un momento<br />

significativo nel percorso <strong>di</strong> evoluzione storica e culturale del rapporto tra i sessi,<br />

12


attraverso il quale con il progetto <strong>Le</strong> <strong>ragioni</strong> <strong>di</strong> <strong>Ipazia</strong> ci si è proposti <strong>di</strong> guidare gli<br />

studenti.<br />

Questa scelta mi ha consentito inoltre un approfon<strong>di</strong>mento nell’ambito del tra<strong>di</strong>zionale<br />

percorso storico-letterario nel Me<strong>di</strong>oevo, con quell’attenzione alla letteratura <strong>di</strong> genere che<br />

è stata recentemente sostenuta e auspicata dalla prof.ssa Maria Serena Sapegno<br />

dell’Università La Sapienza <strong>di</strong> Roma e che l’ha condotta, insieme con il prof. Roberto<br />

Antonelli, docente dello stesso Ateneo, a curare la redazione <strong>di</strong> un manuale <strong>di</strong> storia della<br />

letteratura che de<strong>di</strong>ca un più ampio spazio alle scrittrici <strong>di</strong> tutti i tempi (R. Antonelli,<br />

M.S.Sapegno, L’Europa degli scrittori, La Nuova Italia).<br />

Il lavoro è stato svolto nella modalità delle lezioni in compresenza con il docente <strong>di</strong><br />

storia e ha previsto un primo momento <strong>di</strong> contestualizzazione storico-culturale, a cui<br />

hanno fatto seguito la presentazione della figura <strong>di</strong> Christine de Pizan e la lettura e l’analisi<br />

de La città delle dame, la sua opera più celebre, ma anche la più interessante ai fini del<br />

nostro <strong>di</strong>scorso, per la battaglia che l’autrice vi compie contro la misoginia della tra<strong>di</strong>zione,<br />

smontando uno ad uno tutti i pregiu<strong>di</strong>zi lesivi della <strong>di</strong>gnità femminile e declinando anche al<br />

femminile alcuni attributi tra<strong>di</strong>zionalmente associati all’uomo (coraggioso, forte, fedele,<br />

virtuoso, intelligente, ingegnoso) attraverso figure esemplari <strong>di</strong> donne del mito e della<br />

storia.<br />

Dell’opera poi gli studenti hanno realizzato una drammatizzazione, sulla base <strong>di</strong> un testo<br />

costruito in<strong>di</strong>viduando e rielaborando sia i passaggi più interessanti del <strong>di</strong>alogo che<br />

Christine immagina <strong>di</strong> avere con le tre Dame (Ragione, Giustizia e Rettitu<strong>di</strong>ne) che la<br />

aiutano a costruire la città-rifugio per le donne, sia le vicende delle esemplari eroine<br />

celebrate dall’autrice ritenute più significative.<br />

<strong>Le</strong> riprese video sono state effettuate in parte in orario curricolare, in parte in orario<br />

pomeri<strong>di</strong>ano e sono state realizzate dagli studenti stessi, così some i costumi e l’ideazione<br />

della scenografia.<br />

Il testo elaborato viene proposto <strong>di</strong> seguito.<br />

13<br />

Rita Sepe


CHRISTINE DE PIZAN e LA CITTA’ DELLE DAME<br />

Christine de Pizan è nel suo stu<strong>di</strong>o, tra i libri che ha avuto il privilegio <strong>di</strong> leggere e stu<strong>di</strong>are,<br />

come poche altre donne del suo tempo. Quei libri sono ora il suo lavoro, da quando,<br />

rimasta prima orfana <strong>di</strong> padre, poi vedova, ha dovuto provvedere al mantenimento dei<br />

suoi figli e <strong>di</strong> sua madre. E’ scrittrice <strong>di</strong> professione alla corte <strong>di</strong> Carlo V <strong>di</strong> Francia e si<br />

sente chiamata in prima persona a <strong>di</strong>fendere la <strong>di</strong>gnità delle donne dai pregiu<strong>di</strong>zi della<br />

tra<strong>di</strong>zione letteraria misogina, in un contesto in cui la cultura è quasi completamente<br />

appannaggio degli uomini.<br />

Nella sua mente si affollano domande: perché tanti uomini <strong>di</strong>versi tra loro per con<strong>di</strong>zione, i<br />

chierici come gli altri, sono stati e sono ancora così propensi a <strong>di</strong>re e a scrivere nei loro<br />

trattati tante <strong>di</strong>avolerie e mal<strong>di</strong>cenze sulle donne e la loro con<strong>di</strong>zione? C’è forse del vero<br />

nelle loro parole? Forse è vero che le donne sono prive <strong>di</strong> coraggio e <strong>di</strong> forza, infedeli e<br />

sleali, senza ingegno e intelligenza come essi <strong>di</strong>cono?<br />

Se ne sta immersa in questi dolenti pensieri, con la guancia poggiata sulla mano, quando<br />

le appaiono tre dame dal portamento maestoso, la prima delle quali si avvicina a lei e le<br />

<strong>di</strong>ce:<br />

DAMA RAGIONE Christine non spaventarti, non siamo giunte qui per agire contro <strong>di</strong> te,<br />

ma per affidarti un compito assai importante: quello <strong>di</strong> progettare e costruire la città delle<br />

dame. Io sono dama ragione; seguendo i nostri consigli getterai fondamenta profonde ed<br />

innalzerai alte mura, così che la tua città <strong>di</strong>venterà bella senza pari e durerà per sempre.<br />

CHRISTINE Ma io comincio a nutrire, mio malgrado, tanti dubbi sul reale valore delle<br />

donne, indotta a ciò dai giu<strong>di</strong>zi poco lusinghieri su <strong>di</strong> esse che trovo nei libri. Ad esempio,<br />

le donne hanno un corpo debole, delicato e privo <strong>di</strong> forze. Questo, nonostante la loro<br />

intelligenza, abbassa il valore e l’autorità femminile. Quanto più il corpo mostra<br />

imperfezioni, tanto più ne è sminuita la virtù. Quin<strong>di</strong> le donne non sono degne <strong>di</strong> tanta<br />

lode?<br />

DAMA RAGIONE Figlia cara questa conclusione è errata e <strong>di</strong>fficile da sostenere. Infatti<br />

molte donne hanno <strong>di</strong>mostrato grande forza e coraggio, tali da intraprendere e realizzare<br />

gran<strong>di</strong> cose, come fecero gli uomini importanti, valorosi e celebri conquistatori, <strong>di</strong> cui ci<br />

parlano tanto i libri. Ecco per te qualche esempio.<br />

CAMILLA Io sono Camilla. Fui la figlia del re dei Volsci, Matabo; mia madre morì nel<br />

darmi alla luce. Mio padre, subito dopo la mia nascita, subì la rivolta del suo popolo e fu<br />

costretto a scappare portandomi con sé. Attraversai con lui un lago su una barchetta fino<br />

ad arrivare nella foresta dove trascorsi tutta la mia vita bevendo latte <strong>di</strong> cerve, cacciando<br />

animali e <strong>di</strong>ventando meravigliosamente forte, agile e ar<strong>di</strong>ta. Dopo la morte <strong>di</strong> mio padre<br />

mi alleai con alcuni miei parenti per riconquistare il mio paese e, per le mie<br />

14


imprese, ottenni una fama straor<strong>di</strong>naria. Come raccontano le cronache fui la vergine che<br />

accorse in aiuto <strong>di</strong> Turno contro Enea, quando egli <strong>di</strong>scese in Italia.<br />

CHRISTINE Perchè gli uomini affermano che le donne hanno scarse capacità intellettuali<br />

se Dio ha donato loro tanta grazia, grande intelligenza e profondo sapere?<br />

DAMA RAGIONE Per tutto quello che ti ho detto prima , puoi capire che è vero proprio il<br />

contrario e per spiegartelo con maggior chiarezza ti darò qualche esempio come prova.<br />

SAFFO Sono la sapiente Saffo, giovinetta della città <strong>di</strong> Mitilene, poetessa <strong>di</strong> grande<br />

bellezza, sia nel volto che nel corpo; il mio portamento, il mio modo <strong>di</strong> fare e <strong>di</strong> parlare<br />

furono molto dolci e gradevoli. Ma la mia intelligenza superava tutte le grazie <strong>di</strong> cui ero<br />

dotata. Padroneggiavo in effetti numerose arti e scienze, e il mio sapere non si limitava ai<br />

trattati e agli scritti altrui, anzi ho composto <strong>di</strong>verse opere, libri e poesie. Boccaccio tesse il<br />

mio elogio con belle parole, piene <strong>di</strong> dolcezza e poesia.<br />

BOCCACCIO In mezzo a uomini ru<strong>di</strong> e ignoranti Saffo, spinta dalla sua intelligenza<br />

vivace, frequentò le cime del Parnaso. Il suo coraggio e la sua audacia la resero compagna<br />

gra<strong>di</strong>ta alle Muse. E penetrò nella foresta piena <strong>di</strong> allori e <strong>di</strong> piante <strong>di</strong> maggio e <strong>di</strong> fiori<br />

multicolori dai soavi profumi, e <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse erbe, là dove <strong>di</strong>morano tranquille Grammatica,<br />

Logica, la nobile Retorica, Geometria, Aritmetica. Avanzò talmente su questo cammino che<br />

entrò nella caverna profonda <strong>di</strong> Apollo, <strong>di</strong>o del sapere; imparò a suonare l’arpa pizzicando<br />

le corde e danzava con le ninfe secondo le leggi dell’ armonia.<br />

MEDEA Io sono Medea, figlia <strong>di</strong> Eeta, re della Colchide, e <strong>di</strong> Perse. Fui molto bella, dritta,<br />

slanciata e <strong>di</strong> viso grazioso, ma era nel sapere che superavo tutte le altre donne.<br />

Conoscevo le proprietà delle piante e tutti gli incantesimi possibili: non ignoravo nulla <strong>di</strong><br />

ciò che si poteva sapere. Con le formule magiche che conoscevo potevo far tremare l’aria<br />

e oscurare il cielo, potevo provocare la tempesta, arrestare il corso dei fiumi, preparare<br />

veleni: sapevo fare tutto questo. Non fui inferiore a nessuno nella conoscenza delle arti e<br />

della scienza. Fui io che, attraverso i miei incantesimi, permisi a Giasone <strong>di</strong> conquistare il<br />

vello d’oro.<br />

DIDONE Io sono Didone, ma fui Elissa, una principessa fenicia. Quando mio padre, il re<br />

Bello, morì, <strong>di</strong>ventò sovrano mio fratello Pigmalione che mi <strong>di</strong>ede in sposa a Sicheo, un<br />

uomo molto ricco. Per impadronirsi dei suoi averi Pigmalione lo uccise. Piansi a lungo e<br />

male<strong>di</strong>ssi mio fratello, ma capii che dovevo lasciare la mia terra. Partii <strong>di</strong> notte con molta<br />

gente e con i miei tesori. Sapevo che mio fratello mi avrebbe mandata a cercare per avere<br />

il tesoro, perciò feci riempire dei gran<strong>di</strong> bauli con cose <strong>di</strong> nessun valore, affinché mio<br />

fratello se ne impadronisse e ci lasciasse in pace. Navigammo a lungo finché sbarcammo<br />

in Africa. Pregai gli abitanti <strong>di</strong> vendermi tanta terra quanta sarebbe potuta essere<br />

compresa in una pelle <strong>di</strong> bue. Perciò tagliai la pelle <strong>di</strong> bue in strisce tanto sottili da<br />

contenere tutta l’estensione del litorale, lì feci costruire una città per me e la mia gente. La<br />

chiamai Cartagine e ne fui regina. Il mio coraggio e la mia saggezza nel governare mi<br />

trasformarono il nome in Didone, “colei che ha il coraggio e la forza <strong>di</strong> un uomo”.<br />

15


(Dama Ragione si allontana e avanza Dama Rettitu<strong>di</strong>ne. Anche a lei Christine rivela i suoi<br />

dubbi e chiede aiuto perché la aiuti a trovare le risposte che cerca.)<br />

DAMA RETTITUDINE Il mio nome è Rettitu<strong>di</strong>ne, risiedo sia in cielo che in terra. Sono la<br />

messaggera della bontà <strong>di</strong> Dio, sono fra i giusti e li esorto a <strong>di</strong>re e a <strong>di</strong>fendere la verità.<br />

Questa retta luminosa, che ve<strong>di</strong> nella mia mano destra, è la dritta regola che separa la<br />

ragione dal torto: è il bastone della pace. Sappi che essa ti servirà a misurare gli e<strong>di</strong>fici<br />

della città che dovrai costruire. Amica cara, non devo sottrarmi al compito <strong>di</strong> costruire, con<br />

il tuo aiuto, le case e gli e<strong>di</strong>fici della Città delle Dame, entro la cinta <strong>di</strong> mura già innalzata<br />

da mia sorella Ragione. Pren<strong>di</strong> i tuoi attrezzi e vieni con me: vieni avanti, mescola la malta<br />

del tuo calamaio e costruisci con la forza della tua penna, perché ti fornirò abbastanza<br />

materiale.<br />

CHRISTINE In molti libri ho letto che gli uomini sostengono che la loro vita matrimoniale<br />

è ricca <strong>di</strong> tempeste a causa dell’impetuosità e del fare collerico e molesto delle donne.<br />

Quin<strong>di</strong> se questo è vero, i <strong>di</strong>fetti delle donne sono così gravi da annientare ogni altra<br />

grazia e virtù?<br />

DAMA RETTITUDINE Chi accusa un assente, vince presto la sua causa. E ti posso<br />

assicurare che non sono state delle donne a scrivere quei libri. Ah! Cara amica, quante<br />

donne ci sono che, a causa della crudeltà dei loro mariti, passano una vita matrimoniale<br />

<strong>di</strong>sgraziata! Quante botte senza causa né ragione, quante infamie, oltraggi e offese! Non è<br />

forse vero? E non è questa la con<strong>di</strong>zione che puoi osservare tra le tue vicine? Sai bene che<br />

queste stupidaggini dette e scritte contro le donne furono, e sono, invenzioni fatte <strong>di</strong><br />

proposito e false. Sono gli uomini a dominare le loro mogli e non le donne a dominare i<br />

mariti, anche se, per quanto vi siano mariti malvagi, ve ne sono anche <strong>di</strong> eccellenti, come<br />

il tuo. Per rispondere alla tua domanda, ti <strong>di</strong>mostrerò dunque che le donne non sono<br />

colleriche per natura, presentandoti un esempio <strong>di</strong> grande amore <strong>di</strong> una donna per il suo<br />

sposo.<br />

ARGIA Io sono Argia, figlia del re Adrasto. Il mio sposo Polinice era in lotta con il fratello<br />

Eteocle per il regno <strong>di</strong> Tebe, che gli spettava per un accordo sancito tra loro. Poiché<br />

Eteocle volle tutto il suo regno per sé, Polinice gli <strong>di</strong>chiarò guerra, e mio padre andò in suo<br />

aiuto con tutta la sua armata. Ma la fortuna si volse contro Polinice, e lui e il fratello si<br />

uccisero a vicenda in battaglia. Quando seppi che mio marito era morto in battaglia, partii<br />

con le altre donne <strong>di</strong> Argo, abbandonando la residenza reale, i miei ornamenti da regina e<br />

la como<strong>di</strong>tà dei miei appartamenti. L’amore mi fece vincere ogni fragilità e debolezza<br />

femminili e giunsi al luogo della battaglia dopo molti giorni <strong>di</strong> viaggio. Una volta giunta al<br />

campo <strong>di</strong> battaglia, cercai il corpo del mio sposo in mezzo a tanti altri, sebbene l’e<strong>di</strong>tto <strong>di</strong><br />

Creonte me lo impe<strong>di</strong>sse, e quando lo trovai era pressoché irriconoscibile. Né l’odore<br />

pestilenziale del corpo né il volto orribile mi impe<strong>di</strong>rono <strong>di</strong> baciarlo e <strong>di</strong> stringerlo a me,<br />

mentre <strong>di</strong> continuo invocavo il suo nome. Per rendergli l’ultimo omaggio, feci cremare il<br />

suo corpo e raccolse le sue ceneri in un’anfora d’oro.<br />

16


CHRISTINE A mio avviso le donne hanno molta fedeltà e amore nei confronti dei loro<br />

mariti. Allora perché gli uomini affermano che non possono confidare un segreto alla<br />

moglie?<br />

DAMA RETTITUDINE Cara amica, a proposito <strong>di</strong> quelli che <strong>di</strong>cono che le donne sono<br />

in<strong>di</strong>screte, ti fornirò un esempio <strong>di</strong> donna leale.<br />

GIUDITTA Io sono Giu<strong>di</strong>tta e fui una vedova ebrea! Quando Nabucodonosor II mandò<br />

Oloferne contro il mio popolo, io sentii che avrei dovuto aiutarli. Ispirata da Dio, elaborai<br />

un piano. Una notte insieme alla mia domestica andai all’accampamento <strong>di</strong> Oloferne. Lì<br />

quell’uomo spregevole, vedendomi così giovane e bella, mi accolse con gioia nella sua<br />

tenda. Passai con lui quella notte, e la notte seguente. La terza notte Oloferne non voleva<br />

più attendere...mi voleva. Io acconsentii ma lo pregai <strong>di</strong> aspettare che tutti i soldati se ne<br />

fossero andati. Quando, aspettando, si addormentò anche lui, io, aiutata dalla mia<br />

domestica, lo uccisi e gli tagliai la testa. Tornai nel mio villaggio con la testa <strong>di</strong> quell’uomo<br />

or<strong>di</strong>nando ai soldati <strong>di</strong> attaccare. Questi la mattina dopo attaccarono l’accampamento<br />

nemico. Quando i nemici entrarono nella tenda del capo per farlo svegliare, trovandolo<br />

morto, entrarono nel panico. Noi li facemmo prigionieri o li uccidemmo. È per questo che<br />

sarò sempre lodata nelle Sacre Scritture!<br />

CHRISTINE Gli uomini <strong>di</strong>cono che le donne vogliono essere stuprate e che questo non<br />

<strong>di</strong>spiaccia a loro. Come possono le donne gra<strong>di</strong>re questa orribile violenza?<br />

DAMA RETTITUDINE Non dubitare, cara amica, le dame virtuose e oneste non traggono<br />

alcun piacere dall’essere violentate, ma un dolore senza paragoni. Un esempio, primo<br />

fra tutti, è quello <strong>di</strong> Lucrezia.<br />

LUCREZIA Sono Lucrezia e fui una nobildonna romana, moglie <strong>di</strong> Tarquinio Collatino. Il<br />

figlio del re, Tarquinio l’Orgoglioso, ardeva <strong>di</strong> desiderio per me e per conquistarmi pensò <strong>di</strong><br />

agire <strong>di</strong> astuzia. Un giorno, in assenza <strong>di</strong> mio marito, venne in casa nostra e <strong>di</strong> notte riuscì<br />

ad entrare nella mia camera. Invano cercò <strong>di</strong> blan<strong>di</strong>rmi con doni e promesse affinché<br />

cedessi alle sue richieste, ma io mi opposi. Allora <strong>di</strong>sse che avrebbe rivelato a tutti <strong>di</strong><br />

avermi trovata con un servo in casa mia. Spaventata, cedetti, ma non riuscii a sopportare<br />

a lungo il grande oltraggio. La mattina, infatti, confessai a marito ed amici l’accaduto.<br />

Quin<strong>di</strong>, estratto un coltello dalla tunica, <strong>di</strong>ssi: “Se così mi assolvo dal peccato e <strong>di</strong>mostro la<br />

mia innocenza, tuttavia non mi libero dal tormento, nè dalla pena”. Detto questo, mi conficcai<br />

il coltello in petto e morii. A causa dell’accaduto tutta Roma era in rivolta. Il re fu<br />

cacciato: mai più ci fu un re a Roma.<br />

CHRISTINE Gli uomini <strong>di</strong>cono che le donne sono false, poco innamorate, bugiarde,<br />

incostanti per quanto facciano promesse. Ma c’è sulla terra una legge naturale in base alla<br />

quale gli uomini e le donne si amino l’un l’altra?<br />

DAMA RETTITUDINE Amica cara, non so più cosa risponderti sulle accuse alle donne <strong>di</strong><br />

essere ingannatrici. Tu stessa hai trattato a sufficienza l’argomento, sia contro Ovi<strong>di</strong>o sia<br />

17


contro altri, nella Epistre au Dieu d’Amours e nelle Epistres sur le Roman de la Rose.<br />

Questi autori, infatti, non si rivolgono anche alle donne per consigliarle <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffidare delle<br />

trappole degli uomini. Ne concludo che, se essi avessero voluto agire per il bene comune,<br />

cioè <strong>di</strong> entrambe le parti, avrebbero dovuto rivolgersi alle donne per metterle in guar<strong>di</strong>a<br />

dagli inganni degli uomini, come hanno fatto rivolgendosi agli uomini perché si <strong>di</strong>fendano<br />

dalle donne. Ma per rispondere alla tua domanda, ti farò qualche esempio <strong>di</strong> donne che<br />

hanno amato fino alla morte.<br />

SIGISMONDA Io sono Sigismonda, fui figlia <strong>di</strong> Tancre<strong>di</strong>, bella, saggia, cortese e ben<br />

educata. Tancre<strong>di</strong> mi amava così tanto che non poteva stare senza vedermi e molto a<br />

malincuore fui data al conte <strong>di</strong> Campania, ma il nostro matrimonio non durò a lungo: il<br />

conte morì e mio padre mi riprese presso <strong>di</strong> sé promettendo <strong>di</strong> non farmi sposare mai più.<br />

Io, benché presso il salone <strong>di</strong> mio padre ci fosse un gran numero <strong>di</strong> gentiluomini, notai<br />

uno scu<strong>di</strong>ero che sembrò il più bello <strong>di</strong> tutti e degno d’esser amato. Il suo nome era<br />

Guiscardo. Il nostro amore durò a lungo e senza che nessuno ne fosse al corrente. Ma<br />

Fortuna, invi<strong>di</strong>osa della nostra felicità, non volle più permettere a noi due <strong>di</strong> vivere nella<br />

gioia e trasformò il nostro piacere in un amaro dolore perché mio padre ci sorprese<br />

insieme e fece uccidere Guiscardo. Io, sopraffatta dal dolore presi un’ampolla con delle<br />

erbe velenose e mi uccisi.<br />

(Assolto il suo compito, anche Dama Rettitu<strong>di</strong>ne si allontana. Prende il suo posto la terza<br />

delle Dame, Giustizia, che si rivolge a sua volta a Christine)<br />

DAMA GIUSTIZIA Cristina, amica mia, io sono Giustizia, la figlia pre<strong>di</strong>letta <strong>di</strong> Dio e<br />

risiedo in cielo, in terra o all’inferno. Non parteggio per nessuno perché non ho amici né<br />

nemici, né una volontà mutevole; non mi convince la pietà, la crudeltà non mi smuove. Il<br />

mio unico compito è giu<strong>di</strong>care e <strong>di</strong>stribuire a ognuno ciò che si merita. Io sostengo l’or<strong>di</strong>ne<br />

<strong>di</strong> tutte le cose, senza <strong>di</strong> me nulla sarebbe stabile. Tutte le Virtù fanno parte <strong>di</strong> me, e noi<br />

tre dame che ve<strong>di</strong> qui siamo una stessa cosa, non potremmo nulla l’una senza l’altra; così<br />

per volontà nostra ti aiuterò a completare e finire la tua città, e sarà mio compito costruire<br />

le alte cime delle torri e delle residenze principesche e dei palazzi, tutti d’oro fino e<br />

rilucente. E te la popolerò <strong>di</strong> nobili dame, insieme alla grande Regina che ti condurrò.<br />

Infine con il tuo aiuto renderò la tua città perfetta, fortificata da solide porte che chiederò<br />

al Cielo, e ne affiderò le chiavi nelle tue mani.<br />

Per fare compagnia alla benedetta Regina del Cielo, Imperatrice e Principessa della Città<br />

delle Dame, dovremo alloggiare insieme a lei le vergini benedette e le sante dame,<br />

<strong>di</strong>mostrando così che Dio approva il sesso femminile, dando a fragili donne in giovane età<br />

la stessa costanza e forza degli uomini per sopportare, nel suo santo nome, orribili martiri.<br />

MARTINA Sono la vergine Martina, nata a Roma da una nobile famiglia. L’imperatore<br />

Alessandro mi costrinse a <strong>di</strong>ventare sua moglie, ma io mi rifiutai perché sono cristiana e<br />

consacrata a Dio. A<strong>di</strong>rato mi costrinse ad adorare i suoi dei ma, dopo le mie preghiere a<br />

Dio, crollò il tempio insieme agli idoli. A questo punto l’imperatore mi condannò al martirio<br />

18


ma, chiunque provava a torturarmi, vedeva Dio e i santi e si convertiva. Allora l’imperatore<br />

mi fece denudare e sfregiare, ma dalle mie ferite usciva latte invece <strong>di</strong> sangue. Dopo altre<br />

torture mi fece imprigionare, ma visto che io continuavo a pregare Dio e non mi convertivo<br />

ai suoi dei, or<strong>di</strong>nò <strong>di</strong> tagliarmi la gola. Proprio allora u<strong>di</strong>i la voce <strong>di</strong> Dio che mi <strong>di</strong>sse che<br />

era arrivato il momento <strong>di</strong> entrare nel suo regno per vivere nella gloria eterna. Così morii e<br />

lo stesso giorno l’imperatore fu colpito da dolori fortissimi.<br />

MARINA Io sono Santa Marina, fui figlia <strong>di</strong> un uomo che entrò in convento e per questo<br />

mi affidò ad un suo parente. A causa della sofferenza per la mia lontananza mio padre mi<br />

fece vivere con sé nel monastero, travestita da monachello. Seppi celare bene la mia reale<br />

identità anche dopo la sua morte. Fino a quando un inverno una figlia <strong>di</strong> un oste, rimasta<br />

incinta, accusò me <strong>di</strong> tale fatto. Io, che preferii assumermi la colpa piuttosto che rivelare la<br />

mia reale identità, fui picchiata e esiliata dal monastero. La fanciulla mi lasciò il bambino<br />

ed io lo accu<strong>di</strong>i come fosse mio. Per 5 anni mi prostrai a terra implorando pietà all’Abate.<br />

Questo mi perdonò ma mi obbligò a svolgere le più umili mansioni, fino a quando mi<br />

addormentai in Nostro Signore. Quando mi spogliarono per lavarmi e seppellirmi videro<br />

che ero una donna. Così l’Abate meravigliato da una tale condotta <strong>di</strong> vita, pentendosi,<br />

or<strong>di</strong>nò che venissi sepolta in una cappella nel monastero. Lì compii numerosi miracoli e<br />

ancora ne compio.<br />

CHRISTINE Che Dio sia lodato, mie eccellenti Dame! La nostra città è costruita e<br />

completata: ogni dama potrà ora trovare in essa rifugio da nemici e assalitori.<br />

Nell’ Epitre au Dieu d’Amours avevo detto: “Se le donne avessero scritto i libri so per certo<br />

che sarebbe stato <strong>di</strong>verso, poiché ben sanno che a torto sono accusate: infatti le parti non<br />

sono <strong>di</strong>vise equamente, poiché i più forti prendono la parte più grande e chi <strong>di</strong>vide tiene<br />

quella migliore per sé”. Quel libro che mancava alle donne ora l’ho scritto!<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

Christine de Pizan, La città delle dame, tr. it., Luni E<strong>di</strong>trice, Milano, 1999.<br />

Maria Giuseppina Muzzarelli, Un’italiana alla corte <strong>di</strong> Francia. Christine de Pizan,<br />

intellettuale e donna, Il Mulino, Bologna, 2007.<br />

19


Biografia:<br />

SIBILLA ALERAMO<br />

Come scrittrice il suo nome era Sibilla Aleramo ma nella realtà si chiamava Rina Faccio.<br />

Era nata ad Alessandria il 14 agosto del 1876, da genitori colti e abbienti.<br />

Presto si stabilisce con la famiglia a Civitanova Marche, ma la sua vita viene segnata dal<br />

tentativo <strong>di</strong> suici<strong>di</strong>o della madre e dalla violenza sessuale subita a 16 anni, che la<br />

costringerà a sposare il suo seduttore, sopportando un matrimonio impossibile. Nel 1901<br />

abbandona marito e il figlio, che mai più riuscì ad avere in custo<strong>di</strong>a, iniziando, come lei<br />

stessa amava <strong>di</strong>re, la sua “seconda vita”. Conclusa una relazione sentimentale con il poeta<br />

Damiani, si innamora dello scrittore Giovanni Cena. Collabora a riviste filosocialiste; si<br />

iscrive all'Unione Femminile Internazionale, operando in numerose iniziative <strong>di</strong> carattere<br />

assistenziale. Nel 1910, dopo la crisi del rapporto con Cena, Sibilla Aleramo vive una lunga<br />

serie <strong>di</strong> amori e vagabondaggi, facendo della propria vita, dannunzianamente, "un'opera<br />

d'arte". Nel 1911 è a Firenze, dove collabora al Marzocco ed entra in contatto con<br />

l'ambiente "vociano". Inizia a scrivere versi. Nel 1913 è a Milano e si avvicina al<br />

movimento futurista. Tra il 1913 e il 1914 è a Parigi, dove incontra personalità <strong>di</strong> spicco<br />

della cultura internazionale, Apollinaire e Verhaeren. Infine si trasferisce a Roma, dove<br />

inizia la sua carriera <strong>di</strong> scrittrice.<br />

Nel 1916 incontra il poeta Dino Campana con il quale intreccia un’intensa e <strong>di</strong>fficile storia<br />

d’amore, vissuta senza risparmio <strong>di</strong> emozioni, fra gioie, dolori, separazioni e<br />

rappacificazioni. <strong>Le</strong>i aveva 40 anni, lui solo 31 anni. Il rapporto con il poeta fu tormentato<br />

anche perché Campana era affetto da una malattia psichiatrica per la quale fu spesso<br />

isolato, sottoposto a cure a base <strong>di</strong> psicofarmaci e a ricoveri in manicomio. La passione <strong>di</strong><br />

Sibilla Aleramo per questo uomo si rivelerà un vero e proprio calvario. Quando conobbe il<br />

poeta, Sibilla, era già una donna socialmente impegnata e famosa, ed era considerata la<br />

donna più bella d’Italia. La vicenda d’amore si snodò fra alti e bassi, fra la fitta<br />

corrispondenza, i silenzi <strong>di</strong> lui, gli allontanamenti ora dell’uno ora dell’altro, le liti, le<br />

riappacificazioni, il peggioramento dei <strong>di</strong>sturbi nervosi, le suppliche <strong>di</strong> entrambi per una<br />

20


iconciliazione, fino all’ultimo ricovero <strong>di</strong> Campana nel manicomio <strong>di</strong> San Salvi. Sulla<br />

relazione con Campana la Aleramo non riuscì mai a scrivere un solo rigo, tanto gran<strong>di</strong><br />

erano state le emozioni fra loro e la cui testimonianza restò affidata solo al loro fitto<br />

carteggio.<br />

Gli scritti della Aleramo hanno caratterizzato tutto il ‘900, anche per la loro forza<br />

rivoluzionaria espressa in opere intimiste, dove tormentate vicende amorose si intrecciano<br />

in vicende <strong>di</strong> impegno sociale e politico.<br />

Donna che oggi definiremmo appartenente alla tra<strong>di</strong>zione politica comunista, la Aleramo<br />

ha introdotto il tema dell’impegno sociale e del femminismo nella letteratura e nella poesia<br />

del primo Novecento. Fino ad allora la donna aveva sofferto molto a causa della pressione<br />

<strong>di</strong>scriminatoria delle società maschili europee, e non riusciva ad essere visibile nelle opere<br />

letterarie se non come personaggio, spesso dal profilo carico <strong>di</strong> pregiu<strong>di</strong>zi.<br />

La Aleramo avvia quella che dalla fine dell’800 si andò profilando come l’inizio della<br />

battaglia per l’uguaglianza sociale e giuri<strong>di</strong>ca delle donne che si snodò poi per tutto il<br />

secolo in Europa.<br />

Muore a Roma il 13 gennaio del 1960.<br />

Opere principali:<br />

- Una Donna (1906),<br />

- Gioie d’occasione (1930),<br />

- Andando e stando (1942)<br />

- Selva d’amore (1947) (Premio Viareggio 1948)<br />

- <strong>Le</strong>ttere.<br />

21


Biografia<br />

ELSA MORANTE<br />

Elsa Morante é considerata da alcuni critici una tra le più importanti autrici <strong>di</strong> romanzi del<br />

dopoguerra. Nata a Roma nel 1912 trascorre la sua infanzia nel quartiere popolare <strong>di</strong><br />

Testaccio. Figlia illegittima <strong>di</strong> una maestra ebrea e <strong>di</strong> un impiegato delle poste , alla<br />

nascita viene riconosciuta da Augusto Morante, sorvegliante in un istituto <strong>di</strong> correzione<br />

giovanile. Inizia giovanissima a scrivere filastrocche e favole per bambini, poesie e racconti<br />

brevi, che a partire dal 1933, sino all'inizio della seconda guerra mon<strong>di</strong>ale, vengono<br />

pubblicati su varie riviste <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa natura. Il suo primo libro è proprio una selezionata<br />

raccolta <strong>di</strong> alcune <strong>di</strong> queste sue storie giovanili, Il Gioco Segreto, pubblicato nel 1941 che<br />

fu seguito, nel 1942, da un libro per ragazzi, intitolato <strong>Le</strong> Bellissime Avventure <strong>di</strong> Caterì<br />

dalla Trecciolina (ma poi riscritto nel 1959 con il titolo <strong>Le</strong> Straor<strong>di</strong>narie Avventure <strong>di</strong><br />

Caterina). Nel 1936 conosce lo scrittore Alberto Moravia che sposa nel 1941; insieme<br />

incontrano e frequentano i massimi scrittori e uomini <strong>di</strong> pensiero italiani del tempo, tra cui<br />

Pier Paolo Pasolini, che fu un caro amico per entrambi. Verso la fine della seconda guerra<br />

mon<strong>di</strong>ale, per sfuggire alle rappresaglie dei nazisti, Moravia e la moglie lasciano Roma<br />

ormai occupata e si rifugiano a Fon<strong>di</strong>, a pochi chilometri dal mare. Tale parte dell' Italia<br />

meri<strong>di</strong>onale appare <strong>di</strong> frequente nelle sue opere narrative; Elsa Morante ne parla<br />

soprattutto nel romanzo La Storia. Il primo romanzo che Elsa Morante pubblica è<br />

Menzogna e sortilegio, uscito in Italia nel 1948 che vince il Premio Viareggio. Il romanzo<br />

viene poi pubblicato negli Stati Uniti con il titolo House of Liars nell'anno 1951. Il<br />

successivo, L'isola <strong>di</strong> Arturo, esce in Italia nel 1957 riscuotendo grande successo <strong>di</strong><br />

pubblico e <strong>di</strong> critica (Premio Strega). Durante gli anni sessanta la scrittrice riflette a lungo<br />

22


Opere<br />

sulla sua narrativa, <strong>di</strong>struggendo molto <strong>di</strong> ciò che aveva scritto<br />

nel frattempo, ad eccezione <strong>di</strong> poche cose, tra cui una poesia,<br />

L'Avventura. Nel 1963 pubblica una seconda raccolta dei suoi<br />

racconti: Lo scialle andaluso. L'opera successiva, Il mondo<br />

salvato dai ragazzini del 1968 è un misto <strong>di</strong> poesia, canzoni e<br />

una comme<strong>di</strong>a. Morante e Moravia si separano nel 1961, ma<br />

Elsa continua a scrivere, sebbene spora<strong>di</strong>camente. Lavora in<br />

questi anni ad un romanzo che non vedrà mai la luce: Senza i<br />

conforti della religione. La Storia, una storia ambientata a<br />

Roma durante la seconda guerra mon<strong>di</strong>ale, esce nel 1974<br />

<strong>di</strong>venta <strong>di</strong> fama internazionale, ma riceve anche attacchi<br />

spietati da parte dei critici. L'ultimo romanzo <strong>di</strong> Elsa Morante è<br />

Aracoeli, pubblicato nel 1982. Ammalatasi in seguito ad una<br />

frattura al femore, tenta il suici<strong>di</strong>o nel 1983. Nel 1984 riceve il<br />

Prix Mé<strong>di</strong>cis per Aracoeli. Muore nel 1985 a seguito <strong>di</strong> un<br />

infarto dopo una seconda operazione chirurgica.<br />

• Il gioco segreto, 1941<br />

• La bellissime avventure <strong>di</strong> Caterì Dalla Trecciolina, 1942<br />

• Menzogna e sortilegio, 1948<br />

• L'isola <strong>di</strong> Arturo, 1957<br />

• Alibi (poesie), 1958<br />

• <strong>Le</strong> straor<strong>di</strong>narie avventure <strong>di</strong> Caterina<br />

• Lo scialle andaluso, 1963<br />

• Il mondo salvato dai ragazzini, 1968<br />

• La Storia, 1974<br />

• Aracoeli, 1982<br />

• Pro o contro la bomba atomica e altri scritti (saggi)<br />

• Diario 1938, 1990<br />

• Racconti <strong>di</strong>menticati<br />

23


BIOGRAFIA<br />

FAUSTINA MARATTI ZAPPA<br />

Faustina Maratti Zappa (1679-1745), figlia naturale del pittore Carlo Maratta, nacque<br />

a Roma attorno al 1679. Ricevette fin da fanciulla una buona educazione umanistica<br />

stu<strong>di</strong>ando fra l'altro musica, arti figurative e, soprattutto, poesia. Molto avvenente,<br />

attirò l'attenzione del giovane duca Giangiorgio Sforza Cesarini, signore <strong>di</strong> Genzano.<br />

Il rifiuto delle profferte amorose dello Sforza Cesarini, da parte <strong>di</strong> Faustina, spinsero<br />

il giovane duca, nel maggio del 1703, a tentare <strong>di</strong> rapirla mentre la ragazza stava<br />

andando a messa in compagnia della madre e <strong>di</strong> alcune domestiche. La ragazza riuscì<br />

a sfuggire all'agguato, ma le rimase una cicatrice sulla tempia sinistra. Considerata<br />

suo malgrado un'eroina, nel 1704 la giovane poetessa fu accolta nell'Accademia<br />

dell'Arca<strong>di</strong>a dove ricevette il nome <strong>di</strong> Aglauro Cidonia. Nell'Arca<strong>di</strong>a conobbe il poeta<br />

Giambattista Felice Zappi, un avvocato e poeta molto rinomato, che Faustina sposò<br />

nel 1705; dal matrimonio nacquero due figli: Rinaldo e Luigi. Nel 1719 rimase<br />

vedova, e rifiutò <strong>di</strong> risposarsi.<br />

OPERE<br />

• Il Canzoniere <strong>di</strong> Faustina Maratti (o Aglauro Cidonia) comprende soli 38 sonetti<br />

che vennero pubblicati, assieme ai versi del marito, la prima volta nel<br />

1723 nella raccolta Rime <strong>di</strong> Giovanni Battista Felice Zappi e <strong>di</strong> Faustina<br />

Maratti, sua consorte, aggiuntevi altre poesie de' piu celebri dell'Arca<strong>di</strong>a <strong>di</strong><br />

Roma. Si tratta <strong>di</strong> sonetti in stile petrarchesco, formalmente eleganti ed<br />

equilibrati secondo i canoni del teorico Giovanni Mario Crescimbeni. I sonetti<br />

giovanili avevano per soggetto gran<strong>di</strong> figure femminili della romanità (Veturia,<br />

Tuzia, Porzia, Lucrezia), e traevano spesso ispirazione dai <strong>di</strong>pinti del padre<br />

Carlo Maratta. Molto più sentite appaiono le rime dell'età matura che cantano,<br />

con stile misurato, gli affetti familiari o il dolore per la morte del figlioletto<br />

Rinaldo.<br />

• Sono noti alcuni componimenti rimasti ine<strong>di</strong>ti durante la vita <strong>di</strong> Faustina: 5<br />

sonetti e una epistoletta pubblicati nella quin<strong>di</strong>cesima e<strong>di</strong>zione delle rime dei<br />

coniugi Zappi.<br />

24


BIOGRAFIA<br />

PETRONILLA PAOLINI MASSIMI<br />

Petronilla Paolini Massimi (1663-1726) nacque a Tagliacozzo e morì a Roma.<br />

Costretta dal marito, molto più vecchio <strong>di</strong> lei, a ritirarsi in convento, si de<strong>di</strong>cò alla<br />

poesia. Venne ammessa in Arca<strong>di</strong>a con il nome <strong>di</strong> Fidalma Partenide, e neanche<br />

trentenne, dopo che il marito le aveva sottratto con la forza calamaio, penna, libri e<br />

tavolo, decide <strong>di</strong> lasciare la sua casa e <strong>di</strong> tornare nel convento dov’è cresciuta, dove<br />

l’attende ancora la madre, Silvia Argoli. Abbandona i figli, tre maschi: sono giovanissimi,<br />

ma la donna già nota con terrore, nei oro occhi e nei loro gesti, una<br />

minacciosa somiglianza con il marito. Depredata della libertà fisica e <strong>di</strong> ogni felicità,<br />

la sua esistenza è una strenua lotta per un’unica ragione <strong>di</strong> vita: la scrittura.<br />

OPERE<br />

Scrisse liriche che furono incluse nelle “Rime degli arca<strong>di</strong>”, ma anche drammi per<br />

musica, orazioni sacre e una riduzione in ottave <strong>di</strong> un canto dell’ “Italia liberata dai<br />

goti”.<br />

“Io scrivo, scrivo sul serio. Imprimo me stessa nella carta. Scrivo per liberarmi, per<br />

essere. E per scrivere sono <strong>di</strong>sposta a tutto. Per scrivere ho compiuto l’abominio<br />

peggiore, quello che persino le belve rifuggono”.<br />

25


Alunni partecipanti<br />

Classe III E:<br />

Abiad Matteo<br />

Amicuzi Francesca<br />

Aracu Alessia<br />

Aulicino Antonio<br />

Avantini Davide<br />

Biagioli Alberto<br />

D’Amico Federica<br />

Delfin Dennie<br />

De Micco Alessandro<br />

Di Felice Alessia<br />

Fabrizi Clau<strong>di</strong>a<br />

Foderaro Simone<br />

Giuliani Eugenia<br />

Giulitti Valerio<br />

Khalifa Sara<br />

La Bella Daniele<br />

Lozzi Flavia<br />

Martorello Mattia<br />

Milano Maria Cristina<br />

Pallini Riccardo<br />

Portoghese Andrea<br />

Pulerà Luca<br />

Salvatori Rachele<br />

Veronica Pimpinella (Classe 5 A)<br />

INSEGNANTI:<br />

Emanuela Brescia<br />

Raffaella Di Gregorio<br />

LA DONNA E LA SUA EMANCIPAZIONE<br />

Tra letteratura e scienza in Italia<br />

27


1. Introduzione<br />

2. Me<strong>di</strong>oevo<br />

Classi elevate<br />

In convento<br />

Figure <strong>di</strong> rilievo<br />

Trotula<br />

Caterina Da Siena<br />

Angela da Foligno<br />

3. Rinascimento<br />

Classi elevate<br />

Vita quoti<strong>di</strong>ana<br />

Arte e cultura<br />

Figure <strong>di</strong> rilievo<br />

Vittoria Colonna<br />

Gaspara Stampa<br />

Isabella Morra<br />

4. Seicento<br />

Intellettuali<br />

Classi basse<br />

Figure <strong>di</strong> rilievo<br />

Lucrezia Marinelli<br />

Elena Cornaro Piscopia<br />

5. Settecento<br />

Dame e Filosofe<br />

Sapienti e scienziate<br />

Donne comuni<br />

Figure <strong>di</strong> rilievo<br />

Laura Bassi<br />

Maria Gaetana Agnesi<br />

Petronilla Paolini Massimi<br />

Faustina Maratti Zappa<br />

6. Ottocento<br />

Operaie<br />

Intelletuali<br />

Proto-femministe<br />

INDICE<br />

28<br />

Suffragette<br />

Voto alle donne in Italia<br />

Figure <strong>di</strong> rilievo<br />

Grazia Deledda<br />

Sibilla Aleramo<br />

Caterina Scarpellino<br />

Pia Nalli<br />

7. Novecento<br />

Prima guerra mon<strong>di</strong>ale<br />

Fascismo<br />

Seconda guerra mon<strong>di</strong>ale<br />

Resistenza<br />

Femminismo<br />

Figure <strong>di</strong> rilievo<br />

Elsa Morante<br />

Natalia Ginsburg<br />

Oriana Fallaci<br />

Dacia Maraini<br />

Maria Montessori<br />

Emma Castelnuovo<br />

Rita <strong>Le</strong>vi- Montalcini<br />

Margherita Hack<br />

Renata Vigano’<br />

Laura Conti<br />

Fabiola Gianotti<br />

Maria Curatolo<br />

Marcella Dimoz<br />

8. La mia generazion: la donna è<br />

emancipata?<br />

9. Cronologia<br />

In Italia<br />

Nel mondo<br />

Nel Liceo “B. Russel” <strong>di</strong> Roma<br />

10. Fonti


1. INTRODUZIONE<br />

Il percorso svolto dagli studenti si propone <strong>di</strong> analizzare la lunga strada verso<br />

l’emancipazione delle donne italiane, inquadrandola nel contesto dei secoli e delle<br />

culture dal Me<strong>di</strong>oevo ad oggi e nella storia del nostro Paese e dell’ intera umanità.<br />

Dopo aver tracciato le linee generali della con<strong>di</strong>zione femminile dal periodo me<strong>di</strong>oevale<br />

ai nostri giorni, vengono analizzate e presentate le figure <strong>di</strong> donne apparse più<br />

rilevanti, nel campo scientifico e in quello letterario, capaci <strong>di</strong> dare un contributo<br />

importante al progresso della società in cui sono vissute e <strong>di</strong> evidenziare la possibilità<br />

<strong>di</strong> una donna, anche in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong>fficili, <strong>di</strong> uscire “allo scoperto”, superando ostacoli,<br />

pregiu<strong>di</strong>zi e persino regole coercitive e mortificanti.<br />

Per ciascuna delle intellettuali prese in considerazione, sempre nel contesto della<br />

cultura italiana, sono state in<strong>di</strong>viduate e stu<strong>di</strong>ate le scoperte in campo scientifico e le<br />

opere letterarie più significative o appassionanti, che hanno permesso che la loro<br />

memoria fosse viva e il loro contributo in<strong>di</strong>scutibile.<br />

Emerge una storia delle donne coinvolgente, dove alle gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà sono anche<br />

seguiti successi e affermazioni, segno <strong>di</strong> un lento ma inarrestabile processo <strong>di</strong><br />

emancipazione che ancora oggi, come si può evincere dall’analisi statistica effettuata<br />

dai nostri alunni sulla componente femminile nella nostra scuola e nelle università<br />

italiane per ciò che concerne l’area scientifica, non è da considerarsi concluso<br />

0. Me<strong>di</strong>oevo<br />

Il Cristianesimo impose la sottomissione della donna all'uomo, ma la considerò importante<br />

per la crescita spirituale dei figli.Con l'arrivo <strong>di</strong> Franchi e Longobar<strong>di</strong> la con<strong>di</strong>zione della<br />

donna peggiorò: la donna era un oggetto nelle mani del padre finché non decideva <strong>di</strong><br />

venderla ad un uomo. Con l'inquisizione alcune donne vennero ritenute rappresentanti del<br />

Diavolo (le streghe) capaci <strong>di</strong> trarre in inganno l'uomo spingendolo al peccato<br />

Classi elevate<br />

Ai tempi del feudalesimo, in caso <strong>di</strong> assenza, malattia o morte del re la regina era<br />

incoronata come un re: l'uomo e la donna erano su un piano <strong>di</strong> parità. Donne come<br />

Eleonora d'Aquitania e Bianca <strong>di</strong> Castiglia dominarono il loro secolo ed esercitarono un<br />

potere incontestato nel loro territorio. L'influenza delle figura femminile <strong>di</strong>minuì<br />

parallelamente alla ascesa del <strong>di</strong>ritto romano: il <strong>di</strong>ritto del "pater familias", del padre<br />

proprietario, il cui potere è sacro e illimitato. Nel Me<strong>di</strong>oevo il padre possedeva un'autorità<br />

<strong>di</strong> gerente, non <strong>di</strong> proprietario. Soltanto a partire dal XVII secolo la donna cominciò a<br />

dover prendere il nome del marito.<br />

In convento<br />

Nel XIII secolo i conventi femminili erano centri <strong>di</strong> preghiera, ma anche <strong>di</strong> dottrina<br />

religiosa, <strong>di</strong> cultura; vi si stu<strong>di</strong>ava la sacra scrittura e tutti gli altri elementi del sapere. <strong>Le</strong><br />

religiose erano ragazze colte: entrare in convento era la via normale per le donne che<br />

volevano approfon<strong>di</strong>re le proprie conoscenze. Si ebbero i primi esempi <strong>di</strong> letterate famose<br />

e importanti. <strong>Le</strong> badesse a capo del monastero erano autentici signori feudali e<br />

amministravano come vere e proprie 'manager vasti territori che includevano anche<br />

29


villaggi o parrocchie. Nessuno si scandalizzava se anche conventi maschile erano<br />

sottoposti ad una badessa.<br />

Società civile<br />

<strong>Le</strong> conta<strong>di</strong>ne, le citta<strong>di</strong>ne, le madri <strong>di</strong> famiglia, non venivano valorizzate da particolari<br />

carriere come nella vita monastica né c'erano poeti che de<strong>di</strong>cassero loro poesie d'amore.<br />

È sorprendente però notare che nel Me<strong>di</strong>oevo le donne potevano votare (nelle assemblee<br />

citta<strong>di</strong>ne o in quelle dei comuni rurali). Da atti notarili si apprende che le donne agivano<br />

per conto proprio, acquistavano e gestivaono negozi, pagavano le imposte, svolgevano<br />

mestieri “maschili”: maestre, farmaciste, donne me<strong>di</strong>co, miniaturiste, rilegatrici <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ci,<br />

tingitrici, gessaiole, ecc.<br />

Figure <strong>di</strong> rilievo<br />

- Trotula (1050- 1097)<br />

- Caterina Da Siena (1347- 1380)<br />

- Angela da Foligno<br />

0. Rinascimento<br />

Paradossalmente il Rinascimento, che portò letteralmente una rinascita culturale ed un<br />

grande <strong>di</strong>namismo politico, registrò una regressione rispetto al Me<strong>di</strong>oevo circa la<br />

con<strong>di</strong>zione femminile, che non migliorerà fino al termine dell'età moderna. <strong>Le</strong> donne non<br />

erano classificate a seconda della loro posizione sociale o dell'occupazione professionale,<br />

ma in base al ruolo sessuale rivestito nella società: vergini destinate al matrimonio,<br />

sposate, vergini sacre, vedove.<br />

Classi elevate<br />

In questo periodo la bellezza era una qualità imprescin<strong>di</strong>bile. Il compito della donna era<br />

saper governare le facoltà del marito, la casa e i figli. Deve saper vivere secondo le regole<br />

della vita cortigiana ossia<br />

- intrattenere ogni sorta d’omo con ragionamenti grati e onesti;<br />

- essere a conoscenza <strong>di</strong> molti argomenti;<br />

- essere modesta e onesta.<br />

Vita quoti<strong>di</strong>ana<br />

La vita della Donna non era scan<strong>di</strong>ta dalle tappe or<strong>di</strong>narie dell'esistenza maschile, bensì<br />

dalle fasi sessuali della sua maturazione:<br />

- Fase prematrimoniale<br />

- Fase matrimoniale (oppure castità sacra)<br />

- Fase postmatrimoniale.<br />

Arte e cultura<br />

“Certo in nessun’altra età s’è ciò meglio potuto conoscere, che nella nostra, dove le donne<br />

hanno acquistato gran<strong>di</strong>ssime lettere”. L’affermazione <strong>di</strong> Giorgio Vasari mostra come, nel<br />

Rinascimento il caso della donna artista non rappresentasse più un fenomeno isolato.<br />

Sotto l’influenza intensa ed estesa delle idee umaniste, furono molti gli intellettuali laici che<br />

cominciarono a propugnare l’idea della pari <strong>di</strong>gnità tra l’uomo e la donna.<br />

Figure <strong>di</strong> rilievo<br />

- Vittoria Colonna (1490-1547)<br />

- Gaspara Stampa (1523 –1554)<br />

- Isabella Morra (1516-1545)<br />

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0. Seicento<br />

<strong>Le</strong> figlie <strong>di</strong> famiglia nobile non avevano in sostanza altra alternativa che il matrimonio o il<br />

monastero, perché dare loro una dote significava <strong>di</strong>sperdere il patrimonio. L’istruzione<br />

della donna si riduceva a leggere, scrivere, far <strong>di</strong> conto, ma soprattutto la donna doveva<br />

avere una preparazione religiosa ed essere una buona cristiana. La regola era la<br />

separazione dei sessi nella stessa famiglia: figli maschi e femmine non facevano vita in<br />

comune. <strong>Le</strong> donne dell’alta società dovevano però adempiere a funzione <strong>di</strong><br />

rappresentanza che spettavano al loro lignaggio, ma con un atteggiamento, sempre assai<br />

contegnoso perché il sussiego secentesco non ammetteva la mondanità salottiera del<br />

secolo precedente. La donna del 1600 era una donna consapevole della sua bellezza si<br />

truccava si faceva bella. Faceva vita a corte, era cortigiana e affinava l'arte della seduzione<br />

Intellettuali<br />

Il ‘600 fu un periodo <strong>di</strong> trasformazione delle consuetu<strong>di</strong>ni, che regolavano i rapporti tra le<br />

donne e gli uomini. Il mettere al mondo dei figli, il matrimonio, il <strong>di</strong>vorzio, le amicizie,<br />

l'educazione: tutto fu ridefinito dalle dame dei salotti francesi del tempo. <strong>Le</strong> dame presero<br />

la parola con sicurezza su tutte le questioni che riguardavano i rapporti sociali tra donne e<br />

uomini e influenzaono in<strong>di</strong>rettamente la vita politica, proprio perché avevano molto ascolto<br />

presso gli uomini loro amici. <strong>Le</strong> dame famose per i loro salotti scrissero i libri che più<br />

circolarono e furono letti nella loro epoca.<br />

Classi basse<br />

Il compito delle donne era sempre lo stesso, governare la casa, provvedere ai figli,<br />

sottomettersi alla volontà del capo famiglia.Nelle campagne carestia e <strong>di</strong>fficoltà economica<br />

facevano sì che la donna avesse una vita me<strong>di</strong>a bassa.La caccia alla strega che ebbe il suo<br />

culmine nel XVII sec. era fondata sulla convinzione che le donne fossero in grado <strong>di</strong><br />

stringere patti col <strong>di</strong>avolo, ed era essenzialmente connessa, con la sessualità, il sacrilegio,<br />

la facoltà <strong>di</strong> indurre gli uomini nel peccato carnale. L’insicurezza collettiva si convogliò<br />

verso la donna strega con un criterio <strong>di</strong> antifemminismo violento nei confronti <strong>di</strong> donne <strong>di</strong><br />

con<strong>di</strong>zione sociale umile e subalterna.La Chiesa fin dal XIII sec. aveva sempre più<br />

emarginato dal “sacro” le donne non ammesse a svolgere le funzioni sacerdotali fra uomini<br />

e Dio, considerandole me<strong>di</strong>atrici fra gli uomini ed il <strong>di</strong>avolo.<br />

Figure <strong>di</strong> rilievo<br />

- Lucrezia Marinelli (1571-1653 )<br />

- Elena Cornaro Piscopia (1646–1684)<br />

0. Settecento<br />

Nel Settecento le donne acquisirono una libertà maggiore rispetto alle epoche precedenti.<br />

Pur restando fortemente soggette alle leggi paterne, una volta sposate erano libere <strong>di</strong><br />

esercitare una sorta <strong>di</strong> dominio in casa. Con l'avvento dell'illuminismo e la rivoluzione<br />

francese la donna cominciò a prendere coscienza <strong>di</strong> se stessa. Il pensiero femminista<br />

nacque durante la Rivoluzione francese (1789) per riven<strong>di</strong>care parità <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zione<br />

soprattutto sul piano dell'isruzione e dei <strong>di</strong>ritti civili.<br />

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Dame e Filosofe<br />

Anche nel Settecento le signore dell'aristocrazia aprirono i loro salotti per <strong>di</strong>scussioni colte.<br />

L'attenzione si spostò su temi <strong>di</strong> scienza e <strong>di</strong> filosofia. Alcune delle signore più importanti<br />

del tempo, come Madame De Châtelet, si interessarono <strong>di</strong> scienza. Molte altre, come<br />

Madame d'Epinay e Madame du Deffand, partecipavano con intensità alle <strong>di</strong>scussioni del<br />

tempo. Vennero chiamate infatti le donne filosofe. Olympe de Gouges scrisse nel 1791 la<br />

Dichiarazione dei <strong>di</strong>ritti della donna e della citta<strong>di</strong>na. In cui si chiedevano pari <strong>di</strong>ritti<br />

affinché le donne <strong>di</strong>ventassero citta<strong>di</strong>ne sotto ogni aspetto. Olympe De Gouges de<strong>di</strong>cò la<br />

Dichiarazione a Maria Antonietta, regina <strong>di</strong> Francia, sostenendo che la regina era una<br />

donna oppressa come le altre.<br />

Sapienti e scienziate<br />

Il Settecento italiano ebbe alcune illustri testimonianze <strong>di</strong> donne molto colte, provenienti<br />

da famiglie altolocate, che spiccavano nel panorama culturale maschile:<br />

- Maria Gaetana Agnesi, bambina pro<strong>di</strong>gio e matematica illustre;<br />

- Isabella Teotochi Albrizzi, con il suo salotto frequentato dai più gran<strong>di</strong> letterati veneziani<br />

dell'epoca;<br />

- Clelia Borromeo, che pare conoscesse tutte le scienze e tutte le lingue d'Europa.<br />

Donne comuni<br />

<strong>Le</strong> donne lavoravano a domicilio: il commerciante forniva il cotone o la lana che poi veniva<br />

lavorata da tutta la famiglia. La rivoluzione industriale provocò un abbassamento della<br />

qualità della vita: si crearono quartieri sovraffollati con famiglie numerose costrette a<br />

vivere in ambienti ristretti.<br />

Figure <strong>di</strong> rilievo<br />

- Laura Bassi (1711-1778)<br />

- Maria Gaetana Agnesi (1718-1799)<br />

- Petronilla Paolini Massimi (1663-1726)<br />

- Faustina Maratti Zappa (1679-1745)<br />

0. Ottocento<br />

<strong>Le</strong> donne cominciarono a far parte del mondo del lavoro. Diventarono socialmente visibili.<br />

Nacque la stampa femminile. Nacquero i primi movimenti politici e d’opinione sostenuti<br />

dalle donne. Cominciarono le lotte <strong>di</strong> riven<strong>di</strong>cazione per la parità <strong>di</strong> sessi. Si mise in<br />

<strong>di</strong>scussione la struttura patriarcale della società. Si ri<strong>di</strong>segnò l’immagine della donna<br />

tra<strong>di</strong>zionalmente considerata fragile e debole. La figura dlla donna ribelle che rifugge dagli<br />

schemi sociali cominciò a <strong>di</strong>fondersi in letteratura e nelle arti.<br />

Operaie<br />

<strong>Le</strong> donne lavoravano nei campi o nelle filande. Gli orari erano <strong>di</strong> 12 ore al giorno. La<br />

donna partoriva in casa. La mortalità infantile era molto elevata. Con l'avvento delle<br />

macchine tessili le donne <strong>di</strong>ventarono operaie. La manodopera femminile era pagata<br />

meno. <strong>Le</strong> donne avevano un comportamento più docile e si adattavano meglio alle regole<br />

della fabbrica. Nei primi anni del 1800 la maggioranza della forza lavoro tessile era<br />

femminile. Il lavoro salariato rappresentò per le donne delle clasi meno abbiemti, pur tra<br />

gran<strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zioni sociali, il primo passo verso l'in<strong>di</strong>pendenza.<br />

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Intellettuali<br />

L'Illuminismo e la rivoluzione industriale contribuirono a creare un clima favorevole allo<br />

sviluppo del femminismo. Il movimento per i <strong>di</strong>ritti delle donne si affermò per la prima<br />

volta in Europa nel tardo XVIII secolo. Si sostenne che la subor<strong>di</strong>nazione delle singole<br />

donne era espressione <strong>di</strong> una generale oppressione politica del genere femminile. <strong>Le</strong><br />

associazioni repubblicane delle donne invocarono l'estensione universale dei <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong><br />

libertà, uguaglianza e fraternità. Mary Wollstonecraft scrisse la prima opera femminista,<br />

Riven<strong>di</strong>cazione dei <strong>di</strong>ritti delle donne (1792), in cui denunciò la <strong>di</strong>scriminazione della<br />

donna, richiedendo l'uguaglianza tra i sessi.<br />

Proto-femministe<br />

La Chiesa si oppose duramente al femminismo, perché <strong>di</strong>struggeva la famiglia patriarcale.<br />

Nei paesi <strong>di</strong> religione protestante il movimento femminista ebbe maggior successo. Alla<br />

sua guida c’erano donne istruite. della classe me<strong>di</strong>a. <strong>Le</strong> femministe inglesi si riunirono per<br />

la prima volta nel 1855 per ottenere pari <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> proprietà. In Gran Bretagna la<br />

pubblicazione dell'opera Schiavitù delle donne, del filosofo John Stuart Mill, richiamò<br />

l'attenzione sulla questione femminile:<br />

- Furono introdotte le leggi sul <strong>di</strong>vorzio, sul mantenimento esul sostegno nella cura dei<br />

figli.<br />

- La legislazione del lavoro introdusse i minimi.<br />

Suffragette<br />

Il movimento delle "Suffragette", fiorì dal 1860 al 1930 riunendo donne <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa classe<br />

sociale e istruzione attorno all’obiettivo del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> voto. Fu particolarmente attivo negli<br />

USA e in Inghilterra dove alcune associazioni organizzarono manifestazioni e proteste.<br />

All’inizio le suffragette tennero comizi e marce <strong>di</strong> protesta. Di fronte alla repressione della<br />

polizia, passarono a forme <strong>di</strong> protesta più decise e violente. Nel 1912 proclamarono la<br />

"guerra delle vetrine": gruppi <strong>di</strong> donne sfilarono per le vie principali <strong>di</strong> Londra e presero a<br />

sassate le vetrine dei negozi. Nel 1913 Emily Davison, si getto sotto la carrozza reale<br />

durante un affollato derby e rimase uccisa. L'agitazione <strong>di</strong>venne più efficace quando le<br />

associazioni femministe si collegarono con i sindacati operai e con i partiti socialisti. <strong>Le</strong><br />

riven<strong>di</strong>cazioni femministe non furono accolte: la richiesta del suffragio femminile<br />

coinvolgeva problemi più ampi che la società non era in grado <strong>di</strong> affrontare.<br />

Voto alle donne in Italia<br />

In italia negli ultimi decenni del XIX secolo il movimento per l'emancipazione della donna,<br />

grazie ad Anna Maria Mozzoni e Anna Kuliscioff, si intrecciò strettamente a quello operaio<br />

e socialista. Con il congresso delle donne indetto nel 1908 a Roma dal Consiglio nazionale<br />

delle donne nacque il suffragismo femminile italiano. Una proposta per allargare il <strong>di</strong>ritto<br />

<strong>di</strong> voto alle donne, avanzata nel 1919, fu travolta insieme con le istituzioni liberali<br />

dall'avvento del fascismo. <strong>Le</strong> donne italiane acquisirono il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> voto solo nel 1946 con<br />

il referendum istituzionale.<br />

Figure <strong>di</strong> rilievo<br />

- Grazia Deledda (1871 –1936)<br />

- Sibilla Aleramo (1876 –1960)<br />

- Pia Nalli (1886-1964)<br />

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0. Novecento<br />

Agli inizi del secolo si sviluppano i movimenti per il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> voto e la parità dei sessi in<br />

tutto il mondo. A partire dalla prima guerra mon<strong>di</strong>ale molte più donne entrarono<br />

progresivamente nel mercato del lavoro. Durante l’era fascista la donna ritornò l’angelo dl<br />

focolare. Nel corso della resistenza le donne svolsero un ruolo determinante. Nel<br />

dopoguerra ripresero nuovo vigore i movimenti femministi. Negli anni sessanta/settante il<br />

movimento femminista si unì alle proteste studentesche e ai movimenti pèolitici <strong>di</strong><br />

protesta. Alla fine del novecento, nei peasi occidentali la donna conquistò la quasi<br />

completa emancipazione.<br />

Prima guerra mon<strong>di</strong>ale<br />

Centinaia <strong>di</strong> migliaia <strong>di</strong> donne entrarono nelle fabbriche, negli uffici, nei negozi: le donne<br />

<strong>di</strong>ventarono manovali, uscieri, cancellieri <strong>di</strong> tribunale, telegrafiste, maestre e infermiere:<br />

- dal1915 all’ottobre al 1918 le donne impegnate negli stabilimenti che producevano<br />

armamenti - - - passarono da 23.000 a 200.000;<br />

- nell’agricoltura il loro numero superò i 6 milioni;<br />

- salì vertiginosamente il numero <strong>di</strong> donne occupate nel tessile per le forniture militari;<br />

- negli uffici il numero delle donne raggiunse il 50%.<br />

Nei tre anni <strong>di</strong> guerra l’ inserimento massiccio delle donne nel mondo del lavoro mutò il<br />

loro stile <strong>di</strong> vita e il loro modo <strong>di</strong> pensare. Anche le donne che non lavoravono gestivano il<br />

sussi<strong>di</strong>o e si occupavano <strong>di</strong> incombenze tra<strong>di</strong>zionalmente riservate agli uomini. Tutte le<br />

donne dovettero affrontare la responsabilità <strong>di</strong> sfamare la propria famiglia in tempo <strong>di</strong><br />

guerra.<br />

Fascismo<br />

Il modello <strong>di</strong> famiglia era quello patriarcale. La legilsazione asserviva le donne agli uomini<br />

infatti le donne<br />

- erano escluse dai concorsi pubblici e dai ruoli <strong>di</strong>rettivi;<br />

- avevano un salario inferiore rispetto agli uomini o erano sostituite nel posto <strong>di</strong> lavoro da<br />

manodopera maschile a basso costo;<br />

- non potevano insegnare molte <strong>di</strong>scipline;<br />

- le studentesse universitarie pagavano tasse doppie ripsetto ai maschi.<br />

<strong>Le</strong> donne tornarono ad essere angeli del focolare. Furono promosse moltissime<br />

organizzazioni femmnili fasciste. Furono incoraggiate e premiate se aumentavano la<br />

natalità, ostacolate in caso <strong>di</strong> sterilità. I <strong>di</strong>vieti ebbero la meglio sui <strong>di</strong>ritti. In particolar<br />

modo i <strong>di</strong>vieti <strong>di</strong>:<br />

- ven<strong>di</strong>ta degli anticoncezionali;<br />

- educazione sessuale;<br />

- aborto.<br />

Seconda guerra mo<strong>di</strong>ale<br />

<strong>Le</strong> donne parteciparono alla lotta contro il nazifascismo. Organizzarono manifestazioni <strong>di</strong><br />

protesta contro la guerra e contro ciò che essa causava: povertà, fame, cattive con<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>di</strong> lavoro. Alcune delle operaie nelle fabbriche <strong>di</strong> armi sabotarono i macchinari per<br />

interrompere la produzione. Diffusero la propaganda con manifesti, riviste nazionali o<br />

locali, cercando <strong>di</strong> conquistare il maggior numero possibile <strong>di</strong> aderenti alla loro causa. Nel<br />

1934 nacque il CNL (comitato <strong>di</strong> liberazione nazionale) In seno al CNL si costituì il gruppo<br />

delle volontarie della libertà attivamente impegnate anche in ambito militare. Nel sud della<br />

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penisola le donne furono coinvolte nella lotta prima e nella ricostruzione delle città<br />

<strong>di</strong>strutte poi. Nel 1943 nacque a Roma una nuova associazione unitaria femminile, l’unione<br />

delle donne italiane (U<strong>di</strong>), che si <strong>di</strong>ffuse velocemente nel centro e nel sud della penisola<br />

Resistenza<br />

Negli anni del fascismo e dell’occupazione nazista vi furono donne che lasciarono i focolari,<br />

le gonne, i rosari, i doveri materni e si unirono alla lotta partigiana. Il loro apporto fu<br />

massiccio sin dai primi momenti della lotta partigiana arrivando fino agli ultimi giorni<br />

dell’aprile 1945, con la liberazione. Molte donne, appena conclusa la lotta, ritornarono in<br />

pieno alla loro vita familiare e <strong>di</strong> lavoro, scegliendo l’anonimato. Si può affermare che le<br />

donne che furono impegnate in compiti ausiliari nella Resistenza italiana non furono meno<br />

<strong>di</strong> un milione. Secondo le statistiche ufficiali, le cosiddette ‘partigiane combattenti’ furono<br />

circa 35 mila.<br />

Femmismo<br />

Dal 1970 al 1980 il movimento femminista occidentale si pose obiettivi rivoluzionari negli<br />

Usa, in Francia, Germania, Italia e altrove. Il via venne dato negli Usa nel 1969 dal libro <strong>di</strong><br />

Kate Millet, Sexual politics: secondo cui i rapporti tra i sessi erano rapporti <strong>di</strong> potere e il<br />

patriarcato ancora vigente era un sistema <strong>di</strong> oppressione contro le donne. Il movimento<br />

delle donne ha partecipato alla lotta per la conquista <strong>di</strong> più ampi <strong>di</strong>ritti civili.<br />

In Italia queste lotte hanno portato a:<br />

- introduzione del <strong>di</strong>vorzio nel 1970;<br />

- mo<strong>di</strong>fica del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia nel 1975;<br />

- istituzione dei consultori familiari;<br />

- legge sulle pari opportunità;<br />

- liberalizzazione dei contraccettivi;<br />

- approvazione della legge che regola l'aborto nel 1978;<br />

- costituzione dei Centri antiviolenza e Case delle donne.<br />

Figure <strong>di</strong> rilievo<br />

- Elsa Morante (1912 1985)<br />

- Natalia Ginsburg (1916 –1991)<br />

- Oriana Fallaci (1929 –2006)<br />

- Dacia Maraini (1936)<br />

- Rita <strong>Le</strong>vi- Montalcini (1909)<br />

- Margherita Hack (1922)<br />

- Renata Vigano’ (1900-1976)<br />

- Fabiola Gianotti<br />

- Maria Curatolo<br />

- Marcella Dimoz<br />

0. La mia generazion: la donna è emancipata?<br />

- Svolge un’attività lavorativa fuori <strong>di</strong> casa ma…….. la percentuale delle occupate è<br />

inferiore agli uomini.<br />

- Svolge molte attività prima riservate agli uomini ma……… spesso percepisce salari<br />

inferiori.<br />

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- Ricopre ruoli rilevanti in molti campi ma ……… in misura molto ridotta rispetto agli<br />

uomini.<br />

- Ha accesso a ruoli <strong>di</strong>rigenziali ma …….. sono poche le donne che vi pervengono.<br />

- Esistono misure <strong>di</strong> legge contro la violenza ma…….. le violenze contro le donne<br />

sono ancora numerose.<br />

8. Cronologia<br />

Nel mondo<br />

1628 - Papa Urbano VIII autorizza le suore dell'or<strong>di</strong>ne delle Orsoline e delle Agostiniane a<br />

fondare scuole femminili per ovviare "all'ignoranza delle ragazze e alla corruzione dei<br />

costumi". Negli stessi anni, la figlia adottiva <strong>di</strong> Montaigne, Marie <strong>Le</strong> Jars de Gournay (1566<br />

- 1645), scrive un Trattato sull'uguaglianza degli uomini e delle donne e uno scritto<br />

Lamenti delle dame, che inquadra la sottomessa con<strong>di</strong>zione femminile, anche nei ceti più<br />

nobili.<br />

1647 - In Inghilterra Mary Astell propone la fondazione <strong>di</strong> una università femminile<br />

(poiché alle donne non è permesso frequentare le altre, esclusivo privilegio degli uomini),<br />

la proposta però fu bocciata.<br />

1785 - Sarah Trimmer riesce a fondare delle scuole specializzate <strong>di</strong> istruzione tecnica, che<br />

trovano la loro collocazione alla luce dello sviluppo industriale della Nazione Inglese.<br />

1791 - In Francia, Olympe de Gouges prepara la "Dichiarazione dei <strong>di</strong>ritti delle donne".<br />

1832 - Ancora in Francia Marie Reine Guindorf e Désirée Véret fondano il giornale "La<br />

donna libera", redatto esclusivamente da donne.<br />

1835 - Nasce in Inghilterra il movimento detto delle "suffragette", perché chiedono che il<br />

suffragio, cioè il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> voto, sia veramente universale, esteso quin<strong>di</strong> anche alle donne.<br />

1865-70 - Due donne inglesi, dopo aver ottenuto <strong>di</strong> essere ammesse a frequentare<br />

l'Università, conseguono la laurea in me<strong>di</strong>cina.<br />

1866 - Per la prima volta in Europa, in Svezia, la donna viene ammessa al voto.<br />

1871 - Nasce in Francia "l'Unione Donne" per iniziativa <strong>di</strong> Elisabeth Dimitriev, amica <strong>di</strong><br />

Marx. E' una specie <strong>di</strong> camera del lavoro che si propone <strong>di</strong> raggruppare le donne secondo<br />

le categorie lavorative.<br />

1893 - <strong>Le</strong> donne neozelandesi conquistano il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> voto.<br />

1900 - Viene approvata in Francia una legge che permette alle donne <strong>di</strong> esercitare la<br />

professione <strong>di</strong> avvocato.<br />

1903 - Concessione del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> voto alle donne olandesi.<br />

1906 - Concessione del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> voto alle donne finlandesi.<br />

1908 - 8 marzo Incen<strong>di</strong>o in una fabbrica <strong>di</strong> Chicago: muiono 129 operaiaieiventerà il<br />

giorno della festa della donna celebrata a livelo internazionale.<br />

1909 - Concessione del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> voto alle donne norvegesi.<br />

1915 - Concessione del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> voto alle donne danesi.<br />

1917 - Concessione del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> voto alle donne sovietiche.<br />

1919-26 - Concessione del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> voto alle donne inglesi.<br />

1920 - Per la prima volta nella storia, una donna, Jean Tardy entra a far parte <strong>di</strong> un<br />

ministero, il Ministero del Lavoro.<br />

1945 - <strong>Le</strong> donne francesi conquistano il <strong>di</strong>ritto al voto.<br />

36


1947 - Viene eletta la prima donna Ministro della Francia: Madame Poins - Chapuis, che<br />

assumerà il <strong>di</strong>castero della Sanità Pubblica. Nel 1945 le francesi avevano ottenuto<br />

finalmente <strong>di</strong> andare a votare.<br />

1963 - Valentina Tereskova, russa, è la prima donna astronauta lanciata nello spazio.<br />

1966 - In<strong>di</strong>ra Gandhi <strong>di</strong>venta Primo ministro dell'In<strong>di</strong>a; il fatto desta grande stupore, mai<br />

fino ad allora, una donna aveva ricoperto questo ruolo.<br />

1969 - Golda Meir, ucraina emigrata negli Stati Uniti dalla Russia nel 1906, e stabilitasi in<br />

Palestina nel 1920, <strong>di</strong>venta Primo Ministro dello Stato <strong>di</strong> Israele.<br />

In Italia<br />

1678 - Lucrezia Cornaro, giovane <strong>di</strong> vastissima cultura (parla correntemente 6 lingue ed è<br />

stu<strong>di</strong>osa <strong>di</strong> teologia e filosofia), <strong>di</strong>venta, per incarico della Repubblica <strong>di</strong> Venezia, la prima<br />

professoressa universitaria.<br />

1758 - La bolognese Anna Moran<strong>di</strong>, occupa la cattedra <strong>di</strong> anatomia all'Università <strong>di</strong><br />

Firenze. Nei moti carbonari del 1821 si <strong>di</strong>stingueranno le donne chiamate in co<strong>di</strong>ce<br />

"giar<strong>di</strong>niere", ma si tratta soltanto <strong>di</strong> casi isolati, in generale, nelle donne si continua a<br />

vedere solo qualcuno da destinare alla cura della casa e dei figli, da tenere lontano dalle<br />

attività politiche e sociali.<br />

1889 - Viene fondato a Varese il primo sindacato femminile che <strong>di</strong>fende i <strong>di</strong>ritti delle<br />

tessitrici.<br />

1907 - Entra in vigore la prima legge sulla tutela del lavoro femminile e minorile. La prima<br />

donna italiana, la torinese Ernestina Prola, ottiene la patente per la guida automobilistica.<br />

Maria Montessori fonda, nel quartiere popolare <strong>di</strong> S. Lorenzo, a Roma, la prima "casa del<br />

bambino<br />

1908 - Anno <strong>di</strong> fondazione dell'Unione Donne <strong>di</strong> Azione Cattolica (UDACI), che cerca <strong>di</strong><br />

opporsi alla laicizzazione della scuola e <strong>di</strong> promuovere la cultura femminile.<br />

1912 - Sulla scia della <strong>Le</strong>ga Socialista, nata agli inizi del secolo, si costituisce l'Unione<br />

Nazionale delle donne socialiste. Da qualche tempo esule in Italia, Anna Michailovna<br />

Kuliscioff, a fianco <strong>di</strong> Filippo Turati, lavora per inserire la donna nella vita politica e<br />

affinchè lo Stato riconosca i suoi <strong>di</strong>ritti. Nel "Primo Congresso delle Donne Italiane", al<br />

quale parteciparono tanto le donne cattoliche quanto le socialiste, le ideologie e le mete,<br />

però, <strong>di</strong>fferiscono troppo fra loro e ciascun gruppo intraprende strade <strong>di</strong>fferenti,<br />

perseguendo obbiettivi <strong>di</strong>versi.<br />

1918 - Nasce la Gioventù Cattolica, destinata a formare le giovani dall'infanzia fino ai 30<br />

anni alla vita religiosa e sociale.<br />

1931 - Il Fascismo abolisce tutte le associazioni cattoliche e solo dopo la ferma presa <strong>di</strong><br />

posizione <strong>di</strong> Pio XI, permetterà loro <strong>di</strong> vivere a con<strong>di</strong>zione che esse abbiano solo uno<br />

scopo religioso. La seconda guerra mon<strong>di</strong>ale, assai più della prima, porterà la donna, ad<br />

occupare anche posti <strong>di</strong> grande responsabilità civile considerati fino a quel momento<br />

soltanto "maschili" ottenendo non <strong>di</strong> rado risultati anche migliori.<br />

1945 - Nascono il Centro Femminile Italiano (CIF) che si propone <strong>di</strong> ottenere la<br />

ricostruzione della Patria, devastata dalla guerra e impoverita già precedentemente dalla<br />

politica ambiziosa <strong>di</strong> Mussolini, attraverso la giusta valorizzazione delle risorse femminili, e<br />

l'Unione Donne Italiane (UDI), propaggine del Partito Comunista, che si propone <strong>di</strong><br />

coinvolgere attivamente le donne nella vita del Paese.<br />

1946 - Anche in Italia fu riconosciuto alle donne il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> voto.<br />

37


1950 - Viene emanata la prima legge che garantisce la conservazione del posto <strong>di</strong> lavoro<br />

per la lavoratrice madre.<br />

1951 - Angela Cingolani, democristiana, è la prima donna sottosegretario d'Italia.<br />

1958 - E' approvata dal Parlamento, una legge, proposta dalla senatrice Lina Merlin<br />

(socialista), in cui si sancisce la chiusura dei bordelli, la legge che aveva lo scopo <strong>di</strong><br />

eliminare dal Paese la piaga della prostituzione, mostra subito i suoi limiti, infatti la<br />

prostituzione dalle famose "case chiuse", si riversa nelle strade, non <strong>di</strong>minuendo affatto il<br />

giro <strong>di</strong> affari.<br />

1959 - Nasce il Corpo <strong>di</strong> Polizia femminile.<br />

1961 - <strong>Le</strong> donne possono intraprendere senza la carriera della magistratura e della<br />

<strong>di</strong>plomazia.<br />

1963 - Alle casalinghe viene riconosciuto il <strong>di</strong>ritto alla pensione <strong>di</strong> invali<strong>di</strong>tà e vecchiaia.<br />

1975 - Entra in vigore il nuovo Diritto <strong>di</strong> famiglia.<br />

1976 - Per la prima volta in Italia una donna, la democristiana Tina Anselmi, assume la<br />

carica <strong>di</strong> Ministro <strong>di</strong> un settore piuttosto <strong>di</strong>fficile: quello del Lavoro.<br />

1978 - Viene <strong>di</strong>sciplinato aborto e uso anticoncezionali.<br />

1979 - <strong>Le</strong>onilde Jotti (comunista) è eletta presidente della Camera dei Deputati italiana.<br />

1996 - Violenza <strong>di</strong>ritto contro la persona e non contro la morale<br />

1999 - Assegno <strong>di</strong> maternità per casalinghe e <strong>di</strong>soccupate.<br />

2001- Misure contro le violenze in relazioni familiari.<br />

9. Fonti<br />

- Blog: Citta<strong>di</strong>ni del cielo, con<strong>di</strong>zione femminile<br />

http://calimero00.splinder.com/tag/con<strong>di</strong>zione+femminile<br />

- Il cielo al femminile; le donne, la Scienza e l’Astronomia,<br />

http://italya.net/hipparcos/donne_scienza_astronomia.htm<br />

- Il crogiolo, percorsi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> e ricerche da fondere nel crogiolo della cultura…<strong>di</strong> Anna<br />

Rita Zara, http://www.panistu<strong>di</strong>.info/crogiolo/donnepr_guerramond.htm<br />

- Il ruolo delle donne nella resistenza, Lotta partigiana e inclusione nei partiti, <strong>di</strong><br />

Tiziana Bagnato, http://www.instoria.it/home/donne_resistenza.htm<br />

- La lunga marcia della citta<strong>di</strong>nanza al femminile,<br />

http://www.60annisuffragiofemminile.it/index.html<br />

- <strong>Le</strong> donne nel Rinascimento, <strong>di</strong> M. King, E<strong>di</strong>z. Laterza 1991<br />

- La con<strong>di</strong>zione della donna, A tutta scuola, http://www.atuttascuola.it/index.htm<br />

- Percorsi storici da Italia Donna, http://www.italiadonna.it/<br />

- Portale:Donne nella storia,<br />

http://it.pandape<strong>di</strong>a.com/wiki/Portale:Donne_nella_storia<br />

- Voce, Con<strong>di</strong>zione femminile, Wikipe<strong>di</strong>a,<br />

http://it.wikipe<strong>di</strong>a.org/wiki/Con<strong>di</strong>zione_femminile<br />

- Voce Femminismo Wikipe<strong>di</strong>a<br />

http://it.wikipe<strong>di</strong>a.org/wiki/Femminismo#Gli_anni_.2770<br />

38


LA SITUAZIONE DELLA DONNA<br />

TRA IL 1200 E IL 1300<br />

La donna tra il Duecento e il Trecento era controllata sempre da una figura maschile che<br />

ne governava il pensiero e l’esistenza.<br />

L’unico modo per la donna <strong>di</strong> avere una libertà completa dal dominio maschile era la vita<br />

monastica, o rimanere vedova.<br />

Infatti, solo in convento le donne avevano la possibilità <strong>di</strong> imparare a leggere e a scrivere<br />

in latino.<br />

La maggior parte dei testi femminili che sono stati elaborati in questo periodo sono quelli<br />

<strong>di</strong> monache, spesso legati all’esperienza mistica.<br />

Però la donna che <strong>di</strong>chiarava un rapporto personale quasi amoroso con la <strong>di</strong>vinità era in<br />

via <strong>di</strong> principio sospettabile <strong>di</strong> eresia; quin<strong>di</strong> la Chiesa poneva accanto alle donne dei<br />

<strong>di</strong>rettori spirituali e padri consiglieri, con la funzione <strong>di</strong> controllare e verificare; questi<br />

uomini spesso trascrivevano le parole delle donne.<br />

BEATA ANGELA DA FOLIGNO<br />

Un esempio <strong>di</strong> scrittrice mistica è Angela da Foligno (fine 1200 inizi 1300) che dettò nel<br />

suo volgare umbro, il suo “Memoriale” ad un frate (frate A).<br />

In esso Angela da Foligno descrive il suo itinerario mistico, i trenta passi che l’anima<br />

compie raggiungendo l’intima comunione con Dio.<br />

SANTA CATERINA DA SIENA<br />

Un’altra figura mistica <strong>di</strong> rilievo è Caterina Benincasa, nota come santa Caterina da Siena,<br />

famosa soprattutto per le sue lettere.<br />

<strong>Le</strong>i idealizzò ed elevò a immagini della trascendenza la passionalità, gli aspetti<br />

elementari, terreni, primor<strong>di</strong>ali e persino carnali della vita quoti<strong>di</strong>ana.<br />

Non scrisse quasi mai <strong>di</strong>rettamente le sue lettere,ma le dettò a figure maschili.<br />

Oltre all’Epistolario contenente 381 lettere scritte tra il 1370-1380, Caterina lavorò<br />

39


personalmente al Dialogo della Divina Provvidenza (1378) a carattere teologico.<br />

Il tema principale dell’Epistolario è l’amore: l’amore per Dio.<br />

ELEGIA DI MADONNA FIAMMETTA<br />

Successivamente verso il 1343 - 1344, Giovanni Boccaccio scrisse l’”Elegia <strong>di</strong> Madonna<br />

Fiammetta”.<br />

Questa opera è una lettera immaginaria mandata da Fiammetta a tutte le donne<br />

innamorate.<br />

Infatti la donna solitamente non era narratrice, ma oggetto <strong>di</strong> amore, come accadeva<br />

nelle liriche fin dal Duecento.<br />

CONTENUTO<br />

L’Elegia <strong>di</strong> Madonna Fiammetta è una lunga lettera , nella quale Fiammetta descrive la<br />

sua vicenda sentimentale.<br />

Fiammetta è una donna napoletana che si innamora <strong>di</strong> Panfilo e <strong>di</strong>venta sua amante.<br />

La vicenda si svolge in seguito alla partenza <strong>di</strong> Panfilo per Firenze.<br />

Fiammetta viene a sapere che Panfilo è sposato; poi apprende invece che è fidanzato con<br />

una fiorentina. Allora Fiammetta tenta <strong>di</strong> uccidersi pervasa dalla gelosia; ma, quando<br />

viene a sapere del ritorno <strong>di</strong> Panfilo a Napoli, ritorna a sperare.<br />

Alla fine Fiammetta auspica che il libro finisca in buone mani.<br />

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TROTULA DE RUGGIERO<br />

(1050? - ?)<br />

Fu la più famosa delle ”Mulieres Salernitanae”, Dame della Scuola Me<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> Salerno, dove<br />

la scienziata stu<strong>di</strong>ò e insegnò. <strong>Le</strong> sue teorie precorsero i tempi in molti campi tra cui quello<br />

della prevenzione e dell'igiene. Fu autrice <strong>di</strong> trattati <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina che mostrano eccezionali<br />

conoscenze in campo dermatologico, ginecologico ed ostetrico. La sua figura si inserisce<br />

nella lunga tra<strong>di</strong>zione - che attraversa l'Antichità e il Me<strong>di</strong>oevo - delle donne attive in<br />

professioni me<strong>di</strong>che. La sua eccezionalità è dovuta al fatto <strong>di</strong> aver scritto il proprio<br />

insegnamento.<br />

Biografia<br />

I dettagli della vita <strong>di</strong> Trotula sono sconosciuti. Di lei si sa che visse attorno al 1050 a<br />

Salerno, città aperta agli scambi economici e culturali con tutto il Me<strong>di</strong>terraneo, uno dei<br />

luoghi più vitali del mondo allora conosciuto. Discendeva dall'antico casato dei “de<br />

Ruggiero” e , come membro della nobiltà, ebbe la possibilità <strong>di</strong> frequentare le scuole<br />

superiori e <strong>di</strong> specializzarsi in me<strong>di</strong>cina. Non ci sono testimonianze <strong>di</strong>rette dei suoi stu<strong>di</strong>,<br />

ma <strong>di</strong>verse annotazioni si riferiscono a lei in tal senso. Sposò il me<strong>di</strong>co Giovanni Plateario<br />

da cui ebbe due figli che continuarono l'attività dei genitori. La Scuola Me<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> Salerno fu<br />

il primo centro <strong>di</strong> cultura non controllato dalla Chiesa ed è stata considerata la prima<br />

università d'Europa. Venivano tradotti dall'arabo in latino i testi <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina degli antichi<br />

scienziati greci, rendendoli nuovamente accessibili agli stu<strong>di</strong>osi occidentali. La Scuola era<br />

aperta anche alle donne che la frequentavano sia come studentesse che come insegnanti<br />

e Trotula fu uno dei suoi membri. <strong>Le</strong> sue lezioni furono incluse nel De agritu<strong>di</strong>num<br />

curatione, una raccolta degli insegnamenti <strong>di</strong> sette gran<strong>di</strong> maestri dell'università e<br />

collaborò con il marito ed i figli alla stesura del manuale <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina Practica brevis.<br />

Trotula ebbe idee innovative sotto molti aspetti: considerava che la prevenzione fosse<br />

l'aspetto principale della me<strong>di</strong>cina e propagava nuovi e insoliti meto<strong>di</strong> sottolineando<br />

l'importanza che l'igiene, l'alimentazione equilibrata e l'attività fisica rivestono per la salute.<br />

Non ricorse quasi mai all'astrologia, alla preghiera e alla magia. In caso <strong>di</strong> malattia<br />

consigliava trattamenti dolci che includevano bagni e massaggi, al posto dei meto<strong>di</strong><br />

ra<strong>di</strong>cali spesso utilizzati a quel tempo.<br />

41


I suoi consigli erano <strong>di</strong> facile applicazione e accessibili anche alle persone meno abbienti.<br />

<strong>Le</strong> sue conoscenze in campo ginecologico furono eccezionali e molte donne ricorrevano<br />

alle sue cure. Fece nuove scoperte nel campo dell'ostetricia e delle malattie sessuali. Cercò<br />

nuovi meto<strong>di</strong> per rendere il parto meno doloroso. Si occupò del problema dell'infertilità,<br />

cercandone le cause non soltanto nelle donne, ma anche negli uomini, in contrasto con le<br />

teorie me<strong>di</strong>che dell'epoca.<br />

Annotò queste scoperte nella sua opera più conosciuta il De passionibus Mulierum<br />

Curandarum (sulle malattie delle donne), <strong>di</strong>venuto successivamente famoso col nome <strong>di</strong><br />

Trotula Major, quando venne pubblicato insieme al De Ornatu Mulierum (sui<br />

cosmetici), un trattato sulle malattie della pelle e sulla loro cura, detto Trotula Minor.<br />

I due testi erano scritti in latino me<strong>di</strong>evale, una lingua <strong>di</strong>ffusa in tutta l'Europa. Il primo le<br />

fu richiesto da una nobildonna e si rivolgeva alle donne, “ché non parlano volentieri delle<br />

loro malattie agli uomini, per un sentimento <strong>di</strong> pudore”.<br />

Nel XIII secolo le idee e i trattamenti <strong>di</strong> Trotula erano conosciuti in tutta l'Europa e<br />

facevano già parte della tra<strong>di</strong>zione popolare. I suoi scritti vennero utilizzati fino al XVI<br />

secolo come testi classici presso le Scuole <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina più rinomate. Il Trotula Maior, in<br />

particolare, venne trascritto più volte nel corso del tempo subendo numerose<br />

mo<strong>di</strong>ficazioni, inoltre, come altri testi scritti da una donna, venne impropriamente<br />

attribuito ad autori <strong>di</strong> sesso maschile: ad un anonimo, al marito o ad un fantomatico<br />

me<strong>di</strong>co “Trottus”. Nel XIX secolo alcuni storici, tra cui il tedesco Karl Sudhoff, negarono la<br />

possibilità che una donna avesse potuto scrivere un'opera così importante e cancellarono<br />

la presenza <strong>di</strong> Trotula dalla storia della me<strong>di</strong>cina. La sua esistenza fu però recuperata, con<br />

gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> fine Ottocento, dagli storici italiani per i quali l'autorità <strong>di</strong> Trotula e l'autenticità<br />

delle Mulieres Salernitanae sono sempre state incontestabili.<br />

(da: http://www.universitadelledonne.it/trotula.htm)<br />

Opere<br />

• Practica brevis (manuale <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina)<br />

• De passionibus Mulierum Curandarum o Trotula Major (sulle malattie delle donne)<br />

• De Ornatu Mulierum o Trotula Minor (sui cosmetici)<br />

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Schedatura<br />

Trotula de Ruggiero, “De passionibus Mulierum Curandarum o Trotula Major”<br />

L'opera, nota anche come "Trotula Maior", è pervenuta ai nostri giorni grazie e manoscritti<br />

contenenti anche i trattati della "me<strong>di</strong>chessa" salernitana. È la sua opera più importante,<br />

nonché un manuale <strong>di</strong> ostetricia, ginecologia e puericultura. È il primo trattato sistematico<br />

<strong>di</strong> ginecologia attribuibile ad una donna, in cui i rime<strong>di</strong> e le prescrizioni, talvolta molto<br />

semplici, riguardano le malattie delle donne ed aspetti prettamente femminili come il ciclo<br />

mestruale, la gravidanza, il parto e relativi rischi e complicazioni, i <strong>di</strong>sturbi fisiologici, le<br />

malattie a carico dell'utero, l'isteria. Conteneva anche consigli e suggerimenti per<br />

malesseri degli uomini, quali il vomito, le malattie cutanee e i morsi <strong>di</strong> serpente. La<br />

trattazione risulta straor<strong>di</strong>naria anche perché, per la prima volta, un me<strong>di</strong>co donna parla<br />

esplicitamente <strong>di</strong> argomenti sessuali, senza coinvolgervi nessun accento moralistico.<br />

Accanto all'elaborazione teorica delle esperienze, nel testo si trovano numerosi esempi<br />

pratici.<br />

(da: http://www.associazioneermes.it/depassionibus.htm)<br />

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BIOGRAFIA<br />

VITTORIA COLONNA<br />

Vittoria Colonna (1490-1547), figlia <strong>di</strong> Fabrizio Colonna, uno dei più gran<strong>di</strong> capitani<br />

del suo tempo, e <strong>di</strong> Anna <strong>di</strong> Montefeltro, <strong>di</strong> una delle più antiche famiglie<br />

principesche d'Italia. A cinque anni fu promessa a Francesco d'Avalos, figlio del<br />

marchese <strong>di</strong> Pescara. A poco più <strong>di</strong> se<strong>di</strong>ci anni si sposò senza mai aver visto il suo<br />

sposo, ma per fatalità tra i due nacque un amore fortissimo che li accompagnò per<br />

tutta la durata della loro vita.Vittoria Colonna rimane nella storia per la sua virtù e la<br />

sua bellezza, tanto da ispirare poeti come Ludovico Ariosto, che nell'Orlando Furioso<br />

la paragonò alle donne più celebri della mitologia e dell'antichità. Alla morte del<br />

marito, la giovane principessa romana, soffrì a tal punto, da ritirarsi in convento a<br />

scrivere poesie.<br />

Dall'infelicità provocata dalla per<strong>di</strong>ta del suo amato scaturirono i suoi versi dolcissimi.<br />

Passò il resto della sua vita nei monasteri, cercando conforto nella fede in Dio. E'<br />

oggi ricordata per le sue raccolte <strong>di</strong> versi e per il suo comportamento esemplare in<br />

un momento storico, il Rinascimento italiano, dominato da lotte per il potere e<br />

tra<strong>di</strong>menti.<br />

OPERE<br />

• le Rime, sud<strong>di</strong>vise in Rime amorose e Rime Spirituali, ispirate allo stile <strong>di</strong><br />

Francesco Petrarca,<br />

• Pianto sulla passione <strong>di</strong> Cristo e l’Orazione sull’Ave Maria, composizioni in<br />

prosa <strong>di</strong> tema religioso.<br />

• Rime de la <strong>di</strong>uina Vittoria Colonna<br />

• <strong>Le</strong> rime spirituali della illustrissima signora Vittoria Colonna marchesana <strong>di</strong><br />

Pescara. Non piu stampate da pochissime infuori, le quali altroue corrotte, et<br />

qui corrette si leggono.<br />

• Pianto della marchesa <strong>di</strong> Pescara sopra la passione <strong>di</strong> Christo. Oratione della<br />

medesima, sopra l'Aue Maria. Oratione fatta il Vener<strong>di</strong> santo, sopra la<br />

passione <strong>di</strong> Cristo.<br />

• Sonetti in morte <strong>di</strong> Francesco Ferrante d'Avalos marchese <strong>di</strong> Pescara.<br />

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BIOGRAFIA<br />

GASPARA STAMPA<br />

Gaspara Stampa(1523-1554), la voce più autentica e spontanea della poesia italiana<br />

del se<strong>di</strong>cesimo secolo, nacque a Padova nel 1523 da una colta ma modesta famiglia<br />

<strong>di</strong> commercianti <strong>di</strong> origine milanese. Dopo la morte del padre e del fratello<br />

Baldassarre, Gaspara si meritò grande ammirazione per la sua vivacità intellettuale,<br />

per l’arte <strong>di</strong>mostrata nel canto e nella poesia, e per la straor<strong>di</strong>naria bellezza.<br />

La sua breve vita <strong>di</strong> donna libera e spregiu<strong>di</strong>cata trascorse intenso tra amori fugaci e<br />

appassionati, tra i quali dominò la tormentosa relazione d’amore, poi troncata<br />

dall’amante, che dal 1548 al 1551 la legò al conte Collaltino <strong>di</strong> Collalto.<br />

Successivamente Gaspara probabilmente soggiornò a Firenze, mentre si sa con<br />

certezza che morì suicida a Venezia nel 1554. Poco dopo la sua morte la sorella<br />

Cassandra pubblicò le oltre 300 composizioni del suo Canzoniere.<br />

OPERE<br />

<strong>Le</strong> “Rime”, un canzoniere de<strong>di</strong>cato a Giovanni della Casa, che raccoglie 311<br />

composizioni, sonetti, madrigali, canzoni, sestine e capitoli, su modello petrarchesco;<br />

una sorta <strong>di</strong> <strong>di</strong>ario lirico, espressione e strumento del suo sentimento.<br />

Il canzoniere <strong>di</strong> Gaspara Stampa non attirò l’attenzione dei contemporanei, troppo<br />

letterati per apprezzare quelle semplici rime, e poco sensibili; rimase <strong>di</strong>menticato per<br />

circa due secoli; quando fu riconsiderato venne collocato in luce alquanto falsa,<br />

poiché <strong>di</strong>pingeva una “vergine illusa, ingannata, tra<strong>di</strong>ta. Ma ora che si può leggerlo<br />

senza preconcetti sentimentalistici e moralistici, aiutati altresì dalle indagini degli<br />

eru<strong>di</strong>ti su quei circoli della società veneziana nei quali Gaspara visse la sua calda e<br />

rapida vita d’arte e <strong>di</strong> amore, ha ripreso le genuine sembianze e piace in quello che<br />

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vuol essere ed è: non già alta poesia, ma, come si è detto, un epistolario o un <strong>di</strong>ario<br />

d’amore.” Nei suoi versi Gaspara confessò l’esaltazione dei momenti felici e mise a<br />

nudo le ansie e i turbamenti dell’animo, scosso dai fremiti della gelosia e del<br />

sospetto, che si trasformò in dolorosa certezza nel momento dell’abbandono<br />

definitivo.<br />

La struttura <strong>di</strong> questo <strong>di</strong>ario d’amore è <strong>di</strong>chiaratamente petrarchesca: il canzoniere si<br />

apre con un sonetto proemiale, Voi, ch’ascoltate in queste meste rime, e si chiude<br />

con una poesia <strong>di</strong> pentimento. <strong>Le</strong> citazioni dal Petrarca sono innumerevoli, ma la<br />

Stampa non riesce a dominare lo stile e adopera il lessico e i moduli petrarcheschi in<br />

modo superficiale ed ingenuo, fermandosi ad un’imitazione.<br />

Ciò che conferisce grande fascino ai suoi versi sono gli accenti <strong>di</strong> autentica<br />

drammaticità. Questa umanità è resa più intensa, in alcuni momenti, quando la<br />

poetessa descrive il suo stato <strong>di</strong> cortigiana, non protetta dal matrimonio o da una<br />

con<strong>di</strong>zione socialmente accettata; tuttavia la confessione dei sentimenti e dei rancori,<br />

nuoce alla riuscita stilistica, perché ostacola il pieno controllo degli strumenti<br />

espressivi e danneggia l’equilibrio formale.<br />

Nel modello petrarchesco, tuttavia, la Stampa si <strong>di</strong>stingue per la sincerità nuova che<br />

vince ogni retorica e la spinge a rivelare un mondo interiore femminile mai<br />

confessato prima con tanto coraggio; lampi <strong>di</strong> desiderio e <strong>di</strong> passione, colloqui<br />

ardenti, soliloqui <strong>di</strong>sperati, abbandono <strong>di</strong> se stessa alla passione, gioie, abbattimento<br />

e struggimento.<br />

Di particolare interesse, poi, i componimenti nei quali riven<strong>di</strong>ca la proprio autonomia<br />

<strong>di</strong> scrittrice, il <strong>di</strong>ritto ad avere una propria libertà d’espressione e <strong>di</strong> sofferenza per<br />

amore, la sfida verso la società e il destino.<br />

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ISABELLA MORRA<br />

TITOLO: Sotto un cielo piccolo<br />

AUTORE: Domenico Mancusi<br />

CASA EDITRICE E ANNO DI PUBBLICAZIONE: Pianeta Libro E<strong>di</strong>tori, 1999.<br />

TRAMA: Nella famiglia Morra, residente in un castello <strong>di</strong> Favale, accadono continue<br />

<strong>di</strong>sgrazie. Giovan Michele parte per una spe<strong>di</strong>zione militare lasciando la moglie<br />

gravida del piccolo Camillo e lei stessa perde il senno: aspetta <strong>di</strong> parlare con la<br />

Madonna nel mastio del castello, si fa curare da una strega e incolpa i propri figli e<br />

