Le officine Riv: il centro della ragnatela. - Alp Cub

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04.06.2013 Views

all'imbocco di Abbadia Alpina (50), nella quale vengono decise le modalità di propaganda e di organizzazione della protesta. Il 3 marzo è il giorno del primo sciopero degli operai nRiv. Un comunicato della Rsi afferma che “ il 3 corrente, alle ore 13,30, in Villar Perosa (torino), circa 1500 operai addetti al recupero del materiale delle Officine Riv sospesero il lavoro per tema di rappresaglia da parte dei ribelli, rimanendo sul posto” (51) Nel marzo 1943 che anche i lavoratori della Riv, come quelli di centinaia di altre aziende del Nord, incrociano le braccia. "Lo sciopero del marzo 1943 era uno sciopero politico. Tutti sapevano che era politico. Con una fava si sono presi due piccioni: sciopero politico, anche se era più sentito a Torino che da noi qui, ma si sapeva che il problema era politico, e si è colta l'occasione per chiedere un aumento delle paghe" (52). Come inizia lo sciopero alla Riv di Villar che disturberà molto Mussolini? Ci viene raccontato dalle parole di un protagonista, Giacomo Di Gregorio, comunista, il quale aveva già partecipato all'occupazione delle fabbriche nel 1920. L'avvio della sciopero parte dal reparto rettifiche, preparato dopo un accurato lavoro di propaganda: "Dubitavo fortemente un esito positivo: il reparto rettifiche (dove lavoravo) era in maggioranza concorde, ma per la verità sentivo un certo disagio nell'osservare le lancette dell'orologio posto nel corridoio (mancavano un paio di minuti alle 10). Finalmente il lugubre suono (della sirena nda) vibrò nell'aria: mi scostai dalla macchina dove ero intento al mio lavoro: mi fermai e vidi che i miei compagni seguivano il mio esempio; si fermarono anch'essi e si riunirono in gruppi con sguardi incrociati: il nostro esempio si divulga di reparto in reparto tanto che in pochi minuti quasi tutto lo stabilimento fu fermo " (53). Alla Direzione Riv lo sciopero non piace, anche se l'aria stava cambiando e il regime fascista sapeva già di rancido. La direzione Riv cerca di sollecitare la ripresa del lavoro nel turno di notte, senza ottenere risultati. " Al mattino seguente al rientro, prima sorpresa: vicino al reparto rettifiche l'ingegner Prever, Bertolone e il caposorvegliante; la loro presenza a quell'ora destò sospetti, comunque all'erta. Al segnale della luce rossa, inizio del lavoro, Bertolone ordinava ai tirapiedi di dare l'aria a un grosso motore che alimentava varie macchine. Il caposbirri impugnò le manette e mise i contatti: il motore aveva cominciato girare che un "bocia" prontamente si aggrappò ai congegni e tolse la corrente. (noi allora mettevamo le donne davanti perché delle donne i sorveglianti avevano più rispetto, incitandole, gridando "Forza fumne, suta, fumne"). A quel gesto fece seguito un lungo applauso: il trio si spostò e tentò di ripetere la manovra da un'altra parte su un altro motore; la risposta degli operai non si fece attendere: un folto gruppo di essi, le donne in prima fila, all'incitamento di "forsa fumne, forsa, suta, fumne!" serravano da presso i tre che vista la mala piega iniziarono un perfetto sganciamento al nemico, sempre tallonati dalle masse che via via ingrossavano le file manifestando il suo sdegno, ripetendo le richieste di aumenti e di razioni " (54). Il senatore Agnelli si reca con celerità in fabbrica, esprimendo il proprio rammarico, da buon padre, per dispiacere che i suoi operai gli avevano dato. L'incontro si basa su toni molto duri ed espliciti, con un aspro ed esplicito confronto. Alla fine si giunge a qualche accordo di carattere economico: un'indennità carovita di lire 300 per i capifamiglia e di lire 200 per gli altri, e un aumento salariale di lire 22 al giorno. Carlo Borra scrive che "Non con questo fossero completamente tacitate tutte le richieste, ma in fondo il risultato principale, far sentire al regime che non poteva contare sul mondo operaio, era raggiunto. E questo è stato certamente il risultato più importante perché si può dire che la Resistenza popolare ebbe pratico inizio da quel momento" (55).

