Mithra. Un viaggio dall'Oriente a Roma - Bollettino di archeologia on ...

Clau<strong>di</strong>a Tavolieri, Paola Ciafardoni 

<strong>Mithra</strong>. <strong>Un</strong> <strong>viaggio</strong> dall’Oriente a <strong>Roma</strong>: l’esempio del Mitreo 

del Circo Massimo 

Nel mondo antico circolavano non solo le merci e gli uomini ma anche gli dèi. Il politeismo favoriva 

l’assimilazione <strong>di</strong> culti anche lontani, che noi oggi <strong>di</strong>remmo “esotici”; il culto <strong>di</strong> <strong>Mithra</strong>, <strong>di</strong> origine indoiranica, 

giunse in Occidente già me<strong>di</strong>ato dalla tra<strong>di</strong>zione achemenide dei Magi, che avevano riformato nel VII sec. 

a.C. l’antica religione <strong>di</strong> Zoroastro o Zarathustra (X–VI sec. a.C.). 

Tuttavia, già alla metà del XIV sec. a.C. nel trattato internazionale concluso tra il re ittita 

Shuppiluliuma I e il sovrano <strong>di</strong> Mitanni, Shattiwaza, nella lista <strong>di</strong> <strong>di</strong>vinità chiamate a testimoni del trattato, 

figurano déi appartenenti al mondo indo-ario, e tra questi Mitra; è probabile dunque che la <strong>di</strong>vinità facesse 

parte del pantheon hurrita, accanto ai vari déi 

della tempesta, del sole e della luna, in un 

amalgama <strong>di</strong> culti mesopotamici, siriani ed 

anatolici 1 . 

La sua <strong>di</strong>ffusione nel mondo greco e 

romano è attestata, in molti casi, da resti 

scultorei e monumentali spesso corredati da 

iscrizioni che ci informano sui legami con la 

<strong>di</strong>vinità persiana, sul suo culto e sulla qualità 

dei suoi fedeli. Non<strong>di</strong>meno una profonda <strong>di</strong>fferenza 

<strong>di</strong>stingue il <strong>Mithra</strong> delle culture orientali 

dal <strong>Mithra</strong> romano: in Oriente, nel mondo ellenico 

e fin nelle colonie fenice del Me<strong>di</strong>terraneo 

è una <strong>di</strong>vinità <strong>di</strong> spicco delle religioni po- 

liteistiche, a <strong>Roma</strong> <strong>di</strong>viene la manifestazione <strong>di</strong> 

un unico <strong>di</strong>o intorno al quale ruota un 

pantheon 2 . Tra i tanti mitrei romani, il mitreo del 

Fig. 1 – L’ambiente principale del mitreo con la lastra della tauroctonia 

(foto: Diego Ronchi). 

1 BIGA ET ALII 2008, 286–287, dove si ipotizza, sulla base dell’onomastica dei sovrani <strong>di</strong> Mitanni, che “un gruppo <strong>di</strong> indo-ari stabilitosi 

nell’area del Khabur abbia avuto un ruolo importante nella nascita e nello sviluppo del regno <strong>di</strong> Mitanni” e che il culto <strong>di</strong> <strong>di</strong>vinità indo-arie 

fosse celebrato dalla sola famiglia reale. <strong>Un</strong>’appropriata <strong>di</strong>stinzione fra ”culti orientali” e ”culti <strong>di</strong> origine orientale” e fra il processo <strong>di</strong> 

sincretismo e quello <strong>di</strong> se<strong>di</strong>mentazione si trova in XELLA 2007, 87. 

2 In generale sul mitraismo, vd. HINNELLS 1975; BIANCHI 1979; TURCAN 1981; MERKELBACH 1984; BURKERT 1989; TURCAN 1992; GIEBEL 

1993, 181–202, 220–222; LIZZI ET ALII 1993, 895–974; SFAMENI GASPARRO 1995, 95–97. Per gli aspetti propriamente iranici, Berar<strong>di</strong> 

1977. 

<strong>Bollettino</strong> <strong>di</strong> Archeologia on line I 2010/ Volume speciale D / D3 / 5 Reg. Tribunale <strong>Roma</strong> 05.08.2010 n. 330 ISSN 2039 - 0076 

www.<strong>archeologia</strong>.beniculturali.it/pages/pubblicazioni.html 

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C. Tavolieri, P. Ciafardoni – <strong>Mithra</strong>.<strong>Un</strong> <strong>viaggio</strong> dall’Oriente a <strong>Roma</strong>: l’esempio del Mitreo del Circo Massimo 

