Le officine Riv: il centro della ragnatela. - Alp Cub

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04.06.2013 Views

Il problema dei licenziamenti faceva toccare con mano che questi potevano essere usati da ogni azienda a proprio piacimento: alla Riv di Villar Perosa si era giunti a 500 licenziamenti individuali e 300 sospensioni. A tutela della discrezionalità padronale la Commissione interna di Villar Perosa, invia nell'aprile del 1965, una lettera alle segreterie sindacali nazionali e ai gruppi parlamentari (eccetto l'Msi) chiedendo una rapida approvazione della legge sulla giusta causa dei licenziamenti individuali e collettivi. Questa urgenza era dovuta al fatto che fino ad oggi si lasciava il lavoratore indifeso davanti al datore di lavoro con possibilità dello stesso di passare alla discriminazione quando, per problemi sindacali, gli interessi delle parti venivano a contrapporsi (213). Preoccupazione legittima, anche perché non erano solo più colpiti i "comunisti" ma tutti gli attivisti sindacale che intendevano rappresentare gli interessi delle maestranze con determinazione, rivendicando la loro piena autonomia dalle interferenze della Direzione aziendale. Oltre alle rappresaglie che da decenni colpivano i militanti della Fiom , si hanno anche i dati della Fim-Cisl alla Riv di Villar nel corso del 1965: sospesi a zero ore 7 membri del direttivo delle Sezioni sindacali aziendali di Villar Perosa, 6 attivisti licenziati e trasferiti alla Fiat. Per quando riguarda gli iscritti Fim-Cisl, 135 di questi sono stati sospesi a zero ore, 28 trasferiti alla Fiat. Inoltre oltre cento attivisti sindacali, delle diverse organizzazioni, vengono trasferiti da un reparto all'altro con la scusa della riorganizzazione tecnologica, mettendo i difficoltà tutta l'organizzazione sindacale nelle officine di Villar Perosa(214). La Riv decide le sospensioni non solo colpendo chi dava fastidio in fabbrica, ma non sempre rispettando le diverse situazioni familiari e creando motivi di forte tensioni: nuclei con marito e moglie a lavorare, senza figli e con casa propria, continuano a lavorare, casi di famiglie con figli e casa in affitto vedono mandato fuori dalla fabbrica la moglie o il marito (in generale dove vi era la presenza di marito e moglie veniva lasciato a casa la donna). La recessione, iniziata nel 1963, porta, con la caduta dell'occupazione e degli investimenti a una profonda ristrutturazione industriale, concentrazione produttiva e riorganizzazione del lavoro. La conseguenza era un calo dell'occupazione, ma si evidenzia anche un aumento della produzione, grazie ad una forte elasticità della forza lavoro e la debolezza del potere sindacale: vi erano reparti in cui erano fatti ore di straordinario e in altri vi era una riduzione dell'orario. Con l'arrivo della Skf, dal 1 febbraio 1963 al 31 settembre 1965, tutto il complesso Riv-Skf perde 2741 lavoratori, di questi ben 954 solo allo stabilimento di Villar. Però, a fronte di questo drastico calo dell'occupazione, la Skf nel 1964 vede un incremento delle vendite del 10,3%, e tra il 1963 e il 1964 la produzione aumenta del 5% e l'esportazione del 12%, con un calo della manodopera, calcolando anche i sospesi, del 21%. Gli operai passano da 10.795 a 8655 compresi i sospesi (215). La Riv-Skf non indietreggia nei suoi propositi di riduzione di personale. Nel maggio del 1965 decide la riduzione di altri cento posti. In che modo? Licenziamenti camuffati sotto forma di dimissioni volontarie e relativo trasferimento alla Fiat. La Commissione Interna si trova davanti una Direzione aziendale molto determinata, che non contratta più nulla e si limita ad informare a fatti avvenuti. Tutto questo penalizzava gli operai licenziati dalla Riv e riassunti dalla Fiat, perdendo di fatto la progressione di anzianità anche se la Riv concedeva un'indennità di trasferimento di 50.000 lire pro capite. Inizialmente vi era stato l'impegno della Direzione di trasferire operai solo residenti a

