Le officine Riv: il centro della ragnatela. - Alp Cub

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04.06.2013 Views

che i C.d.G. erano sorti nella lotta di Liberazione e avevano come fine la partecipazione dei lavoratori alla gestione dell'azienda , strumento per introdurre uno spirito nuovo nella vita democratica del Paese, e per realizzare il principio costituzionale che la Repubblica italiana è una repubblica democratica fondata sul lavoro (88). In un volantino distribuito a Villar e Torino i rappresentanti dei lavoratori presenti nel Consiglio sottolineano due aspetti dell'operato di tali organi per avvalorarne la loro importanza: il primo era il ripristino degli impianti distrutti dalla guerra, l'introduzione di nuovi macchinari, di impostare nuove produzioni e, in generale, di perfezionamento e potenziamento della produzione; il secondo di aver affrontato i problemi dei lavoratori: le case per le maestranze, integrazione alla pensione per i dipendenti anziani, potenziamento degli impianti sportivi e delle attrezzature delle colonie estive, l'assunzione di altra manodopera e così via (89). Di fatto scarsi sono stati i compiti effettivamente portati a termine dai Consigli: divergenze politiche, obiettivi contrastanti e sfiducia reciproca tra le parti in causa finiscono per paralizzare il loro operato, che si tramuta in una lenta agonia nel disinteresse quasi generale, in particolar modo da parte delle aziende felici di eliminare sia un pur minimo controlla da parte operaia nelle officine, esaurito il compito della ricostruzione post bellica (90). Nonostante questo i lavoratori ritenevano utile i Consigli di gestione. Nel 1950 la Direzione Riv tergiversa nel convocare le elezioni del nuovo Consiglio di gestione. Motivo: il presunto intreccio di competenze che coinvolgevano i Consigli e le Commissioni interne. I rappresentanti dei lavoratori, colta anche la pretestuosità delle motivazioni aziendali, ricordano che il regolamento prevedeva la rielezioni dei rappresentanti ogni due anni. Per dare maggiore forza alla loro richieste viene indetto un referendum, a Villar e Torino, nel quale si chiedeva ai dipendenti se ritenevano opportuno la rielezione dei rappresentanti dei lavoratori nel Consiglio di gestione . A Villar, su 4109 presenti, votano in 3833, e di questi rispondono affermativamente 3688, con una percentuale favorevole alla sollecita rielezione del 90,21% dei votanti e dell'89,85 dei presenti. Esito analogo si ha anche nello stabilimento di Torino (91). A fronte del plebiscito la Riv non può più temporeggiare e, nel luglio del 1950, si vota per il Consiglio di gestione per il biennio 1950-1951, con questi risultati: dipendenti operai 4038, presenti 3698, votanti 3449 (93,40%); dipendenti impiegati 347, presenti 318, votanti 255 (80,20%). Risultano eletti: Nota Livio, operaio, con 2042 preferenze, Roggia Dante, operaio con 1949 preferenze , e Borra Carlo, impiegato con 200 preferenze; membri supplenti: Belli Giovanni, operaio con 1304 preferenze, Vercelli Mario, con 710 preferenze, e Pronello Michele, con 66 preferenze. "Il Consiglio di gestione era una cosa che dava molto fastidio al padrona - rammenta Eugenio Morero - perché era formato specialmente da operai specializzati, da ottimi lavoratori, magari con idee differenti da quelle che aveva l'azienda. Tuttavia ponevano in primo piano la fabbrica, il suo sviluppo, la sua potenzialità. Il C.d.G. proponeva di cambiare, di modificare i rapporti di lavoro, di produzione. Questa era una cosa che dava fastidio alla Direzione e a un certo punto sono morti di morte naturale, senza più essere rinnovati" (92). Livio Notta ribadisce quanto viene affermato, sottolineando che " I Consigli di Gestione sono morti perché il padrone ha acquistato maggior potere. Dava fastidio al padronato: gli operai andavano a ficcare il naso nella produzione, nei bilanci"(93). I Consigli di gestione vengono svuotati di ogni potere effettivo:" La riunione dei consigli era mensile e in essa Bertolone ci faceva una relazione sull'andamento dell'azienda. Noi avevamo poche