Circo Massimo (fig. 1) è quasi “unico” per 

ritrovamenti, posizione e planimetria, nascosto 

oggi alla vista da un soprastante palazzo, 

sede del magazzino <strong>di</strong> costumi e 

scene del Teatro dell’Opera <strong>di</strong> <strong>Roma</strong>. Rinvenuto 

negli anni ’30 durante i lavori <strong>di</strong> 

adattamento dell’ex pastificio Pantanella a 

magazzino del Reale Teatro dell’Opera, 

esso è “contenuto” entro un complesso architettonico 

dalle vicende e<strong>di</strong>lizie assai articolate 

3 . Era situato all’interno del Foro 

Boario (fig. 2), luogo deputato fin dall’età preurbana agli scambi commerciali, nonché caratterizzato dalla 

presenza <strong>di</strong> un antichissimo culto <strong>di</strong> Ercole, culto forse importato dagli stessi mercanti greci e testimoniato 

dalla presenza fra l’altro dell’Ara Maxima 4 . Nella perforazione eseguita nel 1931 per l’approfon<strong>di</strong>mento dei 

piloni che sostengono il fabbricato soprastante ci si imbatté nelle strutture più antiche dell’e<strong>di</strong>ficio romano 

dalle quali emersero un contesto ceramico costituito da alcuni fon<strong>di</strong> <strong>di</strong> vasi in terracotta chiara, verniciati 

internamente <strong>di</strong> nero con iscrizioni sul fondo che è stato subito interpretato con riferimento ad Hercules 

Invictus e Victor 5 , una serie <strong>di</strong> coppette votive, alcune con piede a tromba, quanto resta <strong>di</strong> un paio <strong>di</strong> fon<strong>di</strong> <strong>di</strong> 

vasi in terracotta verniciata con impressa nell’argilla la clava <strong>di</strong> Ercole e altri frammenti ceramici <strong>di</strong> vario tipo, 

fra i quali se ne segnala uno sul quale è riportato, nel centro, un profilo femminile 6 . La struttura era dunque 

testimonianza <strong>di</strong> una realtà pluristratificata materiale e cultuale che comprendeva, gli uni sopra gli altri, culti 

fra loro assai <strong>di</strong>versi e cronologicamente lontani, anche se entrambi provenienti da Oriente come appunto, 

Ercole e <strong>Mithra</strong>. A riguardo, non deve sfuggire, in questa “singolare” sovrapposizione, la <strong>di</strong>stanza che 

correva fra il culto ufficiale <strong>di</strong> Ercole e quello peregrino del <strong>Mithra</strong> iranico ellenizzato: essa si mantenne nella 

coscienza dei romani <strong>di</strong> ogni epoca ma la “funzionalità” del culto mitriaco nel contesto tardoantico, connotato 

da un sincretismo dal forte sapore orientale, consentì una vicinanza topografica anche in un luogo così 

importante per la vita religiosa dell’antica <strong>Roma</strong> 7 . 

La revisione <strong>di</strong> quel materiale fittile scoperto negli anni degli scavi, sarebbe assai utile per aprire una 

possibilità <strong>di</strong> confronto con materiali provenienti da altri depositi votivi coevi rinvenuti <strong>di</strong> recente a <strong>Roma</strong>. 

Dalle descrizioni fornite dal Pietrangeli nel suo articolo relativo al mitreo e dalle foto pubblicate, tuttavia, 

alcuni pezzi sembrano potersi ricondurre all’atelier des petites estampilles, ceramica a vernice nera prodotta 

nel Lazio o nella stessa <strong>Roma</strong>, caratterizzata appunto da uno o più timbri impressi, finemente lavorati, 

talvolta insieme ad iscrizioni destinate a de<strong>di</strong>care il vaso a <strong>di</strong>vinità del pantheon romano, Minerva, Vesta, 

Mercurio e lo stesso Ercole e ai piatti su alto piede riconducibili al Gruppo <strong>di</strong> Genucilia 8 . 

Questo materiale si colloca in età me<strong>di</strong>o-repubblicana (IV-III sec. a.C. il Gruppo <strong>di</strong> Genucilia; III sec. 

a.C. l’atelier des petites estampilles), e documenta la complessità e la varietà dei circuiti commerciali nei 

3 

COLINI 1931, 123–130; PIETRANGELI 1940, 3–33; LUGLI 1940, 157; LUGLI 1946, 606–609; RAMIERI 1996, 266–267. 

4 

COARELLI 1984, 61–77. 

5 

COARELLI 1984, 77–84. 

6 

PIETRANGELI 1940, 3–6. Confronti in MARCHETTI LONGHI 1936, 99–100. 

7 

A proposito della teologia solare del mitraismo nell’ambito del politeismo romano, vd. CHIRASSI COLOMBO 1979, 649–672. 

8 In generale sulle ceramiche a vernice rossa <strong>di</strong> produzione etrusca e falisco-ceretana (Gruppo <strong>di</strong> Genucilia) cf. il classico COARELLI 

1973, 45–46 e tavv. XXIV-XXVI; PIANU 1980, 119–123; CAVAGNARO VANONI ET ALII 1989; FERRANDES 2006, 9. Per quanto pertiene, 

invece, all’atelier des petites estampilles, collegato anche alla produzione <strong>di</strong> pocola deorum cf. MOREL 1969, 59–117; COARELLI 1973, 

46–47; CASTANYER, SANMARTÌ, TREMOLEDA 1993, 525–526; FERRANDES 2006, 10. Possibili confronti in GJERSTAD 1960, 149, fig. 99: 9– 

19; VAGNETTI 1971, LXX-LXXII; AA.VV. 1981, 186: D60. 