Giu<strong>di</strong>tta <strong>di</strong> incarnare il <strong>di</strong>avolo. Intanto i fratelli Morra senza il controllo <strong>di</strong> una figura<br />

paterna crescono come villani, violentatori, molestatori e ladri, mentre accanto ad<br />

essi fiorisce una creatura in silenzio, tra le rime, i fogli e le penne <strong>di</strong> pica, Isabella. Di<br />

quest’ultima si <strong>di</strong>ceva che avesse una relazione con don Diego <strong>di</strong> Sandoval e con lui<br />

avesse ignobilmente perso la sua verginità. I fratelli, soprattutto Cesare, vollero<br />

credere al popolo, e dopo averle tarpato le ali per tutta la vita proibendole <strong>di</strong> uscire<br />

dal castello, quando la bella fanciulla scappò uccisero sia Teodoro, incolpato <strong>di</strong> averla<br />

messa in contatto con il conte, sia la stessa Isabella, che finalmente si liberò dalle<br />

catene della vita.<br />

SPAZIO E TEMPO NELLA VICENDA: Favale, in Basilicata nel XVI secolo.<br />

PERSONAGGI: Giu<strong>di</strong>tta, donna <strong>di</strong> sangue moro, governante della famiglia Morra,<br />

testimone della vicenda, e Teodoro suo marito. Giovan Michele Morra, signore della<br />

casa e donna Luisa, madre degli spregevoli fratelli Morra: Marcantonio, Cesare,<br />

Decio, Fabio; Camillo, che all’età <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci anni riesce a salvare la sua infanzia<br />

crescendo lontano dalla sua “famiglia”;la brutta Porzia e Isabella, fanciulla mesta,<br />

dolce e leggiadra, ingenua sirena, padrona <strong>di</strong> parole.<br />

COMMENTO: La storia ci viene raccontata da uno dei personaggi, ovvero la mora<br />

Giu<strong>di</strong>tta, che, nonostante presenti dettagliatamente il contesto storico della vicenda e<br />

i tremen<strong>di</strong> eventi che si susseguivano, focalizza il racconto soprattutto su Isabella<br />

Morra, la quale cresce pura nell’impu<strong>di</strong>cizia del castello e dei fratelli. Ella viene<br />

segregata nella <strong>di</strong>mora per tutta la sua vita, senza conoscere mano d’uomo, se non<br />

la sfuggente passione regalatale da don Diego Santoval. Isabella trovò la sua unica<br />

<strong>di</strong>strazione nella scrittura, che riusciva ad allargare i brevi confini delle mura <strong>di</strong> quella<br />

prigione da cui avrebbe voluto fuggire con ogni mezzo. Soprattutto riusciva a domare<br />

le sue passioni con la sola forza della penna <strong>di</strong> pica, ad immaginare una felicità che<br />

non poteva raggiungere, ad inventarsi una vita, ad affrontare l’incombente<br />

struggimento che la portò quasi al suici<strong>di</strong>o. Grazie la lettura poteva rincorrere una<br />

farfalla sul prato o rotolarsi sui ver<strong>di</strong> licheni, avere contatti con il mondo esterno, che<br />

poteva vedere solo dalla bifora della sua camera. “I desideri mai sopiti, sguar<strong>di</strong><br />

sognati <strong>di</strong> principi e nobiluomini, apprezzamenti e lusinghe <strong>di</strong> cerimonieri”<br />

<strong>di</strong>ventarono poi soggetti delle sue rime.<br />

47


ELENA LUCREZIA CORNARO PISCOPIA<br />

(1646-1684)<br />

Elena Cornaro Piscopia è famosa per essere stata la prima donna a laurearsi nel mondo:<br />

conseguì la laurea in filosofia all’Università <strong>di</strong> Padova il 25 giugno 1678.<br />

Biografia<br />

Elena nacque a Venezia, presso una nobile famiglia, il 5 giugno 1646, quinta figlia<br />

<strong>di</strong> Giovanni Battista Cornaro Piscopia, procuratore <strong>di</strong> San Marco, cultore delle lettere e<br />

delle scienze. Casa Cornaro era un luogo <strong>di</strong> incontro per dotti e scienziati. Il bisnonno <strong>di</strong><br />

Elena, Giacomo Alvise, era stato legato a Galileo Galilei da una profonda amicizia; la sua<br />

biblioteca, ere<strong>di</strong>tata da Giovanni Battista e frequentata da Elena per i suoi stu<strong>di</strong>,<br />

raccoglieva numerose opere scientifiche <strong>di</strong> ispirazione galileiana. A soli 11 anni Elena fece<br />

voto <strong>di</strong> castità, <strong>di</strong>ventando suora laica dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> San Benedetto.<br />

Il padre, pur andando controcorrente rispetto alla mentalità <strong>di</strong> allora contraria all’educazione<br />

femminile, decise <strong>di</strong> avviare la figlia, anche per sod<strong>di</strong>sfare le proprie<br />

ambizioni, agli stu<strong>di</strong> classici. Elena imparò dunque il latino,il greco, l’ebraico, apprese il<br />

francese e lo spagnolo e si occupò <strong>di</strong> matematica e astronomia. A partire dal 1668 Elena si<br />

de<strong>di</strong>cò poi alla filosofia aristotelica aperta e orientata alla lettura <strong>di</strong>retta dei fenomeni per<br />

interpretare la natura. Elena stu<strong>di</strong>ava per sod<strong>di</strong>sfare il proprio desiderio <strong>di</strong> conoscenza, ma<br />

volendo assecondare il padre accettò <strong>di</strong> essere presentata al Collegio dell' Università <strong>di</strong><br />

Padova per ottenere la laurea in teologia. Per l'opposizione <strong>di</strong> alcuni alti prelati che non<br />

ritenevano proponibile un tale titolo per una donna, le venne concesso <strong>di</strong> presentarsi per<br />

la laurea in filosofia.<br />

Nel 1678, prima donna, ottenne la laurea in filosofia presso l’Università <strong>di</strong> Padova.<br />

Il 9 luglio dello stesso anno Elena fu aggregata al Collegio dei filosofi e me<strong>di</strong>ci<br />

dell’Università; il 15 del medesimo mese partecipò alla seduta solenne organizzata<br />

dall’Accademia dei Ricoverati <strong>di</strong> Padova, cui era stata aggregata nel 1669, per celebrare la<br />

sua laurea.<br />

48


L’anno successivo Elena si trasferì definitivamente da Venezia a Padova: qui poté de<strong>di</strong>carsi<br />

esclusivamente alle sue ricerche, oltre che ad opere <strong>di</strong> pietà e beneficenza.<br />

Negli ultimi anni decise <strong>di</strong> de<strong>di</strong>care la propria vita all'assistenza dei bisognosi vestendo<br />

l'abito delle oblate benedettine. Morì a Padova nel 1684 e fu sepolta nella chiesa <strong>di</strong> Santa<br />

Giustina a Padova. I suoi scritti pubblicati a Parma nel 1688, includono <strong>di</strong>scorsi accademici,<br />

traduzioni e trattati.<br />

La ricordano una statua nell'Università <strong>di</strong> Padova e una vetrata colorata nell'Università <strong>di</strong><br />

Vassar negli Stati Uniti.<br />

(da: http://scienzaa2voci.unibo.it/scheda.asp?scheda_id=199)<br />

Opere<br />

• Elogi latinamente scritti d’alcuni illustri Italiani<br />

• <strong>Le</strong>ttera ovvero Colloquio <strong>di</strong> Christo all’anima devota<br />

• <strong>Le</strong>ttere latine<br />

• Discorsi accademici in lingua volgare<br />

Cosa <strong>di</strong>cono <strong>di</strong> lei<br />

«Stu<strong>di</strong>ò le lingue greca, latina, ebraica, spagnola, francese, ed un poco l’arabica. Conobbe<br />

la filosofia, la matematica, la teologia, l’astronomia, e fu laureata nel duomo <strong>di</strong> Padova nel<br />

1678. Fu dotta altresì nella musica, e s’accompagnava cantando i suoi versi.<br />

Va annoverata fra le più illustri donne Italiane […]»<br />

[Canonici Fachini]<br />

49


BIOGRAFIA<br />

PETRONILLA PAOLINI MASSIMI<br />

Petronilla Paolini Massimi (1663-1726) nacque a Tagliacozzo e morì a Roma.<br />

Costretta dal marito, molto più vecchio <strong>di</strong> lei, a ritirarsi in convento, si de<strong>di</strong>cò alla<br />

poesia. Venne ammessa in Arca<strong>di</strong>a con il nome <strong>di</strong> Fidalma Partenide, e neanche<br />

trentenne, dopo che il marito le aveva sottratto con la forza calamaio, penna, libri e<br />

tavolo, decide <strong>di</strong> lasciare la sua casa e <strong>di</strong> tornare nel convento dov’è cresciuta, dove<br />

l’attende ancora la madre, Silvia Argoli. Abbandona i figli, tre maschi: sono<br />

giovanissimi, ma la donna già nota con terrore, nei oro occhi e nei loro gesti, una<br />

minacciosa somiglianza con il marito. Depredata della libertà fisica e <strong>di</strong> ogni felicità,<br />

la sua esistenza è una strenua lotta per un’unica ragione <strong>di</strong> vita: la scrittura.<br />

OPERE<br />

Scrisse liriche che furono incluse nelle “Rime degli arca<strong>di</strong>”, ma anche drammi per<br />

musica, orazioni sacre e una riduzione in ottave <strong>di</strong> un canto dell’ “Italia liberata dai<br />

goti”.<br />

“Io scrivo, scrivo sul serio. Imprimo me stessa nella carta. Scrivo per liberarmi, per<br />

essere. E per scrivere sono <strong>di</strong>sposta a tutto. Per scrivere ho compiuto l’abominio<br />

peggiore, quello che persino le belve rifuggono”.<br />

50


LAURA MARIA CATERINA BASSI<br />

(1711-1778)<br />

È famosa per essere stata la seconda donna al mondo a conseguire una laura e la prima<br />

ad ottenere una cattedra universitaria<br />

ATTIVITA’ E …<br />

Nel 1732 in Palazzo Pubblico <strong>di</strong>battè 49 tesi: 6 in logica, 16 in metafisica, 18 in fisica e 9<br />

su De anima , che le valgono la "laureazione".<br />

Sostenne <strong>di</strong>spute successive su temi specifici della meccanica celeste dei "Principia",<br />

davanti a dotti stranieri.<br />

Tenne nel <strong>di</strong>cembre del 1732 la sua prima lezione <strong>di</strong> filosofia pressol'Archiginnasio.<br />

Nel 1745 ottenne uno dei 25 posti dell'Accademia delle Scienze <strong>di</strong> Bologna.<br />

Nel 1776 ottenne la cattedra <strong>di</strong> fisica, con corsi <strong>di</strong> fisica sperimentale, e si pro<strong>di</strong>gò per il<br />

sostegno del gabinetto <strong>di</strong> fisica dell'univerisità.<br />

...OPERE<br />

De problemate quodam hidrometrico<br />

De problemate quodam mechanico<br />

51


De aeris compressione<br />

Tra il 1746 e il 1777 Laura Bassi certamente presentò parecchie altre memorie in<br />

Accademia, delle quali sono sopravvissuti i titoli:<br />

Sopra le bollicelle che si osservano ne' flui<strong>di</strong> sgravandosi dalla pressione dell'aria, letta il<br />

27 aprile 1747.<br />

Sopra le bolle dell'aria che si eccitano ne' flui<strong>di</strong>, letta il 25 aprile 1748.<br />

Sopra alcune esperienze <strong>di</strong> elettricità, letta nel marzo del 1761.<br />

Appunti <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> trattazioni scientifiche, Biblioteca Archiginnasio, Bologna, Fondo Bassi,<br />

cart. 1, fasc. 2.<br />

BIOGRAFIA<br />

Naque a Bologna nel 1711 in una famiglia d elevata cultura,tanto che la sua casa fu punto<br />

<strong>di</strong> riferimento per l’ “intellighentia” bolognese, figlia <strong>di</strong> avvocato, ricevette un'educazione<br />

privata, in quanto all'epoca era praticamente impossibile per una donna frequentare<br />

l'Università. Bambina pro<strong>di</strong>gio, ricevette un'istruzione in matematica, filosofia, anatomia,<br />

storia naturale e lingue da Gaetano Tacconi, professore <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina all'Università <strong>di</strong><br />

Bologna.<br />

Si laureò nel 1732 in filosofia,presso l’Università <strong>di</strong> bologna e le fu garantito un sussi<strong>di</strong>o<br />

economico per continuare gli stu<strong>di</strong>.<br />

Il senato accademico, le assegnò successivamente una cattedra per l’insegnamento della<br />

fisica presso la Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina dell’Università <strong>di</strong> Bologna<br />

Nel 1738 si sposò con il me<strong>di</strong>co e fisico Giuseppe Veratti, con il quale ebbe 8 figli.Il<br />

matrimonio facilitò la sua carriera. In quanto donna, fino ad allora aveva incontrato<br />

numerose <strong>di</strong>fficoltà. Ad esempio poteva tenere lezioni pubbliche soltanto con il consenso<br />

del Senato accademico.<br />

Si occupò soprattutto <strong>di</strong> fisica con stu<strong>di</strong> relativi alla meccanica e all’idraulica,<strong>di</strong>venendo una<br />

grandesostenitrice della fisica newtoniana quando questa in Italia era ancora poco<br />

conosciuta.<br />

Nel 1749 inaugurò un laboratorio privato che <strong>di</strong>venne famoso in tutta l'Europa e accolse<br />

celebri scienziati e giovani destinati a <strong>di</strong>ventare famosi.<br />

Soltanto nel 1776 il senato bolognese le conferì la cattedra <strong>di</strong> fisica sperimentale presso<br />

l'Istituto<strong>di</strong> <strong>di</strong> fisica dell’Università <strong>di</strong> Bologna, il ruolo <strong>di</strong> assistente toccò al marito.<br />

Nonostante il suo intenso lavoro all'università, ebbe 8 figli. Fu in contatto con i più<br />

importanti stu<strong>di</strong>osi del suo tempo, da Volta a Voltaire, e illustri personaggi dell'epoca - <strong>di</strong><br />

passaggio per Bologna - vollero conoscerla.<br />

52


Era <strong>di</strong>fficile per una donna, anche nell'epoca dei Lumi, essere al tempo stesso scienziato,<br />

professore, figura eminente del mondo culturale, madre e moglie. Dovette subire<br />

numerose accuse, che andavano dalle critiche scientifiche ai pettegolezzi personali, e<br />

all'obiezione che, per curare la famiglia, aveva trascurato le pubblicazioni.<br />

Ma le <strong>di</strong>ssertazioni <strong>di</strong> Laura Bassi, conservate all'Accademia delle Scienze <strong>di</strong> Bologna (una<br />

<strong>di</strong> chimica, tre<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> fisica, un<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> idraulica, due <strong>di</strong> matematica, una <strong>di</strong> meccanica e una<br />

<strong>di</strong> tecnologia) rimangono a testimoniare il ruolo <strong>di</strong> questa stu<strong>di</strong>osa nella <strong>di</strong>scussione<br />

cientifica del suo tempo. Nonostante il suo notevole contributo all’introduzione della fisica<br />

newtoniana in Italia, fu considerata più per l’eccezionalità del suo caso che per il suo<br />

grande valore. <strong>Le</strong> figure maschili che l’hanno sostenuta sono stati il padre, il maestro, il<br />

marito, ma soprattutto Prospero Lambertini, Car<strong>di</strong>nale, Arcivescovo, ed infine Pontefice<br />

con il nome <strong>di</strong> Benedetto XIV.<br />

Cosa <strong>di</strong>cono <strong>di</strong> lei<br />

Francesco Algarotti, l'autore del Newtonianesimo per le dame (1737), nella canzone Non la<br />

<strong>Le</strong>sboa (1732), presenta Laura Bassi quale ottima conoscitrice del sistema newtoniano,<br />

dalle orbite agli astri alla spiegazione delle maree, alla teoria della luce e dei colori:<br />

Ricca miniera<br />

Inesauribile<br />

Di nuovo, oltremarino, alto saper,<br />

O del Sol corra,<br />

O de l'argentea<br />

Luna i ritorti, fulgi<strong>di</strong> sentier,<br />

O de l'Oceano<br />

L'infaticabile<br />

E sinuoso spieghi alterno error,<br />

O de l'aurata<br />

Luce settemplice<br />

I varioardenti, e misti almi color;<br />

Qual da le Cattedre<br />

Alte britanniche<br />

Il venerando Vecchio u<strong>di</strong>asi un dì,<br />

E da Sua bocca<br />

Prendea natura, onde i sacri tesori<br />

Egli ne aprì.<br />

53


[F. Algarotti, Rime per la famosa laureazione ed acclamatissima aggregazione al Collegio<br />

filosofico della ill.ma ed ecc.ma sig.ra Laura Maria Catterina Bassi, Bologna, L. dalla Volpe,<br />

1732, pp. 23-4.]<br />

L'illustre allievo, Lazzaro Spallanzani, dopo la sua morte ne parlava come della «mia<br />

venerata Maestra, <strong>di</strong> cui sarò sempre ricordevole sinché avrò spirito e vita, <strong>di</strong>re potendo<br />

con verità che quel pochissimo ch'io so, lo debbo in origine ai savj insegnamenti <strong>di</strong> <strong>Le</strong>i».<br />

[cit.in Cavazza, 2006, p. 75]<br />

http://www.giro<strong>di</strong>vite.it/<br />

http://www.imss.fi.it/milleanni/cronologia/biografie/bassil.html<br />

http://leonardodavinci.csa.fi.it/rapp-esterni/sett-cultura/nona/math-donne/sette_2.htm<br />

http://it.wikipe<strong>di</strong>a.org/wiki/Laura_Bassi<br />

54


E’ FAMOSA PER:<br />

MARIA GAETANA AGNESI<br />

(1718-1799)<br />

un testo sull’analisi infinitesimale “istituzioni analitiche per uso della gioventù italiana” il<br />

primo testo pubblicato da un donna e con un grande valore matematico; e per una curva<br />

geometrica: la versiera <strong>di</strong> Agnesi<br />

BIOGRAFIA<br />

Maria Gaetana Agnesi nacque nel 1718 a Milano da una ricca e colta famiglia. Era la<br />

primogenita <strong>di</strong> 21 figli. Sin dalla prima infanzia mostrò <strong>di</strong> essere dotata <strong>di</strong> grande<br />

intelligenza e <strong>di</strong> una propensione per le lingue straniere.<br />

Il padre, Pietro Agnesi, professore <strong>di</strong> matematica all’università <strong>di</strong> Bologna, riconoscendo il<br />

talento della figlia decise <strong>di</strong> darle un’ istruzione, facendola accompagnare dai migliori<br />

tutori. Così ben presto <strong>di</strong>ventò un bambina pro<strong>di</strong>gio. Per le sue doti linguistiche venne<br />

chiamata “oracolo sette lingue”, in quanto conosceva sette lingue: italiano, francese,<br />

tedesco, latino, greco, spagnolo e ebraico.<br />

Da adolescente si avvicinò alla filosofia e alla matematica, per le quali aveva sempre avuto<br />

una propensione; stu<strong>di</strong>ò “gli elementi” <strong>di</strong> Euclide, logica, metafisica e fisica.<br />

A 17 anni scrisse il suo primo testo, un commento sull’analisi delle sezioni coniche del<br />

matematico francese L'Hôpital, “Traité Analytique des Sections Coniques” .<br />

Nel salotto <strong>di</strong> casa Agnesi c’erano gli incontri dei più gran<strong>di</strong> luminari e lei ne faceva parte<br />

per volere del padre, impegnando gli ospiti in <strong>di</strong>scussioni matematiche o filosofiche, sulla<br />

base delle quali scrisse un secondo lavoro Propositiones philosophicae, una raccolta <strong>di</strong> 191<br />

tesi sulla filosofia, matematica e scienze naturali, tratto dalle <strong>di</strong>scussioni che si tenevano<br />

nel salotto della sua casa. In molti <strong>di</strong> questi saggi ha espresso la sua convinzione che le<br />

donne dovessero essere istruite.<br />

Dopo la morte della madre,voleva prendere i voti ma il padre glielo impedì; decise <strong>di</strong><br />

ritirarsi comunque dalla vita pubblica per de<strong>di</strong>carsi esclusivamente all’ algebra e alla<br />

geometria.<br />

A 22 anni, Maria Gaetana iniziò un periodo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> in collaborazione con padre Ramiro<br />

Rampinelli, professore <strong>di</strong> fisica e matematica a Milano nel monastero degli Olivetani <strong>di</strong> San<br />

55


Vittore e pioniere della matematica analitica. Così cominciò il suo lavoro più importante “le<br />

Istituzioni Analitiche”. Il successo del libro e la scoperta <strong>di</strong> una curva geometrica, la<br />

versiera, le fecero avere un posto all’università <strong>di</strong> Bologna, che però fu accettato da Maria<br />

Gaetana ma non svolgerà mai il suo incarico .<br />

Alla morte del padre abbandonò completamente i suoi lavori matematici e si de<strong>di</strong>ca alla<br />

gente povera, i senza tetto, gli infermi e le donne e allo stu<strong>di</strong>o delle sacre scritture, in<br />

quanto donna molto religiosa.<br />

All’inizio si adoperò come infermiera nella sua casa vendendo tutti i suoi averi per ricavare<br />

i sol<strong>di</strong> per aiutare i poveri.<br />

Poi finalmente, grazie ad una donazione del principe Don Antonio Tolomeo Trivulzi, nel<br />

1771, venne istituito a Milano il Pio Albergo Trivulzio, e il car<strong>di</strong>nale Giuseppe Pozzobonelli<br />

invitò Maria Gaetana a ricoprire la carica <strong>di</strong> Visitatrice e Direttrice delle Donne<br />

specialmente inferme. Successivamente nel 1783 si trasferì al Pio Albergo, in qualità <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>rettrice.<br />

Fece anche opere <strong>di</strong> catechismo in quanto aveva gran<strong>di</strong> conoscenze teologiche.<br />

Morì il 9 gennaio 1799.<br />

OPERE E SCOPERTE:<br />

• commento sull’analisi delle sezioni coniche del matematico francese L'Hôpital,<br />

“Traité Analytique des Sections Coniques” (1735)<br />

• Propositiones philosophicae, una raccolta <strong>di</strong> 191 tesi sulla filosofia, matematica e<br />

scienze naturali, tratto dalle <strong>di</strong>scussioni che si tenevano nel salotto della sua casa<br />

(1738)<br />

• le Istituzioni Analitiche per uso della gioventù italiana (1748)<br />

• “Versiera <strong>di</strong> Agnesi”<br />

56


MARIA GAETANA AGNESI,<br />

“ISTITUZIONI ANALITICHE PER USO DELLA GIOVENTU’ ITALIANA”<br />

TITOLO: istituzioni analitiche per uso della gioventù italiana<br />

AUTORE: Maria Gaetana Agnesi<br />

ANNO PUBLICAZIONE: 1748<br />

ARGOMENTI TRATTATI: calcolo <strong>di</strong>fferenziale e calcolo integrale.<br />

Fu il primo testo <strong>di</strong> matematica pubblicato da una donna.<br />

È il primo e l'unico lavoro completo sull'analisi infinitesimale, scritto in italiano e non in<br />

latino, con uno stile semplice.<br />

Tratta i principi dell’algebra, della geometria analitica e del calcolo infinitesimale in termini<br />

puramente geometrici.<br />

La prima sezione espone l'analisi <strong>di</strong> quantità limitate; tratta anche <strong>di</strong> problemi elementari<br />

<strong>di</strong> massimi, minimi, tangenti, e punti del flesso.<br />

La seconda sezione <strong>di</strong>scute sull'analisi <strong>di</strong> quantità infinitamente piccole.<br />

La terza sezione tratta del calcolo integrale.<br />

L'ultima sezione tratta delle equazioni <strong>di</strong>fferenziali.<br />

Quando il suo lavoro è stato pubblicato ha causato una profonda sensibilità nel mondo<br />

accademico. Il grande contributo <strong>di</strong> Maria Gaetana Agnesi era quello <strong>di</strong> aver riunito i lavori<br />

<strong>di</strong> vari matematici in maniera molto sistematica con interpretazioni proprie. Il suo libro è<br />

<strong>di</strong>venuto, quin<strong>di</strong>, un modello <strong>di</strong> chiarezza, fu largamente tradotto ed usato come un<br />

manuale.<br />

57


MARIA GAETANA AGNESI “LA VERSIERA DI AGNESI”<br />

TITOLO: versiera <strong>di</strong> Agnesi. Il titolo è stato molto <strong>di</strong>battuto, in quanto una forse errata<br />

traduzione inglese definisce questa curva “Witch of Agnesi”, la strega <strong>di</strong> Agnesi.<br />

AUTORE: Maria Gaetana Agnesi<br />

ARGOMENTI TRATTATI: curva geometrica.<br />

La versiera è una curva cubica del piano, costruibile attraverso proce<strong>di</strong>menti geometrici<br />

elementari, caratterizzata da una forma a campana, simile a quella della <strong>di</strong>stribuzione<br />

gaussiana. Per costruirla, data un circonferenza <strong>di</strong> centro (0,a) e una retta t <strong>di</strong> equazione y<br />

= 2a tangente al cerchio nel punto (0,2a), e un fascio <strong>di</strong> rette passanti per l'origine degli<br />

assi, la versiera è il luogo dei punti che hanno: come ascissa, l'ascissa dell'altro punto A <strong>di</strong><br />

intersezione <strong>di</strong> una retta del fascio con la circonferenza; come or<strong>di</strong>nata, l'or<strong>di</strong>nata del<br />

punto <strong>di</strong> intersezione della stessa retta con la tangente t.<br />

Applicando la costruzione sopra descritta, l'equazione cartesiana della curva è:<br />

L'equazione parametrica è invece:<br />

.<br />

dove θ è l'angolo formato dalla retta del fascio con l'asse delle or<strong>di</strong>nate.<br />

Essa era una curva originalmente stu<strong>di</strong>ata da P. Fermat.<br />

COSA DICONO DI LEI:<br />

Stupitevi piuttosto, che con saper profondo. Prodotto abbia una donna un sì gran libro al<br />

mondo.<br />

È italiana l’autrice, signor, non è olandese, donna illustre, sapiente, che onora il suo<br />

paese;ma se trovansi altrove scarsi i seguaci suoi, ammirasi il gran libro, e stu<strong>di</strong>asi da noi»<br />

[Goldoni, 1827, pp. 230-231]<br />

58


BIOGRAFIA:<br />

GRAZIA DELEDDA<br />

Grazia Deledda nasce a Nuoro, in Sardegna, il 27 settembre del 1871 da una famiglia<br />

borghese e acculturata: suo padre era un impren<strong>di</strong>tore e fu anche sindaco <strong>di</strong> Nuoro, sua<br />

madre era un donna religiosissima e per questo educò i suoi figli con estremo rigore<br />

morale. Il padre, benestante, dopo la scuola elementare — unica istruzione formale<br />

ricevuta dalla scrittrice — assume un istruttore per guidare la ragazza nello stu<strong>di</strong>o<br />

dell’italiano e del francese. Venne seguita privatamente, poiché a quel tempo alle donne<br />

non era consentita un'istruzione completa; successivamente approfondì, da auto<strong>di</strong>datta, gli<br />

stu<strong>di</strong> letterari. Inizia a scrivere giovanissima, pubblica la sua prima novella a quin<strong>di</strong>ci anni.<br />

Tuttavia le sue ambizioni letterarie vengono duramente ostacolate in famiglia e criticate<br />

dalla società nuorese. Ma Grazia non si scoraggia: invia le sue novelle a puntate,<br />

abbandona a poco a poco lo stile approssimativo e <strong>di</strong>alettale, approfon<strong>di</strong>sce lo stu<strong>di</strong>o dei<br />

caratteri dei suoi personaggi e soprattutto inizia a formarsi come attentissima osservatrice<br />

della natura che la circonda e dei costumi <strong>di</strong> tutta la Sardegna. Il suo stile comincia a<br />

personalizzarsi. Nel 1926 ricevette il premio Nobel per la letteratura. Muore a Roma il 15<br />

agosto del 1936.<br />

OPERE:<br />

• Fior <strong>di</strong> Sardegna (1892)<br />

• <strong>Le</strong> vie del male (1892)<br />

• Racconti sar<strong>di</strong> (1895)<br />

• Anime oneste (1895)<br />

• Elias Portolu (1903)<br />

• Cenere (1904)<br />

• Nostalgie (1905)<br />

• L'edera (1906)<br />

• Canne al vento (1913)<br />

• Marianna Sirca (1915)<br />

• La madre (1920)<br />

• La fuga in Egitto (1925)<br />

• Il sigillo d'amore (1926)<br />

• Cosima (1937)<br />

• Il cedro del Libano (1939)<br />

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SCHEDATURA<br />

TITOLO : Canne al Vento<br />

AUTORE : Grazia Deledda<br />

PERSONAGGI : Efix, servo della famiglia Pintor, da sempre è un uomo molto fedele; le<br />

dame Pintor, 4 nobili sorelle cadute in rovina: Ester, Ruth, Noemi, donna fredda e decisa e<br />

Lia la più giovane e ribelle; Giacinto, figlio <strong>di</strong> Lia, è un ragazzo con il vizio del gioco; Don<br />

Zame è il padre delle donne, uomo severo e brusco; Don Predu, è il cugino ricco delle<br />

dame, e molti altri personaggi secondari contribuiscono allo svolgimento della storia.<br />

SPAZIO : Sardegna<br />

TEMPO : fine ‘800 inizi ‘900.<br />

LINGUAGGIO : I personaggi si esprimono tra loro con un linguaggio quoti<strong>di</strong>ano senza<br />

preoccuparsi <strong>di</strong> essere sgrammaticati. Spesso sono inserite espressioni del <strong>di</strong>aletto sardo<br />

per vivacizzare la narrazione.<br />

TRAMA :<br />

Canne al vento fu pubblicato in volume nell' Aprile del 1913 presso l'e<strong>di</strong>tore Treves <strong>di</strong><br />

Milano.Il titolo del romanzo più famoso <strong>di</strong> Grazia Deledda allude al tema profondo della<br />

fragilità umana e del dolore dell'esistenza. Il romanzo narra la vicenda del servo Efix che,<br />

legato profondamente alle sorelle Pintor - nobili cadute in miseria dopo la morte del padre<br />

- coltiva un poderetto, ultima rimanenza <strong>di</strong> un vasto patrimonio e loro unica fonte <strong>di</strong><br />

red<strong>di</strong>to. In un villaggio sardo, non lontano dalla costa, vive la nobile famiglia Pintor: padre<br />

madre e quattro figlie. Il padre, Don Zame, è rappresentato rosso e violento come il<br />

<strong>di</strong>avolo, un uomo superbo e orgoglioso, ma anche prepotente e soprattutto geloso<br />

dell'onore della famiglia della quale protegge il prestigio e la nobile reputazione nel paese.<br />

A questa con<strong>di</strong>zione familiare si ribella solo la figlia più piccola, Lia, la quale trasgredendo<br />

le regole imposte dal padre fugge sulla penisola. Approda a Civitavecchia. Qui si sposa, ha<br />

un figlio e muore. Don Zame sembra impazzire per lo scandalo e mentre tenta <strong>di</strong> inseguire<br />

la figlia viene trovato misteriosamente morto sul ponte all'uscita dal paese. Il fatto<br />

criminoso resterà avvolto in una sorta <strong>di</strong> mistero. Dopo la misteriosa morte del padre, le<br />

tre sorelle sono protette dalla de<strong>di</strong>zione del servo Efix, legato a loro da un forte senso <strong>di</strong><br />

colpa. Egli sogna, con pazienza e devozione, il rifiorire della casa e della famiglia. Una<br />

speranza si accende con l'arrivo <strong>di</strong> Giacinto che porterà non solo <strong>di</strong>sgui<strong>di</strong> ma ulteriori<br />

<strong>di</strong>sgrazie alla famiglia. La scrittrice mette in risalto le numerose e profonde riflessioni del<br />

servo e il suo mondo interiore comprese le sue fantasie. Minuziosamente sono descritti gli<br />

interni della casa, il paesaggio, i santuari e le feste,l'amore <strong>di</strong> Noemi e quello <strong>di</strong> Grixenda<br />

per Giacinto. All' interno del libro, leggendo, si coglie come Grazia Deledda adotti punti <strong>di</strong><br />

vista <strong>di</strong>fferenti in base al personaggio che sta vivendo la vicenda.<br />

COMMENTO : Curiosità e colpi <strong>di</strong> scena caratterizzano la parte centrale del racconto<br />

stimolando il lettore a proseguire la lettura del romanzo, il quale ci fornisce sufficienti<br />

informazioni per capire le abitu<strong>di</strong>ni e il mondo quoti<strong>di</strong>ano della vita in un piccolo paese<br />

della Sardegna.<br />

60


PIA NALLI<br />

(1886-1964)<br />

Prima donna ad essere chiamata su una cattedra universitaria <strong>di</strong> analisi nel 1921, Pia Nalli<br />

è famosa per essere stata fra i pionieri matematici in Italia a lavorare a quella che,<br />

all’epoca, venne chiamata la «moderna teoria delle funzioni <strong>di</strong> variabili reali»; per aver<br />

introdotto nel nostro paese l'integrale <strong>di</strong> <strong>Le</strong>besgue e per essere stata all’avanguar<strong>di</strong>a nel<br />

servirsi nell’analisi funzionale delle tecniche dell’integrazione, elaborate a partire dal 1906<br />

da David Hilbert ed Ernst Hellinger, ancora largamente ignorate dagli analisti italiani negli<br />

anni venti.<br />

Il campo nel quale la Nalli <strong>di</strong>ede i contributi maggiori <strong>di</strong>mostrando <strong>di</strong> saper maneggiare<br />

tecniche innovative fu, infatti, quello dello stu<strong>di</strong>o delle equazioni integrali, in particolare <strong>di</strong><br />

terza specie. L’originalità della sua impostazione consiste nell’estendere alle trasformazioni<br />

«lineari, reali, simmetriche e limitate» i meto<strong>di</strong> impiegati in una classe particolare <strong>di</strong><br />

operatori, quello integrale <strong>di</strong> terza specie.<br />

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Biografia<br />

Nata nel 1886 a Palermo, la formazione universitaria <strong>di</strong> Pia Nalli avvenne a nella città<br />

natale come allieva <strong>di</strong> Giuseppe Bagnera, con il quale si laureò nel 1910. L’ inizio della sua<br />

produzione scientifica risale al 1911, anno in cui pubblicò sui «Ren<strong>di</strong>conti del circolo<br />

matematico <strong>di</strong> Palermo», <strong>di</strong> cui era socia dal 1910.<br />

<strong>Le</strong> ricerche successive vennero in<strong>di</strong>rizzate all’analisi della teoria dell'integrale, un campo <strong>di</strong><br />

stu<strong>di</strong>o allora <strong>di</strong> recente acquisizione. Queste indagini, che le valsero nel 1914 la libera<br />

docenza conseguita grazie ad una monografia dal titolo Esposizione e confronto critico<br />

delle <strong>di</strong>verse definizioni proposte per l’integrale definito <strong>di</strong> una funzione limitata o no,<br />

vanno al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> un semplice intento espositivo, anzi, si segnalano per la sua capacità <strong>di</strong><br />

rielaborare la materia in modo originale critico in virtù dei nuovi meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> cui si era<br />

impadronita a fondo.<br />

A partire dal 1919 Pia inizia ad occuparsi <strong>di</strong> questioni relative alla teoria delle equazioni<br />

integrali lineari e allo stu<strong>di</strong>o degli operatori integrali sulla scia delle ricerche <strong>di</strong> Fredholm.<br />

Ben presto ella si accorse che, per sciogliere il problema relativo alle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

risolubilità per l’equazione <strong>di</strong> terza specie, c’era bisogno <strong>di</strong> quello che oggi, con linguaggio<br />

moderno, si chiama «risoluzione spettrale dell’operatore lineare simmetrico connesso<br />

all’equazione». Si trattava, dunque, <strong>di</strong> adottare un proce<strong>di</strong>mento innovativo che<br />

richiedeva, per un verso, l’abbandono delle tecniche fino allora seguite nell’analisi delle<br />

trasformazioni funzionali, tecniche che in Italia erano ancora sostanzialmente ancorate ai<br />

meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> Volterra.<br />

Queste ricerche, che confluirono in due memorie apparse sui «Ren<strong>di</strong>conti del circolo<br />

matematico <strong>di</strong> Palermo» rispettivamente nel 1919 e nel 1922, furono al centro <strong>di</strong><br />

numerose critiche che ruotavano sostanzialmente attorno all’accusa <strong>di</strong> non aver fornito<br />

una risoluzione esplicita dell’equazione <strong>di</strong> terza specie in questione.<br />

Dopo il 1926, pubblicate alcune note lincee sulle equazioni funzionali lineari e stu<strong>di</strong>ata la<br />

formula <strong>di</strong> Green nel campo complesso e sull’area delle superficie, il programma <strong>di</strong> ricerca<br />

intrapreso in questo settore continuò a incontrare ostacoli presso la comunità matematica<br />

e dopo il 1928 fu definitivamente abbandonato.<br />

A questa data la carriera accademica della Nalli aveva raggiunto il suo apice con la nomina<br />

a professore straor<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> analisi presso l'Università <strong>di</strong> Cagliari (1921 al 1923), quin<strong>di</strong> a<br />

professore or<strong>di</strong>nario fino al 1927, quando si trasferì sulla cattedra <strong>di</strong> analisi algebrica <strong>di</strong><br />

Catania che tenne per circa trenta anni. Sul terreno istituzionale e accademico Pia Nalli<br />

non ebbe riconoscimenti adeguati al valore della sua produzione scientifica: non fu, infatti,<br />

mai eletta tra i soci <strong>di</strong> nessuna accademia; chiamata a far parte <strong>di</strong> una commissione<br />

concorsuale universitaria o investita <strong>di</strong> qualche autorevole incarico. Nel 1926, per esempio,<br />

pur essendosi classificata al primo posto per la cattedra <strong>di</strong> analisi all’Università <strong>di</strong> Pavia ove<br />

sperava <strong>di</strong> trasferirsi, non fu chiamata forse a causa <strong>di</strong> un anonimo che l’aveva accusata<br />

pretestuosamente <strong>di</strong> occuparsi più <strong>di</strong> politica che <strong>di</strong> <strong>di</strong>dattica. La replica non si fece<br />

attendere: scrivendo infatti al rettore per contestare la decisione della Facoltà si firmava<br />

«Pia Maria Nalli rifiuto dell’Università <strong>di</strong> Pavia della R. Università <strong>di</strong> Cagliari».<br />

La mancanza <strong>di</strong> riscontri accademici tuttavia non le impe<strong>di</strong>rono <strong>di</strong> esercitare il ruolo <strong>di</strong><br />

“maestra” <strong>di</strong> alcuni giovani stu<strong>di</strong>osi <strong>di</strong> talento quali Gaetano Fichera e Francesco<br />

Guglielmino.<br />

Dal 1928 in poi la Nalli si occupò quasi esclusivamente <strong>di</strong> calcolo <strong>di</strong>fferenziale assoluto<br />

intrattenendo una fitta corrispondenza con Tullio <strong>Le</strong>vi-Civita, che <strong>di</strong> quel calcolo era stato il<br />

creatore con Gregorio Ricci-Curbastro. Morì nel 1964.<br />

62


Cosa <strong>di</strong>cono <strong>di</strong> lei<br />

«La sua aspirazione ad insegnare nella sua città natale, Palermo, venne sempre frustrata e<br />

fu per lei motivo <strong>di</strong> grande amarezza vedersi preferire matematici <strong>di</strong> statura ben <strong>di</strong>versa<br />

dalla sua. Ritiratasi dall’insegnamento, non ebbe dalla Facoltà <strong>di</strong> Catania, che per trenta<br />

anni ella aveva servito, il riconoscimento della proposta <strong>di</strong> nomina a professore emerito.<br />

Ma anche in campo nazionale Pia Nalli fu lasciata nel più completo oblio. Nessuna<br />

accademia pensò <strong>di</strong> accoglierla mai fra i suoi membri, mai fu chiamata a giu<strong>di</strong>care un<br />

concorso universitario[…], mai ebbe un incarico <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinzione e <strong>di</strong> prestigio. D’altra parte<br />

ella possedeva l’orgoglio dell’autentico scienziato <strong>di</strong> razza, che le impe<strong>di</strong>va <strong>di</strong> men<strong>di</strong>care i<br />

riconoscimenti e le cariche. Esauritosi con lo scorrere degli anni il risentimento verso chi le<br />

era stato ostile, risentimento cui il suo esuberante temperamento meri<strong>di</strong>onale aveva, a<br />

volte, dato toni vivaci, si chiuse sempre più in se stessa, in una vita desolatamente<br />

solitaria, non allietata da affetti famigliari. Ma i pochissimi che furono suoi amici sanno che<br />

<strong>di</strong>etro l’asprezza esteriore del suo carattere si celava un’anima sensibile alle più delicate<br />

sfumature dei sentimenti».<br />

(G. Fichera, Pia Nalli, «Bollettino dell’unione matematica italiana», 3, XX, 1965, pp. 548-<br />

49).<br />

Opere<br />

• Riduzione <strong>di</strong> un fascio <strong>di</strong> curve piane <strong>di</strong> genere uno, corrispondente a se stesso in<br />

una trasformazione birazionale involutoria del piano<br />

• Sopra una nuova specie <strong>di</strong> convergenza in me<strong>di</strong>a<br />

• Esposizione e confronto critico delle <strong>di</strong>verse definizioni proposte per l'integrale<br />

definito <strong>di</strong> una funzione limitata o no<br />

• Sulle equazioni integrali.<br />

• Generalizzazione <strong>di</strong> alcuni punti della teoria delle equazioni integrali <strong>di</strong> Fredholm<br />

• Sopra una equazione funzionale.<br />

• Sulle operazioni funzionali lineari<br />

• Sul parallelismo <strong>di</strong> <strong>Le</strong>vi-Civita e sopra certe possibili estensioni<br />

• Parallelismo e coor<strong>di</strong>nate geodetiche<br />

• Trasporti rigi<strong>di</strong> e relatività<br />

• Risoluzione <strong>di</strong> due problemi classici per mezzo <strong>di</strong> una equazione <strong>di</strong> Volterra<br />

• <strong>Le</strong>zioni <strong>di</strong> Calcolo <strong>di</strong>fferenziale assoluto<br />

• Opere scelte<br />

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Famosa per:<br />

Biografia:<br />

CATERINA SCARPELLINI<br />

Il nome <strong>di</strong> Caterina Scarpellini è tuttora noto anche perché<br />

legato ad una nuova cometa <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>ede notizia nel 1854<br />

con Notizie <strong>di</strong>verse: una nuova cometa, apparsa sul<br />

«Giornale <strong>di</strong> Roma» e su «Corrispondenza scientifica».<br />

Anche se, da alcuni documenti, risulta che tale cometa<br />

fosse stata poco prima scoperta da qualcun altro, si è<br />

continuato ad attribuire la scoperta alla Scarpellini. Il valore<br />

scientifico delle sue ricerche venne riconosciuto tanto dallo<br />

Stato italiano, che la insignì <strong>di</strong> una medaglia d’oro nel 1872,<br />

quanto dai colleghi, come <strong>di</strong>mostra l’appartenenza alla<br />

Società dei Georgofili e all’Accademia dei Quiriti.<br />

Caterina Scarpellini si trasferì <strong>di</strong>ciottenne a Roma da Foligno, allora parte dello Stato<br />

Pontificio, per seguire lo zio Feliciano Scarpellini (1762-1840), nominato <strong>di</strong>rettore<br />

dell’osservatorio del Campidoglio dell’Università La Sapienza <strong>di</strong> Roma nel 1826.<br />

A Roma Caterina conobbe il marito, Erasmo Fabri, studente dello zio.<br />

In possesso <strong>di</strong> un’ottima conoscenza del sistema solare e delle costellazioni, unita ad<br />

un'eccellente preparazione tecnica, il compito <strong>di</strong> Caterina consisteva principalmente nella<br />

raccolta <strong>di</strong> dati <strong>di</strong> osservazione e <strong>di</strong> misurazione <strong>di</strong> variabili fisiche nel campo della<br />

meteorologia e dell’astronomia.<br />

I risultati <strong>di</strong> tali indagini vennero <strong>di</strong>ffusi grazie ad un’intensa attività pubblicistica sul<br />

perio<strong>di</strong>co «Corrispondenza scientifica», fondato dal marito nel 1847. Lo scopo della rivista<br />

per gli Scarpellini era, appunto, quello <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffondere i lavori scientifici e tecnici prodotti in<br />

Italia ed all’estero: vennero pubblicate comunicazioni da istituzioni straniere quali<br />

l’Accademia delle scienze <strong>di</strong> Parigi, l’Associazione per l’avanzamento delle scienze inglese e<br />

la Reale accademia delle scienze <strong>di</strong> Bruxelles. Il perio<strong>di</strong>co degli Scarpellini venne<br />

accompagnato da due supplementi: il «Bullettino nautico e geografico», inteso come<br />

strumento <strong>di</strong> informazione sulle scienze nautiche e geografiche per i naviganti, e il<br />

«Bullettino delle osservazioni ozonometriche - meteorologiche», fondato e <strong>di</strong>retto da<br />

Caterina stessa al fine <strong>di</strong> pubblicare i resoconti degli osservatori del Campidoglio e <strong>di</strong><br />

Civitavecchia.<br />

«Corrispondenza scientifica» le permise <strong>di</strong> rendere pubblici i suoi lavori e <strong>di</strong> rimanere in<br />

contatto con la comunità scientifica italiana.<br />

L’attività della Scarpellini era nota e stimata dai colleghi.<br />

Fu eletta membro della Società dei Georgofili <strong>di</strong> Firenze e dell’Accademia dei Quiriti a<br />

Roma, così come dell’Accademia <strong>di</strong> storia naturale <strong>di</strong> Dresda nonché della Società<br />

imperiale dei naturalisti <strong>di</strong> Mosca; non entrò invece mai a far parte dell’Accademia papale<br />

dei nuovi lincei, che pure aveva visto lo zio Feliciano tra i promotori della sua rinascita nel<br />

1801.<br />

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BIOGRAFIA:<br />

RENATA VIGANÒ<br />

Renata Viganò nacque a Bologna il 17 giugno 1900. Ben presto iniziò a coltivare la<br />

passione per la scrittura tanto che a soli 13 anni riuscì a far pubblicare, nel 1913, la sua<br />

prima raccolta <strong>di</strong> poesie, Ginestra in fiore, e nel 1916 Piccola Fiamma, ma riuscì a<br />

raggiungere una certa notorietà solamente nel 1949 con L'Agnese va a morire, romanzo<br />

d'impianto neorealistico tra i più intensi della narrativa ispirata alla resistenza. Renata<br />

Viganò fin da piccola desiderava <strong>di</strong>ventare me<strong>di</strong>co, ma purtroppo il suo sogno fu<br />

ostacolato da <strong>di</strong>fficoltà economiche subentrate in famiglia che la indussero ad<br />

interrompere gli stu<strong>di</strong> e, suo malgrado, con il senso del sacrificio e una maturazione<br />

affrettata e non voluta, fu spinta ad entrare nel mondo del lavoro come inserviente e poi<br />

infermiera negli ospedali bolognesi. Questo suo lavoro al servizio <strong>di</strong> chi aveva bisogno, non<br />

le impedì comunque <strong>di</strong> scrivere, per quoti<strong>di</strong>ani e perio<strong>di</strong>ci, elzeviri, poesie, racconti sino al<br />

1943. Con l'arrivo dell'armistizio la sua vita ebbe una svolta esistenziale: con il marito,<br />

Antonio Meluschi, l’infermiera-scrittrice partecipò alla lotta partigiana come staffetta,<br />

infermiera e collaborando alla stampa clandestina. Di questo periodo <strong>di</strong>sagiato e sofferente<br />

fa parte la produzione successiva della scrittrice che trova il suo esito più forte in L'Agnese<br />

va a morire del 1949,( Premio Viareggio) opera tradotta in quattor<strong>di</strong>ci lingue e trama per<br />

film omonimo <strong>di</strong>retto da Giuliano Montaldo [il romanzo raccontava vicende partigiane con<br />

onesta semplicità da cronista e, insieme con spirito <strong>di</strong> sincera adesione agli eventi e fu<br />

considerato negli anni del dopoguerra un esempio, una testimonianza della narrativa<br />

neorealistica.] Due mesi prima della morte,avvenuta il 23 aprile 1976 a Bologna, a Renata<br />

Viganò fu assegnato il premio giornalistico Bolognese del mese, per il suo stretto rapporto<br />

con la realtà popolare della città.<br />

Opere:<br />

• L'Agnese va a morire (1949).<br />

• Mon<strong>di</strong>ne. Modena (1952).<br />

• Arriva la cicogna (1954).<br />

• Donne della Resistenza (1955).<br />

• Ho conosciuto Ciro (1959).<br />

• Una storia <strong>di</strong> ragazze (1962).<br />

• Matrimonio in brigata (1976).<br />

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Titolo: L’Agnese va a morire<br />

Autore: Renata Viganò<br />

Spazio e tempo:<br />

la vicenda è ambientata nel periodo della seconda guerra mon<strong>di</strong>ale e della resistenza; i<br />

personaggi si muovono soprattutto all’aperto tra boschi, campagne e fiumi mentre negli<br />

spazi chiusi rimangono piuttosto statici. I partigiani agiscono spesso <strong>di</strong> notte o nelle ore<br />

buie in modo da poter passare inosservati.<br />

Personaggi:<br />

il racconto è sorretto dalla presenza ininterrottamente costante <strong>di</strong> Agnese a cui si legano<br />

personaggi minori quali il marito Palita, i vicini <strong>di</strong> casa la Minghina, Augusto e le loro due<br />

figlie. A lei si riconducono anche altri in<strong>di</strong>vidui ulteriormente secondari come Tarzan,<br />

Magon o Cappùcc. Gli altri personaggi sono <strong>di</strong>pendenti da due forze tra loro contrapposte,<br />

i tedeschi e i fascisti contrastanti i partigiani. A questi ultimi appartengono il Comandante,<br />

Clinto, Tonitti, Giglio, Lampo, Tom, Zero, Ciro e molti altri; ad essi si legano personaggi<br />

minori come ad esempio la fidanzata <strong>di</strong> Tom (Rina) e in particolar modo la figura <strong>di</strong> Walter<br />

e della sua famiglia che cercarono <strong>di</strong> aiutare i partigiani fornendo loro riparo. Verso la fine<br />

del romanzo compare l’immagine <strong>di</strong> un altro partigiano denominato “la Disperata”<br />

(Antonio) a cui si legano figure ulteriormente secondarie come ad esempio la sua<br />

fidanzata Maria Rosa. Tra i tedeschi si ricorda Kurt il soldato ucciso da Agnese.<br />

Narratore e focalizzazione:<br />

il narratore è esterno con focalizzazione zero, è onnisciente, conosce bene i suoi<br />

personaggi.<br />

Trama:<br />

Agnese,semplice conta<strong>di</strong>na sposata con Palita (comunista membro della Resistenza)<br />

<strong>di</strong>venta nel romanzo protagonista della vita del movimento della Resistenza svolgendo la<br />

funzione <strong>di</strong> “staffetta” tra vari luoghi portando cibo e talvolta armi e notizie. Agnese dopo<br />

la deportazione del marito viene a conoscenza della sua morte. Il danno avviene dal<br />

momento in cui la donna decide <strong>di</strong> uccidere un tedesco che per <strong>di</strong>letto aveva osato<br />

ammazzare la sua gatta; lei fugge ed entra a far parte della Resistenza <strong>di</strong>ventando<br />

“mamma Agnese” per i partigiani,cucinando per loro, cercando <strong>di</strong> consolarli, con<strong>di</strong>videndo<br />

con loro gioie e dolori spesso dovuti alla morte dei compagni. Agnese cerca sempre <strong>di</strong><br />

66


obbe<strong>di</strong>re al comandante, vuole rendersi utile; è una donna coraggiosa che non ha nulla da<br />

perdere,la sua unica paura è <strong>di</strong> sbagliare a <strong>di</strong>scapito dei ragazzi. Nonostante sia riuscita a<br />

scappare per due volte ai tedeschi, la terza volta l’Agnese viene catturata insieme ad altre<br />

persone a causa della scomparsa <strong>di</strong> un camion;sembrava quasi riuscisse a fuggire anche<br />

questa volta ma tra le parole del tenente riuscì a <strong>di</strong>stinguere un nome: Kurt. E per lei non<br />

ci fu nulla da fare.<br />

Commento:<br />

L’Agnese va a morire è un romanzo significativo che permette al lettore <strong>di</strong> capire cosa sia<br />

stata veramente la Resistenza e come la guerra sia “un passaggio <strong>di</strong>fficile,una barriera <strong>di</strong><br />

fuoco,una fila <strong>di</strong> giorni vuoti,e poi ancora del fuoco,e la morte vicino”.La peculiarità del<br />

romanzo sta nel fatto che la protagonista è una donna attraverso la quale è possibile<br />

evidenziare il ruolo non poco significativo che le donne hanno avuto nel periodo della<br />

Resistenza.<br />

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Biografia<br />

ORIANA FALLACI<br />

Forse è questa la foto più rappresentativa <strong>di</strong> Oriana Fallaci.<br />

Vi ritroviamo la bellezza, la fierezza e la limpidezza nello sguardo <strong>di</strong> una donna coraggiosa,<br />

<strong>di</strong>retta e ribelle che ha saputo sempre nel corso della sua vita affrontare con piglio sicuro<br />

tutte le avversità ed i pericoli che nel suo mestiere <strong>di</strong> giornalista (molto spesso inviata <strong>di</strong><br />

guerra) ha saputo e voluto affrontare. La si può ritenere donna controversa e fuori dagli<br />

schemi, se si pensa al periodo nel quale nasce, e quin<strong>di</strong> a<br />

quello che rappresentava la figura della donna all’epoca. E<br />

questo suo modo <strong>di</strong> essere costituirà la sua immagine per tutta<br />

la sua vita. Questo suo carattere emerge già all’età <strong>di</strong> 10 anni<br />

quando il padre che era un attivo antifascista la coinvolge nella<br />

resistenza, iniziando con compiti <strong>di</strong> vedetta. Quando Firenze<br />

viene occupata dai nazisti, il padre viene arrestato e torturato,<br />

ma lei nel frattempo continua la sua attività <strong>di</strong> antifascista<br />

come staffetta, trasportando munizioni da una parte all’altra<br />

dell’Arno. Per il suo attivismo durante la guerra riceve<br />

dall’Esercito Italiano un riconoscimento d’onore. Negli anni 50<br />

inizia la sua collaborazione giornalistica con i quoti<strong>di</strong>ani fino ad approdare all’Europeo.<br />

Negli anni ’60 realizza un reportage sulle donne in oriente e da li parte la sua attività <strong>di</strong><br />

scrittrice. Ogni suo libro nasce spesso da una situazione vissuta: da “ Se il sole muore”<br />

che parla dell’incontro con gli astronauti tornati dalla luna, a “Niente e così sia” dove parla<br />

della guerra in Vietnam dove lei si è recata come corrispondente <strong>di</strong> guerra e che lei<br />

definisce “una sanguinosa follia”. Nel ’68 torna negli USA per la morte <strong>di</strong> Martin Luther<br />

King e <strong>di</strong> Bob Kennedy, rimane ferita (ad<strong>di</strong>rittura creduta morta) durante una manifestazione<br />

studentesca. Come corrispondente <strong>di</strong> guerra segue anche i conflitti tra In<strong>di</strong>a e<br />

Pakistan, in Sud America e in Me<strong>di</strong>o Oriente. Come giornalista intervista molte personalità<br />

del mondo politico e da questi incontri nasce il libro “Intervista con la Storia”. Tra queste<br />

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da non <strong>di</strong>menticare l’intervista con l’Ayatollah Khomeini durante la quale lei gli dà del<br />

tiranno e si toglie lo chador che è stata costretta ad indossare per incontrarlo. Negli anni<br />

’70 conosce A. Panagulis del quale si innamora e con il quale vivrà fino a quando Panagulis<br />

muore in un sospetto incidente stradale. La Fallaci ne racconterà la vita nel libro “Un<br />

Uomo”. Da non <strong>di</strong>menticare “<strong>Le</strong>ttera ad un bambino mai nato”, grande successo e<strong>di</strong>toriale.<br />

Nel 1990 pubblica Insciallah: il libro è ambientato tra le truppe italiane inviate dall'ONU<br />

nel 1983 a Beirut. Ed è l’ultima volta della Fallaci come inviata <strong>di</strong> guerra . Dopo l'uscita <strong>di</strong><br />

Insciallah la scrittrice si isola andando a vivere a New York e qui inizia a scrivere l’ultimo<br />

suo romanzo (“Un cappello pieno <strong>di</strong> ciliegie”– uscito postumo). In questo periodo scopre <strong>di</strong><br />

avere un cancro che lei definisce “l’Alieno”. Il suo silenzio viene interrotto l’11 Settembre<br />

del 2001 con l’attentato alle torri gemelle, la scrittrice denuncia la decadenza della civiltà<br />

occidentale che, minacciata dal fondamentalismo islamico, è incapace <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendersi. Nel<br />

2004 la Fallaci si schierò contro l'eutanasia relativamente al caso <strong>di</strong> Terri Schiavo,<br />

presentando le sue posizioni con un articolo apparso su Il Foglio, e contro il referendum<br />

abrogativo della legge sulla procreazione me<strong>di</strong>calmente assistita, con un articolo<br />

pubblicato dal Corriere della sera. Dopo aver espresso per tutta la vita opinioni anticlericali<br />

e dopo essersi <strong>di</strong>chiarata "atea-cristiana", <strong>di</strong>chiarò pubblicamente la sua ammirazione<br />

verso papa Benedetto XVI, che l'ha ricevuta a Castel Gandolfo in u<strong>di</strong>enza privata il 27<br />

agosto 2005, pur ribadendo la sua posizione <strong>di</strong> non credente. L'incontro doveva rimanere<br />

segreto, ma la notizia è stata resa pubblica tre giorni dopo l'incontro, mentre i contenuti<br />

del colloquio non sono mai stati resi noti. Nel marzo 2005 il quoti<strong>di</strong>ano Libero lanciò una<br />

raccolta <strong>di</strong> firme affinché il Presidente della Repubblica conferisse alla Fallaci il titolo <strong>di</strong><br />

senatore a vita. Vennero raccolte oltre 75.000 firme. La Fallaci è deceduta il 15 settembre<br />

2006 a 77 anni, dopo un peggioramento delle sue con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> salute dovuto al tumore<br />

che da anni l'aveva colpita. Aveva deciso <strong>di</strong> tornare a Firenze, con grande riserbo, per<br />

passarvi i suoi ultimi giorni.<br />

Opere<br />

• I sette peccati <strong>di</strong> Hollywood, 1958<br />

• Il sesso inutile, 1961<br />

• Penelope alla guerra, 1962<br />

• Gli antipatici, 1963<br />

• Se il sole muore, 1965<br />

• Niente e così sia, 1969<br />

• Quel giorno sulla luna, 1970<br />

• Intervista con la storia, 1974<br />

• <strong>Le</strong>ttera a un bambino mai nato, 1975.<br />

• Un uomo, 1979.<br />

• Insciallah, 1990<br />

• La rabbia e l'orgoglio, 2001<br />

• La forza della ragione, 2004<br />

• Oriana Fallaci intervista Oriana Fallaci, 2004<br />

• Oriana Fallaci intervista sé stessa - L'Apocalisse, 2005.<br />

• Un cappello pieno <strong>di</strong> ciliegie, 2008 (postumo)<br />

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Schedatura<br />

Titolo: Insciallah<br />

Autore: Oriana Fallaci<br />

Anno pubblicazione: 1990<br />

ORIANA FALLACI<br />

INSCIALLAH<br />

Trama: La storia inizia la mattina del 23 ottobre 1983, quando due veicoli caricati con un’<br />

enorme quantità <strong>di</strong> tritolo <strong>di</strong>struggono la sede del Comando americano e quella del<br />

Comando francese a Beirut. Il comando generale del contingente italiano vive <strong>di</strong>versi minuti<br />

in cui serpeggia il timore che un altro camion possa essere <strong>di</strong>retto contro il loro contingente<br />

(cosa che non si realizza); vengono inviati i soccorsi dopo pochi minuti, e i soldati italiani (e<br />

non solo) che arrivano sul luogo dell'attentato si trovano <strong>di</strong> fronte ad un orrore<br />

inimmaginabile: soldati morti, decapitati, mutilati, schiacciati e ad<strong>di</strong>rittura una bambina che<br />

a causa dello spostamento d'aria dell'esplosione è stata scaraventata nello scarico <strong>di</strong> un<br />

water e ridotta "ad una salsiccia umana". Nella narrazione la Fallaci si sofferma sul<br />

contingente italiano, in particolare su alcuni soldati, che vengono quasi tutti chiamati con<br />

un soprannome, descrivendo ognuno <strong>di</strong> loro attraverso episo<strong>di</strong> delle loro vite. Il<br />

contingente italiano è sud<strong>di</strong>viso in varie postazioni ed in ognuna <strong>di</strong> esse si trovano i vari<br />

personaggi:<br />

• al comando generale, sotto la guida del "Condor", sono alloggiati i soldati della fanteria;<br />

in uno scantinato è stata appostata una piccola unità che gestisce i rapporti con gli<br />

informatori arabi e le trattative con la gente del posto, come il potente imam Zandra<br />

Sadr. I protagonisti vivono angosce personali e conducono ricerche che non possono<br />

portare a qualcosa <strong>di</strong> concreto.<br />

• la base Rubino, sede del contingente fornito dalla Brigata Paracadutisti Folgore<br />

comandato da Falco, è invece in un convento abbandonato; il ritorno delle suore che lo<br />

abitavano precedentemente causa molti problemi <strong>di</strong> convivenza tra religiose e soldati,<br />

fino a quando i rapporti non si <strong>di</strong>stenderanno e ad<strong>di</strong>rittura alcuni ufficiali (come Armando<br />

dalle Mani d'Oro e lo stesso Falco) si lasceranno coinvolgere in relazioni sentimentali più<br />

o meno esplicite con le suore.<br />

• Sierra Mike è sede del Battaglione San Marco della Marina militare, ed è affidato alla<br />

<strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Sandokan (così chiamato per il suo aspetto da pirata), il quale compirà una<br />

grande trasformazione caratteriale che da accanito guerrafondaio lo porterà ad essere<br />

un tranquillo pacifista, come suo padre.<br />

Il 25 <strong>di</strong>cembre 1983, gli italiani devono lasciare il grattacielo Ost Ten, sotto la loro tutela<br />

per via <strong>di</strong> un accordo con l'Esercito Regolare; è ovvio che non appena ciò accadrà si<br />

scatenerà una battaglia per il controllo <strong>di</strong> tutto il territorio centrale della città. Gli italiani si<br />

trovano in mezzo tra gli Amal e i governativi. La battaglia si conclude con la vittoria degli<br />

Amal, così prende il via una catena <strong>di</strong> eventi che porterà alla condanna a morte della<br />

forza italiana. <strong>Le</strong> ultime settimane sono infatti tese e insopportabili; soprattutto l'ultima,<br />

70


quando si è ormai deciso <strong>di</strong> abbandonare il Libano, che vede una <strong>di</strong>sperata trattativa tra<br />

Charlie e Zandra Sadr per garantire alle truppe italiane un rientro in Patria senza incidenti.<br />

A pochi giorni dalla partenza Angelo commette l'imprudenza <strong>di</strong> uccidere Khalid<br />

"Passepartout", il quale aveva ucciso Ninette e mutilato un caro amico <strong>di</strong> Charlie con una<br />

bomba a mano. Qui si capisce che la partenza degli italiani non sarà tranquilla. Gli italiani<br />

lasciano agli arabi quasi tutte le riserve <strong>di</strong> cibo che avevano portate e l'ospedale da campo.<br />

Tutti gli alcolici e le carni <strong>di</strong> suino, in quanto condannati dal Corano, vengono bruciati, il<br />

resto depredato e le attrezzature me<strong>di</strong>che saccheggiate. Rashid, pazzo per la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong><br />

Passepartout, monta su un motoscafo caricato con dell'esplosivo e punta contro una delle<br />

tre navi che riportano i soldati in Italia.<br />

Spazio: La storia è ambientata a Beirut, in Libano.<br />

Tempo: Si svolge durante la guerra civile in Libano, nei tre mesi che intercorrono tra gli<br />

attentati <strong>di</strong> Beirut e il ritorno in patria del contingente italiano.<br />

Personaggi: in questo libro i personaggi sono tantissimi e ognuno <strong>di</strong> loro, anche se in minima<br />

parte, contribuisce alla narrazione. Per questo motivo vengono riportati i personaggi che<br />

più risaltano nella storia.<br />

• Angelo (“protagonista”): giovane soldato appassionato <strong>di</strong> matematica in continua ricerca<br />

della formula della vita<br />

• Charlie: capo <strong>di</strong> Angelo, che vive l’angoscia della delusione per esser sempre stato un<br />

vincitore<br />

• Il “Condor”: capo del comando generale<br />

• “Cavallo pazzo”: colonnello colto, che spesso riflette sulla per<strong>di</strong>ta degli antichi valori<br />

cavallereschi<br />

• Zandra Sadr:imam degli sciiti libanesi, nonché la più alta carica religiosa della città, con il<br />

quale il contingente italiano gestisce le trattative per mantenere la tranquillità sul<br />

territorio<br />

• Khalid "Passepartout", adolescente Amal <strong>di</strong> strada, prostituto e fondamentalista islamico<br />

che é protetto da Rashid<br />

• Ninette, giovane donna con cui Angelo vivrà una relazione molto tormentata<br />

Particolare è il ruolo della “giornalista <strong>di</strong> Saigon” e del militare chiamato “il Professore”,<br />

amico <strong>di</strong> “Cavallo Pazzo”, che si possono identificare come due <strong>di</strong>versi alter ego della<br />

Fallaci.<br />

Commento: Attraverso le vicende personali dei protagonisti del libro Oriana Fallaci ci fa<br />

vivere i molteplici aspetti <strong>di</strong> quello che è stata la guerra civile in Libano, del coinvolgimento<br />

non soltanto puramente militare degli italiani ma anche sentimentale e psicologico,<br />

mettendo molte volte in risalto la sensibilità dell’uomo che supera la formalità della <strong>di</strong>visa.<br />

La scrittrice parla <strong>di</strong> come uomini <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse culture e religioni possono in alcuni momenti<br />

trovare dei punti <strong>di</strong> incontro, ma che basta poi ben poco per poter ribaltare completamente<br />

le situazioni. Nello stesso momento ci fa vivere, con il modo <strong>di</strong> esporre i fatti tipico <strong>di</strong> un<br />

giornalista le violenze, le crudeltà, i meccanismi perversi che si creano realmente in un<br />

paese devastato da una guerra intestina .La descrizione della battaglia è molto lunga e<br />

dettagliata, e rivela anche le gran<strong>di</strong> capacità della Fallaci e la sua conoscenza delle guerre.<br />

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Titolo: Un cappello pieno <strong>di</strong> ciliege<br />

Autore: Oriana Fallaci<br />

Anno Pubblicazione: Luglio 2008<br />

Trama:Il libro postumo a cui aveva lavorato per oltre <strong>di</strong>eci anni, ”Un cappello pieno <strong>di</strong><br />

ciliege” viene finalmente pubblicato grazie alla ferma volontà del nipote ed erede universale<br />

<strong>di</strong> Oriana, Edoardo Perazzi.<br />

Quest’ultimo romanzo è la straor<strong>di</strong>naria epopea dei vari rami della famiglia della scrittrice,<br />

una saga che attraversa regioni d'Italia, nazioni e secoli , con incursioni nel passato dal<br />

1773 al 1944 anno del bombardamento <strong>di</strong> Firenze durante il quale verrà <strong>di</strong>strutta anche la<br />

cassapanca con alcuni ricor<strong>di</strong> delle generazioni <strong>di</strong> Fallaci, Laurano, Cantini, Ferrier(o<br />

Ferrieri), i quattro rami delle sue origini, che coincidono con le quattro parti del libro.<br />

Il libro prende le mosse quando Oriana Fallaci ritrova la cassapanca dell’ava Ildebranda<br />

che si è tramandata per cinque generazioni.<br />

Questo oggetto magico ha viaggiato nel tempo con il suo contenuto <strong>di</strong> storie meravigliose<br />

e <strong>di</strong> personaggi avventurosi legati alla Fallaci. Aprendo idealmente questo baule pieno <strong>di</strong><br />

storia, la grande giornalista ha ricostruito la vicenda familiare dei suoi antenati che hanno<br />

intrecciato i loro destini con quelli più importanti della nostra Nazione.<br />

Si parla della storia dell'Italia rivoluzionaria <strong>di</strong> Napoleone, Mazzini, Garibal<strong>di</strong>, Vittorio<br />

Emanuele II attraverso le avventure <strong>di</strong> uomini come Carlo, nato nell’Illuminismo, molto<br />

credente che dopo una gioventù legata ai fracescani è il primo della famiglia a essersi<br />

ribellato ai nobili e dalla Chiesa. Grazie alla cultura è il primo della famiglia, infatti, ad aver<br />

imparato a leggere e scrivere. Per un gioco della sorte non si imbarca per l ‘America e<br />

sposa Caterina, alter ego della scrittrice, personaggio straor<strong>di</strong>nario che accetta <strong>di</strong> sposare<br />

Carlo a con<strong>di</strong>zione che lui le insegni a leggere e scrivere, cosa che farà rapidamente<br />

durante i suoi mesi <strong>di</strong> gravidanza. Per farsi riconoscere da Carlo nel loro primo<br />

appuntamento indosserà un cappello piano <strong>di</strong> ciliege, da cui prende il nome il libro.<br />

Caterina, <strong>di</strong>scendente <strong>di</strong> un’eretica famiglia, fu mandata al rogo per aver cotto un coscio<br />

d’agnello in un giorno <strong>di</strong> quaresima, fu lavoratrice instancabile, esperta <strong>di</strong> erboristeria e<br />

me<strong>di</strong>co auto<strong>di</strong>datta.<br />

È lei il motore della famiglia, ed è in lei che con tutta evidenza la Fallaci si rispecchia. È<br />

Caterina ad aggre<strong>di</strong>re Napoleone per le vie <strong>di</strong> Firenze nel 1796.<br />

Nella seconda parte del libro incontriamo la figura <strong>di</strong> Francesco, che fa parte degli avi<br />

materni, un marinaio negriero e padre <strong>di</strong>sperato per aver perso i propri figli in mare. Si<br />

sposò con la spagnola María Ignacia Josepha Montserrat suonatrice <strong>di</strong> liuto.<br />

Si vede come il racconto procede con intrecci tra i destini dei personaggi delineati : la figlia<br />

segreta <strong>di</strong> un Grande <strong>di</strong> Spagna s'imbarca a Barcellona su un veliero danese <strong>di</strong>retto a<br />

Genova e incontra un nostromo livornese; un ex soldato <strong>di</strong> Napoleone, carbonaro in<br />

incognito, accompagna la cognata sarta a Lucca e i ritar<strong>di</strong> e il maltempo lo spingono a<br />

passare con lei la notte in una locanda; un emissario della sventurata rivoluzione polacca<br />

affitta una camera, a Torino, presso un calvinista detesta i cattolicissimi polacchi fino a<br />

taglieggiarli, e soprattutto ha una figlia quasi in età da marito.<br />

In seguito Oriana Fallaci fa un riferimento a Giovanni appartenente al ramo della famiglia<br />

da cui <strong>di</strong>scende il nonno materno Augusto, coinvolto nelle guerre napoleoniche, poi nella<br />

carboneria e infine nelle guerre d’In<strong>di</strong>pendenza, assassino mancato del tra<strong>di</strong>tore Carlo<br />

Alberto e Giobatta Cantini sfigurato nel volto e nell'anima da un razzo austriaco durante la<br />

72


attaglia <strong>di</strong> Curtatone e Montanara; Poi, nell’ultima parte del libro, incompiuta (alcune<br />

pagine sono rimaste manoscritte), ci spostiamo in America con l’avventurosa vita della<br />

valdese Anastasìa, la bisnonna <strong>di</strong> Oriana da parte del padre che emigra a New York con<br />

sua zia zoppa Jacquelin, pioniera nel Far West, combatte contro gli in<strong>di</strong>ani, ha assistito<br />

all’assassinio <strong>di</strong> Lincoln e forse è stata tenutaria <strong>di</strong> un bordello a San Francisco. La prima<br />

immagine <strong>di</strong> Anastasia è quella <strong>di</strong> un’ incantevole adolescente in scarpette da ballo e tutù<br />

allieva presso la scuola <strong>di</strong> danza del teatro Regio, ansiosa <strong>di</strong> esibirsi sul palcoscenico. E’ la<br />

figlia illegittima <strong>di</strong> due giovani Stanislao, polacco, e Marguerite la quale rimane in stato<br />

interessante e sola perchè i genitori la ripu<strong>di</strong>ano. Come la madre, anche lei è una ragazza<br />

madre, il cui amante è l’ Innominato chiamato cosi dalla scrittrice in quanto non può fare il<br />

nome del suo bisnonno avendolo giurato sul letto <strong>di</strong> morte a sua nonna Giacoma.<br />

Tra i tanti personaggi, Anastasìa era tra i preferiti <strong>di</strong> Oriana. Con la sua morte nel 1889 e<br />

con il matrimonio <strong>di</strong> Antonio Fallaci e Giacoma Ferrier, i nonni paterni, si chiude il libro.<br />

Personaggi:<br />

• Carlo Fallaci (1752-1839) avo paterno, nato nell’Illuminismo, molto credente, che<br />

dopo una gioventù francescana, è il primo della famiglia a essersi ribellato ai nobili<br />

e alla Chiesa. Grazie alla cultura è il primo della famiglia, infatti, ad aver imparato a<br />

leggere e scrivere. Per un gioco della sorte non si imbarca per l ‘America e sposa<br />

Caterina.<br />

• Caterina Zani (1765-1841) ava paterna, alter ego della scrittrice, è un personaggio<br />

straor<strong>di</strong>nario che accetta <strong>di</strong> sposare Carlo a con<strong>di</strong>zione che lui le insegni a leggere e<br />

scrivere, indossa un cappello piano <strong>di</strong> ciliege, da cui prende il nome il libro. E’<br />

<strong>di</strong>scendente <strong>di</strong> un’eretica famiglia e fu mandata al rogo per aver cotto un coscio<br />

d’agnello in un giorno <strong>di</strong> quaresima, lavoratrice instancabile, esperta <strong>di</strong> erboristeria<br />

e me<strong>di</strong>co auto<strong>di</strong>datta.<br />

• Francesco Launaro (1750-1816) avo materno, un marinaio negriero e padre<br />

<strong>di</strong>sperato per aver perso i propri figli in mare. Si sposò con la spagnola María<br />

Ignacia Josepha Montserrat suonatrice <strong>di</strong> liuto.<br />

• María Ignacia Josepha Montserrat (1770-1814) ava materna sposa <strong>di</strong> Francesco.<br />

• Giovanni Cantini (1783-) avo materno soprannominato “Stecco”.<br />

• Giobatta Cantini (1823-1861) avo materno sfigurato nel volto e nell'anima da un<br />

razzo austriaco durante la battaglia <strong>di</strong> Curtatone e Montanara.<br />

• Marguerite Ferrier (1829-1848) ava paterna, è <strong>di</strong> origine valdese, madre <strong>di</strong><br />

Anastasia.<br />

• Stanislao (1824-1846) avo paterno, originario <strong>di</strong> Cracovia, parla francese con<br />

accento slavo, giovane <strong>di</strong>ciannovenne, padre <strong>di</strong> Anastasia.<br />

• Anastasia (1846-1888) ava paterna, la bisnonna <strong>di</strong> Oriana da parte del padre che<br />

emigra a New York, pioniera nel Far West combatte contro gli in<strong>di</strong>ani, ha assistito<br />

all’assassinio <strong>di</strong> Lincoln e forse è stata tenutaria <strong>di</strong> un bordello a San Francisco.<br />

• Innominato (1816-1878) avo paterno, marito <strong>di</strong> Anastasia.<br />

• Giacoma (1864-) ava paterna, nonna <strong>di</strong> Oriana.<br />

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Spazio e tempo: attraverso questo libro Oriana non solo raccoglie una serie <strong>di</strong><br />

avvenimenti personali riguardo i suoi antenati ma ricostruisce la storia del nostro paese,<br />

principalmente del luogo nativo della scrittrice, la Toscana, dal XVIII secolo fino ad<br />

arrivare a Garibal<strong>di</strong>, Vittorio Emanuele II e il bombardamento del 1944 in Italia.<br />

Commento:<br />

Un cappello pieno <strong>di</strong> ciliegie con i suoi destini intrecciati e le meravigliose trame<br />

romanzesche è un libro che conserva una straor<strong>di</strong>naria flui<strong>di</strong>tà narrativa.<br />

Ciò che lo rende un vero capolavoro è che con i racconti tramandati dai suoi genitori<br />

Oriana è riuscita a raccontare un pezzo <strong>di</strong> storia d'italia, in particolare il risorgimento, visto<br />

con gli occhi dei conta<strong>di</strong>ni, dei marinai, dei nobili e dei politicanti entrando nello specifico<br />

<strong>di</strong> note battaglie e sull'effetto che hanno avuto su città e persone.<br />

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BIOGRAFIA:<br />

NATALIA GINZBURG<br />

Natalía Ginzburg, alla nascita Natalia <strong>Le</strong>vi (Palermo, 14 luglio 1916 – Roma, 7 ottobre<br />

1991) è stata una scrittrice italiana <strong>di</strong> primo piano della letteratura italiana del Novecento.<br />

Natalia <strong>Le</strong>vi nasce a Palermo da Giuseppe <strong>Le</strong>vi, un illustre scienziato ebreo <strong>di</strong> origine<br />

triestina, e Li<strong>di</strong>a Tanzi, la madre milanese e non ebrea. Il padre è professore universitario<br />

antifascista e sia il padre che i tre fratelli saranno imprigionati e processati con l'accusa <strong>di</strong><br />

antifascismo. Natalia trascorre l'infanzia e l'adolescenza a Torino, in stato <strong>di</strong> emarginazione<br />

e trova presto conforto nella scrittura. Esor<strong>di</strong>sce nel 1933 con il suo primo racconto, I<br />

bambini, pubblicato dalla rivista "Solaria" e nel 1938 sposa <strong>Le</strong>one Ginzburg col cui<br />

cognome firmerà in seguito tutte le sue opere. Dalla loro unione nacquero tre figli: Carlo,<br />

che <strong>di</strong>verrà un noto storico e saggista, Andrea e Alessandra. In quegli anni stringe legami<br />

con i maggiori rappresentanti dell'antifascismo torinese e in particolare con gli intellettuali<br />

della casa e<strong>di</strong>trice Einau<strong>di</strong> della quale il marito, docente universitario <strong>di</strong> letteratura russa,<br />

era collaboratore dal 1933. Nel 1940 segue il marito, che era stato mandato al confino per<br />

motivi politici e razziali, in un paese dell'Abruzzo dove rimane fino al 1943.<br />

Nel febbraio del 1944, in seguito alla morte del marito ucciso nel carcere <strong>di</strong> Regina Coeli,<br />

Natalia ritorna a Torino e al termine della Seconda guerra mon<strong>di</strong>ale comincia a lavorare<br />

per la casa e<strong>di</strong>trice Einau<strong>di</strong>. Nel 1947 esce il suo secondo romanzo e vince il premio<br />

letterario "Tempo". Nel 1950 sposa l'anglista Gabriele Bal<strong>di</strong>ni, docente <strong>di</strong> letteratura<br />

inglese e <strong>di</strong>rettore dell’Istituto Italiano <strong>di</strong> Cultura a Londra. Inizia per Natalia un periodo<br />

ricco per la produzione letteraria che si rivela prevalentemente orientata sui temi della<br />

memoria e dell'indagine psicologica. Nel 1969 muore il marito e la scrittrice si de<strong>di</strong>ca<br />

sempre più alla narrativa. La Ginzburg si rivela inoltre autrice <strong>di</strong> comme<strong>di</strong>e tra le quali, Ti<br />

ho sposato per allegria del 1965, e Paese <strong>di</strong> mare nel 1972. Nel 1983 viene eletta nelle<br />

liste del Partito Comunista Italiano al Parlamento. Muore a Roma tra il 6 e il 7 ottobre<br />

1991.<br />

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OPERE:<br />

- La strada che va in città (1942)<br />

- È stato così (1947)<br />

- Tutti i nostri ieri (1952)<br />

- Valentino (1957)<br />

- Sagittario (1957)<br />

- <strong>Le</strong> voci della sera (1961)<br />

- <strong>Le</strong> piccole virtù (1962)<br />

- <strong>Le</strong>ssico famigliare (1963)<br />

- Mai devi domandarmi (1970)<br />

- Caro Michele (1973)<br />

- Vita immaginaria (1974)<br />

- La famiglia Manzoni (1983)<br />

- La città e la casa (1984)<br />

- Serena Cruz o la vera giustizia (1990)<br />

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SCHEDATURA DEL LIBRO:<br />

TITOLO: <strong>Le</strong>ssico famigliare<br />

AUTORE: Natalia Ginzburg<br />

PUBBLICAZIONE: 1963<br />

NATALIA GINZBURG<br />

“LESSICO FAMIGLIARE”<br />

TRAMA: Natalia viveva in una famiglia molto particolare a causa del lessico usato. La sua<br />

famiglia cambiava spesso casa e alla fine si trasferì a Torino. Spesso con i suoi familiari<br />

andava in montagna, dove era obbligata a fare lunghe passeggiate, e spesso si incontrava<br />

con gli amici <strong>di</strong> suo padre, i Lopez e gli Olivetti. Aveva una sorella, “la Paola” e tre fratelli,<br />

Gino, Mario e Alberto.<br />

I suoi genitori, essendo uno comunista, Giuseppe, e l'altra, Li<strong>di</strong>a, socialista, durante il<br />

periodo fascista soffrirono molto, a causa <strong>di</strong> ciò. Ospitarono anche Turati per qualche<br />

mese in quanto ricercato dalla polizia. I suoi fratelli ormai gran<strong>di</strong> cominciarono a o<strong>di</strong>are il<br />

fascismo. Gino fu arrestato come cospiratore e Mario si salvò rifugiandosi in Francia, dove<br />

visse in seguito per molti anni. Alberto invece non era un cospiratore ma era un<br />

simpatizzante come molti tra i suoi amici.<br />

Poi “la Paola” si sposò e così tutti i suoi fratelli tranne Natalia che ancora viveva con i suoi<br />

genitori. Anche lei sposò <strong>Le</strong>one Ginzburg ed ebbe, come gli altri, dei figli. Si trasferì così in<br />

un'altra casa. Poco dopo <strong>Le</strong>one morì lasciandola sola con i suoi figli. Natalia conobbe delle<br />

ragazze che in breve <strong>di</strong>vennero sue amiche, tra cui Lola, che pochi anni prima le era in<br />

o<strong>di</strong>o.<br />

Decise <strong>di</strong> trasferirsi definitivamente a Roma, dove passò tutta la sua vita.<br />

SPAZIO: “La casa <strong>di</strong> Via Pastrengo era molto grande. C'erano <strong>di</strong>eci o do<strong>di</strong>ci stanze, un<br />

cortile, un giar<strong>di</strong>no, una veranda a vetri, che guardava sul giar<strong>di</strong>no ; era però molto buia e<br />

certo umida ; perché un inverno nel cesso, crebbero due o tre funghi”.<br />

Questo passo è una veloce descrizione della casa in Via Pastrengo dove Natalia vivrà. <strong>Le</strong><br />

informazioni che ci giungono infatti sono molto approssimative : "C'erano <strong>di</strong>eci o do<strong>di</strong>ci<br />

stanze". La descrizione anche se abbastanza oggettiva, riesce a comunicarci la gioia che<br />

Natalia, ancora molto piccola, prova nel visitare la sua futura casa. Grazie all'articolo<br />

indeterminativo che compare davanti a tutte le parti della casa, noi possiamo capire che la<br />

narratrice descrive la casa come se fosse la prima volta che la vede, cioè come fece<br />

quando per la prima volta entrò nella casa nuova. Tuttavia, grazie all'articolo<br />

determinativo che compara davanti a "casa", si può capire che la bambina sapeva già che<br />

si sarebbe trasferita in quella abitazione, anche se non l'aveva mai vista.<br />

Oltre ai dati oggettivi che Natalia descrive, tra cui il cortile e la veranda, spiccano due dati<br />

soggettivi, che probabilmente hanno colpito subito la narratrice ancora giovane "era però<br />

molto buia e certo umida", anche se la seconda tesi viene smentita proseguendo nella<br />

descrizione quando <strong>di</strong>ce che in inverno nel bagno crebbero dei funghi.<br />

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TEMPO: La maggior parte del racconto si svolge durante il ventennio fascista e finisce<br />

qualche anno dopo la seconda guerra mon<strong>di</strong>ale. Dalle informazioni che ci dà il testo non si<br />

può capire quanto duri il racconto, ma si può intuire a causa <strong>di</strong> ciò che accade che il<br />

racconto dura circa 30-35 anni. Il tempo non è particolarmente <strong>di</strong>latato o ristretto perché il<br />

testo non presenta nè descrizioni particolarmente lunghe, nè <strong>di</strong>aloghi molto estesi.<br />

PERSONAGGI: Natalia: Natalia è la protagonista del racconto. Nel testo lei non appare<br />

quasi mai, perché descrive sempre ciò che succede agli altri: inoltre non viene mai<br />

chiamata per nome e si può capire chi sia soltanto leggendo il nome dell'autrice, cioè lei.<br />

Verso la fine comincia a parlare molto <strong>di</strong> sè e <strong>di</strong> quello che le accade, come per <strong>di</strong>mostrare<br />

che soltanto quando comincia a vivere senza i suoi genitori, si libera del peso che la sua<br />

famiglia esercita su <strong>di</strong> lei. Questo personaggio parla solo con il <strong>di</strong>scorso in<strong>di</strong>retto libero,<br />

cioè esprime solo ciò che pensa ; da questo si può comprendere la sua timidezza.<br />

Beppino: Giuseppe, il padre <strong>di</strong> Natalia, sembrerebbe quasi un “antagonista”, a causa della<br />

sua durezza nell'educare i figli. In realtà però è un “aiutante” perché è un padre molto<br />

autorevole.<br />

Li<strong>di</strong>a: Li<strong>di</strong>a è la madre <strong>di</strong> Natalia ed è la sua “aiutante” e <strong>di</strong> tutti i suoi fratelli. Infatti, oltre<br />

a <strong>di</strong>fenderli quando il padre si arrabbia con loro, li aiuta ad accu<strong>di</strong>re i loro figli e non li<br />

lascia mai soli. Parla con il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto per esprimere meglio la propria spensieratezza.<br />

Gino: Gino, a parere <strong>di</strong> suo padre, è il meno "asino" <strong>di</strong> tutti i fratelli. Va a fare lunghe<br />

passeggiate in montagna con i suoi amici, ed è quello che ha conseguito i risultati migliori<br />

all'università.<br />

Mario: Mario, è il secondo dei fratelli. Dopo aver trasportato dei volantini antifascisti dalla<br />

Svizzera all'Italia, si rifugia in Francia e passa lì la sua vita.<br />

Alberto: Alberto è il terzo fratello e quin<strong>di</strong> il più piccolo. Non ha mai avuto voglia <strong>di</strong><br />

stu<strong>di</strong>are: preferiva giocare a calcio con gli amici piuttosto che passare il tempo in casa a<br />

stu<strong>di</strong>are.<br />

Paola: Paola è la sorella maggiore della protagonista. Essendo la più grande, è quella che<br />

si avvicina <strong>di</strong> più ai gusti <strong>di</strong> sua madre. Paola è una ragazza molto pretenziosa: vuole<br />

sempre vestiti nuovi.<br />

Natalina: Natalina è la governante <strong>di</strong> casa. Non ha un lessico molto appropriato e<br />

confonde sempre i pronomi personali. E' stata la governante della famiglia della<br />

protagonista per trent'anni.<br />

Vittorio: Vittorio è un amico <strong>di</strong> Alberto. È un cospiratore antifascista e ad un certo punto<br />

viene scoperto e quin<strong>di</strong> messo in prigione, facendo rischiare il carcere anche ad Alberto.<br />

COMMENTO: Questo libro, narra ciò che accade ad ogni ragazzo nel periodo in cui si<br />

stacca definitivamente dalla famiglia per entrare nel mondo degli adulti. Questo accade a<br />

Natalia quando si trasferisce a Roma dopo aver passato tutta l'infanzia con la sua famiglia,<br />

come è successo anche ai suoi fratelli e a tutti gli uomini.<br />

Il racconto secondo me è una cronaca scritta come un <strong>di</strong>ario da una ragazza che annota<br />

tutto ciò che le accade intorno.<br />

Il libro tuttavia, ci comunica che ogni famiglia è composta da un insieme <strong>di</strong> voci e <strong>di</strong><br />

richiami che la rendono unica e molto particolare.<br />

78


BIOGRAFIA<br />

DACIA MARAINI<br />

Figlia dello scrittore ed etnologo Fosco Maraini e della pittrice siciliana Topazia Alliata,<br />

appartenente all'antico casato degli Alliata <strong>di</strong> Salaparuta. La nonna materna si<br />

chiamava Sonia Ortúzar Ovalle ed era la figlia <strong>di</strong> un <strong>di</strong>plomatico cileno con la passione<br />

del canto lirico. La nonna paterna <strong>di</strong> Dacia era la scrittrice Yoi Crosse, per metà polacca<br />

e per metà inglese.<br />

Dacia trascorse la sua infanzia in Giappone dove la sua famiglia si stabilì dal 1939 al<br />

1946. Lì, dal 1943 al 1946, la famiglia fu internata in un campo <strong>di</strong> concentramento<br />

giapponese. Al ritorno in Italia, si trasferirono in Sicilia, presso i nonni materni, nella<br />

Villa <strong>di</strong> Valguarnera <strong>di</strong> Bagheria, ma poi i genitori si separarono.<br />

A 18 anni Dacia raggiunse il padre a Roma dove riscosse il suo primo successo con il<br />

romanzo La vacanza (1962). Seguono romanzi, racconti, poesie, e saggi.<br />

Si è occupata anche molto <strong>di</strong> teatro;nel 1973 ha fondato a Roma con Maricla Boggio il<br />

teatro della Maddalena,gestito e <strong>di</strong>retta soltanto da donne. Ha scritto più <strong>di</strong> 60 testi<br />

teatrali rappresentati in Italia e all’estero,tra cui ricor<strong>di</strong>amo “Manifesto dal carcere”e<br />

“Dialogo <strong>di</strong> una prostituta con il suo cliente”.<br />

Fu a lungo compagna <strong>di</strong> Alberto Moravia, con cui visse dal 1962 al 1978. Tra i premi<br />

vinti, tra cui Campiello e Strega, c’è stato il Premio Pinuccio Tatarella.<br />

Controversie<br />

Fu tra gli intellettuali che firmarono un manifesto, pubblicato sull' Espresso con cui<br />

accusarono il commissario Calabresi <strong>di</strong> essere un torturatore e <strong>di</strong> essere responsabile<br />

della fine dell'anarchico Pinelli.<br />

Opere<br />

• Romanzi<br />

• La vacanza, (1962)<br />

• L'età del malessere, (1963)<br />

• A memoria, (1967)<br />

• Memorie <strong>di</strong> una ladra, (1972)<br />

• Donna in guerra, (1975)<br />

• <strong>Le</strong>ttere a Marina, (1981)<br />

• Il treno per Helsinki, (1984)<br />

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• Isolina, (1985)<br />

• La lunga vita <strong>di</strong> Marianna Ucrìa, (1990) - vincitore del Premio Campiello<br />

• Bagheria, (1993)<br />

• Voci, (1994)<br />

• Dolce per sé, (1997)<br />

• La nave per Kobe, (2001)<br />

• Colomba, (2004)<br />

• Il gioco dell'universo - Dialoghi immaginari tra un padre e una figlia, (2007)<br />

• Il treno dell'ultima notte, (2008)<br />

•<br />

• Racconti<br />

• Mio marito, (1968)<br />

• L'uomo tatuato, (1990)<br />

• La ragazza con la treccia, (1994)<br />

• Mulino, Orlov e il gatto che si crede pantera, (1995)<br />

• Buio, (1999) - vincitore del Premio Strega<br />

• Un sonno senza sogni, (2006) - Drago E<strong>di</strong>zioni<br />

• Ragazze <strong>di</strong> Palermo, (2007) - Corriere della Sera (Corti <strong>di</strong> Carta)<br />

• Racconti per bambini<br />

• Storie <strong>di</strong> cani per una bambina, (1996)<br />

• La pecora Dolly, (2001<br />

•<br />

• Poesie<br />

• Crudeltà all'aria aperta, (1966)<br />

• Donne mie, (1974)<br />

• Mangiami pure, (1978)<br />

• Dimenticato <strong>di</strong> <strong>di</strong>menticare, (1984)<br />

• Viaggiando con passo <strong>di</strong> volpe, (1991)<br />

• Se amando troppo, (1998)<br />

• Saggi<br />

• La bionda, la bruna e l'asino, (1987)<br />

• Cercando Emma, (1993)<br />

• Un clandestino a bordo, (1996)<br />

• I giorni <strong>di</strong> Antigone - Quaderno <strong>di</strong> cinque anni, (2006)<br />

•<br />

• Interviste<br />

• E tu chi eri?, (1973)<br />

• Storia <strong>di</strong> Piera, (1980)<br />

• Il bambino Alberto, (1986)<br />

• Piera e gli assassini, (2003)<br />

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Titolo: La lunga vita <strong>di</strong> Marianna Ucria<br />

Autrice: Dacia Maraini<br />

Anno <strong>di</strong> pubblicazione: 1990<br />

Casa E<strong>di</strong>trice: Superbur Rizzoli<br />

Genere: Romanzo<br />

Ambientazione: Sicilia (Palermo) 700<br />

Personaggi: Marianna,una donna nobile sordo-muta,le sue serve Innocenza e Fila,il marito<br />

zio Pietro,i figli e Saro, fratello <strong>di</strong> Fila<br />

Linguaggio usato: semplice e scorrevole,compare il <strong>di</strong>aletto siciliano, è usato prevalentemente<br />

il <strong>di</strong>scorso in<strong>di</strong>retto,ma anche quello <strong>di</strong>retto quando si parla.<br />

Contenuto: Il libro narra <strong>di</strong> una ragazza,Marianna Ucria, nobile Siciliana,<strong>di</strong>ventata sordomuta<br />

in seguito alla violenza subita da bambina dallo zio Pietro. Ricorda quell’ episo<strong>di</strong>o<br />

infantile dapprima vagamente tramite un sogno ad occhi aperti. A tre<strong>di</strong>ci anni i genitori la<br />

danno in sposa a Pietro da cui avrà cinque figli. Morto il marito, Marianna si occupa della<br />

proprietà familiare, ha un amante, viaggia infine,ormai ribelle alle convenzioni sociali.<br />

Narratore: esterno<br />

Temi: <strong>Le</strong> con<strong>di</strong>zione della donna,la funzione della scrittura,che ha un ruolo molto<br />

importante poiché essa è l’unico strumento <strong>di</strong> comunicazione con il mondo per Marianna e<br />

infine anche il silenzio come atto <strong>di</strong> protesta.<br />

Titolo: Bagheria<br />

Autrice: Dacia Maraini<br />

Anno <strong>di</strong> Pubblicazione: 2004<br />

Casa e<strong>di</strong>trice: Bur<br />

Genere:Autobiografico<br />

Spazio: In Sicilia,nella piccola citta<strong>di</strong>na <strong>di</strong> Bagheria<br />

Tempo: Intorno al 1947<br />

Contenuto: "Bagheria" è un racconto affidato alla memoria. L'autrice, bambina, arriva in<br />

Sicilia dopo aver trascorso due anni in un campo <strong>di</strong> concentramento giapponese. Con<br />

infantile intensità vive la scoperta delle proprie origini, della nobile famiglia materna, così<br />

ra<strong>di</strong>cata in quel paesaggio fatto <strong>di</strong> palazzi baronali e case che sembrano reggersi una<br />

all'altra. Nell'omertà delle pareti domestiche si consumano rapporti tortuosi, dove il prezzo<br />

da pagare ricade sempre sulle donne, sacrificate alla "legge" dell'onore in una società che<br />

tutto sa, ma finge <strong>di</strong> non vedere.<br />

Narratrice:E’ la stessa autrice del libro,Dacia Maraini<br />

Commento: Il libro presenta la storia dell’infanzia dell’autrice nel contesto della società<br />

siciliana in quel periodo<br />

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Biografia<br />

EMMA CASTELNUOVO<br />

1913<br />

Emma Castelnuovo ha stu<strong>di</strong>ato presso l'Istituto <strong>di</strong> Matematica dell'Università <strong>di</strong> Roma<br />

attualmente intitolato a suo padre, Guido Castelnuovo, importante stu<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> Probabilità e<br />

"padre fondatore" della scuola italiana <strong>di</strong> Geometria. Qui si laurea, nel 1936, in Matematica<br />

con una tesi <strong>di</strong> Geometria algebrica. Al termine degli stu<strong>di</strong> lavora, dal '36 al '38, come<br />

bibliotecaria nello stesso Istituto.<br />

Nel 1938 risulta vincitrice del concorso per insegnare nella scuola secondaria, ma non<br />

ottiene la cattedra a causa delle leggi razziali vigenti durante il periodo fascista. Per lo<br />

stesso motivo perde il posto <strong>di</strong> bibliotecaria. Da 1939 al 1943 insegna nella Scuola Ebraica<br />

<strong>di</strong> Roma. L'invasione tedesca degli anni '43 e '44 la costringe alla clandestinità. Dopo la<br />

liberazione <strong>di</strong> Roma (giugno 1944) ottiene la cattedra in una scuola me<strong>di</strong>a statale. Nello<br />

stesso anno organizza una conferenza sull'insegnamento della Matematica.<br />

E' del 1946 un articolo su "Il metodo intuitivo per insegnare la Geometria nel Primo Ciclo<br />

della Scuola Secondaria", con le idee che sviluppa poi nel libro "Geometria Intuitiva"<br />

(1949). Dalla prefazione della prima e<strong>di</strong>zione si nota l'assoluta attualità delle sue idee:<br />

"obiettivo principale del corso <strong>di</strong> Geometria intuitiva è suscitare, attraverso l'osservazione<br />

dei fatti riguardanti la tecnica, l'arte e la natura, l'interesse dell'alunno per le proprietà<br />

fondamentali delle figure geometriche e, con esso, il gusto e l'entusiasmo per la ricerca.<br />

Questo gusto non può nascere, credo, se non facendo partecipare l'alunno nel lavoro<br />

creativo. E' necessario animare la naturale e istintiva curiosità che hanno i ragazzi dagli 11<br />

ai 14 anni accompagnandoli nella scoperta delle verità matematiche, trasmettendo l'idea <strong>di</strong><br />

averlo fatto per se stessi e, dall'altra parte, far sentite progressivamente la necessità <strong>di</strong> un<br />

ragionamento logico".<br />

Nel 1952 pubblica il libro <strong>di</strong> Aritmetica "I Numeri" per alunni del primo ciclo delle superiori.<br />

Nel frattempo, nel 1950 era nata la Commissione Internazionale per lo Stu<strong>di</strong>o e il<br />

82


Miglioramento della Didattica della Matematica (C.I.E.A.E.M.). Emma Castelnuovo è<br />

nominata membro della Commissione e, in questo ambito, conosce e collabora, tra gli altri,<br />

con Piaget. Nel 1956, a Madrid la Commissione celebra la sua 11° riunione con una<br />

esposizione <strong>di</strong> modelli e materiali <strong>di</strong>dattici e Emma Castelnuovo presenta una relazione per<br />

illustrare un metodo <strong>di</strong>dattico per l'esposizione delle sezioni coniche (con la partecipazione<br />

degli alunni del liceo italiano <strong>di</strong> Madrid). Sempre la C.I.E.A.E.M. nel 1958 promuove la<br />

pubblicazione del libro "I materiali per insegnare la Matematica" con articoli <strong>di</strong> personalità<br />

importanti nella <strong>di</strong>dattica della Matematica. L'articolo <strong>di</strong> Emma Castelnuovo ha come titolo<br />

"L'oggetto e l'azione dell'insegnamento della Geometria intuitiva".<br />

Nel 1963 pubblica il libro Didattica della Matematica. Tra il '71 e il '74 organizza Roma<br />

un'esposizione <strong>di</strong> lavori dei suoi alunni; queste esposizioni daranno vita alle due<br />

pubblicazioni: "Documenti <strong>di</strong> un'esposizione matematica" nel 1972 e "Matematica della<br />

realtà" nel 1976. Nel 1993 pubblica il libro <strong>di</strong> <strong>di</strong>vulgazione "Pentole, ombre e formiche". In<br />

viaggio con la Matematica.<br />

Emma Castelnuovo ha sempre, per sua scelta, insegnato nel primo ciclo della scuola<br />

secondaria (scuola me<strong>di</strong>a), con alunni tra gli 11 e i 14 anni.<br />

Opere:<br />

Geometria intuitiva per le scuole me<strong>di</strong>e inferiori<br />

Geometria intuitiva<br />

I numeri: aritmetica pratica<br />

I numeri relativi : equazioni : supplemento a I numeri; aritmetica pratica : a norma dei<br />

nuovi programmi ministeriali per la scuola me<strong>di</strong>a<br />

Didattica della matematica<br />

Matematica moderna nella scuola me<strong>di</strong>a<br />

La geometria<br />

Jaen Louis Nicolet e i suoi films <strong>di</strong> geometria<br />

Documenti <strong>di</strong> un'esposizione <strong>di</strong> matematica: da bambini a uomini<br />

Motivazioni per lo stu<strong>di</strong>o della matematica<br />

Matematica nella realtà<br />

Trigonometria<br />

Numeri e figure : per la 1° e la 2° classe della scuola me<strong>di</strong>a<br />