possibilità di comprovare - sottolinea Carlo Borra - se quello che ci diceva era vero o meno e la sua morale era quella che bisognava lavorare di più. Noi non avevamo gli strumenti per contestare con cognizione di causa le sue affermazioni. I comunisti da parte loro si sono accorti che i Cdg potevano solo avvallare le posizioni padronali. Uno dei motivi che i comunisti hanno mollato i Consigli e che hanno compreso che difficilmente si sarebbe potuto arrivare alla rivoluzione" (94). Un dato è certo: i Consigli di Gestione hanno dato un contributo fondamentale durante la fase di ricostruzione delle aziende nei primi anni del dopoguerra. Tra il 1946 e il 1947 la produzione italiana aumenta di quasi il 50% rispetto al 1945. E' lo stesso Valletta a riconoscere nel 1947 che "I Consigli di Gestione danno il loro contributo specie nell'ardua contingenza di dover migliorare e intensificare la produzione" e che nel 1948 l'aumento "della produzione unitaria ha concorso un risollevato indice della produttività individuale operaia" (95). Se questo accadeva alla Fiat, stabilimento nel quale le tensioni sindacali e politiche erano molto forti, a maggior ragione è fondato per la Riv di Villar Perosa, anche perché in quegli anni, in generale, il Pci e la Fiom volevano dimostrare le capacità dirigente della classe operaia, il suo senso di responsabilità. Progetto che si incrina con la sconfitta elettorale dell'aprile 1948 e il nascere della guerra fredda. Il Consiglio di gestione, man mano che assolve il compito che di fatto ha realmente compiuto ( la riorganizzazione e il rilancio produttivo), si limita a discutere delle colonie e del medico di fabbrica, dell'acquisto rateale del frigorifero e della motocicletta o del finanziamenti al gruppo sportivo. Tutti argomenti che potevano essere oggetto di contrattazione tra Commissione interna e Direzione aziendale. In sostanza il Consiglio contribuisce al rilancio produttivo, con forme anche di esasperato produttivismo, ma nel contempo conduce a forme di subalternità operaia, portando dentro la sua stessa prospettiva, al di là dei nobili obiettivi espressi nei documenti, il germe della dissoluzione: non poteva nè diventare nuove forme di potere operaio (concezione comunista) né organi di partecipazione interclassista alla vita dell'azienda (concezione democristiana). Il gruppo dirigente industriale aveva inteso il ruolo del Consiglio di Gestione strumentale alla mera ricostruzione post-bellica, per poi riprendere, dopo parziali quanto illusorie concessioni di potere al sindacato e alle opposizioni politiche, tutto il potere di comando. L'ATTENTATO A TOGLIATTI E LA SCISSIONE SINDACALE Mentre le bombe spazzavano via le officine Riv, a Roma nel giugno dello stesso anno, dopo il crollo del fascismo dell'8 settembre 1943, viene firmato un patto d'azione unitario dai rappresentanti sindacali dei tre grandi partiti di massa (democratico cristiano, socialista e comunista) dello schieramento dei Comitati di liberazione nazionale. Un'unità voluta e sostenuta dai lavoratori ma, come vedremo, di non lunga durata a causa delle profonde divergenze politiche che travaglieranno questa momentanea unità del movimento sindacale. Nelle officine di Villar molto radicata e organizzate era la struttura dei comunisti, reduci dalla lunga esperienza di sopravvivenza nella clandestinità sotto il fascismo, con le loro cellule. I cattolici nelle aziende pinerolese, in particolare alla Riv come maggior azienda della zona, si riunivano attorno ai Raggi di officina, nati nel 1940 ma entrati in piena attività solo dopo l'otto settembre 1943. I Raggi

che i C.d.G. erano sorti nella lotta di Liberazione e avevano come fine la partecipazione dei<br />

lavoratori alla gestione dell'azienda , strumento per introdurre uno spirito nuovo nella vita<br />

democratica del Paese, e per realizzare <strong>il</strong> principio costituzionale che la<br />