50 

Fig. 2 – Il Palatino visto dal Circo Massimo in una 

stampa (proprietà privata: Clau<strong>di</strong>a Tavolieri).

XVII International Congress of Classical Archaeology, <strong>Roma</strong> 22-26 Sept. 2008 

Session: Oriental Cults at Rome 

quali <strong>Roma</strong> era allora inserita 9 ; inoltre l’associazione <strong>di</strong> queste due classi in depositi votivi coevi è altrove 

attestata. 

E’ interessante notare come, negli scavi della Meta Sudans, quin<strong>di</strong> assai vicino ad un altro vertice 

del pomerium, questa associazione ora descritta si ripeta 10 . 

Fig. 3 – Ricostruzione della prima fase della struttura, relativa alla metà del I sec. d.C. (<strong>di</strong>segno: Diego Ronchi). 

Tuttavia, se non è stato possibile procedere ad un riesame del materiale fittile, si è potuto invece 

riconsiderare l’e<strong>di</strong>ficio entro il quale è “contenuto” il mitreo del Circo Massimo; il nuovo rilievo ha portato ad 

alcune brevi considerazioni. 

La prima fase della struttura, risalente con ogni probabilità alla metà del I sec. d.C., è composta <strong>di</strong> 

quattro ambienti paralleli, pavimentati in opera spicata, simili quanto a misure 11 (fig. 3), che si sviluppano, 

separati da setti <strong>di</strong> laterizio, in <strong>di</strong>rezione SE–NW. Le strutture, sebbene tagliate a SE dalla fase successiva e 

poi ancora a NW e NE dai muri <strong>di</strong> fondazione dell’ex pastificio Pantanella, presentano una leggibilità sia 

funzionale che strutturale, sufficiente ad una interpretazione. Si nota innanzitutto che l’unico lato che 

conserva i suoi limiti originari è quello SW, e considerata la sua posizione e la presenza <strong>di</strong> un pilastro si può 

ipotizzare che in quella prima fase questo fosse l’accesso che immetteva <strong>di</strong>rettamente nel corridoio che 

bipartiva gli ambienti in modo ineguale, attraversando longitu<strong>di</strong>nalmente l’intera struttura e conducendo, 

verosimilmente ad un altro accesso, lungo il lato NE, speculare all’unico superstite. Ancora, gli ambienti così 

articolati in due metà ineguali da questo corridoio, erano con ogni probabilità coperti da capriate lignee 12 , 

9 FERRANDES 2006, 9. 

10 Si tratta <strong>di</strong> un deposito votivo rinvenuto in giacitura secondaria negli interri neroniani della valle del Colosseo e nella fossa <strong>di</strong> 

fondazione dell’Arco <strong>di</strong> Costantino, relativo ad un culto delle pen<strong>di</strong>ci nord-orientali del Palatino, caratterizzato da materiali abbondanti e 

tipologicamente vari, molto ben conservati, ZEGGIO 1996, 95–113. 

11 La loro larghezza (SE–NW) è <strong>di</strong> ca. m 3,30 con la sola eccezione dell’ambiente b largo ca. m 2,80. 

12 I setti murari, infatti, <strong>di</strong> spess. ca. m 0,88 e lo stesso muro <strong>di</strong> fondo, m 1,10, con il pilastro, <strong>di</strong> spess. ca. m 1,38, non sarebbero risultati 

sufficienti a contenere le spinte <strong>di</strong> una volta. 



51


1 

Fig. 4 – Ricostruzione della seconda fase della struttura, relativa alla fine del I sec. d.C. (<strong>di</strong>segno: Diego Ronchi). 

mentre solo in un secondo momento sarebbero state realizzate volte <strong>di</strong> copertura, quando i setti murari, 

raddoppiati, raggiunsero lo spessore necessario a contenere le spinte <strong>di</strong> una volta. Quanto all’interpretazione 

<strong>di</strong> quest’area, se da un lato si potrebbe pensare ad un sistema <strong>di</strong> horrea legati al Foro Boario, 

confermato in qualche modo dalla postuma occupazione <strong>di</strong> granai nella zona 13 , dall’altra invece sembra più 

semplice e convincente l’ipotesi <strong>di</strong> un luogo a<strong>di</strong>bito a stabula 14 gravitanti tra il Foro Boario e il Circo Massimo 

ipotesi che, con le dovute <strong>di</strong>fferenze, ci consente un confronto con un altro mitreo romano (mitreo sotto S. 

Lorenzo in Damaso) 15 . Anche simili strutture rinascimentali, solitamente tripartite, o moderne dove sono 

presenti due ambienti, l’uno più piccolo dell’altro, separati da un corridoio, si confrontano con tale ipotesi. 

La seconda fase e<strong>di</strong>lizia, risalente con ogni probabilità alla fine del I sec. d.C. 16 , vede una rivoluzione 

nell’uso dell’area, quasi una premessa al suo futuro aspetto <strong>di</strong> “grotta” (fig. 4). I setti murari a SE della 

precedente struttura vengono tagliati nella loro porzione sud, taglio funzionale alla creazione <strong>di</strong> una scalinata 

(fig. 5), e contemporaneamente si realizzano i 4 setti, paralleli a quanto rimaneva <strong>di</strong> quelli a SE del corridoio, 

sufficientemente robusti per sostenere le volte e un secondo piano, <strong>di</strong> cui si conservano evidenti tracce. 