Figure e formule : per la 3° classe della scuola me<strong>di</strong>a<br />

Didattica della matematica<br />

Matematica oggi: corso <strong>di</strong> matematica per il biennio della scuola secondaria superiore<br />

Pentole, ombre, formiche: in viaggio con la matematica<br />

<strong>Le</strong>ggi matematiche<br />

Numeri A-B<br />

Figure piane A-B<br />

Figure solide<br />

La matematica : Guida per l'insegnante<br />

83


Biografia:<br />

FABIOLA GIANOTTI<br />

Fabiola Gianotti ha stu<strong>di</strong>ato Fisica all'Università <strong>di</strong> Milano dove, nel 1989, ha conseguito un<br />

Dottorato <strong>di</strong> Ricerca in Fisica sperimentale sub-nucleare. Dal 1994 lavora come fisico <strong>di</strong><br />

ricerca nel Physics Department del Cern. Ha lavorato in vari esperimenti al Cern (UA2,<br />

Aleph, Atlas) dove si è occupata <strong>di</strong> ricerca e sviluppo così come <strong>di</strong> costruzione <strong>di</strong> rivelatori,<br />

sviluppo <strong>di</strong> software e analisi <strong>di</strong> dati <strong>di</strong> fisica. Ha ricoperto numerosi incarichi <strong>di</strong><br />

responsabilità, tra cui: coor<strong>di</strong>natrice del gruppo <strong>di</strong> Supersimmetria <strong>di</strong> Aleph e coor<strong>di</strong>natrice<br />

della fisica <strong>di</strong> Atlas.<br />

Attualmente è vice-responsabile (Deputy Spokesperson) dell'esperimento Atlas. Negli<br />

ultimi otto anni ha fornito una ventina <strong>di</strong> presentazioni su invito a conferenze internazionali<br />

ed è stata membro <strong>di</strong> numerosi comitati al Cern e in altri laboratori. È attualmente<br />

membro del Consiglio Scientifico del Cnrs in Francia e del Physics Advisory Committee del<br />

laboratorio Fermilab a Chicago.<br />

Fabiola è stata eletta dal Collaboration Board che raggruppa i 169 istituti <strong>di</strong> tutto il mondo<br />

impegnati nell’esperimento. La fisica italiana, che è entrata in carica ufficialmente il primo<br />

marzo del 2009, coor<strong>di</strong>nerà circa 2.500 scienziati.<br />

Altri fisici italiani hanno un ruolo importante nell’avventura <strong>di</strong> LHC. Guido Tonelli è infatti<br />

vice-coor<strong>di</strong>natore <strong>di</strong> un altro esperimento CMS, mentre due donne, Maria Curatolo e<br />

Marcella Diemoz, sono alla guida dei fisici italiani coor<strong>di</strong>nati dall’Istituto Nazionale <strong>di</strong> Fisica<br />

Nucleare (INFN) negli esperimenti ATLAS e CMS.<br />

84


LAURA CONTI<br />

Laura Conti (U<strong>di</strong>ne, 1921 – Milano, maggio 1993) è stata un me<strong>di</strong>co, ambientalista,<br />

scrittrice, militante politica italiana, importante promotrice e rappresentante dell'ambientalismo<br />

in Italia.<br />

Nata a U<strong>di</strong>ne nel 1921, ancora universitaria svolse attività antifascista e per questo fu<br />

arrestata nel 1944, evitando fortunosamente l'invio in Germania. Tornata libera, conseguì<br />

la laurea in me<strong>di</strong>cina, trasferendosi a Milano, dove svolse il suo impegno politico nelle file<br />

del Partito Comunista Italiano, rivestendo gli incarichi <strong>di</strong> consigliere provinciale dal 1960 al<br />

1970 e successivamente, fino al 1980, <strong>di</strong> consigliere regionale. Nel 1987 fu eletta alla<br />

Camera dei Deputati, concludendo la legislatura un anno prima della morte, avvenuta nel<br />

maggio 1993. Particolarmente interessata ai problemi ecologici, fu tra i primi a introdurre<br />

in Italia riflessioni sui problemi dello sviluppo, dei limiti delle risorse, del rapporto tra<br />

sviluppo industriale e conservazione della natura; la sua opera Che cos'è l'ecologia si<br />

impose all'attenzione del pubblico e <strong>di</strong>venne un testo fondamentale per la formazione<br />

dell'allora nascente movimento ambientalista. Ma a farne una figura notoria e <strong>di</strong> rilievo<br />

pubblico fu in particolare la campagna da lei impostata e <strong>di</strong>retta con grande de<strong>di</strong>zione ed<br />

energia in occasione del tragico <strong>di</strong>sastro <strong>di</strong> Seveso nel 1976, dopo il quale, convinta che la<br />

cultura ambientalista dovesse trovare un concreto sbocco politico, operò attivamente, con<br />

altri stu<strong>di</strong>osi, per costituire, all'interno dell'ARCI, la <strong>Le</strong>ga per l'Ambiente, della quale fu poi<br />

presidente del Comitato scientifico.A Laura Conti è de<strong>di</strong>cato dal 2000 il Premio Ecologia<br />

per tesi <strong>di</strong> laurea promosso dall'Ecoistituto del Veneto Alex Langer.<br />

85


BIOGRAFIA:<br />

MARCELLA DIEMOZ<br />

Laureata in Fisica all'Università <strong>di</strong> Roma "La Sapienza" nel 1982, ha conseguito il titolo <strong>di</strong><br />

dottore <strong>di</strong> ricerca nel 1987. Dal 2002 è <strong>di</strong>rigente <strong>di</strong> ricerca dell’Infn. La sua attività<br />

scientifica è documentata da oltre 300 pubblicazioni su riviste internazionali e da numerose<br />

presentazioni a conferenze internazionali.<br />

L’attività <strong>di</strong> ricerca si è rivolta allo stu<strong>di</strong>o sperimentale delle interazioni fondamentali<br />

utilizzando neutrini, elettroni e infine (con il prossimo esperimento Cms al Lhc del Cern)<br />

anche protoni. Di questi ultimi ne ha stu<strong>di</strong>ato, pubblicando numerosi risultati scientifici, la<br />

struttura interna a quark e gluoni. Si è occupata dello stu<strong>di</strong>o della curva <strong>di</strong> risonanza del<br />

bosone Z e della ricerca del bosone <strong>di</strong> Higgs al <strong>Le</strong>p del Cern. Ha de<strong>di</strong>cato gli ultimi <strong>di</strong>eci<br />

anni della sua attività alla progettazione, allo sviluppo e alla costruzione del calorimetro<br />

elettromagnetico a cristalli scintillanti <strong>di</strong> Cms (Ecal). Questo strumento innovativo<br />

permetterà <strong>di</strong> raggiungere altissime precisioni nella misura <strong>di</strong> elettroni e fotoni aprendo le<br />

porte all’osservazione <strong>di</strong> nuovi rarissimi fenomeni. Metà del calorimetro (circa 30000<br />

cristalli) è stato costruito in Italia dal gruppo <strong>di</strong> Roma <strong>di</strong> cui la dott.ssa Diemoz è<br />

responsabile dal 1996. Dal 2004 è Deputy Project Manager <strong>di</strong> questo progetto in-<br />

ternazionale che vede impegnate numerose istituzioni straniere sia europee che americane<br />

Dal gennaio del 2007 Marcella Diemoz è il responsabile nazionale dell’Istituto Nazionale <strong>di</strong><br />

Fisica Nucleare per l’esperimento “Cms”, prodotto con l’acceleratore LHC al CERN <strong>di</strong><br />

Ginevra, con il compito <strong>di</strong> guidare una comunità <strong>di</strong> circa 250 fisici italiani.<br />

La ricercatrice dell’Istituto Nazionale <strong>di</strong> Fisica Nucleare (INFN) e coor<strong>di</strong>natrice dei fisici<br />

italiani in un esperimento dell’acceleratore <strong>di</strong> particelle LHC <strong>di</strong> Ginevra, ha ricevuto il<br />

Premio Minerva 2008 per la ricerca scientifica.<br />

Il premio de<strong>di</strong>cato alle donne che si sono <strong>di</strong>stinte nelle arti e nella conoscenza, le è stato<br />

consegnato durante una cerimonia che si è svolta alla Galleria Doria Pamphilij <strong>di</strong> Roma.<br />

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BIOGRAFIA:<br />

MARIA MONTESSORI<br />

Maria Montessori nacque il 31 agosto 1870 a Chiaravalle (AN), in un'abitazione al civico 10<br />

<strong>di</strong> Piazza Mazzini. Pochi anni dopo si trasferì, con tutta la famiglia, a Roma, <strong>di</strong>venuta da<br />

poco capitale. Fin dai primi anni <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o manifestò interesse per le materie scientifiche,<br />

soprattutto matematica e biologia, una circostanza che le causò contrasti con i genitori,<br />

che avrebbero voluto avviarla alla carriera <strong>di</strong> insegnante. Andando contro le aspettative<br />

familiari, si iscrisse alla Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina dell'Università "La Sapienza" scelta che la portò<br />

a <strong>di</strong>ventare, nel 1896, la prima donna me<strong>di</strong>co dopo l'unità d'Italia. Da qui inoltre si<br />

capisce come gli ambienti professionali in genere, e tanto più quelli relativi alla me<strong>di</strong>cina,<br />

fossero dominati dagli uomini, molti dei quali, spiazzati e <strong>di</strong>sorientati dall'arrivo <strong>di</strong> questa<br />

nuova "creatura", si presero gioco <strong>di</strong> lei arrivando persino a minacciarla. Un atteggiamento<br />

che purtroppo ebbe gravi ripercussioni sull'animo si forte tuttavia sensibile della<br />

Montessori, che prese a detestare gli uomini o perlomeno ad escluderli dalla sua vita,<br />

tanto che non arriverà mai a sposarsi. I primi passi della sua straor<strong>di</strong>naria carriera, che la<br />

portarono a <strong>di</strong>ventare un vero e proprio simbolo e un'icona del filantropismo, la videro alle<br />

prese con i bambini <strong>di</strong>sabili, <strong>di</strong> cui si prese amorevolmente cura e a cui rimase affezionata<br />

per il resto della sua vita, de<strong>di</strong>candovi tutti i propri sforzi professionali. Intorno al 1900<br />

iniziò un lavoro <strong>di</strong> ricerca presso il manicomio romano <strong>di</strong> S. Maria della Pietà dove, tra gli<br />

adulti malati <strong>di</strong> mente, si trovavano bambini con <strong>di</strong>fficoltà o con turbe del comportamento,<br />

che erano rinchiusi e trattati alla pari degli altri malati mentali adulti e in stato <strong>di</strong> grave<br />

abbandono affettivo. Maria Montessori fu anche scrittrice, esponendo i suoi meto<strong>di</strong> e i suoi<br />

principi in numerosi libri. In particolare, nel 1909 pubblicò "Il metodo della pedagogia<br />

scientifica" che, tradotto in numerosissime lingue, <strong>di</strong>ede al metodo Montessori una<br />

risonanza mon<strong>di</strong>ale. Nel 1929 venne fondata l'Associazione Montessori Internazionale<br />

87


(A.M.I.) <strong>di</strong> cui attualmente è presidente la nipote Renilde Montessori.Dal 1934 al 1947<br />

visse lontano dall’Italia per contrasti col regime fascista, trascorrendo il periodo ’39 – ’45 in<br />

In<strong>di</strong>a. Visse in <strong>di</strong>verse parti d'Europa prima <strong>di</strong> far ritorno in Italia, dopo la caduta del<br />

fascismo e la fine della Seconda Guerra Mon<strong>di</strong>ale. Morì il 6 maggio 1952 a Noordwijk, in<br />

Olanda, vicino al Mare del Nord. La sua opera continua a vivere attraverso le centinaia <strong>di</strong><br />

scuole istituite a suo nome nelle più <strong>di</strong>sparate parti del globo. Durante gli anni '90 il suo<br />

volto è stato raffigurato sulle banconote italiane da Mille Lire, rimpiazzando quello <strong>di</strong> Marco<br />

Polo, e fino all'entrata in vigore della moneta unica europea.<br />

Opere e scoperte:<br />

1896-1909<br />

• Sul significato dei cristalli del <strong>Le</strong>yden nell'asma bronchiale<br />

• Ricerche batteriologiche sul liquido cefalo rachi<strong>di</strong>ano dei dementi paralitici<br />

• Sulle cosiddette allucinazioni antagonistiche<br />

• Intervento al Congresso <strong>di</strong> Torino<br />

• Miserie sociali e nuovi ritrovati della scienza<br />

• La questione femminile e il Congresso <strong>di</strong> Londra<br />

• Riassunto delle lezioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>dattica<br />

• Norme per una classificazione dei deficienti in rapporto ai meto<strong>di</strong> speciali <strong>di</strong><br />

educazione<br />

• Caratteri fisici delle giovani donne del Lazio<br />

• L'importanza dell'etnologia regionale nell'antropologia pedagogica<br />

• La Casa dei Bambini dell'Istituto Romano dei Beni Stabili<br />

• La morale sessuale nell'educazione<br />

• Come si insegna a leggere e a scrivere nelle ‘‘Case dei Bambini’‘ <strong>di</strong> Roma<br />

• Corso <strong>di</strong> Pedagogia Scientifica<br />

• Il Metodo della Pedagogia Scientifica applicato all'educazione infantile nelle Case dei<br />

Bambini<br />

1910-1952<br />

• Antropologia Pedagogica<br />

• L'autoeducazione nelle scuole elementari<br />

• Manuale <strong>di</strong> pedagogia scientifica<br />

• I bambini viventi nella Chiesa<br />

• La vita in Cristo<br />

• Psico Geométria<br />

• Psico Aritmética<br />

• Il bambino in famiglia<br />

• Il segreto dell'infanzia<br />

• Educazione e pace<br />

• La scoperta del bambino<br />

• La mente del bambino. Mente assorbente<br />

• Educazione per un mondo nuovo<br />

• Come educare il potenziale umano.<br />

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Il Metodo della Pedagogia Scientifica applicato<br />

all'educazione infantile nelle Case dei Bambini<br />

• Autore: Maria Montessori<br />

• Prima e<strong>di</strong>zione: 1909<br />

• E<strong>di</strong>tore: Opera Nazionale Montessori<br />

• Argomento: Educazione e Pedagogia<br />

• Descrizione dell’opera:<br />

L’idea centrale della pedagogia della Montessori è quella <strong>di</strong> riconoscere al bambino energie<br />

creative e <strong>di</strong>sposizioni morali che l'adulto ha ormai compresso dentro <strong>di</strong> sé, rendendole<br />

inattive; <strong>di</strong> qui la tendenza dell'adulto a reprimere il bambino e a costringerlo fin dalla<br />

tenera età a ritmi <strong>di</strong> vita innaturali. Caratteristica della scuola, secondo Montessori, deve<br />

essere un ambiente fatto su misura del bambino, anche nei particolari dell'arredamento, e<br />

l'impiego <strong>di</strong> adeguati materiali <strong>di</strong> sviluppo. E' più importante educare prima i sensi e poi<br />

l'intelletto del bambino. Inoltre il principio fondamentale deve essere la libertà dell’allievo,<br />

poiché solo la libertà consente uno sviluppo <strong>di</strong> manifestazioni spontanee, già presenti nella<br />

natura del bambino. Il bambino deve capire la <strong>di</strong>fferenza fra bene e male e compito<br />

dell’insegnante è che il bambino non confonda essere buono con l’immobilità e il male con<br />

l’attività. L’intento deve essere quello <strong>di</strong> creare una <strong>di</strong>sciplina per l’attività, il lavoro, il<br />

bene, non per l’immobilità, la passività, l’obbe<strong>di</strong>enza. La <strong>di</strong>sciplina deve emergere a partire<br />

dalla libertà. Un in<strong>di</strong>viduo <strong>di</strong>sciplinato è padrone <strong>di</strong> se stesso e capace <strong>di</strong> regolarsi da solo<br />

quando sarà necessario seguire delle regole <strong>di</strong> vita. Infine, la Montessori <strong>di</strong>ce che non è<br />

possibile conoscere le conseguenze che avrà l’aver soffocato l’azione al momento in cui il<br />

bambino sta appena cominciando ad essere attivo e che forse, così facendo, gli si soffoca<br />

la vita stessa.<br />

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BIOGRAFIA:<br />

MARIA CURATOLO<br />

Laureata in Fisica presso l’Università <strong>di</strong> Roma “La Sapienza” nel 1969, nella sua attività <strong>di</strong><br />

ricerca ha offerto un contributo significativo sia nella costruzione <strong>di</strong> rivelatori che<br />

nell’analisi <strong>di</strong> dati <strong>di</strong> fisica; in particolare nello stu<strong>di</strong>o delle caratteristiche delle interazioni<br />

adroniche tra particelle e delle interazioni elettrodeboli con produzione <strong>di</strong> bosoni W e Z.<br />

Ha ricoperto incarichi <strong>di</strong> responsabilità sia negli esperimenti cui ha partecipato che nell’Infn<br />

(Istituto Nazionale <strong>di</strong> Fisica Nucleare, che promuove e coor<strong>di</strong>na la ricerca scientifica nel<br />

campo della fisica subnucleare).<br />

È stata coor<strong>di</strong>natore della Linea Scientifica 1 (Fisica agli acceleratori) dei Laboratori<br />

Nazionali <strong>di</strong> Frascati (Lnf) dei quali ne è <strong>di</strong>venuta anche responsabile.<br />

Nell’esperimento Atlas (uno dei quattro esperimenti riguardanti l’acceleratore del Cern <strong>di</strong><br />

Ginevra), al quale ha partecipato fin dalle prime fasi <strong>di</strong> progettazione.<br />

Attualmente è sposata e ha tre figli; si è occupata sempre della sua famiglia <strong>di</strong> cui è<br />

orgogliosa, riuscendo a conciliare la vita familiare e quella professionale, entrambe vissute<br />

con grande impegno e passione.<br />

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RITA LEVI-MONTALCINI<br />

Nasce a Torino il 22 aprile 1909 insieme alla sorella gemella Paola <strong>Le</strong>vi Montalcini (1909-<br />

2000). Dopo aver stu<strong>di</strong>ato me<strong>di</strong>cina all'università <strong>di</strong> Torino, dove all'età <strong>di</strong> vent'anni entrò<br />

nella scuola me<strong>di</strong>ca dell'istologo Giuseppe <strong>Le</strong>vi, iniziò gli stu<strong>di</strong> sul sistema nervoso che<br />

avrebbe proseguito per tutta la sua vita, salvo alcune brevi interruzioni nel periodo della<br />

seconda guerra mon<strong>di</strong>ale. Si è laureata nel 1936. Nel 1938, in quanto ebrea sefar<strong>di</strong>ta, fu<br />

costretta dalle leggi razziali del regime fascista ad emigrare in Belgio con <strong>Le</strong>vi, dove<br />

continuò le sue ricerche in un laboratorio casalingo. Sino all’invasione tedesca del Belgio è<br />

ospite dell’istituto <strong>di</strong> neurologia dell’Università <strong>di</strong> Bruxelles. Siamo nella primavera del<br />

1940. La <strong>Le</strong>vi Montalcini torna a Torino ed allestisce un laboratorio <strong>di</strong> fortuna a casa in una<br />

collina vicino ad Asti, dove con il suo maestro Giuseppe <strong>Le</strong>vi inizia a fare ricerca sullo<br />

sviluppo del sistema nervoso negli embrioni <strong>di</strong> pollo. I suoi primi stu<strong>di</strong> (degli anni 1938-<br />

1944) sono de<strong>di</strong>cati ai meccanismi <strong>di</strong> formazione del sistema nervoso dei vertebrati. Nel<br />

1947 accettò l'invito a proseguire le sue ricerche al Dipartimento <strong>di</strong> Zoologia della<br />

Washington University (nello stato statunitense del Missouri), dove rimase fino al 1977.<br />

Nel 1951-1952 scoprì il fattore <strong>di</strong> crescita nervoso noto come NGF (Nerve Growth Factor),<br />

che gioca un ruolo essenziale nella crescita e <strong>di</strong>fferenziazione delle cellule nervose<br />

sensoriali e simpatiche. Per circa trent'anni proseguì le ricerche su questa molecola<br />

proteica e sul suo meccanismo d'azione, per le quali nel 1986 è stata insignita del Premio<br />

Nobel per la me<strong>di</strong>cina insieme al biochimico statunitense Stanley Cohen. Nella motivazione<br />

del Premio si legge: «La scoperta del NGF all'inizio degli anni Cinquanta è un esempio<br />

affascinante <strong>di</strong> come un osservatore acuto possa estrarre ipotesi valide da un apparente<br />

caos. In precedenza i neurobiologi non avevano idea <strong>di</strong> quali processi intervenissero nella<br />

corretta innervazione degli organi e tessuti dell'organismo».<br />

91


Dal 1961 al 1969 ha <strong>di</strong>retto il Centro <strong>di</strong> Ricerche <strong>di</strong> Neurobiologia del Consiglio Nazionale<br />

delle Ricerche (Roma) in collaborazione con l'Istituto <strong>di</strong> Biologia della Washington<br />

University, e dal 1969 al 1979 il Laboratorio <strong>di</strong> Biologia cellulare. Dopo essersi ritirata da<br />

questo incarico "per raggiunti limiti d'età" continua le sue ricerche come ricercatore e<br />

guest professor dal 1979 al 1989, e dal 1989 al 1995 lavora presso l'Istituto <strong>di</strong><br />

Neurobiologia del CNR con la qualifica <strong>di</strong> superesperto. <strong>Le</strong> sue indagini si concentrano<br />

sullo spettro <strong>di</strong> azione del NGF, utilizzando tecniche sempre più sofisticate. Stu<strong>di</strong> recenti<br />

hanno infatti <strong>di</strong>mostrato che esso ha un'attività ben più ampia <strong>di</strong> quanto si pensasse: non<br />

si limita ai neuroni sensori e simpatici, ma si estende anche alle cellule del sistema nervoso<br />

centrale, del sistema immunitario ematopoietico e alle cellule coinvolte nelle funzioni<br />

neuroendocrine.<br />

È da sempre molto attiva in campagne <strong>di</strong> interesse sociale, per esempio contro le mine<br />

anti-uomo o per la responsabilità degli scienziati nei confronti della società. Nel 1992 ha<br />

istituito, assieme alla sorella gemella Paola, la Fondazione <strong>Le</strong>vi Montalcini, in memoria del<br />

padre, rivolta alla formazione e all'educazione dei giovani, nonché al conferimento <strong>di</strong> borse<br />

<strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o a giovani studentesse africane a livello universitario, con l'obiettivo <strong>di</strong> creare una<br />

classe <strong>di</strong> giovani donne che svolgano un ruolo <strong>di</strong> leadership nella vita scientifica e sociale<br />

del loro paese.<br />

Nerve growth factor<br />

Il Nerve growth factor (NGF), Fattore <strong>di</strong> crescita dei nervi, è una proteina segnale<br />

coinvolta nello sviluppo del sistema nervoso nei vertebrati. In<strong>di</strong>rizza e regola la crescita<br />

degli assoni, tramite meccanismi <strong>di</strong> segnalazione cellulare.<br />

L'NGF fu scoperto negli anni 50 da Rita <strong>Le</strong>vi Montalcini, che per circa trent'anni proseguì le<br />

ricerche su questa molecola proteica e sul suo meccanismo d'azione, per le quali nel 1986<br />

è stata insignita del Premio Nobel per la me<strong>di</strong>cina insieme allo statunitense Stanley Cohen.<br />

Nella motivazione del Premio si legge: «La scoperta del NGF all'inizio degli anni cinquanta<br />

è un esempio affascinante <strong>di</strong> come un osservatore acuto possa estrarre ipotesi valide da<br />

un apparente caos. In precedenza i neurobiologi non avevano idea <strong>di</strong> quali processi<br />

intervenissero nella corretta innervazione degli organi e tessuti dell'organismo».<br />

92


MARGHERITA HACK<br />

Dopo aver compiuto gli stu<strong>di</strong> presso il Liceo Classico "Galileo" <strong>di</strong> Firenze, si è laureata in<br />

fisica con una tesi <strong>di</strong> astrofisica sulle Cefei<strong>di</strong>, realizzata sempre a Firenze presso<br />

l'osservatorio <strong>di</strong> Arcetri, nel 1945. È stata professoressa or<strong>di</strong>naria <strong>di</strong> astronomia dal 1964<br />

al 1997 all'Università <strong>di</strong> Trieste, dove poi è passata nel ruolo <strong>di</strong> professore emerito dal<br />

1998. Ha <strong>di</strong>retto l'Osservatorio Astronomico <strong>di</strong> Trieste dal 1964 al 1987, portandolo a<br />

rinomanza internazionale. Membro delle più prestigiose società fisiche e astronomiche,<br />

Margherita Hack è stata anche <strong>di</strong>rettore del Dipartimento <strong>di</strong> Astronomia dell'Università <strong>di</strong><br />

Trieste dal 1985 al 1991 e dal 1994 al 1997. È un membro dell'Accademia Nazionale dei<br />

Lincei. Ha lavorato presso numerosi osservatori americani ed europei ed è stata per lungo<br />

tempo membro dei gruppi <strong>di</strong> lavoro dell'ESA e della NASA. In Italia, con un'intensa opera<br />

<strong>di</strong> promozione, ha ottenuto che la comunità astronomica italiana espandesse la sua attività<br />

nell'utilizzo <strong>di</strong> vari satelliti giungendo ad un livello <strong>di</strong> rinomanza internazionale. Ha<br />

pubblicato oltre 250 lavori originali su riviste internazionali e numerosi libri sia <strong>di</strong>vulgativi<br />

sia <strong>di</strong> livello universitario. Nel 1994 ha ricevuto la Targa Giuseppe Piazzi per la ricerca<br />

scientifica. Nel 1995 ha ricevuto il Premio Internazionale Cortina Ulisse per la <strong>di</strong>vulgazione<br />

scientifica. Margherita Hack nel 1978 fondò la rivista bimensile L'Astronomia il cui primo<br />

numero vide la luce nel novembre del 1979;successivamente, insieme con Corrado<br />

Lamberti, <strong>di</strong>resse la rivista <strong>di</strong> <strong>di</strong>vulgazione scientifica e <strong>di</strong> cultura astronomica <strong>Le</strong> Stelle. In<br />

segno <strong>di</strong> apprezzamento per il suo importante contributo, le è stato anche intitolato<br />

l'asteroide 8558 Hack.<br />

Cefeide<br />

Una Cefeide è in genere una stella gigante gialla giovane <strong>di</strong> popolazione I e massa<br />

interme<strong>di</strong>a che pulsa regolarmente espandendosi e contraendosi, mutando così la sua<br />

luminosità in un ciclo estremamente regolare. La luminosità delle stelle Cefei<strong>di</strong> è in genere<br />

compresa tra 1000 e 10000 volte quella del Sole e il periodo <strong>di</strong> oscillazione va dall'or<strong>di</strong>ne<br />

del giorno alle centinaia <strong>di</strong> giorni. Il profilo <strong>di</strong> luminosità <strong>di</strong> una stella cefeide durante un<br />

ciclo pulsazionale è tipicamente non simmetrico, con il braccio ascendente più corto e<br />

ripido <strong>di</strong> quello <strong>di</strong>scendente, e oltre al picco principale la sua curva <strong>di</strong> luminosità presenta<br />

spesso un secondo picco, o "bump", la cui posizione rispetto a quello principale varia a<br />

seconda del periodo <strong>di</strong> oscillazione del pulsatore stesso.<br />

93


Il fenomeno <strong>di</strong> oscillazione (espansione, contrazione) è un fenomeno limitato alla sola<br />

superficie stellare e non è dovuto ad alcun mutamento nella quantità <strong>di</strong> energia prodotta<br />

dalle fusioni nucleari che avvengono nelle regioni più interne delle strutture, e dunque<br />

l'oscillazione in luminosità è causata unicamente dalla maggiore o minore <strong>di</strong>mensione della<br />

superficie esterna irraggiante e dalla variazione <strong>di</strong> temperatura superficiale durante il ciclo<br />

<strong>di</strong> pulsazione.<br />

Quando una stella con le caratteristiche strutturali delle cefei<strong>di</strong> attraversa nel <strong>di</strong>agramma<br />

H-R la cosiddetta striscia <strong>di</strong> instabilità gli strati esterni <strong>di</strong>ventano instabili, cioè una<br />

perturbazione dallo stato <strong>di</strong> equilibrio tende a propagarsi piuttosto che a smorzarsi, e<br />

questa instabilità è la causa dell'innesco del meccanismo <strong>di</strong> pulsazione. Questa con<strong>di</strong>zione<br />

<strong>di</strong> instabilità non è però in grado da sola <strong>di</strong> spiegare il ciclo pulsazionale della stella e la<br />

sua ripetizione nel tempo, in quanto sarebbe lecito attendersi che l'energia persa per<br />

<strong>di</strong>ssipazione nel ciclo pulsazionale possa mettere fine alla pulsazione stessa. Bisogna allora<br />

tener conto dell'abbondanza <strong>di</strong> He + nella loro atmosfera e dei fenomeni <strong>di</strong> ionizzazione e<br />

ricombinazione che avvengono a causa dell'aumento (<strong>di</strong>minuzione) <strong>di</strong> temperatura e<br />

pressione. La potente ra<strong>di</strong>azione generata dalla stella ionizza una piccola frazione dell' He +<br />

a He +2 , che è molto più opaco alla ra<strong>di</strong>azione. L'atmosfera inizia a bloccare una parte della<br />

ra<strong>di</strong>azione uscente, <strong>di</strong>venta più calda e inizia ad espandersi. Un'atmosfera più calda ed<br />

estesa causa un aumento della luminosità della stella.<br />

L'atmosfera espansa presto inizia a raffreddarsi, e l'He +2 si ricombina in He + . Adesso<br />

l'atmosfera è <strong>di</strong> nuovo relativamente trasparente, perde calore e si restringe. L'intero<br />

processo riparte ora dall'inizio.<br />

94


LICEO CLASSICO<br />

SPERIMENTALE STATALE<br />

“B. RUSSELL”<br />

Incominciamo ad analizzare i dati relativi alla nostra scuola<br />

95


LICEO B. RUSSELL<br />

CLASSE III E<br />

2008/2009<br />

Abbiamo iniziato l’analisi<br />

statistica dei dati a partire<br />

proprio dalla nostra classe.<br />

Il nostro gruppo è composto<br />

da 10 ragazze e 13<br />

ragazzi.<br />

E’ evidente che nella nostra<br />

classe la presenza femminile<br />

è inferiore, anche se non<br />

<strong>di</strong> molto , a quella maschile.<br />

CLASSE III E SCIENTIFICO<br />

Siamo la classe III E dell’in<strong>di</strong>rizzo scientifico del<br />

Liceo Classico Sperimentale “B. <strong>Russell</strong>” <strong>di</strong> Roma<br />

96


I numeri del nostro liceo<br />

Nel nostro liceo ci sono tre in<strong>di</strong>rizzi:<br />

• scientifico<br />

• classico<br />

• linguistico<br />

Il numero <strong>di</strong> ALUNNI iscritti è:<br />

772 sesso femminile<br />

1244<br />

472 sesso maschile<br />

Il numero <strong>di</strong> DOCENTI è: Il numero <strong>di</strong> NON DOCENTI è:<br />

92 sesso femminile 21 sesso femminile<br />

120 27<br />

In<strong>di</strong>rizzo<br />

Sesso<br />

Chi siamo ?<br />

28 sesso maschile 6 sesso maschile<br />

Maschi Femmine Totale per<br />

in<strong>di</strong>rizzo<br />

97<br />

Percentuale<br />

Per in<strong>di</strong>rizzo<br />

Scientifico 335 222 557 45%<br />

Linguistico 84 378 462 37%<br />

Classico 53 172 225 18%<br />

Totale per sesso 472 772<br />

Percentuale per<br />

sesso<br />

38% 62%<br />

Totale alunni<br />

1244<br />

Dalla tabella emerge che su 1244 alunni iscritti nel liceo il 62% è<br />

costituito dalla componente <strong>di</strong> sesso femminile e il 38% da quella<br />

<strong>di</strong> sesso maschile .


Cosa stu<strong>di</strong>amo?<br />

La <strong>di</strong>stribuzione per in<strong>di</strong>rizzo non è uniforme: su 1244 alunni il<br />

45% frequenta il liceo scientifico, il 37% il liceo linguistico e solo<br />

il 18% il liceo classico.<br />

98


DOVE E’ LA DIFFERENZA?<br />

Analizziamo più in dettaglio i dati a nostra <strong>di</strong>sposizione<br />

99


Cosa stu<strong>di</strong>ano le alunne?<br />

Delle 772 alunne il 49% frequenta l’in<strong>di</strong>rizzo linguistico, il 29%<br />

l’in<strong>di</strong>rizzo scientifico e il 22% l’in<strong>di</strong>rizzo classico<br />

Cosa stu<strong>di</strong>ano gli alunni?<br />

Dei 472 alunni il 71% frequenta l’in<strong>di</strong>rizzo scientifico, il 18%<br />

l’in<strong>di</strong>rizzo linguistico e solo l’11% quello classico.<br />

100


CONFRONTO DISTRIBUZIONE PER<br />

SESSO NEI TRE INDIRIZZI<br />

Quanto abbiamo precedentemente detto è chiaramente visibile in<br />

questo grafico in cui sono riportate le <strong>di</strong>stribuzioni degli alunni per<br />

sesso e per ogni in<strong>di</strong>rizzo<br />

101


Analizziamo più in dettaglio i nostri dati<br />

Passiamo ora a considerare gli alunni in<strong>di</strong>rizzo per in<strong>di</strong>rizzo<br />

102


SCIENTIFICO<br />

Classe<br />

frequentata Maschi Femmine<br />

INDIRIZZO SCIENTIFICO<br />

Percentuale Percentuale<br />

Totale per maschi per femmine per<br />

anno <strong>di</strong> corso anno <strong>di</strong> corso anno <strong>di</strong> corso<br />

I Scientifico 80 56 136 59% 41%<br />

II Scientifico 65 39 104 62,5% 37,5%<br />

III Scientifico 60 41 101 59% 41%<br />

IV Scientifico 77 45 122 63% 37%<br />

V Scientifico 53 41 94 56% 44%<br />

TOTALE PER<br />

SESSO<br />

Percentuale<br />

335 222<br />

per sesso 60% 40%<br />

Totale scientifico<br />

557<br />

Dei 557 alunni del liceo scientifico, il 40% è costituito dalla<br />

componente femminile e il 60% da quella maschile<br />

INDIRIZZO SCIENTIFICO<br />

ANNO SCOLASTICO 2008/2009<br />

In particolare nell’in<strong>di</strong>rizzo scientifico e’ evidente che le ragazze sono in<br />

percentuale minore rispetto ai loro coetanei maschi in tutti gli anni <strong>di</strong> corso.<br />

103


Classe<br />

frequentata Maschi Femmine<br />

LICEO LINGUISTICO<br />

Totale alunni<br />

per anno <strong>di</strong><br />

corso<br />

INDIRIZZO LINGUISTICO<br />

104<br />

Percentuale Percentuale<br />

maschi per femmine per<br />

anno <strong>di</strong> corso anno <strong>di</strong> corso<br />

I Linguistico 28 111 139 20% 80%<br />

II Linguistico 17 77 94 18% 82%<br />

III Linguistico 10 75 85 12% 88%<br />

IV Linguistico 18 65 83 22% 78%<br />

V Linguistico 11 50 61 18% 82%<br />

Totale per<br />

sesso<br />

Percentuale<br />

84 378<br />

per sesso 18% 82%<br />

Totale alunni<br />

462<br />

Dei 462 alunni dell’in<strong>di</strong>rizzo linguistico, l’82% è costituito dalla<br />

componente femminile e il 18% da quella maschile.<br />

INDIRIZZO LINGUISTICO<br />

ANNO SCOLASTICO 2008/2009<br />

Nell’in<strong>di</strong>rizzo linguistico la componente femminile è fortemente predominante<br />

in tutti gli anni <strong>di</strong> corso.


INDIRIZZO CLASSICO<br />

Dei 225 alunni dell’in<strong>di</strong>rizzo classico il 76% è costituito dalla<br />

componente femminile e il 24% da quella maschile.<br />

INDIRIZZO CLASSICO<br />

ANNO SCOLASTICO 2008/2009<br />

Nell’in<strong>di</strong>rizzo classico pur essendo me<strong>di</strong>amente predominante la componente<br />

femminile, la situazione è più fluttuante in quanto si passa da un minimo del 68% <strong>di</strong><br />

presenza femminile nel V anno dell’in<strong>di</strong>rizzo ad un massimo dell’86% nel III anno.<br />

105


LICEO B. RUSSELL: PERSONALE DOCENTE E<br />

NON DOCENTE 2008/2009<br />

E’ evidente poi che il personale del nostro liceo è prevalentemente <strong>di</strong><br />

sesso femminile: su 120 docenti 92 sono donne ; su 27 non docenti 21<br />

sono donne<br />

106


LICEO B. RUSSELL<br />

1998/1999<br />

2008/2009<br />

COSA E’ CAMBIATO IN UN DECENNIO PER LE<br />

RAGAZZE CHE SI ISCRIVONO AL PRIMO ANNO<br />

DI CORSO NELLA NOSTRA SCUOLA?<br />

PARLANO I NUMERI …..<br />

107


ANNO SCOLASTICO 1998/1999<br />

I ANNO DI CORSO<br />

Classi I<br />

In<strong>di</strong>rizzo Maschi Femmine<br />

1998/1999 CLASSI PRIME<br />

QUESTI I NUMERI<br />

108<br />

Totale per<br />

in<strong>di</strong>rizzo<br />

Percentuale<br />

per in<strong>di</strong>rizzo<br />

Scientifico 56 26 82 41%<br />

Linguistico 22 68 90 46%<br />

Classico 8 18 26 13%<br />

Totale per<br />

sesso 86 112<br />

Percentuale<br />

per sesso<br />

43% 57%<br />

Totale<br />

alunni 198<br />

Il numero totale degli iscritti al primo anno è<br />

198 e <strong>di</strong> questi 112 , cioè il 57% , sono <strong>di</strong><br />

sesso femminile e 86, cioè il 43%, <strong>di</strong> sesso<br />

maschile.<br />

Anno scolastico 2008/2009 - Classi I<br />

In<strong>di</strong>rizzo Maschi Femmine<br />

Totale per<br />

in<strong>di</strong>rizzo<br />

Percentuale<br />

per in<strong>di</strong>rizzo<br />

Scientifico 80 56 136 41%<br />

Linguistico 28 111 139 42%<br />

Classico 12 44 56 17%<br />

Totale per sesso 120 211 331<br />

Percentuale per<br />

sesso<br />

36% 64%<br />

2008/2009 CLASSI PRIME<br />

QUESTI I NUMERI<br />

Il numero totale degli iscritti al primo anno è 311 e <strong>di</strong> questi 211 , cioè<br />

il 64% , sono <strong>di</strong> sesso femminile e 120, cioè il 36%, <strong>di</strong> sesso maschile.


ED ORA IL CONFRONTO<br />

Il numero delle alunne iscritte al primo anno non solo è aumentato<br />

in assoluto (da 112 a 211) ma è cresciuto in percentuale (dal 57%<br />

al 64%) rispetto agli alunni <strong>di</strong> sesso maschile<br />

Specializzazione<br />

Anno scolastico<br />

1998/1999<br />

Numero alunne<br />

iscritte alI’ anno<br />

Anno scolastico<br />

2008/2009<br />

Numero alunne<br />

iscritte alI’ anno<br />

COME E’ CAMBIATA LA DISTRIBUZIONE<br />

PER INDIRIZZO DELLE ALUNNE<br />

<strong>Le</strong> alunne iscritte al primo anno nel 2008/2009 hanno preferito un po’<br />

meno l’in<strong>di</strong>rizzo linguistico rispetto alle alunne del 1998/1999, ma<br />

questo in<strong>di</strong>rizzo rimane ancora quello predominante per la componente<br />

femminile del nostro istituto, come è evidente dal seguente grafico<br />

109<br />

Anno scolastico<br />

1998/1999<br />

Percentuale<br />

alunne iscritte alI’<br />

anno<br />

Anno scolastico<br />

2008/2009<br />

Percentuale<br />

alunne iscritte<br />

alI’ anno<br />

Classico 18 44 16% 21%<br />

Scientifico 26 56 23% 27%<br />

Linguistico 68 111 61% 53%<br />

Totale 112 211


Liceo <strong>Russell</strong>: cosa è cambiato in <strong>di</strong>eci anni<br />

per le nostre alunne?<br />

E’ evidente dal grafico che la <strong>di</strong>stribuzione della componente femminile<br />

della classi prime negli anni scolastici 1998/1999 e 2008/2009<br />

relativamente ai tre in<strong>di</strong>rizzi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o si è lievemente mo<strong>di</strong>ficata: è<br />

aumentata la percentuale <strong>di</strong> alunne che si iscrivono al liceo classico e al<br />

liceo scientifico ed è <strong>di</strong>minuita quella delle alunne che si iscrivono al<br />

liceo linguistico, ma questa ultima percentuale è sempre predominante<br />

rispetto alle altre due.<br />

CLASSI I<br />

COMPONENTE FEMMINILE<br />

E’ evidente ancor <strong>di</strong> più in questo grafico quanto detto<br />

precedentemente.<br />

110


Osserviamo che ….<br />

• I dati che abbiamo raccolto ed elaborato, come anche i dati del<br />

Ministero della Pubblica istruzione per l’università, mostrano<br />

che, a <strong>di</strong>fferenza del passato, il livello <strong>di</strong> scolarizzazione delle<br />

ragazze, anche per quanto riguarda l’istruzione universitaria, è<br />

enormemente aumentato.<br />

• Si tratta <strong>di</strong> un’importante innovazione, frutto del progresso<br />

complessivo della società, conseguito grazie alle lotte <strong>di</strong><br />

emancipazione femminile.<br />

• Rimangono, però, delle chiare e rilevabili <strong>di</strong>fferenze.<br />

COSA NON VA ?<br />

• Prima fra tutte è la <strong>di</strong>fferenza nella tipologia <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> intrapresi<br />

dalle ragazze rispetto ai ragazzi: è evidente che le ragazze<br />

scelgono più frequentemente percorsi lontani dalla scienza e<br />

dalla tecnica.<br />

Due possono essere le interpretazioni <strong>di</strong> questo fatto:<br />

– A seconda dei generi c’è una <strong>di</strong>fferente propensione per<br />

l’uno o l’altro campo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>;<br />

– Certi percorsi vengono scelti perché consentono poi una<br />

<strong>di</strong>versa <strong>di</strong>stribuzione dei tempi <strong>di</strong> lavoro e permettono,<br />

quin<strong>di</strong>, l’esecuzione <strong>di</strong> quelle attività ritenute<br />

tra<strong>di</strong>zionalmente femminili (accu<strong>di</strong>re i figli , il marito, ecc.).<br />

111


<strong>Le</strong> stesse ragazze sono con<strong>di</strong>zionate da questi modelli, se ne<br />

lasciano influenzare e scelgono gli in<strong>di</strong>rizzi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o umanistici,<br />

anche contro le loro naturali inclinazioni, contribuendo così a<br />

consolidare i pregiu<strong>di</strong>zi sul ruolo della donna nella società e<br />

nella famiglia.<br />

• E’vero che nelle università le ricercatrici sono ormai più della<br />

metà <strong>di</strong> tutti i ricercatori. Ma appena si passa al livello superiore,<br />

quello dei professori associati, le donne sono meno del 30% e al<br />

più alto livello dei professori or<strong>di</strong>nari sono appena il 10%.<br />

QUAL E’ LA VERITA’?<br />

• Malgrado, dunque, i gran<strong>di</strong> progressi fatti dalle donne, ci sono<br />

ancora notevoli <strong>di</strong>sparità nel mondo del lavoro, della politica e<br />

della ricerca.<br />

• Quattro economisti italiani, Luigi Guiso dell'Università europea<br />

<strong>di</strong> Firenze, Fer<strong>di</strong>nando Monte, dell'Università <strong>di</strong> Chicago,<br />

Paola Sapienza dell'Università del Northwestern e, infine,<br />

Luigi Zingales della School of Business <strong>di</strong> Chicago hanno<br />

condotto una rigorosa ricerca a questo proposito, pubblicata poi<br />

sulla prestigiosa rivista “………”.<br />

• Nel loro rigoroso lavoro sono giunti alla seguente conclusione:<br />

sono i fattori culturali che portano le donne ad essere<br />

meno brillanti in matematica, non la composizione dei<br />

loro geni.<br />

112


CONCLUSIONI<br />

LE DONNE SONO BIOLOGICAMENTE<br />

SVANTAGGIATE IN CAMPO SCIENTIFICO?<br />

• Non c'è alcuna pre<strong>di</strong>sposizione genetica dei maschi ad avere<br />

successo nelle scienze ed in particolare in matematica.<br />

• Piuttosto è una questione <strong>di</strong> potere o <strong>di</strong> mancata<br />

emancipazione delle donne, in termini politici, sociali e<br />

culturali.<br />

• Infatti dove le donne sono meno considerate nella società la<br />

<strong>di</strong>stanza tra i due sessi nelle materie scientifiche si allarga.<br />

• Ad esempio in Islanda il gap si è ribaltato a favore delle<br />

donne<br />

• Svezia, Norvegia e Finlan<strong>di</strong>a lo stanno per azzerare.<br />

E L’ITALIA ?<br />

• L'Italia è …… in fondo alla classifica, al<br />

pari <strong>di</strong> Giappone e Grecia e solo poco sopra<br />

la Corea e la Turchia.<br />

113


Alunni<br />

Cristina Atzori<br />

Ludovica Basili<br />

Ludovica Calselli<br />

Marta Capal<strong>di</strong>ni<br />

Valentina De Felice<br />

Guido Felice<br />

Sara Fusello<br />

Chiara Lo Verme<br />

Maria Malantrucco<br />

Giulia Meta<br />

Marianna Piscitelli<br />

Chiara Raparo<br />

Valentina Strazzullo<br />

Lucrezia Vescovo<br />

Gli Insegnanti<br />

Simonetta Maria Madussi<br />

Giovanni Moscar<strong>di</strong>ni<br />

Marilde Mureddu<br />

CLASSE IV B<br />

ELEONORA PIMENTEL,<br />

“IL RESTO DI NIENTE”<br />

FOLLIA DELLA RAGIONE,<br />

O RAGIONI DELLA FOLLIA?<br />

IL PENSIERO FEMMINILE IN INGHILTERRA<br />

115


Eleonora De Fonseca Pimentel<br />

(1752 – 1799)<br />

1. Perché il romanzo <strong>di</strong> Vincenzo Striano “ Il resto <strong>di</strong> niente” ?<br />

2. La protagonista e la sua famiglia, nella realtà storica e nel romanzo<br />

3. Una donna tra altre donne nel '700<br />

4. Il ruolo <strong>di</strong> Eleonora Pimentel nell’ambito della vicenda Repubblicana<br />

5. Una giornalista tra ideologia ed utopia a Napoli nel 1799<br />

6. Eleonora, vittime e artefice, della sua con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> donna<br />

7. Il contesto sociale della rivoluzione napoletana


Perché il romanzo <strong>di</strong> Vincenzo Striano<br />

“ Il resto <strong>di</strong> niente” ?<br />

Nella ricerca <strong>di</strong> una figura femminile rappresentativa della “questione femminile” all’interno<br />

della programmazione <strong>di</strong> un quarto anno <strong>di</strong> liceo classico come strutturato nel nostro<br />

Liceo, caratterizzato da alcune ore <strong>di</strong> compresenza, ci è sembrato che ben potesse figurare<br />

Eleonora De Fonseca Pimentel, poetessa, scrittrice, giornalista tra le prime in<br />

Europa,fondatrice e <strong>di</strong>rettrice del “Monitore Napoletano”; ed insieme donna, moglie e<br />

madre soggetta a tutti i pregiu<strong>di</strong>zi e i con<strong>di</strong>zionamenti della sua epoca.<br />

Il romanzo storico che Enzo Striano ha costruito su <strong>di</strong> lei, forte <strong>di</strong> una ricerca<br />

documentaria e storica eccezionale e insieme carico <strong>di</strong> valore letterario, ben si prestava<br />

come tema comune ad un lavoro congiunto per l’ insegnamento <strong>di</strong> Italiano e per quello <strong>di</strong><br />

storia e filosofia, svolto nell’ambito delle 11 ore previste in orario e approfon<strong>di</strong>to<br />

successivamente in attività pomeri<strong>di</strong>ane <strong>di</strong> laboratorio.<br />

La collocazione temporale della vicenda storica della protagonista, sospesa tra la metà e la<br />

fine del 1700, e i rapporti personali e culturali che ha intrattenuto con personaggi famosi<br />

ed influenti del suo tempo, consentivano approfon<strong>di</strong>menti relativi alla programmazione<br />

curricolare prevista: la con<strong>di</strong>zione sociale e politica dell’Italia del tempo, il <strong>di</strong>spotismo<br />

riformatore e quello repressivo, l’arca<strong>di</strong>a, l’illuminismo europeo ed italiano, quello<br />

napoletano in particolare, la rivoluzione “giacobina” del 1799, con le sue connessioni alle<br />

vicende francesi e napoleoniche, il tema della “rivoluzione passiva” <strong>di</strong> Vincenzo Cuoco e la<br />

sua rilettura risorgimentale e gramsciana.<br />

Inoltre il taglio che l’autore ha dato al romanzo ci è sembrato che potesse rappresentare<br />

un utile insegnamento etico anche per le ragazze ed i ragazzi a cui ci volevamo rivolgere.<br />

In esso, nonostante il frequente richiamo al “pessimismo della ragione” e all’impotenza del<br />

singolo, contenuto nell’espressione “il resto <strong>di</strong> niente”, più volte ripetuta, anche nel titolo,<br />

emerge la concezione della letteratura e della cultura intese da Eleonora come impegno<br />

esistenziale e magistero educativo, le sole che possano aiutare a comprendere la realtà<br />

ed a intervenire su <strong>di</strong> essa.<br />

117<br />

Simonetta Madussi


LA PROTAGONISTA E LA SUA FAMIGLIA,<br />

NELLA REALTÀ STORICA E NEL ROMANZO<br />

Nella realtà storica, Eleonora de Fonseca Pimentel, meglio conosciuta come <strong>Le</strong>nòr, nacque<br />

a Roma il 13 gennaio del 1752, dove trascorse i primi 10 anni della sua vita.<br />

Poi si trasferì con la sua nobile e colta famiglia portoghese a Napoli, dove ricevette un’<br />

educazione dotta ed accurata. B<br />

Ben presto, entrando a far parte dei salotti, ebbe l’ occasione <strong>di</strong> conoscere molti<br />

intellettuali e <strong>di</strong> far apprezzare i suoi versi, tanto da essere ammessa, prima nel 1768, nell’<br />

accademia dei Filateti e poi in quella dell’Arca<strong>di</strong>a.<br />

Divenne amica <strong>di</strong> molti uomini e donne colti, tra cui Gennaro Serra, Carlo Lauberg,<br />

Vincenzo Cuoco e Mario Pagano.<br />

A Napoli entrò a far parte del giro della corte del Re, grazie a due composizioni: una per il<br />

matrimonio <strong>di</strong> Fer<strong>di</strong>nando IV e Maria Carolina( “Il tempo della gloria”), l’altra per la nascita<br />

del loro primogenito(“La nascita <strong>di</strong> Orfeo”).<br />

Nel 1778 “<strong>Le</strong>nòr”, sotto la pesante pressione della famiglia, preoccupata per le <strong>di</strong>fficoltà<br />

economiche, sposò il capitano Pasquale Tria de Solis.<br />

Ma il suo sarà un matrimonio infelice. Dall’unione con Pasquale Tria nacque Francesco, che<br />

però, nel giugno del 1779 morì.<br />

<strong>Le</strong>nòr, che nel frattempo era stata privata del suo orgoglio e della sua personalità a causa<br />

delle violenze del marito, accusò l’accaduto, tanto da non riuscire a trovare alcun motivo<br />

<strong>di</strong> vivere per parecchio tempo.<br />

Rimase <strong>di</strong> nuovo incinta, ma a causa delle percosse del marito abortì.<br />

Fu a questo punto che, grazie anche all’intervento del padre, si separò da suo marito nel<br />

1786, tornando ad essere una donna libera.<br />

Ricominciò a vivere <strong>di</strong> nuovo ed anche a frequentare i salotti e i suoi amici.<br />

Si fece infiammare dalle <strong>di</strong>scussioni riguardo la rivoluzione che nel frattempo era scoppiata<br />

in Francia, tanto da cementarsi nell’impegno politico con tutta se stessa.<br />

Nel 1792 a Napoli giunse la flotta francese e <strong>Le</strong>nòr fu tra gli ospiti del comandante,<br />

finendo sui registri della polizia borbonica.<br />

La sua casa fu perquisita dalla polizia borbonica, fu trovata una copia dell’”Enciclope<strong>di</strong>a” <strong>di</strong><br />

Diderot ; Eleonora fu arrestata e portata nelle carceri della Vicaria, dove trascorse<br />

momenti <strong>di</strong>fficili, senza mangiare e in con<strong>di</strong>zioni igieniche pessime.<br />

Fu liberata nei primi giorni del 1799, durante il periodo <strong>di</strong> anarchia popolare, quando il Re<br />

fuggì a Palermo, e partecipò alla conquista <strong>di</strong> Sant’Elmo e alla proclamazione, il 21<br />

gennaio 1799, della Repubblica partenopea.<br />

Per sostenere gli ideali della rivoluzione e della neonata Repubblica, accettò l’incarico <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>rigere il primo giornale politico <strong>di</strong> Napoli, “Il Monitore napoletano”. Dopo la capitolazione<br />

<strong>di</strong> Sant’Elmo, però, mentre era in procinto <strong>di</strong> partire per la Francia, fu arrestata dai<br />

Borbonici mentre tentata <strong>di</strong> fuggire, travestita da ufficiale francese.<br />

Imprigionata, prima nelle carceri della Vicaria poi al Carmine, fu processata e riconosciuta<br />

rea <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>mento insieme ad altri suoi amici, tra cui l’amico degli ultimi anni, Gennaro<br />

Serra.<br />

Salì al patibolo il 20 agosto 1799, mormorando prima <strong>di</strong> morire, secondo la testimonianza<br />

<strong>di</strong> Vincenzo Cuoco:<br />

“FORSAN HAEC OLIM MEMINISSE IUVABIT” (“forse un giorno gioverà ricordare tutto<br />

questo” cit. in Vincenzo Cuoco).<br />

118


Queste le vicende storiche, riprese dall’autore del romanzo che abbiamo analizzato.<br />

“Il resto <strong>di</strong> niente” <strong>di</strong> Enzo Striano è il romanzo storico che analizza lo snodo del 1799,<br />

momento in cui, a Napoli, alcuni illuministi, sull’onda lunga della rivoluzione francese,<br />

tentano <strong>di</strong> realizzare la Repubblica partenopea. Nel romanzo sono rappresentati molti<br />

personaggi illustri ma in particolare l’autore scan<strong>di</strong>sce la vita <strong>di</strong> Eleonora de Fonseca<br />

Pimentel.<br />

Dapprima ce la presenta come una bambina attenta e curiosa che esplora Roma, la città<br />

italiana in cui, esule dal Portogallo, si stabilisce con la famiglia.<br />

Poi, la troviamo adolescente a Napoli, dove trascorrerà il resto della sua vita.<br />

La famiglia <strong>di</strong> Eleonora, o meglio <strong>Le</strong>nòr,come la chiamavano i suoi familiari, era composta<br />

dalla nonna “Vovò”,da “Mamas” Caterina, da “Papai” Clemente, dal fratello Josè, dallo zio<br />

Antonio, dal cugino Miguelzinho ed infine dalla zia vedova Michela, personaggi tutti che<br />

l’autore descrive con accuratezza.<br />

Nel periodo romano, <strong>Le</strong>nòr è descritta come molto legata al cugino Miguelzinho.<br />

Essendo <strong>di</strong>ventati compagni <strong>di</strong> esperienze, esploravano la città, venivano a conoscenza<br />

della cultura popolare e spesso andavano con zio Antonio e Josè a fare delle gite.<br />

In questo periodo stu<strong>di</strong>ava le lingue classiche e la storia antica con zio Antonio che era un<br />

abate.<br />

Anche lo zio Antonio è descritto come molto importante per <strong>Le</strong>nòr, non solo per la sua<br />

formazione, ma anche perché, insieme a Vovò, era la persona con cui lei si confidava<br />

chiedendogli consigli; una vera e propria guida per lei, bambina prima e adolescente poi<br />

che si stava avviando a <strong>di</strong>ventare adulta.<br />

Anche Vovò era stata molto importante per <strong>Le</strong>nòr, tanto che questa soffrirà molto alla sua<br />

morte. Vovò era nello stesso tempo nonna, madre e amica.<br />

Sapeva essere saggia nel dare consigli, protettiva e confidente, ma <strong>di</strong> Vovò <strong>Le</strong>nòr stimava<br />

soprattutto il saper apprezzare la vita, quello che né Mamas Caterina né zia Michela<br />

sapevano fare, forse perché troppo impegnate nei loro ruoli <strong>di</strong> mogli e madri.<br />

Papai Clemente nel periodo romano appare come un personaggio un po’ misterioso anche<br />

per sua figlia.<br />

<strong>Le</strong>i avrebbe voluto conoscere le idee <strong>di</strong> suo padre, descritto come un po’ chiuso e solitario,<br />

ma dolce e rigoroso. Ciò non accade, almeno fino a quando <strong>Le</strong>nòr, ormai adulta, riuscirà<br />

ad avere con Papai un rapporto più aperto.<br />

Poi venne il momento in cui tutti si trasferirono a Napoli dove <strong>Le</strong>nòr visse il resto della sua<br />

vita.<br />

Con il trascorrere degli anni, i rapporti <strong>di</strong> <strong>Le</strong>nòr con i membri della sua famiglia sembrano<br />

mutare; soprattutto quelli con il cugino Miguelzinho e con il fratello Josè, i quali, sottolinea<br />

l’Autore, essendo maschi, avevano avuto un’ educazione <strong>di</strong>versa da lei.<br />

<strong>Le</strong> loro strade si <strong>di</strong>visero e non si incontreranno mai più, se non formalmente.<br />

Napoli fu la città in cui Eleonora <strong>di</strong>venne adulta ed accrebbe la propria cultura, iniziando<br />

anche a scrivere sotto la guida <strong>di</strong> personaggi della statura <strong>di</strong> Metastasio e <strong>di</strong> altri<br />

intellettuali, i quali riconobbero l’ abilità <strong>di</strong> <strong>Le</strong>nòr nel comporre versi.<br />

A Napoli, grazie allo zio Antonio, la ragazza entrò a far parte <strong>di</strong> quella cerchia ristretta <strong>di</strong><br />

uomini e donne colti, che si riunivano nei salotti della città.<br />

119


Ma Napoli fu anche il luogo in cui conobbe i primi amori, dove si sposò, dove attraversò i<br />

suoi momenti <strong>di</strong> dolore e sofferenza, con la morte <strong>di</strong> Mamas, <strong>di</strong> Vovò, del piccolo<br />

Francesco e <strong>di</strong> Papai.<br />

Napoli sarà soprattutto la città in cui si delineano e sembrano poi prendere realtà i suoi<br />

sogni <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>cali cambiamenti economici e sociali, <strong>di</strong> libertà e <strong>di</strong> uguaglianza.<br />

Napoli accoglierà poi la sua tomba, dopo il fallimento <strong>di</strong> quei sogni o l’oblìo della<br />

Rivoluzione.<br />

120


UNA DONNA TRA ALTRE DONNE NEL '700<br />

Per tutta l' età moderna,la donna è stata essenzialmente considerata sposa e madre, e<br />

aveva per questo dei doveri ben precisi che non poteva trascurare: fare figli e crescerli.<br />

Difficilmente si concepiva una donna che non adempisse a tali compiti. Questa visione che<br />

svalutava notevolmente la figura femminile rendeva la maternità una funzione sociale in<br />

cui la donna trovava la sua unica <strong>di</strong>mensione, costretta a una sorta <strong>di</strong> “schiavitù<br />

domestica”. Tale concezione angusta delle incombenze femminili, nonostante si stesse<br />

vivendo un periodo <strong>di</strong> grande respiro intellettuale, qual è stato l' Illuminismo, ci offre un'<br />

ulteriore conferma che la donna era confinata entro limiti invalicabili in cui l' esaltazione<br />

del ruolo genitoriale costituiva unicamente un mezzo per evitare che ella si occupasse <strong>di</strong><br />

questioni per le quali il suo intelletto non era ritenuto adatto. Il lavoro ha rappresentato<br />

una conquista solo recente della donna, sebbene non sempre abbia comportato il<br />

raggiungimento della piena autonomia. Infatti ancora oggi una donna può lavorare prima<br />

<strong>di</strong> contrarre matrimonio, ma non sempre può continuare anche dopo.<br />

Alla luce <strong>di</strong> tutto questo, potrebbe apparire estranea alla mentalità comune l' idea che una<br />

donna <strong>di</strong> quell' epoca sia stata in grado <strong>di</strong> essere contemporaneamente moglie e madre,<br />

attivista politica, letterata e giornalista. Tuttavia accadeva che alcune fanciulle <strong>di</strong> buona<br />

famiglia vivessero una con<strong>di</strong>zione personale agiata e, soprattutto negli ambienti nobili e<br />

più illuminati, riuscissero a conquistare una propria autonomia. Si moltiplicavano i casi <strong>di</strong><br />

donne intellettuali ed ere<strong>di</strong>tiere che facevano dei loro salotti dei centri <strong>di</strong> cultura.<br />

È questo il caso <strong>di</strong> Eleonora Pimentel la quale fece a soli quin<strong>di</strong>ci anni il suo ingresso nel<br />

salotto De Fonseca Lopez, punto <strong>di</strong> riferimento per le più brillanti menti della società<br />

napoletana: Vincenzo Sanges(unico personaggio immaginato dall' autore del romanzo),l'<br />

abate Antonio Jerocades, Mario Pagano,avvocato <strong>di</strong> fama europea, Annibale Giordano<br />

matematico <strong>di</strong> idee ra<strong>di</strong>cali, il me<strong>di</strong>co <strong>di</strong> corte Cirillo e molti altri.<br />

Una menzione particolare merita l' amicizia che legherà fino alla fine della sua vita la<br />

giovane scrittrice e il celebre Vincenzo Cuoco.<br />

Grande e generoso intellettuale ( è lui che presta a Striano il proprio punto <strong>di</strong> “vista”),<br />

negli ultimi anni della sua vita, dopo la conclusione drammatica degli eventi napoletani,<br />

continuò a pensare ad essi per anni, fino a perdere letteralmente la ragione su questa<br />

rivoluzione importata, che “voleva fare come in Francia”.<br />

A Napoli, secondo la narrazione <strong>di</strong> Striano, Eleonora ebbe la sua prima mestruazione,<br />

prova tangibile che era <strong>di</strong>ventata una donna nello stesso giorno in cui aveva incontrato per<br />

caso il giovane re. Questa connessione tra la presenza reale e il sangue sono quasi un<br />

segno premonitore della futura condanna a morte.<br />

Già da tempo aveva notato le trasformazioni del suo corpo vergognandosene, ogni volta<br />

che ne aveva consapevolezza, poiché lo zio prete e precettore continuamente la<br />

richiamava alla modestia esteriore. Eleonora, cosciente della sua poco appariscente ma<br />

sottile, bellezza, non se ne servì mai per raggiungere un qualsiasi obiettivo, anteponendo<br />

al contrario le sue doti intellettuali e morali( uno dei rarissimi casi nella storia femminile del<br />

suo tempo e non solo).<br />

Per questo rimarrà piacevolmente lusingata alla notizia che l' eleganza dei suoi versi le era<br />

valsa l' ingresso nell' Accademia dei Filateti e successivamente nell' Arca<strong>di</strong>a.<br />

Troppo giovane ed immatura attribuiva grande importanza al riconoscimento del suo<br />

valore letterario da parte della <strong>di</strong>nastia napoletana, ignorando che fino a che punto<br />

questa sarebbe stata tragicamente determinante del suo destino.<br />

121


Infatti era salito al trono nel 1759 il giovane Fer<strong>di</strong>nando della casata dei Borboni, rozzo,<br />

volgare ed ignorante, amato, proprio per queste sue peculiarità dai ceti più miseri.<br />

Questa fascia <strong>di</strong> popolazione <strong>di</strong> cui non si occupava, dato il suo atteggiamento<br />

menefreghista e non curante, ospitava la proliferazione della prostituzione e del furto,<br />

mentre la plebe più infima veniva tenuta quasi in “cattività” dai lazzari, sovrani<br />

incontrastati dei bassifon<strong>di</strong> della città.<br />

Fer<strong>di</strong>nando aveva sposato nel 1767 la se<strong>di</strong>cenne Maria Carolina figlia <strong>di</strong> Maria Teresa d'<br />

Austria e Francesco I. Pur non possedendo un' indole fiera e determinata come quella<br />

della madre, Maria Carolina influenzò profondamente il marito, inducendolo a licenziare<br />

Bernardo Tanucci, consigliere regio e ministro <strong>di</strong> giustizia, il cui ruolo venne preso da John<br />

Acton, amante della regina.<br />

Maria Carolina, perfino più sciocca e superficiale della sorella Maria Antonietta, trascorreva<br />

le sue giornate tra balli e ricevimenti, nello sfarzo più estremo, mentre il suo popolo<br />

lottava per non morire <strong>di</strong> fame.<br />

Nonostante ciò e in maniera contrad<strong>di</strong>ttoria rispetto ai suoi convincimenti più profon<strong>di</strong>, fu<br />

protettrice della massoneria napoletana, un' associazione inizialmente costituita da<br />

lavoratori specializzati e più tar<strong>di</strong> <strong>di</strong>venuta politicamente molto attiva nell avviare il<br />

processo <strong>di</strong> rinnovamento dell' ancien regime.<br />

Si trattò <strong>di</strong> un breve periodo storico “illuminato”, la cui caratteristica fondamentale era l'<br />

amore per la cultura e la lingua francese <strong>di</strong>venuta la lingua ufficiale del ceto aristocratico.<br />

Quando Eleonora fu introdotta al salotto Serra-Cassano, ebbe modo <strong>di</strong> osservare la<br />

superficialità delle dame napoletane, tra le quali perfino la bella e intelligente Chiara<br />

Pignatelli, sempre impegnate a <strong>di</strong>scorrere <strong>di</strong> temi futili riguardanti per lo più le ultime<br />

tendenze in fatto <strong>di</strong> moda.<br />

La Pimentel se ne tenne <strong>di</strong>stante, anche perchè le sue con<strong>di</strong>zioni economiche non le<br />

permettavano una vita <strong>di</strong> società e la costrinsero, come sempre accadeva, ad un<br />

matrimonio <strong>di</strong> convenienza.<br />

Nel 1778 infatti andò in sposa a Pasquale Tria de Solis, capitano dell' esercito borbonico.<br />

Inizialmente premuroso,serio e passionale, si rivelò ben presto un mascalzone misogino,<br />

de<strong>di</strong>to all' alcool e schiavo del vizio del gioco.<br />

Eleonora trascorse anni terribili, non più moglie, ma serva <strong>di</strong> un uomo che non amava e<br />

che le procurava continui <strong>di</strong>spiaceri e sofferenze.<br />

Ai continui maltrattamenti psicologici si aggiunse l' immenso dolore per la fine prematura<br />

del figlio Francesco morto a soli 2 anni.<br />

Scoperte le infedeltà del marito e ormai esausta delle violenze anche fisiche subite,<br />

ottenne il <strong>di</strong>vorzio da lui, caso abbastanza eccezionale per l' epoca.<br />

In seguito allo scoppio della Rivoluzione Francese e alla decapitazione nel 1793 <strong>di</strong> Luigi<br />

XVI e <strong>di</strong> Maria Antonietta, l' assetto politico e sociale mutò ra<strong>di</strong>calmente anche a Napoli.<br />

Abbandonati i costumi filo-francesi i sovrani napoletani si allearono con gli Inglesi, da<br />

sempre nemici della Francia.<br />

Fece così ingresso a corte una figura femminile, tanto affascinante quanto crudele: Lady<br />

Hamilton.<br />

Se la concezione <strong>di</strong> nobiltà fosse stata la stessa <strong>di</strong> Guido Guinizzelli, Emma Lyon Hamilton<br />

non sarebbe stata considerata affatto una gentil donna. Nonostante la scarsa cultura e le<br />

umili origini fu introdotta alla corte inglese da un suo amante deputato della Camera dei<br />

Comuni.<br />

Contrariamente ad Eleonora, la cui sessualità rimase sempre legata alla sfera privata,<br />

122


Emma Lyon usò il suo corpo vendendosi al miglior offerente e trovando così la propria via<br />

verso l' emancipazione ma in una maniera del tutto opposta a quella della scrittrice.<br />

Arrivò così a sposare un anziano lord inglese,William Hamilton. Il matrimonio non le<br />

impedì comunque <strong>di</strong> proseguire il vecchio stile <strong>di</strong> vita mondano.<br />

Di rara bellezza, attrasse l' attenzione <strong>di</strong> molti personaggi influenti, e in particolare dell'<br />

ammiraglio Nelson <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>venne l' amante ufficiale e la subdola consigliera. Sarà lei tra gli<br />

altri a esigere che non vi fosse perdono per i patrioti napoletani, neppure per le donne.<br />

Dopo la fine del suo matrimonio, la Pimentel si avvicinò sempre più agli ideali ra<strong>di</strong>cali, e<br />

cominciò a <strong>di</strong>ffondere volantini anti monarchici assieme al giovanissimo Gennaro Serra, il<br />

patriota giacobino <strong>di</strong> nobili origini che <strong>di</strong>verrà il simbolo dell' intera Repubblica napoletana.<br />

Nel 1779, istituita la Repubblica partenopea, Eleonora si de<strong>di</strong>cò alla redazione del<br />

“Monitore”, foglio d' informazione politica che si proponeva come fine primario l'<br />

educazione delle fasce più umili del popolo.<br />

In uno dei numeri venne dato risalto al coraggio della giovane Luisa Sanfelice. Attraente e<br />

sempre al passo con la moda, ma <strong>di</strong> intelligenza non brillante, la borghese Luisa, benchè<br />

maritata, vantava una lunga serie <strong>di</strong> amanti, anche molto <strong>di</strong>versi fra loro come nel caso <strong>di</strong><br />

Gerardo Baccher, ex ufficiale borbonico e <strong>di</strong> Fer<strong>di</strong>nando Ferri, repubblicano.<br />

Spinta da quest' ultimo, la Sanfelice denunciò la congiura or<strong>di</strong>ta dai filo- borbonici per<br />

abbattere la giovane Repubblica, <strong>di</strong>venendo così, quasi senza volerlo, un' eroina nazionale.<br />

Poco consapevole <strong>di</strong> questioni politiche e superficialmente incapace <strong>di</strong> prevedere gli esisti<br />

dei propri atti, non riuscì a prevedere che il suo gesto avventato le sarebbe costato la vita.<br />

Abbandonati dai Francesi, i rivoluzionari napoletani dovettero sostenere l' assalto da terra<br />

da parte del car<strong>di</strong>nale Ruffo, il quale, risalendo la penisola, aveva assemblato un esercito<br />

<strong>di</strong> lazzari e <strong>di</strong> ex ufficiali borbonici in nome della Santa Fede, e dal mare da parte della<br />

flotta dell' ammiraglio Nelson che bombardava la città.<br />

Restaurata la monarchia, Eleonora fu giustiziata, insieme agli altri giovani che avevano<br />

partecipato con lei alla costruzione del sogno <strong>di</strong> una Repubblica fondata su uguali <strong>di</strong>ritti<br />

per tutti, in piazza Mercato il 20 agosto del 1799.<br />

L’ altra protagonista degli eventi, Luisa Sanfelice, cercò <strong>di</strong> rimandare l' esecuzione con il<br />

pretesto <strong>di</strong> una gravidanza, ma, scoperto l' inganno verrà trascinata anche lei sul patibolo.<br />

Sarà Vincenzo Cuoco a lasciarci l' immagine della Pimentel negli ultimi istanti della sua<br />

vita, quando racconta che, salendo sul patibolo, Eleonora, <strong>di</strong>sincantata ma non <strong>di</strong>sperata,<br />

citerà Virgilio: “ forsam haec olim meminisse iuvabit”<br />

Lady Hamilton finì i suoi giorni in solitu<strong>di</strong>ne in seguito alla morte del marito e dell' amante.<br />

Eleonora, contrariamente alle sue contemporanee, visse libera e morì lottando per i suoi<br />

ideali.<br />

Fu donna, non femmina, accettando <strong>di</strong> questa sua con<strong>di</strong>zione ogni elemento: sessualità,<br />

maternità ma anche dolore e morte.<br />

123


IL RUOLO DI ELEONORA PIMENTEL<br />

NELL’AMBITO DELLA VICENDA REPUBBLICANA<br />

È chiaro che Eleonora Pimentel ha rivestito un ruolo fondamentale e forte nella Rivoluzione<br />

napoletana, ma Enzo Striano nel romanzo ha voluto farla rivivere anche nel ruolo che,<br />

come donna, ritaglia per sé nell’ambito storico della Rivoluzione Repubblicana.<br />

Eleonora ci appare come una donna fragile ma decisa, delicata ma sicura,che a volte lascia<br />

predominare la passione e la decisione, altre invece è logorata dalla debolezza del corpo e<br />

della mente, dalla fragilità e a volte dall’inerzia causata da eventi esterni alla sua persona<br />

ma che la colpiscono in modo <strong>di</strong>retto e pungente. Eleonora ha le caratteristiche proprie <strong>di</strong><br />

una donna costretta a subire eventi decisivi e dolorosi, che l’ hanno resa forte bella sua<br />

dolorosa <strong>di</strong>sperazione.<br />

Eleonora è dapprima figlia intelligente, curiosa, attenta; poi <strong>di</strong>venta fragile bersaglio degli<br />

uomini, è ricercata e desiderata. Nonostante i primi rapporti con Primicerio, che risulta<br />

però un uomo insensibile e a volte rozzo, Eleonora riesce a mantenere la propria<br />

in<strong>di</strong>pendenza, che le permetterà <strong>di</strong> affermarsi nella società e realizzarsi come poetessa e<br />

donna <strong>di</strong> cultura,.<br />

Sappiamo della corrispondenza con il poeta Metastasio, ad esempio. Ricor<strong>di</strong>amo<br />

relativamente a questo punto le parole <strong>di</strong> Vincenzo Cuoco:”Giovinetta ancora, questa<br />

donna aveva meritato l’approvazione <strong>di</strong> Metastasio per i suoi versi. Ma la poesia formava<br />

una piccola parte delle tante cognizioni che l’adornavano”. Fu stu<strong>di</strong>osa,infatti, anche <strong>di</strong><br />

scienze matematiche e fisiche, <strong>di</strong> filosofia, economia e <strong>di</strong>ritto pubblico.<br />

Forte dei suoi stu<strong>di</strong> e dotata <strong>di</strong> una considerevole brillantezza mentale fu tra le prime<br />

donne ad entrare nei salotti napoletani, sfidando i pregiu<strong>di</strong>zi soprattutto degli uomini<br />

clericali.<br />

L’arte la condusse anche a corte, mostrando agli alti esponenti della società che anche le<br />

donne (e lei fu la sola donna tra gli uomini a debuttare <strong>di</strong> fronte ai sovrani) sono capaci <strong>di</strong><br />

produrre alti ed eleganti frutti dell’intelletto. A riguardo le sue parole furono:<br />

“E un <strong>di</strong>’ voi sola mostrerete al mondo<br />

che nel giunger <strong>di</strong> gloria alle corone<br />

l’ingegno femminil non è secondo”<br />

Questa con<strong>di</strong>zione verrà spezzata dal matrimonio con il Conte Pasquale Tria che riuscirà a<br />

mo<strong>di</strong>ficarle le sue abitu<strong>di</strong>ni e la renderà sottomessa ad una con<strong>di</strong>zione inetta e<br />

culturalmente sterile che non appartiene ad Eleonora (o Lionora come viene<br />

soprannominata dal Conte, banale prova <strong>di</strong> come quest’ uomo meschino pretenda <strong>di</strong><br />

mo<strong>di</strong>ficarle l’identità: i suoi cari infatti la chiamavano <strong>Le</strong>nor o <strong>Le</strong>norzinha).<br />

Crescendo, Eleonora prova anche le gioie della maternità, destinata però a trasformarsi in<br />

dolore atroce per la per<strong>di</strong>ta del bambino in giovanissima età: A lui de<strong>di</strong>cherà struggenti<br />

componimenti.<br />

Come donna e madre è tormentata dal dolore e dal rimpianto <strong>di</strong> non essere riuscita a<br />

liberare almeno il ricordo del bambino dall’influenza deteriore del marito.<br />

Silenziosamente e con il cuore devastato, Eleonora continua il suo percorso in una società<br />

che costringe le donne ad essere mute, cieche e sorde, completamente annullate e<br />

sottomesse alle decisioni degli uomini che nella loro assurda brama <strong>di</strong> potere vedono le<br />

donne come unico “oggetto” da governare a loro piacere e sod<strong>di</strong>sfazione.<br />

124


Eleonora riuscirà a risollevarsi anche grazie all’ aiuto dei suoi compagni Repubblicani, unici<br />

esponenti consapevoli della necessità <strong>di</strong> una società che ha imme<strong>di</strong>ato bisogno <strong>di</strong><br />

trasformazione, uguaglianza, giustizia e cultura.<br />

Tornerà ad essere in<strong>di</strong>pendente, si occuperà teneramente della servetta Graziella e si<br />

godrà in modo nuovo e maturo il breve ritorno <strong>di</strong> Primicerio.<br />

La spiccata sensibilità la spinge a prendere a cuore la con<strong>di</strong>zione dei lazzari e della parte<br />

più umile della popolazione. Sentimento che manifesta nel “Monitore”, giornale che re<strong>di</strong>ge<br />

e durante la breve Repubblica: “Qua non s’è mai capito che la cosa più importante è<br />

educare il popolo, anche se <strong>di</strong>fficile. Questa sarà la linea, la battaglia principale del mio<br />

“Monitore”.<br />

E’ convinta che educare il popolo sia una delle principali armi per combattere la repressiva<br />

monarchia dei Borboni e portare avanti la Repubblica, ritenendo, come in realtà accadrà ,<br />

che essa cadrebbe, se il popolo rimarrà inerte, se la rivoluzione rimarrà “passiva”. Questa<br />

infatti sarà la definizione con la quale successivamente Cuoco bollerà la Rivoluzione<br />

Napoletana, intendendo che essa era stata condotta condotta solamente dalla borghesia e<br />

imposta con la violenza al popolo che considerava invece tutto sommato vantaggiosa la<br />

propria con<strong>di</strong>zione sotto la monarchia.<br />

E’ proprio in questo contesto che Eleonora manifesta tutta la propria capacità, sensibilità,<br />

amore per la patria che la spinge a lottare con l’arma più corretta e potente: la parola,che<br />

non è però in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffondere a causa della profonda ignoranza del popolo. Cuoco<br />

rifletterà cosi sull’impegno <strong>di</strong> Eleonora: ” si spinse come Camilla nella guerra, per solo<br />

amor della patria. Nell’epoca della Repubblica scrisse il Monitore napoletano, da cui spira il<br />

più puro e il più ardente amor <strong>di</strong> patria. Questo foglio le costò la vita”<br />

Traspare, dopotutto, come ella sia una donna forte, con il senso profondo della propria<br />

in<strong>di</strong>pendenza e affermazione, forgiata da una sana e solida cultura e da onesti ideali; e<br />

tuttavia devastata nella sua con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> donna per cui le si chiuderanno molte porte e<br />

persino la vita.<br />

Ma le verrà concesso <strong>di</strong> continuare fino in fondo a mantenere quella brillantezza<br />

mentale, quella sensibilità serena che solo una donna può possedere persino sul patibolo.<br />

125


UNA GIORNALISTA<br />

TRA IDEOLOGIA ED UTOPIA A NAPOLI NEL 1799<br />

“Forse un giorno gioverà ricordare tutto questo”<br />

Con questo pensiero, con questa speranza,moriva sul patibolo la prima eroina napoletana.<br />

Ma prima <strong>di</strong> essere un’eroina, Eleonora De Fonseca Pimentel era una donna,una donna<br />

come poche nacquero in quegli anni, gli anni del cambiamento, della speranza, della<br />

rivoluzione.<br />

Eleonora era una donna speciale, e domandarsi a chi avrebbe giovato testimonia della sua<br />

sensibilità. A chi avrebbe giovato? Enzo Striano, nel suo romanzo storico “Il resto <strong>di</strong><br />

niente”, dà così parola ai pensieri <strong>di</strong> Eleonora: “Un giorno, grazie al nostro lavoro,<br />

spunteranno fiori, frutti, i bambini ne mangeranno. Se nessuno s’occupa del giar<strong>di</strong>no il<br />

mondo finisce.” Questa è stata dunque la speranza <strong>di</strong> Eleonora, quella spinta che la portò<br />

ad agire in prima fila durante la rivoluzione napoletana fino al patibolo.<br />

Napoli in questo periodo era spaccata in due: c’era chi come lei e tanti altri suoi compagni<br />

volevano per Napoli la fine della monarchia borbonica, o comunque del sistema<br />

monarchico in generale, in favore della costituzione <strong>di</strong> una repubblica democratica, costoro<br />

erano classificati Giacobini; altri, come i lazzari e il popolino <strong>di</strong> quella Napoli povera che si<br />

accontentava, sostenevano invece la corona, perché comunque sia avevano assicurato un<br />

tozzo <strong>di</strong> pane ogni tanto, e la libertà <strong>di</strong> vivere ai margini come gli pareva.<br />

La rivoluzione francese portò alla nascita poi della così detta rivoluzione<br />

napoletana,composta da nomi noti del panorama intellettuale della città, tra cui la stessa<br />

Eleonora.<br />

Ma nel perseguire il progetto repubblicano questi intellettuali fecero l’errore <strong>di</strong> non cercare<br />

propriamente il <strong>di</strong>alogo con il popolo, in<strong>di</strong>spensabile per la fortunata realizzazione del<br />

progetto, ma andarono verso una frattura inesorabile tra intellettuali e il popolo.<br />

<strong>Le</strong>nor vi partecipò attivamente, animata da un entusiasmo che era alimentato anche da<br />

quello assai forte <strong>di</strong> personaggi come Gennaro Serra, a lei molto caro e vicino, Ignazio<br />

Ciaia, Pignatelli, Logoteta, Pagano, Lauberg e tanti altri. Ognuno <strong>di</strong> loro esprimeva una<br />

particolare visione politica e sociale.<br />

Fra le tante iniziative che la rivoluzione a Napoli tentò <strong>di</strong> attuare, Eleonora intuisce quale<br />

doveva essere quella più importante: istruire il popolo. Fare la rivoluzione per lei doveva<br />

significare cambiare effettivamente le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita del popolo e non semplicemente<br />

cambiare padrone. In un primo momento aveva pensato <strong>di</strong> far circolare le nuove idee<br />

attraverso la struttura che aveva il monopolio della comunicazione: la Chiesa. Ma,<br />

consapevole della generale ignoranza <strong>di</strong>ffusa non solo tra i ceti più umili, ma tra gli stessi<br />

ecclesiastici, decise <strong>di</strong> accettare la proposta che le era stata fatta <strong>di</strong> <strong>di</strong>rigere un giornale,<br />

“Il Monitore Napoletano”, sull’esempio dei fogli che circolavano a Parigi, del quale fu<br />

insieme giornalista e prima e<strong>di</strong>trice.<br />

Per cinque mesi su <strong>di</strong> esso apparvero accesi articoli da lei scritti, antiborbonici e filo<br />

rivoluzionari. Il primo numero, che si apriva con il motto repubblicano “Libertà e<br />

Uguaglianza”, riportava un inno alla libertà “Siamo liberi (?)” che era una retorica<br />

celebrazione dell’amicizia “lazzaro-francese” e della fratellanza tra vinto e vincitore.<br />

Nonostante l’esagerata rappresentazione degli ideali politici e sociali e la sopravvalutazione<br />

utopistica delle competenze e del coinvolgimento del popolo, le copie vendute furono<br />

molte poche. Eleonora capì così che prima <strong>di</strong> pensare all’educazione dei popoli si dovesse<br />

innanzitutto insegnare loro a leggere e a scrivere e che per comunicare occorresse usare il<br />

126


loro linguaggio e non quello degli intellettuali: “Qua non s’è mai capito che la cosa più<br />

importante è educare il popolo,anche se è <strong>di</strong>fficile. Questa sarà la linea, la battaglia<br />

principale del mio Monitore”.<br />

La sua onestà intellettuale si manifestò apertamente quando non esitò a puntare i <strong>di</strong>to<br />

contro i Francesi che da liberatori e fratelli si mostrarono invece oppressori e affamati <strong>di</strong><br />

bottino.<br />

In questa sua denuncia fu affiancata da Vincenzo Cuoco, il famoso avvocato, economista,<br />

storico, <strong>di</strong> estrazione borghese. Nel romanzo Striano lo descrive come molto vicino alla<br />

Pimentel, appunto da attribuire all’influenza <strong>di</strong> lei quel “Progetto per l’or<strong>di</strong>namento della<br />

pubblica istruzione nel Regno <strong>di</strong> Napoli” del 1809, nel quale l’istruzione pubblica è vista<br />

come in<strong>di</strong>spensabile strumento per la formazione della coscienza nazionale e popolare. La<br />

loro vicinanza è immaginata forte specialmente negli ultimi anni della vicenda<br />

rivoluzionaria anche se il punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> Cuoco sugli eventi appare sfumato, quasi egli<br />

fosse un guastafeste, pieno <strong>di</strong> tic, ed invaghito della Sanfelice.<br />

Stu<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> letteratura, giurisprudenza e filosofia, egli è famoso per il suo “Saggio storico<br />

sulla rivoluzione napoletana del 1799”, scritto in esilio a Parigi dove si rifugiò dopo la fine<br />

della Repubblica.<br />

Cuoco, con la sua analisi critica, in<strong>di</strong>viduò le cause principali del fallimento della<br />

rivoluzione. Nessun cambiamento poteva essere imposto con la forza al popolo, né guidato<br />

da “un’assemblea <strong>di</strong> filosofi”; ogni popolo aveva <strong>di</strong>ritto ad una propria costituzione, basata<br />

sulla sua peculiarità e sulla sua storia, che fosse capace <strong>di</strong> dare voce alle tra<strong>di</strong>zioni, alle<br />

necessità reali ed alle aspirazioni più autentiche che lo caratterizzano. “Io voglio <strong>di</strong>re che<br />

una rivoluzione deve tener conto degli interessi del popolo, ma non bisogna confondere<br />

questi interessi con le ideologie imparate da qualche filosofo forestiero”.<br />

Sosteneva che quella rivoluzione, che avrebbe dovuto condurre la nazione alla felicità,<br />

l’aveva invece portata alla rovina. Egli riteneva inutile illudersi che esistessero valori<br />

universalmente vali<strong>di</strong> e applicabili a prescindere dalle particolari realtà storiche e sociali. Fu<br />

proprio questo l’errore che i rivoluzionari illuministi fecero.<br />

La passività del popolo napoletano e <strong>di</strong> quella parte peculiare <strong>di</strong> esso che erano i lazzari<br />

durante le vicende che avrebbero dovuto portare alla loro liberazione, si spiegava così.<br />

E’ molto significativa una frase che Striano fa <strong>di</strong>re a Cuoco, e che <strong>di</strong>ce molto del<br />

personaggio, soprattutto in previsione <strong>di</strong> ciò che poi accadrà alla fine.<br />

Mentre si festeggiava il capodanno, all’indomani dell’arrivo della flotta francese a Napoli,<br />

con gran<strong>di</strong> mangiate, canti e balli, tra le musiche per ballare qualcuno propose la<br />

“Carmagnole”; tutti si mostrarono entusiasti, inneggiando alla repubblica e iniziando a<br />

danzare; è in quel momento che Cuoco alle spalle <strong>di</strong> Eleonora mormora . Crudo realismo, in tanta euforica<br />

nebbia.<br />

Per questo Cuoco appariva alla maggior parte degli intellettuali, e forse anche alla stessa<br />

Eleonora, come un “advocatus <strong>di</strong>aboli”. Ma egli era invece semplicemente realista, e come<br />

tale guardava in faccia la realtà e pensava che quella “dolcezza della vita” che era nella<br />

tranquilla e semplice vita <strong>di</strong> tutti i giorni, cara ai miti napoletani, non poteva essere<br />

ristabilita se non tramite le forze degli stessi Napoletani.<br />

Ciò che ci stupisce ancora oggi <strong>di</strong> questa personalità, è la sua originalità ed attualità. Si<br />

potrebbe riflettere sulla posizione politica espressa da Cuoco nel saggio sulla rivoluzione <strong>di</strong><br />

Napoli e sullo stato attuale della nostra Carta Costituzionale. Si potrebbe notare così che,<br />

mentre per Cuoco la Costituzione dovrebbe occuparsi soprattutto della libertà in<strong>di</strong>viduale,<br />

della responsabilità dei poteri, dell’equilibrio delle forze e degli interessi, delle tasse,<br />

rispettando la storia, i costumi ed il carattere della nazione, invece oggi si tende sempre <strong>di</strong><br />

127


più ad annullare il valore del singolo in<strong>di</strong>viduo e della sua libertà in un concetto <strong>di</strong><br />

rappresentanza intesa in maniera sempre più collettiva e spersonalizzata.<br />

Nella realtà è proprio grazie a Vincenzo Cuoco e anche alla ricostruzione che Striano fa <strong>di</strong><br />

lui, che possiamo ammirare maggiormente la stessa figura <strong>di</strong> Eleonora, la quale appare<br />

non solo come la protagonista della vicenda troppo breve della repubblica napoletana, ma<br />

in primo luogo come la donna capace <strong>di</strong> portare il proprio coraggio fin sopra al patibolo;<br />

ed è così che Vincenzo Cuoco la ricorda:<br />

Essa si spinse nella rivoluzione, come Camilla nella guerra, per solo amor della patria.<br />

Giovinetta ancora, questa donna avea meritata l’approvazione <strong>di</strong> Metastasio per i suoi<br />

versi. Ma la poesia formava una piccola parte delle tante cognizioni che l’adornavano.<br />

Nell’epoca della repubblica scrisse il Monitore napolitano, da cui spira il più puro e il più<br />

ardente amor <strong>di</strong> patria. Questo foglio le costò la vita ed essa affrontò la morte con<br />

un’in<strong>di</strong>fferenza uguale al suo coraggio. Prima <strong>di</strong> avviarsi al patibolo, volle bere il caffè, e le<br />

sue parole furono “Forsan haec olim meminisse iuvabit (Forse un giorno gioverà ricordare<br />

tutto questo)”;<br />

128


ELEONORA,<br />

VITTIMA E ARTEFICE DELLA SUA CONDIZIONE DI DONNA<br />

Il romanzo “il resto <strong>di</strong> niente” <strong>di</strong> Enzo Striano oltre a rappresentare un perfetto spaccato<br />

della situazione politico sociale economica durante la rivoluzione napoletana offre anche lo<br />

spunto per riflettere sulla con<strong>di</strong>zione femminile settecentesca. Non a caso, la protagonista<br />

dell’opera più conosciuta in Italia e nel mondo dell’autore, è appunto una donna. Ella è però<br />

una donna che esce fuori da qualsiasi schematizzazione o classificazione <strong>di</strong> ruolo,<br />

proponendosi così come un eroina moderna, esempio per i posteri: La sua peculiarità ha<br />

origine da un’ educazione <strong>di</strong>versa da quella <strong>di</strong> qualsiasi altra ragazza del suo stato sociale.<br />

Certo, in base a che cosa possiamo <strong>di</strong>re che Eleonora era speciale?<br />

Lo possiamo <strong>di</strong>re mettendo a confronto le realtà femminili del tempo, che fondamentalmente<br />

erano due: da una parte stavano le donne ricche, nobili, dall’altro stavano le<br />

donne del popolo.<br />

<strong>Le</strong> une belle e sofisticate, frequentavano i salotti, ma raramente partecipavano alle<br />

<strong>di</strong>scussioni degli uomini, spesso creavano piccoli circoli del pettegolezzo, in cui <strong>di</strong>scutevano<br />

delle ultime mode e dei segreti <strong>di</strong> palazzo; le altre, focose e risolute, molte <strong>di</strong>sperate, la<br />

loro era una lingua <strong>di</strong> lamenti, <strong>di</strong> cantilene, <strong>di</strong> inviti, anche se a volte invitanti non erano, lì<br />

intente davanti i loro bassi a pettinarsi i capelli, a mostrare la carne, sciatta, sporca.<br />

<strong>Le</strong>nor non apparteneva né all’una né all’altra categoria, ma aveva sia dell’una sia dell’altra.<br />

A modo suo era bella, risoluta, magari poco focosa, ma i suoi occhi <strong>di</strong> “fuoco” brillavano<br />

mentre <strong>di</strong>scuteva con quegli intellettuali appassionati nei salotti, amava poco i fronzoli e i<br />

pettegolezzi, e aveva un rapporto complesso con il suo destino <strong>di</strong> donna.<br />

Una donna come lei avrebbe dovuto saper gestire la casa, cucinare e prendersi cura d un<br />

uomo, nel destino <strong>di</strong> una donna come tante del suo tempo c’era il matrimonio.<br />

Ma <strong>Le</strong>nor sapeva gestire i rapporti <strong>di</strong> testa, <strong>di</strong> scambio d’opinioni.<br />

Di origine portoghese, ma napoletana d’adozione, Eleonora fu costretta a fuggire dalla<br />

propria terra d’origine, il Portogallo appunto, per trasferirsi a Roma, in via Ripetta, per poi<br />

<strong>di</strong>rigersi, all’età <strong>di</strong> 10 anni, a Napoli. Era stata quin<strong>di</strong> abituata ai cambiamenti, agli<br />

stravolgimenti, al dover ricostruire da capo quello che aveva appena costruito. Napoli<br />

rappresentò per lei la stabilità finalmente conquistata. Era stata educata fin dalla più tenera<br />

età alla cultura, soprattutto da parte dello “tio Antonio”, che la aveva introdotta per primo<br />

alle <strong>di</strong>scussioni letterarie che avevano luogo nei salotti <strong>di</strong> alcune famiglie <strong>di</strong> livello.<br />

Fu proprio nei salotti borghesi che si avviò la sua avventura intellettuale. L’amore per la<br />

cultura che la caratterizzò nel corso <strong>di</strong> tutta la vita <strong>di</strong>venne il tema centrale nel primo sonetto<br />

che recitò, per volere proprio del suo educatore Tio Antonio, <strong>di</strong> fronte a un pubblico colto ed<br />

emblematico dell’opinione pubblica dell’epoca, sul ruolo che doveva assumere la donna:<br />

A <strong>Le</strong> Bovier de Fontenelle<br />

Sublime ingegno gallico<br />

Che <strong>di</strong> tanto avanzasti la tua etade<br />

129


Propagando altresì a piccoli ingegni<br />

Il verace saper; tu che mostrasti<br />

Come in spazio infinito<br />

Emuli in tutto a limpido <strong>di</strong>amante<br />

Vortici senza fine<br />

Roteando fra lor spingono il mondo<br />

Anche a me, Fontenelle, illuminasti<br />

Il giovanile femminile ingegno<br />

E stitibondo<br />

Il facesti <strong>di</strong> nuove viepiù ar<strong>di</strong>te<br />

Vittorie del saver che il Cuor sospira.<br />

Di fronte alla prova poetica <strong>di</strong> Eleonora, mentre da una parte vi è la reazione <strong>di</strong> Giordano,<br />

uomo colto, intellettuale, rappresentante del progresso e della mentalità aperta a nuovi<br />

cambiamenti, che si complimenta con l’autrice suggerendole <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>re la conoscenza <strong>di</strong><br />

altri autori francesi, dall’altra vi è invece la reazione dell’abate Conforti, uomo <strong>di</strong> chiesa e<br />

quin<strong>di</strong> della tra<strong>di</strong>zione e del pensiero comune popolare, che afferma “ Per carità Giordano,<br />

Non suggerite queste letture a una fanciulla così giovane. Bisogna avere scrupoli. “<br />

Il continuo confronto con la <strong>di</strong>versità che la circondava, rendeva Eleonora più critica e<br />

riflessiva verso la sua stessa persona. “A 18 anni la persona esteriore le appariva compiuta :<br />

ne’ bella ne’ brutta, ne’ alta ne’ bassa, un po’ forte ai fianchi, nelle gambe. Soprattutto al<br />

seno : lo comprimeva in bustini a stecche <strong>di</strong> balena e domava la massa nera, riccia dei<br />

capelli usando nastrini, pettinesse invisibili, forcelle. Meno male che c’erano gli occhi, gran<strong>di</strong>,<br />

neri, attraenti per lo stupore infantile, occhi de foco, e la bocca da bambina”. La<br />

considerazione <strong>di</strong> se stessa la portò a conoscersi fin nelle sue parti più intime che<br />

considerava peccaminose e quel seno così abbondante le rappresentava un grande<br />

complesso e attirava su <strong>di</strong> sè gli sguar<strong>di</strong> golosi degli uomini. A 18 anni, pronta secondo la<br />

famiglia per il matrimonio, si chiedeva se fosse stato possibile vivere da letterata e al tempo<br />

stesso da moglie, o da madre…probabilmente pensò <strong>di</strong> no in quanto per vicissitu<strong>di</strong>ni o per<br />

volontà fu destinata a sposarsi parecchi anni dopo. La sua gioventù fu caratterizzata<br />

dall’amore provato per Luigi Primicerio. Un amore sottile, intellettuale. <strong>Le</strong>nor fu caratterizzata<br />

infatti dalla”non necessità”, dal <strong>di</strong>stacco, quasi dal timore del rapporto fisico e del bisogno <strong>di</strong><br />

un amore più ideale che reale. Il suo più che bisogno <strong>di</strong> una persona da amare era bisogno<br />

<strong>di</strong> una persona con la quale confidarsi, aprirsi a livello intellettuale. Fu così che la sua prima<br />

esperienza sessuale risultò drammaticamente tragica e quasi forzata. Ella vide la sessualità<br />

sempre in senso negativo, una sorta <strong>di</strong> sottomissione all’uomo..<br />

130


Eleonora da questo rapporto si aspettava <strong>di</strong>alogo, affetto, e piccoli scambi <strong>di</strong> effusioni,<br />

Primicerio voleva molto d più. <strong>Le</strong>nor non era pronta, soffriva, e pensava a certe cose<br />

soltanto in funzione <strong>di</strong> un matrimonio a cui Primicerio non pensava lontanamente, così le<br />

lacrime e quel senso <strong>di</strong> inadeguatezza che sentiva portarono alla fine <strong>di</strong> questo rapporto.<br />

Eleonora sentiva <strong>di</strong> non essere fatta per certe cose, i rapporti d’amore richiedevano troppo<br />

impegno, troppi dubbi, troppe angosce, ed era portata dunque a coltivare la sua vita da<br />

intellettuale, circondata dall’affetto dei suoi amici.<br />

Eleonora era una donna del’700, atipica, ma nel suo destino continuava ad esserci<br />

comunque il matrimonio, un matrimonio che dopo la morte dei genitori, ormai privati <strong>di</strong><br />

tante ricchezze, le avrebbe assicurato un tetto sotto cui vivere <strong>di</strong>gnitosamente.<br />

Fu così che, arrivata al suo 26esimo anno d’età, il Conte Pasquale Tria <strong>di</strong> Sola entrò nella<br />

sua vita come suo promesso sposo, i genitori le presentarono quest’uomo mettendola<br />

subito al corrente <strong>di</strong> ciò che sarebbe successo, naturalmente si sarebbero sposati.<br />

E dopo alcune settimane dalla loro conoscenza matrimonio fu, <strong>Le</strong>nor andò in sposa al<br />

Conte Tria con una speranza, che gli fornisse carta e penna, ciò le bastava, per il resto si<br />

sarebbe de<strong>di</strong>cata a lui, come tutti si aspettavano.<br />

Il giorno del matrimonio pensò già con rimpianto alla libertà che la stava abbandonando,<br />

ma andò avanti, facendosi forza, pensando alla sod<strong>di</strong>sfazione <strong>di</strong> suo padre nel vederla<br />

sistemata. Avrebbe imparato ad amare quell’uomo primor<strong>di</strong>ale, il suo primo ed unico<br />

uomo.<br />

A rendere più lieta la sua vita da sposata fu l’arrivo <strong>di</strong> un figlio, il piccolo Francesco, un<br />

bambino speciale, che aveva atteso con impazienza, la causa unica della sua felicità, con<br />

cui parlava, con cui giocava, era una parte <strong>di</strong> lei, ma anche <strong>di</strong> Pasquale, però Eleonora lo<br />

sentiva suo, possessore della sua intelligenza, della sua curiosità, esplorava il mondo con<br />

quegli occhi tanto simili a quelli <strong>di</strong> Eleonora, lei più che un Tria lo considerava un Fonseca.<br />

Ed era grazie a quel bambino che continuava a sopportare quella vita che non faceva per<br />

lei, perché quella non era la sua vita, Pasquale le tolse il piacere della cultura, l’idea <strong>di</strong> una<br />

moglie troppo intelligente , capace <strong>di</strong> produrre pensieri propri spaventava, e allora veniva<br />

limitata in tutto, sopportava a fatica quell’ambiente, lui, la sua famiglia, ma andava avanti<br />

per il suo piccolo, che una volta <strong>di</strong>ventato grande l’avrebbe salvata, protetta. Ma<br />

Francesco non <strong>di</strong>ventò mai grande, morì a soli due anni, lasciando sua madre sola nella<br />

sua <strong>di</strong>sperazione, a subire ad<strong>di</strong>rittura le alzate <strong>di</strong> mano <strong>di</strong> quell’uomo rozzo, che era stato<br />

falsamente amorevole soltanto per le prime due settimane <strong>di</strong> matrimonio, che non si era<br />

curato del loro bambino, quell’uomo che la cambiò, che tentò <strong>di</strong> annientarla<br />

psicologicamente.<br />

Ma <strong>Le</strong>nor era forte e abbandonò il tetto coniugale con l’aiuto <strong>di</strong> “papai”, ormai anziano,<br />

che non poteva sopportare un trattamento del genere per la sua amata figlia.<br />