Lo sciopero della Riv è un caso unico in tutta l'Italia per l'estensione dello sciopero (dal 13 al 16 marzo, con fermate nei giorni precedenti dell'11 e 12)) e il livello di partecipazione ( 5000 dipendenti, totalità degli operai e percentuali elevate anche fra tecnici e impiegati). Lo stesso Mussolini, nel vertice del Direttorio del Partito Nazional Fascista, tenuto a palazzo Venezia il 17 aprile del 1943, cita lo sciopero della Riv, dove " a Villar Perosa c'è stato uno sciopero "classico" di 48 ore, uno sciopero di tutti i 4.000 dipendenti" (56). Il Duce, di fronte alla vastità delle proteste, si rende conto del magma della ribellione che stava covando e si rammarica che non vi è stata una pronta e dura repressione da parte degli organi competenti, quindi "non vi stupirete se io ho dato alle questure e alle prefetture ordini draconiani ... non ho avuto l'impressione che gli organi di polizia abbiano avuto il mordente necessario... Se avessero sparato le autoblinde, io avrei assunto subito la responsabilità di ciò..." (57). Lo sciopero del marzo 1943 attira l'attenzione anche del principale alleato di Mussolini, Hitler, il quale afferma che "per me è impensabile che un popolo possa scioperare in otto fabbriche. E nessuno osa intervenire. Sono riusciti ad arginare lo sciopero ma lo hanno fatto dopo essere stati incerti se intervenire o no in maniera radicale. Sono convinto che in questi casi chi mostra la minima debolezza è perduto. Ma è proprio ciò questo che io ho sempre detto" (58) Le autoblinde non sparano, i desideri omicidi del Duce e del Fhurer rimangono tali, ma la repressione non manca: dai documenti dei carabinieri di Pinerolo risultano 38 arresti alla Riv di Villar Perosa (59). L'impegno di Giovanni Agnelli, davanti alle delegazione degli operai, era stata quello che nessuno avrebbe subìto delle conseguenze a seguito degli scioperi. Tra questi viene anche arrestato Giacomo De Gregorio. L'ing. Prever, direttore generale della Riv, di fronte agli interrogativi posti dai delegati operai delle officine, i quali chiedevano chiarimenti per l'arresto di loro compagni, rispondeva di non sapere nulla. "La risposta che la direzione diede ai delegati fu che noi eravamo stati presi a far propaganda politica fuori dello stabilimento, assicurando che dopo i dovuti accertamenti saremmo ritornati ai nostri posti" (60). Questo fatto viene confermato anche da Biagio Ghidoni, anche lui operaio Riv, che ha partecipato agli scioperi. Biagio Ghidoni viene , come Di Gregorio, arrestato a seguito degli scioperi e trasportato al carcere delle Nuove a Torino (61). Ghidoni scrive che "Quando mia moglie e Anna, la figlia di Giustetto (un altro operaio arrestato nda), che lavoravano tutte e due alla Riv, sono andate da Bertolone a chiedere: "Perché li avete messi in prigione" Bertolone ha risposto così:"La prossima volta ci sarà la mitragliatrice" (62). In questo caso il pensiero di Bertolone e quello di Mussolini non si discostano molto, anche se l'ingegnere non avrebbe mai fatto spianare e sparare le mitragliatrici sugli operai, ma era una metafora che rendeva evidente la sua concezione autoritaria del comando in fabbrica e con le maestranze riottose. Con Di Gregorio e Biagio Ghidoni vengono arrestati, tra gli altri, anche Giuseppe Traverso e Mario Giaj Miniet, operai Riv e abitanti a Pinerolo. I rapporti dei carabinieri confermano lo stato di stretta sorveglianza a cui erano sottoposti tutte le azioni di protesta operaia. Ne riportiamo alcuni testi (63): "11 marzo, Tenenza di Torino Po, n. 79/22 Ore 13 oggi stabilimento Villa Perosa (Torino) 2.000 donne astenevansi lavoro reclamando corresponsione carovita mentre 3.000 uomini continuavano lavorare. Intervento Arma e P.S. ottenevano ripresa lavoro ore 16,30. Due operai fermati. Direzione stabilimento accordatasi Fabbriguerra revocherà esonero operai più riottosi. Saranno presi provvedimenti carico donne. Nessun incidente. Situazione alquanto allarmante. (Sottotenente Conturbia)"

Lo sciopero <strong>della</strong> <strong>Riv</strong> è un caso unico in tutta l'Italia per l'estensione dello sciopero (dal 13 al 16<br />

marzo, con fermate nei giorni precedenti dell'11 e 12)) e <strong>il</strong> livello di partecipazione ( 5000<br />

dipendenti, totalità degli operai e percentuali elevate anche fra tecnici e impiegati).<br />

Lo stesso Mussolini, nel vertice del Direttorio del Partito Nazional Fascista, tenuto a palazzo<br />