Resa <strong>di</strong> fatto inutilizzabile la parte sud del complesso, si realizzò un nuovo ingresso dal lato che affacciava 

13 Si tratta dei fienili <strong>di</strong> Bruto della Valle, LANCIANI 1902, 122 ove sorse nel 1543, “il granaro <strong>di</strong> messer Ottavio Gracchi”, NOLLI 1748, 

durante la cui costruzione fu rinvenuta, secondo il Ligorio “la statua <strong>di</strong> bronzo dorato che è in Campidoglio e alcune iscrizioni de<strong>di</strong>cate 

ad Ercole”, Cod. Tor., XV, 114; Cod. Vat. Ottob. 3374, 189; LANCIANI 1907-1908, 41; PIETRANGELI 1940, 22. In generale sui granai <strong>di</strong> 

epoca romana, RICKMAN 1971. 

14 Naturalmente si tratterebbe <strong>di</strong> stabula riservati al ricovero <strong>di</strong> ovini, bovini, pollame o cavalli da tiro, Virg., Georg. III, 295; Aen. X, 723; 

Columell., VI, 23; Virg., Georg. III, 184, che non devono essere interpretati come una struttura collegata all’attività circense, poiché 

sappiamo che gli stabula factionum destinati ad accogliere le factiones che si sfidavano nel Circo, si trovavano tutti nella zona del 

Campo Marzio. 

15 Sul mitreo sotto S. Lorenzo in Damaso, vd. CALZINI GYSENS 1996, 266. Sul legame <strong>di</strong> quest’ultimo con la factio Prasina, sita appunto 

nella zona del Campo Marzio, COARELLI 1999, 339-340. 

16 Diversamente Pietrangeli che lo data <strong>di</strong>rettamente al II sec. d.C., PIETRANGELI 1940, 6–13. 



52

Fig. 5 – Scalinata situata nella zona SE 

della struttura (foto: Diego Ronchi). 



sulla via ad duodecim portas 17 , 

protetto da un piccolo ambiente ricavato 

dal taglio dei setti della fase 

precedente. 

Fin da questo momento 

dunque è ipotizzabile che quasi 

nulla rimanesse della funzione originaria 

dell’e<strong>di</strong>ficio che, nel sistema 

<strong>di</strong> sostruzione ad una terrazza 

prospiciente il Circo Massimo 18 , 

con ogni probabilità <strong>di</strong>venne funzionale 

alle necessità <strong>di</strong> quella 

grande macchina per spettacoli 

che fu il Circo stesso. E forse <strong>di</strong>vertirebbe 

pensare ad una funzione <strong>di</strong> immagazzinamento per attrezzi <strong>di</strong> scena, magari non troppo <strong>di</strong>ssimile 

da quella svolta attualmente dal magazzino del Teatro dell’Opera. 

E’ solo tra la fine del III e gli inizi del IV sec. d.C. (figg. 6 e 7), datazione ancorata all’utilizzo <strong>di</strong> alcuni 

bolli laterizi presenti sui bipedali adoperati per la pavimentazione 19 , consistenti in 18 mattoni triangolari <strong>di</strong> cm 

19,7 x 19,7 x 27,8, che il mitreo si installò nell’e<strong>di</strong>ficio, occupandone la zona ovest, che probabilmente non 

era più stata utilizzata, con interventi strutturali del resto assai limitati. Caratterizzarono invece il 

riadattamento ad e<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> culto numerosi e preziosi rivestimenti marmorei, tutti <strong>di</strong> reimpiego, che 

mascherarono le strutture murarie con un materiale nobile e decorativo; essi sono ancora in parte visibili 

nella nicchia dell’e<strong>di</strong>cola, nei po<strong>di</strong> e in ampie zone del pavimento. Il grande tondo marmoreo (fig. 8) collocato 

nell’ambiente principale del santuario è <strong>di</strong> alabastro fiorito, le cui cave, utilizzate fin dall’età pre<strong>di</strong>nastica e poi 

sfruttate più intensamente sotto il regno dei Tolomei, si trovavano lungo la valle del Nilo e nella zona del 

Gebel Oust (attuale Tunisia), da dove vennero introdotte a <strong>Roma</strong> a partire dal I sec. a.C. 20 . 