<strong>Le</strong>nor, con il dolore e la sofferenza nel cuore, tornava alla libertà sola; suo padre malato<br />

ormai la lasciò per sempre, e lei era decisa a riguadagnarsi la sua vita.<br />

Ebbe la forza <strong>di</strong> fare ciò che tante donne non fecero mai, liberarsi da una vita opprimente,<br />

fatta <strong>di</strong> prepotenza e infelicità; aveva avuto il coraggio <strong>di</strong> vivere la sua vita liberamente, <strong>di</strong><br />

ricominciare, ed era un comportamento raro, ma <strong>Le</strong>nor era speciale, era una donna D’altri<br />

tempi, si, ma non quelli che furono,ma quelli che saranno.<br />

Riprese a stu<strong>di</strong>are, a leggere, a scrivere, e dopo anni con fatica tornò a confrontarsi con i<br />

suoi amici intellettuali, che le volevano bene e la sostenevano.<br />

Rimase vedova nel 1795. Al piccolo Francesco morto de<strong>di</strong>cò 5 sonetti:<br />

131


I<br />

Figlio, tu regni in Cielo, io qui men resto<br />

Misera, afflitta, e <strong>di</strong> te orba e priva;<br />

Ma se tu regni, il mio gioire è questo,<br />

Tua vita è spenta e la mia speme è viva.<br />

Anzi la Fede e cresce e si ravviva.<br />

E per essa al dolor la gioia innesto:<br />

Ché il viver fora al paragon molesto,<br />

E tutto ottien chi al tuo morir arriva.<br />

E parte <strong>di</strong> tua gloria in me <strong>di</strong>scende,<br />

Che l’esser madre <strong>di</strong> uno spirto eletto<br />

L’alma devota in caritate accende.<br />

Ma il laccio <strong>di</strong> natura in terra è stretto.<br />

Ah, se per morte ancora in Ciel si stende,<br />

Prega tu pace all’affamato petto!<br />

II<br />

Figlio, mio caro figlio, ahi! l'ora è questa<br />

Ch’io soleva amorosa a te girarmi,<br />

E dolcemente tu solei mirarmi<br />

A me chinando la vezzosa testa.<br />

Del tuo ristoro in<strong>di</strong> ansiosa e presta<br />

I’ ti cibava; e tu parevi alzarmi<br />

La tenerella mano, e i primi darmi<br />

Pegni d’amor: memoria al cor funesta.<br />

Or chi lo stame della dolce vita<br />

Troncò, mio caro figlio, e la mia pace,<br />

Il mio ben, la mia gioia ha in te fornita?<br />

Oh <strong>di</strong> me<strong>di</strong>ca mano arte fallace!<br />

Tu fosti mal accorta in dargli aita,<br />

Di uccider più, che <strong>di</strong> sanar, capace.<br />

III<br />

Sola fra miei pensier sovente i’seggio,<br />

E gli occhi gravi a lagrimar m’inchino,<br />

Quand’ecco, in mezzo al pianto, a me vicino<br />

Improvviso apparir il figlio i’veggio.<br />

Egli scherza, io lo guato, e in lui vagheggio<br />

Gli usati vezzi e ‘l volto alabastrino;<br />

132


Ma come certa son del suo destino,<br />

Non credo agli occhi, e palpito, ed ondeggio.<br />

Ed or la mano stendo, or la ritiro,<br />

E accendersi e tremar mi sento il petto<br />

Finché il sangue agitato al cor rifugge.<br />

La dolce visione allor sen fugge;<br />

E senza ch’abbia dell’error <strong>di</strong>letto,<br />

La mia per<strong>di</strong>ta vera ognor sospiro.<br />

IV<br />

O splenda il sole, o tuffi il carro adorno,<br />

Ovunque gli occhi <strong>di</strong> fissar procuro,<br />

Sempre presente al mio pensier figuro<br />

Della morte del figlio il crudo giorno.<br />

<strong>Le</strong> meste faci scintillargli intorno<br />

Dell’ombre io veggio in fra l’orrore oscuro,<br />

E agonizzar spirante il raffiguro<br />

Se, dove luce, a rimirar ritorno.<br />

E se, cercando al mio dolor conforto,<br />

Talor m’involo alla spietata soglia,<br />

Dubbio e spavento, empi compagni, io porto.<br />

E allor che fra le mura il pié riporto,<br />

Parmi che in tetra faccia ognun m’accoglia,<br />

E gri<strong>di</strong>: - ahi te infelice, il figlio è morto!<br />

V<br />

<strong>Le</strong> meste rime del Cantor toscano<br />

<strong>Le</strong>ssi sovente e piansi al suo dolore,<br />

Compassionando lui che per amore<br />

Laura piangeva e la piangeva in vano.<br />

Poiché con cruda inesorabil mano<br />

Morte del figlio troncato ha l’ore,<br />

Sfogo in versi pur io l’afflitto core,<br />

E il duol raddoppio per sé stesso insano.<br />

Or chi più giusto oggetto a’ pianti suoi<br />

Ebbe, e in affanno più crudel si dolse?<br />

Anime <strong>di</strong> pietà, <strong>di</strong>telo voi.<br />

133


D’accesa mente acerbo frutto ci colse,<br />

Io <strong>di</strong> dover, che più sacro è fra noi:<br />

Ei perché volle, io perché il Ciel lo volse.<br />

Lontanissime dall’atmosfera colta dei salotti erano le con<strong>di</strong>zioni delle donne appartenenti alla<br />

popolazione più umile, che <strong>Le</strong>nor conobbe attraverso le sue lunghe passeggiate con<br />

Vincenzo, dettate dalla curiosità <strong>di</strong> visitare la città. Ecco dunque l’incontro in un vicolo con<br />

una donna dal busto scoperto che si pettinava a una finestra, mostrando seni flosci, con<br />

enormi capezzoli neri o <strong>di</strong> una donna grassa dalle gambe simili a colonne <strong>di</strong> cera che<br />

friggeva, dentro una padella poggiata su due pietre, pezzetti <strong>di</strong> pasta nericcia che gridava “<br />

tengo la patanella e lo sciore .<br />

Durante la lettura del romanzo capita spesso d’imbattersi in simili figure femminili<br />

appartenenti al l popolino nella società sette - ottocentesca. Questo tipo <strong>di</strong> donne sono<br />

presentate come grasse, sformate, sporche, logorate dall’ignoranza e dalla fatica. Sono<br />

donne con molti figli a carico, in famiglie numerose con anziani malati, nelle quali la figura<br />

maschile spesso non è presente o è malsana.<br />

Donne quin<strong>di</strong> che si de<strong>di</strong>cano alla famiglia, trascurando la loro mente e il loro corpo,<br />

<strong>di</strong>menticati a causa della povertà e del lavoro domestico.<br />

Una figura rilevante in tal senso nel romanzo è Graziella. Figlia <strong>di</strong> una prostituta, nutrita<br />

dall’uomo che l’avrebbe voluta prostituta. Consapevole che questo sarebbe stato il suo<br />

unico destino, adempieva ad esso quasi volentieri, come se qualcosa che era già stato<br />

definito rappresentasse per lei la via più semplice e sicura. Graziella si avvicinava poi ad<br />

Eleonora e tra le due nasceva un sincero rapporto <strong>di</strong> stima e rispetto. E se da una parte la<br />

sensibile Eleonora avrebbe voluto condurre Graziella verso una vita migliore attraverso<br />

l’istruzione e la cultura, Graziella all’inizio non è in grado <strong>di</strong> risponderle in tal modo, non<br />

avendo sufficiente forza d’animo.<br />

D’altra parte,( Eleonora) rimaneva sbalor<strong>di</strong>ta del fatto che “a nessuna donna del Regno era<br />

aperto il piccolo mondo del lavoro <strong>di</strong> qualità. Soltanto cameriera, cuffiara, stiratrice, puttana.<br />

Non esistevano me<strong>di</strong>chesse, avvocatesse e apparivano mostri donna Columbaro Pignatelli<br />

che stu<strong>di</strong>ava matematica o Mariangela Ar<strong>di</strong>nghelli, che aveva scritto su una cosa nuova della<br />

fisica : l’elettricità” e inoltre “nessuna <strong>di</strong> quelle signore era ammessa ad insegnare,<br />

all’Università ne’ altrove”. Del resto consideravano <strong>di</strong> non averne bisogno in quanto ricche e<br />

nobili.<br />

<strong>Le</strong> esponenti aristocratiche più rappresentative che ci vengono presentate nel romanzo<br />

sono Lady Hamilton e la Regina Maria Carolina, donne capaci <strong>di</strong> raggiungere i propri scopi<br />

attraverso la manipolazione degli uomini potenti che le circondano. Nonostante la loro<br />

con<strong>di</strong>zione apparentemente subalterna, queste donne hanno capacità <strong>di</strong> dominio e<br />

riescono ad utilizzare al meglio le proprie doti seduttive. Devono però comunque vendersi<br />

all’uomo, conquistarlo,per poi, solo in maniera subdola, poterlo manovrare.<br />

Ma per la maggior parte delle frivole nobildonne napoletane, come ad esempio Eleonora<br />

Fusco, era molto più importante possedere un marito ricco, due o tre figli, ma anche e<br />

soprattutto un esercito <strong>di</strong> camerieri in polpe, un numero indefinito <strong>di</strong> serventi in cresta e<br />

zelando, guardarobiere, balie, cuoche, cuffiare, stiratrici, create.(3), piuttosto che competere<br />

con gli uomini per il potere intellettuale o politico.<br />

134


IL CONTESTO SOCIALE DELLA RIVOLUZIONE NAPOLETANA<br />

Il periodo in cui si ambientano le vicende <strong>di</strong> Eleonora De Fonseca Pimentel vede una<br />

Napoli spaccata in tre ambiti principali e <strong>di</strong>stinti: un’alta aristocrazia, rimasta intorno ad un<br />

re che poco si interessa delle sorti popolari ma che i lazzari prendono come unico punto <strong>di</strong><br />

riferimento; un re che organizza gare poetiche e a cui tuttavia nulla importa della<br />

letteratura. Ma se questa è la situazione delle sfere più alte, completamente <strong>di</strong>fferenti<br />

sono le sorti <strong>di</strong> quel popolo che proprio i lazzari costituiscono: ignorante, <strong>di</strong>sinformato, vive<br />

all’ombra della buona società, tra vicoli sporchi pervasi da povertà, prostituzione e<br />

malattie; e non può e non vuole fare affidamento che sul re, sotto il quale rimangono<br />

garantite le tra<strong>di</strong>zioni e le rozze usanze che verrebbero tuttavia travolte dall’ampio arrivo<br />

dei Francesi.<br />

Uno, infatti, tra gli aspetti principali che hanno provocato la precoce caduta del nuovo<br />

governo è senza dubbio riscontrabile nella mancata adesione da parte dei ceti popolari,<br />

che costituivano la fetta maggiore <strong>di</strong> popolazione. Non bastò dunque il grande impegno<br />

dei repubblicani, né l’opera <strong>di</strong> propaganda <strong>di</strong> cui anche Eleonora Pimentel (protagonista<br />

del romanzo <strong>di</strong> Enzo Striano “Il resto <strong>di</strong> niente”) si rese partecipe, <strong>di</strong>ventando <strong>di</strong>rettrice del<br />

“Monitore Napoletano”, il giornale ufficiale del governo provvisorio.<br />

Ciò che <strong>di</strong>stingueva in maniera netta, e allontanava ancora maggiormente, i ceti me<strong>di</strong>o alti<br />

dalle classi popolari era il totale <strong>di</strong>sconoscimento, da parte <strong>di</strong> queste ultime, del concetto<br />

<strong>di</strong> libertà.<br />

“- Cavalie’, - <strong>di</strong>sse, martellando le sillabe – tu vuoi da’ la libertà a me? Tu si’ cchiù libero<br />

de me? Cavalie’, mo, te ‘mparo ‘na cosa: Napoli sai de chi è? Primma de san Gennaro, poi<br />

de lo rre, e poi è d’ ‘a mia” (Il Resto <strong>di</strong> niente, parte 10°, punto 3°).<br />

I lazzari costituivano una società nella società del tempo e rispondevano a un loro co<strong>di</strong>ce<br />

<strong>di</strong> gruppo. E’ documentato che nella loro società si era sviluppata una vera e propria<br />

gerarchia che prevedeva anche l’elezione <strong>di</strong> un capo, ufficialmente riconosciuto e accolto a<br />

corte. I capilazzaro si <strong>di</strong>fferenziavano dai gregari per una particolare foggia <strong>di</strong><br />

abbigliamento e taglio <strong>di</strong> capelli: berretto bianco, giacca corta e capelli rasati fin sopra le<br />

orecchie e la fronte. Il loro quartier generale era posto a Piazza Capuana. In particolari<br />

occasioni furono ad<strong>di</strong>rittura incaricati del mantenimento dell’or<strong>di</strong>ne pubblico nientemeno<br />

che dallo stesso re Fer<strong>di</strong>nando. Per questo essi sono talvolta associati alle cosiddette “corti<br />

dei miracoli” delle gran<strong>di</strong> capitali europee, quegli aggregati <strong>di</strong> esseri umani abbrutiti dalla<br />

fame e dall’in<strong>di</strong>genza,<br />

C’è chi ritiene che gruppi come quelli dei lazzari fossero espressione <strong>di</strong> forme <strong>di</strong> auto<br />

organizzazione e <strong>di</strong> mutuo soccorso, avallando così l’opinione che, grazie ad una certa<br />

creatività, i ceti più poveri riuscissero talvolta a sviluppare una civiltà gerarchica<br />

praticamente alternativa. Non costituivano un partito ante litteram.<br />

Infatti durante la Repubblica Napoletana del 1799, i lazzari, nella loro maggioranza, si<br />

opposero all’esercito napoleonico, in nome del casato dei Borboni, ritenuto il legittimo<br />

casato reale <strong>di</strong> Napoli. Alcuni capi-lazzaro, invece, o per opportunità economica o per<br />

ideali, aderirono alla causa repubblicana e furono impiccati in Piazza Mercato il 29 agosto<br />

del 1799.<br />

135


Nell’ambito della nobiltà, tra<strong>di</strong>zionalmente legata alla monarchia, un ruolo particolare e<br />

significativo venne svolto da alcune donne formatesi nell’ambito della cultura illuministica<br />

francese<br />

L’opera <strong>di</strong> stimolo culturale <strong>di</strong> queste aristocratiche, spesso artefice e catalizzatrice della<br />

crescita culturale all’interno della sua classe sociale, a Napoli, avveniva in luoghi chiusi, i<br />

salotti letterari, a volte creati da loro stesse. La funzione dei salotti delle donne sembrò<br />

<strong>di</strong>ventare in<strong>di</strong>spensabile perché, su tali luoghi ricchi <strong>di</strong> cultura e illuminati dalle nuove<br />

ideologie, accadeva anche che i rapporti interpersonali si facessero meno formali e<br />

impegnativi e quin<strong>di</strong> più pronti al <strong>di</strong>alogo. Coloro che vi partecipavano, l’aristocratico <strong>di</strong><br />

sangue o il titolato, riven<strong>di</strong>cavano la magnificenza della propria famiglia e la propria<br />

<strong>di</strong>gnità personale nell’ambito della società settecentesca che essi continuavano a ritenere<br />

immutabili.<br />

Tali salotti erano frequentati da personaggi letterati e amanti della cultura, tra cui la stessa<br />

Pimentel e gli illustri compagni da cui fu circondata nella vita. Uomini con idee nuove,<br />

moderne, che non sopportavano l’idea <strong>di</strong> essere assoggettati da un sovrano assoluto e che<br />

aspiravano a una libertà possibile solo con la realizzazione <strong>di</strong> una repubblica<br />

Per questo essi si assunsero il compito <strong>di</strong> operare un tentativo <strong>di</strong> risveglio delle masse,<br />

attraverso un’opera <strong>di</strong> propaganda effettuata con nuovi giornali e interventi <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo<br />

<strong>di</strong>retto con i lazzari, che tuttavia fin dall’inizio non sambrarono avere risultati concreti. La<br />

causa <strong>di</strong> questo fallimento era una mentalità popolare incomprensibile per chi intendeva<br />

coinvolgerli nell’impegno rivoluzionario.<br />

Essi si ritenevano infatti già liberi e non capivano quanto fossero gravemente annebbiati<br />

dalla totale mancanza <strong>di</strong> istruzione. Proprio l’ignoranza delle plebi, <strong>di</strong> cui letterati e patrioti<br />

solo superficialmente sembravano avere consapevolezza, sarà ciò che li perderà.<br />

“- Sì. Ma anche se fosse Tacito o Cicerone, mi <strong>di</strong>ci chi lo capirebbe? (…) - Questi non<br />

hanno compreso che il popolo non deve necessariamente conoscere la storia greca o<br />

romana per essere felice -” (Il Resto <strong>di</strong> niente, parte 17°, punto 6°).<br />

Oltre ai salotti, in cui borghesi e aristocratici illuministi <strong>di</strong>scorrevano <strong>di</strong> politica e davano<br />

vita a nuove idee (mentre le loro signore preferivano intrattenersi in <strong>di</strong>aloghi fitti <strong>di</strong><br />

pettegolezzi), iniziavano a nascere nuove associazioni, a carattere segreto, tra le quali<br />

spiccava il nome della celebre “Massoneria”.<br />

Gli esponenti della Massoneria, conosciuti anche come “liberi fratelli muratori” e costituiti<br />

spesso da influenti personaggi, inseriti nella stessa vita <strong>di</strong> corte, proponevano, tra gli altri<br />

principi, proprio la lotta contro l’ignoranza, la libertà e la fratellanza tra tutti gli uomini, e<br />

accettavano la libera professione <strong>di</strong> qualsiasi religione.<br />

“- Vuol <strong>di</strong>re che pure i Filangieri sono entrati in Massoneria - concluse, ironica, Chiara. - La<br />

Corte è zeppa <strong>di</strong> tal gente. E Maria Carolina guadagna. C’è un an<strong>di</strong>rivieni <strong>di</strong> banchieri<br />

massoni, a Palazzo…” (Il resto <strong>di</strong> niente, parte 5°, punto 4°).<br />

Era dunque una Napoli spaccata e contrad<strong>di</strong>ttoria, quella in cui visse la Pimentel, ma che<br />

non rinunciava tuttavia a tentativi <strong>di</strong> riscatto, all’insegna delle parole chiave <strong>di</strong> progresso e<br />

libertà.<br />

136


BIBLIOGRAFIA<br />

ED APPARATI DIDATTICI<br />

Vincenzo Cuoco, Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799, Milano,<br />

Rizzoli (BUR), 1999.<br />

Benedetto Croce, La rivoluzione napoletana del 1799. Biografie, racconti e ricerche,<br />

Bari, Laterza, 1912, 1961.<br />

Benedetto Croce, Aneddoti <strong>di</strong> varia letteratura, II ed., Bari, Laterza, 1953.<br />

Enzo Striano, Il resto <strong>di</strong> niente. Storia <strong>di</strong> Eleonora de Fonseca Pimentel e della<br />

rivoluzione napoletana del 1799, Napoli, 1986; Milano, Rizzoli, 2001, 2004.<br />

137


a.s. 2008/’09<br />

CLASSE 4 B<br />

MODULO DI COMPRESENZA: Filosofia e Italiano<br />

Insegnanti: Moscar<strong>di</strong>ni - Madussi<br />

TITOLO<br />

MOTIVAZIONE E<br />

FINALITÀ<br />

DURATA<br />

PREREQUISITI<br />

CONTENUTI<br />

OBIETTIVI<br />

SPAZI STRUMENTI E<br />

STRATEGIE<br />

VERIFICHE E<br />

VALUTAZIONE<br />

Eleonora de Fonseca Pimentel (all’interno del Progetto “Pari<br />

Opportunità” )<br />

1) Portare gli studenti alla conoscenza della personalità pubblica e<br />

privata del personaggio<br />

2) Attualizzare dal punto <strong>di</strong> vista storico e letterario la figura in oggetto<br />

3) Utilizzare il romanzo “Il resto <strong>di</strong> niente” e i 5 sonetti dell’Autrice per<br />

stimolare il gusto della lettura e collocare la Pimentel nel contesto<br />

della rivoluzione napoletana<br />

4) Rafforzare la capacità dell’espressione scritta e orale, con la<br />

realizzazione <strong>di</strong> un testo scritto, prima in<strong>di</strong>viduale e poi collettivo<br />

Ore 11, 1° modulo<br />

Conoscenza delle coor<strong>di</strong>nate generali del quadro storico, filosofico e<br />

letterario, con particolare riguardo ai temi dell’illuminismo italiano e della<br />

rivoluzione napoletana del 1799.<br />

1) Il contesto generale: la rivoluzione francese ed i suoi esiti italiani<br />

2) <strong>Le</strong>ttura e analisi testuale <strong>di</strong> del romanzo <strong>di</strong> V.Striano “ Il resto <strong>di</strong><br />

niente “.<br />

3) <strong>Le</strong>ttura e analisi <strong>di</strong> 5 sonetti della Pimentel in morte del figlio<br />

4) <strong>Le</strong>ttura e analisi <strong>di</strong> alcuni passi da “ Saggio storico sulla rivoluzione<br />

napoletana del 1799” <strong>di</strong> Vincenzo Cuoco<br />

Conoscenze:<br />

1) dei testi proposti<br />

2) delle problematiche critiche ad essi connesse<br />

Competenze/Capacità: lo studente dovrà:<br />

1) analizzare i testi e usarli come fonte<br />

2) esporre con coerenza e organicità gli argomenti<br />

3) acquisire un lessico adeguato e funzionale ai temi trattati<br />

4) comprendere il linguaggio dei testi, sia dal punto <strong>di</strong> vista denotativo<br />

che connotativo<br />

5) produrre un elaborato scritto sul lavoro svolto<br />

Aula <strong>di</strong> classe.<br />

Libri, materiale in fotocopia, <strong>di</strong>apositive<br />

Didattica in compresenza, lezione partecipata.<br />

La valutazione sarà effettuata con la valutazione del testo finale elaborato<br />

in<strong>di</strong>vidualmente , sulla base <strong>di</strong> una traccia data.<br />

138


IL SOGNO DI UNA VITA, LA VITA VISSUTA PER UN SOGNO…<br />

(testo elaborato per la realizzazione in DVD)<br />

E’ tutto buio e freddo ormai, le piccole finestre nascondo la bellezza e la luce del mondo,<br />

della sua città, la Napoli per la quale lei ha dato tutta se stessa e che ora si sta riprendendo<br />

tutto: la vita!<br />

Vorrebbe uscire a respirare la bellezza del vivere, della libertà. I suoi ricor<strong>di</strong> vagano nel<br />

passato e nel futuro, ma il presente non riesce più a immaginarlo…come si può vivere così?<br />

Privata <strong>di</strong> tutto? Privata dello stato sognato, <strong>di</strong> una famiglia, ma soprattutto <strong>di</strong> un FIGLIO?<br />

Ha perso tutto a questo mondo e allora perché continuare a vivere...?<br />

Forse è giusto vivere solo un altro po’…<br />

Giusto il tempo che nella sua mente ormai <strong>di</strong>strutta e abbattuta torni il ricordo della sua<br />

amata creatura…giusto il tempo per immaginare come sarebbe stata <strong>di</strong>versa, forse, la sua<br />

vita con il suo angioletto accanto: il suo Francesco.<br />

Adagiata sul gelido lettino incrocia le braccia che, senza volerlo, prendono la forma <strong>di</strong> una<br />

culla. Si ferma. Chiude gli occhi e per un momento immagina <strong>di</strong> avere stretto sul petto il suo<br />

bambino, <strong>di</strong> essere solo una mamma, <strong>di</strong> incarnare quel ruolo così unico che fa sentire ogni<br />

donna sempre più donna.<br />

E decide così <strong>di</strong> provare l’emozione <strong>di</strong> raccontare, per la prima e ultima volta, una storia al<br />

suo piccolino, un insegnamento <strong>di</strong> vita, la storia <strong>di</strong> una rivoluzione persa in partenza, il resto<br />

<strong>di</strong> niente….<br />

“ Era il 1789, tutto precipitò con lo scoppio della rivoluzione francese e con il dramma della<br />

caduta della monarchia e della pena capitale per i reali <strong>di</strong> Francia.<br />

Così, a Napoli, il re Fer<strong>di</strong>nando IV e sua moglie Maria Carolina iniziarono a mostrare un<br />

atteggiamento sempre più ferocemente antifrancese e antigiacobino.<br />

Nei centri culturali, nei salotti, e persino in alcune case aristocratiche, tra le persone più<br />

aperte e colte, invece, si respirava una voglia <strong>di</strong> riscatto, <strong>di</strong> unità nazionale, ma soprattutto<br />

<strong>di</strong> libertà.<br />

… E il popolo in tutto ciò?<br />

Figlio mio, il popolo è il quarto stato, il ceto ritenuto da sempre insensibile, ottuso e<br />

incapace <strong>di</strong> pensiero...e allora io decisi <strong>di</strong> sfatare questa credenza…decisi <strong>di</strong> andare a vedere<br />

<strong>di</strong> persona cosa ne pensasse il popolo della nostra ribellione al vecchio regime.<br />

Mi accompagnò personalmente Lauberg, che sarà poi il presidente della nostra breve<br />

repubblica.<br />

Egli mi insegnò a capire il popolo, a passeggiare tra i vicoli, ad ascoltare le richieste ma<br />

anche le critiche della gente, perché prima <strong>di</strong> pensare a sovvertire un regime bisognerebbe<br />

sentire cosa ne pensa il popolo, quello che dà vita e che incarna dall’interno la società.<br />

Capii da subito che i popolani, come <strong>di</strong>ceva il mio amico Cuoco, “non erano obbligati a<br />

sapere la storia romana per conoscere la loro felicità”, che erano proni al sistema,<br />

qualunque esso fosse. <strong>Le</strong> cose iniziarono a complicarsi definitivamente il 23 ottobre 1798,<br />

quando i francesi attaccarono Roma.<br />

Il re <strong>di</strong> Napoli decise allora <strong>di</strong> entrare nuovamente in guerra contro <strong>di</strong> loro, ma al suo fianco<br />

questa volta, però, c’era la flotta inglese guidata dall’ammiraglio Nelson.<br />

Lo stesso re Fer<strong>di</strong>nando riuscì ad entrare a Roma, ma la controffensiva francese costrinse i<br />

borbonici alla ritirata.<br />

Fu <strong>di</strong> lì a poco che decidemmo <strong>di</strong> agire, il 4 novembre 1798.<br />

139


Ricordo bene quella data: decidemmo <strong>di</strong> lasciare alcune copie degli opuscoli repubblicani nel<br />

palazzo reale, per far sapere che la rivolta stava per avere inizio, che stavamo per<br />

riprenderci e ri<strong>di</strong>stribuire la nostra libertà.<br />

Fu a questo punto che il re si sentì <strong>di</strong>rettamente minacciato e fuggì sulla flotta <strong>di</strong> Nelson a<br />

Palermo, portandosi via anche il denaro dei banchi e i sol<strong>di</strong> della corona.<br />

Il principe Francesco Pignatelli assunse l’incarico <strong>di</strong> rappresentare il re Fer<strong>di</strong>nando.<br />

Ma pochissimi giorni dopo <strong>di</strong>lagò la rivolta dei lazzari contro coloro che riven<strong>di</strong>cavano il<br />

<strong>di</strong>ritto a rappresentare il re.<br />

C’era enorme confusione in città ed anarchia: così il principe Francesco sottoscrisse una resa<br />

con il generale francese Championnet.<br />

Ormai era gennaio, e il freddo iniziava a farsi sentire. Oltre alla guerra ci si metteva anche la<br />

stagione: tutto era già così triste, spento, freddo. <strong>Le</strong> rivolte non si placavano.<br />

Alla notizia dell’accordo con la Francia il popolo <strong>di</strong> Napoli insorse: sì angelo mio, lo stesso<br />

popolo che ti raccontavo prima, quello soggiogato e succube <strong>di</strong> re e preti, quello senza<br />

speranza nè voglia <strong>di</strong> riscatto.<br />

I lazzari si unirono in una vera a propria lega antifrancese, che, anche se per breve tempo,<br />

oppose una forte e sanguinosa resistenza all’armata francese.<br />

Quello era il nostro momento.<br />

Se non avessimo agito non saremmo mai usciti vivi da Napoli, non saremmo mai più riusciti<br />

a realizzare la nostra repubblica.<br />

Scendemmo tutti in campo, liberali, giacobini, filofrancesi, repubblicani , tutti uniti contro i<br />

“lazzari”, contro quella parte <strong>di</strong> popolo rozza e ignorante, che si rifiutava <strong>di</strong> capire<br />

l’importanza della parola libertà.<br />

Riuscimmo a sconfiggerli a Sant’ Elmo, in quella fortezza che solo pochi giorni dopo vedrà la<br />

morte dei miei compagni giornalisti, dei miei amici, degli uomini che ho amato.<br />

Il 23 gennaio, grazie all’appoggio francese, proclamammo la repubblica.<br />

Era la nostra repubblica, era finalmente la Repubblica <strong>di</strong> Napoli.<br />

Formammo il governo provvisorio, composto <strong>di</strong> 25 membri, ognuno dei quali aveva un<br />

incarico preciso.<br />

A presiedere venne chiamato Lauberg e dopo poco, più precisamente a febbraio, gli<br />

successe Ignazio Ciaia.<br />

Il presidente era affiancato da gran<strong>di</strong> ingegni: Pagano, Delfico, Cirillo…<br />

Il governo era <strong>di</strong>viso in 6 Comitati, che formavano l’Assemblea <strong>Le</strong>gislativa.<br />

A me spettava il compito <strong>di</strong> <strong>di</strong>rigere, scrivere ed impaginare il giornale ufficiale del governo,<br />

“il Monitore napoletano”.<br />

Tutto ciò non era che l’inizio.<br />

Ma la repubblica, come tentavamo <strong>di</strong> nascondere anche a noi stessi, era un’utopia, sconfitta<br />

in partenza, una gara persa prima <strong>di</strong> essere iniziata.<br />

La vita fu <strong>di</strong>fficile già agli inizi: il popolo non aderiva, la gente delle province limitrofe non<br />

voleva nemmeno sentir pronunciare la parola Repubblica, per loro senza significato da<br />

sempre…<br />

E poi c’eravamo noi, c’erano personalità <strong>di</strong> rilievo sociale ed intellettuale, ma sicuramente<br />

troppo lontane dalle vere esigenze della gente.<br />

Nei fatti non fu neppure una vera repubblica fondata sulla libertà e sull’uguaglianza.<br />

In realtà non fu quasi una repubblica, ma solo un nuovo governo, fondato sulla <strong>di</strong>ttatura <strong>di</strong><br />

“guerra” <strong>di</strong> Championnet, e gravata dalle continue richieste <strong>di</strong> denaro dell’esercito francese.<br />

Iniziammo lo stesso a darci da fare.<br />

Varammo due leggi, che abolivano i fedecommessi e la primogenitura.<br />

140


La seconda commissione legislativa approvò la legge <strong>di</strong> abolizione della feudalità, ma non<br />

riuscì nemmeno a far approvare il progetto <strong>di</strong> costituzione preparato dalla precedente<br />

legislatura.<br />

Il 7 febbraio il dramma e l’inizio della fine.<br />

Sbarcò in Calabria il car<strong>di</strong>nale Fabrizio Ruffo, con l’assenso regio e pochi compagni, e riuscì<br />

a formare in breve tempo un’armata popolare e ad impadronirsi della Basilicata e della<br />

Puglia.<br />

Ci attaccavano su tutti i fronti.<br />

La squadra navale inglese tentava la conquista dal mare.<br />

Ma riuscì solo per breve tempo ad occupare Procida, costretta alla ritirata dalle navi<br />

comandate dall’ ex - ammiraglio della marina borbonica, Francesco Caracciolo.<br />

Angelo mio, se fossi vissuto chissà … forse avresti potuto <strong>di</strong>ventare un altro Francesco, forse<br />

ancora più important.<br />

Questo nome nella storia è prerogativa <strong>di</strong> personaggi gran<strong>di</strong>…<br />

Nei mesi successivi i francesi subirono sconfitte in varie zone dell’Italia settentrionale da<br />

parte degli austro-russi.<br />

Alla fine furono costretti a ritirarsi anche da Napoli, e ci abbandonarono.<br />

Tentammo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fenderci da soli dall’armata sanfe<strong>di</strong>sta che giungeva da sud.<br />

Ma il 13 giugno la città venne presa, le truppe del car<strong>di</strong>nale Ruffo <strong>di</strong>lagarono in Napoli.<br />

La resistenza continuò ancora per poche ore, ma alla fine fummo costretti a trincerarci a<br />

Sant’Elmo.<br />

Cercammo <strong>di</strong> resistere il più possibile, noi patrioti, sacrificando tutto, anche la vita.<br />

Ruffo ci offrì una “onorevole capitolazione”, e la salvezza dell’esilio.<br />

Ma Nelson rifiutò <strong>di</strong> mantenere la promessa ed il re, che era appena tornato a Napoli, la<br />

<strong>di</strong>chiarò nulla.<br />

Fummo arrestati e ognuno <strong>di</strong> noi ebbe la sua condanna: in tutto 8000 prigionieri.<br />

Tra loro i miei amici Pagano, Ciaia, Cirillo, Albanese, Russo, Caracciolo. Il più grande <strong>di</strong> tutti,<br />

ed anche il meno coinvolto, Vincenzo Cuoco, venne condannato all’esilio.<br />

Questa, amor mio, è la ragione per la quale mi trovo in questa stanza putrida, buia, fredda,<br />

che emana un odore fetido…questo è il luogo della mia fine,… sta giungendo la mia ora.<br />

E’ già la seconda volta che un prete mi viene a trovare, mi vuole convincere a confessarmi.<br />

Per quali peccati? Per quali errori?<br />

Io ho vissuto la mia vita come sentivo, come volevo, …ho fatto tutto quel che ho fatto per<br />

Napoli, per vedere quel sole fantastico splendere, anche lui libero, sul nostro golfo, per<br />

poter respirare tutti aria <strong>di</strong> “cosa pubblica”…<br />

Ho vissuto la mia vita per costruire un futuro, una speranza, un mondo migliore per i nuovi<br />

angeli che scenderanno dal cielo nelle braccia delle loro mamme.<br />

Ma…, visto com’ è andata, vista la sconfitta, adesso posso pensare che sia stato meglio per<br />

te, angelo mio, essere salito in fretta al cielo.<br />

La tua mamma si sta preparando a raggiungerti, per rimanere accanto a te per sempre, per<br />

proteggerti ed amarti …per sempre”.<br />

Dopo pochi secon<strong>di</strong> entrano per prelevarla: una schiera <strong>di</strong> incappucciati.<br />

Cammina fiera, a testa alta, perché in fondo lei era pur sempre una nobile, donna Eleonora<br />

Pimentel De Fonseca, ed era pur sempre, eroicamente, una donna.<br />

Sale sul patibolo. Guarda la folla silenziosa. Mormora qualcosa. Chiude gli occhi.<br />

E ripensa alle parole del suo sonetto: “E tutto ottiene, figlio mio, chi al tuo morir arriva!”<br />

141


Bibliografia:<br />

- Enzo Striano, “Il resto <strong>di</strong> niente”, Napoli 1986; Milano, Mondadori, 2005;<br />

- Indro Montanelli, “Storia d’Italia”, Milano, 1959; Milano, Rizzoli, 1996, vol. 24, pagg. 100-<br />

114;<br />

- enciclope<strong>di</strong>a Motta, Milano, 1959; Milano, Federico Motta e<strong>di</strong>tore, 1969; vol. VIII, pag.<br />

4321;<br />

- Wikipe<strong>di</strong>a, enciclope<strong>di</strong>a interattiva sul web, alla voce Repubblica napoletana(1799).<br />

142<br />

Ludovica Basili IV B


Classe IV B<br />

Insegnanti:<br />

Simonetta Madussi<br />

Marilde Mureddu<br />

FOLLIA DELLA RAGIONE,<br />

O RAGIONI DELLA FOLLIA ?<br />

Figure femminili nel mondo antico:<br />

Demetra,<br />

Diotima,<br />

Penelope,<br />

Clitemnestra,<br />

Fedra,<br />

Altea,<br />

Agave,<br />

Medea.<br />

Un’analisi moderna del mito: Elena Pulcini


Introduzione<br />

Il perché della scelta<br />

<strong>Le</strong> figure femminili che abbiamo deciso <strong>di</strong> trattare appartengono a contesti <strong>di</strong>versi della<br />

cultura greca: il mito, la trage<strong>di</strong>a, la filosofia.<br />

<strong>Le</strong> accomuna però la caratteristica <strong>di</strong> essere donne che, consapevolmente o<br />

inconsapevolmente, scelgono un destino <strong>di</strong>verso da quello che la società chiede loro .<br />

Sono donne “in rivolta”.<br />

Nei versi del poema "Sulla natura" (I sec. a.C.), Lucrezio colloca l'elemento femminile<br />

all'origine <strong>di</strong> tutto ciò che esiste: la Magna Mater, o Demetra, o Rhea Cybele, nomi <strong>di</strong>versi<br />

<strong>di</strong> una medesima <strong>di</strong>vinità <strong>di</strong>spensatrice <strong>di</strong> ogni forma <strong>di</strong> vita.<br />

Ma questa figura <strong>di</strong>vina è anche devastante nel suo potere immenso, e la sua immagine<br />

attraversa città e paesi accompagnata da un rituale cruento e terribile, al suono <strong>di</strong><br />

strumenti che eccitano la mente e inducono uno stato <strong>di</strong> frenetica esaltazione.<br />

Euripide (V sec. a. C.) nelle sue trage<strong>di</strong>e "Medea" e "Ippolito" riflette sulla con<strong>di</strong>zione<br />

femminile, ponendo sulla bocca dei protagonisti due <strong>di</strong>scorsi che ne propongono una<br />

visione opposta e complementare.<br />

Medea entra in scena, e offre alle donne del coro la lucida e amara analisi <strong>di</strong> una realtà<br />

androcratica che dà forma tragica al personaggio e concorre alle sue motivazioni, che la<br />

condurranno fino alla <strong>di</strong>sperata uccisione dei figli.<br />

E' una donna straniera, esule, temuta, ma le sue considerazioni vanno alla ra<strong>di</strong>ce del<br />

problema: ogni donna nella cultura greca è senza <strong>di</strong>ritti, senza un sé storico e sociale.<br />

Ippolito conosce dalla nutrice della sua matrigna, Fedra, l'amore <strong>di</strong>sperato che la donna<br />

prova per lui. <strong>Le</strong> sua risposta dura, violenta, non condanna il sentimento per<br />

comprensibili scrupoli morali, ma <strong>di</strong>venta rivelazione <strong>di</strong> un approccio sessuofobo alla<br />

realtà: ipocrita e spergiuro, in una “resi” tra le più lunghe del teatro greco, egli costruisce<br />

davanti agli occhi dello spettatore la visione impietosa <strong>di</strong> un femminile in sé inutile,<br />

destabilizzante, o<strong>di</strong>ato.<br />

Agave (Euripide, "<strong>Le</strong> Baccanti") e Altea (Bacchilide, VI sec. a.C., Epinicio V) sottraggono<br />

drammaticamente ai figli la vita che hanno loro donato.<br />

Penteo, scambiato per un leone, è <strong>di</strong>laniato dalla madre Agave e dalle sue compagne,<br />

attirate da Dioniso sul monte Citerone perché svolgano riti segreti in suo onore. Il <strong>di</strong>o<br />

vuole ven<strong>di</strong>care gravi torti subiti, e la tragica e inconsapevole follia della donna sancisce il<br />

ribaltamento tragico: chi era stato cacciato torna trionfatore, chi viveva una esistenza<br />

sicura e prospera è condannato alla morte subìta o drammaticamente donata.<br />

Altea custo<strong>di</strong>sce da sempre un tizzone semibruciato che simboleggia e magicamente "è" la<br />

vita del figlio. Meleagro sarà al sicuro finchè esso rimarrà chiuso in una cassa. Ma, alla<br />

ricerca della gloria, il giovane eroe si trova contrapposto ai fratelli della madre, e li uccide<br />

accidentalmente durante una partita <strong>di</strong> caccia. Ven<strong>di</strong>care i fratelli è per Altea naturale,<br />

perché il suo sangue la chiama ad affermare l'appartenenza ad una stirpe. Il figlio è ora un<br />

estraneo e un nemico, e la donna getta il tizzone nel fuoco.<br />

144


Anche se Agave uccide in modo atroce il figlio mentre è preda del delirio bacchico,<br />

mentre Altea fa una scelta assolutamente consapevole e comprensibile sotto l'aspetto<br />

antropologico-sociale, emerge da queste opere letterarie che nulla è dato per scontato: la<br />

realtà tragica <strong>di</strong> questi personaggi è indagata senza pregiu<strong>di</strong>zi, senza fissità <strong>di</strong> ruoli.<br />

Il femminile può generare, ma può anche non confermare questa scelta.<br />

145


a.s. 2008/’09<br />

CLASSE 4 B<br />

MODULO DI COMPRESENZA: Filosofia e Greco<br />

Insegnanti: Madussi - Mureddu<br />

TITOLO<br />

MOTIVAZIONE E<br />

FINALITÀ<br />

DURATA<br />

PREREQUISITI<br />

CONTENUTI<br />

OBIETTIVI<br />

SPAZI STRUMENTI E<br />

STRATEGIE<br />

VERIFICHE E<br />

VALUTAZIONE<br />

Il culto <strong>di</strong>onisiaco: ruoli sessuali, religione e politica nel mondo greco.<br />

1) Portare gli studenti alla conoscenza <strong>di</strong>retta della trage<strong>di</strong>a “<strong>Le</strong> Baccanti” <strong>di</strong><br />

Euripide<br />

2) Attualizzare dal punto <strong>di</strong> vista antropologico, storico e letterario personaggi<br />

e situazioni<br />

3) Utilizzare il testo per avviare la riflessione sulle opposizioni<br />

Maschile/Femminile, Identità/Alterità, Ragione/Follia.<br />

4) Rafforzare la conoscenza del mondo antico, con particolare riguardo alla<br />

con<strong>di</strong>zione femminile<br />

Ore 11, 2° modulo<br />

Conoscenza delle coor<strong>di</strong>nate generali del quadro storico, filosofico e letterario<br />

relativo al V secolo a.C.,specificamente per quanto attiene allo stu<strong>di</strong>o della trage<strong>di</strong>a.<br />

1) <strong>Le</strong>ttura integrale della trage<strong>di</strong>a, in traduzione<br />

2) <strong>Le</strong>ttura <strong>di</strong> alcuni passi, in lingua originale<br />

3) Mettere a confronto le conoscenze acquisite in tal modo con i due capitoli<br />

“Diotima” e “Demetra” <strong>di</strong> A.Cavarero, in “Nonostante Platone”<br />

4) Mettere a confronto le conoscenze acquisite con il capitolo “Il Dioniso<br />

mascherato delle Baccanti” <strong>di</strong> Euripide, <strong>di</strong> Vernant Vidal-Naquet, in “Saggi su<br />

mito e trage<strong>di</strong>a”.<br />

Conoscenze:<br />

1) dei testi proposti<br />

2) delle problematiche critiche ad essi connesse<br />

Competenze/Capacità: lo studente dovrà:<br />

1) analizzare i testi e usarli come fonte<br />

2) esporre con coerenza e organicità gli argomenti<br />

3) acquisire un lessico adeguato e funzionale ai temi trattati<br />

4) comprendere il linguaggio dei testi, sotto i <strong>di</strong>versi profili: morfo-sintattico,<br />

fono-simbolico, denotativo e connotativo<br />

5) produrre un elaborato scritto sul lavoro svolto<br />

Aula <strong>di</strong> classe.<br />

Libri, materiale in fotocopia, Didattica in compresenza, lezione partecipata, uso <strong>di</strong><br />

internet e <strong>di</strong> posta elettronica<br />

La valutazione sarà data dal giu<strong>di</strong>zio su ltesto finale, elaborato in<strong>di</strong>vidualmente<br />

sulla base <strong>di</strong> una traccia data.<br />

Questo lavoro è stato pensato in connessione con il progetto: “<strong>Le</strong> <strong>ragioni</strong> <strong>di</strong> <strong>Ipazia</strong>”<br />

146


FIGURE FEMMINILI NEL MONDO ANTICO<br />

Il libro che abbiamo letto, intitolato “Nonostante Platone” <strong>di</strong> Adriana Cavarero, è stato<br />

scelto perché ci consentiva <strong>di</strong> analizzare una parte importante del patrimonio culturale<br />

antico, quella relativa al mito, dal punto vista <strong>di</strong> un’ottica <strong>di</strong>versa da quella tra<strong>di</strong>zionale:<br />

l’ottica delle donne.<br />

Adriana Cavarero è infatti una delle più importanti esponenti del cosiddetto “pensiero della<br />

<strong>di</strong>fferenza”, cioè <strong>di</strong> quella linea <strong>di</strong> riflessione filosofica che, a partire dagli anni ’70 del<br />

secolo appena trascorso, si è sforzata <strong>di</strong> rivedere i vari aspetti della cultura occidentale<br />

schierandosi <strong>di</strong>chiaratamente “dalla parte delle bambine” e delle donne.<br />

L’Autrice nasce a Bra in provincia <strong>di</strong> Cuneo nel 1947, ma trascorre l’adolescenza tra Torino<br />

e Verona. Ottiene la laurea all’Università <strong>di</strong> Padova nella quale lavora fino al 1984. Fonda,<br />

nel 1975, la Libreria delle Donne <strong>di</strong> Milano insieme a Luisa Muraro e, nel 1984 la Comunità<br />

filosofica Diotima, dalla quale si <strong>di</strong>mette nel 1990 . Il nome <strong>di</strong> tale fondazione è<br />

volutamente riferito alla figura <strong>di</strong> Diotima <strong>di</strong> Mantinea descritta nel Simposio <strong>di</strong> Platone,<br />

per bocca <strong>di</strong> Socrate, come propria maestra fondamentale. Negli anni Novanta intensifica i<br />

rapporti con il pensiero femminista internazionale, tenendo vari corsi universitari in<br />

Inghilterra e negli Stati Uniti. Ad oggi è docente <strong>di</strong> filosofia politica all’Università <strong>di</strong> Verona<br />

ed è Visiting Professor presso la New York University. Gli interessi filosofici dell’autrice<br />

spaziano dal pensiero antico a quello contemporaneo, soprattutto nel loro significato e<br />

importanza politici.<br />

Gli aspetti fondamentali che influiscono il suo avvicinamento alla tra<strong>di</strong>zione filosofica sono<br />

in primo luogo, il "pensiero della <strong>di</strong>fferenza sessuale" come prospettiva teorica che va a<br />

decostruire il testo occidentale da un punto <strong>di</strong> vista femminista, In secondo luogo, il<br />

pensiero <strong>di</strong> Hannah Arendt: quello <strong>di</strong> nascita, unicità, azione e narrazione. Il risultato à<br />

una ricerca che insiste sulla unicità concreta, incarnata e sessuata, dell'essere umano<br />

La Cavarero afferma inoltre che Il mondo non sia abitato dall'Uomo, ma da esseri umani,<br />

corporei e sessuati, unici e iripetibili. La domanda fondamentale della filosofia non deve<br />

più essere “cos'è l'Uomo o l'Essere”, bensì chi sei tu. Da sempre la narrazione conosce<br />

l'importanza <strong>di</strong> questa domanda e risponde raccontando una storia. La filosofia può invece<br />

rispondere pensando l'identità, fragile ed esposta, <strong>di</strong> un sé che esiste in relazione con gli<br />

altri e la cui esistenza non può essere sostituita da nessun'altra. Il pensiero della <strong>di</strong>fferenza<br />

sessuale e quello <strong>di</strong> Hannah Arendt risultano decisivi per pensare questo carattere<br />

espositivo e relazionale dell'identità che lavora per una rie<strong>di</strong>ficazione ra<strong>di</strong>cale dell'etica e<br />

della politica.<br />

Nell’opera “ Nonostante Platone “ , del 1990, Adriana Cavarero antepone all’opera vera e<br />

propria una breve ma densa introduzione nella quale vengono analizzate innanzitutto le<br />

figure della cultura occidentale, partendo dal materiale mitico sino alla letteratura<br />

moderna, o meglio, alla rielaborazione moderna <strong>di</strong> figure mitologiche.<br />

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Tra esse vengono citate quelle degli dei e degli eroi greci, l’Ulisse omerico, l’E<strong>di</strong>po della<br />

trage<strong>di</strong>a, nonché, per quanto riguarda l’ epoca moderna, l’E<strong>di</strong>po <strong>di</strong> Freud e l’Ulisse <strong>di</strong><br />

Adorno.<br />

L’ importanza della “figura”, in<strong>di</strong>fferentemente dai <strong>di</strong>versi linguaggi utilizzati per esplicarla,<br />

risulta incomparabile per la sua forza comunicativa e la sua allusività narrante ed<br />

imme<strong>di</strong>ata.<br />

Lo sviluppo poi <strong>di</strong> tali figure nell’ambito storico ha dato il via al suo deciso marchio<br />

patriarcale.<br />

Il quadro simbolico <strong>di</strong> fatti rimane comunque legato a soggetti maschili pur pretendendo<br />

uno stampo neutro/universalistico della rappresentatività. Di conseguenza la donna trova<br />

posto nell’or<strong>di</strong>ne simbolico solo in relazione ad una cultura patriarcale che ha ruolo <strong>di</strong><br />

decidere per lei.<br />

Così Era viene riconosciuta come compagna <strong>di</strong> Zeus, Penelope come moglie <strong>di</strong> Ulisse, ed<br />

anche figure <strong>di</strong> incantatrici <strong>di</strong>ssolute come Circe, apparentemente personaggi autonomi,<br />

sono comunque intese come rappresentazioni femminili sulla base della centralità<br />

maschile, <strong>di</strong>venendo oggetto della soggettività virile.<br />

Il problema si è poi intensificato con la moderna emancipazione femminile, per la quale<br />

le donne sono state ammesse nell’officina del pensiero e le intellettuali sono chiamate a<br />

doversi riconoscere, pur non con<strong>di</strong>videndone la considerazione della “sessuazione” come<br />

quadro neutro e universale, in figure come quelle <strong>di</strong> Prometeo o <strong>di</strong> Faust.<br />

La soggettività femminile ha dovuto dunque riconoscersi nell’immaginario dell’altro, non<br />

possedendo propri stereotipi. Viene a mancare <strong>di</strong>fatti la <strong>di</strong>fferenza sessuale, come fatto<br />

che <strong>di</strong>stingue all’origine gli umani e che pone la rappresentatività maschile come neutra e<br />

universale.<br />

L’universo femminile vuole però possedere un or<strong>di</strong>ne simbolico proprio, in cui si danno<br />

due soggetti <strong>di</strong>fferentemente sessuati, capaci <strong>di</strong> darsi autonomamente figure a ciascuno<br />

confacenti. Tale or<strong>di</strong>ne simbolico si sta costruendo attraverso la letteratura <strong>di</strong> mano<br />

femminile nell’invenzione <strong>di</strong> nuove figure.<br />

La Cavarero però, afferma che, essendo poco esperta <strong>di</strong> letteratura, ha trovato, o per<br />

meglio <strong>di</strong>re “rubato” delle figure dall’opera <strong>di</strong> Platone. Il libro si occupa infatti <strong>di</strong> quattro<br />

antiche figure femminili: Demetra, Penelope, Diotima e una servetta tracia;<br />

L’interesse e la competenza dell’autrice ha fatto sì che le figure analizzate appartenessero<br />

tutte all’ambito greco, poiché il pensiero antico pone le basi <strong>di</strong> quello occidentale moderno,<br />

consumando nel celebre passaggio da mithos al logos anche un più cruciale passaggio<br />

dalla cultura della Grande Madre a quell’or<strong>di</strong>ne simbolico patriarcale che poi giunge fino a<br />

noi.<br />

Il metodo <strong>di</strong> cui la Cavarero si è avvalsa per costituire la sua opera risulta al contempo<br />

spregiu<strong>di</strong>cato e pregiu<strong>di</strong>cato: spregiu<strong>di</strong>cato perché non si cura dell’oggettività figurale<br />

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legata al contesto; pregiu<strong>di</strong>cato perché ha già deciso la torsione simbolica <strong>di</strong> quello che va<br />

a cosiderare.<br />

La tattica del furto della Cavarero si pone all’esterno, ma soprattutto contro, il contesto<br />

appartenente ai personaggi femminili analizzati, che risulta come una prigione nella quale<br />

essi sono confinati e assoggettati all’or<strong>di</strong>ne patriarcale.<br />

Una delle tematiche centrali <strong>di</strong> “Nonostante Platone” nonché dell’intero pensiero filosofico<br />

dell’autrice, è la <strong>di</strong>fferenziazione sessuale.<br />

Il libro pone luce ad esempio su considerazioni che sono state valutate fino ad oggi<br />

erroneamente come puntigliose ed inutili, ma che invece sono emblematiche per capire i<br />

no<strong>di</strong> centrali della nostra cultura perchè ci hanno portato a considerare la donna non più in<br />

un ruolo semplicemente secondario rispetto all’uomo.<br />

Si parla <strong>di</strong> “uomo” <strong>di</strong> fatti, ma riferendosi alla razza umana comunque sessuata.<br />

Non si tratta <strong>di</strong> un’osservazione fine a se stessa o <strong>di</strong> un problema <strong>di</strong> aggiustamento<br />

lessicale; essa pone le basi per riflettere sulla mancanza <strong>di</strong> quel dualismo che fu posto alla<br />

base dell’essere già a partire da Parmenide, ma che poi è andato perduto nel tempo.<br />

Il testo <strong>di</strong> Adriana Cavarero può essere stu<strong>di</strong>ato e interpretato anche sulla basi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> e<br />

ipotesi moderne tra le quali significativa quella a cui pose per primo le basi lo storico e<br />

giurista svizzero Johann Jakob Bachofen, vissuto nella seconda metà del XIX secolo.<br />

Esse affermano che le società patriarcali, caratterizzate dalla supremazia maschile e dalla<br />

soggezione della donna, siano state precedute in epoche remote da una società <strong>di</strong>versa in<br />

cui era la donna a dominare, soprattutto per il suo ruolo materno.<br />

Testimonianze e prove al riguardo si possono trovare in numerose saghe mitiche, dalle<br />

Danai<strong>di</strong> alle Amazzoni, dalle donne <strong>di</strong> <strong>Le</strong>mno, alle stesse Baccanti, nonché nei costumi<br />

matriarcali delle popolazioni del Vicino Oriente, come quelle dei Lici, inse<strong>di</strong>ati sulle coste<br />

dell’Anatolia, dove, a detta dello storico Erodoto “se una donna citta<strong>di</strong>na sposa uno<br />

schiavo, i figli sono considerati nobili”, o là dove comunque le genealogie menzionavano<br />

solo la <strong>di</strong>scendenza materna.<br />

Altre testimonianze ci derivano da popolazioni dell’età del bronzo, come Cretesi e Egizi.<br />

Un'altra importante testimonianza è data dall’immensa importanza che in origine avevano<br />

ovunque le <strong>di</strong>vinità femminili, come quelle della fertilità, che testimoniano come la donna,<br />

in quanto madre, era associata alla terra che produce frutti e quin<strong>di</strong> vita.<br />

Tale importanza è andata scemando in ambito greco dove Zeus, rappresentante<br />

dell’or<strong>di</strong>ne patriarcale, è l’emblema dell’ assoggettazione femminile.<br />

Fu poi con i riti dell’adozione ( sono esistiti ad<strong>di</strong>rittura dei cerimoniali <strong>di</strong> adozione dove<br />

l’uomo, con abiti femminili simulava il travaglio e la nascita del figlio adottato) che l’uomo<br />

si pose come soggetto dominante a tutti gli effetti, perché, anche se solo simbolicamente,<br />

era riuscito ad appropriarsi per surroga <strong>di</strong> una prerogativa femminile, quella <strong>di</strong> dare vita.<br />

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<strong>Le</strong> figure femminili “rubate” al contesto mitico antico, come l’Autrice confessa, sono del<br />

tutto casuali, ma vengono utilizzate come esempio <strong>di</strong> una tra<strong>di</strong>zione culturale che<br />

dovrebbe essere completamente rivoluzionata. Tra i personaggi analizzati, troviamo<br />

Penelope, che compare come metafora del ruolo femminile, per il suo lavoro <strong>di</strong> fare e<br />

<strong>di</strong>sfare, e Demetra, vista sotto l’aspetto del suo rapporto <strong>di</strong> madre con la figlia Persefone<br />

Solo la Servetta Tracia e Diotima sono genuinamente platoniche, soprattutto Diotima che è<br />

l’unico dei personaggi dei Dialoghi, più precisamente del Simposio, <strong>di</strong> sesso femminile.<br />

<strong>Le</strong> altre sono il pretesto per tentare una rivisitazione del mondo antico, ma con un occhio<br />

sempre vigile a attento alle questioni dell’oggi.<br />

DEMETRA<br />

La figura <strong>di</strong> Demetra viene citata da Platone, fra mille altri nomi, nel Cratilo. Da qui<br />

dunque la Cavarero inizia la sua rivisitazione delle figure femminili antiche.<br />

Da sempre il mito e la religione stanno all’origine dello sviluppo <strong>di</strong> ogni civiltà. Lo storico<br />

svizzero Johann Jakob Bachofen, nato nei primi anni dell’Ottocento, lavorando sui miti e<br />

sui simboli come documenti, fa emergere una chiara e coerente visione del matriarcato<br />

come sta<strong>di</strong>o universale della storia dell’umanità.<br />

Per matriarcato si intende quel potere politico o economico che, nell’ambito <strong>di</strong> una<br />

comunità, è tramandato per <strong>di</strong>scendenza femminile alla madre più anziana. In stu<strong>di</strong><br />

ulteriori poi si è ipotizzato che il matriarcato possa essere stata la forma <strong>di</strong> governo delle<br />

comunità umane primitive. Ciò soprattutto in considerazione della prevalenza <strong>di</strong> vari culti,<br />

come quelli delle Dee Madri, <strong>di</strong>ffusi sull’area europea centro-orientale. Si suppone dunque<br />

che in quest’età all’uomo spettassero esclusivamente funzioni pratiche necessarie per la<br />

sopravvivenza, mentre alle donne spettasse l’organizzazione della vita sociale e spirituale.<br />

Tutto ciò sta a significare come il matriarcato non sia da considerare solo come dominio<br />

della “Grande Madre”, ma anche come una situazione psichica dove l’inconscio e la<br />

femminilità dominano e la coscienza e la maschilità non sono ancora autonome e<br />

in<strong>di</strong>pendenti.<br />

In quell’epoca remota, la <strong>di</strong>mensione femminile poteva esprimere liberamente la propria<br />

natura vivendo il proprio ruolo <strong>di</strong> donna senza limitazioni o prevaricazioni <strong>di</strong> alcun tipo. In<br />

questo contesto, caratterizzato dal culto della “Grande Madre”, che veniva venerata in ogni<br />

aspetto della natura e della vita, la natura stessa e la donna erano considerate sacre e<br />

inviolabili. Simbolo del mondo femminile era essenzialmente la Luna, il cui crescere,<br />

decrescere e ritornare fu visto come il fenomeno celeste più sconvolgente. Infatti la Luna,<br />

figura crescente e sempre in movimento, era considerata come Signora delle acque,<br />

dell’umi<strong>di</strong>tà e della vegetazione, cioè <strong>di</strong> tutto ciò che vive e cresce. Nei secoli il matriarcato<br />

e la coscienza matriarcale sono stati però soffocati e soppiantati dal dominio patriarcale, il<br />

quale, essendo venuto a conoscenza che l’atto della nascita non era legato esclusivamente<br />

alla donna ma che anzi l’uomo era parte attiva, si è imposto su tutti gli aspetti della vita,<br />

compreso quello spirituale. Di più, nella cultura patriarcale la donna, repressa nella sua<br />

natura istintiva, libera, sensuale è <strong>di</strong>ventata il simbolo del peccato, della seduzione e della<br />

tentazione.<br />

150


Ci racconta la Cavarero che uno dei miti più importanti che rappresenta questa violazione<br />

della genealogia femminile sopraffatta dall’or<strong>di</strong>ne patriarcale è legato a Demetra e al suo<br />

rapporto con la figlia Persefone.<br />

Demetra, in greco Δημήτηρ, “Madre terra”, probabilmente prende il suo nome da quello<br />

Indoeuropeo della Madre terra mater ; i Romani chiamavano Cerere, associata al culto<br />

della Tellus Mater. Figura mitologica figlia <strong>di</strong> Crono e Rea e sorella <strong>di</strong> Zeus, è la dea del<br />

grano e dell’agricoltura, costante nutrice della gioventù e della terra, colei che regola il<br />

ciclo delle stagioni, della vita e della morte, protettrice del matrimonio e della leggi sacre.<br />

In quanto Grande Madre, era appunto l’unica a possedere il segreto della fertilità ed ad<br />

avere il potere <strong>di</strong> trasmetterlo alla natura intera.<br />

La sopraffazione dell’or<strong>di</strong>ne patriarcale avviene già nel Cratilo <strong>di</strong> Platone: Demetra non è<br />

più generatrice attiva ma nutrice passiva. Si viene così a delineare man mano un nuovo<br />

or<strong>di</strong>ne simbolico patriarcale sempre più potente. Nel mito infatti la figlia, dal greco “Kore”,<br />

venne rapita e portata nel regno degli inferi per <strong>di</strong>ventare sposa <strong>di</strong> Ade e dea del mondo<br />

dei morti. Perduta la figlia, venuto a mancare il loro rapporto <strong>di</strong> sguar<strong>di</strong>, Demetra si rifiutò<br />

<strong>di</strong> generare ulteriormente, rendendo la terra sterile. La minaccia della sterilità, che è al<br />

tempo stesso minaccia anche all’esistenza del genere umano e quin<strong>di</strong> minaccia <strong>di</strong> morte,<br />

costrinse Ade a lasciar tornare Persefone dalla madre. Con un inganno, però, il Dio la<br />

costrinse a mangiare quattro semi <strong>di</strong> melagrana magici, che l’avrebbero da allora costretta<br />

a tornare nel mondo sotterraneo per quattro mesi all’anno, i mesi che corrispondono alla<br />

stagione calda durante la quale la fecon<strong>di</strong>tà torna alla terra. Nella stagione fredda invece,<br />

che segna l’allontanamento della figlia dalla madre e il suo ritorno negli inferi, la terra<br />

<strong>di</strong>viene nuovamente sterile.<br />

Posta davanti a questo, Demetra <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> avere in sé il potere della scelta <strong>di</strong> generare o<br />

non generare (potenza materna), e conseguentemente <strong>di</strong> essere più autorevole dei suoi<br />

offensori maschili. Gli uomini, esclusi dal segreto del generare vita, che è proprio delle<br />

donne, trovano nella morte un luogo ritenuto più potente della vita in quanto la toglie.<br />

Demetra, arrestando le nascite, limita l’esecuzione <strong>di</strong> questo potere maschile. Essa vuole<br />

<strong>di</strong>mostrare che la sua capacità fertile non è destino unico dell’essenza femminile. La<br />

decisione <strong>di</strong> non generare, porta alla possibilità del nulla. Questo conflitto tra potenza<br />

maschile e femminile si risolve con un compromesso, il ritorno perio<strong>di</strong>co della figlia, un<br />

compromesso al quale Demetra “si piega” pur <strong>di</strong> non perdere definitivamente lo sguardo<br />

reciproco fra madre e figlia, che altrimenti sarebbe interrotto a causa del ratto maschile.<br />

Demetra e Kore, esempio <strong>di</strong> relazione <strong>di</strong> continuum materno grazie allo sguardo, riescono<br />

a ritrovarsi nel genere femminile e riconoscersi come esseri appartenenti al mondo. Infatti<br />

il segreto proprio della donna, che è quello <strong>di</strong> generare, è trasmesso attraverso lo<br />

“sguardo”, il theorein femminile. Nel theorein maschile invece, il rapporto <strong>di</strong> reciprocità<br />

consente la produzione <strong>di</strong> idee <strong>di</strong> pensiero (Platone). Dunque l’uomo elabora con la mente,<br />

la donna produce con il fisico. Allo stesso modo si sviluppa la contrapposizione tra physis<br />

dell’or<strong>di</strong>ne matriarcale e polis <strong>di</strong> quello patriarcale.<br />

Ed è da questo punto che Adriana Cavarero parte per parlare dell’ aborto: una volta<br />

stabilito il controllo dei padri sulla società e ciò che è in loro <strong>di</strong>ritto decidere, questi stessi<br />

padri ritengono il concepimento materno come parte integrante del <strong>di</strong>ritto sociale che loro<br />

controllano. In poche parole, si sentono in grado <strong>di</strong> poter deliberare se una donna deve, o<br />

meno, generare. Facendo parte del concepimento con un ruolo “paritario” rispetto a quello<br />

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femminile e,esercitando il potere sulla polis, gli uomini considerano la maternità come<br />

mera funzione produttiva, una riproduzione come funzione sociale, perciò regolabile da<br />

leggi pubbliche. Insomma, la gravidanza come un affare <strong>di</strong> Stato e non come rapporto<br />

unico tra embrione e madre.<br />

L’embrione è infatti un futuro citta<strong>di</strong>no, un soggetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto. Lo è già al momento del<br />

concepimento, lo è una volta <strong>di</strong>venuto feto o una volta espulso dal corpo materno? Il<br />

punto è stabilire quando esso lo <strong>di</strong>venti veramente, e la risposta più coerente è quella che<br />

afferma che il momento preciso è quello del concepimento.<br />

Ma quando è che esso può considerarsi essere vivente? Essere vivente è considerato chi è<br />

capace <strong>di</strong> vita autonoma separatamente dall’utero materno. Allora, se a parole il soggetto<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto e l’essere vivente devono coincidere, questo nella realtà non avviene.<br />

Lo Stato consente l’aborto volontario entro i primi mesi <strong>di</strong> gravidanza, decidendo così che<br />

non da subito ma in un determinato momento il feto <strong>di</strong>venta essere sottoposto a<br />

giuris<strong>di</strong>zione.<br />

Si è giunti quin<strong>di</strong> ad una specie <strong>di</strong> compromesso “fra il fatto ineliminabile della potenza<br />

materna sovrana e i co<strong>di</strong>ci patriarcali della collettività”. <strong>Le</strong> donne decidevano <strong>di</strong> abortire e<br />

riuscivano a farlo al <strong>di</strong> là delle normazioni proibitive, rischiando la morte e contro la legge;<br />

la maternità era dunque affare loro, privato, estremamente soggettivo, nel quale l’or<strong>di</strong>ne<br />

patriarcale non poteva e non doveva essere coinvolto. Nel primo sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> rapporto tra<br />

madre ed embrione, vige la loro unica relazione, relazione <strong>di</strong> physis. Con la polis dovranno<br />

convivere una volta terminato il loro legame iniziale, con l’accettazione delle regole comuni<br />

e la con<strong>di</strong>visione <strong>di</strong> rapporti con gli altri citta<strong>di</strong>ni.<br />

Negli anni ’80-’90 (periodo <strong>di</strong> stesura <strong>di</strong> Nonostante Platone ad opera della Cavarero), la<br />

nascita <strong>di</strong> una nuova <strong>di</strong>sciplina, la bioetica, sollevò ulteriori polemiche sui limiti della<br />

sperimentazione scientifica in rapporto alla vita ed al <strong>di</strong>ritto alla procreazione responsabile.<br />

Quali sono i limiti della scienza? Fino a che punto essa può spingersi intervenendo sul<br />

bios? Quale deve essere lo spazio decisionale della donna?<br />

“La scienza progre<strong>di</strong>sce in tutto ciò che è in suo potere fare, incappando poi nell’etica<br />

questione se sia lecito e giusto fare quello che fa”.<br />

Sotto la spinta del movimento femminile, non solo la scienza della la bioetica, ma l’intera<br />

opinione pubblica, si sono occupate non solo prevalentemente <strong>di</strong> eutanasia, come oggi,<br />

ma anche <strong>di</strong> aborto, <strong>di</strong> fecondazione artificiale e <strong>di</strong> manipolazione genetica.<br />

Quella scienza era stata interpretata soprattutto come una scienza “a servizio del desiderio<br />

femminile <strong>di</strong> maternità”. Del bisogno che la donna sente, quasi complementare alla sua<br />

essenza femminile, <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare madre. L’identità femminile coinciderebbe così con il ruolo<br />

materno. Se esso le è negato, è negato l’essenziale: il valore, la funzione, il ruolo. La<br />

donna non è più donna.<br />

Ma insieme anche si affacciava per la prima volta anche la necessità <strong>di</strong> affermare che deve<br />

essere la donna a decidere quando e se quel valore, quella funzione e quel ruolo saranno i<br />

suoi.<br />

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DIOTIMA<br />

“La speranza delle sue parole: che possano approdare un giorno. Chissà dove, a una terra,<br />

forse alla terra del cuore” 1<br />

E Diotima?<br />

Che ruolo svolge in quel <strong>di</strong>alogo centrale per la comprensione della filosofia platonica che<br />

è il “Simposio” ?<br />

Mentre gli invitati riflettono sul suo pensiero, lei dov'è? A quell'ora?<br />

C'è una presenza femminile, in effetti, come quella <strong>di</strong> Diotima, che è da sempre assenza<br />

pur segnando il valore <strong>di</strong> sé.. L'immagine della sacerdotessa <strong>di</strong> Mantinea, Diotima, è posta<br />

quasi a icona <strong>di</strong> tutta una con<strong>di</strong>zione femminile caratterizzata dalla presenza/assenza e<br />

permette al pensiero femminile <strong>di</strong> dare corpo alle proprie <strong>ragioni</strong> con un proprio punto <strong>di</strong><br />

vista sul mondo.<br />

Nel Simposio <strong>di</strong> Platone, Diotima infatti non ha corpo e non partecipa al “convivio” da cui<br />

le donne, come gli stranieri e gli schiavi, erano naturalmente escluse.<br />

Ma, tramite il personaggio <strong>di</strong> Socrate, il suo nome viene evocato e così il femminile pur<br />

in<strong>di</strong>rettamente entra nel <strong>di</strong>scorso filosofico.<br />

Il suo essere “a mezza strada fra l'esistenza storica documentata e l'inesistenza” è, per<br />

Luisa Muraro, un segno <strong>di</strong> quella “assenza delle donne dalla storia scritta nei libri <strong>di</strong><br />

scuola, che non significa non esistenza”.<br />

Assenza <strong>di</strong> una donna, assenza delle donne. Diotima è esclusa dalla sala della filosofia<br />

all'inizio della filosofia stessa, nella Grecia <strong>di</strong> Socrate.<br />

Da allora è rimasta fuori da quella stanza per secoli e secoli fino al Novecento, quando la<br />

filosofia è anche pensiero al femminile.<br />

La cornice dalla quale Adriana Cavarero intende partire è quella della trage<strong>di</strong>a, che<br />

sancisce il passaggio dal matriarcato al patriarcato e nella quale, sia pur drammaticamente<br />

e pateticamente, la voce della donna <strong>di</strong> fa sentire.<br />

Con la nascita della filosofia il silenzio femminile <strong>di</strong>venta totale, come appare evidente nel<br />

<strong>di</strong>alogo platonico che si svolge esclusivamente tra soggetti maschili.<br />

Appare innegabile che queste pratiche <strong>di</strong> esclusione, ra<strong>di</strong>cate in un pensiero<br />

essenzialmente patriarcale, rappresentino una costante nello sviluppo politico occidentale,<br />

arrivando infatti a forme “più sottili e nascoste <strong>di</strong> subor<strong>di</strong>nazione” che si traducono nella<br />

identificazione delle donne con il sentimento, che comporta l'esclusione dalla sfera<br />

pubblica.<br />

La donna <strong>di</strong>venta così soggetto <strong>di</strong> cura e <strong>di</strong> dono.<br />

Charles Taylor ha parlato <strong>di</strong> nascita nella modernità <strong>di</strong> una cultura del sentimento da cui<br />

deriva un'immagine della soggettività femminile identificata con quella <strong>di</strong> moglie e madre<br />

e che l' ha vista dunque tagliata fuori dalla sfera della razionalità e dalla sua applicazione<br />

pubblica.<br />

Il passaggio alla visibilità, rappresenta la passione patita dal genere femminile, le cui<br />

<strong>ragioni</strong> sono le stesse della libertà femminile.<br />

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Non è un caso che nel 1983 da un gruppo <strong>di</strong> filosofe e stu<strong>di</strong>ose “unite dall'amore della<br />

filosofia e della fedeltà a se stesse” sia nata una Comunità filosofica femminile, Diotima,<br />

che porta appunto il nome della sacerdotessa greca la cui unica traccia consiste in una<br />

testimonianza in<strong>di</strong>retta.<br />

Nel greco giu<strong>di</strong>ziario sarebbe definita “de relato”, ossia qualcosa che qualcuno <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> aver<br />

sentito da qualcun altro.<br />

La donna, quando impara a percepirsi come soggetto autonomo, rende evidente e vivente<br />

“questo proprio” anche come corpo pensante, che è il corpo stesso <strong>di</strong> Diotima.<br />

L'oggetto della propria ricerca <strong>di</strong>venta allora la messa in gioco del “femminile” in filosofia,<br />

dando senso e concretezza alle premesse filosofiche, sociali e politiche necessarie per il<br />

superamento <strong>di</strong> ogni <strong>di</strong>seguaglianza.<br />

PENELOPE<br />

(gr. Πηνελόπεια, -ας, poi Πηνελόπη, -ης; lat. Pēnĕlŏpe, -es)<br />

Penelope viene identificata nel pensiero mitologico come figlia <strong>di</strong> Icario e <strong>di</strong> Policaste (o <strong>di</strong><br />

Peribea), moglie <strong>di</strong> Ulisse, madre <strong>di</strong> Telemaco e cugina <strong>di</strong> Elena.<br />

Il nome deriva da una antica leggenda secondo cui, quando nacque, fu gettata per or<strong>di</strong>ne<br />

del padre in mare e salvata da due anatre che la riportarono a riva.<br />

Il nome Penelope significa appunto anatra.<br />

Sulla questione del suo matrimonio vi sono due versioni. La prima narra che il re d’Itaca<br />

riportò la vittoria in una corsa il cui premio era la fanciulla stessa; la seconda versione<br />

invece narra che il matrimonio fu voluto da Tindaro ( fratello del padre), desideroso <strong>di</strong><br />

ricompensare il Laerziade per un buon consiglio che ne aveva avuto.<br />

Sin dal primo momento Penelope <strong>di</strong>mostrò il suo altissimo senso <strong>di</strong> dovere coniugale,<br />

quando il padre fece <strong>di</strong> tutto perché i due giovani sposi si stabilissero definitivamente in<br />

casa sua.<br />

Ulisse allora, ansioso <strong>di</strong> rientrare in patria, si spazientì e invitò la moglie a scegliere tra il<br />

marito ed il padre.<br />

Penelope anziché rispondere si coprì il volto con il velo rivelando così il suo desiderio al<br />

padre che la lasciò partire ed eresse un santuario consacrato al Pudore.<br />

Penelope rappresenta, in tutta la letteratura greca, l'ideale <strong>di</strong> donna del mondo ellenistico,<br />

un vero e proprio modello <strong>di</strong> comportamento, sintesi <strong>di</strong> bellezza, regalità, pudore e fedeltà.<br />

Non mancano però versioni del mito del tutto in contrasto con la più conosciuta; secondo<br />

alcune leggende la donna amò il <strong>di</strong>o Ermes, con il quale con<strong>di</strong>vise il letto e con il quale<br />

concepì ad<strong>di</strong>rittura il <strong>di</strong>o Pan, senza conservare quin<strong>di</strong> la celebre castità e la fedeltà verso<br />

il marito.<br />

La variante più nota del mito afferma che ella attese per vent'anni il ritorno <strong>di</strong> Ulisse,<br />

partito per la guerra a Troia, senza cedere mai alle avances dei Proci, i nobili pretendenti<br />

alla sua mano, ricorrendo al famoso stratagemma della tela: <strong>di</strong> giorno tesseva il sudario<br />

per Laerte, padre <strong>di</strong> Ulisse, mentre <strong>di</strong> notte lo <strong>di</strong>sfaceva.<br />

Avendo promesso ai proci che avrebbe deciso quale sarebbe stato il futuro marito al<br />

termine del lavoro, rimandava all'infinito il momento della scelta.<br />

L'astuzia <strong>di</strong> Penelope, tuttavia, durò però poco meno <strong>di</strong> quattro anni a causa <strong>di</strong> un'ancella<br />

tra<strong>di</strong>trice che riferì ai proci l'inganno della regina.<br />

154


Dopo venti anni dalla sua partenza, Ulisse tornò, uccise i proci e si ricongiunse alla moglie.<br />

Tornato nuovamente a casa dopo un ultimo estremo viaggio, Ulisse poté finalmente<br />

riunirsi alla moglie ed avere da lei altri due figli, oltre a Telemaco: Arcesilao e Poliporte<br />

.<br />

“Così ragionerà l’anima <strong>di</strong> un uomo che è filosofo : essa riterrà che, se è compito della<br />

filosofia slegarla dal corpo, non debba poi l’anima stessa, finalmente slegata dal corpo,<br />

restituirsi ai piaceri e ai dolori e <strong>di</strong> nuovo consegnarsi alle loro catene, e così fare il lavoro<br />

senza fine <strong>di</strong> Penelope, che <strong>di</strong>sfa e ritesse la tela. Al contrario, messasi al riparo da queste,<br />

seguendo il <strong>di</strong>scorso (logismos) e sempre trattenendo in esso l’essere suo, contemplando il<br />

vero, il <strong>di</strong>vino e ciò che non è apparenza e <strong>di</strong> questo nutrendosi, in tal modo l’anima ritiene<br />

<strong>di</strong> dover vivere finchè dura la vita, e, quando la vita giunge alla fine, va allora verso ciò<br />

che le è simile e congenere, libera da ogni umano male.“<br />

PLATONE Fedone 84 a-b<br />

Riprendendo un passo dal “Fedone”, la Cavarero legge in ben altro modo, rispetto alla<br />

tra<strong>di</strong>zione, il mito <strong>di</strong> Penelope.<br />

Penelope è tessitrice e il suo ruolo è tessere, non <strong>di</strong>sfare. Disfa, <strong>di</strong> notte, per non<br />

consegnarsi, o meglio per sottrarsi ai Proci, rimandando all’infinito il matrimonio con uno<br />

degli uomini che ha occupato la sua <strong>di</strong>mora.<br />

E’ proprio questo “sottrarsi” il garante del mantenimento del “suo” luogo anomalo,<br />

estraneo all’or<strong>di</strong>ne patriarcale che vede in lei solo una donna e una moglie ideale.<br />

Penelope però in questo contesto non può <strong>di</strong>rsi moglie <strong>di</strong> nessuno, ne’ dei Proci che<br />

continua astutamente a rifiutare, ma neanche <strong>di</strong> Ulisse stesso, che è lontano troppo e da<br />

troppo tempo dalla patria.<br />

Ella ha costruito attorno a se un proprio piccolo mondo e una propria piccola storia che<br />

vedrà la fine solo al ritorno <strong>di</strong> Ulisse, quando smetterà <strong>di</strong> <strong>di</strong>sfare ciò che crea <strong>di</strong> giorno.<br />

Penelope “è” proprio questo lavoro senza fine.<br />

Nessuno sa se ella abbia poi terminato finalmente <strong>di</strong> tessere la sua tela completandola al<br />

ritorno del coniuge, in quanto Penelope finisce la sua esistenza e scompare dal mito<br />

proprio con la fine del lavoro incessante.<br />

La moglie <strong>di</strong> O<strong>di</strong>sseo non è a conoscenza della grande storia, quella fatta da uomini ed<br />

eroi e costituita dall’or<strong>di</strong>ne patriarcale, poiché ella sta tutta nella sua piccola storia: un<br />

tessere e <strong>di</strong>sfare senza fine che è un prolungare il tempo dell’attesa.<br />

Non sa se il marito sia morto o se sia ancora vivo, non sa quando ritornerà, ma sa<br />

sicuramente che il ricongiungimento allo sposo segnerà lo spezzarsi del “suo” tempo<br />

sempre identico.<br />

155


Omero inserisce nella sua opera dei piccoli dettagli che possono essere considerati dalla<br />

analisi filosofica al femminile come degli in<strong>di</strong>zi per un or<strong>di</strong>ne simbolico femminile.<br />

Uno degli in<strong>di</strong>zi principali è il non riconoscimento finale dello sposo.<br />

Il cane Argo, il fedele porcaio Eumeo, il padre Laerte, la vecchia nutrice riconoscono, tutti,<br />

Ulisse sotto le spoglie del men<strong>di</strong>cante giunto alla reggia. Tutti, tranne Penelope.<br />

Nel riconoscimento del marito sta <strong>di</strong> fatti la sua fine, e contemporaneamente anche la fine<br />

<strong>di</strong> Ulisse stesso come uomo multierrante .<br />

E’ probabile allora che Penelope non abbia voluto riconoscere il marito per non dare fine al<br />

suo piccolo mondo anomalo e alla sua piccola storia, alla creazione <strong>di</strong> un tempo identico,<br />

<strong>di</strong>latato, impenetrabile anche ad Antinoo che però si era accorto che non occorrono tanti<br />

anni per tessere una tela.<br />

Del contesto <strong>di</strong> isolamento muliebre creato da Penelope non si accorse solo Antinoo ma<br />

anche il figlio Telemaco, seppur adolescente e già tronfio del suo ruolo <strong>di</strong> maschio.<br />

Egli non esita a mandare la madre nella stanza dei telai, che sa essere la sua vera casa,<br />

poiché alle donne non spettano ne’ potere ne’ <strong>di</strong>scorsi.<br />

La tela rappresenta per Penelope la realizzazione <strong>di</strong> una <strong>di</strong>mensione altrimenti<br />

irraggiungibile e la creazione <strong>di</strong> un’ isola inespugnabile, che rappresenta, oltre che la sua<br />

essenza, anche la sua <strong>di</strong>fesa.<br />

Esiste dunque una netta <strong>di</strong>fferenza tra il tempo vissuto nella “piccola” storia, quella <strong>di</strong><br />

Penelope, identico, <strong>di</strong>latato, e il tempo dell’ azione caratterizzato dall’inaspettato, dalla<br />

brevità e dalla rapi<strong>di</strong>tà nel susseguirsi delle scene della “grande” storia <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne<br />

patriarcale a cui appartiene Ulisse.<br />

La casa inoltre, che costituisce il piccolo mondo <strong>di</strong> Penelope, rappresenta il punto <strong>di</strong><br />

partenza e il punto <strong>di</strong> arrivo delle vicende <strong>di</strong> guerra e politica. “Andare semplicemente nel<br />

mondo, senza ra<strong>di</strong>carsi, e custo<strong>di</strong>re la propria appartenenza, sarebbe stare nel mondo così<br />

com’è voluto dagli uomini. Andare nel mondo, in quel mondo e in quell’ora, sarebbe<br />

accettare un posto e un ruolo che il mondo degli uomini prevede: essi che riservano a sé<br />

l’intero mondo, destinando alle donne il cantuccio <strong>di</strong> casa. E il cantuccio si fa allora luogo<br />

impenetrabile dalle <strong>ragioni</strong> del mondo: <strong>di</strong>mora propria”.<br />

La casa risulta l’emblema del riposo per l’uomo e del lavoro per la donna.<br />

Proprio qui, dove la figura <strong>di</strong> Penelope come moglie esprime il canone dell’agatos,<br />

Penelope, la donna, non adempie ai proprio doveri.<br />

Il dovere <strong>di</strong> Penelope dovrebbe esere solo quello <strong>di</strong> creare, fare, produrre, non <strong>di</strong>sfare e<br />

<strong>di</strong>struggere ciò a cui si è lavorato durante il giorno.<br />

Penelope è metis, intelligenza e astuzia.<br />

Ella si <strong>di</strong>stanzia irriducibilmente dal tempo filosofico parmenideo dell’ “aei on”, del “sempre<br />

essente”, poiché in questo tempo nulla esiste, ne’ gesto ne’ corpo, e non trova spazio<br />

alcuno il suo fare e <strong>di</strong>sfare.<br />

Metis, per Penelope, non è l’inganno del cavallo <strong>di</strong> Troia ne’ l’astuta risposta a Polifemo,<br />

ma l’esperienza del tessere che muta il suo ruolo <strong>di</strong> moglie e donna sottomessa ai voleri<br />

altrui nella sua liberante negazione.<br />

La netta separazione tra corpo, il lavoro delle mani, e pensiero, peraltro mai riconosciuto<br />

dall’or<strong>di</strong>ne patriarcale che vede nella donna solo corpo, scompare.<br />

In Penelope la metis, l’astuzia, è lavoro manuale ma insieme anche mente : in lei quin<strong>di</strong> è<br />

realizzata l’interezza.<br />

<strong>Le</strong> due metà non sono <strong>di</strong>visibili poiché Penelope è tutta il suo lavoro.<br />

“Nella metis <strong>di</strong> Penelope con c’è l’eterno che per sempre rassicura, ma piuttosto una<br />

ripetizione che rischia il suo durare nell’attenzione <strong>di</strong> ogni gesto, nello sguardo complice <strong>di</strong><br />

un’ancella”,… “nella <strong>di</strong>mora quieta, tessendo e ridendo”.<br />

156


FIGURE FEMMINILI NEL TEMPO<br />

Utilizzando il metodo insegnatoci da Adriana Cavarero, abbiamo provato ad applicarlo, noi<br />

studenti in prima persona, per analizzare alcune figure femminili simboliche partendo da<br />

un’ottica, per quanto ci era possibile, “<strong>di</strong> genere”:<br />

La donna uccisa tre volte.<br />

CLITEMNESTRA<br />

Clitemestra compare in Eschilo come la moglie <strong>di</strong> Agamennone, Regina fedele della casa,<br />

mentre attende impaziente e vigile il ritorno del marito dalla guerra <strong>di</strong> Troia.<br />

Nella sua ambigua figura però, possiamo facilmente riconoscere quella leggera follia che<br />

caratterizza il percorso in<strong>di</strong>viduale delle donne nella letteratura greca antica, conducendole<br />

ad un riscatto morale spesso sofferente e sanguinoso.<br />

Compare, soprattutto nella prima parte della famosa trilogia <strong>di</strong> Eschilo (trage<strong>di</strong>ografo, 525-<br />

456 a.C.), nei versi in cui prende la parola, come portavoce della tra<strong>di</strong>zione storica e<br />

culturale che racchiude le donne in una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> completa sottomissione al ruolo<br />

domestico e materno, rendendosi completamente <strong>di</strong>pendente alla figura del suo sposo,<br />

ribadendo la sua fedeltà coniugale e la completa devozione alle mura domestiche e<br />

sottolineando la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> una donna nel restare in una cosa vuota, in un letto vuoto,<br />

nell’attesa <strong>di</strong> avere la conferma della morte dello sposo, che la renderebbe annullata per<br />

sempre nella sua con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> donna.<br />

Ma Clitemestra non scompare cosi. Agamennone torna, ma reo <strong>di</strong> due gravi colpe.<br />

Prima della guerra, infatti, aveva sacrificato Ifigenia, la loro figlia, per ottenere dagli dei i<br />

venti favorevoli affinché fosse resa possibile la navigazione che avrebbe condotto le navi<br />

achee verso Troia e compiere la spe<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> guerra, ed è cosi che Clitemestra muore una<br />

prima volta. Come madre.<br />

Si spezza qui il cordone ombelicale che legittima una donna nel suo viaggio <strong>di</strong><br />

procreazione.<br />

Si spezza, con il sacrificio <strong>di</strong> Ifigenia, il dovere <strong>di</strong> Clitemestra nel proseguimento della<br />

stirpe, le viene sottratto non solo il frutto del suo utero, ma persino il legame ancora<br />

continuo con la procreazione futura.<br />

Ma non cessa <strong>di</strong> esistere.<br />

Clitemestra ora c’è come moglie. Esiste in quanto esiste ancora Agamennone. Perché è lui<br />

che continua ad aspettare nella casa vuota, è lui che da un senso alla sua esistenza. Ed<br />

ecco che ora lui la uccide <strong>di</strong> nuovo. Il tra<strong>di</strong>mento è troppo forte.<br />

Clitemestra cade in uno stato <strong>di</strong> conscia follia. Non solo aveva già preparato il tappeto<br />

color porpora, invitando con subdole armi il marito a calpestarlo, come punizione del<br />

sacrificio d’Ifigenia (rendendo Agamennone colpevole del peccato <strong>di</strong> “ubris”) ma decide <strong>di</strong><br />

ucciderlo insieme a Cassandra.<br />

157


“Ho versato il Mio sangue, perché è a me che ho tolto la vita” (cit. da “Il Verdetto”, Valeria<br />

Parrella)<br />

Clitemestra gioca quin<strong>di</strong> questo duplice ruolo, ma si fa figura attiva <strong>di</strong> vendetta e <strong>di</strong><br />

giustizia della sua stessa morte spirituale.<br />

Ma Eschilo non si ferma qui nel legare la donna al dolore. Per Clitemestra, rea <strong>di</strong> aver<br />

ucciso il suo Re, il suo Padrone, c’è una punizione.<br />

Nel secondo libro della sua trilogia compare Oreste, figlio <strong>di</strong> Clitemestra e Agamennone,<br />

tornato per ven<strong>di</strong>care la morte del padre. Clitemnestra è ora morta colpita dal suo stesso<br />

utero.<br />

Oreste si nutre del sangue dalla madre come una volta si era nutrito del suo latte, come<br />

un serpente che succhia del sangue dal seno.<br />

L’ultimo grido, quello <strong>di</strong> <strong>di</strong>sperata e assetata vendetta, stavolta rivolto alle Erinni (<strong>di</strong>vinità<br />

femminili che rappresentano la vendetta per il sangue materno versato)...e Clitemestra<br />

scompare.<br />

Questa è la follia <strong>di</strong> una donna privata dell’unica identità che le era stata concessa. E<br />

paradossalmente il messaggio <strong>di</strong> Eschilo è chiaro: se non poteva esistere come madre e<br />

moglie, non poteva più essere.<br />

FEDRA<br />

“E l’infelice piangendo e straziata sotto gli stimoli dell’amore, si consuma: nessuno <strong>di</strong> quelli<br />

<strong>di</strong> casa sa <strong>di</strong> che male ella soffre”.<br />

Una donna piange per amore, per quell’amore che non può vivere, il fuoco della passione<br />

brucia dentro <strong>di</strong> lei, e non c’è nulla che può porre fine a quel terribile dolce tormento.<br />

Nessuno sa, nessuno conosce la causa della sua sofferenza,della sofferenza <strong>di</strong> Fedra.<br />

La vicenda <strong>di</strong> Fedra si configura come un archetipo che percorre tutta la letteratura<br />

universale. La storia della seduttrice incestuosa o meno che si fa calunniatrice si ritrova in<br />

In<strong>di</strong>a, in Cina, in Egitto.<br />

Il mito <strong>di</strong> Fedra ha avuto numerose interpretazioni,e molti sono stati gli autori che ne<br />

hanno raccontato le vicende,a partire da Euripide, Seneca, Racine e D’Annunzio.<br />

Euripide dà al mito, nella sua versione, il titolo <strong>di</strong> “Ippolito”, nome del figlio <strong>di</strong> Teseo, del<br />

quale la matrigna si è innamorata, l’uomo arido che giura con la lingua e non con il cuore,<br />

l’uomo che o<strong>di</strong>a la razza femminile che considera inutile e terribile fonte <strong>di</strong> guai.<br />

L’autore descrive una Fedra consumata fino allo spasimo dai turbamenti della passione;<br />

incapace <strong>di</strong> dominare il suo sentimento, fortemente con<strong>di</strong>zionata dalle convenzioni sociali:<br />

più che la percezione <strong>di</strong> ciò che <strong>di</strong> illecito la sua passione contiene, sono il buon nome e<br />

l’opinione i principali moventi della <strong>di</strong>sperazione che la condurrà al suici<strong>di</strong>o.<br />

La donna tenta <strong>di</strong> soffocare i suoi istinti e si riduce all’apatia , appare malata, priva <strong>di</strong><br />

voglia <strong>di</strong> vivere, fa in modo <strong>di</strong> non svelare nulla a nessuno, ma in un momento <strong>di</strong><br />

debolezza confida tutto alla sua nutrice, che <strong>di</strong>venta mezzana e riferisce tutto ad Ippolito.<br />

La reazione violenta che ha il giovane rompe gli equilibri già vacillanti. Fedra teme appunto<br />

lo scandalo e decide <strong>di</strong> impiccarsi,ma non lo fa per amore <strong>di</strong> suo marito, lo fa solo per<br />

rispetto della sua “eukleya”. È in questo momento che si passa dal linguaggio del non<br />

detto al detto. Fedra, uccidendosi, ha legato al polso una tavoletta in cui per iscritto<br />

158


accusa Ippolito <strong>di</strong> averle fatto violenza. La passione amorosa si tramuta quin<strong>di</strong> in o<strong>di</strong>o<br />

verso l’uomo che non ha compassione per il suo tormento e con l’eccessività del suo<br />

atteggiamento la ferisce nell’intimo, Fedra è quin<strong>di</strong> costretta a cercare <strong>di</strong> colpire a sua<br />

volta il suo accusatore, e ci riesce. Ippolito, esiliato dal padre sconvolto e male<strong>di</strong>cente, si<br />

imbatte in un mostro marino e muore.<br />

Ma in tutta questa vicenda, descritta da Euripide, la vita dei protagonisti è segnata e sono<br />

gli dei a decidere le sorti terrene.<br />

Non ha colpa Fedra dell’amore che prova per Ippolito, perché tutto è stato stabilito da<br />

Afro<strong>di</strong>te, che decide <strong>di</strong> punire il ragazzo perché non cede all’amore e onora solo Artemide<br />

dea della caccia. A causare poi la morte del giovane fu Poseidone, padre <strong>di</strong> Teseo, il quale<br />

solo alla fine grazie all’intervento <strong>di</strong> Artemide avrà chiara la verità dei fatti, riuscendo così<br />

a ricevere il perdono del figlio in fin <strong>di</strong> vita.<br />

Il dramma <strong>di</strong> Euripide è essenziale, purissimo, altamente tragico nella sua ineluttabilità.<br />

Molto <strong>di</strong>versa è invece la “Fedra” <strong>di</strong> Seneca. Il cambiamento del titolo dona alla donna il<br />

ruolo <strong>di</strong> protagonista, e tale rimarrà nei secoli, e trasforma la sua passione proibita in<br />

<strong>di</strong>ritto naturale piuttosto che in “errore” dei sensi. Seneca umanizza i personaggi, li<br />

arricchisce <strong>di</strong> psicologia. Dallo scenario scompaiono gli dei.<br />

Da subito Fedra rivela la sua passione, è decisa a morire piuttosto che rinunciare ad<br />

Ippolito, quin<strong>di</strong> qui accetta la me<strong>di</strong>azione della nutrice, ma, impaziente, è lei ad agire in<br />

prima persona, svenendo tra le braccia del figliastro ed abbandonandosi ad una sorta <strong>di</strong><br />

delirio. Ma dopo il rifiuto <strong>di</strong> Ippolito, l’azione passa nelle mani della nutrice che organizza<br />

la falsa accusa <strong>di</strong> stupro, che poi Fedra <strong>di</strong>chiarerà a Teseo.<br />

A morire per primo in questo caso è Ippolito; al cospetto del corpo esanime Fedra<br />

confessa la menzogna e si uccide.<br />

In Seneca, Fedra è un’eroina che si responsabilizza per l’adulterio e la sua folle passione<br />

drammaticamente umana. Sorge spontaneo il confronto con Euripide. In primo luogo<br />

ve<strong>di</strong>amo il contrasto tra passione e castità in Euripide che <strong>di</strong>viene in Seneca contrasto tra<br />

“furor” e “mens bona”. In Euripide il <strong>di</strong>namismo è costituito dallo scontro tra i due<br />

personaggi e tra le due <strong>di</strong>vinità che rappresentano queste due forze: Afro<strong>di</strong>te, che apre la<br />

trage<strong>di</strong>a, e Artemide, che la chiude come “dea ex machina”.<br />

In Seneca la lotta si trasferisce <strong>di</strong>rettamente all’interno della coscienza della donna e, nello<br />

stesso tempo, si assolutizza in quella tra “furor” e “mens bona”, tra asservimento alle<br />

passioni, <strong>di</strong> cui l’amore risulta l’esempio più tipico e devastante, e libertà da esse, filone<br />

conduttore della morale stoica. Inoltre in Euripide Fedra è una donna che lotta contro il<br />

suo desiderio colpevole, contro il demone che l’agita, anche se è comunque destinata a<br />

morire e a <strong>di</strong>struggere la sua famiglia. In Seneca invece, anche se il personaggio è<br />

sconfitto, si afferma la possibilità dell’uomo <strong>di</strong> lottare con la passione e dominarla, in<br />

quanto l’amore non è un’imposizione dell’onnipotente, ma puro istinto che l’uomo può<br />

controllare con la fermezza dello spirito.<br />

Per il drammaturgo francese Jean Racine Fedra non è né colpevole né innocente: è<br />

vincolata dal proprio destino e dalla collera degli dei ad una passione illegittima <strong>di</strong> cui lei<br />

per prima ha orrore. Il mito <strong>di</strong> Fedra a parere <strong>di</strong> Racine “ possiede tutte le qualità che<br />

Aristotele esige dall’eroe tragico e che sono adatte a suscitare la compassione e il terrore.”<br />

Inoltre l’autore recupera la componente ere<strong>di</strong>taria della protagonista, riabilitando lo<br />

scandaloso passato della sua famiglia, Fedra è infatti la figlia <strong>di</strong> Minosse e Pasifae, nonché<br />

sorella del Minotauro.<br />

Ed è anche d’Annunzio nella sua Fedra a rievocare il suo passato. Per l’autore che <strong>di</strong>ce “la<br />

mia eroina è veramente la Cretese, nata nella terra insanguinata da sacrifici umani”, Fedra<br />

159


<strong>di</strong>venta un suo personaggio tipico, è una superdonna nella sua vocazione alla morte, nelle<br />

sue palpitazioni amorose, che trasformano la gelosia in forme violente e selvagge.<br />

Particolarissima in D’Annunzio è la descrizione <strong>di</strong> Ippolito, che da fautore della verginità,<br />

forte, sprezzante, ostico e infame davanti alle figure femminili,<strong>di</strong>venta uomo debole e<br />

insicuro. Insospettabilmente è lui a sognare l’amore per Ipponoe e ad<strong>di</strong>rittura vagheggia<br />

per Elena promessa.<br />

ALTEA E AGAVE<br />

“ Apollo, <strong>di</strong>o <strong>di</strong> tutte le facoltà figurative, è il <strong>di</strong>o profetico. E’ la più alta espressione <strong>di</strong><br />

tranquillità, bellezza, luce e saggezza”.<br />

Nietzsche, “L’origine della trage<strong>di</strong>a”, de<strong>di</strong>ca a Richard Wagner.<br />

“Presente - assente, Dioniso, quando è qui sulla terra, è anche in cielo, fra gli dei; quando è in<br />

cielo, è cionon<strong>di</strong>meno su questa terra. E’ colui che, unendo il cielo e la terra, inserisce il<br />

soprannaturale in piena natura”.<br />

Vernant, “Dioniso mascherato”.<br />

Contrari, opposti, avversi, in una continua lotta, in un continuo vortice tra guerra e pace, ma<br />

pur sempre inscin<strong>di</strong>bili: Apollo e Dioniso. Figure uniche nel loro genere, portatrici entrambe <strong>di</strong><br />

gran<strong>di</strong> tematiche universali: l’arte figurativa contrapposta a quella non figurativa, sogno ed<br />

ebbrezza, immagini e musica.<br />

Nietzsche sottolinea sin dai primi versi della sua opera il forte contrasto fra i due dei olimpici,<br />

l’aspetto razionale e lucido <strong>di</strong> Febo e la sofferenza e l’istinto <strong>di</strong> Dioniso, ma allo stesso tempo<br />

riba<strong>di</strong>sce il fatto che entrambi vivono grazie all’altro, continuano ad “eccitarsi” a vicenda<br />

affinché continuino ad esistere. Apollo, o meglio spirito apollineo, è una specie <strong>di</strong><br />

contemplazione <strong>di</strong> un mondo sognato in cui l’anima <strong>di</strong> ogni in<strong>di</strong>viduo vive in un nulla profondo,<br />

in uno stato <strong>di</strong> tranquilla coscienza che li porta a non “voler capire <strong>di</strong> più”, che porta le anime a<br />

proteggersi per far sì che l’orrore esterno non le turbi e non le sconvolga. Lo spirito apollineo è<br />

lo spirito che rappresenta la Grecia, la natura profonda della civiltà ellenica.<br />

E come ha potuto lei stessa creare il suo eterno contrario, il barbaro da sempre <strong>di</strong>sprezzato,<br />

facendolo <strong>di</strong>ventare l’eroe della sua massima creazione letteraria, Dioniso, Zagreus, il “<strong>di</strong>o<br />

barbaro” iniziatore del dramma, protagonista centrale della trage<strong>di</strong>a? Al contrario <strong>di</strong> quanto si è<br />

potuto pensare questa è stata una pura volontà metafisica ellenica, che dalla fusione dello<br />

spirito apollineo e <strong>di</strong>onisiaco ha dato vita all’Opera d’arte: la trage<strong>di</strong>a. Come infatti scriveva<br />

Eraclito: “Dai <strong>di</strong>scor<strong>di</strong> bellissima armonia. La vita è lotta ed opposizione, senza queste non ci<br />

sarebbe l’essere”.<br />

Essere “travolti” dalla musica, da una scultura, da un’opera d’arte è sinonimo <strong>di</strong> fusione nel<br />

nostro animo con lo spirito <strong>di</strong>onisiaco ed apollineo, che generano una tensione interiore, gioie e<br />

dolori ineffabili, dai quali poi nascerà una calma e una nuova vita universale. Dioniso incarna<br />

perfettamente tutto ciò: egli è il <strong>di</strong>o <strong>di</strong>laniato, sofferente, è il <strong>di</strong>o dei misteri, della rinascita, del<br />

martirio che subisce prima della sua nascita, la per<strong>di</strong>ta della madre:<br />