Pinerolo, più vicini alle officine Fiat di Torino, in realtà vengono trasferiti anche operai di Porte, S. Germano e Pramollo e "dobbiamo ammettere che si tratta di una popolazione che ha qui maturato una tradizione di vita, per cui un trasferimento del genere va senza dubbio catalogato fra i fenomeni di emigrazione forzosa, che è sempre un sacrificio e una diminuzione dei propri diritti" (216). Si giunge al punto di negare il refettorio per svolgere l'assemblea sindacale in occasione di questo ultimo fatto, così come la disponibilità alla trattative viene di volta in volta osteggiata dall'azienda. Come se le difficoltà finanziarie della famiglie non bastassero nel settembre viene aumentato il costo dell'abbonamento della tranvia e automobilistica provocando una decisa reazione della Commissione Interna, la quale invita ad una maggior sensibilità verso i problemi che assillavano il mondo del lavoro, tenendo anche conto che da due anni il servizio era solo più garantito per cinque giorni alla settimana. Nel corso del Consiglio comunale di Villar Perosa del 23 novembre 1966 si presentano, all'inizio della seduta, una trentina di donne comprese tra le 300 sospese a suo tempo dallo stabilimento Riv- Skf di Villar Perosa. La portavoce , Michellonet Alfonsina, aveva richiesto un colloquio con il sindaco Agnelli, e ribadisce che il desiderio espresso "è solamente il lavoro" tra l'altro sancito dalla Costituzione Italiana. Molte delle donne sospese, cento di esse erano tutte di Villar Perosa, si trovano sopra i quarant'anni di età, con l'impossibilità a farsi assumere altrove. Inoltre non sono state sospese altre donne con mariti impiegati alla Riv, in banche e altri enti. Le critiche esposte da Alfonsina Michellonet era precise. 1) si erano spostati a Pinerolo il reparto sfere, quindi si poteva trasferire alla Riv di Pinerolo le donne che lavoravano a Villar; 2) costruzione dello stabilimento di Airasca con nuove assunzione, mentre si potevano spostare ad Airasca operai dello stabilimento di Villar e abitanti a Pinerolo. La crisi di quegli anni viene anche letta come "una operazione finanziaria della Skf che oramai ha il monopolio assoluto nell'Europa Occidentale e mercati in molti altri Paesi. La RIV è in posizione subordinata e "coloniale" rispetto alla SKF, la condizione per l'operazione finanziaria è una secca riduzione dell'occupazione e un fortissimo aumento della intensificazione del ritmo di lavoro, del peggioramento della condizione operaia" (217). COLPIRNE UNO PER EDUCARNE CENTO Il licenziamento di Tonino Chiriotti è parallelo a quello di Leopoldo Armandi. Essi rappresentavano non tanto due sigle sindacali, Cisl e Cgil, quando la determinazione di due uomini, inflessibili, quanto audaci, dediti con coraggio alla causa del movimento sindacale e stimati lavoratori. In questi due uomini si vedrà anche la debolezza, al fianco di una paura diffusa tra gli operai per le rappresaglie, della classe operaia villarese che poche energie ha speso per difendere due militanti di punta del sindacato alla Riv. Debolezza che metteva in luce come più di mezzo secolo di politica paternalistica aveva posto salde radice tra le maestranze. Bisogna però fare un passo indietro per capire il licenziamento di Tonino Chiriotti. La Cisl di Chiriotti, il quale è stato eletto nella Ci alla Riv nel 1959, ha significato il tramonto della "vecchia" Cisl, nata sulla cultura e sulla politica della scissione, ha voluto dire mandare in frantumi tutta la teoria e la pratica della collaborazione aziendale, nata sulle ceneri della scissione sindacale e dell'anticomunismo quarantottesco. Le nuove leve operaio della Cisl, non solo romperanno con il passato politico della propria organizzazione, ma, partendo dalla propria cultura cattolica, intenderanno essere coerenti fino in fondo al principio evangelico "l'essere dalla parte degli ultimi".

Il problema dei licenziamenti faceva toccare con mano che questi potevano essere usati da ogni<br />

azienda a proprio piacimento: alla <strong>Riv</strong> di V<strong>il</strong>lar Perosa si era giunti a 500 licenziamenti individuali e<br />

300 sospensioni. A tutela <strong>della</strong> discrezionalità padronale la Commissione interna di V<strong>il</strong>lar Perosa,<br />

invia nell'apr<strong>il</strong>e del 1965,<br />

una lettera alle segreterie sindacali nazionali e ai gruppi parlamentari (eccetto l'Msi) chiedendo una<br />

rapida approvazione <strong>della</strong> legge sulla giusta causa dei licenziamenti individuali e collettivi.<br />