Ancora, tra i marmi che impreziosiscono i pavimenti e parti dei po<strong>di</strong> e della muratura del mitreo sono 

riconoscibili: 

- la breccia corallina, in varie tonalità <strong>di</strong> rosso, ricca <strong>di</strong> clasti bianchi, rosati e giallognoli, anch’essa <strong>di</strong> 

provenienza orientale, dall’Asia Minore e dalla Bitinia; <strong>di</strong> essa i romani fecero largo uso in età <strong>di</strong>oclezianea e 

costantiniana soprattutto per colonne e bacini 21 ; 

- il cipollino, marmo <strong>di</strong> colore verde chiaro con bande e vene <strong>di</strong> verde più scuro, le cui cave si 

estendevano lungo le coste sud-occidentali della Karystia, nell’Eubea meri<strong>di</strong>onale. Questo tipo <strong>di</strong> marmo, già 

utilizzato dai greci, fu uno dei primi marmi pregiati importato a <strong>Roma</strong> fin dall’età <strong>di</strong> Cesare e continuò ad 

essere estratto anche durante il periodo bizantino 22 ; 

- il bigio, <strong>di</strong> un generico colore grigio, talvolta scisso in macchie, liste e onde nere e bianche. Di questo 

marmo, definito genericamente in base al colore, c’era grande abbondanza in molte isole dell’Asia Minore, 

quali Ro<strong>di</strong>, Cos, Lesbo, Mileto, e la sua importazione a <strong>Roma</strong> risale all’età Flavia 23 . 

17 Di <strong>di</strong>fficile interpretazione Plin., N. H. III, 66; CIANCIO ROSSETTO 1995, 219. 

18 Sul Grande Circo, CIANCIO ROSSETTO 1993, 272–277. 

19 BLOCH 1936, 165; PIETRANGELI 1940, 21. 

20 DEL BUFALO 2000, 141; GNOLI 1971, tav.1. 

21 GNOLI 1971, 204–206. 

22 DEL BUFALO 2000, 139. 

23 GNOLI 1971, 152–153. 



53


Se ci soffermiamo poi sulla “natura” del santuario, esso può essere considerato il punto <strong>di</strong> arrivo <strong>di</strong> 

un’interessante topografia dei culti, quasi l’acme <strong>di</strong> una stratificazione <strong>di</strong>vina <strong>di</strong> matrice antica e dal carattere 

inequivocabilmente sincretistico. Partendo infatti da una breve analisi del luogo, sia pur parziale in ragione 

dell’assenza <strong>di</strong> ulteriori indagini archeologiche i cui risultati molto ci <strong>di</strong>rebbero sulla vali<strong>di</strong>tà o meno delle 

nostre ipotesi, poniamo l’attenzione, al <strong>di</strong> là dell’identificazione monumentale non sempre accertabile, sulla va- 

Fig. 6 – Ricostruzione della terza fase e<strong>di</strong>lizia della struttura relativa al III-IV sec. d.C. 

(<strong>di</strong>segno: Diego Ronchi). 

Fig. 7 – Pianta del Mitreo nella sua utilizzazione definitiva 

(<strong>di</strong>segno: Diego Ronchi). 



54

Fig. 8 – Tondo marmoreo e altri marmi 

situati nell’ambiente principale del santuario 

(foto: Diego Ronchi). 



rietà delle sacre presenze ivi concentrate; 

sacre presenze, come è 

stato detto, tutte ragguardevoli 

(Ercole e <strong>Mithra</strong>). Non<strong>di</strong>meno un 

simile sguardo si dovrà avvalere dei 

dati materiali <strong>di</strong>sponibili, seppure, in 

qualche caso, non revisionabili. 

Sappiamo innanzitutto, che 

la topografia <strong>di</strong> questa porzione del 

foro Boario è stata accuratamente 

stu<strong>di</strong>ata dal Coarelli, <strong>di</strong> cui accogliamo 

in parte le conclusioni sull’ubicazione 

dell’area sacra de<strong>di</strong>cata 

ad Ercole, frutto <strong>di</strong> una puntuale 

<strong>di</strong>samina <strong>di</strong> fonti letterarie, antiquarie 

ed epigrafiche, riassumibile nel ‘gruppo’ Ara Maxima - tempio <strong>di</strong> Hercules Invictus Pompeianus 24 . 

Tuttavia se per l’identificazione dell’Ara Maxima è con<strong>di</strong>visibile la sua collocazione fra i carceres del Circo 

Massimo e il Tevere, alle estreme pen<strong>di</strong>ci dell’Aventino, quin<strong>di</strong> all’interno del pomerium che in questa zona 

passa fra la facciata <strong>di</strong> S. Maria in Cosme<strong>di</strong>n e la fontana antistante, in sostanziale accordo con le fonti 

letterarie che, complessivamente, tendono a ricondurre in questo luogo la leggenda che oppone Ercole a 

Caco e costituisce l’aition mitico del monumento 25 , perlomeno qualche dubbio suscita il supposto 

posizionamento del tempio, presentato come prossimo all’Ara stessa 26 . Senza voler smentire del tutto tale 

ricostruzione, che rimane valida nelle sue linee generali, vale la pena, in tal senso, riprendere alcune 

osservazioni del Pietrangeli, relative 

allo scavo che portò alla luce il nostro 

mitreo. Nella sua pubblicazione egli 

in<strong>di</strong>ca la presenza <strong>di</strong> “avanzi <strong>di</strong> tufo e 

pietra nera” da lui interpretati come 

platea posti alla sinistra <strong>di</strong> un settore 

<strong>di</strong> cloaca (fig. 9), mentre al livello 

“evidentemente superiore” viene menzionata 

la raccolta del sopracitato contesto 

costituito dai 48 fon<strong>di</strong> <strong>di</strong> vasi in 

terracotta con relative abbreviazioni 

legate al culto <strong>di</strong> Ercole, chiaramente 

provenienti da stipe votiva 27 . 