“Ορω δε μετρο μνημα τη κεραυνια. Vedo il sepolcro <strong>di</strong> mia madre folgorata”. Un tormento<br />

indescrivibile per un figlio, il quale sfogherà la sua ira su Tebe, sulla famiglia reale, in<br />

particolare su Agave e Penteo, rispettivamente madre e figlio, così maledettamente felici, pieni<br />

<strong>di</strong> quell’affetto a lui mancato. L’unica adeguata punizione sarà la morte: l’ira del <strong>di</strong>o accecherà<br />

la mente <strong>di</strong> Agave, l’uccisione <strong>di</strong> Penteo la placherà.<br />

160


“Ηυδον δε πασαι σωμασιν παρειμεναι, η ση δε μητηρ ωλολυξεν εν μεσαι σταθε<br />

ισα βακχαι, εξ υπνου κινειν δεμασ, μυκημαθ’ ωσ ηκουσε κεροφοπων βοων”.<br />

“ Si erano tutte abbandonate al sonno, ma tua madre gridò, sorgendo in mezzo<br />

alle Baccanti, gridò a tutte <strong>di</strong> scuotersi dal sonno”.<br />

E’ l’inizio dell’incontenibile follia delle Baccanti per mano <strong>di</strong> Dioniso, bramoso <strong>di</strong> vendetta. A<br />

<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> altre situazioni in cui è un in<strong>di</strong>viduo umano <strong>di</strong> indole e capacità eccezionali ad<br />

innalzarsi agli dei, questo è il caso in cui un <strong>di</strong>o consapevolmente scende sulla Terra (scambiato<br />

ad<strong>di</strong>rittura per un uomo comune), per “possedere un mortale, cavalcarlo, farlo danzare”.<br />

Dioniso si pone a capo <strong>di</strong> un tìaso <strong>di</strong> baccanti, un gruppo <strong>di</strong> donne che, spinte dalla stessa<br />

<strong>di</strong>vinità ad agire, come si trovassero in uno stato <strong>di</strong> trance, praticano particolari riti e forme <strong>di</strong><br />

purificazione; lo scenario è selvaggio e ogni gesto, accompagnato da danze e musiche, crea un<br />

tutt’uno con la natura. Dioniso, <strong>di</strong>o del vino, della bevanda che porta gioia nei banchetti, che è<br />

l’oblio dei mali e il rime<strong>di</strong>o per far svanire le pene (ϕαρμακον), ha il potere <strong>di</strong> “trasformare”<br />

Agave. Essa si<br />

trova “relegata in un universo <strong>di</strong> delirio”, in cui non esiste né gioia né infelicità;<br />

non si può parlare che <strong>di</strong> “invasamento”, per il quale una donna si ritrova con la schiuma alla<br />

bocca e le pupille roteanti, come la più spietata delle fiere.<br />

“Η δ’ ανεβοησεν; Ω δρομαδεσ εμαι κυνεσ, θηωμηθ’ ανδρων τωνδ υπ; ’Αλλ επεσθε<br />

μοι, επεσθε θυρσοισ δια χερων ωπλισμεναι”.<br />

“Ma lei gridò: “Mie cagne veloci, questi uomini ci danno la caccia: avanti, avanti,<br />

seguitemi armate dei vostri tirsi”.<br />

La furia brutale e irrefrenabile si concluderà col sacrificio estremo. “Madre, sono io, tuo figlio<br />

Penteo, il figlio che hai partorito nella casa <strong>di</strong> Echione. Abbi pietà <strong>di</strong> me, madre: non uccidere<br />

tuo figlio per i miei errori”: sono le parole <strong>di</strong> Penteo. Ma agli occhi della madre, egli non è più<br />

un uomo, non è più suo figlio, solamente una preda da conquistare, solamente carne da<br />

macello. La testa che tiene stretta a sé è solo un trofeo da innalzare, la prova <strong>di</strong> una vittoria<br />

riportata durante la caccia. Niente è come appare; è il regno <strong>di</strong> Dioniso, dove tutto è<br />

irrazionalità. Ma anche questa era è destinata a concludersi.<br />

ΑΓΑΥΗ: ”Ουκ οιδα τουποσ τουτο. Γιγνομαι δε πωσ εννουσ, μετασταθεισα των πα<br />

ροσ φρενων”.<br />

ΚΑΔΜΟΣ: ”Κλυοισ αν ουν τι καποκριναι’ αν σαφωσ;”.<br />

ΑΓΑΥΗ: ”Ωσ εκλελησμαι γ’α απαροσ ειπομεν, πατερ”.<br />

AGAVE: “Non capisco cosa <strong>di</strong>ci. Eppure in qualche modo, mi sento rientrare nella<br />

mia mente. I miei pensieri sono <strong>di</strong>versi da prima”.<br />

CADMO: “Puoi ascoltarmi e rispondermi con luci<strong>di</strong>tà?”.<br />

AGAVE: “E’ strano, padre: ho <strong>di</strong>menticato tutto quello che ho detto”. (Baccanti, vv.<br />

1269-1272)<br />

Potrebbero sembrare pochi semplici versi, in realtà questo breve scambio <strong>di</strong> battute tra padre<br />

e figlia rappresenta uno dei passaggi fondamentali <strong>di</strong> tutta la trage<strong>di</strong>a e ne espone il vero<br />

significato. Tre soli versi contengono nelle proprie parole tutta la forza e la potenza <strong>di</strong> un<br />

concetto <strong>di</strong> tale portata come quello che vede protagonisti una vittima (se non <strong>di</strong> più) della<br />

161


punizione <strong>di</strong>vina, la pazzia e i mali che da essa scaturiscono, oltre al lento ritorno alla presa <strong>di</strong><br />

coscienza con l’eterna infelicità che ne consegue. Agave, che ha ricevuto il castigo da Dioniso,<br />

si è resa l’inconsapevole artefice del suo stesso destino, macchiandosi <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> atroci<br />

crimini e macabre esecuzioni e guidata unicamente dall’ ανοια, da quel torpore della mente che<br />

ha portato una madre a spegnere la vita del proprio figlio con la brutalità <strong>di</strong> una belva feroce;<br />

allo stesso modo <strong>di</strong> un’ubriacatura che offusca temporaneamente l’animo e i sensi, o <strong>di</strong> un velo<br />

posto sul volto che rende il mondo sfocato e confuso, quando in realtà sono gli occhi a non<br />

vedere.<br />

ΑΓΑΥΗ: ”’Εα, τι λευσσω; Τι φερομαι τοδ’ εν χεροιν;”.<br />

ΚΑΔΜΟΣ: ”’Αθρησον αυτο και σαφεστερον μαθε”.<br />

ΑΓΑΥΗ: ”Ορω μεγιστον αλγοσ η ταλαιν’ εγω”.<br />

AGAVE: “Ah, cosa vedo? Cos’è questo che porto nelle mani?”.<br />

CADMO: “Fissa lo sguardo con più attenzione e lo saprai”.<br />

AGAVE: “Vedo un dolore immenso, vedo la mia infelicità”.<br />

(Baccanti, vv. 1280-1282)<br />

Ora gli occhi hanno ripreso a vedere, ma quello che si presenta <strong>di</strong>nnanzi è un’esistenza segnata<br />

dal dolore, dall’infinita sofferenza quale punizione delle colpe. Il risveglio è più penoso e<br />

straziante dell’incubo, e quando Agave si ritrova nelle mani la testa sfigurata del figlio Penteo<br />

comprende allora che il <strong>di</strong>o ha realizzato il suo inesorabile progetto. Ormai tutto è terminato, è<br />

impossibile tornare in<strong>di</strong>etro e la punizione <strong>di</strong>vina è compiuta.<br />

“Ματηρ κακοπτομοσ’ εμοι βουλευσεν ολεθρον αταρβακτοσ γυνα”.<br />

“La madre sventurata decise la mia morte” .<br />

(Bacchilide, Epinicio V, vv. 138-139)<br />

Infatti proprio come le madri danno la vita, a volte decidono <strong>di</strong> toglierla, volontariamente o<br />

involontariamente. Cosa porta queste madri a decidere <strong>di</strong> interrompere la vita <strong>di</strong> un figlio?<br />

Forse il fatto che per una madre è <strong>di</strong>fficile concepire la rottura del “cordone ombelicale” che le<br />

lega alla loro prole, e quin<strong>di</strong> vogliono decidere ogni cosa, compresa la fine della vita. Ma si può<br />

decidere volontariamente la morte <strong>di</strong> un figlio? Sì, come <strong>di</strong>mostra il mito <strong>di</strong> Meleagro.<br />

“Difficile è piegare la mente degli dei per gli uomini che vivono sulla terra. Mio<br />

padre Eneo, domatore <strong>di</strong> cavalli, avrebbe certo placato l’ira <strong>di</strong> Artemide<br />

veneranda, coronata <strong>di</strong> boccioli, dalle braccia bianche, supplicandola con sacrifici<br />

<strong>di</strong> molte capre e <strong>di</strong> buoi fulvi. Ma inesorabile la dea serbò l’ira: un cinghiale <strong>di</strong><br />

forza immensa, feroce, la vergine lanciò in Calidone dalle belle pianure, che nella<br />

sua potenza qui infuriando devastava col dente filari <strong>di</strong> viti, sterminava greggi, e<br />

chiunque degli uomini incontro gli andasse. A lui tremenda guerra noi facemmo, i<br />

migliori tra i Greci, strenuamente, per sei giorni, senza sosta; e quando il <strong>di</strong>o offrì<br />

la vittoria agli Etoli, seppellimmo coloro che il cinghiale dal forte ruggito aveva<br />

ucciso, con violenza avventandosi: Anceo e Agelao, il migliore tra i miei <strong>di</strong>letti<br />

fratelli che Altea generò nella casa nobile <strong>di</strong> Eneo. Molti ne uccise la sorte funesta:<br />

162


non aveva ancora la cacciatrice valente deposto l’ira, la figlia <strong>di</strong> Latona: per la<br />

fulva pelle combattemmo strenuamente con i Cureti bellicosi. Qui, tra molti altri,<br />

Ificlo io uccisi e Afarete valente, gli impetuosi zii materni. Ares violento non<br />

<strong>di</strong>stingue in guerra un amico, ma i ciechi dar<strong>di</strong> volano via dalle mani e contro i<br />

nemici s’addensano, portando la morte a chi vuole il <strong>di</strong>o. Questo non curò la<br />

valente figlia <strong>di</strong> Testio, la madre sventurata; e decise la mia morte, l’impavida<br />

donna. Dalla cassa ben lavorata trasse e bruciò il tizzone dal breve destino: era<br />

fissato dal fato che fosse allora il termine della mia vita. Climeno, figlio valoroso <strong>di</strong><br />

Daipilo, corpo perfetto già stavo spogliando delle armi: davanti alle torri l’avevo<br />

raggiunto; gli altri fuggivano verso l’antica città, la ben costruita Pleurone. Per<br />

breve tempo è ancora a me la vita dolce: sentii abbandonarmi le forze, ahimè; e<br />

traendo gli ultimi respiri, infelice, piansi lasciando la giovinezza splen<strong>di</strong>da”.<br />

(Bacchilide, Epinicio V, vv. 94-154)<br />

In questo mito la scelta <strong>di</strong> Altea è dettata da un istinto <strong>di</strong> o<strong>di</strong>o, che è tanto più forte quanto<br />

grande era il suo amore per il figlio.<br />

Lo stesso destino sventurato è quello <strong>di</strong> Penteo, ucciso dalla follia materna, causata però da un<br />

<strong>di</strong>o. La coscienza <strong>di</strong> Agave, la coscienza morale, è completamente annientata, annullata per<br />

opera <strong>di</strong> Dioniso, che la costringe a rinunciare alla ragione. Nel caso <strong>di</strong> Altea la coscienza<br />

morale è l’elemento fondamentale, lei si prende la libertà <strong>di</strong> fare il male pur sapendo che è<br />

male e sceglie consapevolmente <strong>di</strong> far proseguire la <strong>di</strong>scendenza secondo la linea maschile,<br />

preferendo i fratelli, comunque già morti, al figlio.<br />

Entrambi gli uomini, Penteo e Meleagro, sono stati vittime <strong>di</strong> una donna che era stata la fonte<br />

della loro vita: la madre. I due sono partecipi dello stesso destino, esemplificato attraverso la<br />

rielaborazione della sentenza tra<strong>di</strong>zionale “Meglio non essere nati o ritornare subito nell’Ade”.<br />

MEDEA<br />

“..πάντῶν δ’ὂσ’ἔστ’ ἔμψυχα ϰαι γνώμην ἔχει γυναῖϰές ἐσμεν ἀϑλιώτατον φυτόν..”<br />

“..Di quanti esseri al mondo hanno anima e mente, noi donne siamo le creature più infelici..”<br />

Μήδεια : donna, maga e straniera<br />

Figlia <strong>di</strong> Eete, re della Colchide, è uno dei personaggi più celebri e controversi della<br />

mitologia greca. Il suo nome in greco significa "astuzie, scaltrezze". Infatti la tra<strong>di</strong>zione la<br />

descrive come una maga dotata <strong>di</strong> poteri ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong>vini. Quando Giasone arriva in<br />

Colchide insieme agli Argonauti alla ricerca del Vello d'oro, lei se ne innamora<br />

perdutamente. E pur <strong>di</strong> aiutarlo a raggiungere il suo scopo giunge ad uccidere il fratello<br />

Absirto, spargendone i poveri resti <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> sé, mentre fugge sulla nave Argo insieme a<br />

Giasone, <strong>di</strong>venuto suo sposo. Il padre così, trovandosi costretto a raccogliere le membra<br />

del figlio, non riesce a raggiungere la spe<strong>di</strong>zione, e gli Argonauti tornano a Corinto con il<br />

Vello d'Oro. Dopo <strong>di</strong>eci anni, però, Creonte, re della città, vuole dare sua figlia Glauce in<br />

sposa a Giasone, dando così a quest'ultimo la possibilità <strong>di</strong> successione al trono. Giasone<br />

163


accetta, abbandonando così sua moglie Medea. Vista<br />

l'in<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> Giasone <strong>di</strong> fronte alla sua <strong>di</strong>sperazione, Medea<br />

me<strong>di</strong>ta una tremenda vendetta. Fingendosi rassegnata, manda<br />

in dono un mantello alla giovane Glauce, la quale, non sapendo<br />

che il dono è intriso <strong>di</strong> veleno, lo indossa per poi morire fra<br />

dolori strazianti. Il padre Creonte, corso in aiuto, tocca anch'egli<br />

il mantello, e muore. Ma la vendetta <strong>di</strong> Medea non finisce qui.<br />

Secondo la trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Euripide, per assicurarsi che Giasone non<br />

abbia <strong>di</strong>scendenza, uccide i figli avuti con lui condannandolo<br />

all'infelicità perpetua. Il dolore per la per<strong>di</strong>ta dei propri<br />

<strong>di</strong>scendenti porta Giasone al suici<strong>di</strong>o. La maggior parte degli<br />

storici greci del tempo <strong>di</strong> Euripide, tuttavia, ricorda che i figli <strong>di</strong><br />

Medea, che ella non riuscì a portare con sé, furono uccisi dagli<br />

abitanti <strong>di</strong> Corinto per vendetta. Fuggita ad Atene, a bordo del<br />

carro del Sole, Medea sposa Egeo, dal quale ha un figlio: Medo. A lui Medea vuole lasciare<br />

il trono <strong>di</strong> Atene, finché Teseo non giunge in città. Egeo ignora che Teseo sia suo figlio, e<br />

Medea, che vede ostacolati i suoi piani per Medo, suggerisce al marito <strong>di</strong> uccidere il nuovo<br />

venuto durante un banchetto. Ma all'ultimo istante Egeo riconosce suo figlio, e Medea è<br />

costretta a fuggire <strong>di</strong> nuovo. Torna nella Colchide, dove si ricongiunge e si riappacifica con<br />

il padre Eete.<br />

Medea è una donna che ha amato troppo, trasformando gradualmente un sentimento<br />

sano e puro, in una passione ossessiva e primor<strong>di</strong>ale. Colui che definiva πόσις (signore,<br />

padrone), il suo “uomo”, nucleo e senso della sua esistenza (allegoria del pater familias) è<br />

<strong>di</strong>venuto il più vile tra gli uomini (“ϰάϰιστος ανδρῶν ἐϰβέβηχ’ ”). Giasone è un personaggio<br />

inetto, imbelle ed apatico incapace <strong>di</strong> provare un qualsiasi slancio emozionale. Significativo<br />

è il forte contrasto tra l’ignavia <strong>di</strong> Giasone, l’elemento debole della coppia, preda della<br />

compagna, e la determinazione spregiu<strong>di</strong>cata <strong>di</strong> Medea, vera eroina, protagonista<br />

in<strong>di</strong>scussa della trage<strong>di</strong>a. Il dolore <strong>di</strong> Medea è causato dalla sofferta e lucida<br />

consapevolezza <strong>di</strong> essere stata l’artefice del successo della fortuna <strong>di</strong> Giasone, per mezzo<br />

<strong>di</strong> mostruosi delitti e <strong>di</strong>sumani misfatti. Il burattino da lei tanto amato e venerato,<br />

dapprima amante passionale, si è in seguito rivelato un omuncolo misero e spregevole,<br />

totalmente in<strong>di</strong>fferente ai sacrifici <strong>di</strong> Medea, crudele e <strong>di</strong>staccato nel suo abbandono.<br />

Nonostante la volontà <strong>di</strong> auto-affermarsi e la coscienza delle proprie capacità, Medea<br />

rimane comunque vincolata, in quanto donna, alle norme <strong>di</strong> una società patriarcale, e<br />

quin<strong>di</strong> costretta a dare un padrone alla propria persona (“πόσιν πρίασται δεσπότην τε<br />

σώματος”) . Ciò evidenzia la dura con<strong>di</strong>zione della donna, schiava inizialmente del potere<br />

paterno ed in seguito <strong>di</strong> quello del coniuge. Medea, figura iperbolica e drammaticamente<br />

controversa nella sua psicologia, si fa portavoce della subor<strong>di</strong>nazione dell’universo<br />

femminile impossibilitato alla ribellione, perfino in caso <strong>di</strong> adulterio (“separarsi dal marito è<br />

scandalo, ripu<strong>di</strong>arlo non può”). E ancora, l’essenza del femminile è ridotta a semplice<br />

genitrice e custode del focolare domestico. Se da un lato l’uomo acquista fama e gloria<br />

(ϰλέος ) <strong>di</strong>nnanzi alla comunità mettendo in luce il proprio valore, attraverso la prestanza<br />

fisica, <strong>di</strong>mostrata in battaglia, alla donna invece non viene attribuita alcuna facoltà, né<br />

tanto meno l’uomo le riconosce la straor<strong>di</strong>naria sopportazione del dolore procurato dal<br />

parto e soprattutto il profondo significato spirituale che esso racchiude in sé. Medea ha<br />

rinunciato a se stessa per Giasone, ha rinnegato la sua famiglia e la sua patria, la<br />

164


Colchide, ha abbandonato sogni e pregetti in favore <strong>di</strong> una totale abnegazione nei<br />

confronti dell’amato.<br />

( Bertel Thorvaldsen, “Giasone ed il vello d’oro”.)<br />

Cosi, quando comprende finalmente <strong>di</strong> essere stata vittima prima che carnefice, la sua<br />

ribellione si manifesta nel modo più violento possibile. Infatti ciò che ne deriva è la rottura<br />

<strong>di</strong> quel fragile equilibrio della ψυχή tra ragione e follia. Il più atroce crimine <strong>di</strong> cui si<br />

macchia, l’infantici<strong>di</strong>o,più che una punizione per Giasone costituisce il rifiuto definitivo <strong>di</strong><br />

una <strong>di</strong>scriminante cultura millenaria: se ora non è più consorte non vuole essere neanche<br />

più madre punendo infine anche Giasone che priva <strong>di</strong> una pura <strong>di</strong>scendenza.“Nessuno è<br />

cosi vittima come chi viene straziato al punto <strong>di</strong> venire stravolto in se stesso, da perdere la<br />

sua umanità, <strong>di</strong> essere spinto al male” C.Magris<br />

Proprio la figura <strong>di</strong> Medea(donna barbara)offre ad Euripide lo spunto per una critica alla<br />

società greca e alle sue strutture. Ai suoi concitta<strong>di</strong>ni il poeta vuole in<strong>di</strong>care il pericolo che<br />

la negazione dell’ in<strong>di</strong>vidualità porta con sé,il pericolo della violenza che può erompere da<br />

chi non sopporta più <strong>di</strong> essere ingiustamente escluso dalla società. Per questo motivo, e<br />

non solo per la morte dei figli uccisi per vendetta, la trage<strong>di</strong>a euripidea , nel mondo<br />

classico, rappresenta un momento <strong>di</strong> estrema modernità.<br />

Euripide nel 431 a.C la definiva ἔρεμος ed ἀπόλις cioè sola e senza patria, rapita e<br />

strappata dalla propria terra, costretta a lasciare gli affetti più cari: la famiglia, il”caro<br />

padre”. Non manca solo questo a Medea: essa ricorda nostalgicamente anche le proprie<br />

usanze, le abitu<strong>di</strong>ni della sua terra, della Colchide. Euripide definendola senza patria, la<br />

appesantisce <strong>di</strong> un peso grave, faticoso da sopportare. Sappiamo bene, infatti, quale fosse<br />

la fondamentale importanza che un citta<strong>di</strong>no greco attribuiva alla πόλις. Essa era centro<br />

politico, economico, sociale, religioso, punto nevralgico e <strong>di</strong> riferimento per ogni uomo<br />

greco.<br />

A Medea viene a mancare proprio il punto <strong>di</strong> riferimento e si trova sbalzata in una vita ed<br />

in una terra che non conosce. Medea a Corinto, per Euripide, <strong>di</strong>venta soprattutto assassina<br />

dei suoi figli, malvagia e malefica fattucchiera capace solo <strong>di</strong> cattiverie e malefici. Diventa<br />

barbara portatrice <strong>di</strong> cattive usanze e come se non bastasse, è una donna sola sposata ad<br />

uno straniero. Il racconto <strong>di</strong> Euripide che descrive Medea, avviene unicamente dal punto <strong>di</strong><br />

165


vista della protagonista, risulta staccato dalla realtà in cui sono realmente inserite le figure<br />

che si muovono nella storia non dà voce ad altri personaggi che possono mostrare la<br />

situazione dal loro punto <strong>di</strong> vista.<br />

Questo a Euripide non interessa, per lui quello che conta è parlare <strong>di</strong> Medea, della sua<br />

sofferenza, del suo stato d’ animo e delle sue azioni malvagie che culminano con l’<br />

assassinio dei propri figli. Euripide non cerca giustificazioni, non lancia accuse, lascia<br />

aperta la strada delle motivazioni che possono aver portato la donna a compiere il gesto<br />

più tremendo che potesse fare. L’ atto conclusivo porta Medea a completare la sua auto<br />

estraniazione dalla società e dalla cultura della quale era entrata a contatto molti anni<br />

prima.<br />

Il processo <strong>di</strong> estraniazione ha inizio fin da subito e con l’ assassinio dei figli giunge a<br />

completamento. Euripide dunque, nel raccontarci Medea, pone l’ accento su determinate<br />

caratteristiche della donna, facendo risaltare il carattere forte, orgoglioso e combattivo che<br />

nasconde e copre i sentimenti e sensazioni “umane” proprie <strong>di</strong> ogni donna che si sente<br />

sola, tra<strong>di</strong>ta e abbandonata. E, solo verso la fine del monologo, per la prima volta<br />

subentra un termine che non era mai stato utilizzato prima. Giasone parla <strong>di</strong> Medea come<br />

<strong>di</strong> una “profuga <strong>di</strong>pendente da me”. Atamante è l’ unico a cercare un rapporto con Medea,<br />

riuscirà a trovarlo e a mantenerlo cercando <strong>di</strong> aiutare Medea ad inserirsi in quella società a<br />

lei così ostile: “e spiegai a Medea come funziona a Corinto e <strong>di</strong> fare <strong>di</strong> quella donna, che<br />

non è del nostro mondo, una specie <strong>di</strong> confidente”. Medea non è l’ unica straniera a<br />

Corinto ma probabilmente è l’ unica a non accettare la sottomissione e la creazione <strong>di</strong> una<br />

nuova identità. Non cercherà <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendersi o <strong>di</strong> crearsi un’ immagine migliore nel momento<br />

in cui giungerà nella terra <strong>di</strong> Corinto. Non avrà qui, in questa nuova terra, né ideali, né<br />

ra<strong>di</strong>ci a cui restare legata.<br />

A tal proposito, è significativo il <strong>di</strong>scorso che Medea rivolge al Coro delle donne <strong>di</strong> corinzie:<br />

“Ma in realtà non vale per me e per te lo stesso <strong>di</strong>scorso. Qui hai la tua patria e la<br />

casa paterna, hai como<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> vita e compagnia <strong>di</strong> amici; e qui io sono sola, senza<br />

patria, esposta agli oltraggi <strong>di</strong> un uomo che mi ha rapita da una terra straniera<br />

come una preda, non ho madre, non ho fratello, non ho congiunti, a cui riparare da<br />

questa tempesta. Ebbene, da te, solamente questo vorrei ottenere: se io scopra<br />

una via, se trovi un mezzo per far pagare a colui la giusta pena del male che mi ha<br />

fatto, ebbene, tu… non parlare. La donna è <strong>di</strong> solito piena <strong>di</strong> paura, e inadatta alla<br />

lotta, e ripugna alla vista <strong>di</strong> un’ arma; ma se offesa nei suoi <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> sposa, non c’ è<br />

altro cuore più del suo assetato <strong>di</strong> sangue.”<br />

Medea non è pentita delle sue azioni, ha agito secondo un determinato per quanto<br />

subdolo criterio logico. La sua non è <strong>di</strong>ssennatezza, né tanto meno pazzia insensata: è<br />

pura follia della ragione.<br />

Medea appartiene alle stirpe del Sole: è figlia <strong>di</strong> Eete, re della Colchide, che è a sua volta<br />

figlio <strong>di</strong> Helios. Mentre la figura paterna <strong>di</strong> Medea è ben definita, la madre è identificata<br />

con <strong>di</strong>verse figure mitiche: la mitologia parla ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> Circe, che aveva come figlia<br />

“Cassifone” (“fratricida”) uno degli appellativi <strong>di</strong> Medea, oppure <strong>di</strong> Neaira (è legata al<br />

novilunio), che generalmente è considerata la madre <strong>di</strong> tutte le figlie del Sole senza<br />

ulteriori specificazioni, o, ancora, <strong>di</strong> Asterodeia, colei che vaga come stella, che potrebbe<br />

essere un riferimento al mito <strong>di</strong> Medea stessa, che vaga per tutto il Me<strong>di</strong>terraneo<br />

166


seguendo Giasone . Tuttavia, la tra<strong>di</strong>zione dominante fa coincidere la madre <strong>di</strong> Medea con<br />

Idyia, “l’esperta”, legandola alla sfera magica del pharmakon. Spesso Idyia è associata al<br />

mondo lunare ed è quin<strong>di</strong> riconducibile a Ecate, madre della “scienza segreta” dei filtri,<br />

lontana dalla scienza apollinea e dal panorama mitico attico.<br />

In Medea sembrano quin<strong>di</strong> coesistere queste due ere<strong>di</strong>tà mitiche: quella solare e quella<br />

lunare. Tale identificazione permane anche nella produzione letteraria: ad esempio in<br />

Euripide Medea invoca Ecate, protettrice dei giuramenti, e il suo desiderio <strong>di</strong> morte è<br />

in<strong>di</strong>cato come una “luce” che le attraversa la testa.<br />

Successivamente, in Apollonio Ro<strong>di</strong>o l’inquietu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Medea viene paragonata al raggio<br />

del sole riflesso nell’acqua che si rispecchia sulle pareti in un movimento circolare. Inoltre,<br />

sempre nelle Argonautiche, è la Luna stessa a paragonarsi a Medea, che, fuggita da<br />

palazzo, si reca per le strade notturne alla ricerca <strong>di</strong> Giasone. Un altro elemento <strong>di</strong><br />

derivazione solare è lo sguardo, che, sempre in Apollonio Ro<strong>di</strong>o, Circe riconosce perché<br />

“aureo”. In Euripide è proprio attraverso lo sguardo che traspaiono le vere intenzioni <strong>di</strong><br />

Medea. Dalle connotazioni del suo sguardo si può anche desumere la forza della<br />

personalità <strong>di</strong> Medea, dominata dai contrasti, derivata dal suo sapere barbaro e esoterico<br />

e che elude la razionalità.<br />

Tuttavia, nonostante la <strong>di</strong>cotomia della sfera mitica <strong>di</strong> appartenenza, un elemento sembra<br />

rimanere costante: l’ oscurità, la “tenebra” che avvolge la figura <strong>di</strong> Medea, come a<br />

presagire un destino funesto, che si identifica con la natura assassina della principessa<br />

barbara. Sebbene Circe e Medea siano accomunate dall’origine solare e dalla loro pratica<br />

magica, rappresentano due tipi <strong>di</strong> incantatrice ra<strong>di</strong>calmente <strong>di</strong>versi: l’una è<br />

un’ammaliatrice, che prepara filtri amorosi, la cui componente principale è la capacità<br />

seduttiva; Medea invece possiede una magia <strong>di</strong> potenza e utilizza le sue abilità per scopi<br />

concreti, come per giungere lei stessa a quello che invece Circe “attirava” verso <strong>di</strong> sé.<br />

167


“IL POTERE DI UNIRE” DI ELENA PULCINI<br />

Una analisi della soggettività femminile tra modernità e mito<br />

La donna è stata spesso apparentemente assente da gran parte della storia, su questo<br />

“apparentemente” mi soffermerei, citando Rousseau che nel '”Emilio” si fa sostenitore <strong>di</strong><br />

un'immagine <strong>di</strong> donna legata al suo ruolo <strong>di</strong> moglie e madre, che partecipa, ma solo<br />

in<strong>di</strong>rettamente, alla vita pubblica e che ha il ruolo <strong>di</strong> educatrice degli uomini e ispiratrice<br />

delle loro virtù.<br />

La donna è dunque <strong>di</strong>venuta argomento <strong>di</strong> riflessione <strong>di</strong> teorie e politiche solo a partire<br />

dagli anni Settanta del secolo XX.”La riflessione sulla donna e sul femminile” è stato il<br />

punto <strong>di</strong> partenza anche per Elena Pulcini nel libro “Il potere <strong>di</strong> unire”.<br />

Creando un percorso critico che parte dalla figura <strong>di</strong> Diotima, attraversa il pensiero sul<br />

femminile <strong>di</strong> Hobbes, Lock, Rousseau, per arrivare a una proposta <strong>di</strong> filosofia del “dono”,<br />

l'autrice affronta il problema della <strong>di</strong>fferenza emotiva relativo alla posizione della donna.<br />

In questa chiave infatti, la filosofia del dono presenta ine<strong>di</strong>te potenzialità per la<br />

configurazione dell'identità femminile : la donna può rovesciare la sua posizione <strong>di</strong><br />

soggette al dono, depositata nella tra<strong>di</strong>zione occidentale, riconoscendosi attivamente come<br />

soggetto <strong>di</strong> dono.<br />

Il libro è <strong>di</strong>viso il tre parti, con un'Appen<strong>di</strong>ce finale; la prima è de<strong>di</strong>cata al MITO e ai<br />

SIMBOLI DEL FEMMINILE.<br />

Tra le figure mitiche, troviamo Diotima e Psiche. Diotima, la “straniera” <strong>di</strong> Mantinea<br />

iniziatrice <strong>di</strong> Socrate ai misteri d'Amore: è insieme un'enigma e una figura emblematica. La<br />

Pulcini coglie e sottolinea il nesso platonico tra Diotima ed Eros. Costui è infatti “metaxu”,<br />

<strong>di</strong>segna cioè un tramite, un passaggio tra il mondo degli uomini e quello degli Dei,<br />

aprendo una zona, interme<strong>di</strong>a tra queste due opposte polarità.<br />

Analogamente anche la “straniera” <strong>di</strong> Mantinea è una figura <strong>di</strong> interme<strong>di</strong>azione. Socrate si<br />

rivolge a una donna, per <strong>di</strong> più straniera, chiedendole <strong>di</strong> in<strong>di</strong>care un percorso verso il<br />

Regno immateriale delle idee, che conservi però un legame con le ra<strong>di</strong>ci materiali e<br />

corporee.<br />

Diotima e maggiormente Psiche aprono la strada alla nascita, nella cultura occidentale, <strong>di</strong><br />

un soggetto femminile attivo. Nella figura apuleiana <strong>di</strong> Psiche, che rifiuta l'oggettivazione<br />

della propria bellezza e combatte contro il ruolo privato e passivo <strong>di</strong> reclusione a cui il suo<br />

amante la vuole confinare, c'è infatti il superamento della PASSIVITA'.<br />

Nella seconda parte del libro de<strong>di</strong>cata a “Soggetto femminile e patologie della modernità”<br />

la donna è <strong>di</strong>ventata ormai un soggetto attivo e passionale, perchè le due figure mitiche<br />

sopra citate hanno aperto la strada a questa conquista. Questo <strong>di</strong>scutibile emergere <strong>di</strong><br />

una donna che è finalmente soggetto in epoca moderna, non coincide affatto con il suo<br />

<strong>di</strong>ritto alla vita politica e quin<strong>di</strong> a una reale uguaglianza dei due sessi.<br />

Hobbes sembra sostenere che la donna accetta volontariamente <strong>di</strong> sottomettersi<br />

all'autorità maschile (sebbene non <strong>di</strong>ca quando e perchè) lasciandola pertanto in una<br />

posizione <strong>di</strong> subor<strong>di</strong>nazione.<br />

L'idea <strong>di</strong> un dominio patriarcale assoluto è invece rifiutata da Locke, che tuttavia non nega<br />

la soggezione della donna al marito nell'ambito della struttura familiare. Questa<br />

soggezione è dovuta a “<strong>ragioni</strong> naturali”, ossia all'inferiorità biologica che porta la donna<br />

ad affidarsi alla volontà dell” “Altro”, cioè all'uomo.<br />

La legge <strong>di</strong> natura, per quanto riguarda la donna, in Russeau assume un potere ad<strong>di</strong>rittura<br />

168


sacrale, poiché il suo ruolo subalterno ben asseconda la sua più profonda natura, il suo<br />

bonheur.<br />

La donna è “nata per piacere all'uomo, per curarlo amarlo, onorarlo e crescerne<br />

amorevolmente i figli :così appare nell “Emilio”. La sua educazione sarà quin<strong>di</strong> relativa al<br />

suo compito <strong>di</strong> musa e guida morale dell'uomo.<br />

Agli uomini spetta dunque, come Russeau riba<strong>di</strong>sce nelle opere politiche, una funzione <strong>di</strong><br />

comando nella sfera familiare, dove essi esercitano la loro autorità sia sulla moglie sia sui<br />

figli.<br />

La <strong>di</strong>versa natura della donna, sia fisica che intellettuale, la destina a funzioni, occupazioni<br />

e spazi <strong>di</strong>versi da quelli degli uomini: essa è fisicamente debole, ma dotata <strong>di</strong> un naturale<br />

talento persuasivo. “La donna ha più spirito, l'uomo più genio; la donna osserva l'uomo<br />

ragione”, citando Russeau.<br />

L'autrice aggiunge “le donne amano, gli uomini desiderano”.Questo ci permette <strong>di</strong> cogliere<br />

le <strong>di</strong>verse e presunte inclinazioni naturali dei due sessi. <strong>Le</strong> donne “amano” garantendo<br />

quello spazio affettivo <strong>di</strong> intimità e privatezza che instaura legami pacifici e armoniosi. Gli<br />

uomini “desiderano”, spinti da una pulsione del potere, creando <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne e guerra.<br />

Al contrario, il potere femminile è un potere <strong>di</strong> pace e cura, che tiene il tutto unito in un<br />

armonico equilibrio.<br />

Proprio questa peculiarità femminile è ciò che ha consentito l'esclusione delle donne dalla<br />

sfera pubblica. L'identità femminile nell'età moderna subisce un profondo mutamento <strong>di</strong><br />

configurazione. Ciò che infatti cambia ora rispetto all'esclusione della donna dalla polis<br />

antica, è che il privato, come sostiene Hannah Arendt , non ha più nella modernità il senso<br />

aristotelico e svalutativo <strong>di</strong> “stato <strong>di</strong> privazione; ma assume un nuovo valore, <strong>di</strong>ventando la<br />

sede degli affetti.<br />

Già con Locke la famiglia comincia a configurasi non solo come un'area esclusivamente<br />

riproduttiva e luogo della trasmissione della proprietà privata, ma anche come una sfera <strong>di</strong><br />

affettività e <strong>di</strong> cura, <strong>di</strong> reciprocità e tenerezza.<br />

E soprattutto con Rousseau che assistiamo alla valorizzazione del privato, fondata sulla<br />

costruzione <strong>di</strong> una puntuale immagine della soggettività femminile. Charles Taylor ha<br />

parlato della nascita, nella modernità, <strong>di</strong> una cultura del sentimento; ha sostenuto che<br />

questa trasformazione rivaluta in modo particolare le donna.<br />

Si delinea per la prima volta un'immagine della soggettività femminile identificata con le<br />

funzioni non solo biologiche, ma effettive <strong>di</strong> moglie e <strong>di</strong> madre.<br />

L'immagine <strong>di</strong> donna che ne risulta, arriva attraverso il Me<strong>di</strong>oevo, fino alla modernità e<br />

riscontra il problema della posizione sociale della donna, segnata dalla doppia esclusione<br />

che l'ha vista prima tagliata fuori dalla sfera della razionalità, e della sua applicazione<br />

pubblica, e poi dalla sfera della passione.<br />

Il “materno”infatti è ciò che conferisce alla donna la sua peculiare specificità,<br />

imponendole tuttavia la rinuncia a un'esistenza pienamente autonoma. Possiamo definirlo<br />

“un soggetto autonomo nella <strong>di</strong>pendenza:”l'essere per l'altro” <strong>di</strong>venta” essere con l'altro”;<br />

dove “l'altro” non è l'oggetto <strong>di</strong> un'incon<strong>di</strong>zionata de<strong>di</strong>zione che esige la mutilazione<br />

dell'identità, ma la parte mancante alla quale desidero ricongiungermi, pena la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong><br />

senso della mia stessa esistenza.<br />

Questo sentire, in contrasto con l'idea moderna <strong>di</strong> soggetto, inteso come in<strong>di</strong>viduo<br />

autosufficiente e compiuto in se stesso, chiuso alla <strong>di</strong>mensione dell'alterità e della<br />

<strong>di</strong>fferenza. E vero dunque che la modernità ha “inventato” l'in<strong>di</strong>viduo, affermandone anche<br />

l'ine<strong>di</strong>to valore della sovranità, senza <strong>di</strong>stinzione <strong>di</strong> classe, status o genere. Ma ha posto<br />

solo in teoria le premesse filosofiche, sociali e politiche per il superamento <strong>di</strong> ogni<br />

<strong>di</strong>suguaglianza: ha potuto così continuare a riprodurre l'esclusione della donna dal sociale,<br />

seppure in una forma più nascosta e sottile.<br />

169


Adriana Cavarero,<br />

“ Nonostante Platone” , E<strong>di</strong>tori Riuniti:<br />

Euripide “<strong>Le</strong> Baccanti”<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

Vernant Vidal-Naquet,<br />

“Il Dioniso mascherato delle Baccanti <strong>di</strong> Euripide”,<br />

in “Saggi su mito e trage<strong>di</strong>a”. Einau<strong>di</strong> Scuola,<br />

Brani scelti, in greco e in traduzione, da<br />

“Medea” e “Fedra” <strong>di</strong> Euripide<br />

Andrea Camilleri “Maruzza Musumeci” Sellerio ed.<br />

Eschilo, Orestea – Agamennone, Coefore, Eumeni<strong>di</strong> passim.<br />

Valeria Parrella, “il Verdetto”,I e<strong>di</strong>zione, Bompiani, Milano 2007, pag. 52<br />

Patrizia Caporossi “Il corpo <strong>di</strong> Diotima. La passione filosofica e la libertà femminile”,<br />

Ed.Feltrinelli<br />

Elena Pulcini, “ Il potere <strong>di</strong> unire”, Bollati Boringhieri ed.<br />

Ida Travi, “Diotima e la suonatrice <strong>di</strong> flauto”, ed. Feltrinelli<br />

Diotima- comunità filosofica femminile http://www.<strong>di</strong>otimafilosofe.it/<br />

Apollodoro,” I miti greci”, Arnoldo Mondadori e<strong>di</strong>tore<br />

Euripide, “Ippolito” , Milano, Bur<br />

schede in traduzione: Medea vv.214-268 “La dura con<strong>di</strong>zione delle donne”<br />

citazioni dall’annuario scolastico “<strong>Bertrand</strong> Rrussell”, paragrafo “Crimini e misfatti”, capitolo<br />

“<strong>Le</strong> Medee”e relativa scheda in traduzione.<br />

Arianna Merlini e Elena Rho, “La figura mitica <strong>di</strong> Medea”<br />

170


MARY ASTELL<br />

LOVE OF KNOWLEDGE<br />

Today Mary Astell is considered one of the founders of the feminist movement, and rightly<br />

regarded as the first true woman philosopher.<br />

She used reason to show that customs and preju<strong>di</strong>ces prevent women from developing<br />

the rational capacities given by God: woman are excluded from education although they<br />

are generally enabled with the same mental capacities like men.<br />

Mary Astell believed feminist behaviour is not a product of nature, but of social<br />

con<strong>di</strong>tioning and for her, women should decide not to get married before eighteen of age<br />

to improve their con<strong>di</strong>tion. She represents an exception for her time: she was the symbol<br />

of the self confident woman, who wishes to achieve knowledge, and thus representing a<br />

first step to female emancipation of 18 th century.<br />

We have little information about Mary's childhood, but we know that she was an<br />

extraor<strong>di</strong>nary reader since she was only a child. She appreciated Spenser, Milton, Cowley,<br />

Bacon and Descartes . She continued her stu<strong>di</strong>es through considerable <strong>di</strong>fficulties and<br />

dreaming to found a monastery, a female community where women could de<strong>di</strong>cate to<br />

studying and accomplishing their, especially if they were not married. In this community<br />

there was not a tra<strong>di</strong>tional hierarchy, the bonds were based on friendship and affection.<br />

Mary Astell's monastery would be the place of “wise and prudent la<strong>di</strong>es”, ready to get<br />

married and grow children. All the same the monastery represented a <strong>di</strong>fferent choice for<br />

those women who <strong>di</strong>dn't get from married: this choice was independence, and reliance<br />

only on their capacities. This project failed due to financial problem.<br />

However Mary took part in a club of women concerned of female cause. Being enthusiast<br />

of their <strong>di</strong>scussions and battles she printed her first work “A Serious Proposal To The<br />

La<strong>di</strong>es For the Advancement of their True and greatest Interest”, de<strong>di</strong>cated to her friend<br />

Lady Mary Wortley Montague. This essay started an incessant reflection about women's<br />

Perpectives, their fate and potentials.<br />

“Women are from their very Infancy debarr'd those advantages [of education] with the<br />

want of which they are afterwards reproached, and nursed up in those vices with which<br />

will hereafter be upbraided them."<br />

Mary supported the necessity of more female education, and she offered a sort of guide<br />

for women students. She started from identification of in<strong>di</strong>vidual freedom/liberty and<br />

female social con<strong>di</strong>tion of subor<strong>di</strong>nation under men's authority .She analyzed “the<br />

possibilities of career for woman”, which in the 17 th century Protestant Uk was limited to<br />

being mother and nun. Moreover inspired by unhappy marriage of her friend, Duchess of<br />

Mazarine, Mary published “Some Reflections upon Marriage Occasioned by the Duke and<br />

Duchess of Mazarine's Case”, that represented an accusation of man's careerism, and at<br />

the same time a warning to women to impose their decisions and rational mind. Mary<br />

underlined the unbalanced power of the waves. She attacked Locke, who contrasted<br />

freedom, the right of all men, with slavery and she asked :<br />

“If all men are born free, how is it that all Women are born slaves? as they must be if the<br />

being subject to the inconstant, uncertain, unknown, arbitrary Will of Men, be the perfect<br />

Con<strong>di</strong>tion of Slavery? and if the Essence of Freedom consists, as our Masters say it does,<br />

in having a stan<strong>di</strong>ng Rule to live by? “<br />

Despite this pessimistic vision about marriage, Mary Astell, <strong>di</strong>dn't hope for domestic<br />

171


ebellion by women, but she <strong>di</strong>scussed husband's authority to improve women con<strong>di</strong>tion.<br />

She had a large following of learned women of her time, and se receved lot of<br />

recognitions.<br />

Nowadays she is still acknowledged as a learned philosopher, a pamphleteer, a poet who<br />

struggled for women's rights, their freedom of choise and an advocate of their<br />

opportunities to run their own life accor<strong>di</strong>ng to their projects.<br />

Marianna Piscitelli<br />

Liceo Classico Sperimentale ‘<strong>Bertrand</strong> <strong>Russell</strong>’ – Roma<br />

Anno Scolastico 2008- 2009 Classe IV B<br />

172


MOLL FLANDERS<br />

Moll Flanders is the story about Lady Betty,<br />

forsaken by her mother in tender age. After she<br />

has been for a little while with the gipsies, she<br />

went to Colchester (Essex), where the<br />

magistrates assigned to her a settlement with a<br />

nurse; she was a very kind woman, who<br />

became attacked to the young lady and decided<br />

to keep her under her protection. The girl grew<br />

up and became so beautiful and polite that an<br />

aristocratic family took her in their residence.<br />

Betty received a good instruction and became<br />

friend with the 2 rich sisters; in the house also<br />

lived 2 brothers who imme<strong>di</strong>ately started noting<br />

the charm of Betty. At first the elder boy felt in love with her till she gave up: they<br />

exchanged each other promise in marriage in secret but after a little time the second<br />

brother asked Betty to marry him. Obviously she refused but nobody could understand<br />

why. The first brother, because of saving himself from <strong>di</strong>sgrace, convinced Betty to accept<br />

the offer of marriage and to refuse their love. With great suffering, the lady became the<br />

wife of Robert, but he <strong>di</strong>ed after 5 years.<br />

So she was widow and she inherited a great estate and decided to marry a second time;<br />

she had a lot of lovers and she chose a cloth merchant. Unfortunately he wasn’t very able<br />

to administer the patrimony and, in a little time, he spent all money they had. Become<br />

bankrupt he was arrested and told his wife to make all their wealth remained saved and to<br />

escape from London.<br />

She moved to Mint and changed her name into Moll Flanders. Here she met a lady and in<br />

exchange of her help with a lover, her new friend assisted Moll to find a new husband.<br />

Just spread the voice that she was very rich, a lot of lovers step forward and she decided<br />

to marry a man who had many properties in Virginia. They went to live there with his<br />

mother and Moll Flanders <strong>di</strong>scovered a terrible truth: the old woman was her mother, so<br />

her husband was her brother.<br />

Upset Moll decided to escape from Virginia and went to live in Bath with very little money.<br />

Here she started atten<strong>di</strong>ng a man of London: they became lovers but Moll remained<br />

pregnant and the faithful lover gave her a home in London where she could have been<br />

assisted: after she had a child the man repented and left Moll with a <strong>di</strong>screet sum of<br />

money. Where she lodged, also lived a lady of the North who, believing that Moll was very<br />

rich, decided to send her to her brother, a gentleman of Liverpool. Before going there Moll<br />

went to a bank for saving her exiguous patrimony.<br />

Here she met an employee who, after telling her that he was <strong>di</strong>vorcing, asked her hand.<br />

But Moll said that she couldn’t accept till the <strong>di</strong>vorce was completed. So she went to<br />

Liverpool to meet her friend’s brother, they felt in love and got married. But in a little time<br />

they remained without money: her husband became a thief and let Moll for saving himself<br />

from misery.<br />

Moll returned in London and married the bank’s employee, but after an economical<br />

breakdown he felt hill and <strong>di</strong>ed. So Moll, poor and lonely, went to live in London with her<br />

old nurse, who had become a thief. Moll learnt the art of the robbery and, till the age of<br />

173


50 years she lived this way. But, one day, she was arrested and condemned to<br />

deportation in America.<br />

After a little time also her last husband arrived into Newgate and they succeeded in being<br />

deported together. They arrived in Virginia and started a plantation and, little by little,<br />

became rich. One day Moll decided to go and visit her brother and son. Her brother was<br />

<strong>di</strong>ed and her son received her with great emotion and gave her the here<strong>di</strong>ty that her<br />

mother had left her. So Moll Flanders lived happy in Virginia with her family for a long time<br />

and, returned in England with her husband, conducted a life of repentance.<br />

Realistic representation<br />

Moll Flanders is narrated in retrospective first-person<br />

narration by Moll herself in her old age. Characterisation<br />

focuses on personal relationships and feelings but it stresses<br />

the adventurous experiences of the heroine in a simple and<br />

<strong>di</strong>rect style aimed at creating a strong sense of identification<br />

and sympathy in the reader.<br />

The novel includes “documents” in order to increase the<br />

illusion of verifiable fact, it aims at objective, realistic<br />

representation. What is important in Moll’s world is the<br />

counting, measuring, pricing, weighing and evaluating of the<br />

things accor<strong>di</strong>ng to the wealth they represent and the social<br />

status they imply for the possessor.<br />

The novel as a reflection of its time<br />

The story develops around several characters and describes urban society. The novel<br />

embo<strong>di</strong>es the economic and social problems in Britain in the first decades of the<br />

eighteenth century, such as crime and provisions for poor orphans. In fact the intent of<br />

novel (is) to teach a moral lesson. Moll Flanders stands quite alone in the world. The older<br />

Moll lives a life of financial security in Virginia. Defoe reveals, through Moll, not only the<br />

kind of necessity that drives the urban poor to a life of crime, but also the kind of society<br />

which allows Moll to prosper. Social identities became fluid; money could bring power and<br />

prestige. Moll's social identity is unfixed because she uses it in a system of trade, selling<br />

sex, affection, or the goods she steals.<br />

Theft and prostitution implied the risks of transportation to Virginia, hanging or spen<strong>di</strong>ng<br />

several weeks in Newgate Prison.<br />

One of the consequences of this job involve the birth of numerous children, that, not<br />

being able them to attend, were submitted to other families, but they were often<br />

neglected <strong>di</strong>sappeared. So Moll tried to avoid becoming too found of their children.<br />

In a way, Moll is Crusoe’s female counterpart: her reflections have an economic basis and<br />

are carried on in strict logical sequences.<br />

So we can affirm that Crusoe’s novel wants to have a militant and practical character to<br />

resolve deep problems of 18th century society.<br />

174


Moll Flanders as a woman… What It's All About<br />

As Duchan Cau<strong>di</strong>ll writes, "Defoe presents 'Moll Flanders' in the guise of an autobiography,<br />

written by a woman of advanced years.<br />

Defoe was adroit at creating a narrative, relaying the details of this life from a woman's<br />

point of view."<br />

In "Moll Flanders," Defoe writes, "The world is so taken up of late with novels and<br />

romances, that it will be hard for a private history to be taken for genuine, where the<br />

names and other circumstances of the person are concealed, and on this account we must<br />

be content to leave the reader to pass his own opinion upon the ensuing sheet, and take it<br />

just as he pleases.<br />

The novel strikes me as a book that instructs readers on how not to behave.<br />

I think Defoe intended for the book to have a <strong>di</strong>dactic value, and his pedagogy in words is<br />

delivered by Moll, who is one of the most complex teachers I've ever encountered in<br />

books. And, here I want to emphasize that Moll is one of the most intriguing characters in<br />

English literature.<br />

She is so life-like; in her character, we <strong>di</strong>scover fragments of ourselves, and bits of others.<br />

Every sentence of the novel exhales the breath of the believable; we have just to inhale.<br />

It is especially after reflecting upon a rea<strong>di</strong>ng of this book that this thought takes hold.<br />

One of the most charming and finest features of the book is the art of cultivated<br />

conversation, found in the moments when Moll and her (usually male) counterparts are<br />

expressing their honest feelings and thoughts.<br />

It's not just the stilted jargon of snobbish highbrows; it appears to be enviably natural and<br />

refined.<br />

"Moll Flanders" is fiction-made-cre<strong>di</strong>ble; the novel ranks as a milestone of 18th-century<br />

English literature, and it continues to find favour. For someone who is keen on<br />

encountering a spectrum of human motivations this book undoubtedly delivers the colours<br />

of the many facets of conduct.<br />

Marta Capal<strong>di</strong>ni, Sara Fusello, Lucrezia Vescovo<br />

Liceo Classico Sperimentale ‘<strong>Bertrand</strong> <strong>Russell</strong>’ – Roma<br />

Anno Scolastico 2008- 2009 Classe IV B<br />

175


VIRGINIA STEPHEN IN WOOLF<br />

E LA NASCITA DEL FEMMINISMO IN INGHILTERRA<br />

Il bisogno <strong>di</strong> una stanza tutta per sé<br />

Adeline Virginia Stephen (Londra, 25 gennaio 1882 –<br />

Rodmell, 28 marzo 1941) fu scrittrice, saggista ed attivamente<br />

impegnata nella lotta per la parità <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti tra i due sessi. Il<br />

padre era letterato e la madre modella; non le fu permesso <strong>di</strong><br />

frequentare alcun istituto scolastico, ma la madre si premurò <strong>di</strong><br />

darle lezioni <strong>di</strong> latino e francese, ed il padre le consentì sempre<br />

<strong>di</strong> leggere i libri che teneva nella biblioteca del suo stu<strong>di</strong>o. A 13<br />

anni Virginia fu colpita dal lutto della madre, due anni dopo da<br />

quello della sorellastra, e nel 1904 dalla morte del padre.<br />

Questi eventi la portano al primo serio crollo nervoso. Nel<br />

racconto autobiografico "Momenti <strong>di</strong> essere e altri racconti"<br />

scrisse che lei e la sorella Vanessa subirono abusi sessuali da<br />

parte dei fratellastri George e Gerald Duckworth. Senza dubbio anche questo influì sui suoi<br />

esaurimenti nervosi, sulle crisi depressive e sui forti sbalzi d'umore che caratterizzarono la<br />

sua vita e la portarono, dopo <strong>di</strong>versi tentativi, al suici<strong>di</strong>o.<br />

Assieme ai fratelli Thoby e Vanessa, dopo la morte del padre si trasferì nel quartiere<br />

lon<strong>di</strong>nese <strong>di</strong> Bloomsbury, dove prese definitivamente vita il Bloomsbury Group (attivo dal<br />

1905 fino alla fine della Seconda Guerra Mon<strong>di</strong>ale), formato da importanti intellettuali quali<br />

<strong>Bertrand</strong> <strong>Russell</strong>, Ludwig Wittgenstein, Desmond MacCarthy, <strong>Le</strong>onard Woolf (futuro marito<br />

<strong>di</strong> Virginia). Nacquero così le "serate del giovedì"; riunioni alle quali partecipavano<br />

intellettuali <strong>di</strong> alta posizione per <strong>di</strong>scutere <strong>di</strong> politica, lettere, arte, critica, musica,<br />

economia. Alimentata da questo clima <strong>di</strong> fervore intellettuale Virginia iniziò a dare<br />

ripetizioni serali alle operaie in un collegio della periferia. Intanto era attivista all'interno<br />

dei movimenti femministi per il suffragio delle donne e pubblicava le prime critiche<br />

letterari. Nel 1912 sposò <strong>Le</strong>onard Woolf, teorico della politica. Nel 1913 terminò il suo<br />

primo libro, The Voyage Out (pubblicato nel 1915), ed entrò in una seconda depressione<br />

che la portò a tentare il suici<strong>di</strong>o. Per farle trovare fiducia ed equilibrio il marito le propose<br />

<strong>di</strong> fondare un'impresa e<strong>di</strong>toriale e nacque così la Hogarth Press che pubblicò Katherine<br />

Mansfield, Italo Svevo, Sigmund Freud, James Joyce e la stessa Virginia Woolf. Nonostante<br />

ciò, nel marzo del 1941 la scrittrice riuscì a togliersi la vita, dopo aver scritto nel 1938 <strong>Le</strong><br />

Tre Ghinee, dove approfon<strong>di</strong>sce lo stu<strong>di</strong>o della figura dominante dell'uomo nella storia<br />

contemporanea.<br />

176


Già in vita Virginia fu considerata una delle più gran<strong>di</strong> romanziere del XX secolo che,<br />

insieme agli altri aderenti al gruppo <strong>di</strong> Bloomsbury, aveva portato lustro alle arti inglesi.<br />

Essa sperimentò la tecnica del flusso <strong>di</strong> coscienza e invasò i suoi personaggi <strong>di</strong> uno<br />

straor<strong>di</strong>nario potere psichico ed emotivo; questo modo <strong>di</strong> scrivere era stato fino ad allora<br />

sconosciuto in Inghilterra. Il Bloomsbury Set prendeva infatti spunto dalle tecniche e le arti<br />

dell'Europa meri<strong>di</strong>onale, soprattutto concentrato <strong>di</strong> Italia e Francia, ma anche Grecia.<br />

In Una stanza tutta per sé del 1929, Virginia Stephen scrive apertamente riguardo la<br />

<strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> una donna <strong>di</strong> essere in<strong>di</strong>pendente dall’uomo. Attribuisce la causa <strong>di</strong> tale<br />

impossibilità, alla tra<strong>di</strong>zione legata al dovere della donna e quello dell’uomo. Una ragazza<br />

infatti non potrà mai fare un lavoro <strong>di</strong>verso da quello della madre-moglie, e quin<strong>di</strong> non<br />

potrà percepire stipen<strong>di</strong>o, non potrà essere economicamente in<strong>di</strong>pendente, non potrà fare<br />

della sua vita quel che vuole. Tantomeno de<strong>di</strong>carsi alla stesura <strong>di</strong> un libro.. Tema<br />

principale del saggio della Woolf è infatti quello della possibilità del sesso femminile <strong>di</strong><br />

emergere in qualità <strong>di</strong> scrittrice. Immagina perciò che Shakespeare avesse avuto una<br />

sorella, <strong>di</strong> nome Ju<strong>di</strong>th, e che questa avesse avuto lo stesso talento del fratello ma non lo<br />

avesse potuto <strong>di</strong>mostrare perché destinata a maritarsi già a 15 anni e poi de<strong>di</strong>carsi alla<br />

famiglia. Ju<strong>di</strong>th sarebbe impazzita perché incompresa ed ostacolata dalla società, avrebbe<br />

probabilmente tentato il suici<strong>di</strong>o, o avrebbe scritto senza lasciare traccia del suo<br />

passaggio, firmandosi al maschile. D’altronde per uomini come il professore <strong>di</strong> Cambridge<br />

Browning “la migliore delle donne è intellettualmente inferiore al peggiore degli uomini”. Vi<br />

fu anche qualcuna che, a <strong>di</strong>spetto <strong>di</strong> tutto e tutti, scrisse poesie e romanzi nel 1600, e<br />

Virginia ricorda alcune frasi <strong>di</strong> Lady Winchiòlsea “I miei versi scherniti, il mio impegno<br />

chiamato inutile follia, o presuntuoso sbaglio.” Nel 1700 e le donne vedove dei propri<br />

177


mariti dovettero incominciare a trovarsi un lavoro per mantenere i propri figli; queste<br />

prime lavoratrici dovevano adattarsi a quei lavori che per loro erano <strong>di</strong>sponibili, e non<br />

erano mai ben accette negli ambienti <strong>di</strong> lavoro quali le fabbriche. Fu così che alcune<br />

(quelle che avevano avuto un’istruzione) cominciarono a guadagnarsi da vivere scrivendo,<br />

o traducendo. Il 1800 è colmo <strong>di</strong> opere al femminile, specialmente <strong>di</strong> romanzi… Ed è per<br />

questo che Virginia si domanda il perché le donne del tempo si siano de<strong>di</strong>cate alla stesura<br />

<strong>di</strong> romanzi e non <strong>di</strong> poesie o opere teatrali. La risposta che trova è: “tutte le forme più<br />

antiche della letteratura erano già cristallizzate e stabilite all’epoca in cui la donna<br />

cominciò a scrivere. Soltanto il romanzo era abbastanza giovane da lasciarsi modellare<br />

dalle sue mani”; Jane Austen “Orgoglio e Pregiu<strong>di</strong>zio” ed Emily Bronte “Cime tempestose”<br />

riuscirono nell’impresa e furono tra le primissime donne inglesi ad essere conosciute come<br />

scrittrici anche dagli uomini. L’ultimo capitolo del saggio è de<strong>di</strong>cato allo scontro perenne<br />

tra due i sessi, l’inutilità <strong>di</strong> credersi l’uno superiore all’altro (l’autrice ricorda anche<br />

Mussolini e la sua “Famiglia fascista” basata sulla responsabilità della donna che deve<br />

portare avanti la famiglia e tirar su i propri figli, futuri citta<strong>di</strong>ni fascisti), e la speranza,<br />

l’incitazione della scrittrice a portare avanti la lotta femminile.<br />

In Inghilterra "Vin<strong>di</strong>cation of the Rights of Woman" (Riven<strong>di</strong>cazione dei <strong>di</strong>ritti della Donna)<br />

<strong>di</strong> Mary Wollstonecraft, nel 1792, aveva segnato l'inizio del movimento femminista. In<br />

tutta Europa le donne chiedevano tutela nel lavoro, maggiori attenzioni..<br />

E’ in Francia però che si ottengono i primi risultati: “ La donna nasce libera e ha gli stessi<br />

<strong>di</strong>ritti dell'uomo. L'esercizio dei <strong>di</strong>ritti naturali della donna non ha altri limiti se non la<br />

perpetua tirannia che le oppone l'uomo. Questi limiti devono essere infranti dalla legge,<br />

dalla natura e dalla ragione” (dalla <strong>di</strong>chiarazione dei <strong>di</strong>ritti della donna e della<br />

citta<strong>di</strong>na, Francia 1789).<br />

“Se la donna ha il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> salire sul patibolo deve avere anche il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> salire sulla<br />

tribuna” (Olimpia de Gouges, autrice fatta ghigliottinare da Robiespierre nel 1793).<br />

In Inghilterra invece, nel 1867 (quin<strong>di</strong> quasi cent’anni dopo), l'economista John Stuart Mill,<br />

aveva provocato una rissa in Parlamento per aver avanzato la proposta <strong>di</strong> sostituire nelle<br />

leggi relative al voto la parola "male", (maschio), con quella "man" (uomo), inteso nel<br />

senso <strong>di</strong> "in<strong>di</strong>viduo", quin<strong>di</strong> comprensivo anche della donna, ma non aveva ottenuto alcun<br />

risultato. In un paese dove si faceva fatica ad ammettere che la donna fosse un in<strong>di</strong>viduo<br />

al pari dell’uomo, e che potesse anch’essa esprimere il proprio potere <strong>di</strong> votare, la lotta<br />

per l’emancipazione femminile fu violenta e drammatica.<br />

Solo negli ultimi decenni del ‘800 le donne incominciarono ad organizzarsi in associazioni<br />

che riven<strong>di</strong>cassero i loro <strong>di</strong>ritti.<br />

L'Unione sociale e politica delle donne, fondata nel 1903 da Eveline Pankhurst, presentava<br />

al Parlamento istanze, suppliche, richieste, tutte prive <strong>di</strong> esito. Nel 1911, mentre erano in<br />

attesa <strong>di</strong> essere ricevute dal primo ministro, le donne furono caricate molto brutalmente<br />

dalla polizia e la loro pazienza giunse al limite. La loro reazione fu violentissima: in pochi<br />

mesi demolirono sei e<strong>di</strong>fici, fracassarono le vetrine dei negozi, intasarono <strong>di</strong> marmellata le<br />

178


cassette postali, incen<strong>di</strong>arono due stazioni ferroviarie e <strong>di</strong>versi vagoni in sosta sui binari<br />

morti.<br />

A sua volta il governo reagì incarcerandone centinaia. <strong>Le</strong> loro con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> prigionia erano<br />

così dure da indurle allo sciopero della fame, ma il governo impose <strong>di</strong> nutrirle a forza.<br />

Quando una tra loro, certa Emily Davidson, si suicidò gettandosi sotto le zampe dei cavalli<br />

durante una gara, mentre le suffragette manifestavano davanti al palco reale, l’opinione<br />

pubblica comprese finalmente la drammaticità della posizione femminile, il re Giorgio V ne<br />

rimase profondamente colpito; nel 1913 concesse l'amnistia alle detenute e lentamente il<br />

Parlamento approvò la nuova legge elettorale. Il voto politico fu loro concesso nel 1918.<br />

In quel periodo, Virginia Woolf era impegnata tra le suffraggette inglesi, e stava operando<br />

nello sperimentare l’utilizzo dello stile del “flusso <strong>di</strong> coscienza”, che caratterizzò la sua<br />

innovativa scrittura. La prima grande vittoria femminista del 1918 la spronò a riflettere<br />

maggiormente riguardo la posizione sociale delle donne, e nelle sue opere successive<br />

(specialmente in “Una stanza tutta per sé” e “<strong>Le</strong> tre ghinee”, si vede approfon<strong>di</strong>to il tema<br />

della figura dominante dell'uomo nella storia contemporanea).<br />

Alcuni passi da “Una stanza tutta per sè”:<br />

“I remind you that there have been at least two colleges for women in existence in<br />

England since the year 1866; that after the year 1880 a married woman was allowed by<br />

law to possess her own property; and that in 1919—which is a whole nine years ago she<br />

was given a vote? May I also remind you that most of the professions have been open to<br />

you for close on ten years now?” (Vi ricorderò che che fin dal 1866 esistevano qui in<br />

Inghilterra almeno due collegi universitari per donne; che dopo il 1880 una donna sposata<br />

poteva, per legge, entrare in possesso dei propri posse<strong>di</strong>menti; e che nel 1919-cioè quasi<br />

<strong>di</strong>eci anni fa- le è stato concesso il voto. Debbo anche ricordarvi che da ben <strong>di</strong>eci anni vi è<br />

permesso <strong>di</strong> de<strong>di</strong>carvi a quasi tutte le professioni?)<br />

“Vi dovrei ricordare che molto <strong>di</strong>pende da voi, e che potrete esercitare un’immensa<br />

influenza sull’avvenire”<br />

“Poiché io credo che se viviamo ancora un altro secolo e riusciamo ad avere 500 sterline<br />

l’anno, ognuna <strong>di</strong> noi, ed una stanza propria (…), nascerà la poetessa.”<br />

Corre l’anno 2009, in televisione parla il premio Nobel Rita <strong>Le</strong>vi Montalcini, ora centenne.<br />

Non solo scienziato, senatrice, ma anche donna. Donna non madre <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>ni, non moglie<br />

<strong>di</strong> uomini, ma madre NGF (Nerve Growth Factor, per il quale è stata insignita del Nobel),<br />

moglie della scienza. La cui passione per essa ha generato pensiero, ragionamento.<br />

Se ora ci venisse a trovare, Virginia scoprirebbe che le donne possono andare anche senza<br />

accompagnatore in biblioteca, possono camminare sui prati ver<strong>di</strong>, possono bere vino<br />

bianco e rosso, la balia scarica il carbone, la fruttivendola guida una macchina, le donne<br />

sono ora ministre e premier,scienziate, romanziere e poetesse.<br />

Ma sono sicura che ci spronerebbe ancora ad andare avanti, a ricordarci dei successi<br />

ottenuti, e non demordere mai; perché quello che ci è stato dato, con tanta facilità ci potrà<br />

anche essere negato.<br />

179


Bibliografia:<br />

“Una stanza tutta per sé” Virginia Woolf<br />

“Virginia Woolf” e “Bloomsbury group” Wikipe<strong>di</strong>a<br />

Ludovica Calselli<br />

Liceo Classico Sperimentale ‘<strong>Bertrand</strong> <strong>Russell</strong>’ – Roma<br />

Anno Scolastico 2008- 2009 Classe IV B<br />

180


CLASSE IV E<br />

UNO SGUARDO AL FEMMINILE NELLE CORTI RINASCIMENTALI<br />

Battistini Giorgia<br />

Berti Anna<br />

Bovo Manuel<br />

Camilloni Alessandro<br />

Cecchetti Martina<br />

Colini Alessandro<br />

Creanza Kenny<br />

Curati Andrea De Pietro<br />

D’Ambrosio <strong>Le</strong>onardo<br />

D’Antoni Loris<br />

Fabbri Martina<br />

Lalla Emanuele<br />

Gallo Maurizio<br />

Mantini Marco<br />

Onorati Annalisa<br />

Pietrini Alessio<br />

Pollastri Gianluca<br />

Sabatini Monica<br />

Insegnante<br />

Prof.ssa Gabriella Scalisi<br />

MARIA BELLONCI<br />

182


UNO SGUARDO AL FEMMINILE NELLE CORTI RINASCIMENTALI<br />

MARIA BELLONCI<br />

183


INDICE<br />

<strong>Le</strong> <strong>ragioni</strong> <strong>di</strong> una scelta: “Rinascimento privato” e “Lucrezia Borgia” pag. 3<br />

Biografia <strong>di</strong> Maria Bellonci pag. 5<br />

Opere <strong>di</strong> Maria Bellonci pag. 7<br />

Altri scritti pag. 8<br />

Articoli su Maria Bellonci pag. 9<br />

Opere e saggi su Maria Bellonci pag. 12<br />

Traduzioni <strong>di</strong> Maria Bellonci pag. 13<br />

Premio Strega pag. 14<br />

La storia d’ Isabella d’Este pag. 16<br />

La storia <strong>di</strong> Lucrezia Borgia pag. 18<br />

Donne nel Rinascimento italiano pag. 23<br />

La donna e la politica oggi pag. 28<br />

La presenza delle donne nell’attuale governo pag. 32<br />

Dal romanzo al teatro pag. 34<br />

Lo stile dell’autrice: Lucrezia Borgia pag. 37<br />

Lo stile dell’autrice: Rinascimento Privato pag. 38<br />

Bibliografia pag. 40<br />

<strong>Le</strong> nostre riflessioni su Lucrezia Borgia pag. 41<br />

<strong>Le</strong> nostre riflessioni su Rinascimento privato pag. 46<br />

184


<strong>Le</strong> <strong>ragioni</strong> <strong>di</strong> una scelta: i romanzi Rinascimento privato e Lucrezia Borgia<br />

Nell’ambito del progetto che parte della classe ha svolto sul tema delle pari opportunità,<br />

abbiamo pensato, su proposta dell’insegnante <strong>di</strong> italiano, che potesse essere interessante<br />

<strong>di</strong>rigerci per le nostre abituali letture mensili su un testo che facesse riferimento ad una<br />

figura femminile del rinascimento, oggetto <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o nel corso <strong>di</strong> quest’anno scolastico.<br />

L’insegnante ci ha proposto la lettura <strong>di</strong> due romanzi <strong>di</strong> una scrittrice del novecento, Maria<br />

Bellonci: Rinascimento privato e Lucrezia Borgia. Ognuno <strong>di</strong> noi si è liberamente in<strong>di</strong>rizzato<br />

verso una delle due letture.<br />

Incentrato sulla figura <strong>di</strong> Isabella d'Este, Rinascimento Privato si rivela una vera e propria<br />

testimonianza storica della vita <strong>di</strong> un personaggio realmente esistito. Maria Bellonci ha<br />

evidentemente condotto stu<strong>di</strong> molto approfon<strong>di</strong>ti sulla vita <strong>di</strong> Isabella d'Este, sulla sua<br />

con<strong>di</strong>zione e più generalmente sulla con<strong>di</strong>zione della donna a quel tempo, quando una donna<br />

poteva salire al potere solo per un caso fortuito, in quanto non vi erano ere<strong>di</strong> maschi in<br />

grado <strong>di</strong> ere<strong>di</strong>tare il potere del padre.<br />

La trama è costruita su uno sfondo pieno <strong>di</strong> personaggi famosi: da <strong>Le</strong>onardo a Raffaello a<br />

Mantegna, da Machiavelli a Pico della Mirandola, da Boccaccio ad Ariosto a Giulio Romano.<br />

<strong>Le</strong>ggere questo romanzo è un po' come rivivere quell' epoca nella sfarzosa e raffinata vita <strong>di</strong><br />

corte culturalmente molto attiva. Possiamo scoprire gli aspetti caratteriali <strong>di</strong> alcuni<br />

personaggi storici che generalmente ci vengono presentati solo per quello che hanno fatto e<br />

non per come hanno vissuto. E’ proprio per questo motivi che il romanzo è interessante a<br />

livello <strong>di</strong>dattico: nel corso del racconto vengono presentati intellettuali, letterati, filosofi ed<br />

artisti rinascimentali che abbiamo stu<strong>di</strong>ato nelle varie <strong>di</strong>scipline scolastiche. Ciò che rende<br />

originale l’opera – che viene giu<strong>di</strong>cato il capolavoro <strong>di</strong> Maria Bellonci - è la messa in scena <strong>di</strong><br />

un personaggio del tutto inventato, il prete inglese Robert de la Pole, attraverso cui l’Autrice<br />

descrive i segreti più intimi, appunto privati, <strong>di</strong> Isabella d’Este, innamorata del prete, ed<br />

insieme ci fa conoscere grazie alle lettere da lui inviatele la situazione europea , il pensiero <strong>di</strong><br />

Erasmo da Rotterdam e <strong>di</strong> Lutero.<br />

L' opera induce inoltre ad una riflessione sulla con<strong>di</strong>zione della donna nell'ambito sociale e<br />

politico e ci porta spontaneamente ad un confronto con la con<strong>di</strong>zione femminile attuale,<br />

specie per quanto attiene ai ruoli politici.<br />

Centrale è la riflessione sulla con<strong>di</strong>zione femminile anche nell’altra opera<br />

della scrittrice, Lucrezia Borgia. Qui è ben visibile come il destino delle donne , soprattutto<br />

quelle che si trovano all'apice della struttura sociale, sia manovrato da persone a loro vicine.<br />

Lucrezia , infatti, soggiogata dal potere del padre e del fratello vive una vita, a nostro<br />

giu<strong>di</strong>zio, priva <strong>di</strong> <strong>di</strong>gnità, nel corso della quale –come ci fa intendere Bellonci - non prenderà<br />

decisioni perché non è un uomo.<br />

Ci sarà , secondo l’Autrice una possibilità <strong>di</strong> rivalsa personale solo alla fine, dopo la morte del<br />

fratello. Questa chiara <strong>di</strong>sparità tra i due sessi ci ha fatto riflettere sulle molteplici<br />

<strong>di</strong>suguaglianze presenti anche nel mondo o<strong>di</strong>erno, ma ci ha anche fatto riflettere sui gran<strong>di</strong><br />

passi che sono stati compiuti.<br />

Lucrezia Borgia è presentata dall’Autrice come donna vittima del potere, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong><br />

Isabella d’Este che possiamo definire donna <strong>di</strong> potere, protagonista, anche se per circostanze<br />

del tutto eccezionali del proprio tempo. In questo romanzo come in Rinascimento privato, è<br />

presente un’accurata descrizione storica del clima culturale del tempo. Anche qui, la scrittrice<br />

scruta lo svolgersi degli avvenimenti seguendo la tensione emotiva, le attese e le paure dei<br />

protagonisti <strong>di</strong> quella storia: non per questo sono meno presenti i gran<strong>di</strong> temi come quello del<br />

potere temporale del Papa e le questioni che travagliavano il mondo cattolico in uno dei<br />

185


momenti più agitati della sua storia.<br />

In entrambi i romanzi vengono trattati gli argomenti dell’educazione dei figli e viene dato<br />

molto spazio alla mentalità utilitaristica dei governanti, che non esitano a rendere infelici i<br />

figli pur <strong>di</strong> combinare matrimoni d’interesse politico. Numerosi anche qui sono i riferimenti a<br />

personaggi tratti dalla storia dell’Italia del cinquecento, tra cui centrali sono oltre la<br />

protagonista, le figure <strong>di</strong> Alessandro VI, Giulia Farnese,Cesare Borgia. Soprattutto il<br />

riferimento a quest’ultimo è stato per noi molto importante poiché la sua vita ha ispirato<br />

Machiavelli nella creazione del Principe , opera largamente trattata nel corso <strong>di</strong> quest'anno<br />

scolastico.<br />

Senza <strong>di</strong>menticare nelle sue opere il proprio “ io” <strong>di</strong> donna e scrittrice del novecento la cui<br />

arte è tesa ad una rielaborazione storica “dal <strong>di</strong> dentro “ dei personaggi, soprattutto quelli<br />

femminili, Maria Bellonci unisce al gusto per l’analisi psicologica dei personaggi la rigorosa<br />

ricerca documentaria e questo elemento non poteva non ricordarci Manzoni e le nostre<br />

considerazioni sugli aspetti storici del romanzo. A questo proposito abbiamo trovato<br />

interessante quanto <strong>di</strong>ce il critico Pampaloni: Nel mirabile chiaroscuro nel quale l’autore dei<br />

Promessi Sposi irretisce le <strong>ragioni</strong> contrastanti e intrecciate della storia, della fantasia e della<br />

verità, s’intravede già ciò che la moderna sensibilità della scrittrice avrebbe per suo conto<br />

intuito. Nella sua prosa il romanzo sottosta al documento storico, o meglio è insito in esso,<br />

ne scaturisce, non gli si sovrappone al modo <strong>di</strong> un’integrazione, <strong>di</strong> un’aggiunta drogata <strong>di</strong><br />

“bello”. Anche per la scrittrice potrebbe valere, sempre secondo il citato critico, la formula<br />

manzoniana: “ Congetturando, come raccontando, mira sempre al reale: là è la sua unità”.<br />

186<br />

Anna Berti<br />

Alessandro Colini<br />

Emanuele Lalla


Biografia <strong>di</strong> Maria Bellonci<br />

Di origine piemontese, Maria Bellonci nasce a Roma il 3 Novembre 1902. La memoria del<br />

“favoloso” nonno <strong>di</strong> Villavecchia e del padre Girolamo Vittorio sono legate all’avita <strong>di</strong>mora <strong>di</strong><br />

Solero, nella campagna circostante Alessandria, pene <strong>di</strong> carte napoleoniche. E così spesso<br />

Maria Bellonci <strong>di</strong>ceva <strong>di</strong> “sentir <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> sé un nonno che avrebbe avuto oggi centosettanta<br />

anni”, davvero un record.<br />

Da piccola Maria stu<strong>di</strong>a nel collegio romano delle monache <strong>di</strong> Never a Trinità dei Monti. È<br />

considerata un’allieva ribelle (rifiutava selvaggiamente i compiti <strong>di</strong> cucito) e, tuttavia, amante<br />

e pre<strong>di</strong>letta.<br />

Compiuti gli stu<strong>di</strong> classici, Maria si fidanza con Goffredo Bellonci, giornalista <strong>di</strong> fama e<br />

affermato letterato: “la mia gioia è andar via con Goffredo per le vie e per le piazze <strong>di</strong> Roma<br />

senza esser legata da nulla che non sia vero amore”. Per Maria, Goffredo non è soltanto<br />

l’uomo del cuore, ma con dolcezza e saggezza il magister. Sotto la statua <strong>di</strong> “Apollo e Dafne”<br />

<strong>di</strong> Bernini, Goffredo “chiede la mano” a Maria Villavecchia.<br />

Il matrimonio avviene l’11 agosto 1928 in S. Maria degli Angeli: “per mano del car<strong>di</strong>nale<br />

Luci<strong>di</strong>, nella cappella della Madonna della neve ornata <strong>di</strong> mirto del Palatino”<br />

Dopo il matrimonio matura in lei la vocazione <strong>di</strong> scrittrice. La scoperta <strong>di</strong> un tempo<br />

agostiniano la spinge all’indagine sul passato: nasce il suo amore per il Rinascimento, per le<br />

corti italiane, mondo <strong>di</strong> cui Maria rivela lucidamente i segreti e gli inganni. Esce così, nel<br />

1939, Lucrezia Borgia. La freschezza dello stile della giovine scrittrice ci restituisce una<br />

Lucrezia “temeraria”, pienamente moderna nel suo carattere contrad<strong>di</strong>ttorio.<br />

Lo stesso anno ottiene il Premio Viareggio. Il successo <strong>di</strong>lagante del libro (sette e<strong>di</strong>zioni<br />

italiane più moltissime traduzioni nelle maggiori lingue straniere) sorprende l’autrice stessa.<br />

1944. <strong>Le</strong>tterati, giornalisti, critici e poeti si riuniscono nell’appartamento <strong>di</strong> Maria e Goffredo<br />

in Viale Liegi 42 a Roma, attratti dalla personalità dei padroni <strong>di</strong> casa. Da questi incontri<br />

Goffredo e Maria daranno vita nel 1947, col sostegno <strong>di</strong> un giovane industriale lungimirante,<br />

Guido Alberti, al Premio Strega, frutto <strong>di</strong> un sodalizio tra compagni <strong>di</strong> strada.<br />

Esce in quello stesso anno, de<strong>di</strong>cato a Goffredo, Segreti <strong>di</strong> Gonzaga. Nell’orgoglio <strong>di</strong>nastico<br />

della nobile famiglia mantovana, la scrittrice vede una metafora del potere e della sua<br />

caducità, nel destino dei personaggi un istinto unito e irresistibile attrazione <strong>di</strong> morte.<br />

1951. Nel nuovo appartamento dei Bellonci, in Via Fratelli Ruspoli 2, si svolgono le riunioni<br />

letterarie del Premio Strega. La casa, destinata a <strong>di</strong>ventare storica, non è proprio grande:<br />

due terrazze la prolungano a levante e ponente. La folla dei visitatori si sparge negli ambienti<br />

dai molti libri che devono la loro eleganza alla loro semplicità e all’austerità quasi da<br />

biblioteca. In ogni stanza la padrona <strong>di</strong> casa vuole fiori e tende fragranti.<br />

Nel 1964, muore Goffredo Bellonci. Maria “folgorata”, “sommersa dall’ira”, s’impegna a<br />

tenere in pie<strong>di</strong> a Venezia l’Istituto per la Storia del Teatro, cui il marito aveva de<strong>di</strong>cato le sue<br />

ultime forze.<br />

1965. Esce “Pubblici segreti”: né <strong>di</strong>ario né raccolta <strong>di</strong> elzeviri, affronta in modo privato e<br />

confessionale argomenti <strong>di</strong> grande impegno sociale spesso legati al mondo femminile, non<br />

senza apertura sul vissuto giornalierio. Vi circola la vita, con le piccole gioie, i rimpianti e i<br />

<strong>di</strong>singanni. Maria vive una fase della sua esistenza molto attiva: è presidente del Pen Club,<br />

collabora al Messaggero e alla RAI, scrive numerose riviste.<br />

Fra gli amici che continuano a riunirsi nella sua casa è una sovrana capricciosa, timida, anche<br />

se la timidezza è quasi sempre vinta: acuta osservatrice, deliziosa amica, nobile e generosa<br />

senza confronti. Nel 1971 pubblica “Come un racconto gli anni del Premio Strega”, nel quale<br />

rievoca il primo sodalizio degli Amici della Domenica con la malinconia <strong>di</strong> un mondo mutato.<br />

187


1972. Pubblica, sperimentando un nuova tecnica narrativa, “Tu vipera gentile”: tre lunghi<br />

racconti <strong>di</strong> ambito rinascimentale uniti dal filo conduttore del delitto <strong>di</strong> Stato, dal potere che<br />

mentre fa le sue prove <strong>di</strong> aggregazione e <strong>di</strong> invenzione del governo degli uomini, devia dalla<br />

sua stessa moralità e usa la forza per <strong>di</strong>sgregare la vita umana nella naturalezza dei<br />

sentimenti.<br />

Nel 1980 la RAI trarrà da “Delitto <strong>di</strong> Stato”, uno dei tre romanzi che compongono il libro,<br />

l’omonimo sceneggiato per la regia <strong>di</strong> Gianfranco De Bosio.<br />

Molti dolori colpiscono la vita <strong>di</strong> Maria negli anni che seguono. La morte della sorella Gianna,<br />

quella degli amici più cari, Guido Piovene, Vittorio Sereni, Anna Banti, Elsa Morante, Italo<br />

Calvino. Per non sentire troppo acutamente l’angoscia, la Bellonci opera quasi una rimozione<br />

del dolore, una sospensione del pensiero, un esorcismo, e continua la vita <strong>di</strong> sempre, forse<br />

con qualche sforzo, sempre più de<strong>di</strong>ta al lavoro.<br />

Nel 1982 dà alle stampe il “Milione” <strong>di</strong> Marco Polo, un faticoso lavoro <strong>di</strong> ricostruzione del<br />

testo originale. Traduce a letto appena sveglia, appoggiata ai cuscini tra co<strong>di</strong>ci e <strong>di</strong>zionari,<br />

impegnando le prime energie della giornata.<br />

Al “Milione” si aggiunge ben presto il “Marco Polo”, breve romanzo sulla vita del viaggiatore<br />

veneziano con cui Maria ha l’impressione <strong>di</strong> avere quasi un rapporto me<strong>di</strong>atico. Il libro esce<br />

in concomitanza con il kolossal televisivo del regista Giuliano Montaldo.<br />

Dal 1983 al 1985, si de<strong>di</strong>ca alla stesura <strong>di</strong> un grande romano a cui pensa da molti anni.<br />

Immenso e febbrile il lavoro a cui la Bellonci si sottopone domandandosi se riuscirà a<br />

portarlo a termine. Quello che sarà il suo ultimo libro esce nell’autunno del 1985:<br />

“Rinascimento privato” racconta la vicenda <strong>di</strong> un’ anima, p il testamento dell’autrice nella sua<br />

maturità.<br />

Il libro vede la luce e Maria si ammala. Ai me<strong>di</strong>ci che la ricoverano chiede un anno, due anni<br />

<strong>di</strong> vita per scrivere un’altra storia a cui pensa ossessivamente da tempo. Quella <strong>di</strong><br />

Vespasiano Gonzaga.<br />

Il pomeriggio del 13 maggio 1986 muore e viene sepolta ad Alessandria nella cappella<br />

Villavecchia.<br />

www.narrarelastoria.com<br />

188<br />

Kenny Creanza


Opere <strong>di</strong> Maria Bellonci<br />

• Lucrezia Borgia, la sua vita e i suoi tempi.Milano, Mondadori, ''<strong>Le</strong> Scie ''1939, 1952(9).<br />

• Lucrezia Borgia, 1a ed. Oscar Mondadori, 1979, con introduzione <strong>di</strong> Alcide Paolini; 1a<br />

ed.Oscar<br />

• biografie 1983 ; 3a rist. 1988 ; 1a ed. Oscar narrativa 1989.<br />

• Segreti dei Gonzaga, Milano, Mondadori, ''<strong>Le</strong> scie '', 1947, 1947(3). 1a ed. Oscar<br />

Mondadori,<br />

• 1979; 7a rist. Oscar narrativa, 1990; 1a ed. Oscar classici moderni 1991.<br />

• Milano viscontea, Torino, E<strong>di</strong>zioni Ra<strong>di</strong>o Italiana, 1956.<br />

• Pubblici segreti, Milano, Mondadori, Quaderni dei Narratori Italiani, 1965. Ora Pubblici<br />

segreti<br />

• Piccolo romanzo <strong>di</strong> Dorotea Gonzaga, E<strong>di</strong>zioni scolastiche Mondadori 1968.<br />

• Come un racconto gli anni del premio Strega, Milano, Club degli e<strong>di</strong>tori, 1969. Poi Io e<br />

il premio Strega, Milano, Mondadori, 1987. 1a ed. Oscar attualità 1987, prefazione <strong>di</strong><br />

Fernanda Pivano.<br />

• Tu vipera gentile, Milano, Mondadori, 1972. 1a ed. Oscar Mondadori 1977; 7a rist.<br />

Oscar narrativa 1990, saggio introduttivo <strong>di</strong> Geno Pampaloni.<br />

• Delitto <strong>di</strong> Stato. Milano, Mondadori. 1981.<br />

• Il Milione (scritto in italiano da Maria Bellonci), Torino, ERI E<strong>di</strong>zioni Rai. 1982, a cura<br />

<strong>di</strong> Giovanna Pastore, collaborazione per le ricerche <strong>di</strong> Anna Maria Rimoal<strong>di</strong>,<br />

introduzione <strong>di</strong> Maria Bellonci.<br />

• Marco Polo, Torino, ERI-E<strong>di</strong>zioni RAI, 1982. Poi Milano, Rizzoli 1984, 1989. 1a ed. BUR<br />

1989, collaborazione per le ricerche <strong>di</strong> Anna Maria Rimoal<strong>di</strong>, saggio introduttivo <strong>di</strong><br />

Maria Bellonci (Universalità del linguaggio nel ''Milione''<strong>di</strong> Marco Polo) e Sei domande a<br />

Maria Bellonci.<br />

• Rinascimento privato, Milano, Mondadori, Scrittori italiani e stranieri 1985. 1a ed.<br />

Oscar narrativa 1989, introduzione <strong>di</strong> Geno Pampaloni.<br />

• Segni sul muro, Mlano, Mandadori, Scrittori italiani e stranieri 1988. 1a ed. Oscar<br />

narrativa 1991, introduzione <strong>di</strong> Geno Pampaloni.<br />

• Pubblici segreti n.2,Milano, Mondadori, Scrittori italiani e stranieri 1989.<br />

189


Altri scritti<br />

In Il Popolo <strong>di</strong> Roma, rubrica ''L'altra metà '', dal 14 luglio 1929 al 31 agosto 1930<br />

Julie de <strong>Le</strong>spinasse e Jacques de Guibert, in Storie d'amore, Torino, E<strong>di</strong>zioni Ra<strong>di</strong>o Italiana,<br />

1950. Ristampato col titolo Troppo amore in Segni sul muro, Milano, Mondadori 1988.<br />

Beatrice e Isabella d'Este, in AA.VV. Il Rinascimento, a cura della redazione del ''Horizon<br />

Magazine'', Milano, Feltrinelli 1961, pp.361-368. (Titolo originale: The Horizon Book of the<br />

Renaissance).<br />

Aquileia <strong>di</strong>etro una cortina <strong>di</strong>pinta, Venezia, 1970<br />

Maria Bellonci/ Lucrezia Borgia in AA.VV. Nuove interviste impossibili, Milano, Bompiani 1976.<br />

Stampa Gaspara, Rime, introduzione <strong>di</strong> Maria Bellonci, Milano, Biblioteca Universale Rizzoli<br />

1976.<br />

In Mantegna Andrea, L'Opera completa del Mantegna, Il ''solenne maestro '', presentazione<br />

<strong>di</strong> Maria Bellonci, Milano, Classici dell'arte Rizzoli, 1967.<br />

I Visconti a Milano, testi <strong>di</strong> Maria Bellonci, Gian Alberto Dell'acqua, Carlo Perogalli, Milano,<br />

Cariplo 1977.<br />

190<br />

Alessandro Camilloni


Articoli su Maria Bellonci, Interviste con Maria Bellonci<br />

• Altichieri G., in Il Giornale <strong>di</strong> Brescia, 16 gennaio 1973.<br />

• Amoroso G., in La Gazzetta del Sud, 24 <strong>di</strong>cembre 1985.<br />

• Bacchelli R., in Il Corriere della sera, 22 luglio 1948.<br />

• Bacchelli R., in Il Corriere della sera, 10 gennaio 1961<br />

• Baldacci L., in Epoca, 7 gennaio 1973.<br />

• Baldacci L., in Il Giornale Nuovo, 12 febbraio 1975<br />

• Beer M., in Rinascita, 1 febbraio 1986.<br />

• Bertacchini R., in Stu<strong>di</strong>um, marzo 1972.<br />

• Bertacchini R., in Messaggero Veneto, 16 <strong>di</strong>cembre 1988.<br />

• Bigiaretti L., in La Fiera letteraria, 10 luglio 1947.<br />

• Bonanate M., in Il Nostro Tempo, 11 maggio 1986.<br />

• Bonura G., in Avvenire, 15 maggio 1986.<br />

• Branca V., in Il Corriere della sera, 2 gennaio 1986.<br />

• Branca V., in Il Messaggero, 15 gennaio 1989.<br />

• Carretta R., in Epoca, 1 novembre 1985.<br />

• Castelli F., in Civiltà Cattolica, 20 aprile 1973<br />

• Cattabiani A., in IL Tempo, 21 novembre 1985.<br />

• Cattabiani A.,in Il Sabato, 24 <strong>di</strong>cembre 1988.<br />

• Cattaneo G., in La Repubblica, 5 novembre 1988.<br />

• Congiu G., in XXI Secolo, 13 <strong>di</strong>cembre 1985.<br />

• Crovi R., in Il Giorno , 24 novembre 1985.<br />

• Crovi R., in Domenica del Corriere, 18 gennaio 1986.<br />

• Crovi R., in Italia Oggi, 19 <strong>di</strong>cembre 1988.<br />

• Dallamano P., in Paese Sera-Libri, 16 ottobre 1965.<br />

• Dallamano P., in Paese Sera-Libri, 26 gennaio 1973.<br />

• Dallamano P., in Paese Sera-Libri, 10 gennaio 1975<br />

• Debenedetti A., in Corriere della Sera, 22 maggio 1985.<br />

• Debenedetti G., in l'Unità, 6 marzo 1948.<br />

• De Feo I., in Ra<strong>di</strong>ocorriere, 11-17 febbrio 1973.<br />

• De <strong>Le</strong>o M., in Noi Donne, gennaio 1989.<br />

• De Michelis C., in Il Gazzettino, 11 gennaio 1986.<br />

• De Michelis C., in Penthouse, aprile 1986.<br />

• De Sanctis G., in Il Messaggero, 6 luglio 1971.<br />

• Del Re G., in Il Messaggero, 29 ottobre 1974.<br />

• Desiato L., in Il Popolo, 29 novembre 1988.<br />

• Durante R., in Quoti<strong>di</strong>ano <strong>di</strong> <strong>Le</strong>cce, 15 maggio 1986.<br />

• Emanuelli E., in l' Europeo, 29 giugno 1947.<br />

• Flury Nencini B., in Corriere del Tirreno, 1 <strong>di</strong>cembre 1939.<br />

• Francia E., in Il Popolo, 15 agosto 1956.<br />

• Gabrieli F., in Il Messaggero, 4 ottobre 1956.<br />

• Garofalo A., in Paese Sera-Libri, 22 luglio 1961.<br />

• Gatto A., in Panorama, agosto 1939.<br />

• Gianessi F., in Il Giorno, 17 gennaio 1973.<br />

• Giovannini E., in Cosmopolitan, <strong>di</strong>cembre 1974.<br />

• Gigli L., in Gazzetta del Popolo, 14 agosto 1939.<br />

• Gracci V., in Sette giorni nel Veneto, 16 gennaio 1973.<br />

• Grillan<strong>di</strong> M., in Realtà del Mezzogiorno, gennaio-febbraio 1972<br />

191


• Grisi F., in Idea, gennaio-febbraio 1986.<br />

• Landolfi I., in Il Giornale, 8 gennaio 1989.<br />

• Langella R., in Voce Repubblicana, 26 gennaio 1989.<br />

• Licinio Galati F., in La Provincia, 20 febbraio 1986.<br />

• Lisiani V., in La Notte, 17 gennaio 1973.<br />

• Lo<strong>di</strong> C., in Gazzetta <strong>di</strong> Carpi, 20 novemre 1985.<br />

• Luisi L., in Il Gazzettino, 3 <strong>di</strong>cembre 185.<br />

• Mannoni F., in L'Unione Sarda, 24 gennaio 1986<br />

• Marabini C., in La Nazione, 31 marzo 1973.<br />

• Marchetti G., in Gazzetta <strong>di</strong> Parma, 5 <strong>di</strong>cembre 1985.<br />

• Mattei L., in Il Secolo d'Italia, 16 febbraio 1986.<br />

• Mauro W., in Gazzetta <strong>di</strong> Parma, 12 gennaio 1973.<br />

• Mauro W., in Gazzetta del Popolo, 17 gennaio 1973<br />

• Mauro W., in Unione Sarda, 27 gennaio 1973.<br />

• Mauro W., in Il Popolo, 4 febbraio 1975.<br />

• Mauro W., in Gazzetta del Mezzogiorno, 6 <strong>di</strong>cembre 1985<br />

• Mauro W., in Il Mattino, 14 novembre 1985.<br />

• Milano P., in L'Espresso, 25 febbraio 1973.<br />

• Miscia E., in La Fiera letteraria, 20 giugno 1971.<br />

• Miscia E., in IL Settimanale, 15 marzo 1975.<br />

• Mondo L., in La Stampa, 2 febbraio 1973.<br />

• Nar<strong>di</strong> G., in La Nazione, 17 luglio 1986.<br />

• Palumbo N., in Unione Sarda, 11 marzo 1972.<br />

• Palumbo N., in Il Piccolo, 16 aprile 1972.<br />

• Palumbo N., in La Gazzetta del Mezzogiorno, 21 febbraio 1973.<br />

• Pampaloni G., in Il Corriere della Sera, 4 febbraio 1973<br />

• Pedullà W., in Avanti!, 14 ottobre 1965.<br />

• Petrignani S., in Il Messaggero, 16 settembre 1983.<br />

• Petrignani S., in Il Messaggero, 21 febbraio 1986.<br />

• Piovene G., in L'Espresso, 29 agosto 1965.<br />

• Ponti H., in Epoca, 4 luglio 1986.<br />

• Prescott O., in The Times, 17 <strong>di</strong>cembre 1956.<br />

• Prosperi G., in Il Giornale d'Italia, 2-3 agosto 1947.<br />

• Prosperi G., in Gazzetta del Popolo, 5 settembre 1947.<br />

• Rasy E., in Panorama, 3 novembre 1985.<br />

• Ria A., in Corriere del Ticino, 20 <strong>di</strong>cembre 1985, (si tratta <strong>di</strong> un'intervista ad Umberto<br />

Eco su Rinascimento privato).<br />

• Santagostini M., in L'Unità, 27 marzo 1986.<br />

• Satta L., in Il Giornale, 23 febbraio 1986.<br />

• Satta L., in Il Giornale, 22 gennaio 1989.<br />

• Savoia Maria G., in La Gazzetta <strong>di</strong> Mantova, 3 agosto 1985.<br />

• Scaltriti G., in Realtà Politica, 3 marzo 1973.<br />

• Schippisi R., in Libertà, 22 novembre 1988.<br />

• Serri M., in La Stampa, 22 febbraio 1986.<br />

• Sgorlon C., in Il Resto del Carlino, 23 <strong>di</strong>cembre 1985.<br />

• Shalmanese J., in Corriere Padano, 20 gennaio 1989.<br />

• Siciliano E., in Il Mondo, 8 febbraio 1973.<br />

• Silvestri G., in L'Arena, 14 gennaio 1973.<br />

• Stajano C., in Tempo, 4 aprile 1973.<br />

192


• Stecher G., in La Gazzetta del Sud, 25 maggio 1986.<br />

• Stefanile M., in Il Mattino, 31 maggio 1939.<br />

• Tagliarini C., in Il Giornale d'Italia, 7 luglio 1971.<br />

• Talarico V., in Momento Sera, 24 giugno 1971.<br />

• Truzzi A., Il Giornale <strong>di</strong> Vicenza, 30 gennaio 1986.<br />

• Vaccari L., Il Messaggero, 27 ottobre 1985.<br />

• Vandano B., in Epoca, 31 <strong>di</strong>cembre 1961.<br />

• Vigorelli G., in Il Tempo, 4 settembre 1965 (?).<br />

• Villari L., in La Repubblica, 5 <strong>di</strong>cembre 1985<br />

• Vir<strong>di</strong>a F., in La Fiera <strong>Le</strong>tteraria, 22 gennaio 1961.<br />

• Vir<strong>di</strong>a F., in La Fiera letteraria, 7 gennaio 1973.<br />

193<br />

Alessandro Camilloni


OPERE E SAGGI SU MARIA BELLONCI<br />

• Branca Vittore, voce Maria Bellonci, in Dizionario critico della letteratura italiana, I,<br />

Torino, 2a ed. 1986, pp. 254-255.<br />

• Debenedetti Giacomo, Maria Bellonci, con una presentazione <strong>di</strong> M. Forti, (per gentile<br />

concessione <strong>di</strong> Renata Debenedetti), Milano 1980.<br />

• In AA.VV., Narratori italiani del Secondo Novecento, a cura <strong>di</strong> Giorgio Luti, Roma, La<br />

Nuova Italia Scientifica 1985, p. 27-28.<br />

• Forti Marco, in Prosatori e narratori del Novecento italiano, Civiltà letteraria del<br />

Novecento, Milano, Mursia, 1984, pp.135-140. (Da ''Paragone'', n.276, febbraio 1973).<br />

• Grillan<strong>di</strong> Massimo, Invito alla lettura <strong>di</strong> Maria Bellonci, Milano, Mursia, 1983.<br />

• Pampaloni Geno, in Storia della letteratura italiana, II, Il Novecento, Garzanti, 1987,<br />

pp.656-657.<br />

• Pautasso Sergio, nella sezione ''<strong>Le</strong>tteratura'' dell'Annuario Rizzoli, 1986, p.409.<br />

• Petrignani Sandra, in <strong>Le</strong> signore della scrittura, interviste, Milano, La Tartaruga, 1984,<br />

pp.49-56.<br />

• Ragni Eugenio, in Stu<strong>di</strong> romani, 1985 (ora in Roma nella narrativa italiana<br />

contemporanea: incontri letture umori 1973-1987, Roma, Nuova E<strong>di</strong>trice Spada,<br />

1988.)<br />

194<br />

Alessandro Camilloni


Traduzioni <strong>di</strong> Maria Bellonci<br />

• Dumas Alessandro, I tre moschettieri, Firenze, Giunti<br />

• Stendhal, Vanina Vanini e altre cronache italiane, (prefazione <strong>di</strong> Maria Bellonci),<br />

Milano, Mondadori 1961. (Da Chroniques italiennes. Contiene: La duchessa <strong>di</strong> Paliano,<br />

Vittoria Accoramboni, I Cenci, San Francesco a Ripa, Vanina Vanini.)<br />

• Verne Jules, Viaggio al centro della terra, Firenze, Giunti Marzocco 1983.<br />

• Zola Emile, La curèe, (introduzione <strong>di</strong> Maria Bellonci), Milano, Club degli E<strong>di</strong>tori 1973.<br />