Repubblica italiana è una repubblica democratica fondata sul lavoro (88).<br />

In un volantino distribuito a V<strong>il</strong>lar e Torino i rappresentanti dei lavoratori presenti nel Consiglio<br />

sottolineano due aspetti dell'operato di tali organi per avvalorarne la loro importanza: <strong>il</strong> primo era <strong>il</strong><br />

ripristino degli impianti distrutti dalla guerra, l'introduzione di nuovi macchinari, di impostare<br />

nuove produzioni e, in generale, di perfezionamento e potenziamento <strong>della</strong> produzione; <strong>il</strong> secondo<br />

di aver affrontato i problemi dei lavoratori: le case per le maestranze, integrazione alla pensione per<br />

i dipendenti anziani, potenziamento degli impianti sportivi e delle attrezzature delle colonie estive,<br />

l'assunzione di altra manodopera e così via (89).<br />

Di fatto scarsi sono stati i compiti effettivamente portati a termine dai Consigli: divergenze<br />

politiche, obiettivi contrastanti e sfiducia reciproca tra le parti in causa finiscono per paralizzare <strong>il</strong><br />

loro operato, che si tramuta in una lenta agonia nel disinteresse quasi generale, in particolar modo<br />

da parte delle aziende felici di eliminare sia un pur minimo controlla da parte<br />

operaia nelle <strong>officine</strong>, esaurito <strong>il</strong> compito <strong>della</strong> ricostruzione post bellica (90).<br />

Nonostante questo i lavoratori ritenevano ut<strong>il</strong>e i Consigli di gestione. Nel 1950 la Direzione <strong>Riv</strong><br />

tergiversa nel convocare le elezioni del nuovo Consiglio di gestione. Motivo: <strong>il</strong> presunto intreccio di<br />

competenze che coinvolgevano i Consigli e le Commissioni interne.<br />

I rappresentanti dei lavoratori, colta anche la pretestuosità delle motivazioni aziendali, ricordano<br />

che <strong>il</strong> regolamento prevedeva la rielezioni dei rappresentanti ogni due anni. Per dare maggiore forza<br />

alla loro richieste viene indetto un referendum, a V<strong>il</strong>lar e Torino, nel quale si chiedeva ai dipendenti<br />

se ritenevano opportuno la rielezione dei rappresentanti dei lavoratori nel Consiglio di gestione . A<br />

V<strong>il</strong>lar, su 4109 presenti, votano in 3833, e di questi rispondono affermativamente 3688, con una<br />

percentuale favorevole alla sollecita rielezione del 90,21% dei votanti e dell'89,85 dei presenti.<br />

Esito analogo si ha anche nello stab<strong>il</strong>imento di Torino (91).<br />

A fronte del plebiscito la <strong>Riv</strong> non può più temporeggiare e, nel luglio del 1950, si vota per <strong>il</strong><br />

Consiglio di gestione per <strong>il</strong> biennio 1950-1951, con questi risultati: dipendenti operai 4038, presenti<br />

3698, votanti 3449 (93,40%); dipendenti impiegati 347, presenti 318, votanti 255 (80,20%).<br />

Risultano eletti: Nota Livio, operaio, con 2042 preferenze, Roggia Dante, operaio con 1949<br />

preferenze , e Borra Carlo, impiegato con 200 preferenze; membri supplenti: Belli Giovanni,<br />

operaio con 1304 preferenze, Vercelli Mario, con 710 preferenze, e Pronello Michele, con 66<br />

preferenze.<br />

"Il Consiglio di gestione era una cosa che dava molto fastidio al padrona - rammenta Eugenio<br />

Morero - perché era formato specialmente da operai specializzati, da ottimi lavoratori, magari con<br />

idee differenti da quelle che aveva l'azienda. Tuttavia ponevano in primo piano la fabbrica, <strong>il</strong> suo<br />

sv<strong>il</strong>uppo, la sua potenzialità. Il C.d.G. proponeva di cambiare, di modificare i rapporti di lavoro, di<br />

produzione. Questa era una cosa che dava fastidio alla Direzione e a un certo punto sono morti di<br />

morte naturale, senza più essere rinnovati" (92).<br />

Livio Notta ribadisce quanto viene affermato, sottolineando che " I Consigli di Gestione sono morti<br />

perché <strong>il</strong> padrone ha acquistato maggior potere. Dava fastidio al padronato: gli operai andavano a<br />

ficcare <strong>il</strong> naso nella produzione, nei b<strong>il</strong>anci"(93).<br />

I Consigli di gestione vengono svuotati di ogni potere effettivo:" La riunione dei consigli era<br />

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