24 Vitr., III 3, 5; Plin., N.H. XXXIV, 57; COARELLI 1984, 61–84. 

25 Liv., I 7, 10-11; IX 29, 9; Dionys., I 40, 6; Fest., 237; Serv., Ad Aen. VIII 269–271. 

26 Serv., Ad Aen. VIII 179 e VIII 271 dove è evidente che la fonte <strong>di</strong> Servio aveva ben chiara la <strong>di</strong>stinzione fra l’originaria Ara Maxima e il 

tempio aggiunto in seguito nei pressi <strong>di</strong> questa. 

27 PIETRANGELI 1940, 3–4. Su questa tipologia, cf. COARELLI 1973, 49. 



55 

Fig. 9 – Ricostruzione <strong>di</strong> una porzione del 

foro Boario con “avanzi <strong>di</strong> tufo e pietra nera” 

(da PIETRANGELI 1940, 23, fig. 12).


Ora l’in<strong>di</strong>cazione della platea, desunta dal Pietrangeli dagli appunti fornitigli dal dott. Gatti presente al 

momento del rinvenimento 28 , realizzata in tufo, può essere confrontata con l’altra informazione offerta dal 

Coarelli, circa la scoperta effettuata in seguito ad uno scavo eseguito nel 1911, <strong>di</strong> alcuni blocchi in tufo “a 

pochi metri dall’angolo tra via della Greca e via del Circo Massimo”, per tale ragione “troppo lontani dal po<strong>di</strong>o 

sottostante a S. Maria in Cosme<strong>di</strong>n per poterne far parte”, che interpreta come po<strong>di</strong>o o platea <strong>di</strong> un tempio 29 ; 

né è trascurabile che l’autore ne sottolinei, a <strong>di</strong>spetto della <strong>di</strong>stanza, l’identico orientamento 30 . A questo 

punto, anche con il supporto della vicinanza <strong>di</strong> un resto fognario, certo per almeno uno dei due casi e 

identificato come un tratto legato al grande collettore della valle Murcia 31 , non ci sembra impossibile che i 

due rinvenimenti <strong>di</strong> blocchi in tufo appena ricordati, in<strong>di</strong>pendenti fra loro come scoperte archeologiche, 

possano essere interpretati insieme come due tratti <strong>di</strong> una crepi<strong>di</strong>ne in tufo, comune in età alto e me<strong>di</strong>orepubblicana, 

ovvero come frammenti della via ad duodecim portas 32 e comunque riconducibili all’area sacra 

de<strong>di</strong>cata ad Ercole 33 . 

In aggiunta a ciò i contesti ceramici con impresse le abbreviazioni H/HV/HVI, ritrovati in seguito 

all’avvenuto approfon<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> uno dei tre piloni <strong>di</strong> cemento visibili nel mitreo, potrebbero provenire da una 

stipe votiva, anch’essa situata nelle fondazioni dell’e<strong>di</strong>ficio e all’interno dell’area de<strong>di</strong>cata ad Ercole Invitto 34 . 

Pertanto, anche se non ci aiuta ad in<strong>di</strong>viduare l’esatta posizione del Tempio <strong>di</strong> Hercules Invictus, possibile 

solamente in seguito ad uno scavo, tale ricostruzione ci obbliga a riconsiderare lo spazio in oggetto come 

compreso nell’area sacra de<strong>di</strong>cata ad Ercole; né ostacola questa ricostruzione la testimonianza delle fonti 

letterarie che concordano nel ricordare la vicinanza – non quantificata – dei due <strong>di</strong>stinti monumenti, l’Ara 

Maxima e il tempio <strong>di</strong> Hercules Invictus, presupponendoli tuttavia insieme all’interno <strong>di</strong> una specifica area 

sacra 35 . Inoltre, questo repertorio archeologico, ben si lega con la massiccia opera <strong>di</strong> monumentalizzazione 

attuata nella zona nel corso dell’età me<strong>di</strong>orepubblicana quando importanti mo<strong>di</strong>fiche investirono l’antico culto 

<strong>di</strong> Ercole, a cominciare proprio dall’introduzione degli epiteti Invictus e, più recentemente, Victor, tesi a 

suffragare le gesta <strong>di</strong> una nobilitas impegnata ad acquisire e fare proprie alcune caratteristiche pregnanti 

della cultura ellenistica 36 : sono anni questi in cui a <strong>Roma</strong> la politica <strong>di</strong> stampo personalistico propaga la sua 

ideologia fissandola anche attraverso l’uso <strong>di</strong> un lessico specifico. 