(Titolo originale dell'opera La curèe)<br />

• Zola Emile, Nanà, Firenze, Sansoni 1965, 1969, poi Milano, Biblioteca Universale<br />

Rizzoli 1981, 4a ed. 1993. (Titolo originale dell'opera: Nana)<br />

195<br />

Alessandro Camilloni


Premio Strega<br />

Il Premio Strega è un riconoscimento che viene assegnato annualmente a un libro e<strong>di</strong>to in<br />

Italia tra il 1º maggio dell'anno precedente e il 30 aprile dell'anno in corso. Dal 1983 è<br />

organizzato e gestito dalla Fondazione Bellonci.<br />

Il Premio è stato istituito nel 1947 all'interno del salotto letterario <strong>di</strong> Maria e Goffredo<br />

Bellonci, con il contributo <strong>di</strong> Guido Alberti, proprietario dell'omonima casa produttrice del<br />

liquore al quale il premio è intitolato e che ancora sponsorizza la manifestazione. Nel<br />

dopoguerra, il salotto Bellonci e il Premio rappresentavano il primo tentativo culturale <strong>di</strong><br />

tornare ad una normalità comunitaria <strong>di</strong> persone e <strong>di</strong> idee.<br />

Inizialmente erano i suoi frequentatori, chiamati Amici della Domenica, ad eleggere il<br />

vincitore del Premio. Dopo la morte dei coniugi Bellonci, la scelta del vincitore fu affidata ad<br />

un gruppo <strong>di</strong> 400 persone (coloro che compongono la giuria vengono ancora chiamati Amici<br />

della Domenica) che fanno parte del mondo culturale e che in due tornate definiscono i<br />

finalisti del Premio (scegliendo fra i titoli proposti dagli stessi 400 giurati, ogni titolo deve<br />

avere almeno il supporto <strong>di</strong> 2 giurati) e successivamente il vincitore.<br />

Albo dei vincitori:<br />

1947 - Ennio Flaiano, Tempo <strong>di</strong> uccidere - Longanesi<br />

1948 - Vincenzo Cardarelli, Villa Tarantola - Meri<strong>di</strong>ana<br />

1949 - Giovanni Battista Angioletti, La memoria - Bompiani<br />

1950 - Cesare Pavese, La bella estate - Einau<strong>di</strong><br />

1951 - Corrado Alvaro, Quasi una vita - Bompiani<br />

1952 - Alberto Moravia, I racconti - Bompiani<br />

1953 - Massimo Bontempelli, L'amante fedele - Mondadori<br />

1954 - Mario Soldati, <strong>Le</strong>ttere da Capri - Garzanti<br />

1955 - Giovanni Comisso, Un gatto attraversa la strada - Mondadori<br />

1956 - Giorgio Bassani, Cinque storie ferraresi - Einau<strong>di</strong>; Elémire Zolla, Minuetto all'inferno -<br />

Einau<strong>di</strong><br />

1957 - Elsa Morante, L'isola <strong>di</strong> Arturo - Einau<strong>di</strong><br />

1958 - Dino Buzzati, Sessanta racconti - Mondadori<br />

1959 - Giuseppe Tomasi <strong>di</strong> Lampedusa, Il gattopardo - Feltrinelli<br />

1960 - Carlo Cassola, La ragazza <strong>di</strong> Bube - Einau<strong>di</strong><br />

1961 - Raffaele La Capria, Ferito a morte - Bompiani<br />

1962 - Mario Tobino, Il clandestino - Mondadori<br />

1963 - Natalia Ginzburg, <strong>Le</strong>ssico famigliare - Einau<strong>di</strong><br />

1964 - Giovanni Arpino, L'ombra delle colline - Mondadori<br />

1965 - Paolo Volponi, La macchina mon<strong>di</strong>ale - Garzanti<br />

1966 - Michele Prisco, Una spirale <strong>di</strong> nebbia - Rizzoli<br />

1967 - Anna Maria Ortese, Poveri e semplici - Vallecchi<br />

1968 - Alberto Bevilacqua, L'occhio del gatto - Rizzoli<br />

1969 - Lalla Romano, <strong>Le</strong> parole tra noi leggere - Einau<strong>di</strong><br />

1970 - Guido Piovene, <strong>Le</strong> stelle fredde - Mondadori<br />

1971 - Raffaello Brignetti, La spiaggia d'oro - Rizzoli<br />

1972 - Giuseppe Dessì, Paese d'ombre - Mondadori<br />

1973 - Manlio Cancogni, Allegri, gioventù - Rizzoli<br />

1974 - Guglielmo Petroni, La morte del fiume - Mondadori<br />

1975 - Tommaso Landolfi, A caso - Rizzoli<br />

196


1976 - Fausta Cialente, <strong>Le</strong> quattro ragazze Wieselberger - Mondadori<br />

1977 - Fulvio Tomizza, La miglior vita - Rizzoli<br />

1978 - Fer<strong>di</strong>nando Camon, Un altare per la madre - Garzanti<br />

1979 - Primo <strong>Le</strong>vi, La chiave a stella - Einau<strong>di</strong><br />

1980 - Vittorio Gorresio, La vita ingenua - Rizzoli<br />

1981 - Umberto Eco, Il nome della rosa - Bompiani<br />

1982 - Goffredo Parise, Sillabario n.2 - Mondadori<br />

1983 - Mario Pomilio, Il Natale del 1833 - Rusconi<br />

1984 - Pietro Citati, Tolstoj - Longanesi<br />

1985 - Carlo Sgorlon, L'armata dei fiumi perduti - Mondadori<br />

1986 - Maria Bellonci, Rinascimento privato - Mondadori<br />

1987 - Stanislao Nievo, <strong>Le</strong> isole del para<strong>di</strong>so - Mondadori<br />

1988 - Gesualdo Bufalino, <strong>Le</strong> menzogne della notte - Bompiani<br />

1989 - Giuseppe Pontiggia, La grande sera - Mondadori<br />

1990 - Sebastiano Vassalli, La chimera - Einau<strong>di</strong><br />

1991 - Paolo Volponi, La strada per Roma - Einau<strong>di</strong><br />

1992 - Vincenzo Consolo, Nottetempo, casa per casa - Mondadori<br />

1993 - Domenico Rea, Ninfa plebea - <strong>Le</strong>onardo<br />

1994 - Giorgio Montefoschi, La casa del padre - Bompiani<br />

1995 - Mariateresa Di Lascia, Passaggio in ombra - Feltrinelli<br />

1996 - Alessandro Barbero, Bella vita e guerre altrui <strong>di</strong> Mr. Pyle, gentiluomo - Mondadori<br />

1997 - Clau<strong>di</strong>o Magris, Microcosmi - Garzanti<br />

1998 - Enzo Siciliano, I bei momenti - Mondadori<br />

1999 - Dacia Maraini, Buio - Rizzoli<br />

2000 - Ernesto Ferrero, N. - Einau<strong>di</strong><br />

2001 - Domenico Starnone, Via Gemito - Einau<strong>di</strong><br />

2002 - Margaret Mazzantini, Non ti muovere - Mondadori<br />

2003 - Melania G. Mazzucco, Vita - Rizzoli<br />

2004 - Ugo Riccarelli, Il dolore perfetto - Mondadori<br />

2005 - Maurizio Maggiani, Il viaggiatore notturno - Feltrinelli<br />

2006 - Sandro Veronesi, Caos Calmo - Bompiani (la Costituzione Italiana conquista il "Premio<br />

Strega Speciale")<br />

2007 - Niccolò Ammaniti, Come Dio comanda - Mondadori.<br />

2008 - Paolo Giordano, La solitu<strong>di</strong>ne dei numeri primi – Mondadori<br />

www.wikipe<strong>di</strong>a.org<br />

197<br />

Loris D’Antoni


La storia <strong>di</strong> Isabella d’Este<br />

Isabella d'Este nacque a Ferrara il 18 maggio 1474. Fu una delle donne più importanti del<br />

Rinascimento e del mondo culturale italiano del suo tempo. Infatti, spesso è citata<br />

semplicemente come la Primadonna del Rinascimento.<br />

Figlia <strong>di</strong> Ercole I d'Este, duca <strong>di</strong> Ferrara, e <strong>di</strong> Eleonora d'Aragona (a sua volta figlia <strong>di</strong><br />

Fer<strong>di</strong>nando I <strong>di</strong> Napoli e <strong>di</strong> Isabella <strong>di</strong> Clermont) fu marchesa <strong>di</strong> Mantova ed ebbe come<br />

sorella un personaggio storico ugualmente famoso: Beatrice d'Este, duchessa <strong>di</strong> Milano e<br />

moglie <strong>di</strong> Ludovico Sforza.<br />

"Nec spe, nec metu" ("Né con speranza né con timore") fu il suo motto.<br />

Isabella d'Este ebbe in gioventù una educazione <strong>di</strong> grande impronta culturale, come<br />

testimoniano le sue copiose corrispondenze dalla città <strong>di</strong> Mantova.<br />

<strong>Le</strong> sorelle Este furono esposte a molte delle idee del Rinascimento: in seguito Isabella<br />

<strong>di</strong>venne un'appassionata, ad<strong>di</strong>rittura avida, collezionatrice <strong>di</strong> sculture romane e commissionò<br />

sculture moderne in stile antico.<br />

All'età <strong>di</strong> 16 anni sposò Francesco Gonzaga, Marchese <strong>di</strong> Mantova. I coniugi furono patroni <strong>di</strong><br />

Ludovico Ariosto mentre questi stava scrivendo l'Orlando Furioso ed entrambi furono molto<br />

influenzati da Baldassare Castiglione, autore de Il Cortigiano, un modello <strong>di</strong> decoro<br />

aristocratico per duecento anni. Fu su suo suggerimento che Giulio Romano venne convocato<br />

a Mantova per ampliare il castello ed altri e<strong>di</strong>fici. Sotto gli auspici <strong>di</strong> Isabella la corte <strong>di</strong><br />

Mantova <strong>di</strong>venne una delle più acculturate d'Europa. Tra i tanti importanti artisti, scrittori,<br />

pensatori e musicisti che vi giunsero ci furono Raffaello Sanzio, Andrea Mantegna, e i<br />

compositori Bartolomeo Tromboncino e Marchetto Cara. Isabella venne ritratta due volte da<br />

Tiziano, e il <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> <strong>Le</strong>onardo da Vinci che la ritrae (preparatorio per un <strong>di</strong>pinto ad olio<br />

mai eseguito) è esposto al Louvre. Fu ella stessa una brillante musicista, e riteneva gli<br />

strumenti a corda, come il liuto, superiori ai fiati, che erano associati al vizio e al conflitto;<br />

considerava inoltre la poesia incompleta finché non veniva trasposta in musica, e cercò i più<br />

abili compositori dell'epoca per tale "completamento".<br />

Si de<strong>di</strong>cò al gioco degli scacchi tanto che il grande matematico rinascimentale Luca Pacioli<br />

(1445c.-1517c.), nel 1499 avendo il re <strong>di</strong> Francia Luigi XII conquistato il ducato <strong>di</strong> Milano ed<br />

essendo lo stesso Pacioli in compagnia <strong>di</strong> <strong>Le</strong>onardo da Vinci fuggito e riparato a Mantova,<br />

scrisse e le de<strong>di</strong>cò il manoscritto De ludo schaccorum, detto Schifanoia, opera per secoli<br />

ritenuta persa e solo nel 2006 ritrovata presso la biblioteca Coronini Cronberg <strong>di</strong> Gorizia.<br />

Mostrò inoltre grande abilità <strong>di</strong>plomatica e politica nei negoziati con Cesare Borgia, che aveva<br />

spodestato Guidobaldo da Montefeltro, duca <strong>di</strong> Urbino, marito della cognata e amica intima<br />

Elisabetta Gonzaga (1502).<br />

Dopo la morte del marito, Isabella governò Mantova come reggente del figlio, Federico.<br />

Iniziò a giocare un ruolo importante nella politica italiana, facendo avanzare costantemente<br />

la posizione <strong>di</strong> Mantova. I suoi molteplici e importanti conseguimenti compresero l'elevazione<br />

<strong>di</strong> Mantova a ducato e l'ottenimento del car<strong>di</strong>nalato per il suo figlio minore Ercole Gonzaga.<br />

Con il conseguimento della maggiore età del figlio, la sua figura <strong>di</strong> donna <strong>di</strong> comando,<br />

generò alcuni <strong>di</strong>ssapori e mal<strong>di</strong>cenze, tanto che Federico <strong>di</strong> fatto la estromise dalla vita<br />

politica <strong>di</strong> Mantova negandole qualsiasi notizia che dall'esterno perveniva alla cancelleria. Fu<br />

forse questa la molla che spinse Isabella a allontanarsi dalla città recandosi a Roma,<br />

nonostante la situazione politica tumultuosa. Nel 1527 infatti fu testimone del Sacco <strong>di</strong> Roma<br />

ed il suo palazzo, nel quale aveva dato rifugio a circa 2000 persone, fu l'unico in tutta la città<br />

a non essere saccheggiato dai lanzichenecchi, per via della protezione offerta da suo figlio<br />

Ferrante, capo <strong>di</strong> una milizia dell'esercito imperiale. Isabella si pro<strong>di</strong>gò nella protezione dei<br />

198


ifugiati che erano comunque stati <strong>di</strong>chiarati ostaggi dell'esercito imperiale e per i quali fu<br />

richiesto un riscatto.<br />

Tornata a Mantova, si occupò della vicenda del matrimonio del figlio Federico. Operazione<br />

molto ingarbugliata dall'or<strong>di</strong>ne dei numerosi fatti: la ripu<strong>di</strong>azione della prima moglie Maria<br />

Paleologa, accusata <strong>di</strong> congiura da una cortigiana <strong>di</strong> Federico; poi la scelta <strong>di</strong> Carlo V <strong>di</strong><br />

dargli in moglie la sua cugina Giulia, più anziana <strong>di</strong> lui e malvoluta dal popolo, la riabilitazione<br />

<strong>di</strong> Maria dopo che questa era <strong>di</strong>ventata unica erede del feudo del Monferrato; le definitive<br />

nozze con sua sorella Margherita Paleologa, alla morte <strong>di</strong> Maria.<br />

Isabella morì a Mantova il 13 febbraio del 1539.<br />

Famiglia<br />

Francesco II Gonzaga ed Isabella ebbero sette figli:<br />

• Eleonora Gonzaga (* 31 <strong>di</strong>cembre 1493, †; 13 febbraio 1550 in Urbino) ∞ Francesco<br />

Maria I della Rovere (1490-1538) duca <strong>di</strong> Urbino<br />

• Margherita Gonzaga (* 13 luglio 1496, †; 22 settembre 1496 in Mantova)<br />

• Federico II Gonzaga (* 17 maggio 1500, †; 28 giugno 1540 in Marmirolo) Marchese <strong>di</strong><br />

Mantova dal 1519, Duca <strong>di</strong> Mantova dal 1530, Marchese <strong>di</strong> Monferrato 1533 ∞ 1531<br />

Margherita del Monferrato (1510-1566), figlia del Marchese Guglielmo IX<br />

• Livia Gonzaga (* 1501, †; 1508)<br />

• Ippolita Gonzaga (* 13 novembre 1503, †; 16 marzo 1570 in Mantova) monaca<br />

domenicana nel monastero <strong>di</strong> San Vincenzo a Mantova dal 1518<br />

• Ercole Gonzaga (* 22 novembre 1505, †; 2 marzo 1563 in Trento) Car<strong>di</strong>nale 1527,<br />

Reggente per i nipoti 1540<br />

• Ferrante I Gonzaga (* 28 gennaio 1507, †; 15 novembre 1557 in Bruxelles) Conte <strong>di</strong><br />

Guastalla 1539, vice-re <strong>di</strong> Sicilia 1536-1546, viceré <strong>di</strong> Milano dal 1546 ∞ 1529 Isabella<br />

da Capua (†; 1559), figlia del Principe Fer<strong>di</strong>nando da Molfetta<br />

• Livia Gonzaga (* agosto 1508, †; 11 aprile 1569 in Mantova) monaca clarissa nel<br />

monastero Corpus Christi a Mantova dal 1523<br />

• Pietro Gonzaga<br />

http://it.wikipe<strong>di</strong>a.org<br />

199<br />

Loris D’Antoni


La storia <strong>di</strong> Lucrezia Borgia<br />

Lucrezia Borgia, in catalano Lucrècia Borja, in castigliano Lucrecia Borgia e, più raramente,<br />

Lucrecia Borja (Subiaco, 18 aprile 1480 – Ferrara, 24 giugno 1519), fu una delle figure più<br />

note del Rinascimento italiano.<br />

Donna <strong>di</strong> rara e documentata bellezza, affascinante e astuta, si ritrovò spesso coinvolta negli<br />

intrighi delle corti italiane del suo tempo, legata alle fortune della sua potente famiglia;<br />

ammirata e temuta allo stesso tempo, perfetta castellana rinascimentale, acquistò la fama <strong>di</strong><br />

abile politica e accorta <strong>di</strong>plomatica. I libellisti e i nemici dei Borgia ne hanno tramandato<br />

l'immagine <strong>di</strong> una donna mondana però ancora da documentare seriamente.<br />

Di origini spagnole, Lucrezia Borgia nacque a Subiaco, oggi in provincia <strong>di</strong> Roma, il 18 aprile<br />

1480. Suo padre era il car<strong>di</strong>nale spagnolo Rodrigo Borgia (in catalano Roderic de Borja i<br />

Borja), arcivescovo <strong>di</strong> Valencia, che nel 1492 sarebbe stato eletto Papa della Chiesa cattolica<br />

con il nome <strong>di</strong> Alessandro VI. La madre era invece una donna <strong>di</strong> origine mantovana, tal<br />

Vannozza Cattanei, amante <strong>di</strong> Rodrigo per ben 15 anni.<br />

Giovinezza alla corte papale<br />

Unica figlia femmina (i fratelli <strong>di</strong> sangue erano infatti tre, tutti maschi: Cesare, Giovanni e<br />

Goffredo), Lucrezia crebbe alla corte pontificia in un periodo in cui la figura del Sommo<br />

Pontefice era molto più simile a quella <strong>di</strong> un sovrano temporale che <strong>di</strong> un capo spirituale.<br />

All'età <strong>di</strong> un<strong>di</strong>ci anni, era stata promessa in moglie già due volte: in entrambi i casi suo padre<br />

sciolse i fidanzamenti.<br />

Suo fratello fu il noto condottiero Cesare Borgia, dapprima car<strong>di</strong>nale e, successivamente,<br />

duca del Valentinois (da cui l'appellativo <strong>di</strong> "duca del Valentino") e <strong>di</strong> Romagna. La famiglia <strong>di</strong><br />

Lucrezia, nel corso della storia, ha finito per incarnare la spietata politica machiavellica e la<br />

corruzione sessuale attribuita come caratteristica ai papati rinascimentali. In questo contesto,<br />

Lucrezia viene <strong>di</strong>pinta come una femme fatale, ruolo che le è stato fatto recitare in molte<br />

opere d'arte, romanzi e film. Non si conosce nessun ritratto autentico <strong>di</strong> Lucrezia, anche se<br />

<strong>di</strong>versi <strong>di</strong>pinti, come quello fantasioso <strong>di</strong> Bartolomeo Veneziano, si <strong>di</strong>ce che la ritraggano.<br />

Spesso queste immagini fanno semplicemente parte del mito <strong>di</strong> Lucrezia.<br />

Non si hanno conoscenze a sufficienza della vera Lucrezia per essere certi o meno se le<br />

storie circa il suo coinvolgimento nei crimini del padre e del fratello siano vere. Suo padre e/o<br />

suo fratello certamente organizzarono per lei <strong>di</strong>versi matrimoni con uomini importanti e<br />

potenti, allo scopo <strong>di</strong> promuovere le proprie ambizioni politiche. Lucrezia fu sposata a<br />

Giovanni Sforza (Signore <strong>di</strong> Pesaro), Alfonso d'Aragona (Duca <strong>di</strong> Bisceglie), e Alfonso I d'Este<br />

(Duca <strong>di</strong> Ferrara). La tra<strong>di</strong>zione vuole, essendo il secondo <strong>di</strong> questi figlio illegittimo del Re <strong>di</strong><br />

Napoli, che Cesare possa averlo fatto uccidere quando il suo peso politico svanì. Lucrezia fu<br />

un "mostro <strong>di</strong> crudeltà e inganno"? O una pe<strong>di</strong>na nelle mani del padre e del fratello, assetati<br />

<strong>di</strong> potere? Fu un'avvelenatrice o semplicemente la vittima <strong>di</strong> una stampa sfavorevole? Ancora<br />

una volta, le percezioni <strong>di</strong>fferenti della storia risultano affascinanti.<br />

Matrimonio con Giovanni Sforza<br />

Dopo che Rodrigo <strong>di</strong>venne Papa Alessandro VI, fece sposare Lucrezia con Giovanni Sforza,<br />

allo scopo <strong>di</strong> stabilire un'alleanza con la potente famiglia milanese. La giovane aveva appena<br />

13 anni, il matrimonio fu un avvenimento scandaloso, ma non più stravagante <strong>di</strong> molte altre<br />

celebrazioni del periodo rinascimentale. Durante la prima notte <strong>di</strong> nozze, come in uso in quei<br />

tempi, Papa Alessandro fece da testimone dell'avvenuta consumazione.<br />

200


Dopo un po', la famiglia Borgia non ebbe più bisogno degli Sforza, e la presenza <strong>di</strong> Giovanni<br />

alla corte papale <strong>di</strong>venne superflua, tanto più che intendeva trasferirsi e portare lontano<br />

l'adorata Lucrezia. Il Papa aveva bisogno <strong>di</strong> nuove e più vantaggiose alleanze politiche, tanto<br />

che egli potrebbe aver segretamente or<strong>di</strong>nato l'esecuzione <strong>di</strong> Giovanni. Lucrezia venne<br />

informata del fatto dal fratello Cesare ed avvertì il marito, che lasciò Roma. O forse il Papa<br />

non <strong>di</strong>ede mai un tale or<strong>di</strong>ne, e si trattò <strong>di</strong> un piano architettato da Cesare e Lucrezia per<br />

allontanare il noioso marito. In ogni caso, Papa Alessandro e Cesare furono compiaciuti<br />

dell'opportunità <strong>di</strong> arrangiare un altro matrimonio vantaggioso per Lucrezia. Ma prima che<br />

questo potesse accadere dovevano liberarsi <strong>di</strong> Giovanni Sforza.<br />

Alessandro chiese allo zio <strong>di</strong> Giovanni,<br />

Car<strong>di</strong>nale Ascanio Sforza, <strong>di</strong> persuadere<br />

Giovanni a concedere il <strong>di</strong>vorzio. Tuttavia<br />

il <strong>di</strong>vorzio era un'onta intollerabile e<br />

Giovanni rifiutò. Il Papa, ritenendo<br />

necessaria la separazione, accusò<br />

Giovanni <strong>di</strong> impotenza, poiché un<br />

matrimonio era considerato valido solo se<br />

poteva essere consumato e dunque<br />

portare ad una prole. Quin<strong>di</strong> si arrivò ad<br />

un processo per l'annullamento. Giovanni<br />

accusò allora Lucrezia <strong>di</strong> incesto con il<br />

padre e il fratello, e, per <strong>di</strong>mostrare <strong>di</strong><br />

essere in grado <strong>di</strong> consumare il matrimonio, propose una prova innanzi a testimoni (un<br />

rapporto sessuale con sua moglie davanti a testimoni accettati da entrambi le parti).<br />

Poiché il matrimonio non era stato consumato, il Papa lo <strong>di</strong>chiarò nullo, e offrì a Giovanni<br />

tutta la dote <strong>di</strong> Lucrezia in cambio del suo consenso. La famiglia Sforza minacciò <strong>di</strong> togliere<br />

la sua protezione a Giovanni se avesse rifiutato l'offerta del Papa. Non avendo scelta,<br />

Giovanni Sforza firmò davanti a testimoni sia una confessione <strong>di</strong> impotenza che il documento<br />

<strong>di</strong> nullità.<br />

Anche se la voce sui rapporti incestuosi all'interno della famiglia Borgia era caduta in fretta, i<br />

detrattori del Papa fecero <strong>di</strong> tutto per darvi importanza nei più prestigiosi circoli.<br />

Da poco è stata riaperta alla Rocca <strong>di</strong> Subiaco la sua casa natale dove i visitatori potranno<br />

ammirare la residenza della figlia del Papa Alessandro VI e vedere i saloni dove è nata e<br />

cresciuta Lucrezia Borgia me<strong>di</strong>ante visite guidate organizzate da studenti universitari.<br />

La storia con Perotto<br />

Durante il prolungato processo <strong>di</strong> annullamento, Lucrezia consumò una relazione con<br />

qualcuno, probabilmente il messaggero <strong>di</strong> Alessandro, Perotto. Il risultato fu che Lucrezia era<br />

incinta, quando il matrimonio venne annullato per non essere stato consumato, e questo è<br />

uno dei fatti che i detrattori citano a supporto della visione denigratoria del personaggio. Il<br />

bimbo nacque in segreto prima del matrimonio <strong>di</strong> Lucrezia con il <strong>di</strong>ciassettenne Alfonso<br />

d'Aragona, duca <strong>di</strong> Bisceglie.<br />

Alfonso d'Aragona<br />

Al tempo del suo secondo matrimonio, Lucrezia era completamente persa nel mondo del<br />

padre, apparentemente ignara dei suoi raggiri e convinta che il Papa agisse spinto<br />

esclusivamente dall'immenso amore che provava per la figlia pre<strong>di</strong>letta.<br />

201


Così si accostò ad Alfonso, che a quanto pare fu il primo amore della sua vita. Giovani molto<br />

simili, entrambi sacrificati alla ragion <strong>di</strong> Stato, si trovarono presto ad essere innamorati molto<br />

affiatati.<br />

Tuttavia il Papa aveva gran<strong>di</strong> mire espansionistiche e, paventando un'alleanza con la Francia,<br />

giunse alla conclusione che il matrimonio era per lui solo un peso. Per quanto innamorato lo<br />

sposo fuggì, per salvarsi la vita, lasciando sola Lucrezia con il loro neonato primogenito:<br />

Rodrigo d'Aragona.<br />

Rispondendo alle suppliche dell'amata figlia, il Papa inviò un salvacondotto ad Alfonso e lo<br />

ricondusse alla corte papale in attesa <strong>di</strong> un momento propizio.<br />

Fu così che la notte del 15 luglio 1500 il giovane, in una passeggiata serale, venne aggre<strong>di</strong>to<br />

da quelli che apparentemente erano pellegrini alle porte <strong>di</strong> San Pietro. A soccorrerlo furono la<br />

sorella, Sancha, sposa del più giovane dei Borgia (Goffredo), e Lucrezia, che si presero cura<br />

dell'uomo e per un mese si alternarono al suo capezzale evitando che rimanesse solo anche<br />

per un istante. Erano sicure che il pericolo si annidasse all'interno del palazzo, tanto da<br />

preparare loro stesse i pasti per l'infermo. Ma il 18 agosto con un inganno Lucrezia e Sancia<br />

furono allontanate dalla stanza dell'infermo, e il principe, ormai fuori pericolo e in via <strong>di</strong><br />

guarigione, fu misteriosamente strangolato. Nell'assassinio tutti riconobbero la mano <strong>di</strong><br />

Micheletto, uomo <strong>di</strong> fiducia <strong>di</strong> Cesare Borgia e suo boia personale.<br />

Lucrezia passò il periodo <strong>di</strong> lutto a Nepi, lontano dalla famiglia. Quando tornò a Roma rientrò<br />

nelle grazie del padre, tanto che questi le lasciò la reggenza nei perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> assenza.<br />

Altri matrimoni<br />

A questo punto il padre <strong>di</strong> Lucrezia poté organizzare un terzo matrimonio a lui più<br />

necessario. Allo scopo <strong>di</strong> rafforzare la signoria <strong>di</strong> Cesare in Romagna, <strong>di</strong>ede Lucrezia in sposa<br />

ad Alfonso I d'Este, erede legittimo del ducato <strong>di</strong> Ferrara. Il 30 <strong>di</strong>cembre del 1501 i due si<br />

sposarono per procura, e un mese dopo Lucrezia fu accolta presso la sua nuova corte. Il<br />

nuovo marito non solo non desiderava sposarsi, ma temeva la moglie, anche a causa della<br />

terribile fama dei Borgia. Si sposò solo per timore del potere del Papa e <strong>di</strong> Cesare. Tuttavia<br />

appena vide Lucrezia fu affascinato dalla sua bellezza.<br />

Alla corte d'Este Lucrezia si rifece delle accuse che le erano state spesso mosse nel passato,<br />

facendosi apprezzare attraverso il suo mecenatismo d'arte e trascorrendo una vita<br />

abbastanza morigerata. Il Bembo le de<strong>di</strong>cò Gli Asolani, dove cantò la sua bellezza e la sua<br />

virtù; l'Ariosto ne celebrò la virtù in una stanza dell'Orlando furioso e nelle Satire.<br />

Da Alfonso Lucrezia ebbe sei figli, solo quattro sopravvissuti all'infanzia, tra cui il futuro<br />

car<strong>di</strong>nale Ippolito II d'Este e il futuro duca <strong>di</strong> Ferrara Ercole II d'Este.<br />

Voci e leggende<br />

Diverse voci e leggende sono sopravvissute nel corso degli anni, che speculano<br />

principalmente sulla natura stravagante delle feste organizzate dalla famiglia Borgia. Si<br />

<strong>di</strong>ceva ad esempio che Lucrezia possedesse un anello cavo, che usava spesso per avvelenare<br />

le bevande. O ancora che usasse nei suoi banchetti dei funghi epatotossici che uccidevano a<br />

<strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> tempo i suoi invitati così da non destare sospetto. Sono notissime le molte<br />

speculazioni su una relazione incestuosa <strong>di</strong> Lucrezia con il padre ed i fratelli.<br />

202


Biografia cronologica <strong>di</strong> Lucrezia Borgia<br />

1431 - 1 gennaio - Rodrigo Borgia nasce a Jàtiva, vicino a Valencia.<br />

1449 - Suo probabile arrivo in Italia.<br />

1455 - Alfonso Borgia, zio <strong>di</strong> Rodrigo viene eletto papa con il nome <strong>di</strong> Callisto III e chiama il<br />

nipote a Roma.<br />

1456 - Rodrigo viene nominato car<strong>di</strong>nale.<br />

1469 - Comincia la relazione fra il car<strong>di</strong>nale Rodrigo Borgia e Vannozza Cattanei, che gli<br />

darà quattro figli.<br />

1475 - Vannozza dà alla luce Cesare Borgia.<br />

1476 - Vannozza dà alla luce Juan Borgia.<br />

1480 - 18 aprile - nasce Lucrezia, terza figlia <strong>di</strong> Vannozza e del car<strong>di</strong>nale Borgia.<br />

1481 - Nasce Jofrè, il quarto figlio.<br />

1487 - L’educazione <strong>di</strong> Lucrezia viene affidata ad Adriana Mila Orsini, parente del papa.<br />

1492 - 11 agosto - Rodrigo Borgia viene eletto papa con il nome <strong>di</strong> Alessandro VI.<br />

1493 - Lucrezia Borgia sposa Giovanni Sforza, detto lo Sforzino; Cesare viene nominato<br />

car<strong>di</strong>nale; Juan, duca <strong>di</strong> Gan<strong>di</strong>a, sposa Maria Enriquez, nipote del re Fer<strong>di</strong>nando <strong>di</strong> Castiglia.<br />

1494 - Jofrè Borgia, il fratello minore <strong>di</strong> Lucrezia sposa Sancia d’Aragona. Il re <strong>di</strong> Francia,<br />

Carlo VIII, si accinge a invadere l’Italia.<br />

1494 - 27 <strong>di</strong>cembre - Carlo VIII è a Roma.<br />

1497 - Il papa esercita pressioni su Giovanni e Lucrezia per indurli a sciogliere il matrimonio.<br />

Juan viene assassinato.<br />

1497 - 22 <strong>di</strong>cembre - Il papa ottiene la sentenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>vorzio tra 1500 - Anno Santo - Lucrezia<br />

e Alfonso compiono a Roma<br />

1500 - 18 agosto - Il duca <strong>di</strong> Bisceglie, Alfonso d’Aragona, viene ucciso dai sicari del<br />

Valentino.<br />

1501 - Alessandro VI prepara il matrimonio <strong>di</strong> Lucrezia con Alfonso d’Este.<br />

1502 - 6 gennaio - Lucrezia lascia Roma alla volta <strong>di</strong> Ferrara.<br />

1502 - 2 febbraio - Lucrezia arriva a Ferrara.<br />

203


1503 - Incontro <strong>di</strong> Lucrezia con il poeta Pietro Bembo.<br />

1503 - 18 agosto - Muore papa Alessandro VI. Salgono al soglio papale prima Pio III, poi<br />

Giulio Il.<br />

1505 - Muore Ercole I d’Este; Alfonso e Lucrezia gli succedono.<br />

1506 - Alfonso d’Este è in viaggio. Lucrezia, rimasta reggente, emana un e<strong>di</strong>tto a favore<br />

degli Ebrei. Congiura <strong>di</strong> Giulio e Ferrante d’Este a danno <strong>di</strong> Alfonso I.<br />

1507 - Muore in Spagna Cesare Borgia.<br />

1508 - Nasce Ercole d’Este, figlio <strong>di</strong> Alfonso I e Lucrezia. Assassinio <strong>di</strong> Ercole Strozzi, amico<br />

e confidente <strong>di</strong> Lucrezia.<br />

1509 - Nasce Ippolito d’Este, altro figlio <strong>di</strong> Lucrezia e Alfonso I.<br />

1510 - Lucrezia fonda il monastero <strong>di</strong> San Bemar<strong>di</strong>no per la nipote Camilla, figlia <strong>di</strong> Cesare<br />

Borgia. Papa Giulio Il scomunica Alfonso I.<br />

1512 - 11aprile - Battaglia <strong>di</strong> Ravenna: vittoria <strong>di</strong> Alfonso I. Muore Rodrigo, il duca <strong>di</strong><br />

Bisceglie.<br />

1513 - Muore Giulio Il, viene eletto papa <strong>Le</strong>one X.<br />

1514 - Nasce il figlio <strong>di</strong> Lucrezia, Alessandro, che muore a soli due anni.<br />

1515 - Nasce la figlia <strong>di</strong> Lucrezia, Eleonora d’Este, che <strong>di</strong>verrà suora clarissa.<br />

1516 - Nasce un altro figlio <strong>di</strong> Lucrezia, Francesco, marchese <strong>di</strong> Massalombarda.<br />

1518 - Muore Vannozza Cattanei, la madre <strong>di</strong> Lucrezia.<br />

1519 - giugno - Nasce Isabella Maria che sopravvive <strong>di</strong> poco alla madre<br />

1519 - 24 giugno - Muore Lucrezia Borgia<br />

http://it.wikipe<strong>di</strong>a.org<br />

http://associazioni.comune.fe.it<br />

204<br />

Kenny Creanza


Donne nel Rinascimento italiano<br />

Figlia <strong>di</strong> un <strong>di</strong>o minore<br />

Nel Rinascimento, per tutta la durata dell'infanzia e dell'adolescenza, per una donna lo status<br />

<strong>di</strong> figlia non poteva prescindere da quello <strong>di</strong> vergine (fino al matrimonio o per tutta la vita).<br />

Se ne dava una legittimazione religioso-filosofica rifacendosi al Nuovo Testamento o alla<br />

letteratura dei Padri della Chiesa , ma <strong>di</strong> fatto si cercava <strong>di</strong> dare <strong>di</strong>gnita' a considerazioni <strong>di</strong><br />

carattere molto piu' pragmatiche <strong>di</strong> carattere sociale ed economico. Infatti nella societa'<br />

rinascimentale (<strong>di</strong> modello patriarcale) l'identita' familiare <strong>di</strong>pendeva esclusivamente dalla<br />

linea <strong>di</strong> <strong>di</strong>scendenza maschile. In altre parole i beni mobili e immobili <strong>di</strong> una famiglia si<br />

trasmettevano in ere<strong>di</strong>ta' solo seguendo la linea maschile della famiglia cioe' solo gli<br />

uomini, in base al loro or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> nascita, erano i legittimi continuatori degli affari <strong>di</strong> famiglia.<br />

Cosa non da poco quando c'erano da ere<strong>di</strong>tare imperi, regni, terre e castelli. In questo<br />

quadro giuri<strong>di</strong>co dunque una figlia serviva solo ed esclusivamente a saldare, ere<strong>di</strong>tariamente<br />

parlando, i beni <strong>di</strong> due rami <strong>di</strong> una famiglia o <strong>di</strong> due famiglie. La verginita' era allora<br />

garanzia della piena legittimita' degli ere<strong>di</strong> data la certezza della paternita'. Per questo era<br />

dovere (e interesse) <strong>di</strong> un padre garantire che la futura sposa arrivasse vergine al<br />

matrimonio ad ogni costo. Ragioni <strong>di</strong> forte interesse patrimoniale trasformavano la vita <strong>di</strong><br />

una ragazza nubile in una gabbia <strong>di</strong> pudore e segregazione l'uscita dalla quale (la per<strong>di</strong>ta<br />

della verginita') comportava <strong>di</strong>sonore ed emarginazione. Violare una vergine o farsi violare<br />

portava <strong>di</strong>sgrazia sia alla ragazza sia al suo seduttore. Per l'uomo c'era sempre la via della<br />

fuga (per mare, nelle colonie, la vita militare) per le donne rimaneva il convento<br />

(rigorosamente <strong>di</strong> clausura) o la prostituzione. In alcuni casi, soprattutto nelle famiglie<br />

me<strong>di</strong>o-borghesi, la per<strong>di</strong>ta della verginita' poteva essere un modo, anzi l'unico modo, per<br />

opporsi alle intenzioni matrimoniali dei genitori con l'estrema possibilita' <strong>di</strong> metterli <strong>di</strong> fronte<br />

al fatto compiuto. Ma succedeva rararmente. Negli strati piu' bassi della popolazione certe<br />

regole e convenzioni erano meno rigide tant' e' che molte popolane arrivavano gia' incinta al<br />

matrimonio. Difatti la' dove non c'era niente da perdere o da guadagnare, essenzialmente tra<br />

i conta<strong>di</strong>ni o la working class urbana, i giovani potevano scegliere liberamente chi sposare e<br />

nel caso in cui tra fidanzati non ci fosse stata grande <strong>di</strong>fferenza d' eta' o l'uomo non fosse<br />

stato un forestiero, il sesso prima del matrimonio era ampiamente tollerato.<br />

Comune a tutte le classi sociali (<strong>di</strong>versi erano i mo<strong>di</strong> e i mezzi) era l'impostazione educativa<br />

che si dava alle ragazze che si fondava, attraverso l'inculcamento forzoso, su valori<br />

considerati basilari nella vita <strong>di</strong> una donna: castita' e (o) pudore, obbe<strong>di</strong>enza, silenzio. All'<br />

interno <strong>di</strong> questo schema repressivo si preparavano le ragazze a <strong>di</strong>venire donne e a<br />

sviluppare quelle capacita' ritenute basilari per una moglie. Fondamentale, in un' epoca in cui<br />

non esistevano boutique o atelier <strong>di</strong> moda, la capacita' <strong>di</strong> tessere e ricamare. Spettava alla<br />

donna fornire tessuti ed abiti per tutta la famiglia. Da quelli grezzi e dozzinali a quelli piu'<br />

ricchi ed elaborati. In piu' da una donna ci si aspettava che fosse in grado <strong>di</strong> gestire<br />

economicamente la casa e la famiglia, <strong>di</strong> <strong>di</strong>rigere e supervisionare i servi (che se si escludono<br />

i poveri avevano tutti) e crescere ed educare i figli e i bambini della famiglia (che fossero figli<br />

propri o figli della servitu', paggetti o servetti a contratto).<br />

205


Il valore economico <strong>di</strong> una donna da marito: la dote<br />

Per tutta la durata dell' infanzia e dell' adolescenza, quella della dote era una preoccupazione<br />

fissa che accompagnava ogni ragazza destinata a sposarsi. La dote era il corredo economicomateriale<br />

(sol<strong>di</strong> liqui<strong>di</strong>, beni, proprieta' immobiliari, titoli e privilegi) che una donna aveva da<br />

presentare al marito al momento del matrimonio. Si trattava <strong>di</strong> una parte dei beni del padre<br />

o, a seconda del periodo e della regione geografica, ad<strong>di</strong>rittura della legittima parte <strong>di</strong><br />

ere<strong>di</strong>ta' paterna. C'e' chi in dote portava regni, castelli, conteee e ducati, chi qualche pentola,<br />

due mobili, e un po' <strong>di</strong> metri <strong>di</strong> tessuto. Ma la dote ce l' avevavno tutte. Questo sistema,<br />

proprio della cultura greca e latina, era sparito nel primo me<strong>di</strong>oevo per poi ricomparire nel<br />

XII secolo con la funzione giuri<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> sancire il completo <strong>di</strong>stacco della donna dalla linea<br />

paterna e <strong>di</strong> conseguenza la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> ogni possibile futuro <strong>di</strong>ritto (soprattutto in tema <strong>di</strong><br />

ere<strong>di</strong>ta') sul patrimonio paterno. La dote giuri<strong>di</strong>camente rimaneva <strong>di</strong> proprieta' della donna<br />

che quin<strong>di</strong> al momento della morte passava ai figli separatamente rispetto ai beni del marito.<br />

In teoria anche la gestione dei beni portati in dote sarebbe dovuta spettare solo alle donne<br />

ma le cronache, anche giu<strong>di</strong>ziarie, riferiscono spesso <strong>di</strong> ingerenze e abusi da parte dei mariti.<br />

La decisione della vita presa da altri: il matrimonio<br />

Piu' era alto il livello sociale ed economico <strong>di</strong> una famiglia, con il sistema della dote e delle<br />

joint-venture matrimoniali tra famiglie, piu' per una donna era <strong>di</strong>fficile potersi scegliere<br />

liberamente il marito. E piu' lontano era probabile finire in sposa: un' altra citta', un' altra<br />

regione, un' altra nazione. Molte donne, soprattutto ricche, sposavano uomini che<br />

conoscevano appena o che non conoscevano affatto. Generalmente a scegliere erano i<br />

parenti o i genitori dei due ragazzi, sentito pero' il parere del futuro sposo. Gli accor<strong>di</strong><br />

matrimoniali potevano durare settimane o ad<strong>di</strong>rittura mesi e potevano coinvolgere un gran<br />

numero <strong>di</strong> persone (consiglieri, avvocati, notai, contabili) tanto piu' gran<strong>di</strong> erano gli interessi<br />

e i beni delle famiglie interessate. Tra gli strati bassi della popolazione l'eta' <strong>di</strong> una ragazza al<br />

matrimonio era relativamente alta (sulla ventina) dato che le figlie <strong>di</strong> famiglie povere<br />

venivane tutte mandate a fare le serve a contratto per guadagnarsi da vivere, mantenere<br />

genitori e fratelli e mettersi un po' <strong>di</strong> sol<strong>di</strong> da parte per pagarsi il matrimonio e mettere su<br />

famiglia. Per le classi piu' elevate generalmente la sposa era poco piu' che adolescente e lo<br />

sposo molto piu' vecchio (tra i venti e i trenta) dato che per un uomo <strong>di</strong> societa' l' eta' da<br />

matrimonio arrivava solo quando si poteva <strong>di</strong>re <strong>di</strong> essere affermato negli affari, nei ranghi<br />

governativi o miltiari, o in aristocrazia.<br />

Il calice dolce amaro della vita <strong>di</strong> coppia<br />

Una donna ricca e nobile era destinata spesso a un matrimonio infelice. Vuoi per l'<br />

insufficiente, in termini <strong>di</strong> tempo, periodo <strong>di</strong> fidanzamento, vuoi per le eta' degli sposi spesso<br />

molto <strong>di</strong>fferenti, vuoi per i gap culturali e linguistici nel caso si sposasse un forestiero o uno<br />

straniero. Popolani e conta<strong>di</strong>ni invece avevano matrimoni piu' sereni dato che ci si sposava in<br />

modo molto meno interessato e molto piu' omogeneo sia per eta' che per estrazione<br />

familiare. La ragione e' molto semplice. Chi non poteva vivere <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>ta (come i nobili) e<br />

sapeva che per campare avrebbe dovuto lavorare sodo, cercava <strong>di</strong> sposarsi con chi avrebbe<br />

potuto con<strong>di</strong>videre e migliorare la propria vita lavorativa. Insomma il matrimonio oltre a<br />

famiglia e figli doveva essere una partnership commerciale. Cosi' un sarto si cercava una<br />

sarta, un oste voleva una locan<strong>di</strong>era, un negoziante sognava una ven<strong>di</strong>trice. L' amore<br />

insomma era un elemento secondario al momento della scelta del marito o della moglie<br />

206


anche se spesso il con<strong>di</strong>videre la casa, il letto, la vita lavorativa e le responsabilita' familiari<br />

generava affetto e vicinanza tra i coniugi (come testimoniano numerosi libri <strong>di</strong> saggistica o <strong>di</strong><br />

letteratura dell' epoca). Proprio perche' amore e passione erano merce rara, una coppia<br />

investiva moltissimo nella propria vita sessuale alla quale partecipavano tutti: amici e parenti<br />

con suggerimenti, confessori con i consigli, moralisti (i sociologi <strong>di</strong> oggi) con libri eru<strong>di</strong>ti sull'<br />

argomento. Obbligo dei due coniugi era quello <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfarsi a vicenda e non <strong>di</strong> rado uno dei<br />

due trascinava in tribunale l' altro per inadempienza dei doveri coniugali. Una normale vita<br />

sessuale riduceva inoltre i rischi <strong>di</strong> adulterio, che nel Rinascimento, era ad<strong>di</strong>rittura un reato<br />

penale e prevedeva condanne pesanti. Questo sia per l' uomo che per la donna almeno in<br />

teoria. Perche' in pratica era abbastanza comune che un uomo si intrattenesse in relazioni<br />

sessuali con altre donne fuori dal matrimonio, anzi era cosi' comune che i tra<strong>di</strong>menti<br />

venivano considerati accettabili purche' non <strong>di</strong>ventassero troppo eclatanti e scandalosi. Se<br />

era una donna pero' a commettere adulterio i tribunali si accanivano particolarmente sull'<br />

accusata ed era nel pieno <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> un marito perfino uccidere la moglie colta in flagrante.<br />

Una pratica, questa, dura a morire come <strong>di</strong>mostra il fatto che in Italia il "delitto d' onore" sia<br />

stato abolito solo nel 1981! Dunque non e' un caso che in molte culture sia ancora oggi<br />

considerato particolarmente offensivo il termine "cornuto": per tutto il Rinascimento era l'<br />

offesa piu' pesante. Un' esagerazione, forse, visto e considerato che dalle fonti giu<strong>di</strong>ziarie<br />

viene fuori che nella quasi totalita' dei casi gli adulteri fossero uomini. Abusi e violenze<br />

domestiche erano comunque all' or<strong>di</strong>ne del giorno. Era del tutto lecito (a scopo educatico si<br />

<strong>di</strong>ceva) picchiare la propria moglie, rinchiuderla e segregarla, non darle da mangiare,<br />

umiliarla pubblicamente.<br />

Se il matrimonio nonostante tutto non funzionava le soluzioni erano veramente poche prima<br />

dell' introduzione del <strong>di</strong>vorzio nell' Europa protestante. Esisteva una separazione legale<br />

(chiamata Divortium) ma che non dava la possibilita' <strong>di</strong> risposarsi e come tale vi si ricorreva<br />

raramente. <strong>Le</strong> classi piu' elevate potevano sempre appellarsi al tribunale ecclesiastico per<br />

ottenere l' annullamento ma era una procedura costosa, complicata e non sempre garantiva<br />

il buon esito perche' i casi previsti per il ricorso erano pochi e i giu<strong>di</strong>ci inflessibili. A quasi tutti<br />

(a quasi tutte per meglio <strong>di</strong>re) toccava ingoiare il boccone e tirare avanti sperando che il<br />

coniuge morisse in fretta (il che non era raro dati gli altissimi tassi <strong>di</strong> mortalita' ).<br />

La fabbrica dei figli<br />

Diventare mamma nel Rinascimento non era uguale per tutte. Tutto <strong>di</strong>pendeva dalla classe<br />

sociale <strong>di</strong> appartenenza. <strong>Le</strong> nobildonne rimanevano incinta prestissimo in un periodo<br />

compreso tra gli utlimi anni dell'adolescenza e i 20 anni, mentre popolane e conta<strong>di</strong>ne non<br />

avevano il primo figlio che sulla fine della ventina. Gioco forza viste le <strong>di</strong>verse le eta' al<br />

matrimonio ma non solo. Rispetto ad oggi una ragazza cominciava piu' tar<strong>di</strong> il suo periodo <strong>di</strong><br />

fecon<strong>di</strong>ta' a colpa <strong>di</strong> una sbagliata alimentazione nelle classi alte e la malnutrizione e il duro<br />

lavoro in quelle piu' basse. Naturale che le ricche, ben nutrite e riposate, ovulassero prima<br />

delle povere. Si rimaneva in stato interessante <strong>di</strong> solito a un annetto dalla data del<br />

matrimonio se non ci si arrivava gia' incinta. Il normale intervallo tra un figlio e un altro era<br />

<strong>di</strong> almeno due anni dovuto al periodo <strong>di</strong> infertilita' durante l' allattamento che poteva durare<br />

dagli uno ai due anni. <strong>Le</strong> nobili e le ricche non allattando ma servendosi <strong>di</strong> balie ritornavano<br />

fertili gia' pochi mesi dopo il parto e nell' arco <strong>di</strong> qualche settimana erano <strong>di</strong> nuovo incinta.<br />

Non e' strano infatti che qualche donna arrivasse a dare alla luce venti o venticinque bambini<br />

come risulta dai registri parrocchiali. Solo ad alti livelli pero' perche' una donna del popolo<br />

non solo aveva da allattare i figli ogni volta ma mangiando poco e male e lavorando molto<br />

207


finiva per avere finestre <strong>di</strong> fertilita' piu' ridotte. In con<strong>di</strong>zioni ottimali gli ultimi concepimenti<br />

arrivavano fino alla menopausa e nessuno si stupiva <strong>di</strong> una donna che metteva al mondo un<br />

figlio sulla soglia dei quarant' anni. Si continuava a concepire insomma finche' si poteva. In<br />

tutti i sensi. Infatti non solo la donna doveva essere feconda e in buona salute ma il marito<br />

doveva essere vivo. Non era raro infatti che i mariti morissero non solo prima delle donne ma<br />

anche dopo pochi mesi o anni dal matrimonio. Se principesse e nobildonne venivano fatte<br />

risposare in fretta e ricominciavano subito "la produzione" per motivi <strong>di</strong>nastici, quasi tutte le<br />

altre donne (se non tornavano in sposa) smettevano <strong>di</strong> concepire anche a 30 anni. Sebbene<br />

il tasso <strong>di</strong> natalita' fosse molto alto, era ancora piu' alto quello <strong>di</strong> mortalita' infantile che si<br />

aggirava tra il 20% e il 50% (Italia 2005: 4,4 per mille!). Capitava spesso che una donna che<br />

dava alla luce 8 o 10 figli ne vedesse solo 1 o 2 raggiungere l' eta' adulta. Sempre che<br />

sopravvivesse al parto dato che il 10% (Italia 1990: 0,04 per mille!) delle partorienti non ce<br />

la faceva.<br />

Vedova: nera e poco allegra<br />

La vedovanza colpiva piu' le donne degli uomini. In Castiglia le vedove stavano ai vedovi con<br />

un rapporto <strong>di</strong> 12 a 1, in Toscana 5 a 1, in Inghilterra 2 a 1. Per una donna, se non piu'<br />

giovanissima o con un patrimonio piu' che interessante, era <strong>di</strong>fficile sposarsi una seconda<br />

volta. In particolar modo nell' Europa cattolica le seconde nozze erano guardate con sdegno<br />

e con sospetto. Rimane tuttavia <strong>di</strong>fficile delineare un' immagine precisa dello status <strong>di</strong><br />

vedova dato che poteva cambiare in modo considerevole da una regione all' altra d' Europa<br />

sia in base alle locali leggi vigenti (<strong>di</strong>fferentissime tra loro) sia in base alla situazione<br />

economico-sociale e alle capacita' personali <strong>di</strong> ogni singola donna. Alcune vedove <strong>di</strong><br />

successo. Cristina De Pisan (1364-1430), veneziana, rimasta vedova all' eta' <strong>di</strong> 25 anni che<br />

visse alla corte <strong>di</strong> Carlo V <strong>di</strong> Francia dove fu rispettata e onorata scrittrice e poetessa, oppure<br />

la fiorentina Maddalena Nerli rimasta vedova nel 1605 <strong>di</strong> Cosimo Tornabuoni che aveva<br />

sposato nel 1589 e che si trovo' a gestire il colossale patrimonio del marito piu' la cospicua<br />

dote sua e quella <strong>di</strong> due precedenti mogli, per arrivare a Caterina de' Me<strong>di</strong>ci (1519-1589)<br />

che ad<strong>di</strong>rittura guido' la Francia dal 1560 al 1563 in attesa della maggiore eta' del figlio<br />

Carlo. Casi isolati pero'. <strong>Le</strong> piu' erano vedove povere e un problema sociale endemico. Chi<br />

aveva un po' <strong>di</strong> fortuna trovava un posto da serva (per se' e per i figli) in casa <strong>di</strong> qualche<br />

famiglia ricca, tutte le altre finivano per prostituirsi o cercare aiuto nei conventi o nelle<br />

strutture caritative. Piu' che una vita, una via crucis.<br />

Donne in politica nel Rinascimento italiano<br />

Con il Rinascimento assistiamo ad un profondo cambiamento della posizione delle donne<br />

negli eventi politici e storici. Non esiste più la figura femminile come oggetto passivo <strong>di</strong><br />

scambi decisi tra uomini, tutori o familiari, in base a strategie d'alleanza. Pur essendo il<br />

matrimonio ancora il punto centrale che lega i destini delle gran<strong>di</strong> famiglie e <strong>di</strong> interi Stati,<br />

tra il Cinquecento ed il Settecento le donne iniziano ad occupare anche spazi <strong>di</strong>versi, che le<br />

vedono protagoniste degli eventi storici, ed in alcuni casi anche <strong>di</strong> guerre.<br />

Grazie alle <strong>di</strong>namiche della <strong>di</strong>scendenza <strong>di</strong> sangue, le donne rinascimentali entrano "in<br />

politica":sono duchesse, marchese, principesse o regine. Il loro ruolo è ancora spesso<br />

marginale, e l'educazione femminile è più modesta <strong>di</strong> quella degli uomini, ma le figure<br />

femminili dominano il panorama politico e culturale <strong>di</strong> questo periodo. Sovrane rispettate,<br />

contesse temute o ideali letterari, ecco alcune delle donne italiane che hanno lasciato una<br />

traccia nella storia.<br />

208


PERIODO STORICO PERSONAGGI<br />

RINASCIMENTO 1300 - 1500 Vittoria Colonna<br />

Lucrezia Borgia<br />

SIGNORIE Caterina de' Me<strong>di</strong>ci<br />

Anna Maria Luisa de' Me<strong>di</strong>ci<br />

Bianca Maria Sforza<br />

Maria Beatrice d'Este<br />

DUCATO DI MILANO Bianca Maria Visconti<br />

209<br />

Manuel Bovo


La donna e la politica oggi<br />

Monitoraggio dell'Università <strong>di</strong> Stoccolma e International Idea<br />

Il nostro paese, per deputate elette, dopo Svezia, Norvegia ma anche<br />

Costa Rica.<br />

Quote rosa, Italia solo 48esima. E' il Rwanda in testa alla classifica.<br />

La Spagna <strong>di</strong> Zapatero è sesta, la Germania tre<strong>di</strong>cesima, la Francia arriva ultima<br />

nonostante la legge che tutela le donne.<br />

210<br />

(<strong>di</strong> Clotilde Veltri)<br />

SOLO quarantottesima. Non proprio in fondo alla classifica della presenza femminile in<br />

politica, ma a metà. Un segno <strong>di</strong> evidente arretratezza culturale per un paese come l'Italia<br />

che dovrebbe essere, a pieno titolo, una democrazia occidentale compiuta. Proprio mentre il<br />

ministro Barbara Pollastrini fa sapere che è allo stu<strong>di</strong>o una legge sulle quote rosa "che<br />

introduca una soglia minima almeno del 33%", come in<strong>di</strong>cato per altro dalla Ue, la classifica<br />

mon<strong>di</strong>ale elaborata dall'Università <strong>di</strong> Stoccolma e da International Idea (Istituto<br />

internazionale per la democrazia e l'assistenza elettorale) ci ricorda che - sul fronte delle pari<br />

opportunità in politica - siamo in ritardo. E parecchio.<br />

Il monitoraggio - sulle quote rosa e sulla partecipazione attiva e passiva delle donne<br />

all'attività politica nei rispettivi paesi - effettuato dalle due agenzie internazionali negli stati a<br />

democrazia rappresentativa ci colloca dopo Paesi all'apparenza meno avanzati dal punto <strong>di</strong><br />

vista della cultura politica. Ovviamente dopo Svezia, Norvegia, Danimarca, Austria e<br />

Germania. Ma anche dopo Costa Rica, Nicaragua e Mozambico. Appena prima della<br />

Repubblica Domenicana, ma dopo l'Uzbekistan.<br />

La classifica - frutto <strong>di</strong> un database - è fresca <strong>di</strong> aggiornamento con i dati relativi alle elezioni<br />

parlamentari 2006 appena concluse. Certo, rispetto al 2001 - annus horribilis - siamo<br />

migliorati, e parecchio. Dopo le politiche <strong>di</strong> allora - quando vinse il centrodestra e Berlusconi<br />

<strong>di</strong>ventò premier - l'Italia si trovò retrocessa al 66esimo posto. Oggi - governo Pro<strong>di</strong> e<br />

maggioranza <strong>di</strong> centrosinistra - siamo risaliti <strong>di</strong> una ventina <strong>di</strong> posizioni, ma questo lento<br />

avanzare verso una democrazia più equa nella gestione della cosa pubblica, non ci colloca<br />

ancora tra i Paesi più evoluti.<br />

Va detto che, paradossalmente, il paese con maggiore presenza femminile in parlamento è il<br />

Rwanda con il 48,8% <strong>di</strong> donne elette (39 su 80 eletti). La nazione africana si aggiu<strong>di</strong>ca il<br />

po<strong>di</strong>o grazie a regole rigi<strong>di</strong>ssime in fatto <strong>di</strong> quote rosa. Seguono a ruota la nor<strong>di</strong>ca Svezia<br />

(45% <strong>di</strong> deputate, 157 su 349), mentre al terzo posto della classifica si colloca un paese<br />

sudamericano, il Costa Rica, che vanta un 38,6% <strong>di</strong> donne sedute in parlamento superando<br />

la Norvegia che ha 'solo' il 37,7% <strong>di</strong> presenze femminili (64 su 169).<br />

La Spagna <strong>di</strong> Zapatero - il premier, come si sa, ha fatto della questione femminile un punto<br />

programmatico e una priorità - oggi si garantisce in classifica un onorevolissimo sesto posto


(126 parlamentari donne su 350 totali). Per trovare l'Italia, invece, bisogna scorrere molti<br />

paesi dei più <strong>di</strong>versi continenti. <strong>Le</strong> italiane sedute alla Camera dei deputati oggi sono 109 su<br />

630 seggi <strong>di</strong>sponibili, un misero 17,3%. Al Senato, se possibile, è anche peggio: 44 donne su<br />

322 eletti (13,7%). Persino l'Iraq, percentualmente, sta meglio <strong>di</strong> noi con 70 donne elette su<br />

275 seggi <strong>di</strong>sponibili in parlamento (25,5%).<br />

Dopo l'Italia si trovano, invece, abbastanza clamorosamente, i cugini francesi che vantano<br />

solo 70 deputate su 577 (12,1%). E questo nonostante una legislazione tesa a penalizzare<br />

finanziariamente i partiti che non garantiscono un equo accesso al parlamento. Dopo, in<br />

classifica, ci sono paesi come il Sudan, l'Ungheria, il Nepal e, ultimo, l'Egitto dove le donne in<br />

parlamento sono 9. Su 454 deputati.<br />

www.repubblica.it del 6 luglio 2006<br />

211<br />

Emanuele Lalla


Il presidente della Repubblica ha inaugurato all'Università <strong>di</strong> Roma Tor Vergata<br />

un'epigrafe marmorea celebrativa del sessantesimo anniversario del voto alle<br />

donne<br />

Napolitano: "Per donne ai vertici serve più democrazia nei partiti"<br />

Da una ricerca presentata a Palazzo Marini emerge che i due rami del Parlamento<br />

raggiungono attualmente una percentuale <strong>di</strong> donne pari al 16,1%, inferiore alla<br />

me<strong>di</strong>a europea del 22%.<br />

ROMA - Per avere delle donne ai vertici dello Stato e del governo "i tempi sono maturi da un<br />

pezzo anche in Italia", ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, spiegando<br />

che il modo per favorire la presenza delle donne in politica "non è tanto quello <strong>di</strong> approvare<br />

norme <strong>di</strong> legge, quanto quello <strong>di</strong> apportare mo<strong>di</strong>fiche nella vita democratica dei partiti, che<br />

poi esprimono le can<strong>di</strong>dature''.<br />

Con quest'auspicio Napolitano ha inaugurato, presso la piazzetta della Facoltà <strong>di</strong> <strong>Le</strong>ttere e<br />

Filosofia dell'ateneo romano <strong>di</strong> Tor Vergata, un'epigrafe marmorea celebrativa del<br />

sessantesimo anniversario del voto alle donne. Con il presidente c'erano la moglie Clio, la<br />

giornalista ed e<strong>di</strong>torialista <strong>di</strong> Repubblica Miriam Mafai, e il rettore dell'università capitolina<br />

Alessandro Finazzi Agrò.<br />

"Quando, tra le rovine della guerra, restituita la democrazia in Italia venne il suo popolo dopo<br />

lunghi anni chiamato a darsi nuove istituzioni <strong>di</strong> pacifico governo - ricorda il testo<br />

dell'epigrafe - per la prima volta le donne votarono anch'esse, perché finalmente trovasse<br />

pienezza la libertà della nazione intera, dopo secoli <strong>di</strong> sofferta <strong>di</strong>scriminazione".<br />

"Credo che abbia ragione Miriam Mafai quando - ha detto ancora Napolitano a Tor Vergata -<br />

<strong>di</strong>ce che quando c'è una democrazia funzionante e se ci sono anche all'interno dei partiti<br />

politici procedure democratiche, le donne possono ottenere il riconoscimento che a loro<br />

spetta. Quin<strong>di</strong> forse più che con altri mezzi che non sono stati efficaci, la strada maestra è<br />

questa".<br />

212


Il presidente ha, infine, ricordato che in Italia ci sono "esempi positivi <strong>di</strong> donne che hanno<br />

raggiunto responsabilità <strong>di</strong> governo anche notevoli". "Ma - ha concluso - sono esempio<br />

ancora molto limitati".<br />

Un'osservazione che trova ampia conferma nel rapporto "Donne e politica. Alle ra<strong>di</strong>ci della<br />

<strong>di</strong>seguaglianza <strong>di</strong> genere", presentato stamane a Roma a Palazzo Marini. Dalla ricerca<br />

emerge che l'Italia ha una percentuale <strong>di</strong> donne alla Camera pari al 17,3% e una ancora più<br />

modesta, pari al 13,7%, <strong>di</strong> donne senatrici. Nel complesso i due rami del Parlamento<br />

raggiungono attualmente una percentuale <strong>di</strong> donne pari al 16,1% con un andamento<br />

<strong>di</strong>scontinuo nel corso degli anni tanto che alla Camera si è passati dal 15% del 1994, all'11%<br />

del '96 per poi risalire al dato attuale solo nel 2006.<br />

In virtù <strong>di</strong> questa scarsa presenza <strong>di</strong> donne alla Camera l'Italia, rileva la ricerca, si pone in<br />

una posizione più bassa rispetto ad altri Paesi comunitari, la cui me<strong>di</strong>a complessiva è del<br />

22%. Sempre l'Italia, si colloca al 59° posto anche nella graduatoria <strong>di</strong> donne presenti nelle<br />

"Camere basse" <strong>di</strong> più <strong>di</strong> 180 Paesi, superata da molti Paesi del Sud del mondo.<br />

<strong>Le</strong> statistiche mostrano percentuali basse anche sulla presenza femminile negli enti locali: le<br />

consigliere comunali sono il 17,7%, gli assessori donna il 18,1%, ma solo il 9,6% dei sindaci<br />

è donna.<br />

www.repubblica.it del 21 novembre 2006<br />

213<br />

Emanuele Lalla


La presenza delle donne dell’attuale Governo<br />

Presidente del Consiglio<br />

Silvio Berlusconi<br />

Sottosegretari <strong>di</strong> Stato alla Presidenza del Consiglio<br />

Gianni <strong>Le</strong>tta<br />

Paolo Bonaiuti (Informazione, comunicazione ed e<strong>di</strong>toria)<br />

Gianfranco Miccichè (CIPE)<br />

Carlo Giovanar<strong>di</strong> (Famiglia, Droga, Servizio civile)<br />

Michela Vittoria Brambilla (Turismo)<br />

Aldo Brancher (Federalismo)<br />

Rocco Crimi (Sport)<br />

Maurizio Balocchi (Semplificazione normativa)<br />

Guido Bertolaso (Soluzione dell'emergenza rifiuti nella regione Campania)<br />

Ministri senza portafoglio<br />

Rapporti con le Regioni<br />

Ministro: Raffaele Fitto<br />

Attuazione del Programma <strong>di</strong> Governo<br />

Ministro: Gianfranco Roton<strong>di</strong><br />

Pubblica amministrazione e l'Innovazione<br />

Ministro: Renato Brunetta<br />

Pari opportunità<br />

Ministro: Mara Carfagna<br />

Politiche Europee<br />

Ministro: Andrea Ronchi<br />

Rapporti con il Parlamento<br />

Ministro: Elio Vito<br />

Riforme per il Federalismo<br />

Ministro: Umberto Bossi<br />

Gioventù<br />

Ministro: Giorgia Meloni<br />

Semplificazione Normativa<br />

Ministro: Roberto Calderoli<br />

Ministri con portafoglio<br />

Affari Esteri<br />

Ministro: Franco Frattini<br />

Sottosegretari: Stefania Gabriella Anastasia Craxi, Alfredo Mantica, Enzo Scotti<br />

Interno<br />

Ministro: Roberto Maroni<br />

Sottosegretari: Michelino Davico, Alfredo Mantovano, Nitto Francesco Palma<br />

Giustizia<br />

Ministro: Angelino Alfano<br />

Sottosegretari: Maria Elisabetta Alberti Casellati, Giacomo Caliendo<br />

Difesa<br />

214


Ministro: Ignazio La Russa<br />

Sottosegretari: Giuseppe Cossiga, Guido Crosetto<br />

Economia e Finanze<br />

Ministro: Giulio Tremonti<br />

Sottosegretari: Alberto Giorgetti, Daniele Molgora, Nicola Cosentino, Luigi Casero,<br />

Giuseppe Vegas<br />

Sviluppo Economico<br />

Ministro: Clau<strong>di</strong>o Scajola<br />

Sottosegretari:Ugo Martinat (fino al 28 marzo 2009), Paolo Romani, Adolfo Urso<br />

Politiche Agricole, Alimentari e Forestali<br />

Ministro: Luca Zaia<br />

Sottosegretari: Antonio Buonfiglio<br />

Ambiente, Tutela del Territorio e del Mare<br />

Ministro: Stefania Prestigiacomo<br />

Sottosegretari: Roberto Menia<br />

Infrastrutture e Trasporti<br />

Ministro: Altero Matteoli<br />

Sottosegretari: Roberto Castelli, Bartolomeo Giachino, Mario Mantovani, Giuseppe<br />

Maria Reina<br />

Lavoro Salute e Politiche sociali<br />

Ministro: Maurizio Sacconi<br />

Sottosegretari: Pasquale Viespoli, Ferruccio Fazio, Francesca Martini, Eugenia Maria<br />

Roccella<br />

Istruzione Università e Ricerca<br />

Ministro: Mariastella Gelmini<br />

Sottosegretari: Giuseppe Pizza<br />

Beni e Attività Culturali<br />

Ministro: Sandro Bon<strong>di</strong><br />

Sottosegretari: Francesco Maria Giro<br />

215


Dal romanzo al teatro:<br />

progetto per una rappresentazione teatrale<br />

NARRATORE - Corre l'anno 1500. A seguito dell’intervento del padre, papa Alessandro VI ,<br />

Lucrezia Borgia viene sciolta da vincolo matrimoniale con Giovanni conte <strong>di</strong> Pesaro e fatta<br />

sposare per motivi politici con Alfonso <strong>di</strong> Bisceglie. Tale matrimonio è fortemente voluto dal<br />

fratello Cesare Borgia, il duca Valentino.<br />

E’ al suo secondo matrimonio. Entrambi, il padre e il fratello, sfruttano i matrimoni <strong>di</strong><br />

Lucrezia per contrattare alleanze…<br />

SCENA I (Casa <strong>di</strong> Alfonso <strong>di</strong> Bisceglie)<br />

Un maggiordomo <strong>di</strong> Alfonso, Pietro, si aggira per la stanza da letto del duca accendendo<br />

candele: entra Alfonso<br />

PIETRO - Duca Alfonso posso chiedervi, se Vossignoria mi permette, perchè vedo tal cruccio<br />

sul suo volto? Sarà per vostra moglie o non sarà per caso per quel Valentino che è persona<br />

del tutto spregevole?-<br />

ALFONSO- Via, messer Pietro, non siate insolente...<br />

PIETRO- Chiedo umilmente scusa per i miei toni azzardati, ma sinceramente quel Valentino<br />

proprio non lo sopporto, spadroneggia ovunque e nessuno alza un <strong>di</strong>to per fermarlo.<br />

ALFONSO- Ma nessuno si permetterà mai <strong>di</strong> alzare un <strong>di</strong>to: è troppo pericoloso. Non<br />

<strong>di</strong>menticare che è il primogenito del papa Alessandro VI. Comunque sì, è per il Valentino se il<br />

mio umore è così nero. E non posso fare nulla: è mio cognato, il fratello <strong>di</strong> mia moglie<br />

Lucrezia, capite?<br />

PIETRO- C'è sempre una soluzione, duca!<br />

ALFONSO- Mi <strong>di</strong>spiace deluderti, Pietro, ma non esiste soluzione all'arroganza, alla<br />

prepotenza e alla crudeltà.<br />

PIETRO – Sarà, ma statevene alla larga. Buonanotte, duca.<br />

ALFONSO- Grazie Pietro, buona notte anche a te. Non penso comunque <strong>di</strong> andar a dormire<br />

presto.Devo leggere questi documenti.<br />

(Alfonso <strong>di</strong> Bisceglie legge dei documenti)<br />

ALFONSO- I miei posse<strong>di</strong>menti in Puglia sono abbastanza vasti, ma il mio potere politico sta<br />

scemando, dannato Cesare...<br />

Entra un sicario <strong>di</strong> Cesare Borgia.Strangola Alfonso che si <strong>di</strong>mena, ma alla fine muore.<br />

SICARIO - Questo è un regalino da parte del grande Valentino ( ride e si guarda intorno),<br />

216


speriamo non mi abbia visto nessuno. Il padrone mi ucciderebbe se mi scoprissero.<br />

Scappa mettendosi un cappuccio.<br />

Pietro corre subito nella camera, sentendo le grida.<br />

PIETRO- No, signor duca, chi è stato? Esca subito, vigliacco! ( luci spente)<br />

SCENA II (San Pietro)<br />

Funerali <strong>di</strong> Alfonso, Alessandro VI in prima fila. Dietro <strong>di</strong> lui Cesare e al seguito Lucrezia con<br />

Giulia e madama Adriana.<br />

CESARE- Così ha voluto il destino. Ma cara Lucrezia come hanno trovato il corpo?<br />

LUCREZIA- (pensa) Come se non lo sapesse! (ad alta voce in lacrime). Per terra esanime,<br />

strangolato.<br />

CESARE- Diciamo che i tuoi mariti non sono stati fortunati. Sarà perchè sono stati sposati con<br />

te?<br />

Mi <strong>di</strong>spiace molto. Sai sicuramente in futuro troverai qualcuno più fortunato.(cammina<br />

sogghignando)<br />

La bara, Cesare, Alessandro VI escono. Rimane sola Lucrezia con Giulia Farnese e madama<br />

Adriana<br />

LUCREZIA- Giulia ho vent'anni e sono già vedova <strong>di</strong> due mariti uccisi, non riesco ad avere<br />

coraggio, sono in balia del mio destino.<br />

GIULIA FARNESE - Duchessa Lucrezia non <strong>di</strong>re cose che non sono vere! E' solo un periodo<br />

della vita che anche se è triste passerà; ti tornerà il sorriso e la luce negli occhi...come hai<br />

sempre avuto e tornerai a essere quella bellissima fanciulla che mi è sempre stata cara.<br />

LUCREZIA - Tu <strong>di</strong>ci così, ma in realtà lo sai benissimo che io non sarò mai felice fino a che<br />

sarò succube <strong>di</strong> mio fratello e <strong>di</strong> mio padre.<br />

MADAMA ADRIANA - Ma Lucrezia, essere succubi del volere dei nostri padri, fratelli, mariti o<br />

comunque all'uomo è normale: loro sono superiori a noi e hanno maggiore potere<br />

decisionale. La donna ha dovuto sempre compiacere l'uomo: è il nostro dovere.<br />

GIULIA FARNESE- Beh, però non dovrà per forza essere per sempre così! La donna dovrebbe<br />

cercare <strong>di</strong> essere padrona della propria vita e reagire al volere che ci viene imposto<br />

dall'uomo.<br />

Perchè non posso scegliere io chi sposare?<br />

MADAMA ADRIANA- Zitta, Giulia, non si <strong>di</strong>cono certe cose: se ci dovessero sentire non penso<br />

che avremmo vita lunga e poi non è vero, la donna deve assecondare sempre l'uomo perchè<br />

è il compito che ci è stato impartito da nostro Signore.<br />

LUCREZIA- No madama Adriana, ha ragione la mia cara amica Giulia. Noi donne dobbiamo<br />

217


farci sentire e dobbiamo avere il coraggio, prima <strong>di</strong> rifiutare le decisioni altrui e,dopo,<br />

scegliere il marito giusto per noi, seguendo solo il cuore e non le <strong>di</strong>scutibili decisioni politiche.<br />

Ora deciderò io del mio futuro e sceglierò, se mai mi risposerò, un marito che sia alla pari<br />

con mio fratello e mio padre … (luci spente <strong>di</strong> colpo)<br />

SCENA III ( Palazzo pontificio)<br />

NARRATORE- Appena un mese dopo la morte del duca <strong>di</strong> Bisceglie, mentre Lucrezia<br />

piangeva a Nepi , il Papa già programmava una nuova alleanza usando un altro matrimonio<br />

della figlia.<br />

Alessandro VI manda a chiamare Lucrezia per un colloquio.<br />

ALESSANDRO VI - Lucrezia cara, ben arrivata qui a Roma. Come stai?<br />

LUCREZIA - Male, padre, non riesco a superare il dolore.<br />

ALESSANDRO VI -Ora però non puoi permetterti <strong>di</strong> piangere: devi reagire. Ho trovato per te<br />

un nuovo marito, Francesco <strong>di</strong> Gravina. Sei contenta?<br />

LUCREZIA- No padre non posso!<br />

ALESSANDRO VI – Ma perché?<br />

LUCREZIA - Perchè i miei mariti sono tutti malcapitati.<br />

ALESSANDRO VI - Ma no, figlia mia, non è così ! Sono solo state persone sbagliate. Senti, hai<br />

già rifiutato il conte <strong>di</strong> Ligny, Ottaviano Colonna, gran partito. Non puoi più opporre rifiuti !<br />

LUCREZIA- Ma come hai il coraggio <strong>di</strong> <strong>di</strong>re che erano sbagliati i miei mariti, pace all’anima<br />

loro (facendosi il segno della croce), quando sei stato tu insieme a mio fratello, tuo figlio<br />

Cesare, a farmeli sposare!<br />

Ora decido io! (va via correndo)<br />

Entra Cesare che era nascosto <strong>di</strong>etro la tenda della finestra.<br />

CESARE- Cosa si è messa in testa tua figlia? <strong>Le</strong>i deve stare alle nostre decisioni, non può<br />

permettersi <strong>di</strong> decidere da sola, anzi, non possiamo permettere che decida da sola!<br />

ALESSANDRO VI- Diamole tempo, stai tranquillo, bisogna aspettare che si calmi e che<br />

capisca che ha bisogno <strong>di</strong> noi.<br />

CESARE- Va bene padre ti credo, ma se non si comporta come noi <strong>di</strong>ciamo, agiamo a modo<br />

mio!<br />

218<br />

Andrea Curati De Pietro


Lo stile dell’ autrice: Lucrezia Borgia<br />

Per esporre un tema storico come la vita tormentata <strong>di</strong> Lucrezia Borgia, Maria Bellonci<br />

esprimei concetti con uno stile rigoroso, formale, in una obbiettiva terza persona completato<br />

da fondamentali documenti storici.<br />

"La famiglia Borgia originaria <strong>di</strong> Jativa presso Valencia in Ispagna, piccola città che stacca<br />

contro il cielo da maiolica persiana le sue case basse e bianche,abitata da gente <strong>di</strong> sangue<br />

misto spagnolo e arabo, pesante, ricco e possente nella voluttà...Quando l'ultima fiamma<br />

vitale vacillava sul viso <strong>di</strong> Callisto,e tutti ebbero paura, parenti familiari e amici,le sorelle<br />

stesse, Rodrigo rimase, solo,..." (pag. 25-27)<br />

La lettura è scorrevole, ma a tratti prolissa con molte <strong>di</strong>gressioni, rese inevitabili dalle<br />

numerose vicende storiche, come ad esempio: le preparazioni alle guerre, la successione dei<br />

papi, i viaggi e le numerose date.<br />

Punte <strong>di</strong> ironia spiccano <strong>di</strong>verse volte, sopratutto per critiche o osservazioni sugli ipotetici<br />

pensieri desunti dagli atteggiamenti dei personaggi.<br />

"Lucrezia stette a sentire, e pareva calma: ma nessuno ci <strong>di</strong>ce che espressione avevano i<br />

suoi occhi mentre rispondeva con rifiuto. "E perché ?" domandò il Papa, più curioso <strong>di</strong> sentire<br />

la risposta che sorpreso. Ma, invece delle preve<strong>di</strong>bili risposte da vedova - non averne voglia o<br />

de<strong>di</strong>carsi solo al figlio - Lucrezia rispondeva forte alla presenza <strong>di</strong> tutti " Perché i miei mariti<br />

sono malcapitati". (pag. 208)<br />

Ho notato una sostanziale vicinanza con Alessandro Manzoni nel descrivere e analizzare ogni<br />

particolare della vicenda, degli atteggiamenti, dei luoghi e dei pensieri.<br />

"Tra il Veneto e la Lombar<strong>di</strong>a a nord, e l'Appennino emiliano a sud, il ducato degli Este<br />

apriva lento la sua ampia pianura, colorita nei ver<strong>di</strong> della terra dei fiumi e delle palu<strong>di</strong>,<br />

coltivata da agricoltori <strong>di</strong> razza e <strong>di</strong> grana dura..." (pag. 259)<br />

Ne "I promessi sposi",capitolo I ("Quel ramo del lago <strong>di</strong> Como, che volge a mezzogiorno, tra<br />

due catene non interrotte <strong>di</strong> monti, tutto a seni e a golfi a seconda dello sporgere e del<br />

rientrare <strong>di</strong> quelli, vien, quasi a un tratto, a restringersi e prender corso e figura <strong>di</strong> un fiume,<br />

tra un promontorio a destra e un ampia costiera dell'altra parte...")<br />

La storia narrata è evidentemente accattivante e resa attuale dalla straor<strong>di</strong>naria vicinanza del<br />

tema dell'impari posizione sociale delle donne rispetto al genere maschile che è sempre stata<br />

presente anche oggi.<br />

219<br />

Andrea Curati De Pietro


Lo stile dell’ autrice: Rinascimento privato<br />

La scelta <strong>di</strong> Maria Bellonci <strong>di</strong> incentrare la narrazione su persone che sono realmente esistite,<br />

ossia che “hanno avuto uno stato civile”, è una scelta <strong>di</strong> grande rilevanza, che implica anche<br />

notevoli rischi. La narrazione storica infatti non è un terreno molto facile da seguire. Narrare<br />

<strong>di</strong> personaggi storici e dei fatti che essi hanno compiuto, può rivelarsi molto più complicato <strong>di</strong><br />

quanto non sembri, se non si presta la dovuta attenzione anche ai dettagli meno importanti.<br />

Maria Bellonci ha compiuto quin<strong>di</strong> la scelta, ardua, <strong>di</strong> raccontare la storia. Il suo sguardo si<br />

rivolge al Rinascimento, alle corti italiane del Cinquecento, del Quattrocento, del Duecento, a<br />

gran<strong>di</strong> e potenti famiglie: i Borgia, i Gonzaga, gli Este, i Visconti. Quel “deposito immenso<br />

che è il passato” conduce l’autrice a riflettere su come l’istinto e la ragione si alternano nella<br />

realtà, e la porta alla ricerca <strong>di</strong> storie che abbiano la concretezza del “già vissuto”. La “realtà”<br />

del documento è il suo banco <strong>di</strong> prova, il luogo dell’incontro con i suoi personaggi. Sono<br />

necessari tempi lunghi, un’esatta ricostruzione dei luoghi, ma soprattutto molta pazienza, per<br />

arrivare alla conoscenza dell’uomo, dell’essere umano, che è per lei una figura centrale, da<br />

cui si irraggiano le azioni, la vita. Se già per descrivere l’uomo in quanto tale servono per<br />

l’autrice questi requisiti, a maggior ragione tutto questo è necessario per affrontare la<br />

descrizione e l’analisi <strong>di</strong> un personaggio storico. Come nel Rinascimento “...ancora oggi esiste<br />

in qualche spirito, la certezza della <strong>di</strong>gnità dell’uomo, centro dell’universo”.<br />

“Mi impegna la ricerca tradotta in termini stilistici dei mon<strong>di</strong> interiori paralleli ai fatti e che per<br />

rameggiature profonde collegano quei fatti oltre i secoli e i luoghi”. Maria Bellonci segue una<br />

serie <strong>di</strong> fatti <strong>di</strong> cui ha verificato la certezza e l’esattezza storica; percorrendo i documenti<br />

storici, arriva a vivere nella loro geografia. Quello spazio storico che l’autrice ripercorre, con<br />

la sua analisi accurata e precisa, non rimane più vincolato ad un tempo lontano, ma <strong>di</strong>venta<br />

reale, attuale. Se da una parte, Maria Bellonci sfrutta il potenziale nascosto <strong>di</strong>etro il<br />

documento, dando voce ad una realtà che altrimenti resterebbe lettera morta, dall’altra<br />

trasforma il documento stesso, lo rende testimonianza del passato, arricchendolo dal punto<br />

<strong>di</strong> vista narrativo. Dice Isabella d’Este in Rinascimento privato, “Che cos’è il Tempo, e perché<br />

deve considerarsi passato? Fino a quando viviamo esiste un solo tempo, il presente.” Ed è in<br />

questa <strong>di</strong>mensione “agostiniana” che Maria Bellonci fa vivere i suoi personaggi.<br />

Prima <strong>di</strong> essere resi presenti attraverso il filtro della scrittura, Maria Bellonci vive con loro una<br />

“contemporaneità immaginaria”. Anni <strong>di</strong> ricerca negli archivi <strong>di</strong> Mantova, Modena, Milano,<br />

Firenze, Roma hanno “se<strong>di</strong>mentato” in lei sentimenti, emozioni, amori. Il privato, insomma,<br />

l’umanità varia si è consolidata in figure dalla struttura solida, corposa e materica, che<br />

richiama la grande arte del pittore Mantegna. L’attenzione per gli abiti, per uno stile<br />

armonico, per i gioielli, si sposa con l’eleganza del suo linguaggio spesso “gemmato”. <strong>Le</strong><br />

parole sono spesso desuete, rare ma sono mosse sempre da una ragione sentimentale, da<br />

una “sintassi interiore”.<br />

La Bellonci nello scrivere suoi i romanzi ha inventato, o meglio ricostruito, un linguaggio che<br />

il lettore può interpretare con grande facilità ed in modo limpido, ma con una patina <strong>di</strong> antico<br />

in modo da rendere più realistica la narrazione in prima persona. Per esempio spesso usa<br />

lemmi ormai desueti, un vero e proprio lessico d'epoca, come quello legato a mode e oggetti<br />

del tempo, come tabì (la seta pesante), morello (un colore tendente al nero), aromatario<br />

(l'addetto ai profumi), lupo cerviero (la pelliccia <strong>di</strong> lince), eccetera. Altre volte sceglie forme<br />

arcaiche <strong>di</strong> parole e nomi: istorie invece <strong>di</strong> storie, aere invece <strong>di</strong> aria, Baldesar Castiglione<br />

invece <strong>di</strong> Baldassarre Castiglione, talvolta evitando i <strong>di</strong>ttonghi <strong>di</strong> origine seicentesca (rotare,<br />

infocato, movendo...). Altre volte poi la riscoperta nasce sfruttando suffissi arcaizzanti come -<br />

ivo per gli aggettivi (attrattivo, dubitativo, ragionativo...), -evole (lusinghevole, ridevole...), -<br />

oso (corruccioso...) o -ità per i sostantivi (attrattività, istintività), parole comunque non<br />

220


coniate ex-novo, ma presenti nel vocabolario storico letterario. Per esempio corruccioso è<br />

usato da Jacopo da <strong>Le</strong>ntini e Iacopone da To<strong>di</strong>, malinconoso dal Boccaccio e da Pietro<br />

Bembo. Solo in alcuni casi usa parole non documentate applicando suffissi <strong>di</strong>versi a forme<br />

documentate (come foiano invece <strong>di</strong> foioso, e pochi altri casi). Anche la sintassi talvolta è<br />

mo<strong>di</strong>ficata, come nelle strutture del sostantivo seguito dall'aggettivo possessivo (il Mantegna<br />

nostro o la corte mia...), o in frasi <strong>di</strong> costruzioni infinitive latineggianti o con il verbo<br />

anteposto (era costui gran<strong>di</strong>ssimo signore). Nelle lettere <strong>di</strong> Robert De La Pole, lo stile si fa<br />

poi ridondante, in senso coerente con gli epistolari dell'epoca che la Bellonci ha avuto modo<br />

<strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are, quasi adulativo quando si tratta <strong>di</strong> rivolgersi a Isabella, con espressioni insolite<br />

che connotano le lettere verso un certo eccesso verbale. In definitiva l'autrice non usa il<br />

linguaggio originale dell'epoca, peraltro ben documentato, ma si limita a inserire con misura<br />

e funzionalità alcune parole e strutture linguistiche che <strong>di</strong>fficilmente trovano spazio in una<br />

narrazione contemporanea, ma non così antiche da essere irriconoscibili: crea così una<br />

patina <strong>di</strong> antico che aderisce a tutto il testo, senza però comprometterne la scorrevolezza e<br />

la piacevolezza <strong>di</strong> lettura. Si può <strong>di</strong>re che Maria Bellonci crea un suo stile <strong>di</strong> assoluta<br />

originalità, innovazione e poesia, un modo <strong>di</strong> scrivere che rimane estraneo alle definizioni<br />

classiche <strong>di</strong> genere letterario. Come <strong>di</strong>ce Geno Pampaloni: “Lo stile della Bellonci si colloca<br />

all’interno <strong>di</strong> un rapporto <strong>di</strong>retto, <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo serrato e continuato tra poesia e storia”.<br />

221<br />

Marco Mantini


Bibliografia<br />

Bellonci Maria, Lucrezia Borgia, Milano, Mondadori, Oscar narrativa 1989<br />

Bellonci Maria, Rinascimento privato, Milano, Mondadori, Oscar narrativa 1989<br />

De Giovanni Neria, Carta <strong>di</strong> donna, Narratrici italiane del 900, Sei 1996<br />

Grillan<strong>di</strong> Massimo, Invito alla lettura <strong>di</strong> Maria Bellonci, Milano, Mursia, 1983<br />

Pampaloni Geno, Introduzione a “Tu vipera gentile”, Oscar Mondadori 2006<br />

Paolini Alcide, Introduzione a Lucrezia Borgia (1979)<br />

www.associazioni.comune.fe.it<br />

www.fondazionebellonci.it<br />

www.narrarelastoria.com<br />

www.repubblica.it<br />

www.wikipe<strong>di</strong>a.org<br />

222


<strong>Le</strong> nostre riflessioni su Lucrezia Borgia<br />

Con il romanzo storico "Lucrezia Borgia", Maria Bellonci rende giustizia alla <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> una<br />

donna costretta a trascorrere la sua vita nell'insopportabile agonia <strong>di</strong> appartenere ad una<br />

famiglia controversa e piena <strong>di</strong> intrighi.<br />

<strong>Le</strong>ggendo il romanzo , due fasi della vita della protagonista vengono evidenziate. La prima<br />

controllata e soggiogata dalle due gran<strong>di</strong> figure maschili : Cesare Borgia, fratello <strong>di</strong> Lucrezia,<br />

e Rodrigo Borgia, il papa Alessandro VI, padre della protagonista.<br />

La seconda fase, trascorsa nella corte <strong>di</strong> Ferrara, forse più autonoma e responsabile: in essa<br />

Lucrezia agisce per il bene della sua nuova famiglia e dello stato Estense, nei momenti <strong>di</strong><br />

assenza del marito.<br />

"Quella che pa sava non era più la figlia del papa , Lucrezia Borgia, ma la duche sa <strong>di</strong> Ferrara, sconosciuta<br />

nata ora, straniera che si doveva guardare senza rivelarle nulla, chiudendo nei muri perfino le<br />

co ne sure dei mattoni. Già Roma e Lucrezia non si riconoscevano più. "<br />

(cit. da Lucrezia Borgia cap. VI)<br />

Nel passo sopra citato si racchiude il concetto esposto precedentemente. Lucrezia appena<br />

ventunenne, neo-sposa <strong>di</strong> Alfonso D'Este, rinasce. Ha davanti a sé una nuova vita da<br />

trascorrere a pieno nella sua corte alla quale de<strong>di</strong>cherà tutta sé stessa. Ella sembra aver<br />

rotto ogni legame con Roma e con il suo passato, sembra esser cresciuta interiormente: una<br />

nuova donna, finalmente in<strong>di</strong>pendente. (Giorgia Battistini)<br />

“Solo in tempi più tar<strong>di</strong>,dal <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne della sua anima che sta tra la religione e la<br />

sensibilità,fra la volontà <strong>di</strong> una vita <strong>di</strong>sciplinata e l’ardente anarchia dei desideri,saprà levarsi<br />

a intraprendere contro il padre,contro il fratello…quelle sue ribellioni che la condurranno,sola<br />

tra i Borgia,a salvarsi.” In queste poche parole è riassunto il personaggio <strong>di</strong> Lucrezia<br />

Borgia,donna insofferente per il suo desiderio <strong>di</strong> emancipazione (assai raro tra le donne del<br />

suo tempo),sacrificato alle mire espansionistiche del padre Rodrigo e del fratello Cesare.<br />

Usata come un oggetto e “sbattuta” da un matrimonio all’altro talmente in fretta da lasciarla<br />

frastornata,<strong>di</strong>sorientata,confusa,troverà un po’ <strong>di</strong> tranquillità solo con il suo terzo<br />

matrimonio,quando non farà più parte dei progetti politici dei suoi familiari. Lucrezia fu<br />

vittima del potere esercitato dall’uomo tanto da essere usata per rafforzare alleanze in<br />

politica.<br />

Allora,però,la donna era considerata <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zione inferiore all’uomo ma oggi, nonostante<br />

la Costituzione riconosca esplicitamente l’uguaglianza,teorica,tra i due sessi in politica in<br />

Italia <strong>di</strong> donne se ne vedono poche:infatti solo da qualche anno a questa parte è aumentato<br />

il loro numero che rimane comunque sempre molto basso in confronto a quello degli uomini.<br />

Ma i pregiu<strong>di</strong>zi con i quali devono fare i conti le donne non riguardano solo la politica ma<br />

numerose professioni. Il pregiu<strong>di</strong>zio,dunque, c’era allora come oggi ed è <strong>di</strong> tipo culturale,<br />

una ostinata “erbaccia” <strong>di</strong>fficile da estirpare perché ra<strong>di</strong>cata nel profondo della nostra matrice<br />

culturale.<br />

Ritornando al libro, questo ci racconta anche come, nonostante la potenza e la tracotanza<br />

<strong>di</strong> tale pregiu<strong>di</strong>zio misogino, la forza <strong>di</strong> carattere <strong>di</strong> Lucrezia le consentì, dopo il terzo<br />

matrimonio, una <strong>di</strong>screta con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> emancipazione all’interno del casato estense e<br />

pertanto le sarà possibile circondarsi <strong>di</strong> una corte ricca e vivace dal punto <strong>di</strong> vista<br />

intellettuale <strong>di</strong> cui costituirà il perno. Risiede qui,dal mio punto <strong>di</strong> vista,la straor<strong>di</strong>narietà <strong>di</strong><br />

questo personaggio che non si è lasciato schiacciare dal pregiu<strong>di</strong>zio imperante della società,<br />

ma è riuscito a ricavarsi una piccola nicchia,una piccola isola dove vivere serena,all’interno <strong>di</strong><br />

223


quella stessa società che la schiacciava tramite i suoi familiari:per questo motivo, a mio<br />

avviso, Lucrezia potrebbe essere definita un”eroina” rinascimentale.<br />

Il libro è stato in alcuni punti impegnativo per i numerosi nomi e la ricchezza dei dettagli<br />

<strong>di</strong> cui è ricco. Allo stesso tempo però questi stessi dettagli servono a completare quello che è<br />

un grande affresco del Rinascimento Italiano che la lettura del libro <strong>di</strong>pinge nella nostra<br />

mente pagina dopo pagina. Questo è l’aspetto del libro che mi ha colpito e mi è piaciuto <strong>di</strong><br />

più. (Manuel Bovo)<br />

“ Fece la ricomparsa uno che già nel 1498 le si era offerto, Francesco Orsini duca <strong>di</strong> Gravina.<br />

Un giorno, quando al papa parve opportuno, fu chiamata in Vaticano e le fu fatta la proposta<br />

del matrimonio col Gravina, dopo un <strong>di</strong>scorsino amorevole composto lì per lì dal papa con la<br />

sua solita grazia. Lucrezia stette a sentire, e pareva calma: ma nessuno ci <strong>di</strong>ce che<br />

espressione avevano i suoi occhi mentre rispondeva con un rifiuto. “E perchè?” domandò il<br />

papa, più curioso <strong>di</strong> sentire la risposta che sorpreso. Ma, invece delle preve<strong>di</strong>bili risposte da<br />

vedova – non voler ella rimaritarsi per non averne voglia, e per de<strong>di</strong>carsi soltanto al figlio –<br />

Lucrezia rispondeva forte alla presenza <strong>di</strong> tutti: “ Perché i miei mariti sono malcapitati.” (da<br />

Lucrezia Borgia, capitolo V)<br />

Mentre leggevo il libro, mi sono soffermata attentamente sulla frase riportata qui in alto.<br />

In tutto il libro Lucrezia è sempre stata succube delle decisioni prese dalla sua famiglia ed<br />

etichettata per questo motivo. Qui invece notiamo la prima ribellione da parte sua contro la<br />

proposta del padre per un matrimonio combinato con il duca Gravina. Non bisogna<br />

comunque farsi illusione. Ritengo che Lucrezia si sarebbe sottomessa se la situazione politica<br />

fosse cambiata. La parentela con Francesco Orsini non avrebbe più portato vantaggi alla<br />

famiglia Borgia ed è per questo, a parer mio, che il papa non ha fatta ulteriore pressione<br />

sulla figlia.<br />

Come ragazza del duemila ritengo che la situazione della donna sia abbastanza migliorata,<br />

anche se tuttora leggiamo sui quoti<strong>di</strong>ani o ascoltiamo dai mass-me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> donne picchiate e<br />

maltrattate dai loro compagni o mariti che non hanno il coraggio <strong>di</strong> ribellarsi come è<br />

successo a Lucrezia Borgia. (Martina Cecchetti).<br />

La scrittrice Maria Bellonci, in un momento cruciale della storia <strong>di</strong> Lucrezia Borgia, ci presenta<br />

la protagonista, che sentendo in pericolo la sua salute, fa un bilancio sulla vita vissuta: aveva<br />

condotto una vita da cortigiana, ricca, sontuosa e anche abbastanza <strong>di</strong>ssoluta. Aveva sempre<br />

amato la vita e aveva nutrito anche una continua paura della morte:<br />

“credere nell’immortalità dell’anima, era per lei ancora una volta, l’estrema, credere nella<br />

vita.” (Da Lucrezia Borgia,cap. XII)<br />

Sono stato colpito dall’analisi psicologica del personaggio: Lucrezia, ci viene detto, cercava<br />

ora <strong>di</strong> rifugiarsi nella religione perché vedeva nella vita dei santi un modo per raggiungere<br />

l’amore <strong>di</strong>vino, un momento <strong>di</strong> calma e pace; ma questo era durato solo poco tempo,<br />

perché poi aveva cominciato a ricercare una protezione più certa. In un momento che lei<br />

riteneva estremo, durante la gestazione dell’ultimo figlio, provò a chiedere al papa una<br />

bene<strong>di</strong>zione speciale per mezzo <strong>di</strong> una lettera che dovette dettare per sopraggiunta<br />

impossibilità a provvedere da sola.<br />

Ricevette questa bene<strong>di</strong>zione che le permise <strong>di</strong> avere un’effimera tranquillità prima del<br />

parto, ma ciò durò solo un attimo, poiché ritornò il tormento: ciò che continuava a<br />

desiderare maggiormente era l’ irraggiungibile minuto <strong>di</strong> grazia . Raccontando gli ultimi<br />

sprazzi della vita <strong>di</strong> Lucrezia, l’autrice ci fa percepire la contrapposizione tra il mondo esterno<br />

224


con la vita fastosa e la sensazione <strong>di</strong> pace che solo il sentore della morte imminente<br />

produsse nella protagonista.<br />

Nel giugno del 1519 Lucrezia morirà dopo il quinto parto. (<strong>Le</strong>onardo D’Ambrosio)<br />

Maria Bellonci ricostruisce la figura storica <strong>di</strong> Lucrezia Borgia. Nella ricostruzione, la scrittrice<br />

mostra il suo scetticismo verso l’ovvietà <strong>di</strong> certi sillogismi tramandati nel corso della storia:<br />

poiché Lucrezia è la figlia <strong>di</strong> Alessandro VI e sorella <strong>di</strong> Cesare Borgia è considerata complice<br />

e protagonista delle stesse violenze. L’opera è anche biografia dei sentimenti e <strong>di</strong> ciò che si<br />

nasconde <strong>di</strong>etro le apparenze e le realtà storiche: “ Nessuno si è mai domandato, prima <strong>di</strong><br />

chiamarla a giu<strong>di</strong>zio, come e in quali punti la vita sua propria poteva accordarsi in lei con la<br />

vita rappresentata”. Da questa frase, si può notare che Lucrezia è la tipica vittima del potere:<br />

a lei non è concesso fare scelte, come scegliere chi sposare, o esprimere le proprie idee a<br />

riguardo; non ha la piena autorità sulla sua vita perché è completamente soggetta alla<br />

volontà del padre e del fratello. La donna quin<strong>di</strong> è presentata come “oggetto”, utilizzato per<br />

tessere relazioni con altre famiglie, come gli Sforza,i Bisceglie e gli Este, al fine <strong>di</strong><br />

salvaguardare gli interessi dei Borgia , ignorando al tempo stesso i sentimenti e le opinioni <strong>di</strong><br />

Lucrezia. (Martina Fabbri)<br />

Figlia <strong>di</strong> Ercole d’Este, moglie <strong>di</strong> Francesco Gonzaga e marchesa <strong>di</strong> Mantova, Isabella d’Este<br />

era una donna geniale, colta e spregiu<strong>di</strong>cata, che improntò <strong>di</strong> sé un’intera epoca.<br />

A lei, narratrice in prima persona, l’autrice affida il compito <strong>di</strong> condurre il lettore attraverso<br />

gli intrighi politici, le vicende amorose, i segreti <strong>di</strong> corte e della curia, le mode, i fermenti<br />

culturali degli anni che vanno dal Millecinquecento al Millecinquecentotrenta. E’ questo uno<br />

dei momenti più vivi ed intensi della storia d’Italia, in cui vissero <strong>Le</strong>onardo, Michelangelo,<br />

Raffaello, Cesare Borgia, Ariosto, Machiavelli, Mantegna e molti altri personaggi celebri che<br />

ritroviamo nella narrazione.<br />

Un passo che mi ha molto colpito nel libro si trova nelle pagine 46-47, nel capitolo I,<br />

intitolato “Misura <strong>di</strong> giovinezza”, e affronta il tema della situazione delle donne nel 500.<br />

Isabella aveva preso in mano il potere politico in seguito alla morte del marito, ma si trovava<br />

nella impossibilità <strong>di</strong> aiutare suo fratello Alfonso e <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>rne il matrimonio con Lucrezia<br />

Borgia, unione che era stata decisa da suo padre Ercole d’Este. I Borgia volevano far sposare<br />

Lucrezia con un componente della famiglia Orsini, ma quest’ultima si era rifiutata <strong>di</strong><br />

acconsentire alle nozze, <strong>di</strong>cendo che se non si fosse sposata con Alfonso, sarebbe andata in<br />

convento. Quest’ultima affermazione può far pensare, in un primo momento, ad un potere<br />

decisionale della donna. In realtà, tale frase dà un’in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> quali fossero le scelte <strong>di</strong> vita<br />