Venezia <strong>il</strong> 17 apr<strong>il</strong>e del 1943, cita lo sciopero <strong>della</strong> <strong>Riv</strong>, dove " a V<strong>il</strong>lar Perosa c'è stato uno<br />

sciopero "classico" di 48 ore, uno sciopero di tutti i 4.000 dipendenti" (56).<br />

Il Duce, di fronte alla vastità delle proteste, si rende conto del magma <strong>della</strong> ribellione che stava<br />

covando e si rammarica che non vi è stata una pronta e dura repressione da parte degli organi<br />

competenti, quindi "non vi stupirete se io ho dato alle questure e alle prefetture ordini draconiani ...<br />

non ho avuto l'impressione che gli organi di polizia abbiano avuto <strong>il</strong> mordente necessario... Se<br />

avessero sparato le autoblinde, io avrei assunto subito la responsab<strong>il</strong>ità di ciò..." (57).<br />

Lo sciopero del marzo 1943 attira l'attenzione anche del principale alleato di Mussolini, Hitler, <strong>il</strong><br />

quale afferma che "per me è impensab<strong>il</strong>e che un popolo possa scioperare in otto fabbriche. E<br />

nessuno osa intervenire. Sono riusciti ad arginare lo sciopero ma lo hanno fatto dopo essere stati<br />

incerti se intervenire o no in maniera radicale. Sono convinto che in questi casi chi mostra la<br />

minima debolezza è perduto. Ma è proprio ciò questo che io ho sempre detto" (58)<br />

<strong>Le</strong> autoblinde non sparano, i desideri omicidi del Duce e del Fhurer rimangono tali, ma la<br />

repressione non manca: dai documenti dei carabinieri di Pinerolo risultano 38 arresti alla <strong>Riv</strong> di<br />

V<strong>il</strong>lar Perosa (59). L'impegno di Giovanni Agnelli, davanti alle delegazione degli operai, era stata<br />

quello che nessuno avrebbe subìto delle conseguenze a seguito degli scioperi. Tra questi viene<br />

anche arrestato Giacomo De Gregorio. L'ing. Prever, direttore generale <strong>della</strong> <strong>Riv</strong>, di fronte agli<br />

interrogativi posti dai delegati operai delle <strong>officine</strong>, i quali chiedevano chiarimenti per l'arresto di<br />

loro compagni, rispondeva di non sapere nulla. "La risposta che la direzione diede ai delegati fu che<br />

noi eravamo stati presi a far propaganda politica fuori dello stab<strong>il</strong>imento,<br />

assicurando che dopo i dovuti accertamenti saremmo ritornati ai nostri posti" (60).<br />

Questo fatto viene confermato anche da Biagio Ghidoni, anche lui operaio <strong>Riv</strong>, che ha partecipato<br />

agli scioperi. Biagio Ghidoni viene , come Di Gregorio, arrestato a seguito degli scioperi e<br />

trasportato al carcere delle Nuove a Torino (61). Ghidoni scrive che "Quando mia moglie e Anna,<br />

la figlia di Giustetto (un altro operaio arrestato nda), che lavoravano tutte e due alla <strong>Riv</strong>, sono<br />

andate da Bertolone a chiedere: "Perché li avete messi in prigione" Bertolone ha risposto così:"La<br />

prossima volta ci sarà la mitragliatrice" (62).<br />

In questo caso <strong>il</strong> pensiero di Bertolone e quello di Mussolini non si discostano molto, anche se<br />

l'ingegnere non avrebbe mai fatto spianare e sparare le mitragliatrici sugli operai, ma era una<br />

metafora che rendeva evidente la sua concezione autoritaria del comando in fabbrica e con le<br />

maestranze riottose. Con Di Gregorio e Biagio Ghidoni vengono arrestati, tra gli altri, anche<br />

Giuseppe Traverso e Mario Giaj Miniet, operai <strong>Riv</strong> e abitanti a Pinerolo.<br />

I rapporti dei carabinieri confermano lo stato di stretta sorveglianza a cui erano sottoposti tutte le<br />

azioni di protesta operaia. Ne riportiamo alcuni testi (63):<br />

"11 marzo, Tenenza di Torino Po, n. 79/22<br />

Ore 13 oggi stab<strong>il</strong>imento V<strong>il</strong>la Perosa (Torino) 2.000 donne astenevansi lavoro reclamando<br />

corresponsione carovita mentre 3.000 uomini continuavano lavorare. Intervento Arma e P.S.<br />

ottenevano ripresa lavoro ore 16,30. Due operai fermati. Direzione stab<strong>il</strong>imento accordatasi<br />

Fabbriguerra revocherà esonero operai più riottosi. Saranno presi provvedimenti carico donne.<br />

Nessun incidente. Situazione alquanto allarmante. (Sottotenente Conturbia)"

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