L’antichissimo Ercole dei mercanti, variamente interpretato dai greci e dai fenici come Melqart, 

qualche volta associato a Ba’- al Sur 37 , o come Heracle <strong>di</strong> Tiro 38 , protettore per antonomasia dei mercanti 

della città e invocato durante la stipula dei contratti, soggetto ad una lunghissima tra<strong>di</strong>zione sincretistica, 

evidente in una varietà non trascurabile <strong>di</strong> testi antichi che vede il suo apogeo proprio nella descrizione tarda 

fornita da Nonno <strong>di</strong> Panopoli nelle Dionisiache (metà del V sec. d.C.), dove <strong>di</strong>venuto Astrochiton (rivestito <strong>di</strong> 

stelle), con i connotati <strong>di</strong> una <strong>di</strong>vinità solare assume le sembianze <strong>di</strong> un’impressionante quantità <strong>di</strong> dèi, viene 

dunque, al principio dell’età ellenistica affiancato, se non sostituito, da un Ercole guerriero 39 . Ed in tal senso 

si potrebbero interpretare anche le glandes rinvenute nello scavo del nostro e<strong>di</strong>ficio (fig. 10), quali oggetti 

tesi a sottolineare il nuovo carattere bellico della <strong>di</strong>vinità 40 . 

Appare dunque chiaro che siffatte congruenze non escludono del tutto, come è stato fatto 

richiamando quale prima testimonianza topografica del luogo la presenza all’interno del mitreo <strong>di</strong> una grande 

28 

PIETRANGELI 1940, 4, fig. 3. 

29 

La notizia è presa dalle schede del Gatti, COARELLI 1984, 84; cf . anche CRESSEDI 1984, 258, n. 5. 

30 

COARELLI 1984, 84. 

31 

PIETRANGELI 1940, 3. 

32 

Vd. supra n. 18. 

33 

Sullo stretto rapporto intercorrente tra strade, marciapie<strong>di</strong> e fognature, cf. ZEGGIO 2005, 63–76. 

34 

PIETRANGELI 1940, 4. 

35 

Serv., Ad Aen VIII 179; Macr., Sat. III 6, 17; Serv. Dan., Ad Aen. III 407; Plin., N.H. X 79. 

36 COARELLI 1984, 77–84. 

37 Sul ciclo <strong>di</strong> Ba’al, ora BIGA ET ALII 2008, 344–346. 

38 Hdt., II 44. 

39 Nonno, Dionys. XL 369; cf. BOWERSOCK 1992, 76. 

40 PIETRANGELI 1940, 6. 



56

Fig. 10 – Glandes provenienti dalle 

strutture più antiche dell’e<strong>di</strong>ficio romano 

(da PIETRANGELI 1940, 6, fig. 3). 



scalea <strong>di</strong> età imperiale orientata verso il Circo Massimo 41 , la possibilità che il nostro monumento sia stato 

e<strong>di</strong>ficato successivamente presso l’area sacra ad Ercole, forse non troppo <strong>di</strong>stante dal tempio <strong>di</strong> Hercules 

Invictus. 

Abbiamo già detto dei successivi interventi operati sulla struttura verso la fine del I sec. d.C., che 

comportarono la sostanziale mo<strong>di</strong>fica della forma primaria, e della sua probabile relazione con l’antistante 

struttura circense. In effetti, vista la topografia del luogo caratterizzata fra l’altro dalla vicinanza con i 

carceres del Circo, non possiamo escludere che le importanti mo<strong>di</strong>fiche strutturali attuate sul monumento, ivi 

compresa la costruzione della scalea, debbano intendersi legate a uno degli interventi <strong>di</strong> ristrutturazione 

operati sul Circo per iniziativa <strong>di</strong> un imperatore, forse, in ragione della datazione proposta, lo stesso 

Domiziano, che le fonti letterarie riportano sovente collegandoli a imponenti incen<strong>di</strong> devastatori 42 – per 

esempio, se la nostra ricostruzione ha colto nel vero, la prima copertura del monumento, a capriate lignee, 

costituiva già <strong>di</strong> per sé materiale altamente infiammabile –; inoltre, più <strong>di</strong> qualche volta, accanto ad opere <strong>di</strong> 

abbellimento, viene ricordata dagli autori antichi la realizzazione <strong>di</strong> nuovi posti nel Circo ad opera del 

principe (scalea) 43 . A confortare questa ipotesi possono essere invocati anche alcuni tipi monetali 44 (figg. 11 

e 12), la maggior parte dei quali databile a partire dall’età <strong>di</strong> Traiano, che mostrano spesso una prospettiva a 

volo d’uccello sul Circo Massimo all’interno della quale, laddove è possibile, sono in<strong>di</strong>viduabili i carceres, che 

a seconda dei casi appaiono monumentalizzati o non, con uno o due archi ad unico fornice sormontato o 

meno da quadrighe. In definitiva, anche se il lato NW del Circo Massimo, all’incirca dove si trova la nostra 

struttura, solo in qualche caso è visibile sulle monete e neppure troppo chiaramente, non sembra impossibile 

collegarlo, strutturalmente e ideologicamente, a quell’immagine dei carceres che appare inserita in un ampio 

contesto monumentale lu<strong>di</strong>co-sacrale. 

L’ultima fase del monumento coincide con l’adattamento del mitreo all’interno della struttura, 

convenzionalmente datato alla seconda metà del III sec. d.C. e per il quale è stata supposta anche una 

seconda fase <strong>di</strong> risistemazione 45 . 