<strong>di</strong>sponibili alle donne appartenenti ad un alto ceto: piegarsi ai voleri dei familiari e sposarsi<br />

con un marito da essi imposto, creandosi così una famiglia, oppure prendere la via del<br />

convento. Non esistevano altre vie <strong>di</strong> affermazione personale, tant’è che anche ad Isabella<br />

venne tolto il potere non appena il figlio Federico ebbe l’età adeguata per governare. (Marco<br />

Mantini)<br />

"Solo in tempi più tar<strong>di</strong>, dal <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne della sua anima che sta fra la religione e la sensualità, fra la<br />

volontà <strong>di</strong> una vita <strong>di</strong>sciplinata e l'ardente anarchia dei desideri, saprà levarsi a intraprendere<br />

contro il padre, contro il fratello o contro il suocero duca <strong>di</strong> Ferrara quelle sue ribellioni che la<br />

condurranno, sola fra i Borgia, a salvarsi.<br />

225


A tre<strong>di</strong>ci anni, bambina che si piega a tutte le potenze maschili della sua casa, si piace tanto<br />

della vita qual è, da non sentire nemmeno il gravame e la falsità del nome e del titolo <strong>di</strong><br />

contessa <strong>di</strong> Pesaro. "(Dal libro Lucrezia Borgia, capitolo I)<br />

In queste righe è riassunto, secondo me, il vero messaggio dei libro: ecco perché mi hanno<br />

particolarmente colpito.<br />

Lucrezia ha sempre subito, fin da bambina, l'influenza altrui, sottomessa costantemente alle<br />

figure maschili della sua casa. Solamente in seguito riuscirà a prendere coraggio e a ribellarsi<br />

a costoro, spogliandosi dell'etichetta che era destinata ad avere, quella della famiglia <strong>di</strong> cui<br />

faceva parte, dalla quale nessuno riusciva a sfuggire, poiché l'iconografia dei Borgia è cosi<br />

carica <strong>di</strong> ogni genere <strong>di</strong> infamia da non consentire ad alcuno dei suoi appartenenti <strong>di</strong> poter<br />

sperare quantomeno nel beneficio del dubbio. Sulla sua figura pesano infatti accuse pesanti,<br />

come quella <strong>di</strong> incesto col padre e col fratello, oppure quella <strong>di</strong> aver partecipato alle trame<br />

sanguinose <strong>di</strong> cui fu protagonista la sua famiglia. Con queste parole quin<strong>di</strong>, la Bellonci,<br />

esprime l'intento che l'ha condotta a ricostruire e a raccontare la biografia <strong>di</strong> Lucrezia Borgia,<br />

ossia quello <strong>di</strong> rendere giustizia alla storia e alla <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> una donna condannata al peso<br />

insopportabile <strong>di</strong> appartenere ad una famiglia controversa:i Borgia. Lucrezia, essendo figlia <strong>di</strong><br />

Alessandro VI, è infatti vittima delle stesse passioni e protagonista delle stesse crudeltà e<br />

violenze della sua famiglia e dei suoi tempi.<br />

( Annalisa Onorati )<br />

226


<strong>Le</strong> nostre riflessioni su Rinascimento privato<br />

Questo libro celebra una delle donne più importanti che la storia ricor<strong>di</strong>. Mi ha colpito il fatto<br />

che, nonostante i pregiu<strong>di</strong>zi che si avevano in quel tempo sulle donne, Isabella riesca a<br />

portare avanti una carriera politica <strong>di</strong> <strong>di</strong>screta lunghezza. La Bellonci mette in risalto i suoi<br />

pregi come l’acuta intelligenza e astuzia che l’avrebbero resa molto importante -afferma la<br />

scrittrice- se solo non fosse stata donna. Isabella mostra una grande fedeltà al marito anche<br />

nel momento in cui scopre il suo tra<strong>di</strong>mento con Lucrezia Borgia. Non cerca vendetta né<br />

danneggia il marito in alcun modo. Fino al momento della sua morte è premurosa nei suoi<br />

confronti e gli rimane fedele. Sarà perciò incaricata <strong>di</strong> governare fino alla maturità del figlio.<br />

In questo punto del racconto avviene la svolta nella vita <strong>di</strong> Isabella. Riesce a portare avanti<br />

un governo competitivo e florido, la sua intelligenza spicca sugli altri principi italiani che si<br />

rivolgono a lei per avere consigli. Questa opportunità che le viene offerta è stata una pura<br />

casualità perché se il marito fosse stato ancora in vita Isabella non avrebbe potuto mai<br />

aspirare a <strong>di</strong>ventare governatrice <strong>di</strong> un regno: lo <strong>di</strong>mostra il fatto che non appena il figlio<br />

<strong>di</strong>venta maggiorenne, viene subito messa da parte nonostante il prestigio <strong>di</strong> cui godeva.<br />

Rimane <strong>di</strong> fatto estromessa dal potere a causa del suo essere donna.<br />

Questo avvenimento è forse il segno più grande dell’epoca maschilista in cui viveva e in cui<br />

in parte viviamo anche noi oggi, ovvero anche davanti all’oggettiva superiorità <strong>di</strong> Isabella e<br />

davanti ai progressi fatti dal suo regno con il suo governo, non appena compare l’opportunità<br />

<strong>di</strong> sostituirla,senza pensare e senza <strong>di</strong>scutere minimamente, una donna viene messa da<br />

parte come se non avesse mai fatto niente <strong>di</strong> importante. Tutto questo a causa <strong>di</strong> un<br />

pregiu<strong>di</strong>zio risalente ai tempi passati e tuttora non debellato.<br />

Mi colpisce la personalità <strong>di</strong> Isabella: è una donna ricca <strong>di</strong> interessi, amante dell’arte e del<br />

<strong>di</strong>vertimento: “ inclinata alla capacità <strong>di</strong> godere la vaghezza della vita, la grazia sublime della<br />

musica, lo splendore della natura e delle arti, inclinata al gioco: agli scacchi, alla primiera e<br />

allo scartino”. Non vengono fatti, invece, riferimenti precisi al suo aspetto: sappiamo solamente<br />

che è una donna <strong>di</strong> classe, molto bella e con dei “capelli dorati”.<br />

Mi colpisce che in un’epoca in cui la religione riveste una grande importanza, non è una<br />

donna estremamente religiosa: si tiene <strong>di</strong>staccata dalle questioni teologiche, ma comunque<br />

non <strong>di</strong>sdegna <strong>di</strong>“me<strong>di</strong>tare <strong>di</strong> religione”. Dice <strong>di</strong> esser “senza armi <strong>di</strong> fronte alla Divinità”, ma<br />

<strong>di</strong>chiara anche <strong>di</strong> essere sempre stata “precisa e sbrigativa nelle devozioni”, e <strong>di</strong> non<br />

“conoscere slanci mistici”.<br />

Ho notato anche che, ad eccezione dei <strong>di</strong>aloghi, viene utilizzato un linguaggio formale.<br />

Durante i <strong>di</strong>scorsi <strong>di</strong>retti, invece, ogni personaggio parla utilizzando un linguaggio <strong>di</strong>verso,<br />

particolarmente formale in determinate occasioni (come nelle cerimonie ufficiali quali<br />

l’incoronazione dell’imperatore), più familiare in altre, anche se in generale il linguaggio<br />

utilizzato nei <strong>di</strong>aloghi è colto, visto che la maggior parte dei personaggi è <strong>di</strong> buona cultura e<br />

si esprime <strong>di</strong> conseguenza. (Alessandro Colini)<br />

“Illustrissima Signora, forse avrete notato che <strong>di</strong>lungo il mio scrivere; e questo faccio per<br />

illudermi <strong>di</strong> starmene a ragionare con voi. Temo che il mio linguaggio sia poco ornato.<br />

Sebbene da tanti anni viva in Italia e mi <strong>di</strong>letti infinitamente della lingua italiana cosiddetta<br />

volgare, tutta piena <strong>di</strong> confluenze verbali chela fanno aperta a qualsiasi scelta, dentro <strong>di</strong> me<br />

sono sempre inglese, o anglico, come <strong>di</strong>te voi: così sono scrittore, voglio <strong>di</strong>re non scrittore,<br />

corrispondente senza invito. Mi muove un fuoco <strong>di</strong> settentrione e una certa libertà che<br />

<strong>di</strong>venta invocazione: sono tanto assetato <strong>di</strong> vedervi. Ma non c’è nessuno a Roma che<br />

227


possieda un vostro ritratto? Lo chiedo a me stesso, s’intende, confidando che una vostra<br />

risposta arrivi per soffio <strong>di</strong> spirito fino a me. Vi domanda perdono senza speranza.” (da<br />

Rinascimento privato, capitolo II)<br />

Con queste parole Robert De La Pole, confessa il suo amore platonico per Isabella d’Este. Un<br />

amore impossibile, che non vedrà mai la luce e non avrà mai una corrispondenza <strong>di</strong>retta a<br />

causa <strong>di</strong> vari fattori. Innanzitutto perché Isabella è una donna sposata; successivamente alla<br />

morte del marito, perché si ritroverà talmente impegnata politicamente con i propri doveri da<br />

essere costretta a trascurare e reprimere questo sentimento. Solo quando si trova in un suo<br />

spazio, nella Stanza degli orologi, avrà modo <strong>di</strong> confrontarsi con sé stessa e coi propri<br />

pensieri. In questo brano, l’anglico, Robert De La Pole, pur usando espressioni retoriche e<br />

piuttosto artificiose,a mio giu<strong>di</strong>zio, si espone senza pudore né freni, confessando ciò che<br />

prova e chiedendo ad<strong>di</strong>rittura un ritratto della destinataria. Spesso il chierico inglese, si<br />

descrive come sottomesso ad Isabella, come “servo umile” o “zerbino”. La sua presenza, pur<br />

misteriosa, è molto importante durante la narrazione della storia, in quanto conferisce a<br />

questa momenti <strong>di</strong> riflessione e <strong>di</strong> pausa. (Kenny Creanza)<br />

“<strong>Le</strong>ggendo, Francesco avrebbe creduto ad una offensiva allucinazione, e non per amore <strong>di</strong><br />

me, ma <strong>di</strong> se stesso.” (da Rinascimento privato, capitolo II Coraggiose paure).<br />

Isabella nasconde le lettere che Robert De La Pole le invia per evitare che il marito le legga.<br />

Per evitare, quin<strong>di</strong>, una reazione violenta che avrebbe compromesso il suo rapporto<br />

coniugale e la sua posizione sociale. Isabella si preoccupa che le lettere possano esser lette<br />

da terzi, mentre il marito, Francesco, non fa molto per nascondere la sua relazione con<br />

Lucrezia Borgia. Inoltre, emerge il carattere del matrimonio tra Francesco e Isabella: per<br />

Francesco si tratta <strong>di</strong> un matrimonio <strong>di</strong> convenienza privo <strong>di</strong> ogni sentimento affettivo.<br />

L’orgoglio <strong>di</strong> Francesco non è mitigato da un amore sincero per la moglie, mentre questa<br />

ama il proprio marito. La nobildonna è consapevole della situazione <strong>di</strong> cui è vittima ma non<br />

se ne preoccupa. Anzi, la accetta e giustifica come se atteggiamenti fred<strong>di</strong> e cinici fossero<br />

<strong>di</strong>ritti e doveri dell’uomo potente. Il sentimento è riservato alle donne. Queste non devono<br />

cercare affermazione personale o preoccuparsi della grandezza della propria casata, se non<br />

evitando scandali. Rinascimento Privato mi ha indotto a riflettere su tematiche su cui non<br />

avevo mai riflettuto: con<strong>di</strong>zioni lontane nel tempo sono analoghe a quelle <strong>di</strong> oggi.<br />

Nonostante l’autrice abbia inventato il personaggio <strong>di</strong> Robert De La Pole, la ricostruzione<br />

storica è molto precisa e frutto <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o approfon<strong>di</strong>to dei documenti dell'epoca. Non viene<br />

penalizzata, però, la resa vivida della vita dei personaggi dell'epoca. Si nota l’intenso lavoro<br />

che ha impegnato Maria Bellonci: la ricerca <strong>di</strong> documenti atten<strong>di</strong>bili; la cura dello stile,<br />

rievocando tempi passati ma non antichi; l’attenzione alla coerenza stilistica; l’adattamento<br />

della biografia <strong>di</strong> una grande donna del 1500 ad un romanzo storico del 1900.<br />

Il linguaggio risulta limpido al lettore, ma con una patina <strong>di</strong> antico che rende la narrazione<br />

più realistica e vicina a quei tempi. In alcuni passi il linguaggio può essere ridondante, tanto<br />

da poter essere definito barocco, ma non è comunque quello originale dell’epoca: sono<br />

presenti alcune parole e strutture linguistiche rare ma non così desuete da essere<br />

irriconoscibili. Ogni scelta è misurata e funzionale: la scorrevolezza e la piacevolezza della<br />

lettura sono garantite. (Loris D’Antoni)<br />

“Il mio segreto è una memoria che agisce per terribilità. Isolata, immobile, sul punto <strong>di</strong><br />

scattare, sto al centro <strong>di</strong> correnti vorticose che girano a spirali in questa stanza dove i miei<br />

cento orologi sgranano battiti <strong>di</strong>versi in <strong>di</strong>versi timbri. Se alzo il capo li vedo fiammeggiare, e<br />

ad ogni tocco <strong>di</strong> fuoco corrisponde un’immagine. Sempre sono trascinata fuori <strong>di</strong> me dalla<br />

228


tempesta <strong>di</strong> vivere. Che cosa è il tempo, e perché deve considerarsi passato? Fino a quando<br />

viviamo esiste un solo tempo, il presente. Una forza struggente mi prende alle viscere:<br />

costruttiva o devastatrice non mi è dato <strong>di</strong> sapere; è senza regola, almeno apparente.” (da<br />

Rinascimento Privato, cap. I)<br />

Il tempo. Cos’è il tempo? Quanta importanza <strong>di</strong>amo alle lancette dell’orologio che<br />

costantemente ne scan<strong>di</strong>sce le fasi, che quoti<strong>di</strong>anamente raggruppa le nostre azioni in un<br />

recinto <strong>di</strong> limitazioni seppur ben organizzato? I nostri sorrisi, i pianti, i turbamenti, le<br />

emozioni, ci aiutano a capire l’importanza del presente che da solo regge la nostra esistenza.<br />

Eppure non appena lo sguardo cade sul quadrante, i ricor<strong>di</strong> del passato tornano invadenti o<br />

l’interferenza dei progetti futuri si intromette e il presente cade sotto i loro colpi. Abbiamo<br />

provato a dare una misura al tempo, ricavandone benefici che hanno estremamente<br />

agevolato la nostra con<strong>di</strong>zione e che non liberano però dalla “forza struggente che prende<br />

alle viscere” colei che non vuole lasciarsi con<strong>di</strong>zionare dalle normali concezioni del tempo.<br />

(Maurizio Gallo)<br />

"Ero pronta a lanciare una frase alludente alla sua sterilità <strong>di</strong> sposa estense quando lei, senza<br />

far mostra <strong>di</strong> accorgersi che non le era stato preparato un posto, roteò le spalle con un moto<br />

scivolato e tendendo la mano a Francesco fece per avviarsi verso la cappella. Federico mio le si<br />

mise dall'altro lato tutto contegnoso. Provai una lunga fitta al cuore. Mi raggiungeva la<br />

percezione <strong>di</strong> quel fascino che sull'uomo e sul bambino agiva da richiamo”. (Rinascimento<br />

privato, capitolo VIII)<br />

Lucrezia Borgia è in visita a Mantova e Francesco Gonzaga la accompagna al palazzo.<br />

Isabella d'Este or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> non <strong>di</strong>sporre una se<strong>di</strong>a per la cognata Lucrezia, così da costringerla<br />

a non trattenersi e a sentirsi indesiderata. Lucrezia, dopo essersene accorta, decide <strong>di</strong><br />

andarsene senza salutare Isabella, ricambiando così il gesto <strong>di</strong> scortesia. Isabella sente <strong>di</strong><br />

essere in pericolo con l'arrivo <strong>di</strong> questa donna bellissima. Ha paura <strong>di</strong> perdere non solo il<br />

marito, ma sente che anche i figli sono attratti da questa figura. Maria Bellonci rappresenta<br />

qui uno spaccato della vita privata <strong>di</strong> Isabella d'Este, ciò che non appare a tutti e anche i<br />

rapporti che esistevano tra i protagonisti dell'aristocrazia del tempo. Ha così accostato dei<br />

sentimenti privati e intimi ad una figura pubblica ed austera. <strong>Le</strong> passioni più forti in questa<br />

parte sono la gelosia provata da Isabella e la ricerca <strong>di</strong> competizione da parte <strong>di</strong> entrambe le<br />

donne; il trofeo sembra essere il marito stesso della protagonista, Francesco Gonzaga.<br />

La situazione descritta è molto moderna. Se non sapessimo che la Lucrezia in questione<br />

appartiene alla famosa famiglia Borgia e che Isabella è la moglie del reggente <strong>di</strong> Mantova,<br />

potremo anche pensare che la scena si svolge tra due donne <strong>di</strong> oggi che competono<br />

misurandosi in piccole sfide. (Romina Pellegrini).<br />

Nel libro “Rinascimento Privato“ <strong>di</strong> Maria Bellonci la narrazione è focalizzata su Isabella<br />

D'Este, donna <strong>di</strong> potere costretta a muoversi all' interno del delicato scenario politico dell’età<br />

rinascimentale.<br />

La lettura mi è risultata <strong>di</strong>fficile a causa dei molteplici nomi degli uomini più in vista del<br />

tempo e per i numerosi gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> parentela presenti nel romanzo. Mi ha colpito molto la figura<br />

<strong>di</strong> Isabella D'Este poiché non è solito trovare figure femminili nella politica del tempo. La<br />

protagonista <strong>di</strong>mostra una grande abilità nel saper sfruttare alleanze e occasioni a lei<br />

favorevoli. Il suo compito <strong>di</strong> sovrana è tuttavia limitato, poiché, dopo la morte del marito, le<br />

229


viene affidata la reggenza del regno, ma solo fino a quando il figlio non avrà raggiunto l'età<br />

per governare.<br />

La frase del libro detta da Robert de La Pole:”Rarissima creatura che vive una libertà<br />

inventata giorno per giorno” mi ha fatto riflettere molto sulla posizione della donna nella<br />

società , effettivamente poco libera e autonoma rispetto non solo ai con<strong>di</strong>zionamenti a cui<br />

tutti gli esseri umani sono soggetti , ma a quelli ulteriori imposti dalla società al genere<br />

femminile. Tale limite in particolare riguarda il rapporto tra donna e potere.<br />

Attualizzando il fenomeno, possiamo riscontrare delle analogie con l’oggi: quante sono in<br />

Italia le donne in politica? Quale strascico <strong>di</strong> polemiche - è fatto recente<br />

suscita, in certi casi, la loro can<strong>di</strong>datura, a <strong>di</strong>fferenza delle can<strong>di</strong>dature maschili? Sono fatti<br />

che fanno riflettere e che sottolineano a mio parere la nostra arretratezza. (Gianluca<br />

Pollastri)<br />

“Il car<strong>di</strong>nale d’Aragona mi scrive che da quando siamo partite la sua giornata è<br />

vuota:rimpiange <strong>di</strong> non più accompagnarci a conviti,concerti,alla comme<strong>di</strong>a,e si lamenta che<br />

conversazioni e festini siano <strong>di</strong>ventati incresciosi. Eppure niente su può paragonare alla corte<br />

romana dove in una sala <strong>di</strong> nobile respiro giovani car<strong>di</strong>nali nella loro porpora sontuosa<br />

ballano seguendo musiche cadenzate a passi figurati con dame e donzelle vestite <strong>di</strong> broccato<br />

e <strong>di</strong> raso con bei <strong>di</strong>segni rilevati a strisce,a cerchi,a geometrie fantasticate d’oro e d’argento.<br />

Vesti e manti ondeggiano con una maestà quasi sacra nelle movenze lente,e se appena sono<br />

più mosse le trattiene rigorosamente il limite del ritmo.”(Rinascimento Privato capitolo 4)<br />

“[…]inclinata alla capacità <strong>di</strong> godere la vaghezza della vita,la grazia sublime della<br />

musica,dello splendore della natura e delle arti,inclinata al gioco:gli scacchi alla primavera e<br />

allo scortino.”(Rinascimento Privato capitolo 5)<br />

Con quest’ ultima frase,oltre a mettere in risalto ancora una volta la forte e intraprendente<br />

personalità <strong>di</strong> una grande donna,qual’ era Isabella d’Este,cerca <strong>di</strong> evidenziare,tramite alcune<br />

parole chiave,elementi tipici del <strong>di</strong>ciassettesimo secolo. Ed è proprio nella prima frase,da me<br />

scelta,che si sottolinea quella che era la quoti<strong>di</strong>anità all’interno dei gran<strong>di</strong> palazzi papali nel<br />

corso del Rinascimento. Naturalmente elemento <strong>di</strong> unione <strong>di</strong> questi due passi è la musica e<br />

l’intrattenimento,è proprio la stessa duchessa a <strong>di</strong>chiarare questo suo interesse verso i<br />

componimenti musicali ma anche verso altre attività lu<strong>di</strong>che che si svolgevano all’interno<br />

delle corti. Alcune volte,come qui descritto,queste feste private anche se si svolgevano in<br />

luoghi apparentemente sacri erano delle vere e proprio eresie. Ed è così che si può<br />

soffermare l’attenzione su quella che era la morale dei car<strong>di</strong>nali e dell’intero or<strong>di</strong>ne<br />

ecclesiastico,apparentemente formato da persone devote ma sempre pronte a lasciarsi<br />

andare <strong>di</strong> fronte a delle seducenti dame ammaliatrici. (Monica Sabatini)<br />

230


CLASSE V G<br />

IMPETO E TEMPESTA.<br />

“MODUS COGITANDI” DELLA DONNA ISLAMICA:<br />

CONSAPEVOLEZZA AUTONOMA<br />

DISPERANTE RASSEGNAZIONE<br />

Samanta Coviello<br />

Martina Filippi<br />

Anastasia Giacomi<br />

Andreea Vlasceanu<br />

Insegnante<br />

Patrizia Sequi<br />

232


“L'uomo è il capo della famiglia, ma la<br />

donna è il collo e muove il capo dove<br />

vuole”<br />

In<strong>di</strong>ce<br />

Introduzione al lavoro<br />

Incipit<br />

“Il prezzo del velo”<br />

“La rabbia e l’orgoglio”<br />

Collaborazioni<br />

Bibliografia<br />

Anonimo<br />

“<strong>Le</strong> donne sono estreme: o migliori o<br />

peggiori degli uomini.”<br />

Jean de La Bruyère<br />

“ Fragilità, il tuo nome è donna “<br />

William Shakespeare<br />

“Quando si scrive delle donne,<br />

bisogna intingere la penna<br />

nell'arcobaleno.”<br />

Denis Diderot<br />

“ Spesso,<br />

non potendo avere il bene,<br />

tanto sfuggente, sdegnoso,<br />

tanto raro,<br />

ci si accontenta del male. “<br />

233<br />

Antonio Scurati


Introduzione al lavoro<br />

Nel momento in cui si è deciso, gli studenti ed io, <strong>di</strong> occuparci <strong>di</strong> una problematica tanto<br />

annosa, quanto basilare per l’umanità tutta, gli spunti <strong>di</strong> riflessione e successivi<br />

approfon<strong>di</strong>menti sono stati quanto mai “intriganti” e <strong>di</strong>versificati. Si affollavano,<br />

scalpitavano nella mente – desiderose <strong>di</strong> uscire vincenti! - eroine greche, romantiche,<br />

letterate, stu<strong>di</strong>ose…<br />

Ma, come è giusto che sia, hanno deciso le ragazze.<br />

Alcune <strong>di</strong> loro fanno parte del progetto sui premi letterari ( premio Strega e premio<br />

Biblioteche <strong>di</strong> Roma). Nel mese <strong>di</strong> novembre hanno partecipato all’incontro che vedeva<br />

protagonista, tra illustri altri autori, la Signora Giuliana Sgrena. La lettura del libro “Il<br />

prezzo del velo”, la sua loquela equilibrata, serena e coinvolgente hanno vivamente<br />

interessato i ragazzi.<br />

E come non affiancare la lettura (o meglio rilettura) de “La rabbia e l’orgoglio” <strong>di</strong> Oriana<br />

Fallaci? Così è cominciata questa nuova avventura.<br />

Partendo dalla imprescin<strong>di</strong>bile lettura dei testi e cercando <strong>di</strong> confrontare passi <strong>di</strong> matrice<br />

comune, ma <strong>di</strong> interpretazione affatto <strong>di</strong>fferente (dunque con un proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong><br />

schedatura), si è giunti ad una analisi quanto più possibile oggettiva.<br />

Con desiderio <strong>di</strong> capire, conoscere, approfon<strong>di</strong>re, rispettare, non necessariamente<br />

con<strong>di</strong>videre.<br />

Sempre, però, con estrema umiltà.<br />

234<br />

Patrizia Sequi


Incipit<br />

“Questo libro vuole essere un<br />

contributo alla conoscenza. Forse<br />

possiamo partire da qui. L’obiettivo <strong>di</strong><br />

queste pagine è far luce su una realtà<br />

poco nota e poco raccontata: la<br />

presenza nei paesi musulmani <strong>di</strong><br />

donne (ma anche <strong>di</strong> uomini) che si<br />

battono per i loro <strong>di</strong>ritti. Queste donne<br />

e questi uomini non cercano <strong>di</strong> fare<br />

propri i valori estranei alla loro cultura,<br />

ma lottano per affermarne –pur con la<br />

loro specificità- la vali<strong>di</strong>tà universale.”<br />

Da “Il prezzo del velo” <strong>di</strong> Giuliana<br />

Sgrena<br />

235<br />

“E se in alcuni paesi le donne son così<br />

cretine da accettare il chador anzi il<br />

lenzuolo da cui si guarda attraverso<br />

una fitta rete posta all’altezza degli<br />

occhi, peggio per loro. Se son così<br />

scimunite da accettare <strong>di</strong> non andar a<br />

scuola, non andare dal dottore, non<br />

farsi fotografare eccetera, lo stesso.<br />

Se sono così minchione da sposare<br />

uno stronzo che vuole quattro mogli<br />

più un harem pieno <strong>di</strong> concubine,<br />

idem.”<br />

Da “La rabbia e l’orgoglio” <strong>di</strong> Oriana<br />

Fallaci<br />

Due mon<strong>di</strong> <strong>di</strong>ametralmente opposti. Due sistemi, due galassie, due universi veramente<br />

antitetici.<br />

Due titani, entrambe le scrittrici e giornaliste Giuliana Sgrena e Oriana Fallaci che,<br />

inconsciamente, si incontrano e si scontrano su questioni costantemente all’or<strong>di</strong>ne del<br />

giorno: la donna e i suoi <strong>di</strong>ritti.<br />

E se si parla <strong>di</strong> donne e <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti, per lo più negati, non si può non citare il mondo<br />

arabo,con i suoi schemi preconcetti e le sue sovrastrutture.<br />

Da un lato si ritrovano rispetto, tolleranza e comprensione. Comprensione verso coloro<br />

che subiscono ingiurie ed infamie e non hanno la forza per ribellarsi. Comprensione<br />

verso coloro le cui mentalità sono state plasmate e aggressivamente ammaestrate fino<br />

a convincerle che tutto ciò che subiscono è meritato e compiuto in nome della propria<br />

fede religiosa.<br />

Dall’altro si ritrovano negazione, insofferenza, <strong>di</strong>sprezzo “sì che già trabocca il sacco”.<br />

Disprezzo per coloro che si lasciano violentare, psicologicamente e fisicamente, senza<br />

opporre resistenza. Disprezzo verso coloro che non intraprendono il cammino della vita<br />

che vorrebbero. Disprezzo verso coloro che si lasciano persuadere che tutto ciò che<br />

subiscono sia meritato.<br />

Povere vittime? O donne sciocche e senza volontà?<br />

Ingiusta supremazia maschile o atavica inferiorità femminile?<br />

“Per annullare la volontà delle donne non<br />

è bastato però il burqua, quel pesante<br />

fardello che costringe a vedere il mondo a<br />

quadretti e spesso a inciampare perché<br />

non si vede nemmeno dove si mettono i<br />

pie<strong>di</strong> […]Davanti alla bellissima Moschea<br />

delle Rose, su una bancarella <strong>di</strong> giocattoli,<br />

sono messe in bella mostra borsette rosa<br />

per bambine con raffigurata la Barbie<br />

musulmana, naturalmente velata. Meglio<br />

formarle fin da piccole. […]Da “Il prezzo<br />

del velo” <strong>di</strong> Giuliana Sgrena.<br />

“Come la mettiamo con la faccenda<br />

del burkah che copre le donne dalla<br />

testa ai pie<strong>di</strong>, sicchè per vedere quel<br />

che c’è al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> quel sudario una<br />

<strong>di</strong>sgraziata deve guardare attraverso<br />

la fittissima rete posta all’altezza degli<br />

occhi?[…] Per intervistare Khomeini<br />

devo mettere il chador, per mettere il<br />

chador devo togliere i blue-jeans, per<br />

togliere il blue-jeans devo appartarmi.<br />

Avrei potuto effettuare l’operazione<br />

nell’automobile. Ma l’interprete me lo<br />

impedì.” Da “La rabbia e l’orgoglio”<br />

<strong>di</strong> Oriana Fallaci


Sempre coperte da una stratificazione <strong>di</strong> vestiti dalla testa ai pie<strong>di</strong>, obbligate a non<br />

uscire <strong>di</strong> casa se non accompagnate. Donne che non possono accedere ad un’adeguata<br />

istruzione e alle quali spesso vengono negate le cure me<strong>di</strong>che. Queste sono le donne<br />

descritte nei due volumi. Donnea cui viene negata la vita. <strong>Le</strong> scrittrici <strong>di</strong>scutono riguardo<br />

il burqua – o il burkah - che scriver si voglia-;ma il velo, a volte, risulta solo un pretesto<br />

per poi innalzarsi su argomenti ben più ampi: manipolazione mentale, matrimoni<br />

imposti, poligamia, adulterio, presunto adulterio. Lapidazione. Donne violentate.<br />

Bruciate vive. Come successe alla povera Suad. Questa volta ci troviamo in un nonspazio<br />

e non-tempo denominato Cisgiordania.<br />

In questo paese, le donne senza uomini sono «charmute», puttane. Una donna incinta<br />

senza marito deve essere bruciata viva. E' una faccenda privata, d'onore. Suad avrebbe<br />

dovuto morire e insieme a lei, il figlio che portava in grembo, figlio <strong>di</strong> un amore<br />

bambino consumato sull'erba <strong>di</strong> un prato della Cisgiordania tra il pascolo delle capre e<br />

l'ansia dell'attesa. Una doccia fredda sulla testa, il corpo che <strong>di</strong>venta una torcia umana.<br />

La ragazza, gravemente ustionata, il mento attaccato al petto, e le braccia <strong>di</strong>venute<br />

incapaci <strong>di</strong> un abbraccio, ricomincia dall'ospedale dove l'operatrice <strong>di</strong> una<br />

organizzazione umanitaria riesce a fare l'impossibile per rubarla al pantano <strong>di</strong> violenza<br />

nella quale è nata.<br />

Nel villaggio dove Suad ha vissuto fino a <strong>di</strong>ciassette anni, le donne hanno solo una<br />

possibilità.<br />

Accettare <strong>di</strong> essere picchiate e continuare a lavorare per i loro padroni: gli uomini.<br />

Il denominatore comune che unisce tutte queste brutture, è uno solo: le donne non<br />

immaginano che si possa vivere <strong>di</strong>versamente. È un fatto culturale: la <strong>di</strong>vulgazione del<br />

messaggio deve essere affidata alla cultura e alla politica, vettore della <strong>di</strong>ffusione dei<br />

<strong>di</strong>ritti umani prima che civili.<br />

Suad, come tutte le altre donne che hanno subito ritorsioni, imposizioni e violenze,<br />

rimarranno segnate a vita. Qualsiasi strada esse percorreranno, sarà sempre, in qualche<br />

modo, già decisa.<br />

E' inquietante pensare tutto ciò, perché è il segno della consapevolezza che spesso il<br />

genere umano può solamente gestire al meglio le sconfitte. La realtà, però, si sa, non è<br />

mai rosea , dalle mille sfaccettature caleidoscopiche. Eppure bisognerebbe trovare la<br />

forza per emergere, per sgomitare e anche se affannosamente, ed infine affermarsi.<br />

236


“Il prezzo del velo”<br />

“Il prezzo del velo” rappresenta in parte il ritorno della giornalista Giuliana Sgrena alla<br />

normalità, superando la parentesi <strong>di</strong> ciò che le è successo in Iraq. A <strong>di</strong>stanza ormai <strong>di</strong><br />

quasi quattor<strong>di</strong>ci anni dalla stesura del suo primo libro, “La schiavitù del velo”, si era<br />

ripromessa <strong>di</strong> riprendere questo <strong>di</strong>scorso sulla questione del velo e della con<strong>di</strong>zione<br />

delle donne musulmane nel mondo islamico.<br />

Non si tratta tanto <strong>di</strong> cultura ma si tratta <strong>di</strong> religione, <strong>di</strong> una lettura della religione che<br />

per molti versi è tornata in<strong>di</strong>etro rispetto alla realtà <strong>di</strong> qualche decennio fa. È in corso in<br />

questi paesi un processo <strong>di</strong> re-islamizzazione da parte soprattutto <strong>di</strong> gruppi islamici che<br />

utilizzano la religione a fini politici per giungere al potere e che fanno leva sul fallimento<br />

<strong>di</strong> alcuni movimenti nazionalisti su alcuni progetti <strong>di</strong> società laici.<br />

Essi impongono una loro nuova visione dell’Islam che comporta dei cambiamenti nei<br />

costumi a partire proprio da una maggiore repressione delle donne. In alcuni paesi,<br />

come l’Arabia Sau<strong>di</strong>ta, in effetti, le donne non avevano mai conquistato una loro libertà<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti. In altri paesi ne avevano conquistati, ma abbiamo visto che negli ultimi anni<br />

sono andati perdendosi. C’è un’imposizione del velo, ad esempio, che non è il velo della<br />

tra<strong>di</strong>zione, in quanto questa, a detta della scrittrice stessa,può evolversi,cambiare e<br />

migliorarsi. È un velo molto pericoloso,un’arma <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione <strong>di</strong> massa, che rischia <strong>di</strong><br />

annullare i <strong>di</strong>ritti della donna per molto tempo.Vi è però una nota positiva che viene<br />

messa più e più volte in luce, una goccia <strong>di</strong> speranza in un tormentato oceano <strong>di</strong><br />

negazione:c’è gente che reagisce,che tenta <strong>di</strong> ribellarsi, che cerca <strong>di</strong> rompere gli argini<br />

La re-islamizzazione ha come obiettivo quello <strong>di</strong> mantenere la vita politica e sociale<br />

legata alla religione. E, in questo senso, non può che dar vita ad un processo<br />

regressivo, ad un’involuzione perché in tal modo non può esserci tolleranza, non può<br />

esserci un “<strong>di</strong>verso”: tutto viene identificato con l’appartenenza religiosa, dando così<br />

vita al paese dell’omologazione controllata. Fino a poco tempo fa in Iran era in atto una<br />

fase <strong>di</strong> modernizzazione, una ricerca <strong>di</strong> autonomia dalla religione: negli anni Venti in<br />

Afghanistan il velo venne abolito. Ora invece, tutto questo va sgretolandosi. Questo<br />

regresso, per questi paesi, per queste popolazioni, soprattutto per gli intellettuali, per le<br />

donne e per i democratici, è drammatico. L’Occidente non conoscendo, non volendo<br />

conoscere queste realtà spesso chiude gli occhi. C’è chi continua a vedere questi come<br />

mon<strong>di</strong> popolati da selvaggi, da persone che non meritano aiuto o attenzioni perché la<br />

realtà in cui vivono è quella che essi stessi hanno contribuito a creare, e c’è invece chi<br />

giustifica questa re-islamizzazione in nome della cultura <strong>di</strong> un popolo, dell’identità<br />

etnica. Tali persone sono cieche nei confronti dei movimenti liberali che tentano <strong>di</strong><br />

opporsi alla tra<strong>di</strong>zione deleteria, <strong>di</strong>venendo in tal modo conniventi con chi vuole<br />

continuare ad imporre questo modello <strong>di</strong> società oltremodo arretrata. E <strong>di</strong>vengono<br />

inoltre complici del fatto che i movimenti progressisti, i movimenti delle donne per<br />

conquistare i loro <strong>di</strong>ritti vengono drasticamente repressi. Inoltre, con l’imposizione del<br />

velo, si vuole imporre il controllo sulla sessualità della donna. La donna viene<br />

considerata all’origine <strong>di</strong> tutti i mali e soprattutto all’origine della provocazione<br />

dell’uomo. Non può far altro che mostrare due occhi che, come tesori adagiati da secoli,<br />

sui neri fondali <strong>di</strong> vorticosi abissi, celano storie, nomi e personalità che mai verranno<br />

alla luce. L’uomo deve far valere il proprio onore e la donna velata, con gli occhi bassi,<br />

che parla a voce bassa, che non si fa sentire quando si muove, è la garanzia dell’onore<br />

del maschio. Non è mai l’uomo a farsi protagonista in prima persona, ma è la donna che<br />

deve subire queste imposizioni per poter garantire al maschio il proprio onore, la<br />

propria virilità, la supremazia. E quin<strong>di</strong> questo è il fatto inaccettabile: che la donna<br />

debba annullare il proprio corpo per permettere all’uomo una propria identità, un<br />

proprio onore.<br />

237


In tutte le religioni monoteiste c’è il virus dell’integralismo che si manifesta in tempi e<br />

mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi ma che ha la stessa origine. Anche noi occidentali,i liberali, gli uomini dalla<br />

mente aperta, dalle vedute immaginifiche, dai mon<strong>di</strong> senza confini ne soffriamo. Basti<br />

pensare che qui in Italia, la legge 194, che garantisce alla donna il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> decidere e<br />

quin<strong>di</strong> la propria autodeterminazione è una cosa che non è mai stata accettata fino in<br />

fondo dalla religione cattolica e dal clero che ancora oggi saltuariamente torna<br />

all’attacco per cercare <strong>di</strong> vanificarla.<br />

Di qui, è normale provare a paragonare la nostra e la loro cultura: <strong>di</strong> fondo c’è sempre il<br />

controllo del corpo, il controllo della sessualità della donna sia in una religione che<br />

nell’altra, sono dettami che provengono dal passato.<br />

Il caso più emblematico <strong>di</strong> resistenza alla re-islamizzazione è senza dubbio il caso<br />

algerino perché gli anni Novanta sono stati gli anni in cui il movimento islamista, un<br />

islamismo molto ra<strong>di</strong>cale, si stava imponendo in Algeria. Si stava imponendo con meto<strong>di</strong><br />

non pacifici, con una lotta armata e con meto<strong>di</strong> molto violenti a scapito della<br />

popolazione e soprattutto a scapito delle donne, che avrebbero dovuto sottostare ad<br />

alcune leggi totalmente repressive: avrebbero dovuto portare il velo, lasciare il lavoro,<br />

non frequentare i corsi <strong>di</strong> educazione fisica a scuola. Inoltre erano stati chiusi gli<br />

hammam per evitare che le donne si incontrassero e venissero a generarsi dei focolai <strong>di</strong><br />

protesta. Ma le donne, come dei fiori del deserto, come solo il giunco dantesco o la<br />

ginestra leopar<strong>di</strong>ana, facendo proprio il dettame latino “Frangar non, flectar”, hanno<br />

reagito in modo veramente straor<strong>di</strong>nario a queste imposizioni rifiutandosi <strong>di</strong> accettarle e<br />

mettendo in gioco tutto il poco in loro possesso. Quando gli islamisti non volevano che<br />

le scuole riaprissero, le donne hanno mandato ugualmente i figli a scuola consapevoli<br />

che non potevano condannarli all’ignoranza, alla non educazione e questa resistenza<br />

delle donne algerine è riuscita ad evitare che l’Algeria <strong>di</strong>ventasse uno stato islamico,<br />

almeno fino ad ora.<br />

Alla luce dei testi letti, si denota la grande problematica che alberga tra le donne<br />

islamiche, vincolate da leggi morali e civiche che annientano i loro <strong>di</strong>ritti. Bisognerebbe<br />

dunque prestare ascolto a quella voce che denuncia tale crudeltà al fine <strong>di</strong> rendere la<br />

donna <strong>di</strong> quell’uomo che la eguaglia al nulla. Troppo spesso le donne sono costrette a<br />

subire violenza fisica e psicologica in questa civiltà. La donna si sente in colpa, ella che<br />

rimane deturpata per sempre, non ha quasi mai il coraggio <strong>di</strong> chiedere aiuto perché<br />

vittima anche <strong>di</strong> una violenza psicologica profonda, ridotta mentalmente a una nullità,<br />

un niente dolorante che porta dentro una vergogna irraccontabile.<br />

Costrette a sposare uomini che non desiderano,private <strong>di</strong> ogni potere decisionale sulla<br />

propria vita, sulla propria famiglia, private dei loro interessi e passioni;vengono uccise,<br />

lapidate perché adultere, private della loro sessualità me<strong>di</strong>ante la mutilazione degli<br />

organi genitali, per il solo controllo del loro piacere e del loro corpo. Si rimane nella<br />

speranza che queste donne con gli occhi bassi, con la testa chinata, possano finalmente<br />

alzare il viso senza paura <strong>di</strong> scontrarsi con un pugno, reale o mentale, perché le loro<br />

mani non debbano servire a ripararsi dalle violenze, perché il loro corpo non sia usato<br />

come un oggetto, perché il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> essere, <strong>di</strong> esistere, <strong>di</strong> pensare, è inviolabile, perché<br />

la speranza è per tutti, e tante ,troppe, vivono nel buio del loro dolore, della loro<br />

<strong>di</strong>sperazione. “Il prezzo del velo” è dunque un concentrato <strong>di</strong> avvenimenti, <strong>di</strong> nozioni, <strong>di</strong><br />

testimonianze che vanno a sottolineare macabramente la tragica situazione della donna<br />

in paesi dove non ne viene riconosciuto il valore; dove questa creatura, serva dell’uomo<br />

-sinonimo <strong>di</strong> “vis”, viene concepita come un oggetto atto alla procreazione da tenere<br />

ben celato. Un caleidoscopio i cui vetrini sono andati in frantumi ed è ormai impossibile<br />

scorgervi ancora sfumature e colori.<br />

238


“La rabbia e l’orgoglio”<br />

“Vi sono momenti, nella Vita, in cui tacere <strong>di</strong>venta una colpa e parlare <strong>di</strong>venta un<br />

obbligo. Un dovere civile,una sfida morale,un imperativo categorico al quale non ci si<br />

può sottrarre”.<br />

Ciò che emerge, dunque, dal libro “La rabbia e l’orgoglio” è quella denuncia verso la<br />

supremazia del mondo occidentale, in primis degli USA, e la necessità che anche<br />

l’Europa medesima debba prender coscienza della pericolosità dell’Islam, e non solo per<br />

gli atti terroristici <strong>di</strong> cui è protagonista, ma soprattutto perché la cultura europea rischia<br />

<strong>di</strong> essere tragicamente cancellata. La Fallaci critica la cultura islamica tutta, la quale<br />

nutre un <strong>di</strong>sprezzo per le donne eguagliandole alla pari <strong>di</strong> animali, viste unicamente<br />

come “ovuli per clonare la loro incerta specie” e considerati esseri impuri, a tal punto<br />

che, persino in punto <strong>di</strong> morte, vi sono uomini che lasciano per iscritto nel loro<br />

testamento <strong>di</strong> non voler ai loro funerali o nei pressi della loro lapide sepolcrale una<br />

donna o, ancor peggio, l’essere più impuro: la donna gravida. Secondo l’interpretazione<br />

che i talebani danno della legge islamica, non è consentito alle donne camminare per<br />

strada se non accompagnate da un uomo, marito o parente. La casa <strong>di</strong>venta il luogo<br />

della loro segregazione, i mariti hanno potere <strong>di</strong> decidere della loro vita o della loro<br />

morte. <strong>Le</strong> punizioni cui sono soggette le donne in caso trasgre<strong>di</strong>scano gli e<strong>di</strong>tti talebani<br />

sono le fustigazioni e le amputazioni-spettacolo eseguite dai me<strong>di</strong>ci del ministero della<br />

Salute Pubblica. Gli uomini, in genere, possono anche scegliere <strong>di</strong> lapidare o malmenare<br />

una donna, spesso a morte, se osa scoprire anche solo un piccolo lembo <strong>di</strong> pelle per<br />

legge coperto dal burkah. Non per niente, quest’ ultimo è definito come una “tipica<br />

veste islamica per giovani donne per bene”. È un simbolo con cui la donna esprime la<br />

propria vocazione religiosa, è un velo <strong>di</strong> <strong>di</strong>screzione per abbandonare le proprie<br />

caratteristiche in<strong>di</strong>viduali e ritornare a Dio, è un sacrificio,come fu un sacrificio quello<br />

che fece Abramo quando Dio gli chiese <strong>di</strong> sacrificare il proprio figlio. Nella Sura 24<br />

versetto 31, cioè in un passo, del Corano si legge: "<strong>Le</strong> donne si coprano con i veli del<br />

capo entrambi i seni, non facciano mostra <strong>di</strong> ornamenti femminili se non ai mariti" e a<br />

una cerchia <strong>di</strong> familiari. Nella Sura 33 al versetto 59 si legge: "O profeta, dì alle tue<br />

spose e alle tue figlie e alle donne dei credenti che si ricoprano dei loro mantelli; essi<br />

permetteranno <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguerle dalle altre donne e <strong>di</strong> far sì che non vengano offese".Sono<br />

i versetti del Corano che portano le donne islamiche a coprirsi integralmente o<br />

parzialmente secondo l'interpretazione che ne danno. In alcuni Paesi, per esempio in<br />

Afghanistan, il Corano è seguito con estremo rigore, e le donne che trasgre<strong>di</strong>scono<br />

rischiano condanne e pene gravissime. In altri Paesi <strong>di</strong> fede islamica è richiesto alle<br />

donne, ma senza rigorose imposizioni, <strong>di</strong> indossare altri tipi <strong>di</strong> veli che lasciano scoperto<br />

il volto ma non i capelli. Oltretutto, le donne , non possono nemmeno curare il loro<br />

aspetto estetico. A colei che osa smaltare le unghie le vengono mozzate le <strong>di</strong>ta, poiché<br />

è visto come segno <strong>di</strong> immoralità. Altro esempio eclatante è quello riportato dalla Fallaci<br />

stessa, presente in prima persona ad un’esecuzione pubblica <strong>di</strong> tre giovani donne,uccise<br />

con estrema freddezza con un unico ed assordante colpo <strong>di</strong> mitragliatrice alla testa,<br />

private <strong>di</strong> un equo processo. Ciò che più sconvolge, è la motivazione che condusse<br />

queste donne ad una morte orrenda: si sono recate dal parrucchiere e questo, ha<br />

turbato la quiete pubblica. È resa manifesta un’ agghiacciante verità: alla donna<br />

islamica è negato il piacere <strong>di</strong> accrescere la propria cultura, <strong>di</strong> mostrare sui volti un<br />

sorriso sereno ed i<strong>di</strong>lliaco. È negato loro anche il <strong>di</strong>ritto ad una visita me<strong>di</strong>ca nel caso<br />

che il dottore sia un uomo, poiché questi non possono avere contatti con il suo corpo<br />

che è perciò obbligata a rivolgersi ad altre donne anche solo per un iniezione. Un altro<br />

fondamentale aspetto della cultura islamica che la Fallaci affronta nel suo libro riguarda<br />

il concetto <strong>di</strong> poligamia che persiste all’interno della società.<br />

239


Talvolta, alcune bambine, vengono date in mogli a uomini già adulti, per entrare a far<br />

parte <strong>di</strong> uno squallido harem. Hanno come compito esclusivo quelli <strong>di</strong> donare piacere<br />

all’unico uomo a cui sono legate tramite vincolo matrimoniale. Delle farfalle da<br />

collezione da tenere ben celate al resto del mondo. Oppure accade il contrario scilicet<br />

donne ormai adulte sono costrette a stare al fianco <strong>di</strong> un fanciullo immaturo, ancora<br />

amante del gioco.<br />

Nonostante gli uomini possano frequentare più donne contemporaneamente,<br />

quest’ultime hanno invece il dovere <strong>di</strong> rimanere fedeli al marito. Se trasgre<strong>di</strong>ssero alla<br />

legge, vi sarebbe una sola soluzione possibile: la pena capitale. La morte.<br />

“E una sera mi confidò la storia del suo primo matrimonio. Un matrimonio celebrato<br />

contro la sua volontà anzi nonostante la sua <strong>di</strong>sperazione, quando egli aveva meno <strong>di</strong><br />

tre<strong>di</strong>ci anni. Per moglie, una cugina che era già donna matura. Me la confessò tra le<br />

lacrime “Se fai il bravo, se consumi il matrimonio, ti regaliamo un paio <strong>di</strong> pattini”. ”Non<br />

lo consumammo…Ero proprio un bambino. Non sapevo da che parte incominciare. E<br />

invece d’aiutarmi lei piangeva. Piangeva, piangeva. Ergo, mi misi a piangere anch’io. Poi<br />

stanco <strong>di</strong> piangere mi addormentai, e l’indomani la lasciai per recarmi a stu<strong>di</strong>are in<br />

Inghilterra. L’avrei soltanto dopo il mio secondo matrimonio, quando ero ormai<br />

innamorato della mia seconda moglie e …Come <strong>di</strong>rlo? Io non sono un cultore della<br />

castità, e spesso vengo accusato d’essere un donnaiolo. Eppure dalla mia prima moglie<br />

non ho avuto figli. Voglio <strong>di</strong>re, non l’ho mai messa in con<strong>di</strong>zione d’avere<br />

figli…Nonostante la sua grazia e la sua bellezza, l’incubo <strong>di</strong> quella notte me lo ha<br />

sempre impe<strong>di</strong>to. Non ci sono mai riuscito. E quando vado da lei che vive sola come un<br />

cane abbandonato a Larkana, che morirà senza aver mai toccato un uomo perche se<br />

tocca un altro uomo commette adulterio e finisce lapidata, mi vergogno <strong>di</strong> me stesso e<br />

della mia religione. E’ una cosa spregevole, la poligamia. E’ una cosa spregevole il<br />

matrimonio combinato e imposto”.<br />

Dunque, la donna risulta essere un mezzo per il mero sod<strong>di</strong>sfacimento delle pulsioni<br />

sessuali degli uomini ed essendo alla pari <strong>di</strong> un oggetto le è negato il piacere dell’atto<br />

stesso. Spesso, in giovane età, le viene inflitta l’infibulazione ovvero la mutilazione degli<br />

organi genitali che le arreca in<strong>di</strong>cibili sofferenze e talvolta infezioni degli organi interni.<br />

Tutto ciò concorre a relegare la donna in uno status sociale infimo se non ad una morte<br />

lenta e dolorosa.<br />

Infine, la Fallaci accusa le donne che tacciono <strong>di</strong> fronte a tale situazione, biasimandole<br />

con forti termini provocatori, tentando <strong>di</strong> smuovere la sensibilità comune <strong>di</strong> fronte ad<br />

una società chiusa e <strong>di</strong>sprezzante verso la donna.<br />

240


Bibliografia<br />

“ Il prezzo del velo” <strong>di</strong> Giuliana Sgrena<br />

“La rabbia e l’orgoglio” <strong>di</strong> Oriana Fallaci<br />

“Bruciata viva” <strong>di</strong> Suad<br />

http://cronologia.leonardo.it/storiologia/socie004.htm<br />

http://www.sanpaolo.org/cisf/donnaislam.htm<br />

Visione dello spettacolo teatrale “ Passi Affrettati” <strong>di</strong> Dacia Maraini.<br />

241


CLASSE V L<br />

DONNE E SCIENZA:<br />

DA IPAZIA A SOF’JA KOVALEVSKAJA<br />

<strong>Le</strong> figure <strong>di</strong> donne analizzate:<br />

I PREMI NOBEL DELLE DONNE NELLA SCIENZA<br />

IPAZIA<br />

SOPHIE BRAHE<br />

MADAME DE CHATELET<br />

MARIA GAETANA AGNESI<br />

SOPHIE GERMAIN<br />

SOF'JA KOVALEVSKAJA<br />

Alunni<br />

Ascarelli Stefania<br />

Bafaro Martina<br />

Bombardone Giorgia<br />

Centrone Francesca<br />

De Simone Felice<br />

Di Domenico Gioia<br />

Gagliar<strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>a<br />

Giallatini Veronica<br />

Hanfy Layla<br />

Marcelli Maria<br />

Mattei Valentina<br />

Murgia Serena<br />

Necci Erica<br />

Parravani Giulia Yoko<br />

Pietrobono Maria Grazia<br />

Presutti Ramona<br />

Rizzi Martina<br />

Samà Gianluca<br />

Santori Sara<br />

Scuto Andrea<br />

Semeraro Francesca<br />

Severino Jacqueline<br />

Simeone Arianna<br />

Taffara Marzia<br />

Tresca Michela<br />

Insegnanti<br />

Anita Biagini<br />

Marina Santoni<br />

243


INDICE<br />

Motivazione metodologica<br />

Donna e istruzione<br />

La donna nella storia della scienza<br />

I premi Nobel delle donne nella scienza<br />

<strong>Ipazia</strong><br />

Sophie Brahe<br />

Madame de Chatelet<br />

Maria Gaetana Agnesi<br />

Sophie Germain<br />

Sof'ja Kovalevskaja<br />

Bibliografia/sitografia<br />

244


Motivazione metodologica<br />

All’interno del modulo <strong>di</strong> compresenza Storia e Fisica è stato realizzato, nella classe V L, il<br />

lavoro DONNA E SCIENZA. L’idea <strong>di</strong> questo percorso nasce dall’esigenza <strong>di</strong> unificare, da<br />

una parte, i saperi umanistici e scientifici che vengono spesso visti dagli studenti, e non<br />

solo da questi, in modo contrapposto e inconciliabile, dall’altra dalla volontà <strong>di</strong> avvicinare<br />

la classe allo stu<strong>di</strong>o delle materie scientifiche.<br />

Per rendere più umani e vitali i principi e i teoremi della fisica e della matematica abbiamo<br />

utilizzato figure <strong>di</strong> scienziate, che solo per il fatto <strong>di</strong> essere state donne hanno subito dalla<br />

società, ma soprattutto dal mondo maschile, sopraffazione, emarginazione e sofferenza.<br />

Sono state prese in esame le figure <strong>di</strong> sei scienziate (<strong>Ipazia</strong>, Sophie Brahe, Madame de<br />

Chatelet, Maria Gaetana Agnesi, Sophie Germain, Sof’ja Kovalevskaja) e <strong>di</strong> ognuna è stato<br />

analizzato il periodo storico <strong>di</strong> riferimento, il tipo d’istruzione, l’ educazione, le scoperte in<br />

campo matematico-fisico, nonché la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> usufruire <strong>di</strong> un’educazione scientifica.<br />

Dalle loro biografie si è visto come ciascuna <strong>di</strong> queste donne fosse, in realtà figlia del<br />

proprio tempo, nel senso che le loro scoperte scientifiche rispondevano ai progressi<br />

culturali e storici della loro epoca, ma, nello stesso tempo, si è constatato la presenza <strong>di</strong><br />

un filo conduttore comune: la mancanza <strong>di</strong> ogni riconoscimento dei loro <strong>di</strong>ritti e<br />

soprattutto l’esclusione delle donne dal mondo scientifico.<br />

Per approfon<strong>di</strong>re queste tematiche abbiamo utilizzato il filmato Viaggio nel ‘900 delle<br />

donne realizzato dall'UDI.<br />

Gli argomenti trattati sono stati: donna e istruzione, la questione femminile, riforme e<br />

legislazione sociale, La con<strong>di</strong>zione delle donne e il movimento <strong>di</strong> emancipazione<br />

femminile, da V. de Grazia, Il patriarcato fascista, Storia delle donne, Il Novecento, a cura<br />

<strong>di</strong> F. Thébaud; La guerra e le donne, da F. Thebaud, La grande Guerra. Duby-M. Pierrot,<br />

L’industrializzazione e le donne, Movimento <strong>di</strong> liberazione della donna negli anni ’60.<br />

Queste tematiche hanno suscitato grande interesse e partecipazione negli alunni che<br />

hanno approfon<strong>di</strong>to i vari perio<strong>di</strong> storici corrispondenti a ciascuna scienziata. Gli alunni<br />

<strong>di</strong>visi in gruppi hanno prodotto dei percorsi ben articolati sia sul piano storico che<br />

scientifico.<br />

Il lavoro è stato coor<strong>di</strong>nato e seguito con professionalità e serietà da tutti i partecipanti, le<br />

insegnanti si augurano che possa servire come idea per progetti futuri.<br />

245<br />

Proff. Anita Biagini , Marina Santoni<br />

(in<strong>di</strong>ce)


Donna e Istruzione<br />

Una donna silenziosa è un dono <strong>di</strong> Dio. Bibbia.<br />

La concezione della donna come essere inferiore all’uomo, è talmente ra<strong>di</strong>cata nella nostra<br />

cultura, da essere già facilmente in<strong>di</strong>viduabile in <strong>di</strong>versi passi delle sacre scritture.<br />

Nel corso dei secoli la donna all’interno della società ha generalmente ricoperto ruoli legati<br />

all’ambito domestico, educativo e affettivo.<br />

Non a caso la donna è spesso considerata mamma prima che essere umano; le qualità e le<br />

peculiarità del sesso femminile, ad esempio una più spiccata sensibilità, un innato istinto<br />

materno, una maggiore capacità <strong>di</strong> gestione (casa), non sono messe in <strong>di</strong>scussione, anzi le<br />

sono sempre state riconosciute, ma paradossalmente queste stesse prerogative, a cui<br />

dovrebbe consequenzialmente seguire un’elevata stima da parte della società, la portano<br />

ad essere relegata a mansioni socialmente considerate “inferiori”, ad esempio il ruolo<br />

dell’insegnante-educatrice in genere.<br />

L'angelo della famiglia è la donna. Mazzini.<br />

Nel 1849, negli stati Lombardo-Veneto e Piemonte, viene emanata la legge sull’obbligatorietà<br />

dell’istruzione <strong>di</strong> base. Dieci anni dopo, nel regno <strong>di</strong> Sardegna, con la legge<br />

Casati, si riprende questo modello introducendo l’istruzione elementare obbligatoria e<br />

gratuita.<br />

Il provve<strong>di</strong>mento sarà poi esteso a tutta Italia a seguito dell’unificazione (1861) dalla<br />

Destra storica, che a causa della situazione problematica del nuovo Stato, decise <strong>di</strong><br />

mantenere la suddetta legge in vigore fino al 1923, anno della Riforma Gentile.<br />

Negli anni successivi all’unificazione, infatti, l’Italia continuava a presentare le fratture date<br />

dal <strong>di</strong>vario linguistico - sociale che contrad<strong>di</strong>stinguevano nord, centro e sud dello stato.<br />

Infatti, mentre al nord si seguivano già i modelli europei <strong>di</strong> società industriale, al centro e<br />

al sud, si viveva nell’arretratezza, soprattutto per quanto riguarda il settore agricolo, che<br />

ancora restava la principale fonte <strong>di</strong> sostentamento per la popolazione.<br />

Inoltre, il popolo italiano era ulteriormente frazionato, non solo da un punto <strong>di</strong> vista<br />

sociale, ma anche da un punto <strong>di</strong> vista linguistico, per via dell’uso <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi <strong>di</strong>aletti, che<br />

impe<strong>di</strong>vano il libero fluire della comunicazione e dell’integrazione.<br />

Nel 1880 si fa strada un primo tentativo <strong>di</strong> rendere le donne partecipi della cultura; ad<br />

esempio, ha inizio la pubblicazione <strong>di</strong> riviste al femminile, anche se solo per donne <strong>di</strong> ceto<br />

me<strong>di</strong>o.<br />

Questo fenomeno è dovuto al cambiamento <strong>di</strong> assetto del mercato e della città che<br />

comincia a interessarsi all’educazione delle donne.<br />

La Chiesa cattolica aveva, da tempo immemore, il controllo sull’educazione e<br />

sull’istruzione, in quanto tutte le scuole erano <strong>di</strong> proprietà delle istituzioni clericali. Questo<br />

significava che, donne e uomini, nascevano sotto l’influenza della morale cattolica; una<br />

morale dogmatica, severa, basata su una tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> superstizioni e ruoli da rispettare. I<br />

ruoli in questione incatenavano la donna, da sempre, nella posizione <strong>di</strong> automa sociale.<br />

L’istituzione della scuola pubblica, nel 1923, tolse alla Chiesa Cattolica l’esclusiva<br />

sull’educazione. Questo comportò la necessità della formazione <strong>di</strong> una classe insegnante,<br />

246


che fu pressoché totalmente composta <strong>di</strong> donne, proprio per le attitu<strong>di</strong>ni umane<br />

generalmente attribuite loro.<br />

Nel 1915 l’Italia entra a far parte delle forze belliche nella prima Guerra Mon<strong>di</strong>ale.<br />

<strong>Le</strong> conseguenze sociali vanno a minare ancor più in profon<strong>di</strong>tà la mancanza <strong>di</strong> un<br />

equilibrio nazionale interno.<br />

Mentre sul fronte si combatte, anche la società <strong>di</strong>venta protagonista della lotta per via<br />

dell’importanza del suo sostegno.<br />

È attuato il sistema <strong>di</strong> “massificazione dell’informazione”, che mira a colpire il popolo<br />

convincendolo della giustizia della guerra, mostrata come strumento <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne e<br />

ubbi<strong>di</strong>enza.<br />

Lo scoppio della grande guerra offrì alle donne <strong>di</strong> tutta Europa l’occasione <strong>di</strong> riscattarsi, e<br />

costituì per loro, un’esperienza <strong>di</strong> libertà e responsabilità poiché, a causa della mancanza<br />

<strong>di</strong> uomini che potessero de<strong>di</strong>carsi alle loro usuali attività lavorative, dal momento che<br />

erano per la maggior parte impegnati al fronte, esse presero il loro posto, sostituendoli ed<br />

uguagliandoli, data la situazione <strong>di</strong> necessità e <strong>di</strong> emergenza.<br />

Si <strong>di</strong>mostrarono capaci e abili nel gestire <strong>di</strong>verse mansioni: uffici pubblici e amministrativi,<br />

fabbriche, botteghe, banche.<br />

In Francia vi sono già in questo periodo esempi <strong>di</strong> donne me<strong>di</strong>co o avvocato, le ragazze<br />

sono accettate nelle scuole d’ingegneria e commercio; quasi ovunque in Europa le giovani<br />

posso accedere alle più gran<strong>di</strong> università, tra cui Oxford in Inghilterra e la Sorbona in<br />

Francia.<br />

Tutto ciò non ha concesso, però, alle donne il riconoscimento ufficiale delle loro facoltà<br />

organizzative e gestionali, tantomeno non ha prodotto un cambiamento in campo sociale.<br />

Alla fine della guerra i mass me<strong>di</strong>a, soprattutto in Italia, esitavano però ancora nel<br />

mostrare alla società una donna che potesse rappresentare l’intero genere umano, per<br />

questo, infatti, le uniche immagini <strong>di</strong>vulgate, spesso non erano altro che montaggi che<br />

rappresentavano donne chiuse nel proprio ruolo domestico, e per contro uomini<br />

esclusivamente impegnati in occupazioni prettamente virili.<br />

Una situazione analoga si ripresenterà anche allo scoppio della II Guerra Mon<strong>di</strong>ale.<br />

Nel 1923 con la Riforma Gentile abbiamo il primo cambiamento significativo del sistema<br />

scolastico.<br />

Questa può essere considerata una riforma molto classista, poiché prevedeva due tipologie<br />

<strong>di</strong> scuole me<strong>di</strong>e <strong>di</strong>fferenti in base allo status sociale: il ginnasio per i giovani appartenenti<br />

alle classi agiate, e l’avviamento professionale per quanto riguardava i ceti meno abbienti.<br />

Inoltre la riforma prevede l’istituzione delle scuole Normali, ovvero le future Magistrali, per<br />

la formazione d’insegnanti per le scuole inferiori.<br />

Il risultato della riforma, per quanto riguarda la società, fece emergere un aspetto oltre<br />

che classista, anche sessista, dal momento che le scuole Normali erano frequentate<br />

pressoché unicamente da donne.<br />

<strong>Le</strong> studentesse che frequentavano questo tipo d’istituto, provenivano sia da famiglie <strong>di</strong><br />

lavoratori, poiché il lavoro dell’insegnante consentiva loro <strong>di</strong> conquistare una migliore<br />

collocazione sociale, sia da famiglie borghesi, dal momento che erano già destinate al<br />

ruolo <strong>di</strong> “donna <strong>di</strong> casa”; questo tipo <strong>di</strong> formazione consentiva loro <strong>di</strong> raggiungere il<br />

massimo grado d’istruzione cui potessero accedere.<br />

Ancora in questo periodo la donna è al centro del nucleo familiare. È elogiata, per<br />

l’ennesima volta, per il ruolo <strong>di</strong> madre e amante per le sue qualità <strong>di</strong> allevatrice e angelo<br />

del focolare.<br />

Una volta reinserita in questo schema però, gli eventi della seconda guerra mon<strong>di</strong>ale, la<br />

portano a riemergere per sostituire le mansioni degli uomini.<br />

247


In questo periodo, un elemento <strong>di</strong> grande rilievo per quanto riguarda la dura lotta<br />

femminile per l’emancipazione, è la partecipazione delle donne al movimento della<br />

resistenza partigiana: donne, madri <strong>di</strong> famiglia, che combattono la tirannia del<br />

totalitarismo, anche uccidendo.<br />

Alla fine del periodo bellico dunque, le donne hanno il loro valore umano in<strong>di</strong>scutibilmente<br />

riconosciuto dalla società.<br />

Il 2 giugno 1946 ottengono il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> voto, rendendo concreto un processo <strong>di</strong><br />

emancipazione che, dopo un affievolimento, riprenderà al massimo della sua forza negli<br />

anni ’60.<br />

In questi anni le donne entrano in massa nelle scuole e si assiste, inoltre, alla<br />

femminilizzazione del settore terziario, in altre parole il settore economico in cui si<br />

producono e forniscono i servizi.<br />

Il potere, però, ancora non dà il giusto peso alla trasformazione della figura femminile. Ne<br />

è un chiaro esempio il fatto che gli asili nido, che avrebbero facilitato il doppio lavoro <strong>di</strong><br />

madre e lavoratrice, sono aperti solo nel 1969.<br />

Un altro aspetto del rifiuto dei <strong>di</strong>ritti delle donne e della loro crescita sociale, da parte dei<br />

potenti, è l’impossibilità per le studentesse <strong>di</strong> essere ammesse a Princeton fino al 1968.<br />

Questo è l’anno delle gran<strong>di</strong> rivoluzioni sociali: Francia, Italia, Germania, Messico, e altre<br />

nazioni si trovano scosse da rivolte <strong>di</strong> massa. <strong>Le</strong> donne non mancano <strong>di</strong> far sentire la<br />

propria voce.<br />

Nel 1963 Betty Friedan, scrittrice americana, pubblica il suo libro <strong>di</strong> protesta contro il ruolo<br />

coatto <strong>di</strong> sposa e madre alla quale segue la fondazione della “National Organization For<br />

Women”, che riven<strong>di</strong>ca i <strong>di</strong>ritti civili delle donne.<br />

Negli anni ’70, in Italia, la rivolta femminile si estende e fortifica; le donne richiedono<br />

centri antiviolenza, il <strong>di</strong>ritto all’aborto, istituzione <strong>di</strong> consultori familiari e case delle donne.<br />

Tutte cose queste saranno ottenute, ma non senza il <strong>di</strong>ssenso della popolazione maschile<br />

che spesso non sa, o non vuole, capire il processo <strong>di</strong> autoaffermazione della donna: un<br />

processo che parte dallo stu<strong>di</strong>o e dalla comprensione <strong>di</strong> sé, per arrivare alla negazione<br />

della supremazia maschile.<br />

Sicuramente il <strong>di</strong>fficile percorso delle donne non è concluso neanche oggi.<br />

Se ci guar<strong>di</strong>amo in<strong>di</strong>etro, possiamo costatare come le tante donne che hanno avuto il<br />

coraggio <strong>di</strong> “alzare la testa” non solo hanno acquisito i propri <strong>di</strong>ritti, ma hanno influenzato<br />

profondamente la società e la mentalità ra<strong>di</strong>calmente ottusa della popolazione.<br />

Gli elementi chiave che non erano mai stati tenuti in considerazione dalle donne come<br />

dagli uomini prima delle rivoluzioni, sono i valori della libertà e della <strong>di</strong>gnità che<br />

caratterizza l’essere umano in<strong>di</strong>pendentemente dal sesso.<br />

Tante generazioni <strong>di</strong> donne hanno fatto la rivoluzione: all’inizio, silenziose e impaurite,<br />

chiedevano.... poi, con coraggio, cercavano <strong>di</strong> imporsi nell’ambito della socialità<br />

<strong>di</strong>mostrando il proprio valore morale.<br />

Alla fine hanno deliberatamente preteso e preso con forza ciò per cui lottavano, utilizzando<br />

mezzi quali lo sciopero, i <strong>di</strong>battiti, le occupazioni.<br />

L’arma che maggiormente ha incrementato la voglia e la necessità <strong>di</strong> libertà è stata<br />

sicuramente la musica. Non vanno perciò <strong>di</strong>menticate quelle donne che hanno fatto della<br />

loro arte il mezzo per affermare la propria libertà e <strong>di</strong>gnità, come, per esempio, Janis<br />

Joplin, cantautrice, che ha saputo sfruttare l’evoluzione della musica rock, allora mezzo <strong>di</strong><br />

espressione delle masse rivoltose, per esprimere l’evoluzione della propria consapevolezza<br />

dell’essere donna e, non per questo, inferiore all’uomo.<br />

Tanta strada è stata fatta, ma tanta ancora ce n’è da fare affinché si possa giungere a una<br />

totale parità fra sessi.<br />

248


"La storia delle donne è la storia della peggiore tirannia che il mondo abbia mai<br />

conosciuto: la tirannia del debole sul forte. E' l'unica tirannia che duri." O. Wilde.<br />

La donna nella storia della scienza<br />

249<br />

(in<strong>di</strong>ce)<br />

La storia delle donne nella cultura e nella vita civile è stata una storia <strong>di</strong> emarginazione.<br />

In Italia, il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia, <strong>di</strong>sciplinato dal 1865 dal Co<strong>di</strong>ce Pisanelli, era basato sulla<br />

supremazia maschile, precludeva alle donne ogni decisione <strong>di</strong> natura giuri<strong>di</strong>ca o<br />

commerciale (atti legali e notarili, contratti, firme <strong>di</strong> assegni e accensione <strong>di</strong> prestiti),<br />

senza l'autorizzazione del marito o del padre.<br />

Anna Kuliscioff nel 1889 nel suo libro ”il Monopolio dell’uomo” rilevò la <strong>di</strong>pendenza delle<br />

donne dal marito o dal padre; stabilì un profilo della subor<strong>di</strong>nazione delle donne<br />

analizzando le cause del “parassitismo morale “ fatto <strong>di</strong> servilismo agli uomini. L’autonomia<br />

della donna, infatti, aveva bisogno prima della parità economica e salariale, che doveva<br />

essere poi seguita dai <strong>di</strong>ritti politici.<br />

E' del 1925 la sconfitta per l'estensione del voto alle donne, mentre nel 1926,<br />

contemporaneamente alla soppressione <strong>di</strong> tutti i partiti politici, il regime riconobbe solo<br />

due movimenti femminili: quello fascista, che fu incoraggiato e quello cattolico, che fu<br />

tollerato.<br />

Per secoli l’istruzione è stata monopolio assoluto degli uomini; compito delle donne era<br />

quello del lavoro domestico, <strong>di</strong> madre e moglie. <strong>Le</strong> poche donne che avevano il privilegio<br />

<strong>di</strong> ricevere un’istruzione più approfon<strong>di</strong>ta erano <strong>di</strong> solito quelle rinchiuse nei conventi;<br />

tuttavia, anche in questo caso, il sapere impartito era soprattutto <strong>di</strong> tipo umanistico:<br />

dunque, arte, filosofia e letteratura e non matematica e fisica. Ancora all'inizio del XX<br />

secolo in molti paesi europei alle ragazze era precluso l'accesso alle università ed anche ai<br />

licei.<br />

Perciò le donne, escluse dalle università, escluse dall'educazione scientifica, sono emerse<br />

là dove potevano emergere. Così è nato il pregiu<strong>di</strong>zio secondo cui le donne sarebbero più<br />

adatte alle materie letterarie e linguistiche che non a quelle scientifiche.<br />

Un pregiu<strong>di</strong>zio ancora oggi <strong>di</strong>ffuso nella mentalità comune. L’astrofisica italiana Margherita<br />

Hack sottolinea anche che le poche donne che hanno avuto la possibilità <strong>di</strong> accedere al<br />

mondo della scienza sono quelle che si sono trovate in un contesto familiare favorevole;<br />

scrive la Hack: “Solo le poche favorite dall’avere un padre, un fratello o un marito<br />

scienziato <strong>di</strong>sposto a con<strong>di</strong>videre le proprie cognizioni potevano farsi una cultura<br />

scientifica”.<br />

Attualmente, continua la Hack, “molti degli ostacoli <strong>di</strong> cui si lamentano parecchie<br />

ricercatrici <strong>di</strong>pendono anche dall’educazione ricevuta che, almeno fino a qualche decennio<br />

fa, tendeva a fare delle bambine persone arrendevoli e servizievoli poco combattive e<br />

desiderose <strong>di</strong> protezione”. Sottolinea ancora la Hack, “resta il fatto che le scienziate per<br />

emergere devono generalmente lavorare <strong>di</strong> più dei loro colleghi, superare numerosi<br />

pregiu<strong>di</strong>zi che, contrariamente a quanto si crede, sono maggiori nei paesi anglosassoni<br />

che in quelli latini".


<strong>Le</strong> importanti scoperte delle donne scienziate<br />

Malgrado le <strong>di</strong>fficoltà incontrate, non sono poche le scienziate che hanno portato<br />

importanti contributi allo sviluppo della scienza. La storia ci tramanda i nomi <strong>di</strong> alcune<br />

famose scienziate: nell'antichità, emerge il nome della matematica <strong>Ipazia</strong><br />

(370-415 d.C.), figlia del matematico e filosofo Teone. Diventò capo <strong>di</strong> una scuola<br />

platonica <strong>di</strong> Alessandria d'Egitto frequentata da molti giovani. Fu uccisa barbaramente da<br />

monaci, forse anche perché tanta genialità matematica in una donna poteva sembrare<br />

in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> empietà. <strong>Ipazia</strong> testimonia la tenacia e la determinazione <strong>di</strong> una donna che fa<br />

dello stu<strong>di</strong>o e dell’insegnamento lo scopo principale della propria esistenza.<br />

Nel Settecento la matematica italiana Maria Gaetana Agnesi nata a Milano, da una ricca e<br />

colta famiglia, fu la prima donna a essere chiamata a ricoprire una cattedra universitaria,<br />

all'Università <strong>di</strong> Bologna. Questo rappresenta un’eccezione per un’epoca in cui le donne<br />

non avevano possibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare le loro capacità nel mondo scientifico; in questo<br />

periodo lo stu<strong>di</strong>o della matematica era considerato utile solo per <strong>di</strong>ventare protagoniste<br />

nei salotti mondani.<br />

Fra le astronome e astrofisiche va ricordata Caroline Herschel (1750-1848) che insieme al<br />

fratello William iniziò lo stu<strong>di</strong>o fisico del cielo, occupandosi <strong>di</strong> quello sfondo <strong>di</strong> stelle fino<br />

allora considerato poco più <strong>di</strong> uno scenario su cui si muovevano i pianeti. A loro si deve lo<br />

stu<strong>di</strong>o delle nubi interstellari, la scoperta <strong>di</strong> regioni apparentemente prive <strong>di</strong> stelle, che<br />

oggi sappiamo, essere regioni ricche <strong>di</strong> polveri che ci nascondono le stelle retrostanti, e lo<br />

stu<strong>di</strong>o della <strong>di</strong>stribuzione delle stelle sulla volta celeste. Maria Mitchell (1818-1889) è stata<br />

la prima famosa astronoma americana, docente <strong>di</strong> astronomia al Vassar College e<br />

<strong>di</strong>rettrice <strong>di</strong> quell'osservatorio, che ha preso il suo nome. Un trio <strong>di</strong> astronome americane<br />

che hanno legato il loro nome a scoperte e ricerche fondamentali per la moderna<br />

astrofisica sono Henrietta Swan <strong>Le</strong>avitt (1868-1921), Anne Cannon (1863-1941) e Antonia<br />

Maury (1866-1952). La prima scoprì la relazione che lega il periodo <strong>di</strong> variazione <strong>di</strong> luce <strong>di</strong><br />

una classe <strong>di</strong> stelle variabili dette "Cefei<strong>di</strong>" al loro splendore assoluto, facendo <strong>di</strong> questa<br />

classe <strong>di</strong> stelle il miglior mezzo per la determinazione delle <strong>di</strong>stanze delle galassie. Alla<br />

seconda si deve la classificazione degli spettri con più <strong>di</strong> 225.000 stelle. La terza scoprì<br />

alcune caratteristiche degli spettri stellari, che permettevano <strong>di</strong> stabilire lo splendore<br />

assoluto <strong>di</strong> una stella, e quin<strong>di</strong> risalire poi alla <strong>di</strong>stanza. Essa ha anticipato <strong>di</strong> almeno due<br />

decenni il metodo <strong>di</strong> determinazione delle <strong>di</strong>stanze rispetto al semplice stu<strong>di</strong>o dello<br />

spettro.<br />

Una grande astrofisica, iniziatrice dei meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o delle atmosfere stellari e della<br />

determinazione della loro composizione chimica è stata Cecilia Payne Gaposchkin (1890-<br />

1979). Nel XIX secolo ci sono numerose gran<strong>di</strong> matematiche, fra le quali Sofia Kovaleskaja<br />

(1850-1891), professoressa all'Università <strong>di</strong> Stoccolma, e Emmy Noether, fondatrice<br />

dell'Algebra moderna. Fra le matematiche italiane del novecento emergono Pia Nalli,<br />

Maria Pastori, Maria Cibrario Cinquini, Maria Biggiogero Masotti, Emma Castelnuovo. Fra le<br />

fisiche e le astrofisiche vanno ricordate, naturalmente Marie Sklodwska Curie, Lise Meitner,<br />

Marie Goeppert Mayer, Wu Chieng-Shiung.<br />

Altrettanto numerose sono le scienziate nel campo della biologia e delle scienze me<strong>di</strong>che.<br />

Malgrado i gran<strong>di</strong> progressi fatti dalle donne, ci sono ancora notevoli <strong>di</strong>sparità nel mondo<br />

del lavoro, della politica e della ricerca.<br />

250


La Crisalide e la Farfalla<br />

Fino alla seconda metà del Novecento poche donne hanno avuto accesso al sapere<br />

matematico; spesso si è trattato <strong>di</strong> figure anomale e quasi sempre sono state oggetto <strong>di</strong><br />

derisione e <strong>di</strong> sottovalutazione. A questo proposito è <strong>di</strong> importante testimonianza il libro:<br />

La crisalide e la farfalla <strong>di</strong> Gabriele Lolli,docente <strong>di</strong> logica matematica all'università <strong>di</strong><br />

Torino. Con questo saggio Lolli denuncia la profonda misoginia <strong>di</strong> quell'universo chiuso e<br />

geniale che è la matematica.<br />

"Ci sono solo due donne matematiche nella storia; Sofja kovaleskaja ed Emmy Noether: la<br />

prima non era una matematica, la seconda non era una donna."<br />

Il testo inizia con questa agghiacciante battuta, attribuita ad Hermanna Weyll ma, Lolli<br />

vuole <strong>di</strong>mostrare la falsità del luogo comune secondo cui le donne non sarebbero inclini al<br />

pensiero astratto e inoltre l'autore afferma che l'idea della virago (idea introdotta da Gino<br />

Loria secondo cui "soltanto in forza <strong>di</strong> variazioni patologiche la donna può acquisire qualità<br />

<strong>di</strong>verse da quelle che la rendono amante e madre" ) è falsa e assurda dal momento che<br />

tra le donne matematiche ci sono madri, amanti zitelle, donne femminili mascoline.<br />

Lolli avverte il lettore che la sua vuole essere soprattutto una riflessione su "quello che si è<br />

perduto con l'esclusione dalla matematica dell'altra metà del cielo".<br />

In questo lavoro l'autore mira a ottenere un'immagine nuova della <strong>di</strong>sciplina, infatti, per il<br />

professore torinese:"la matematica è un investimento <strong>di</strong> passione non un rifugio per la<br />

timidezza". Per coltivarla occorre spirito <strong>di</strong> avventura da un lato, e, amore assoluto, come<br />

per un figlio, dall'altro, qualità <strong>di</strong> cui sono capaci sia gli uomini che le donne ed è quin<strong>di</strong><br />

bene guardarsi da esclusioni basate su assur<strong>di</strong> pregiu<strong>di</strong>zi. La storia delle donne<br />

matematiche è un filo importante nella trama del testo che ci fornisce una chiave <strong>di</strong> lettura<br />

delle vicende passate: il Novecento è infatti il secolo in cui donne e matematica si sono<br />

incontrate.<br />

(in<strong>di</strong>ce)<br />

I Premi Nobel delle donne nella scienza<br />

<strong>Le</strong> donne che hanno vinto il premio Nobel della fisica, della me<strong>di</strong>cina e della chimica, a<br />

partire dal 1901, sono in tutto 13 e sono:<br />

• Marie Curie Sklodowska ( 1903 Nobel per la fisica e nel 1911 per la chimica)<br />

• Irene Joliot Curie ( 1935 Nobel per la chimica)<br />

• Gerty Cory ( 1947 Nobel per la me<strong>di</strong>cina)<br />

• Cristiane Nusselen-Volhard (1955 Nobel per la me<strong>di</strong>cina)<br />

• Maria Mayer (1963 Nobel per la fisica)<br />

• Dorothy Crowfoot Hodkin (1964 Nobel per la chimica)<br />

• Rosalin Sussman Yalow (1977 Nobel per la me<strong>di</strong>cina)<br />

• Barbara Mc Clintock ( 1983 Nobel per la me<strong>di</strong>cina)<br />

• Rita <strong>Le</strong>vi Montalcini ( 1986 Nobel per la me<strong>di</strong>cina)<br />

• Gertrude Elion ( 1988 Nobel per la me<strong>di</strong>cina)<br />

• Linda B. Buck ( 2004 Nobel per la me<strong>di</strong>cina)<br />

• Francoise Barrè Sinossi ( 2008 Nobel per la me<strong>di</strong>cina)<br />

251


Nonostante i loro meriti siano stati e sono riconosciuti ufficialmente in tutto il mondo, la<br />

loro vita <strong>di</strong> ricercatrici in un contesto maschile e maschilista non è stato facile, ma anzi<br />

pieno <strong>di</strong> ostacoli e tortuosità.<br />

Una delle donne che patì forti umiliazioni fu la polacca Maria Sklodowska la quale, una<br />

volta terminati gli stu<strong>di</strong> dell’obbligo, dovette interrompere i suoi stu<strong>di</strong>, poiché le donne non<br />

avevano accesso all’istruzione <strong>di</strong> livello superiore. Non poté continuare gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

matematica e fisica anche a causa delle ristrettezze economiche della sua famiglia e ciò la<br />

portò a lavorare come governante in una ricca famiglia <strong>di</strong> proprietari terrieri. Nel frattempo<br />

ciò che guadagnava veniva inviato alla sorella che stu<strong>di</strong>ava me<strong>di</strong>cina a Parigi e che le<br />

aveva promesso <strong>di</strong> aiutare Marie quando sarebbe stata in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> farlo, ed in effetti<br />

nel 1891 Marie si recò a Parigi, dove la vita per lei non fu semplice, ma nonostante tutto<br />

conseguì la laurea in fisica ed in matematica, fino ad arrivare nel 1903 alla vincita del<br />

primo Premio Nobel con il marito Pierre Curie ed il fisico Henry Becquerel il quale aveva<br />

scoperto i “raggi uranici” (che i due coniugi ribattezzarono con il nome ra<strong>di</strong>oattività). Nel<br />

1906 Pierre Curie morì in un incidente e Marie prese il suo posto e venne nominata<br />

“professore” alla Sorbona. Nel 1911 vinse un altro Nobel per la chimica, in seguito alla<br />

scoperta del ra<strong>di</strong>o e del polonio.<br />

La Sklodowska fu personaggio importante anche per quanto riguarda la prima guerra<br />

mon<strong>di</strong>ale, poiché organizzò una serie <strong>di</strong> ambulanze dotate <strong>di</strong> apparecchiature a raggi X,<br />

utili per in<strong>di</strong>viduare fratture alle ossa e localizzare pallottole e altri frammenti nel corpo dei<br />

soldati. Prese come assistente personale la figlia Irene, che si occupava <strong>di</strong> effettuare le<br />

ra<strong>di</strong>ografie, anch’ella una donna importante nel mondo della scienza, poiché riuscì ad<br />

effettuare la trasformazione <strong>di</strong> alcuni elementi ( come l’alluminio, il magnesio ed il boro) in<br />

isotopi ra<strong>di</strong>oattivi sintetici. Marie Curie morì nel 1934 <strong>di</strong> leucemia causata dalle ra<strong>di</strong>azioni<br />

accumulate durante le sue ricerche .<br />

Anche la carriera <strong>di</strong> Rita <strong>Le</strong>vi Montalcini venne ostacolata, poiché oltre ad essere donna<br />

era anche <strong>di</strong> religione ebraica, ma nonostante le persecuzioni razziali ( che la obbligarono<br />

ad effettuare <strong>di</strong>versi spostamenti) ed il fatto <strong>di</strong> essere donna, proseguì i suoi stu<strong>di</strong> ed<br />

arrivò alla scoperta del fattore <strong>di</strong> crescita delle cellule nervose: una proteina che regola lo<br />

sviluppo e la <strong>di</strong>fferenziazione delle cellule nervose ( never growth factor), attraverso la<br />

sperimentazione <strong>di</strong> un trapianto <strong>di</strong> tumore <strong>di</strong> un topo sul sistema nervoso dell’embrione <strong>di</strong><br />

un pulcino. Il premio Nobel per la me<strong>di</strong>cina le fu attribuito nel 1986 con il suo allievo<br />

Cohen, per la comprensione dei fattori della crescita dello sviluppo umano.<br />

Un’altra donna che fu veramente importante per le scoperte scientifiche (sottovalutata<br />

poiché una donna) e che ottenne il premio Nobel per le scoperte fatte solo dopo 42 anni<br />

fu Barbara McClintock. Barbara venne considerata la mamma della genetica, poiché in<br />

seguito ad esperimenti fatti su una pannocchia <strong>di</strong> mais, scoprì i trasposoni ( o geni mobili),<br />

ovvero quei tratti <strong>di</strong> dna che si spostano da un cromosoma all’altro in maniera autonoma; i<br />

genetisti credevano, invece, che il corredo cromosomico fosse qualcosa <strong>di</strong> stabile.<br />

Finalmente nel 1982 ottenne il premio Nobel per la me<strong>di</strong>cina.<br />

A partire dal 1901 ( anno in cui venne istituito il Premio Nobel), ci sono stati sei premi<br />

Nobel, nel campo della scienza, che, in molti, considerano siano stati negati alle seguenti<br />

scienziate: le biologiche Rosalind Franklin e Nettie Marie Stevens, le astronome Jocelyn<br />

Bell-Burnell e Annie Jump Cannon, le fisiche Lise Meitner e Chien-Shiung Wu.<br />

La biologia Rosalin Franklin <strong>di</strong>ede un contributo fondamentale alla biologia molecolare,<br />

realizzando la “Photograph 51” la prima foto chiara alla struttura del dna.<br />

A Jocelyn Bell Burnell non venne riconosciuta la scoperta del primo pulsar, una stella <strong>di</strong><br />

neutroni che ruota ad elevata velocità emettendo ra<strong>di</strong>azioni elettromagnetiche ad intervalli<br />

regolari.<br />

252


Lise Meitner fornì la prima interpretazione esatta della fissione nucleare e Chien Shiung<br />

Wu <strong>di</strong>mostrò attraverso un esperimento, che il principio <strong>di</strong> parità non è sempre valido in<br />

campo subatomico; il loro importante contributo sull’ energia nucleare e sulla ra<strong>di</strong>oattività,<br />

non venne riconosciuto.<br />

Annie Jump Cannon scoprì 300 stelle variabili, mentre Nettie Marie Stevens pubblicò una<br />

ricerca rivoluzionaria sul campo delle conoscenze biologiche, sulla determinazione<br />

ere<strong>di</strong>taria del sesso attraverso i cromosomi, ponendo le basi teoriche e metodologiche su<br />

cui si fonderà il laboratorio delle mosche drosofile.<br />

Tutte queste donne <strong>di</strong>edero dunque dei contribuiti molto importanti nel campo della<br />

scienza, senza le quali probabilmente non sarebbero state possibili alcune scoperte, ma le<br />

loro ricerche e le loro scoperte vennero attribuite ad altri ricercatori uomini.<br />

253<br />

(in<strong>di</strong>ce)


<strong>Ipazia</strong> (370- 415)<br />

“Era una donna che <strong>di</strong>videva il mondo in due: quelli che guardavano a lei come a un faro<br />

luminoso e quelli che la consideravano un emissario dell’oscurità”<br />

Introduzione storica : Alessandria nel IV secolo<br />

Ad Alessandria, nel IV secolo, il pensiero scientifico si risollevò in parte grazie all’opera<br />

della scienziata più famosa prima <strong>di</strong> Marie Curie. Ultima scienziata pagana del mondo<br />

occidentale morì <strong>di</strong> morte violenta proprio negli ultimi anni dell’Impero romano. Poiché, nei<br />

mille anni che seguirono, matematica, astronomia e fisica non fecero grossi passi avanti, la<br />

sua opera <strong>di</strong>ventò un simbolo della fine della scienza antica; a <strong>Ipazia</strong> seguirono soltanto le<br />

barbarie e il caos dei “secoli bui”. Quando <strong>Ipazia</strong> nacque, nel 370, la vita intellettuale <strong>di</strong><br />

Alessandria attraversava una fase <strong>di</strong> pericolosa confusione. L’Impero romano si stava<br />

convertendo al cristianesimo e <strong>di</strong> solito gli zeloti vedevano nella matematica e nella<br />

scienza soltanto eresia. Non era certo un buon momento per <strong>di</strong>ventare scienziati e filosofi.<br />

Il padre <strong>di</strong> <strong>Ipazia</strong>, Teone, era matematico e astronomo al Museo e controllò da vicino tutti<br />

gli aspetti dell’educazione della figlia.<br />

Biografia<br />

<strong>Ipazia</strong> nacque intorno al 370 d.C. ad Alessandria d’Egitto era figlia <strong>di</strong> Teone, celebre<br />

matematico-astronomo del Museo ed autore <strong>di</strong> un importante Commentario all’Almagesto<br />

<strong>di</strong> Tolomeo. <strong>Ipazia</strong> fu istruita dal padre nello stu<strong>di</strong>o dell’astronomia e della geometria ma<br />

subì anche le influenze della scuola neoplatonica <strong>di</strong> Alessandria.<br />

Ad <strong>Ipazia</strong> e a suo padre si devono le e<strong>di</strong>zioni delle opere <strong>di</strong> Euclide, Archimede e Diofanto<br />

ed è anche noto il loro lavoro sul Sistema matematico <strong>di</strong> Tolomeo, un astronomo,<br />

matematico ed geografo alessandrino del II secolo.<br />

Purtroppo su <strong>Ipazia</strong> non si sono dati sicuri perché non è rimasto alcuno scritto, ma solo la<br />

citazione <strong>di</strong> tre titoli <strong>di</strong> opere, però andate perdute: Commentario all’Aritmetica <strong>di</strong><br />

Diofanto, Commentario al Canone astronomico e Commentario alle sezioni coniche<br />

d’Apollonio Pergeo; quest’ultima è considerata il suo capolavoro. Come i suoi antenati<br />

254


greci, <strong>Ipazia</strong> era affascinata dalle sezioni coniche, che furono poi <strong>di</strong>menticate dagli<br />

scienziati fino all’inizio del XVI secolo, poi, tali sezioni furono <strong>di</strong> nuovo utilizzate per<br />

descrivere molti fenomeni naturali, quali quelli astronomici.<br />

La scienziata si de<strong>di</strong>cò all’insegnamento delle scienze esatte (astronomia e geometria) e<br />

alla filosofia, commentando Platone, Aristotele e i filosofi maggiori, ma s’interessò anche <strong>di</strong><br />

meccanica e tecnologia.<br />

Si tramanda che <strong>Ipazia</strong> avesse inventato l’astrolabio, il planisfero e l’idroscopio.<br />

L’astrolabio è un antico strumento astronomico tramite il quale è possibile localizzare o<br />

pre<strong>di</strong>re la posizione <strong>di</strong> corpi celesti come il Sole, la Luna, i pianeti e le stelle; serve anche<br />

per determinare l'ora locale conoscendo la longitu<strong>di</strong>ne, o viceversa. Il planisfero<br />

rappresenta la superficie terrestre, l’idroscopio è un apparecchio utilizzato per esplorare il<br />

fondo del mare, costituito da un tubo munito <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> lenti.<br />

<strong>Ipazia</strong> era molto più che una stu<strong>di</strong>osa <strong>di</strong> matematica e astronomia era anche<br />

un’insegnante e una guida spirituale, una cultrice della filosofia neoplatonica, amata dai<br />

suoi <strong>di</strong>scepoli. Il suo <strong>di</strong>scepolo più illustre fu Sinesio <strong>di</strong> Cirene, filosofo neoplatonico, poeta<br />

e oratore, che <strong>di</strong>venne poi vescovo cristiano <strong>di</strong> Tolemaide. La figura <strong>di</strong> <strong>Ipazia</strong> si può<br />

considerare come una gnostica che cercò <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere la rinascita del platonismo contro il<br />

cristianesimo, infatti, dopo la sua morte Sinesio cercherà <strong>di</strong> fondere le dottrine gnostiche<br />

con quelle neoplatoniche, senza perdere <strong>di</strong> vista la fondamentale concezione platonica. Lo<br />

gnosticismo praticato da <strong>Ipazia</strong> è una tendenza religiosa che trae origine non dal<br />

cristianesimo ma da varie religioni misteriche, dalle correnti magiche - astrologiche<br />

dell’oriente, dalle filosofie ellenistiche. Tale dottrina insiste sull’elemento conoscitivo <strong>di</strong><br />

pochi iniziati che pervengono alla salvezza attraverso la visione del Divino, del Vero. Il<br />

neoplatonismo, invece, è un vasto movimento culturale che ha come propria caratteristica<br />

un forte ritorno al misticismo e una tendenza a giustificare per via razionale le verità<br />

religiose (in questo, il neoplatonismo si prefigura come forma <strong>di</strong> scolastica). Questo<br />

movimento filosofico riprende dal platonismo il concetto <strong>di</strong> trascendenza, anche se il<br />

pensiero neoplatonico fu ulteriormente contaminato dal pitagorismo, dall'aristotelismo e<br />

dalla dottrina stoica. Il neoplatonismo è quin<strong>di</strong> la testimonianza del clima culturale e<br />

religioso alessandrino che influenzò il pensiero <strong>di</strong> molti filosofi e scienziati già dal II secolo<br />

d.C.<br />

<strong>Ipazia</strong> insegnava come Socrate per le strade, non teneva il suo sapere per sé, né lo<br />

con<strong>di</strong>videva soltanto con i suoi allievi. Come Socrate, <strong>Ipazia</strong> vestiva il mantello del filosofo<br />

e percorreva la città <strong>di</strong>spensando il suo sapere con grande libertà e generosità, per questo<br />

si conquistò grande considerazione fra i suoi concitta<strong>di</strong>ni insegnando ad Alessandria per<br />

più <strong>di</strong> vent’anni. Importante per la sua formazione culturale fu un viaggio compiuto ad<br />

Atene, dove si aggregò alla scuola teosofica <strong>di</strong> Plutarco. <strong>Ipazia</strong> vedeva nel cristianesimo<br />

soprattutto il fanatismo e la violenza, perché il vescovo Teofilo aveva fatto <strong>di</strong>struggere,<br />

oltre a vari monumenti della civiltà greca - orientale, anche il tempio <strong>di</strong> Serapide e<br />

l'annessa biblioteca. La scuola <strong>di</strong> Alessandria appartiene all’ultima grande corrente del<br />

neoplatonismo, nata tra la prima metà del V e la prima metà del VII secolo; questa forma<br />

<strong>di</strong> neoplatonismo poteva costituire un’alternativa valida al cristianesimo. I neoplatonici,<br />

infatti, ritenevano i cristiani nemici più accesi, perché mal consideravano l’acceso interesse<br />

del neoplatonismo per le questioni <strong>di</strong> carattere scientifico. Nel 412 il successore del<br />

vescovo Teofilo fu suo nipote Cirillo. Il cristianesimo, che cessò <strong>di</strong> essere perseguitato con<br />

l’e<strong>di</strong>tto <strong>di</strong> Costantino nel 313, <strong>di</strong>ventando religione <strong>di</strong> stato con l’e<strong>di</strong>tto <strong>di</strong> Teodosio nel 380,<br />

iniziò a sua volta a perseguitare, bruciando templi greci e libri pagani. Cirillo, che mal<br />

sopportava la pre<strong>di</strong>cazione pagana <strong>di</strong> <strong>Ipazia</strong>, <strong>di</strong>venuta ad Alessandria la rappresentante<br />

più qualificata della filosofia ellenica, si convinse che l’ostacolo maggiore al trionfo<br />

255


dell’ortodossia cristiana fosse proprio lei. Fu così che nel 415 un gruppo <strong>di</strong> fanatici cristiani,<br />

guidato da Pietro il <strong>Le</strong>ttore, istigato dal vescovo Cirillo, tese un agguato alla filosofa<br />

mentre questa si avviava ad una delle sue consuete uscite citta<strong>di</strong>ne: la folla la trascinò<br />

dalla carrozza portandola nella grande chiesa chiamata Caesarion, i partecipanti all’atto la<br />

spogliarono completamente nuda e poi sfregiarono il suo corpo con delle tegole (o delle<br />

conchiglie affilate); fatto il suo corpo a pezzi, portarono i lembi strappati in un luogo<br />

chiamato Cinaron e là li bruciarono. <strong>Ipazia</strong> morì dunque martire del fanatismo cristiano.<br />

Dopo la sua morte i dotti alessandrini presero la via della fuga, segnando così il declino<br />

della grande città dei filosofi – scienziati, qual’era stata fino a quel momento Alessandria.<br />

Esistono tre versioni, <strong>di</strong> cui due <strong>di</strong> parte cristiana, della morte <strong>di</strong> <strong>Ipazia</strong>:<br />

• Dalla Vita <strong>di</strong> Isidoro <strong>di</strong> Damascio, riprodotta nel Suda<br />

“Accadde che un giorno Cirillo, vescovo della setta <strong>di</strong> opposizione [il cristianesimo], passò<br />

presso la casa <strong>di</strong> <strong>Ipazia</strong>, e vide una grande folla <strong>di</strong> persone e <strong>di</strong> cavalli <strong>di</strong> fronte alla sua<br />

porta. Alcuni stavano arrivando, alcuni partendo, ed altri sostavano. Quando lui chiese<br />

perché c'era là una tale folla ed il motivo <strong>di</strong> tutto il clamore, gli fu detto dai seguaci della<br />

donna che era la casa <strong>di</strong> <strong>Ipazia</strong> e che lei stava per salutarli. Quando Cirillo seppe questo fu<br />

così colpito dalla invi<strong>di</strong>a che cominciò imme<strong>di</strong>atamente a progettare il suo assassinio e la<br />

forma più atroce <strong>di</strong> assassinio che potesse immaginare. Quando <strong>Ipazia</strong> uscì dalla sua casa,<br />

secondo il suo costume, una folla <strong>di</strong> uomini spietati e feroci che non temono né la<br />

punizione <strong>di</strong>vina né la vendetta umana la attaccò e la tagliò a pezzi, commettendo così un<br />

atto oltraggioso e <strong>di</strong>sonorevole contro il loro paese d'origine. L'Imperatore si a<strong>di</strong>rò, e<br />

l'avrebbe ven<strong>di</strong>cata se non fosse stato subornato da Aedesius. Così l'Imperatore ritirò la<br />

punizione sopra la sua testa e la sua famiglia tramite i suoi <strong>di</strong>scendenti pagò il prezzo. La<br />

memoria <strong>di</strong> questi eventi ancora è vivida fra gli alessandrini”.<br />

• Dalla Historia Ecclesiastica <strong>di</strong> Socrate Scolastico<br />

“Alcuni fanatici cristiani, spinti da uno zelo fiero e bigotto, sotto la guida <strong>di</strong> un lettore<br />

chiamato Pietro, tesero un'imboscata ad <strong>Ipazia</strong> mentre ritornava a casa. La trassero fuori<br />

dalla sua carrozza e la portarono nella chiesa chiamata Caesareum, dove la spogliarono<br />

completamente e poi l'assassinarono con delle tegole. Dopo avere fatto il suo corpo a<br />

pezzi, portarono i lembi strappati in un luogo chiamato Cinaron, e là li bruciarono”.<br />

• Dalla Cronaca <strong>di</strong> Giovanni, vescovo cristiano <strong>di</strong> Nikiu<br />

“Una moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> credenti in Dio si radunò sotto la guida <strong>di</strong> Pietro il magistrato, un<br />

credente in Gesù Cristo perfetto sotto tutti gli aspetti, e si misero alla ricerca della donna<br />

pagana che aveva ingannato le persone della città ed il prefetto con i suoi incantesimi.<br />

Quando trovarono il luogo dove era, si <strong>di</strong>ressero verso <strong>di</strong> lei e la trovarono seduta su<br />

un'alta se<strong>di</strong>a. Avendola fatta scendere, la trascinarono e la portarono nella grande chiesa<br />

chiamata Caesarion. Questo accadde nei giorni del <strong>di</strong>giuno. Poi le lacerarono i vestiti e la<br />

trascinarono attraverso le strade della città finché lei morì. E la portarono in un luogo<br />

chiamato Cinaron, e bruciarono il suo corpo. E tutte le persone circondarono il patriarca<br />

Cirillo e lo chiamarono 'il nuovo Teofilo' perché aveva <strong>di</strong>strutto gli ultimi resti dell'idolatria<br />

nella città”.<br />

256


Il poeta pagano Pallada de<strong>di</strong>cò un epigramma a <strong>Ipazia</strong>:<br />

« Quando ti vedo mi prostro, davanti a te e<br />

Alle tue parole, vedendo la casa astrale<br />

della vergine, infatti verso il cielo è<br />

rivolto ogni tuo atto <strong>Ipazia</strong> sacra,<br />

bellezza della parola, astro<br />

incontaminato della sapiente cultura. »<br />

E’ l’elogio più bello, e più significativo. Sta a in<strong>di</strong>care da un lato l’amore per l’astronomia,<br />

dall’altro la tensione filosofica. Ogni nuova mappa del cielo che lei tracciava era al tempo<br />

stesso un orientamento per la vita degli uomini qui sulla terra, una visione cosmica che<br />

non contemplava alcuna me<strong>di</strong>azione ecclesiastica tra cielo e terra. In questo <strong>Ipazia</strong> si pone<br />

come erede <strong>di</strong> una sapienza antichissima, oltre che della migliore tra<strong>di</strong>zione filosofica<br />

greca.<br />

<strong>Le</strong> fonti concordano nel rilevare la <strong>di</strong>sinvoltura <strong>di</strong> <strong>Ipazia</strong> a partecipare nelle riunioni con<br />

filosofi che, all'epoca, erano frequentate da tutti uomini. Socrate Scolastico sostiene che<br />

era apprezzata dai colleghi filosofi e Damascio che era amata dalle folle che ad<strong>di</strong>rittura<br />

applau<strong>di</strong>vano sotto la sua casa. Socrate Scolastico e Damascio hanno una visione benevola<br />

rispetto alla terza fonte, il vescovo <strong>di</strong> Nikiu Giovanni. I primi due la descrivono come un<br />

personaggio sì amato dalla folla, stimato e rispettato dagli intellettuali ma vittima<br />

dell'invi<strong>di</strong>a dei me<strong>di</strong>ocri ma potenti, costante inevitabile <strong>di</strong> ogni epoca, e fu proprio questo<br />

che portò al triste epilogo della vita <strong>di</strong> <strong>Ipazia</strong>.<br />

Giovanni amplifica, nel suo racconto <strong>di</strong> parte, a volte sgradevole, le informazioni: "la<br />

femmina pagana", com’è solito chiamarla nelle sue scritture, de<strong>di</strong>ta alla magia e alla<br />

musica, aveva con incantesimi e stratagemmi satanici sedotto Oreste, il prefetto della<br />

città, a tal punto che egli non frequentava più le cerimonie in chiesa, ospitava a casa sua i<br />

pagani. Durante uno spettacolo in teatro vietò, con un e<strong>di</strong>tto, a un certo Hierax <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>leggiare pesantemente "i pagani", infine firmò l'esecuzione capitale <strong>di</strong> alcuni monaci e<br />

non riuscì a controllare l'insurrezione degli ebrei contro le chiese. E così Giovanni sostiene<br />

che il buon Pietro alla testa <strong>di</strong> un certo numero <strong>di</strong> cristiani decise <strong>di</strong> eliminare la strega che<br />

aveva incantato il governatore, causa <strong>di</strong> tutti i mali.<br />

"Questo affare non portò il minimo obbrobrio a Cirillo e neanche alla chiesa <strong>di</strong> Alessandria.<br />

E certamente nulla può essere più lontano dallo spirito del cristianesimo che permettere<br />

massacri, violenze, ed azioni <strong>di</strong> quel genere." (Giovanni vescovo <strong>di</strong> Nikiu).<br />

La vicenda <strong>di</strong> <strong>Ipazia</strong> fu riportata alla ribalta nel XVII secolo ed ebbe varie interpretazioni,<br />

ruotanti intorno alla critica o alla <strong>di</strong>fesa della figura <strong>di</strong> Cirillo.<br />

Infatti la marchesa Diodata Saluzzo Roero Glaucilla Erotria in Arca<strong>di</strong>a scrisse un poema<br />

(<strong>Ipazia</strong>, ossia delle filosofie, del 1827) in cui si immagina una tar<strong>di</strong>va conversione <strong>di</strong> <strong>Ipazia</strong><br />

al cristianesimo e la sua uccisione da parte <strong>di</strong> un amante respinto.<br />

Nel 1975 il poeta e autore teatrale fiorentino Mario Luzi ha de<strong>di</strong>cato a <strong>Ipazia</strong> una famosa<br />

opera teatrale dal titolo omonimo.<br />

Ed è de<strong>di</strong>cata a lei l'opera teatrale <strong>Ipazia</strong>, il messaggero (1979) scritta e <strong>di</strong>retta da Orazio<br />

Costa. Di recente anche Umberto Eco ha citato la storia <strong>di</strong> <strong>Ipazia</strong> nel suo libro Baudolino.<br />

257


Opere<br />

<strong>Ipazia</strong> è la prima scienziata la cui vita sia ben documentata. Nonostante gran parte dei<br />

suoi scritti siano andati perduti, rimangono molte citazioni <strong>di</strong> lei e della sua opera, tra cui<br />

Commentario alla aritmetica <strong>di</strong> Diofanto, Commentario al Canone astronomico e<br />

Commentario alle sezioni coniche d’Apollonio Pergeo; quest’ultima viene considerata il suo<br />

capolavoro. Questo trattato in otto volumi Sulle coniche d’Apollonio era un’opera <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>vulgazione del lavoro <strong>di</strong> Apollonio <strong>di</strong> Perga, matematico alessandrino del III secolo a. C.<br />

<strong>Le</strong> sezioni coniche<br />

.<br />

La circonferenza, l’ellisse, l’iperbole e la parabola sono sezioni<br />

<strong>di</strong> una superficie conica e in questo modo vennero<br />

originariamente stu<strong>di</strong>ate. Esse pertanto vengono globalmente<br />

chiamate sezioni coniche o coniche.<br />

Una superficie conica si ottiene facendo ruotare una retta r,<br />

detta generatrice, attorno ad un’altra retta a ad essa<br />

incidente e non perpen<strong>di</strong>colare, detta asse del cono.<br />

L’ampiezza dell’angolo formato dalle due rette è l’apertura del<br />

cono. Sezionando la superficie conica con un piano non<br />

passante per il suo vertice, si ottengono <strong>di</strong>versi casi che si<br />

presentano a seconda dell’inclinazione <strong>di</strong> tale piano rispetto<br />

all’asse del cono.<br />

I caso: l’apertura del cono è minore dell’inclinazione del piano.<br />

258<br />

In tale caso l’intersezione tra la<br />

superficie conica e il piano è una<br />

curva chiusa, un’ellisse. Il termine<br />

“ellisse” deriva dal verbo greco<br />

ekléipein, che significa “lasciare,<br />

mancare” ed in<strong>di</strong>ca che l’angolo del<br />

cono è minore <strong>di</strong> quello del piano.<br />

Più l’angolo <strong>di</strong>minuisce più aumenta<br />

l’eccentricità dell’ellisse che <strong>di</strong>venta<br />

sempre più oblunga


II caso: l’apertura del cono è uguale all’inclinazione del piano.<br />

259<br />

Quando i due angoli hanno uguale<br />

ampiezza, la sezione “si apre”: la curva<br />

aperta che si forma è una parabola,<br />

termine che deriva dal greco parabàllein,<br />

che vuol <strong>di</strong>re “uguagliare” e si riferisce ai<br />

due angoli considerati. È solo quando<br />

l’inclinazione del piano e l’apertura del<br />

cono sono <strong>di</strong> uguale ampiezza che si<br />

forma la parabola<br />

III caso: l’apertura del cono è maggiore dell’inclinazione del piano.<br />

Il piano interseca la superficie conica in<br />

tutte e due le parti <strong>di</strong> cui è formato il<br />

cono. La sezione è ora una curva<br />

formata da due rami <strong>di</strong>stinti: è un’<br />

iperbole, termine che deriva dal greco<br />

hyperbàllein, che significa<br />

“oltrepassare” e richiama il fatto che<br />

l’angolo <strong>di</strong> apertura del cono oltrepassa<br />

l’angolo tra il piano e l’asse.<br />

Se il piano passa per il vertice del cono, le sezioni non sono più “curvilinee”, e, a seconda<br />

dell’angolo, sono rispettivamente un punto, una retta, oppure una coppia <strong>di</strong> rette che si<br />

intersecano nel vertice stesso.<br />

Anche queste sono sezioni coniche e sono chiamate coniche degeneri. Esse possono<br />

essere pensate come forme “limite” delle normali coniche: il punto come caso limite <strong>di</strong><br />

circonferenza; la retta come caso limite <strong>di</strong> parabola; le due rette come caso limite <strong>di</strong><br />

iperbole.