Questa urgenza era dovuta al fatto che fino ad oggi si lasciava <strong>il</strong> lavoratore indifeso davanti al<br />

datore di lavoro con possib<strong>il</strong>ità dello stesso di passare alla discriminazione quando, per problemi<br />

sindacali, gli interessi delle parti venivano a contrapporsi (213).<br />

Preoccupazione legittima, anche perché non erano solo più colpiti i "comunisti" ma tutti gli attivisti<br />

sindacale che intendevano rappresentare gli interessi delle maestranze con determinazione,<br />

rivendicando la loro piena autonomia dalle interferenze <strong>della</strong> Direzione aziendale.<br />

Oltre alle rappresaglie che da decenni colpivano i m<strong>il</strong>itanti <strong>della</strong> Fiom , si hanno anche i dati <strong>della</strong><br />

Fim-Cisl alla <strong>Riv</strong> di V<strong>il</strong>lar nel corso del 1965: sospesi a zero ore 7 membri del direttivo delle<br />

Sezioni sindacali aziendali di V<strong>il</strong>lar Perosa, 6 attivisti licenziati e trasferiti alla Fiat. Per quando<br />

riguarda gli iscritti Fim-Cisl, 135 di questi sono stati sospesi a zero ore, 28 trasferiti alla Fiat.<br />

Inoltre oltre cento attivisti sindacali, delle diverse organizzazioni, vengono trasferiti da un reparto<br />

all'altro con la scusa <strong>della</strong> riorganizzazione tecnologica, mettendo i difficoltà tutta l'organizzazione<br />

sindacale nelle <strong>officine</strong> di V<strong>il</strong>lar Perosa(214).<br />

La <strong>Riv</strong> decide le sospensioni non solo colpendo chi dava fastidio in fabbrica, ma non sempre<br />

rispettando le diverse situazioni fam<strong>il</strong>iari e creando motivi di forte tensioni: nuclei con marito e<br />

moglie a lavorare, senza figli e con casa propria, continuano a<br />

lavorare, casi di famiglie con figli e casa in affitto vedono mandato fuori dalla fabbrica la moglie o<br />

<strong>il</strong> marito (in generale dove vi era la presenza di marito e moglie veniva lasciato a casa la donna).<br />

La recessione, iniziata nel 1963, porta, con la caduta dell'occupazione e degli investimenti a una<br />

profonda ristrutturazione industriale, concentrazione produttiva e riorganizzazione del lavoro. La<br />

conseguenza era un calo dell'occupazione, ma si evidenzia anche un aumento <strong>della</strong> produzione,<br />

grazie ad una forte elasticità <strong>della</strong> forza lavoro e la debolezza del potere sindacale: vi erano reparti<br />

in cui erano fatti ore di straordinario e in altri vi era una riduzione dell'orario.<br />

Con l'arrivo <strong>della</strong> Skf, dal 1 febbraio 1963 al 31 settembre 1965, tutto <strong>il</strong> complesso <strong>Riv</strong>-Skf perde<br />

2741 lavoratori, di questi ben 954 solo allo stab<strong>il</strong>imento di V<strong>il</strong>lar. Però, a fronte di questo drastico<br />

calo dell'occupazione, la Skf nel 1964 vede un incremento delle vendite del 10,3%, e tra <strong>il</strong> 1963 e <strong>il</strong><br />

1964 la produzione aumenta del 5% e l'esportazione del 12%, con un calo <strong>della</strong><br />

manodopera, calcolando anche i sospesi, del 21%. Gli operai passano da 10.795 a 8655 compresi i<br />

sospesi (215).<br />

La <strong>Riv</strong>-Skf non indietreggia nei suoi propositi di riduzione di personale. Nel maggio del 1965<br />

decide la riduzione di altri cento posti. In che modo? Licenziamenti camuffati sotto forma di<br />

dimissioni volontarie e relativo trasferimento alla Fiat. La Commissione Interna si trova davanti una<br />

Direzione aziendale molto determinata, che non contratta più nulla e si limita ad informare a fatti<br />

avvenuti.<br />

Tutto questo penalizzava gli operai licenziati dalla <strong>Riv</strong> e riassunti dalla Fiat, perdendo di fatto la<br />

progressione di anzianità anche se la <strong>Riv</strong> concedeva un'indennità di trasferimento di 50.000 lire pro<br />

capite. Inizialmente vi era stato l'impegno <strong>della</strong> Direzione di trasferire operai solo residenti a

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