Ora, l’insieme degli elementi archittettonici e dei reperti rinvenuto all’interno dello scavo e pertinente 

al santuario de<strong>di</strong>cato alla <strong>di</strong>vinità persiana, anch’essa invitta, evidenzia un e<strong>di</strong>ficio inequivocabilmente tardo 

che documenta un utilizzo ‘spinto’ dei materiali <strong>di</strong> riuso, caratteristica senz’altro tipica <strong>di</strong> tutti i mitrei romani 

che, per la natura stessa del culto misterico e le necessità del rito a questo connesso, secondo le caratteri- 

41 COARELLI 1984, 83–84. 

42 Suet., Claud. 21, 3; Dio. Cass., lX, 7, 3–4; Plin., N.H. VIII, 7, 21; XXXIII 5, 90; Dio. Cass. LXI 16, 4 e 17,3; Tac., Ann. XV 32, 1; Suet., 

Dom. 4, 1 e 5; Dio. Cass. LXVIII 8, 2. 

43 Vd. supra n. 43. 

44 PENNESTRI 1989, 397–419. 

45 PIETRANGELI 1940, 13–21. 

Fig. 11 – Sesterzio <strong>di</strong> Traiano 

(da PENNESTRI 1989, 402, fig.1). 



57 

Fig. 12 – Sesterzio <strong>di</strong> Caracalla 

(da PENNESTRI 1989, 413, fig. 5).


stiche assunte in Occidente, ricavavano l’antro mitriaco all’interno <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici preesistenti sovente <strong>di</strong> pubblica 

utilità; il nostro caso non si sottrae a questa regola 46 . 

Ad ogni modo, anche se la qualità artistica <strong>di</strong> alcuni materiali, compresa la lastra del Typum dei (fig. 

13), che rappresenta una tauroctonia completata dalla raffigurazione del transitus, consente una datazione 

oscillante fra la seconda metà del III e la prima metà del IV secolo d.C., la ricchezza delle decorazioni 

marmoree usate nel mitreo, tutte <strong>di</strong> reimpiego e ancora visibili nella nicchia dell’e<strong>di</strong>cola, nei po<strong>di</strong> e in ampie 

zone del pavimento, fa registrare un deciso slittamento verso il basso (IV secolo). Le iscrizioni, anch’esse <strong>di</strong> 

reimpiego, e il graffito <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile lettura, già stu<strong>di</strong>ato meticolosamente con <strong>di</strong>fferenti risultati, non aiutano, in 

verità, a mo<strong>di</strong>ficare le datazioni proposte 47 . 

Fig. 13 – Lastra del Typum dei rappresentante la tauroctonia (foto: Diego Ronchi). 

Infine se accostiamo queste considerazioni a quanto sappiamo a proposito del restauro del 

Conseptum Sacellum - a lungo interpretato come Statio Annonae, sito all’interno <strong>di</strong> S. Maria in Cosme<strong>di</strong>n 48 e 

dunque nelle vicinanze del nostro monumento - ad aula cristiana, promosso nel 408 d.C. dal Praefectus Urbi 

Acilio Glabrione Fausto 49 , non può non sorgere l’idea, almeno l’idea, che tale progetto <strong>di</strong> occupazione fosse 

mirato non solo all’obliterazione <strong>di</strong> uno dei vertici del Pomerio ma anche a rimarcare una presenza opposta 

al mitreo. 

Possiamo altresì concludere che la completa lettura <strong>di</strong> questo santuario documentando, tra l’altro, 

una continua stratificazione <strong>di</strong> sacra peregrina 50 – seppur <strong>di</strong>versi nella loro funzione e nelle loro 

caratteristiche – all’interno dell’area pomeriale, la quale al <strong>di</strong> là delle varie fasi della storia romana conserva 

la sua funzione civico-sacrale vincolata alle origini dell’Urbe, attesta ancora una volta la versatilità religiosa 

propria della cultura romana 51 . 

46 Tale a<strong>di</strong>acenza è stata recentemente messa in relazione con alcune “necessità”, fra le quali l’approvvigionamento idrico, PALMA 

VENETUCCI 2008, 58. 

47 

PIETRANGELI 1940, 13–21; SOLIN 1979, 137–151; GUARDUCCI 1979, 171–186. 

48 

GIOVENALE 1927, 334–350. 

49 

CIL VI 1677; COARELLI 1984, 73–77. 

50 

GIARDINA 1997, 125. 

51 

Sulla presenza <strong>di</strong> culti orientali a <strong>Roma</strong>, vd. ora PALMA VENETUCCI 2008. 



58



Ringraziamenti 

Desideriamo ringraziare la dott.ssa Anna Maria Ramieri della Sovraintendenza Archeologica <strong>di</strong> <strong>Roma</strong> per averci 

consentito gli accessi al mitreo del Circo Massimo, necessari al compimento del presente stu<strong>di</strong>o. Inoltre un sincero 

ringraziamento va a Diego Ronchi per aver collaborato con noi ad una nuova formalizzazione della planimetria del 

monumento e alla realizzazione <strong>di</strong> un suggestivo materiale fotografico. 

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Mithra. Un viaggio dall'Oriente a Roma - Bollettino di archeologia on ...

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