Da un punto <strong>di</strong> vista algebrico si ha il seguente teorema:<br />

ogni conica ha, come espressione algebrica, un’equazione <strong>di</strong> secondo grado in due<br />

incognite, la cui forma generale è:<br />

ax 2 +bxy+cy 2 +dx+ey+f=0 (con a,b,c,d,e,f∈<br />

R)<br />

viceversa, l’insieme delle soluzioni reali <strong>di</strong> ogni equazione <strong>di</strong> secondo grado in due<br />

incognite, se non è vuoto, è rappresentato nel piano cartesiano da una conica.<br />

Il teorema afferma che le curve espresse da equazioni <strong>di</strong> secondo grado in due incognite<br />

sono tutte e sole le coniche: a seconda del valore del valore <strong>di</strong> ∆ (= b 2 – 4ac) si tratterà <strong>di</strong><br />

ellisse, <strong>di</strong> circonferenza, <strong>di</strong> iperbole, <strong>di</strong> parabola.<br />

Con ∆ > 0 sarà un’iperbole.<br />

Con ∆ = 0 sarà una parabola.<br />

Con ∆ < 0 sarà un’ellisse<br />

260<br />

(in<strong>di</strong>ce)


SOPHIE BRAHE: (1556 – 1643)<br />

Introduzione storica: streghe, scienza e magia<br />

Il Novecento è stato anche il secolo delle donne, grazie alla loro voglia <strong>di</strong> affermare i loro<br />

<strong>di</strong>ritti: basti pensare alle suffragette dei primi anni del ’900, alla conquista del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />

voto nel 1948 in Italia, alle varie manifestazioni del ’68 degli anni ’70, dove le donne<br />

hanno finalmente conquistato il <strong>di</strong>ritto allo stu<strong>di</strong>o e il <strong>di</strong>ritto al lavoro. <strong>Le</strong> ra<strong>di</strong>ci delle loro<br />

riven<strong>di</strong>cazioni affondano nel Seicento. Il secolo del Barocco e del metodo sperimentale,<br />

della rivoluzione copernicana e della Controriforma fu anche il secolo in cui le donne<br />

s’inserirono, per la prima volta, nel <strong>di</strong>battito letterario, filosofico e scientifico. Riforma e<br />

Controriforma avevano dato un grande impulso all’alfabetizzazione, che cattolici e<br />

protestanti consideravano premessa in<strong>di</strong>spensabile per un’evangelizzazione universale. I<br />

pedagogisti presero così a occuparsi anche dell’educazione delle fanciulle, che finalmente<br />

non dovevano imparare solo quello che era necessario per <strong>di</strong>ventare una buona moglie,<br />

ma apprendere anche nozioni <strong>di</strong> letteratura e storia dell’arte, matematica e filosofia. Fu<br />

così che, a poco a poco, persino un mondo maschilista come quello della filosofia naturale<br />

vinse i suoi pregiu<strong>di</strong>zi e alcuni gran<strong>di</strong> pensatori si degnarono <strong>di</strong> <strong>di</strong>scutere sulle gran<strong>di</strong><br />

questioni della filosofia, con le menti femminili più brillanti.<br />

Tuttavia il periodo della Controriforma fu anche il periodo della cosiddetta “caccia alle<br />

streghe”. I processi e le esecuzioni capitali per stregoneria, spora<strong>di</strong>ci durante il me<strong>di</strong>oevo,<br />

<strong>di</strong>ventarono frequentissimi a partire dalla metà del XVI secolo fino a tutto il XVII secolo,<br />

per <strong>di</strong>radarsi poi (senza scomparire) nel XVII. <strong>Le</strong> torture e le uccisioni <strong>di</strong> centinaia <strong>di</strong><br />

migliaia <strong>di</strong> donne furono l’esito <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> fattori: estrema violenza dei conflitti sociali e<br />

religiosi, guerra alla cultura conta<strong>di</strong>na, fobie sessuali del rigorismo religioso, meccanismi <strong>di</strong><br />

ghettizzazione <strong>di</strong> gruppi marginali. Un ruolo significativo venne giocato anche dal dualismo<br />

dell’immagina femminile, per cui si vedeva la donna come “santa” o come “demonio”,<br />

dotata <strong>di</strong> una sensualità paragonata alla Natura indomita.<br />

Il filosofo inglese Francis Bacon, detto Bacone (1561-1626), considerato il padre delle<br />

scienze naturali moderne, che in qualità <strong>di</strong> cancelliere era corresponsabile della caccia alle<br />

261


streghe in Inghilterra, affermò che attraverso la tortura delle streghe bisognava cercare <strong>di</strong><br />

capire i segreti della Natura.<br />

Il tentativo <strong>di</strong> dominare questa Natura, ancora selvaggia, era lo scopo delle nuove scienze.<br />

L’idea <strong>di</strong> un mondo calcolabile e funzionante in modo meccanico influenzò lo sviluppo delle<br />

scienze moderne nei secoli successivi. Questo ideale fu rappresentato soprattutto dal<br />

filosofo e matematico francese René Descartes, detto Cartesio (1596-1650), iniziatore del<br />

razionalismo moderno, che con grande chiarezza osservò: “Se riusciamo a comprendere la<br />

forza e l’effetto del fuoco, dell’aria, delle stelle, del cielo e <strong>di</strong> tutti gli altri corpi che ci<br />

circondano, potremmo utilizzare queste forze naturali per ogni scopo. Così noi uomini<br />

potremmo <strong>di</strong>ventare i signori e padroni della Natura”. Cartesio partì dal presupposto che la<br />

natura e gli esseri viventi, compreso l’uomo considerato come corpo, potesse essere<br />

paragonati a una grande macchina, priva <strong>di</strong> anime e <strong>di</strong> ogni fine: ovvero governata da<br />

leggi <strong>di</strong> corpi esterni e in movimento.<br />

Soprattutto nel campo dell’astronomia furono sviluppate concezioni rivoluzionarie. Ispirato<br />

da antiche trascrizioni, il polacco Nikolaj Kopernik detto Copernico (1473-1543) ribaltò le<br />

teorie geometriche e tolemaiche, <strong>di</strong>chiarando che il Sole è il centro dell’universo; anche<br />

Galileo Galilei (1564-1642), fisico e astronomo, iniziatore del moderno metodo<br />

sperimentale, sostenne questo nuovo sistema eliocentrico, convenendo con la scoperta del<br />

funzionamento dei corpi celesti grazie all’utilizzo del cannocchiale. Il tedesco Johannes<br />

Kepler (1571-1630) sviluppò ulteriormente il modello copernicano e, basandosi sulle<br />

ricerche dei fratelli Tycho e Sophie Brahe, riuscì a calcolare le orbite dei pianeti. La<br />

scoperta della forma ellittica del movimento dei pianeti, così come quella delle macchie<br />

lunari, spazzò definitivamente la convinzione me<strong>di</strong>evale <strong>di</strong> un cielo che, essendo perfetto,<br />

può muoversi solo in moto circolare.<br />

Il filosofo e naturalista inglese Isaac Newton (1642-1727) confermò le teorie <strong>di</strong> Keplero<br />

me<strong>di</strong>ante la formulazione della legge <strong>di</strong> gravitazione universale. Nella sua opera principale<br />

Philosophiae naturalis principia matematica pose le basi della matematica classica e della<br />

fisica matematica.<br />

Il periodo che va dal XV agli inizi del XVII secolo segna anche la grande rinascita della<br />

magia, in sostanziale parallelismo con il crescere degli interessi scientifici. I maghi, così<br />

come umanisti, platonici, aristotelici, esprimono la consapevolezza con cui l’uomo si<br />

riconosce essenzialmente inserito nel mondo (uomo come natura me<strong>di</strong>a). Importante<br />

<strong>di</strong>viene, nel Rinascimento, lo stu<strong>di</strong>o del mondo naturale; la cui indagine comincia ad<br />

apparire come uno strumento in<strong>di</strong>spensabile per la realizzazione dei fini umani nel mondo.<br />

In essa si possono <strong>di</strong>stinguere due aspetti, che sono la magia e la filosofia della natura. La<br />

magia rinascimentale è caratterizzata da due presupposti: 1) l’universale animazione della<br />

natura, ritenuta mossa da forze simili a quelle che agiscono sull’uomo, coor<strong>di</strong>nate e<br />

armonizzate da una “simpatia” universale; 2) la possibilità che questo offre all’uomo <strong>di</strong><br />

penetrare <strong>di</strong> colpo nei più nascosti recessi della natura e <strong>di</strong> riuscire a dominare le forze con<br />

gli stessi mezzi con cui si riesce ad avvicinare un essere animato (lusinghe o incantesimi).<br />

Per questi due presupposti la magia va in cerca <strong>di</strong> formule che servano a chiarire i misteri<br />

naturali e pongano l’uomo <strong>di</strong> colpo in possesso <strong>di</strong> un potere illimitato sulla natura.<br />

La filosofia della natura fa la sua comparsa in alcuni personaggi sostenitori della magia;<br />

tuttavia se ne <strong>di</strong>stacca. La natura è pur sempre considerata come una totalità vivente, ma<br />

retta da propri principi: la scoperta <strong>di</strong> questi principi <strong>di</strong>venta il compito della filosofia. Si<br />

rinuncia alla pretesa <strong>di</strong> penetrare <strong>di</strong> colpo nei misteri naturali, i quali vengono negati: le<br />

forze naturali sono potenti e si rivelano all’esperienza; occorre solo riconoscerle ed<br />

assecondarle. La filosofia della natura rompe i ponti sia con la magia sia con<br />

262


l’aristotelismo; ovvero, intende interpretare la natura con la natura, prescindendo da<br />

ipotesi e dottrine fittizie.<br />

Proprio mentre la tra<strong>di</strong>zione magica è al suo culmine, nel XVII secolo si iniziano a vedere<br />

le avvisaglie della polemica contro la cultura magico - alchimistica, che caratterizzerà<br />

maggiormente il secolo dei lumi. Il precursore della condanna delle varie dottrine magiche<br />

in nome del sapere scientifico è da considerarsi Francis Bacon. A partire da questo<br />

momento la magia inizierà un lento declino, favorito da pensatori come Cartesio e Hobbes<br />

e dallo sviluppo delle correnti filosofiche del meccanicismo, del razionalismo e<br />

dell'empirismo. Nel XVIII secolo, con l'avvento dell'Illuminismo, la magia, definitivamente<br />

sconfitta nell'ambito della cultura dominante, venne relegata in un limbo, nel quale<br />

tuttavia riuscì in qualche modo a sopravvivere.<br />

Curioso è come, spesso, opere <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> uomini vengono taciute. Emblematico è, al<br />

riguardo, il caso del Somnium <strong>di</strong> Keplero. In quest’opera autobiografica e non certo solo<br />

<strong>di</strong> fantasia, egli racconta che, ancora fanciullo, iniziato dalla madre, una strega, alle<br />

tecniche della magia popolare (in effetti Katarina Kepler fu sottoposta ad un processo per<br />

stregoneria e riuscì a salvarsi grazie all’intervento del figlio), avendo smarrito alcuni<br />

talismani, viene ceduto in cambio al capitano <strong>di</strong> una nave che spesso faceva uso dei<br />

servigi della Strega; costui lo conduce all’isola <strong>di</strong> Uranisburg, dove lo vende a Tycho Brahe<br />

che lo istruisce ai segreti dell’astronomia e dell’astrologia.<br />

Biografia<br />

Sophie Brahe nacque in Danimarca da una famiglia della piccola nobiltà. Stu<strong>di</strong>ò da sola dai<br />

libri del fratello maggiore ed insieme calcolarono l’eclissi lunare dell’8 <strong>di</strong>cembre 1573. Il re<br />

<strong>di</strong> Danimarca, Federico II donò a Tycho l’isola <strong>di</strong> Heveen vicino a Copenaghen sulla quale<br />

venne eretto il famoso castello-osservatorio <strong>di</strong> Uraniborg. La moglie del sovrano Sophia,<br />

regina <strong>di</strong> Danimarca e <strong>di</strong> Norvegia, fu una mecenate dei fratelli Brahe, alla morte del<br />

consorte si ritirò dalla vita pubblica per de<strong>di</strong>carsi all’astronomia ed alle scienze naturali.<br />

L’importanza del lavoro dei fratelli Brahe è che furono i primi astronomi europei ad<br />

effettuare osservazioni regolari ed a lungo termine sulla posizione delle stelle fisse e dei<br />

pianeti tramite sestanti, quadranti, sfere armillari e strumenti <strong>di</strong> osservazione da loro<br />

ideati, dato che il telescopio non era stato ancora inventato. Sulla base delle loro<br />

osservazioni redassero un catalogo <strong>di</strong> oltre 1000 stelle fisse con una precisione<br />

inimmaginabile per l’epoca.<br />

Nel 1572 ci fu un evento astronomico che attrasse l’attenzione <strong>di</strong> Tycho: si trattava <strong>di</strong> una<br />

“nova” ovvero una stella che aumenta la propria luminosità in modo violento, questo<br />

evento non si inseriva nel modello planetario tolemaico ed i fratelli ipotizzarono un modello<br />

<strong>di</strong> universo in parte geocentrico ed in parte eliocentrico, in cui soltanto il Sole e la Luna<br />

ruotavano attorno alla Terra e gli altri pianeti ruotavano attorno al Sole: questo sistema<br />

prese il nome <strong>di</strong> Ticonico. La fama dei due fratelli crebbe quando identificarono una<br />

cometa nel 1577. All’età <strong>di</strong> 20 anni Sophie si sposò, le nacque un figlio, occupazioni che<br />

non la <strong>di</strong>stolsero dal suo lavoro presso l’osservatorio, quando morì il marito, nel 1588,<br />

<strong>di</strong>venne anche amministratrice dei terreni e si <strong>di</strong>ede allo stu<strong>di</strong>o dell’alchimia e della<br />

me<strong>di</strong>cina. Nel 1597 Tycho si trasferì a Praga come astronomo dell’imperatore Rodolfo II,<br />

alla sua corte conobbe Giovanni Keplero il quale, sulla base delle osservazioni effettuate<br />

dai fratelli Brahe, formulò per primo l’ipotesi dell’ellitticità delle orbite dei pianeti. Mai come<br />

in questo caso l' incontro fu fruttuoso; successivamente Isaac Newton confermò le teorie<br />

<strong>di</strong> Keplero me<strong>di</strong>ante la formulazione della legge della gravitazione universale nell’opera<br />

Philosophiae naturalis principia mathematica. Sophie continuò le sue ricerche anche<br />

263


quando il fratello si trasferì a Praga. Il contributo apportato dalla sorella all’astronomia non<br />

venne mai riconosciuto autonomamente ed oggi non è più possibile ricostruire la sua<br />

partecipazione al lavoro del fratello poiché non esistono documenti specifici sulla sua vita e<br />

sulla sua opera. Nonostante l’insufficienza <strong>di</strong> documentazione il filosofo e fisico Pierre<br />

Gassen<strong>di</strong> scrive nella biografia <strong>di</strong> Tycho Brahe che la sorella era dotata <strong>di</strong> eccezionali<br />

conoscenze in matematica ed astronomia.<br />

Opere<br />

L’opera più importante che Sophie scrisse, insieme a Tycho, si intitola “De nova stella”.<br />

Sophie compilò inoltre l’albero genealogico della sua casata ed un’opera <strong>di</strong> 900 pagine<br />

manoscritte sulle famiglie nobili della Scan<strong>di</strong>navia (quest’ultimo libro è conservato presso<br />

la biblioteca dell’Università <strong>di</strong> Lund).<br />

De Nova Stella: i cieli non sono immutabili<br />

La sera del giorno 11 Novembre 1572 Sophie e Tycho,<br />

ospiti dello zio Steen Bille alchimista, uscendo dal suo<br />

laboratorio, notarono una stella luminosissima a nord-ovest<br />

<strong>di</strong> Cassiopea, più luminosa della stessa Venere. Fenomeni<br />

come questo erano stati già osservati in passato negli annali<br />

astronomici cinesi e su pitture murali <strong>di</strong> antiche culture<br />

americane. In Europa, al contrario, mancavano quasi<br />

completamente registrazioni storiche <strong>di</strong> stelle “novae”<br />

Tycho e Sophie<br />

(nuove).Tale esplosione si ha quando una stella,al termine<br />

delle sua esistenza,si espande, aumentando la sua<br />

luminosità a livello esponenziale; tale sta<strong>di</strong>o è solo transitorio, poiché la stella in questione<br />

si spegnerà presto, <strong>di</strong>ventando una nana nera. Ciò determinò un tracollo delle certezze<br />

garantite dall’immobile e incompromettibile sistema tolemaico, basato su sfere fisse che<br />

non prevedevano alcun cambiamento nella loro struttura.<br />

Tali osservazioni li condussero alla redazione del trattato “De nova stella” (la stella<br />

nuova).I due fratelli non sfruttarono loro scoperta per mettere in <strong>di</strong>scussione i principi fisici<br />

su cui si fondava il sistema tolemaico, bensì si limitarono a considerare l’evento un<br />

miracolo e, come tale, da accettare come evento assolutamente eccezionale, non<br />

inquadrabile in alcuno schema cosmologico. Più tar<strong>di</strong>, nel 1577, e successivamente negli<br />

anni 1580, 1582 e 1585, Sophie e Tycho osservarono e misurarono, con estrema cura,<br />

grazie ad uno strumento da loro ideato, il sestante, le posizioni <strong>di</strong> quattro comete,<br />

giungendo alla conclusione <strong>di</strong> trovarsi davanti gli occhi degli oggetti celesti non fissi,<br />

collocati ad oltre 230 raggi terrestri dalla Terra, quin<strong>di</strong> nella sfera <strong>di</strong> Venere del sistema<br />

tolemaico. Dopo 10 anni <strong>di</strong> osservazioni arrivarono alla scelta <strong>di</strong> un modello cosmologico<br />

<strong>di</strong>verso da quello tolemaico, seppure non copernicano. L’idea alternativa, il cosiddetto<br />

sistema “Tychonico”, prevedeva che la Terra fosse ancora immobile al centro<br />

dell’universo, ma che gli unici corpi celesti in moto <strong>di</strong> rivoluzione intorno ad essa fossero la<br />

Luna ed il Sole, mentre tutti i pianeti, quali Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno,<br />

ruotassero intorno al Sole in modo tale che le orbite dei pianeti interni avessero raggio<br />

minore del raggio orbitale del Sole intorno alla Terra, mentre quello dei pianeti esterni<br />

doveva essere maggiore.<br />

264


Tale sistema si presentò come una versione<br />

aggiornata e accettabile del sistema<br />

aristotelico,ma ancora privo della semplicità e la<br />

simmetria del sistema copernicano. Un grande<br />

passo per la scienza risulta essere l’abbandono<br />

delle sfere cristalline, poiché esse, considerate<br />

immutabili, non avrebbero potuto attraversarsi a<br />

vicenda come prevedrebbe il sistema tychonico.<br />

Purtroppo pochissimi testi attribuiscono il merito<br />

<strong>di</strong> tale scoperte a Sophie, il più delle volte non<br />

viene neppure citata. E’ soprattutto grazie alla<br />

sua de<strong>di</strong>zione e passione per il cielo che<br />

Keplero, alcuni decenni dopo, re<strong>di</strong>ge una delle<br />

opere chiavi della storia della fisica e<br />

dell’astronomia, De Rivolutionibus, che<br />

‘sconvolse’ definitivamente le conoscenze tra<strong>di</strong>zionali alle quali la cultura europea risultava<br />

essere così gelosamente ancorata.<br />

<strong>Le</strong> leggi <strong>di</strong> Keplero<br />

Keplero, utilizzando in parte gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Sophie e Tycho, formulò tre leggi riguardanti il<br />

movimento dei pianeti e la loro rotazione attorno al Sole. Tali risultati verranno poi<br />

utilizzate da Newton per la legge <strong>di</strong> gravitazione universale.<br />

I <strong>Le</strong>gge:<br />

- I pianeti descrivono orbite ellittiche e la<br />

posizione del Sole coincide con uno dei due fuochi<br />

<strong>di</strong> tale ellisse.<br />

II <strong>Le</strong>gge:<br />

-Il raggio vettore che congiunge il Sole con il<br />

centro del pianeta spazza, durante la sua orbita,<br />

aree uguali in tempi uguali.<br />

Da tale legge deriva che la velocità orbitale non<br />

sarà costante, bensì massima, in prossimità del<br />

perielio, quando il pianeta si trova più vicino al<br />

Sole, al contrario sarà minima, in prossimità<br />

dell'afelio, quando il pianeta si trova nel punto più lontano dal Sole.<br />

265


III <strong>Le</strong>gge:<br />

I cubi dei raggi r, (<strong>di</strong>stanza me<strong>di</strong>a) delle orbita dei<br />

pianeti sono <strong>di</strong>rettamente proporzionali ai<br />

quadrati dei tempi T <strong>di</strong> rivoluzione, cioè:<br />

266<br />

r<br />

K =<br />

T<br />

Da tale legge consegue che, maggiore sarà il tempo <strong>di</strong> rivoluzione <strong>di</strong> un pianeta, maggiore<br />

sarà la sua <strong>di</strong>stanza dal Sole. Il rapporto tra il cubo del raggio vettore e il quadrato del<br />

tempo <strong>di</strong> rivoluzione è infatti costante.<br />

3<br />

2<br />

(in<strong>di</strong>ce)


MADAME DE CHATELET (1706 –1749)<br />

Introduzione storica: l’Illuminismo<br />

Il Settecento è il secolo dei cambiamenti culturali, politici e sociali. In Francia, così come in<br />

altri paesi europei, prende forma un movimento chiamato ”lumières”, che in italiano<br />

corrisponde alla parola illuminismo. La luce è un carattere fondamentale, poiché <strong>di</strong>rada le<br />

tenebre dell’ignoranza e della superstizione.<br />

L’illuminismo è una corrente che veicola i seguenti temi: libertà, uguaglianza, fraternità,<br />

<strong>di</strong>ritti umani, scienza e laicità dello Stato. Questi saranno ripresi dai francesi durante la<br />

Rivoluzione del 1789 che sancirà la vittoria del popolo contro l’aristocrazia e la Chiesa.<br />

Uno dei punti <strong>di</strong> riferimento della cultura illuminista è la fisica <strong>di</strong> Newton, considerata come<br />

definitivo superamento della fisica cartesiana, troppo ancorata a pregiu<strong>di</strong>zi metafisici.<br />

Inoltre l’Età dell’illuminismo vede svilupparsi e <strong>di</strong>ffondersi la scienza anche nel campo<br />

dell’astronomia, della nascente biologia, geologia e zoologia.<br />

Gli illuministi vertono la propria attenzione sul rapporto tra “teoria” e “prassi” e ciò li<br />

induce a riflettere sul rapporto tra scienze e applicazioni pratiche anche in ambito sociale,<br />

economico e politico. Nella Francia ancora dominata dall’assolutismo monarchico, questa<br />

attenzione tra “teoria” e “prassi” costituirà la nascita <strong>di</strong> nuovi modelli politici.<br />

Dall’atteggiamento pragmatico degli illuministi nei riguar<strong>di</strong> dei problemi politici e sociali<br />

derivano la lotta contro l’intolleranza <strong>di</strong> Voltaire, la dottrina politica e la filosofia<br />

dell’educazione <strong>di</strong> Rousseau, l’esame dei processi produttivi <strong>di</strong> Adam Smith ( primo teorico<br />

del liberismo economico).<br />

La con<strong>di</strong>zione femminile nel Settecento<br />

Nel Settecento le donne acquisirono una libertà maggiore rispetto alle epoche precedenti.<br />

Pur restando fortemente soggette alle leggi paterne, una volta sposate erano libere <strong>di</strong><br />

esercitare una sorta <strong>di</strong> dominio in casa.<br />

<strong>Le</strong> occasioni <strong>di</strong> uscita delle ragazze <strong>di</strong> buona famiglia, erano, inoltre, aumentate rispetto al<br />

passato, infatti, le dame avevano la possibilità <strong>di</strong> incontrare il loro futuro marito ai<br />

ricevimenti o ai concerti. Bisogna però sottolineare che non tutte le famiglie erano così<br />

libertarie con le giovani donne, e che, comunque, le usanze e i tempi dell'entrata nel<br />

mondo delle giovani variava da regione a regione.<br />

267


<strong>Le</strong> ragazze provenienti da famiglie borghesi restavano più a lungo in famiglia, sotto stretta<br />

sorveglianza, e non lasciavano la casa fino al giorno del matrimonio. La nuova casa<br />

<strong>di</strong>veniva il loro successivo luogo <strong>di</strong> reclusione.<br />

Una figura nuova, specifica <strong>di</strong> questo periodo, comparve però al fianco delle donzelle<br />

nobili: il cicisbeo. Quest'uomo non era mai un amante della dama, accompagnava la sua<br />

dama a passeggio, a tavola, in società ed a teatro, ma non passava con lei la notte.<br />

In origine, questa figura sociale veniva designata dalla famiglia per proteggere la dama<br />

sposata dalle insi<strong>di</strong>e dei malintenzionati, e veniva scelta tra parenti ed amici, anche <strong>di</strong> una<br />

certa età. Ma con la decadenza dei costumi dell'alta società essa mutò, <strong>di</strong>venendo molto<br />

più frivola. <strong>Le</strong> dame dunque trascorrevano la loro vita mondana con i loro cicisbei,<br />

andando a far visita alle amiche nei loro salotti per banchettare o <strong>di</strong>scutere. Dal punto <strong>di</strong><br />

vista intellettuale le signore dell'aristocrazia aprirono i loro salotti per <strong>di</strong>scussioni colte.<br />

I principali invitati nei salotti erano filosofi, uomini <strong>di</strong> scienza e naturalmente letterati. <strong>Le</strong><br />

conversazioni si trasformarono rispetto a quelle che animavano i boudoir seicenteschi: da<br />

temi concernenti il rapporto uomo-donna nella famiglia e nella società, l'attenzione si<br />

spostò su temi <strong>di</strong> scienza e <strong>di</strong> filosofia. Alcune delle signore più importanti del tempo,<br />

come Madame De Châtelet, si interessarono <strong>di</strong> scienza. Molte altre, come Madame<br />

d'Epinay e Madame du Deffand, entrarono nelle polemiche filosofiche più accese a fianco<br />

dei filosofi loro amici (Rousseau, Voltaire, D’Alembert). Stiamo parlando delle cosiddette<br />

donne-filosofe; gli argomenti da <strong>di</strong>scutere erano comunque soprattutto quelli che<br />

interessavano i loro amici filosofi. Erano infatti questi ultimi a decidere i temi da trattare,<br />

mostrando così una sorta <strong>di</strong> conservatorismo nella gerarchia sociale.<br />

Quin<strong>di</strong> le donne, nonostante molti sforzi, non riescono ancora a mettersi sullo stesso piano<br />

degli uomini. Per spiegare meglio questo concetto avviciniamoci a Rousseau e alla sua<br />

opera pedagogica: L’ Emile<br />

Nel V libro dell’ Emile ritroviamo nella figura <strong>di</strong> Sofia (futura promessa sposa <strong>di</strong> Emile)<br />

tutti gli stereotipi e i pregiu<strong>di</strong>zi che ancora erano attribuiti alla donna. Tra questi citiamo in<br />

particolare alcune frasi:" La donna deve tralasciare lo stu<strong>di</strong>o delle <strong>di</strong>scipline astratte , come<br />

la filosofia e le scienze", "Ciò che Sofia sa fare meglio sono i lavori tipici del suo sesso:<br />

usare l’ago, fare le trine, cucinare e provvedere alla preparazione della tavola.".<br />

Biografia<br />

Émilie du Châtelet (Parigi, 17 <strong>di</strong>cembre 1706 – Lunéville, 10 settembre 1749) è stata una<br />

matematica, fisica e scrittrice francese. Fu uno dei più gran<strong>di</strong> ingegni al femminile del<br />

XVIII secolo. Contribuì alla conoscenza e all'approfon<strong>di</strong>mento delle teorie <strong>di</strong> Newton e <strong>di</strong><br />

<strong>Le</strong>ibniz, traducendone le opere. Nata in una famiglia <strong>di</strong> elevatissimo ceto sociale, il padre<br />

aveva infatti incarichi <strong>di</strong> grande prestigio alla corte del Re Sole Luigi XIV, fu stimolata a<br />

sviluppare stu<strong>di</strong> sia linguistici che scientifici, all’ epoca riservati esclusivamente ai rampolli<br />

<strong>di</strong> sesso maschile delle gran<strong>di</strong> famiglie. Il 12 giugno 1725, appena <strong>di</strong>ciannovenne, sposò il<br />

marchese Florent Claude du Châtelet all’epoca trentenne. Il matrimonio rispondeva più a<br />

criteri <strong>di</strong> censo che a motivi sentimentali, i due ebbero tre figli ma il marchese, per obblighi<br />

inerenti alla propria carriera militare, incontrava la moglie assai <strong>di</strong> rado. Il rapporto<br />

sentimentale più importante e duraturo della sua vita fu quello con il grande Voltaire, dal<br />

quale fu stimolata, nel 1733, ad approfon<strong>di</strong>re sempre più la tematica scientifica, fino a<br />

pubblicare, nel 1737, la prima traduzione in francese degli Elementi della filosofia <strong>di</strong><br />

Newton. Lo scopo era consentire ad un pubblico più vasto, anche se non dotato <strong>di</strong> un alto<br />

livello <strong>di</strong> conoscenze scientifiche, <strong>di</strong> avvicinare l’opera dello scienziato inglese.<br />

268


Nel 1740 pubblica Istituzioni <strong>di</strong> fisica,<br />

un’esposizione delle teorie del filosofo<br />

<strong>Le</strong>ibniz.<br />

Il testo fu pubblicato anonimo, per<br />

scelta dell'autrice, che volle evitare<br />

ulteriori contrasti con Samuel Koening,<br />

il filosofo che, dopo averla introdotta<br />

alle idee <strong>di</strong> <strong>Le</strong>ibniz, si attribuì<br />

impropriamente la paternità dell'opera<br />

della marchesa.<br />

Negli anni successivi porta avanti, con<br />

la consulenza scientifica <strong>di</strong> Clairaut, il<br />

progetto della traduzione dell'opera <strong>di</strong><br />

Newton Principia matematica con<br />

l’aggiunta <strong>di</strong> una sezione de<strong>di</strong>cata alle evoluzioni che avevano subito le teorie dell'autore<br />

per opera degli scienziati francesi. Nel 1746, presa da un'improvvisa passione per il poeta<br />

Saint Lambert, abbandonò Voltaire. La relazione si risolse tragicamente perché Madame<br />

De Châtelet affrontò una gravidanza ad un'età che, all'epoca, costituiva un rischio mortale<br />

per la puerpera. Diede alla luce una bambina che morì subito dopo la nascita e lei stessa<br />

morì sei giorni dopo, assistita negli ultimi momenti da Voltaire, col quale era rimasta in<br />

ottimi rapporti, e da Saint Lambert.<br />

Clairaut pubblicò il libro della marchesa, con il nome dell'autrice, nel 1759, <strong>di</strong>eci anni dopo<br />

la sua morte. La traduzione dell'opera <strong>di</strong> Newton resterà per circa due secoli l’unica<br />

<strong>di</strong>sponibile in francese; ciononostante la scienziata venne presto <strong>di</strong>menticata e la sua<br />

opera principale venne attribuita a Clairaut.<br />

Nel 1749, poco dopo la morte <strong>di</strong> Emilie, Voltaire scrive a un'amica:<br />

je n'ai pas perdu une maîtresse mais la moitié de moi-même. Un esprit pour lequel le mien<br />

semblait avoir été fait. (non ho perduto un'amante ma la metà <strong>di</strong> me stesso. Un'anima per<br />

la quale la mia sembrava fatta).<br />

Opere<br />

Emilie du Chatelet fu una precorritrice sia nel campo della matematica che in quello della<br />

fisica, in particolare intuendo che la massa <strong>di</strong> un oggetto in movimento è proporzionale<br />

alla sua massa e al quadrato della velocità mentre fino a quel tempo si era ritenuto che<br />

l’energia fosse <strong>di</strong>rettamente proporzionale alla velocità.<br />

Lavoro, energia, principio <strong>di</strong> conservazione dell' energia meccanica<br />

Definiamo energia cinetica l’ energia legata al movimento <strong>di</strong> un corpo. Essa è <strong>di</strong>rettamente<br />

proporzionale alla massa del corpo e al quadrato della sua velocità.<br />

1 2<br />

Ek = mv dove EK in<strong>di</strong>ca l’energia cinetica misurata in Joule; m in<strong>di</strong>ca la massa misurata<br />

2<br />

in Kg e v in<strong>di</strong>ca la velocità misurata in m/s.<br />

269


Il teorema dell'energia cinetica afferma che la variazione <strong>di</strong> energia cinetica <strong>di</strong> un corpo è<br />

uguale al lavoro compiuto su <strong>di</strong> esso.<br />

Sia infatti F, una forza costante applicata a un corpo <strong>di</strong> massa m, allora poiché, per il<br />

secondo principio della <strong>di</strong>namica, F = ma si ha che a è costante, il moto è dunque<br />

1 2<br />

uniformemente accelerato cioè s = v0t<br />

+ at .<br />

2<br />

Si ha dunque:<br />

1 2<br />

1<br />

L = Fs = ma(<br />

v0t<br />

+ at ) = mat(<br />

v0<br />

+ at)<br />

2<br />

2<br />

v − v<br />

poichè il moto è uniformemente accelerato: a = 0 , in particolare per t 0 = 0 dunque<br />

t − t0<br />

at = v − v0<br />

,<br />

quin<strong>di</strong> sostituendo<br />

( ) ( ) ( ) ( )( ) kF kI E E mv mv v v v v m<br />

⎛ 1 ⎞ ⎛ v0<br />

+ v ⎞ 1<br />

1 2 1 2<br />

L = m v − v0<br />

⎜v<br />

0 + v − v0<br />

⎟ = m v − v0<br />

⎜ ⎟ = − 0 + = − 0 = −<br />

⎝ 2 ⎠ ⎝ 2 ⎠ 2<br />

2 2<br />

da cui kF kI E E L − =<br />

Se il lavoro che la forza compie nello spostamento da un punto A ad un punto B <strong>di</strong>pende<br />

solo dagli estremi A e B e non dal particolare percorso seguito durante lo spostamento,<br />

come nel caso della forza peso, si <strong>di</strong>ce che la forza è conservativa e si può definire una<br />

grandezza detta energia potenziale.<br />

L’energia potenziale gravitazionale è quella forma <strong>di</strong> energia che un corpo possiede in<br />

seguito alla posizione che esso occupa rispetto a un livello <strong>di</strong> riferimento opportunamente<br />

scelto nel campo gravitazionale terrestre.<br />

E pot = mgh dove E pot in<strong>di</strong>ca l’energia potenziale misurata in Joule; m in<strong>di</strong>ca la massa<br />

misurata in kg ;g in<strong>di</strong>ca l’accelerazione <strong>di</strong> gravità(9,81m/s 2 ) e h l’altezza misurata in metri.<br />

Si definisce variazione <strong>di</strong> energia potenziale l'opposto del lavoro fatto dalla forza durante il<br />

passaggio dalla situazione iniziale a quella finale, cioè potI potF E E L = − .<br />

Principio <strong>di</strong> conservazione dell'Energia meccanica<br />

In un sistema isolato, cioè su cui non agiscono forze esterne e in cui sono presenti solo<br />

forze conservative, l'energia meccanica totale, cioè la somma dell'energia cinetica e<br />

potenziale si conserva.<br />

270<br />

(in<strong>di</strong>ce)


MARIA GAETANA AGNESI (1718 – 1799)<br />

Introduzione storica<br />

Il XVIII secolo fu un secolo <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>cali cambiamenti. La rivoluzione industriale, le<br />

rivoluzione americana e quella francese, segnano l ‘economia, la società e la politica.<br />

Tuttavia le conseguenze <strong>di</strong> tali processi si <strong>di</strong>ffonderanno in Europa nel corso dell’Ottocento<br />

e il Settecento rimane soprattutto il secolo dell’ Illuminismo.<br />

L ’Illuminismo è un movimento culturale e filosofico nato in Inghilterra intorno alla metà<br />

del XVII secolo ed espresso principalmente da John Locke, poi sviluppatosi in Francia e<br />

<strong>di</strong>ffusosi in Europa dall'inizio del XVIII secolo fino alla Rivoluzione francese. <strong>Le</strong> idee<br />

prevalenti dell'illuminismo sono: la libertà e l'uguaglianza sociale, i <strong>di</strong>ritti umani, la laicità<br />

dello Stato, la scienza e il pensiero razionale. L’Illuminismo fu soprattutto la filosofia della<br />

borghesia in ascesa che, grazie allo sfruttamento delle colonie, al commercio<br />

intercontinentale, e alla maggiore produzione artigianale si arricchì, rimanendo però<br />

esclusa dal potere politico, ostacolata principalmente dall’ aristocrazia. Al concetto <strong>di</strong><br />

gerarchia sociale voluta da Dio, venne opposta la teoria secondo la quale tutti gli uomini<br />

sono uguali poiché dotati <strong>di</strong> ragione. L’unica via per conoscere la verità, come affermava il<br />

filosofo Kant , è l’uso <strong>di</strong> servirsi con coraggio della propria intelligenza, uscendo così dallo<br />

stato <strong>di</strong> minorità da imputare a se stessi. Collegandosi al pensiero razionalista, gli uomini<br />

del XVIII secolo erano convinti che tutta la natura obbe<strong>di</strong>sse a determinate leggi,<br />

riconoscibili ed esprimibili attraverso la matematica e, che, fosse possibile creare una<br />

società basata sulla ragione. Il risultato fu una forte spinta all’ innovazione in tutti i campi<br />

dell’ agire e del sapere e un’ aspirazione alla scientificità espressa in una nuova<br />

formulazione del sistema delle scienze. Protagonista <strong>di</strong> un approccio metodologico più<br />

articolato e complesso, che coniuga la matematica (intesa come strumento <strong>di</strong> calcolo) con<br />

l’osservazione empirica, fu Isaac Newton (1642-1727) i cui stu<strong>di</strong> in campo matematico<br />

(calcolo infinitesimale) e nel campo della fisica (legge della gravitazione) influenzarono la<br />

stessa filosofia. In particolare Newton fu l'or<strong>di</strong>natore <strong>di</strong> tutta una serie <strong>di</strong> concetti relativi<br />

alla <strong>di</strong>namica dei corpi che trovarono la loro suprema sintesi nella teoria della gravitazione<br />

271


universale. Newton fu considerato il vero promotore del nuovo sapere e della nuova<br />

immagine della ragione, limitata dall’esperienza, concreta e attenta ai fatti.<br />

L’illuminismo a Milano<br />

Nel settecento Milano si trovava sotto il dominio degli Asburgo. Grazie al <strong>di</strong>spotismo<br />

illuminato dei sovrani d’ Austria , a Milano ci fu una grande ripresa economica e culturale.<br />

Il ceto <strong>di</strong>rigente milanese fu molto attivo e restaurò l’ economia caduta a causa delle<br />

ingenti spese <strong>di</strong> guerra.<br />

In campo culturale Milano fu il centro <strong>di</strong> maggior influenza illuministica dell’ Italia<br />

Settentrionale. Milano era una città molto aperta alle novità ed il primo segno evidente<br />

dell’ evoluzione culturale fu la fondazione, nel 1762, dell’ Accademia dei Pugni e quella dei<br />

Trasformati. L’Accademia dei Pugni creò un giornale: Il Caffè”, nato nel 1764 a opera <strong>di</strong><br />

Pietro Verri a cui parteciparono su temi politici, economici e sociali Cesare Beccaria,<br />

Parini, Alessandro Verri.<br />

A Milano gli intellettuali partecipavano attivamente anche alla vita pubblica; non era raro<br />

infatti che a quel tempo un letterato ricoprisse cariche pubbliche. L’Austria promuoveva lo<br />

sviluppo e la <strong>di</strong>ffusione della Cultura e favoriva gli uomini d’ intelletto. L’ imperatrice Maria<br />

Teresa d’Austria infatti aveva riorganizzato l’ istruzione , attuando nelle scuole un<br />

programma <strong>di</strong> alfabetizzazione. Furono anche create Scuole elementari statali e furono<br />

migliorate le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> insegnamento. La sua Corte era composta da intellettuali<br />

letterati, e artisti che spesso venivano chiamati a prestare servizio per la famiglia<br />

imperiale.<br />

Maria Teresa d’ Austria, come anche Giuseppe II d'Asburgo furono sovrani definiti<br />

“illuminati” poiché regnavano basandosi principalmente sulle ideologie dei teorici dell’<br />

Illuminismo francese , loro politiche <strong>di</strong> riforme portarono gran<strong>di</strong> benefici alla città <strong>di</strong><br />

Milano.<br />

Nel ‘700 le signore dell’ aristocrazia aprirono i loro salotti per le <strong>di</strong>scussioni colte dove i<br />

principali invitati erano filosofi, scienziati ed economisti. I salotti aristocratici <strong>di</strong>vennero<br />

centri <strong>di</strong> <strong>di</strong>vulgazione culturale e scientifica e nonostante alcune fossero donne coltissime e<br />

<strong>di</strong> grande temperamento fu precluso loro l’ accesso alle università e alle accademie<br />

scientifiche.<br />

L’ unica eccezione era rappresentata dalle italiane Laura Bassi (fisica) e Maria Gaetana<br />

Agnesi(matematica) che riuscirono a frequentare l’ università. Nonostante qualche rara<br />

eccezione, la sud<strong>di</strong>visione del mondo maschile e quello femminile <strong>di</strong>veniva sempre più<br />

netta, alle donne veniva affidata la gestione della famiglia e degli affetti e agli uomini tutto<br />

il resto cosicché le donne ebbero sempre meno possibilità <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are e realizzarsi. Grande<br />

importanza a questo riguardo ebbero le teorie del filosofo Jean Jacques Rousseau che nel<br />

1762, nel suo romanzo Emile contrappose il concetto del sentimento a quello della<br />

ragione sostenendo che uomini e donne non sono uguali bensì complementari. Si tratta <strong>di</strong><br />

un romanzo pedagogico <strong>di</strong>viso in quattro parti, corrispondenti alle quattro fasi<br />

fondamentali della vita del giovane considerate da Rousseau. Solo la botanica e la chimica,<br />

secondo il filosofo , potevano essere scienze adatte alle donne.<br />

272


Biografia<br />

Maria Gaetana Agnesi nasce a Milano il 16 maggio 1718 , da una ricca e facoltosa famiglia,<br />

figlia <strong>di</strong> Pietro Agnesi e Anna Brivio è riconosciuta molto presto, all’età <strong>di</strong> cinque anni,<br />

come una bambina pro<strong>di</strong>gio. Maria Gaetana mostrò <strong>di</strong> possedere una straor<strong>di</strong>naria<br />

intelligenza e una propensione per le lingue straniere come il tedesco, il francese, lo<br />

spagnolo e l’ebraico; con lo stu<strong>di</strong>o dei classici apprende perfettamente il latino e il greco e<br />

le fu presto dato il soprannome <strong>di</strong> “oracolo sette lingue”. La casa Agnesi <strong>di</strong>venta un luogo<br />

<strong>di</strong> incontro tra gli intellettuali più in vista del momento, Maria partecipa a molti seminari<br />

coinvolgendo gli ospiti in <strong>di</strong>scussioni <strong>di</strong> carattere filosofico e matematico, compiacendo il<br />

padre.<br />

Avvenimento fondamentale che sconvolse la vita dell’ Agnesi fu la morte della madre che<br />

la portò a ritirarsi dalla vita pubblica .Cominciò a de<strong>di</strong>carsi alla gestione familiare ma non<br />

abbandonò la matematica; nel 1738 venne pubblicata una raccolta <strong>di</strong> saggi sulla scienza<br />

naturale e la filosofia: Popositiones Philosophicae (in cui si parla dell'istruzione delle<br />

donne), che riportava parte delle <strong>di</strong>scussioni avvenute nel salotto <strong>di</strong> casa Agnesi.<br />

In questo periodo don Ramiro Rampinelli, monaco olivetano, pioniere della matematica<br />

analitica, arriva a Milano, al monastero <strong>di</strong> San Vittore per insegnare matematica. Nel 1740<br />

Maria Gaetana, in collaborazione con padre Ramiro Rampinelli , si de<strong>di</strong>ca alla stesura <strong>di</strong> un<br />

testo <strong>di</strong> analisi le Istituzioni Analitiche ad uso della Gioventù Italiana. L’opera trattava del<br />

calcolo <strong>di</strong>fferenziale e integrale. Pubblicata nel 1748 riscontrò un gran successo nel mondo<br />

accademico poiché fu il primo lavoro completo riguardante l’analisi infinitesimale; il libro fu<br />

ampiamente tradotto e utilizzato come manuale. La prima sezione espone l’analisi <strong>di</strong><br />

quantità limitate trattando anche i problemi elementari <strong>di</strong> massimi e minimi, tangenti e<br />

punti del flesso, la seconda sezione è incentrata sull’analisi <strong>di</strong> quantità infinitamente<br />

piccole, nella terza troviamo il calcolo integrale e nell’ultima le equazioni <strong>di</strong>fferenziali. Il<br />

testo fu giu<strong>di</strong>cato dall’accademia delle scienze <strong>di</strong> Parigi come il trattato più completo <strong>di</strong><br />

matematica che fosse mai stato realizzato, ebbe un gran successo in tutta Europa<br />

nonostante la contemporanea pubblicazione <strong>di</strong> un’opera analoga <strong>di</strong> Eulero.<br />

L’imperatrice Maria Teresa, inviò in dono alla dotta sud<strong>di</strong>ta un anello <strong>di</strong> brillanti in un<br />

prezioso cofanetto e Goldoni le de<strong>di</strong>cò un sonetto. Il Papa Benedetto XIV scrisse nel 1750<br />

all’Agnesi <strong>di</strong>cendole che il suo lavoro avrebbe portato cre<strong>di</strong>to all'Italia e all'Accademia <strong>di</strong><br />

Bologna, per questo le assegnò il titolo <strong>di</strong> lettrice onoraria dell'Università <strong>di</strong> Bologna.<br />

Il presidente dell'Accademia <strong>di</strong> Bologna la invitò poi ad accettare la cattedra <strong>di</strong><br />

matematica all'Università <strong>di</strong> Bologna, ma l’Agnesi rifiutò per de<strong>di</strong>carsi agli stu<strong>di</strong> privati e<br />

all’istruzione dei fratelli e delle sorelle. Intraprese vita monacale senza esser monaca,<br />

de<strong>di</strong>candosi ai poveri, nell'Albergo dei poveri, situato nel palazzo del principe Trivulzio,<br />

come <strong>di</strong>rettrice del Quartier delle Donne. Si de<strong>di</strong>cò costantemente al suo lavoro <strong>di</strong><br />

assistenza fino al giorno della sua morte, il 9 gennaio 1799.<br />

Opere<br />

Maria Gaetana Agnesi è famosa per aver stu<strong>di</strong>ato una curva, detta<br />

versiera, già stu<strong>di</strong>ata da Fermat.<br />

È probabile che Maria Gaetana, profonda conoscitrice della lingua latina,<br />

si sia ispirata alla forma sinuosa della curva ed abbia tratto il nome dal<br />

verbo latino "vertere" che significa volgere-rivolgere. Il nome della<br />

versiera deriva dal latino ed in<strong>di</strong>cava la corda legata all'estremità <strong>di</strong> una<br />

vela e utilizzata per le virate. Il traduttore inglese del libro della Agnesi<br />

273


confuse la versiera con il termine l'avversiera, che significa strega, (ovvero avversaria <strong>di</strong><br />

Dio), denominandola come “witch of Agnesi” (strega <strong>di</strong> Agnesi), e con tale nome essa è<br />

conosciuta in numerose lingue.<br />

Questa curva viene costruita nel seguente modo: data una circonferenza con <strong>di</strong>ametro AB,<br />

viene tracciata da B la tangente t alla circonferenza, e viene chiamata r la generica retta<br />

uscente da A, viene in<strong>di</strong>cata con la lettera D l’intersezione tra r e t e con E l’intersezione<br />

tra r e la circonferenza, con F l’intersezione tra la parallela ad AB condotta per D e la<br />

parallela a t condotta per E. L’insieme dei punti F , al variare <strong>di</strong> r nel fascio <strong>di</strong> rette <strong>di</strong><br />

centro A descrivono la versiera.<br />

La versiera è una curva cubica del piano, caratterizzata, come si vede dal grafico, da una<br />

3<br />

a<br />

forma a campana; definita come y = , al variare del parametro a si ottengono le<br />

2 2<br />

x + a<br />

<strong>di</strong>verse curve sotto rappresentate<br />

274<br />

(in<strong>di</strong>ce)


SOPHIE GERMAIN (1776 – 1831)<br />

Introduzione storica<br />

L’attività <strong>di</strong> Sophie Germain andò <strong>di</strong> pari passo con i moti rivoluzionari francesi del 1789.<br />

Ma quale fu il ruolo della donna durante la Rivoluzione francese?<br />

Sanculotti e giacobini, <strong>di</strong>chiarano che le donne devono restare a casa accanto al loro<br />

signore: il marito!<br />

Ma come occupa il suo tempo la donna <strong>di</strong> casa?<br />

Sveglia all’alba (alle 4 o alle 5 del mattino), pulizia della casa, invio a scuola o da una<br />

vicina dei figli piccoli e via per fare la spesa.<br />

La donna che lavora viene impiegata in vari settori. Innanzitutto le forniture <strong>di</strong> guerra,<br />

come le <strong>di</strong>vise dei soldati. Si lavora dalle sette del mattino alle sette <strong>di</strong> sera e, sovente,<br />

anche fino alle 9, con due ore <strong>di</strong> pausa. Il salario è <strong>di</strong>versificato, un uomo guadagna tre o<br />

quattro volte quanto guadagna una donna e a nulla valgono le proteste delle operaie!<br />

Secondo alcuni storici sin dal 1789 sorge un embrione <strong>di</strong> movimento femminile.<br />

Infatti, è proprio del 1789 il primo Cahier de Doleance femminile. Una certa madame B.B.<br />

del Caux, scrive:<br />

“La donna è considerata incapace <strong>di</strong> padroneggiare se stessa e deve essere sottoposta<br />

prima al padre e poi al marito. La sua dote è inalienabile, non può esercitare attività<br />

commerciali. Chi invieranno le donne come loro rappresentanti, degli uomini? No, le donne<br />

dovrebbero essere rappresentate da altre donne. Esse, al pari dei negri, che stanno<br />

tentando il loro riscatto, devono unirsi e richiedere il riconoscimento della parità con l’altro<br />

sesso!”<br />

In questo periodo nascono i primi Club Femminili, nel marzo del 1791 Etta Palm fonda la<br />

“Société Patriotique et de Bienfaisance des Amies de la Vérité”,91. La Palm formerà quella<br />

che poi verrà battezzata col nome <strong>di</strong> Trinità Femminile della Rivoluzione, con Théroigne de<br />

Méricourt e Olympe de Gouges. Quest’ultima nel 1791 pubblicò la “Dichiarazione dei <strong>di</strong>ritti<br />

della donna e della citta<strong>di</strong>na”, che vuole essere una versione al femminile della<br />

“Dichiarazione dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo e del citta<strong>di</strong>no” approvata nel 1789 dall’Assemblea<br />

Nazionale Costituente. Nella Dichiarazione Olympe de Gouge elenca i <strong>di</strong>ritti vali<strong>di</strong> solo per<br />

gli uomini, allorché le donne non <strong>di</strong>spongono del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> voto, dell'accesso alle istituzioni<br />

275


pubbliche, alle libertà professionali, ai <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> posse<strong>di</strong>mento. L'autrice vi <strong>di</strong>fende, non<br />

senza ironia sulle considerazioni dei pregiu<strong>di</strong>zi maschili, la causa delle donne, scrivendo<br />

che « La donna nasce libera e ha uguali <strong>di</strong>ritti all'uomo ».<br />

“ Per aver <strong>di</strong>menticato le virtu’ che convengono al suo sesso e per essersi immischiata<br />

nelle cose della Repubblica” Olympe de Gouges venne ghigliottinata nel 1793<br />

Qui riportiamo alcuni articoli della Dichiarazione:<br />

Articolo 1<br />

La Donna nasce libera e ha gli stessi <strong>di</strong>ritti dell'uomo. <strong>Le</strong> <strong>di</strong>stinzioni sociali non possono<br />

essere fondate che sull'interesse comune.<br />

Articolo 2<br />

Lo scopo <strong>di</strong> ogni associazione politica è la conservazione dei <strong>di</strong>ritti naturali e imprescrittibili<br />

della Donna e dell'Uomo: questi <strong>di</strong>ritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e<br />

soprattutto la resistenza alla oppressione.<br />

Articolo 3<br />

Il principio <strong>di</strong> ogni sovranità risiede essenzialmente nella Nazione, che l'unione della<br />

Donna e dell'Uomo: nessun organo, nessun in<strong>di</strong>viduo può esercitare autorità che non<br />

provenga espressamente da loro.<br />

Articolo 4<br />

La libertà e la giustizia consistono nel restituire tutto ciò che appartiene ad altri; così<br />

l'unico limite all' esercizio dei <strong>di</strong>ritti naturali della donna, la perpetua tirannia dell' uomo<br />

cioè, fa riformato dalle leggi della natura e della ragione.<br />

Articolo 6<br />

La legge deve essere l'espressione della volontà generale; tutte le Citta<strong>di</strong>ne e i Citta<strong>di</strong>ni<br />

devono concorrere personalmente o con i loro rappresentanti alla sua formazione; essa<br />

deve essere uguale per tutti. Tutte le citta<strong>di</strong>ne e tutti i citta<strong>di</strong>ni essendo uguali ai suoi<br />

occhi, devono essere ugualmente ammessi a tutte le <strong>di</strong>gnità posti e impieghi pubblici,<br />

secondo le loro capacità e senza altra <strong>di</strong>stinzione che quella delle loro virtù e dei loro<br />

talenti.<br />

Articolo 11<br />

La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei <strong>di</strong>ritti più preziosi della<br />

donna poiché queste libertà assicura la legittimità dei padri verso i figli. Ogni citta<strong>di</strong>no può<br />

dunque <strong>di</strong>re liberamente, io sono la madre <strong>di</strong> un figlio vostro, senza che un pregiu<strong>di</strong>zio<br />

barbaro la forzi a nascondere la verità salvo a rispondere dell' abuso <strong>di</strong> questa libertà dei<br />

casi stabiliti dalla <strong>Le</strong>gge.<br />

Articolo 13<br />

Per il mantenimento della forza pubblica e per le spese <strong>di</strong> amministrazione, i contributi<br />

della donna e dell' uomo sono uguali; essa partecipa a tutti i lavori ingrati a tutte le<br />

fatiche, deve quin<strong>di</strong> partecipare anche alla <strong>di</strong>stribuzione dei posti, degli impieghi, delle<br />

cariche, delle <strong>di</strong>gnità e dell' industria.<br />

Sulla scia <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> aspirazioni femministe sorgono, in questo periodo, anche scuole<br />

professionali per le donne, come”L’Ecole typographique pour le femmes”, dove le giovani<br />

dai 15 ai 30 anni stu<strong>di</strong>ano: geografia, lingua, storia, morale ma “gli uomini” insorgono<br />

contro questo tentativo <strong>di</strong> autonomia.<br />

Il lavoro, laddove è possibile, viene fornito dal settore pubblico. Nascono così, ad esempio,<br />

le Filature Comunali, con Ateliers <strong>di</strong> circa 400 donne che lavorano pagate dal Comune, su<br />

iniziativa del Sindaco Bailly. La retribuzione non è fissa, ma comprende anche una<br />

276


fornitura <strong>di</strong> pane, oltre ad un piccolo salario. L’orario <strong>di</strong> lavoro va dalle 7 alle 19 o dalle 6<br />

alle 18;vengono impiegati anche i ragazzi dai <strong>di</strong>eci anni in su, spesso figli delle stesse<br />

lavoranti, ma anche questo spiraglio <strong>di</strong> libertà svanì in fretta poiché gli uomini<br />

lamentarono l’assenza della donna nella vita familiare.<br />

Dominique Go<strong>di</strong>neau <strong>di</strong>vide le donne rivoluzionarie in tre categorie:<br />

1)Militanti: sono coloro che manifestano un interesse politico più o meno vivo,<br />

2)Militanti che “si <strong>di</strong>stinguono”: tra le 50 e le cento unità a Parigi, sono coloro che<br />

possiedono una solida cultura rivoluzionaria,<br />

3)Militanti <strong>di</strong> base: hanno coscienza della rivoluzione, la praticano nelle strade, nei locali,<br />

“militanti che si <strong>di</strong>stinguono”” e “militanti <strong>di</strong> base”, costituiscono la Sanculotteria<br />

femminile.<br />

“… se saremo oppresse, opporremo resistenza all’oppressione” era il loro motto.<br />

Per la maggior parte del <strong>di</strong>ciottesimo e del <strong>di</strong>ciannovesimo secolo, anche la Francia<br />

<strong>di</strong>mostrò un' attitu<strong>di</strong>ne maschilista verso le donne nelle matematica, fu infatti <strong>di</strong>chiarato<br />

che la matematica era inadatta alle donne e oltrepassava le loro capacità mentali. I salotti<br />

parigini giocarono comunque un ruolo centrale nel mondo della matematica, ma solo una<br />

donna riuscì ad affermarsi: Sophie Germain.<br />

Biografia<br />

Sophie Germain nasce il 1° aprile 1776, era figlia <strong>di</strong> un mercante. Nell’anno in cui scoprì il<br />

suo amore per i numeri la Bastiglia venne demolita e il suo stu<strong>di</strong>o del calcolo infinitesimale<br />

fu oscurato dal Regno del Terrore. Anche se il padre era ricco, la famiglia <strong>di</strong> Sophie non<br />

apparteneva all’aristocrazia. Benché le signore del ceto sociale della famiglia Germain non<br />

fossero incoraggiate a stu<strong>di</strong>are matematica, ci si aspettava che avessero una conoscenza<br />

sufficiente della materia per poterne <strong>di</strong>scutere se l’ argomento si fosse affacciato in<br />

qualche conversazione salottiera.<br />

L’episo<strong>di</strong>o che cambiò la vita <strong>di</strong> Sophie avvenne un giorno quando lei, mentre curiosava<br />

nella biblioteca paterna, s’imbatté nella Storia della Matematica <strong>di</strong> Jean Etienne Montucla.<br />

Il capitolo che catturò la sua immaginazione fu quello de<strong>di</strong>cato alla vita <strong>di</strong> Archimede. Il<br />

racconto <strong>di</strong> Montucla delle scoperte <strong>di</strong> Archimede era senza dubbio interessante, ma ciò<br />

che affascinò la ragazza fu soprattutto l’aneddoto della morte <strong>di</strong> Archimede. La leggenda<br />

vuole che durante la conquista della città <strong>di</strong> Siracusa da parte dell’esercito romano<br />

Archimede fosse così immerso nello stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> una figura geometrica tracciata sulla sabbia<br />

da non rispondere alla domanda postagli da un soldato romano, che, irritatosi, lo passò<br />

subito a fil <strong>di</strong> spada. La matematica doveva essere decisamente affascinante, pensò<br />

Sophie, se qualcuno poteva esserne talmente assorbito da <strong>di</strong>menticare tutto il resto.<br />

Questo almeno è quanto racconta un amico <strong>di</strong> famiglia, il conte Guglielmo Libri-Carrucci<br />

della Somaia, matematico toscano dalla vita piuttosto tormentata, arrivato alla cattedra <strong>di</strong><br />

analisi della Sorbona. E, aggiunge il conte, Sophie si de<strong>di</strong>cò completamente alla<br />

matematica, passando le notti sui libri <strong>di</strong> Newton e <strong>di</strong> Eulero; il padre, contrariato per<br />

questi interessi della figlia, considerati poco femminili, le confiscava abiti e candele per<br />

scoraggiarla. Questo però non fermò Sophie che, <strong>di</strong> nascosto (ma siamo sempre più<br />

nell'agiografia), avvolta in coperte <strong>di</strong> lana, continuò nei suoi stu<strong>di</strong>, "anche nelle notti più<br />

fredde, quando l'inchiostro ghiacciava nel calamaio", riuscendo alla fine a convincere i suoi<br />

genitori dell'ineluttabilità della sua vocazione.<br />

277


Nel 1794 veniva aperta a Parigi l'Ecole Polytechnique che sarebbe stato il luogo ideale per<br />

la Germain, dove avrebbe potuto perfezionare la sua preparazione <strong>di</strong> auto<strong>di</strong>datta, se i corsi<br />

non fossero stati riservati ai<br />

soli uomini.<br />

Con uno stratagemma riuscì<br />

a ottenere le <strong>di</strong>spense <strong>di</strong><br />

molti corsi, utilizzando il<br />

nome <strong>di</strong> uno studente che<br />

aveva abbandonato gli stu<strong>di</strong>,<br />

Antoine-August <strong>Le</strong> Blanc,<br />

uno pseudonimo grazie al<br />

quale poteva anche chiedere spiegazioni e far correggere le proprie soluzioni ai problemi<br />

proposti agli studenti.<br />

Il gioco continuò finché il celebre Lagrange, che teneva il corso <strong>di</strong> analisi, stupito per le<br />

soluzioni brillanti e ingegnose <strong>di</strong> uno studente che fino a quel momento aveva <strong>di</strong>mostrato<br />

scarso interesse per la matematica, chiese <strong>di</strong> incontrarlo, obbligando in tal modo<br />

Germain a rivelare la sua vera identità. Stupefatto e ammirato nel trovarsi <strong>di</strong> fronte a una<br />

giovane donna, Lagrange ne <strong>di</strong>venne amico e consigliere, offrendole il suo aiuto per<br />

proseguire gli stu<strong>di</strong>. L'argomento che più attirava Germain era la teoria dei numeri e in<br />

particolare l'Ultimo teorema <strong>di</strong> Fermat. Su questi argomenti Germain entrò in<br />

corrispondenza con Gauss, uno dei più gran<strong>di</strong> matematici <strong>di</strong> tutti i tempi, usando ancora<br />

il suo pseudonimo, Monsieur <strong>Le</strong> Blanc. E come tale sarebbe rimasta nelle carte <strong>di</strong> Gauss<br />

se Napoleone non avesse invaso la Prussia, nel 1806.<br />

Germain, preoccupata per la sorte <strong>di</strong> Gauss scrisse ad un amico <strong>di</strong> famiglia, il generale<br />

Joseph-Marie Pernety, chiedendo <strong>di</strong> riservare al grande matematico un'attenzione<br />

particolare. Quando il generale incontrò Gauss, gli spiegò che il trattamento <strong>di</strong> riguardo<br />

nei suoi confronti era dovuto all'intervento <strong>di</strong> una giovane matematica parigina Sophie<br />

Germain, che firmava i suoi lavori con lo pseudonimo <strong>di</strong> Monsieur <strong>Le</strong> Blanc. Fu così che<br />

Gauss scoprì la vera identità del suo interlocutore e scrisse quello che è senza dubbio il<br />

più prezioso omaggio all'intelligenza <strong>di</strong> Germain:<br />

"Quando una persona <strong>di</strong> sesso femminile che, secondo il nostro giu<strong>di</strong>zio e i nostri<br />

pregiu<strong>di</strong>zi maschili, deve urtare in <strong>di</strong>fficoltà infinitamente superiori a quelle che<br />

incontrano gli uomini per giungere a familiarizzarsi con le spinose ricerche della<br />

matematica, quando questa persona riesce, nonostante tutto, a sormontare simili<br />

ostacoli e a penetrare fino alle regioni più oscure della scienza, ella deve senza dubbio<br />

possedere un nobile coraggio, un talento assolutamente straor<strong>di</strong>nario e un genio<br />

superiore".<br />

La corrispondenza <strong>di</strong> Sophie Germain con Gauss ispirò gran parte della sua attività, ma<br />

nel 1808, il rapporto si interruppe bruscamente. Gauss era stato nominato professore <strong>di</strong><br />

astronomia all’Università <strong>di</strong> Gottinga; i suoi interessi si spostarono dalla teoria dei numeri<br />

alla matematica applicata ed egli non rispose più alle lettere della Germain. Senza più il<br />

suo mentore, la fiducia <strong>di</strong> lei cominciò ad affievolirsi e nel corso degli anni ella<br />

abbandonò la matematica pura ed intraprese una carriera interessante come fisica, una<br />

<strong>di</strong>sciplina dove riuscì <strong>di</strong> nuovo ad eccellere.<br />

Cominciò ad occuparsi anche <strong>di</strong> acustica e della teoria dell'elasticità. Era rimasta<br />

incuriosita dagli esperimenti <strong>di</strong> Ernst Chladni, un fisico svizzero. Anche Napoleone era<br />

rimasto molto colpito dagli esperimenti <strong>di</strong> Chladni e aveva proposto un premio<br />

278


consistente in una medaglia d'oro, del peso <strong>di</strong> un chilogrammo, al matematico che<br />

avesse saputo spiegare questi esperimenti. Nel 1809 venne ban<strong>di</strong>to il concorso con<br />

scadenza <strong>di</strong> due anni e nel 1811 Sophie fu l'unico matematico a presentare un lavoro per<br />

il premio. Il suo metodo era corretto, ma non venne premiata perché la commissione<br />

aveva rilevato alcuni errori. Solo nel 1815 Germain riuscì a vincere il premio, dopo aver<br />

rivisto e corretto il suo lavoro, con l'aiuto <strong>di</strong> Lagrange.<br />

Quando venne costruita la Tour Eiffel, venne deciso <strong>di</strong> scrivere sulla struttura i nomi <strong>di</strong><br />

settantadue gran<strong>di</strong> scienziati, manca il nome <strong>di</strong> Sophie Germain anche se le sue ricerche<br />

sull'elasticità dei metalli erano state utilizzate dagli ingegneri che avevano costruito la<br />

grande torre d'acciaio.<br />

Sophie ricevette anche una medaglia dell’Institut de France e <strong>di</strong>venne la prima donna<br />

ammessa a seguire le lezioni dell’Accademia delle Scienze che non fosse moglie <strong>di</strong> uno<br />

degli accademici. Poi, verso la fine della vita, ella ristabilì i rapporti con Carl Gauss, il quale<br />

ottenne che l'Università <strong>di</strong> Gottinga le assegnasse una laurea honoris causa.<br />

Tragicamente, prima che l’università potesse consegnarle l’onorificenza, Sophie Germain<br />

morì <strong>di</strong> tumore al seno.<br />

H.J. Mozans scrisse così <strong>di</strong> lei:<br />

“Tutto considerato ella fu forse la donna intellettualmente più dotata che la Francia abbia<br />

mai prodotto. E tuttavia, per quanto possa sembrare strano, quando l’ufficiale <strong>di</strong> stato<br />

civile stilò il certificato <strong>di</strong> morte <strong>di</strong> questa illustre collega e collaboratrice dei più illustri<br />

membri dell’Accademia francese delle Scienze, la qualificò come una donna che usufruiva<br />

<strong>di</strong> una ren<strong>di</strong>ta annuale e non come una matematica. E questo non è tutto. Quando fu<br />

eretta la Tour Eiffel, nella quale gli ingegneri furono costretti a de<strong>di</strong>care particolare<br />

attenzione all’elasticità dei materiali impiegati, furono scritti in questa altissima struttura i<br />

nomi <strong>di</strong> settantadue scienziati. Ma nell’elenco non si trova il nome <strong>di</strong> Sophie Germain,<br />

quella figlia geniale, le cui ricerche contribuirono così tanto all’elaborazione della teoria<br />

dell’elasticità dei metalli. Venne esclusa dall’elenco per la stessa ragione per cui la Agnesi<br />

non fu eletta membro dell’Accademia <strong>di</strong> Francia, ossia in quanto donna? Sembrerebbe <strong>di</strong><br />

sì. Se questa fu davvero la ragione, la vergogna è ancora maggiore per coloro che si<br />

resero responsabili <strong>di</strong> tale ingratitu<strong>di</strong>ne verso una donna che ha meritato così bene nella<br />

scienza e che con i suoi risultati si è guadagnata un posto invi<strong>di</strong>abile nella galleria delle<br />

celebrità.”<br />

Opere<br />

La scienziata francese era fortemente attratta dalla teoria dei numeri e dall’ultimo teorema<br />

<strong>di</strong> Fermat che afferma che l’equazione x n + y n = z n non ha soluzioni per n > 2 , con x, y, z<br />

∈ N.<br />

Sophie Germain introdusse varie argomentazioni in grado <strong>di</strong> fornire solide basi a scienziati<br />

successivi, come ad esempio Andrew Wiles che, in un periodo assai più recente (1995), è<br />

riuscito a <strong>di</strong>mostrare il teorema.<br />

Sophie Germain si occupò anche <strong>di</strong> acustica e <strong>di</strong> elasticità, rimase affascinata dagli<br />

esperimenti <strong>di</strong> Ernst Chladni .<br />

279


Quest’ultimo inventò nel 1787<br />

uno strumento acustico in grado<br />

<strong>di</strong> ottenere delle figure, <strong>di</strong> forma<br />

geometrica regolare e non,<br />

grazie alla <strong>di</strong>sposizione assunta<br />

dalla sabbia fina posta in<br />

precedenza su lastre metalliche.<br />

La vibrazione ottenuta<br />

colpendola con un archetto <strong>di</strong><br />

violino, faceva in modo che la<br />

sabbia saltellasse fino ad<br />

accumularsi lungo delle cosiddette “linee nodali”, in cui la vibrazione risultava nulla,<br />

generando delle splen<strong>di</strong>de immagini. Per comprendere meglio il concetto è necessario<br />

specificare che per “vibrazione” si intende un' oscillazione meccanica attorno ad un punto<br />

d'equilibrio. A livello microscopico, gli atomi vibrano, nel caso dei soli<strong>di</strong>, intorno alle<br />

proprie posizioni <strong>di</strong> equilibrio.<br />

Tornando all’esperimento del fisico tedesco, i granelli <strong>di</strong> sabbia si incuneavano in<br />

corrispondenza dei ventri, ovvero dei punti corrispondenti al massimo spostamento verso<br />

il basso e quin<strong>di</strong> si accumulavano su delle linee nodali formate dai punti in cui la ampiezza<br />

della vibrazione è virtualmente nulla dando vita a delle immagini simmetriche e<br />

designando un vero punto d’incontro tra arte e scienza.<br />

<strong>Le</strong> figure <strong>di</strong> Chladni.<br />

280<br />

(in<strong>di</strong>ce)


SOF’JA KOVALEVSKAJA (1850 – 1891)<br />

Introduzione storica: il Nichilismo<br />

Il termine Nichilismo in<strong>di</strong>ca quella corrente filosofica che rifiuta qualsiasi valore positivo.<br />

In Russia fra il 1850 e il 1860 vennero definiti “nichilisti”, quei giovani intellettuali che<br />

rifiutavano il cristianesimo e consideravano la società russa arretrata e oppressiva e<br />

dunque auspicavano un cambiamento rivoluzionario. La corrente influenzò Sof’ja<br />

Kovalevskaja come si vede anche dal suo libro “Una ragazza nichilista”.<br />

Il periodo tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo fu una fase <strong>di</strong> crisi e <strong>di</strong> riforme<br />

per la Russia.<br />

Per quello che riguarda l’agricoltura, vi era grande arretratezza rispetto ai paesi europei e<br />

il conta<strong>di</strong>ni vivevano in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> estrema povertà. Nell’industria, invece, vi era un<br />

<strong>di</strong>screto sviluppo con la nascita delle industrie tessili, meccaniche e metallurgiche nelle<br />

principali città <strong>di</strong> Mosca e Pietroburgo.<br />

Aumenta infatti la produzione <strong>di</strong> carbone, si sviluppa la rete ferroviaria e nel mercato<br />

estero vengono imposte alcune tariffe doganali che permettono l’accumulo <strong>di</strong> ingenti<br />

somme <strong>di</strong> denaro. Lo sviluppo industriale inoltre porta alla formazione del proletariato<br />

urbano che <strong>di</strong> lì a poco inizierà ad organizzarsi nei partiti politici, futuri protagonisti delle<br />

rivoluzioni del 1905 e 1917.<br />

Nel 1891 una grave carestia <strong>di</strong>strugge il già precario equilibrio economico raggiunto in<br />

quegli anni dalla Russia. Così, come reazione alla nuova crisi, il regime zarista fu costretto<br />

ad accettare il programma <strong>di</strong> riforme economiche del ministro delle finanze Serge Witte:<br />

dare prestiti all’estero, mantenere alte le imposte, accelerare lo sviluppo delle industrie<br />

pesanti, realizzare la ferrovia transiberiana (da Mosca a Vla<strong>di</strong>vstock). Tale politica<br />

economica portò a delle conseguenze positive poiché la produzione industriale ebbe una<br />

netta crescita, ma anche conseguenze negative nel bilancio statale e nell’agricoltura,<br />

aumentò l’importazione a <strong>di</strong>scapito dell’esportazione<br />

In quella seconda metà del XIX secolo in cui sempre più donne mostravano la loro<br />

passione per le scienze, gli stessi scienziati si affannavano ad affermare che ogni legame<br />

tra femminilità e cervello, essendo contro natura, non solo sarebbe stato causa della<br />

rovina delle donne, ma avrebbe anche portato alla “fine dell'umanità“.<br />

281


Biografia<br />

Sofia Vasilyevna Kovalevskaja nasce il 15 Gennaio 1850 a Mosca e muore il 10 Febbraio<br />

1891 a Stoccolma, figlia <strong>di</strong> mezzo <strong>di</strong> Vasily Korvin-Krukovsky, un generale <strong>di</strong> artiglieria, e<br />

Velizaveta Shubert, membri della nobiltà russa.<br />

Visse prima a Palabino, dove la sua istruzione venne seguita da precettori, dal momento<br />

che era in uso tra gli aristocratici far stu<strong>di</strong>are i propri figli in casa. In seguito si trasferì a<br />

San Pietroburgo dove frequentava gli stessi circoli <strong>di</strong> Dostoevsky, personaggio che<br />

esercitò sulla giovane Sof’ja una certa influenza.<br />

Il suo primo approccio alla matematica avvenne all’età <strong>di</strong> soli 6 anni, attraverso i racconti<br />

dello zio Krukovsky, considerato uno tra i più gran<strong>di</strong> astronomi russi, dal quale fu<br />

letteralmente affascinata.<br />

Inoltre come narra la stessa Sofia in un simpatico aneddoto del suo libro “Memorie<br />

d’Infanziia” , all’età <strong>di</strong> 11 anni le pareti della sua stanza vennero tappezzate con le pagine<br />

<strong>di</strong> un libro del matematico ucraino Ostogradski:<br />

“Passavo ore <strong>di</strong> fronte a quella parete. Non riuscivo naturalmente a trovare il significato <strong>di</strong><br />

quelle frasi, ma esse agivano sulla mia immaginazione portandomi a una venerazione per<br />

la matematica che vedevo come una scienza misteriosa ed esaltante che apriva ai suoi<br />

adepti un nuovo mondo <strong>di</strong> meraviglie, inaccessibile ai comuni mortali”.<br />

Ella notò che alcune cose scritte sui fogli le aveva già sentite dallo zio. Fu sorprendente<br />

come una bambina così piccola riuscì a decifrare la strana carta da parati, la prima<br />

introduzione all'analisi matematica che ebbe. Iniziò così a de<strong>di</strong>carsi allo stu<strong>di</strong>o della<br />

materia grazie in particolare al precettore Malevich.<br />

“Cominciai a provare un'attrazione così intensa verso la matematica che cominciai a<br />

trascurare gli altri stu<strong>di</strong>”.<br />

il padre <strong>di</strong> Sofia decise però <strong>di</strong> interrompere le sue lezioni <strong>di</strong> matematica e così Sofia si<br />

procurò una copia dell'Algebra <strong>di</strong> Bourdeu e la lesse la notte quando tutti gli altri<br />

dormivano.<br />

Un anno più tar<strong>di</strong>, un vicino, il Prof. Tyrtov, le fornì un libro <strong>di</strong> fisica che aveva scritto e<br />

Sofia tentò <strong>di</strong> leggerlo. Non riusciva a capire le formule <strong>di</strong> trigonometria e provò da sola a<br />

ricostruirle. Tyrtov si accorse che nel lavoro che Sofia fece ragionando sulla funzione seno<br />

aveva usato lo stesso metodo che era stato impiegato nella storia della matematica (un<br />

grande matematico quasi sempre comincia <strong>di</strong>mostrando da solo cose che altri hanno già<br />

<strong>di</strong>mostrato).<br />

Tyrtov cercò <strong>di</strong> convincere il padre <strong>di</strong> Sofia, che la ragazza doveva essere incoraggiata a<br />

stu<strong>di</strong>are matematica; ma questi, non sod<strong>di</strong>sfatto della vocazione scientifica della figlia,<br />

oppose un secco rifiuto alla richiesta <strong>di</strong> Sofia <strong>di</strong> potersi recare in Germania per completere<br />

la sua preparazione.<br />

L’unico modo per sottrarsi all’autorità paterna era quello <strong>di</strong> sposarsi, infatti in Russia le<br />

donne non potevano vivere fuori dalle loro famiglie senza il consenso del padre o del<br />

marito. Così Sofja all’età <strong>di</strong> 18 anni, grazie a un matrimonio <strong>di</strong> convenienza con Vla<strong>di</strong>mir<br />

Kovalevski, un giovane paleontologo, riuscì ad abbandonare la Russia e ad andare<br />

all’estero per seguire i suoi stu<strong>di</strong>. Questo matrimonio causò una serie <strong>di</strong> problemi a Sofia:<br />

282


depressione, esasperazione e tensione si alternarono per 15 anni e la sua concentrazione<br />

fu interrotta da frequenti litigi e incomprensioni col marito.<br />

Nel 1869 Sofia andò ad Heidelberg per stu<strong>di</strong>are Matematica e Scienze Naturali, ma scoprì<br />

che le donne non potevano iscriversi all'università. Riuscì comunque a convincere le<br />

autorità accademiche a farle seguire le lezioni in modo non ufficiale col vincolo <strong>di</strong><br />

procurarsi <strong>di</strong> volta in volta il nulla-osta da parte dei docenti.<br />

Sofia stu<strong>di</strong>ò per 3 semestri e attrasse l'attenzione dei suoi insegnanti per la sua non<br />

comune abilità matematica.<br />

Nel 1871 Kovalevskaya si spostò a Berlino per stu<strong>di</strong>are con Weierstrass.<br />

Nonostante gli sforzi <strong>di</strong> Weierstrass e dei suoi colleghi, il senato accademico le impedì <strong>di</strong><br />

seguire i corsi all'università. Per ironia della sorte fu però forse meglio perché per 4 anni lo<br />

stesso Weierstrass, che non era insensibile al suo fascino, le <strong>di</strong>ede lezioni private.<br />

Nella primavera del 1874 Kovalevskaya scrisse tre lavori e Weierstrass reputò che ciascun<br />

<strong>di</strong> questi era idoneo per conseguire un dottorato, che ottenne ``in absentia'', cioè senza<br />

sostenere una prova orale, in quanto era indecoroso che una donna si presentasse <strong>di</strong><br />

persona all’esame.<br />

Nonostante il dottorato e le molte lettere <strong>di</strong> raccomandazione da parte <strong>di</strong> Weierstrass,<br />

però Sofia Kovalevskaya non ottenne un posto accademico, essenzialmente per il fatto <strong>di</strong><br />

essere donna. Per 6 anni non fece più ricerca e non rispose neanche più alle lettere <strong>di</strong><br />

Weierstrass. Il massimo che le fu offerto fu <strong>di</strong> insegnare aritmetica alle classi elementari<br />

delle scuole femminili, e lei <strong>di</strong>chiarò:<br />

“Sfortunatamente ero molto debole nelle tabelline”<br />

Nel 1878, Kovalevskaya ebbe una figlia, ma dal 1880 cominciò a ritornare allo stu<strong>di</strong>o della<br />

matematica. Nel 1882 cominciò a lavorare sul problema della rifrazione della luce in un<br />

mezzo cristallino.<br />

Nella primavera del 1883 Vla<strong>di</strong>mir, dal quale Sofia era stata separata per due anni, si<br />

suicidò. Dopo lo shock iniziale, Kovalevskaya si immerse nella matematica per <strong>di</strong>menticare<br />

i suoi sensi <strong>di</strong> colpa:<br />

" Nei momenti più tristi mi aggrappo alla matematica, è bello poter pensare che esista un<br />

mondo del tutto separato dal nostro "io" e sento la necessità <strong>di</strong> pensare ad argomenti<br />

in<strong>di</strong>pendenti da qualsiasi implicazione in<strong>di</strong>viduale".<br />

Solo nel 1888, grazie all'intervento <strong>di</strong> Mittag - <strong>Le</strong>ffler, uno dei migliori allievi <strong>di</strong> Weiestrass,<br />

riuscì ad ottenere, con un celebre lavoro sulla rotazione <strong>di</strong> un corpo solido intorno a un<br />

punto fisso, il premio Bor<strong>di</strong>n, un prestigioso riconoscimento dell'Accademia delle Scienze <strong>di</strong><br />

Francia, che le permise <strong>di</strong> conseguire la cattedra <strong>di</strong> Analisi Superiore dell'Università <strong>di</strong><br />

Stoccolma.<br />

“Una femmina professore <strong>di</strong> matematica è un fenomeno pernicioso e sgradevole persino,<br />

si potrebbe <strong>di</strong>re una mostruosità: e il fatto che sia stata invitata in un paese dove ci sono<br />

così tanti maschi matematici <strong>di</strong> gran lunga superiori può essere spiegato soltanto con la<br />

galanteria degli svedesi verso il sesso femminile.”<br />

Cosi scrisse August Strindberg, non più misogino <strong>di</strong> altri, accogliendo una giovane Sofia<br />

Kovaleskaja al suo arrivo all'Università <strong>di</strong> Stoccolma.<br />

283


Ora che era giunta all’apice della sua carriera, la salute <strong>di</strong> Sofia incominciò ben presto a<br />

peggiorare, le complicazioni <strong>di</strong> una banale influenza trascurata, le furono fatali e Sof'ja<br />

Kowalewskaya morì, il 10 febbraio 1891, all'età <strong>di</strong> quarantun anni.<br />

Opere<br />

I suoi lavori la collocano tra i gran<strong>di</strong> matematici del secolo scorso.<br />

Il lettore non matematico faticherebbe non poco nel cercare <strong>di</strong> capire il significato dei suoi<br />

lavori scientifici e sicuramente apprezzerebbe maggiormente il suo lavoro <strong>di</strong> scrittrice al<br />

quale si de<strong>di</strong>cò con altrettanta passione. I titoli <strong>di</strong> alcune delle sue opere sono in<strong>di</strong>cativi dei<br />

suoi interessi: Il lettore universitario, Il nichilista, La donna nichilista.<br />

In collaborazione con una sua cara amica e biografa, la sorella <strong>di</strong> Mittag <strong>Le</strong>ffler, Anne<br />

Charlotte, moglie <strong>di</strong> un nobile napoletano con la passione per la matematica, il Duca <strong>di</strong><br />

Cajanello, scrisse anche un dramma, La lotta per la felicità', che ebbe all'epoca un <strong>di</strong>screto<br />

successo.<br />

Un' opera almeno, i suoi autobiografici Ricor<strong>di</strong> d'infanzia, che non ci risulta sia mai stata<br />

tradotta in italiano, meriterebbe miglior fortuna. Si tratta <strong>di</strong> un vivace e realistico quadro<br />

della vita in una <strong>di</strong>mora <strong>di</strong> campagna, nella Russia dell'Ottocento. E' molto bella la<br />

descrizione del suo amore <strong>di</strong> tre<strong>di</strong>cenne per il grande Dostoevskij, amico <strong>di</strong> famiglia e il<br />

racconto attento e minuzioso dei <strong>di</strong>fficili rapporti fra padroni e servitù.<br />

La sua descrizione <strong>di</strong> un delitto, la zia massacrata dai servi, esasperati dalla sua tirannia, o<br />

il ricordo <strong>di</strong> una giovane cameriera ingiustamente frustata e licenziata per un furto che in<br />

realtà non aveva commesso ricordano proprio certe pagine <strong>di</strong> Dostoevskij .<br />

A una amica che si sorprendeva nel constatare quanto fosse brava sia come scrittrice che<br />

matematica, rispose:<br />

" Chi non ha mai avuto occasione <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>re la conoscenza della matematica, la<br />

confonde con l'aritmetica e la considera un'arida scienza. In realtà è una scienza che<br />

richiede molta immaginazione. Uno dei più gran<strong>di</strong> matematici del nostro secolo osserva<br />

giustamente che è impossibile essere matematico senza avere l'animo del poeta. E'<br />

necessario rinunciare all'antico pregiu<strong>di</strong>zio secondo il quale il poeta deve inventare<br />

qualcosa che non esiste, che immaginazione e invenzione sono la stessa cosa. A me pare<br />

che il poeta deve soltanto percepire qualcosa che gli altri non percepiscono, vedere più<br />

lontano degli altri. E il matematico deve fare la stessa cosa".<br />

Rotazione <strong>di</strong> un corpo solido intorno ad un punto fisso<br />

Un corpo rigido, è un corpo che non si deforma, qualunque sia intensità della forze<br />

applicate. Questi naturalmente sono oggetti ideali in quanto qualunque corpo reale se non<br />

libero <strong>di</strong> muoversi si deforma quando è sollecitato da una forza. I corpi rigi<strong>di</strong><br />

rappresentano quin<strong>di</strong> un modello, una schematizzazione semplificata dello stu<strong>di</strong>o dei corpi<br />

reali. Gli unici possibili movimenti <strong>di</strong> un corpo rigido sono:<br />

- moto traslatorio: si ha quando tutti i punti del corpo si muovono, in ogni istante, con la<br />

stessa velocità, descrivendo traiettorie parallele;<br />

- moto rotatorio: in questo caso tutti i punti scrivono traiettorie circolari con centri<br />

appartenenti alla stessa retta, chiamata asse <strong>di</strong> rotazione;<br />

284


- moto rototraslatorio: l’asse intorno al quale avviene la rotazione non rimane fisso al<br />

passare del tempo.<br />

Nelle traslazioni e nelle rotazioni, la <strong>di</strong>stanza tra due punti qualsiasi del corpo rimane<br />

costante e <strong>di</strong> conseguenza il corpo non subisce deformazioni.<br />

Una forza applicata a un corpo rigido produce <strong>di</strong>versi moti a seconda del punto in cui è<br />

applicata. L’effetto <strong>di</strong> una forza applicata a un corpo rigido <strong>di</strong>pende, dunque, oltre che<br />

dall’intensità , dalla <strong>di</strong>rezione e dal verso e dal punto <strong>di</strong> applicazione.<br />

Esistono corpi rigi<strong>di</strong> liberi <strong>di</strong> ruotare ma non <strong>di</strong> traslare, ad esempio una porta è libera solo<br />

<strong>di</strong> ruotare intorno all’asse passante per i car<strong>di</strong>ni, che rappresentano un vincolo che<br />

impe<strong>di</strong>sce alla porta <strong>di</strong> traslare, mantenendo fisso il suo asse <strong>di</strong> rotazione. Spingendo la<br />

porta in un punto lontano dai car<strong>di</strong>ni possiamo aprirla e chiuderla con facilità. Sarà più<br />

<strong>di</strong>fficile farla ruotare spingendo in un punto vicino all’asse <strong>di</strong> rotazione perché la grandezza<br />

fisica che causa la rotazione, il momento <strong>di</strong> una forza, <strong>di</strong>pende sia dalla forza F applicata,<br />

sia dalla <strong>di</strong>stanza b, detta braccio, dal centro <strong>di</strong> rotazione.<br />

Il momento M = F * b è dunque una grandezza vettoriale.<br />

Il modulo del momento <strong>di</strong> una forza è definito come il prodotto del modulo della forza per<br />

il braccio, la <strong>di</strong>rezione è perpen<strong>di</strong>colare al piano in<strong>di</strong>viduato dalla forza e dal braccio, il<br />

verso è <strong>di</strong>retto verso l’alto, quando la rotazione avviene in senso antiorario, <strong>di</strong>retto verso il<br />

basso quando la rotazione avviene in senso orario (ad esempio il cavatappi se svitato in<br />

senso antiorario si svita verso l’alto, se ruotato in senso orario, si avvita verso il basso).<br />

L’unità <strong>di</strong> misura del momento <strong>di</strong> una forza è N * m.<br />

285<br />

(in<strong>di</strong>ce)


Bibliografia<br />

N. Abbagnano G. Fornero, Protagonisti e Testi della Filosofia, Paravia.<br />

M. Alic, L’ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> <strong>Ipazia</strong> – Donne nella storia delle scienze dall’antichità<br />

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Cambridge University Press.<br />

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Settecento, Carlo Signorelli E<strong>di</strong>tore.<br />

S. Fabbri, M. Masini, Fisica 1, SEI.<br />

G. Lolli, La crisalide e la farfalla. Donne e matematica, Bollati Boringhieri.<br />

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S. Sesti L. Moro, Scienziate nel tempo- 65 biografie, Libera Università delle Donne.<br />

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Sitografia<br />

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http://www.atuttascuola.it/siti/fuse/con<strong>di</strong>zione_femminile_settecento.htm<br />

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http://www.homolaicus.com/teorici/ipazia/ipazia.htm<br />

http://www.italiadonna.it/public/percorsi/01052/0105272c.htm<br />

http://www.naturopatiaonline.eu/wordpress/?p=389<br />

http://www.phys.uniroma1.it<br />

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http://www2.polito.it/<strong>di</strong>dattica/polymath/htmlS/Interventi/Articoli/Germain.htm<br />

http://zaffiromagazine.blogspot.com/2008/11/ipazia-d-alessandria.html<br />

286


L’ARTE AL FEMMINILE<br />

La Donna artista<br />

Presentazione della ricerca multime<strong>di</strong>ale della classe V M<br />

Perché la storia dell’arte non annovera artiste donne della portata <strong>di</strong> Raffaello,<br />

Michelangelo, Picasso o Matisse?<br />

Linda Nochlin, una delle curatrici della mostra “Donne artiste”: 1550-1950, tenutasi a Los<br />

Angeles nel 1977, così rispose : “ Può essere spiacevole ammetterlo, ma non ci sono<br />

gran<strong>di</strong> donne artiste come non ci sono giocatori <strong>di</strong> tennis esquimesi o pianisti <strong>di</strong> Jazz<br />

lituani. Il problema della donna nell’arte rientra il più generale problema dell’eguaglianza”.<br />

In altre parole ciò non <strong>di</strong>pende dal fatto che le donne non abbiano i requisiti per la<br />

grandezza, ma dalle <strong>di</strong>namiche sociali che fino al XX secolo, hanno precluso loro sia la<br />

formazione sia un impegno davvero professionale nel campo artistico.<br />

Si pensi, per esempio, che alle donne che volessero apprendere il <strong>di</strong>segno anatomico non<br />

era consentito <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> un modello nudo, <strong>di</strong>versamente da quanto accadeva agli uomini.<br />

In un ritratto del 1772 in cui sono raffigurati gli artisti della Royal Academy <strong>di</strong> Londra<br />

davanti a due nu<strong>di</strong> maschili, figurano tutti i rappresentanti dell’istituzione a eccezione <strong>di</strong><br />

Angelika Kauffmann, che era la vice presidente. Il comune senso del pudore consentiva<br />

alle donne <strong>di</strong> posare nude, ma non <strong>di</strong> copiare corpi dal vero, neppure modelle femminili.<br />

A queste forme <strong>di</strong> tutela del ruolo domestico e parzialmente recluso della donna vennero<br />

date spiegazioni più o meno razionali: l’opinione corretta tra gli intellettuali, oltre che nelle<br />

fasce popolari, era che già dal punto <strong>di</strong> vista biologico fosse precluso alla donna il seme<br />

della genialità.<br />

Questa situazione non era molto cambiata agli inizi del XX secolo, se è vero che Alfred<br />

Stieglitz, nel presentare la mostra <strong>di</strong> Georgia O’ Keeffe, scrisse: “’<strong>Le</strong> donne sono solo in<br />

grado <strong>di</strong> creare figli’, <strong>di</strong>cono gli scienziati. Ma io affermo che sono anche capace <strong>di</strong> creare<br />

arte, e O’ Keeffe ne è la prova”.<br />

Al concetto che l’arte fosse affare <strong>di</strong> uomini, peraltro, si adattarono le donne stesse: molte<br />

<strong>di</strong> coloro che avevano scelto <strong>di</strong> essere comunque artiste assumevano atteggiamenti<br />

decisamente maschili, accettando implicitamente l’idea che la femminilità fosse in<br />

contrad<strong>di</strong>zione rispetto alla creatività. Era il tempo in cui la fotografa Claude Cahun non<br />

nascondeva, ma anzi accentuava la sua omosessualità <strong>di</strong>chiarata vestendosi ‘alla<br />

maschietta’, mentre la stilista Coco Chanel lanciò e impose alle donne un abito <strong>di</strong> taglio<br />

maschile.<br />

Poiché questa succinta panoramica analizza l’arte femminile del XX secolo, possiamo<br />

schematicamente <strong>di</strong>viderlo in due perio<strong>di</strong>: dall’inizio delle Avanguar<strong>di</strong>e storiche fino ai tar<strong>di</strong><br />

Anni Sessanta, e dagli Anni Sessanta al 2000.<br />

288<br />

Feliciana Menghini

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