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2007] FARFALLE NELL’EGEO<br />
139<br />
HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO: L’APPORTO DELLO<br />
STUDIO DEGLI SPAZI DOMESTICI NELL’INSULA 104.<br />
Annapaola Zaccaria Ruggiu 1 - Daniela Cottica 2<br />
Abstract<br />
The paper illustrates the results of recent archaeological investigations carri<strong>ed</strong> out in insula 104 at Hierapolis (Phrygia)<br />
by the University of Venice Ca’ Foscari. The insula was occupi<strong>ed</strong> from the Roman to the mid-Byzantine period<br />
and witness<strong>ed</strong> a series of dramatic changes in terms of usage and form of its urban space, primarily devot<strong>ed</strong> to private<br />
dwellings. A systematic chronological analysis of private architecture, decoration and buil<strong>di</strong>ng techniques allows<br />
us to understand and interpret details of urban change as a reflection of mayor economic and cultural changes. Evidence<br />
for cultural transition is also provid<strong>ed</strong> by the chrono-typological and archaeometric analysis of the retriev<strong>ed</strong><br />
ceramics, plott<strong>ed</strong> through time.<br />
1. Introduzione. Architettura, cultura materiale <strong>ed</strong><br />
archeologia del cambiamento<br />
Il presente contributo si propone <strong>di</strong> documentare<br />
in prospettiva <strong>di</strong>acronica le trasformazioni avvenute<br />
a Hierapolis in un arco <strong>di</strong> tempo che comprende<br />
la <strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong> 3 , il periodo definito come<br />
“Dark Ages” 4 <strong>ed</strong> il me<strong>di</strong>o bizantino. In particolare<br />
la sfera del privato e delle sue manifestazioni è stata<br />
scelta dalle autrici come osservatorio privilegiato<br />
per una definizione dei mutamenti avvenuti nel paesaggio<br />
urbano e nel tessuto socio-economico della<br />
città antica, partendo dal presupposto che l’allestimento<br />
e l’uso degli spazi domestici è anche riflesso<br />
delle scelte, del gusto e del background socio-culturale<br />
<strong>di</strong> chi vi abita, oltre che risultato <strong>di</strong> acquisite<br />
competenze tecnologiche. Muovendo dallo stu<strong>di</strong>o<br />
<strong>di</strong> aspetti tipici dell’e<strong>di</strong>lizia e dell’architettura privata,<br />
quali l’organizzazione degli spazi domestici,<br />
le tecniche del costruire e le scelte decorative, si è<br />
cercato <strong>di</strong> porre a confronto <strong>di</strong>fferenti mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> abitare<br />
e quin<strong>di</strong> generazioni vissute in orizzonti culturali<br />
<strong>di</strong>versi.<br />
Lo stu<strong>di</strong>o dei dati relativi alla sfera domestica<br />
non si è limitato all’analisi delle forme architettoniche,<br />
ma si sono prese in considerazione anche le<br />
complementari informazioni derivanti dallo stu<strong>di</strong>o<br />
del vasellame d’uso quoti<strong>di</strong>ano, integrato dall’apporto<br />
dei dati archeometrici, dalle analisi sui residui<br />
e dalla quantificazione delle informazioni.<br />
Infatti lo stu<strong>di</strong>o del materiale ceramico offre interessanti<br />
prospettive sia all’analisi del paesaggio<br />
economico antico, sia alla definizione del contesto<br />
socio-culturale e delle sue trasformazioni, fornendo<br />
1 Dipartimento <strong>di</strong> Scienze dell’Antichità e del Vicino Oriente, Università Ca’ Foscari Venezia.<br />
2 Dipartimento <strong>di</strong> Scienze dell’Antichità e del Vicino Oriente, Università Ca’ Foscari Venezia.<br />
3 Sul problema della definizione <strong>di</strong> “<strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong>” si v<strong>ed</strong>a Clover, Humphreys 1989.<br />
4 In ambito archeologico, il termine è stato utilizzato soprattutto da C. Foss per in<strong>di</strong>care lo stato <strong>di</strong> abbandono nel quale versavano<br />
le città classiche dell’Anatolia <strong>fra</strong> metà VII e metà VIII secolo; cfr. in particolare Foss 1977, p. 469. I “secoli bui” o Dark<br />
Ages, <strong>fra</strong> gli anni settanta e novanta del secolo scorso, erano visti primariamente dalla prospettiva classica e dunque era in<br />
genere accentuato l’aspetto <strong>di</strong> desolazione che sembrava emergere dalla sostanziale mancanza <strong>di</strong> testimonianze archeologiche<br />
relative ad inse<strong>di</strong>amenti post tardoantichi. In realtà l’evidenza archeologica era in molti casi sfuggita all’osservazione degli stu<strong>di</strong>osi<br />
che avevano operato fino ad allora, in parte per la natura sostanzialmente “<strong>di</strong>versa” delle evidenze <strong>di</strong> post metà settimo<br />
secolo rispetto alle prec<strong>ed</strong>enti, e <strong>di</strong> cui i dati dall’insula 104 offrono un tangibile esempio, in parte per gli stessi orientamenti<br />
della ricerca come sottolineato già da J. Russell (Russell 1986). Ben <strong>di</strong>versa è invece la quantità <strong>di</strong> dati oggi a nostra <strong>di</strong>sposizione<br />
grazie alle più recenti attività <strong>di</strong> scavo in Anatolia, spesso mirate proprio ad indagare il periodo <strong>di</strong> transizione <strong>fra</strong> <strong>tarda</strong><br />
<strong>antichità</strong> e me<strong>di</strong>oevo come nei casi <strong>di</strong> Amorion (cfr. Lightfoot 1998a; Id. 1998b), Efeso (dati importanti per questo sito sono<br />
stati presentati da S. Ladstätter in un intervento dal titolo “Spätantike und byzantinische Fundkomplexe aus dem Ve<strong>di</strong>us-Gymnasium<br />
in Ephesos” al First International Symposium on Late Antique, Byzantine, Seljuk and Ottoman Pottery and Tiles in Archaeological<br />
Context, Canakkale, 1-3 giugno 2005), Sagalassos (Poblome et Alii 2005), Limyra (Vroom 2004, in part. p. 306; Ead. 2005) e<br />
Hierapolis (cfr. Arthur 2006; D’Andria, Scardozzi, Spanò 2008).
140<br />
elementi utili a comprendere questioni quali le fonti<br />
<strong>di</strong> approvvigionamento, i meccanismi <strong>di</strong> scambio,<br />
lo sviluppo delle tecnologie, le abitu<strong>di</strong>ni alimentari<br />
e culinarie.<br />
Questi <strong>ed</strong> altri aspetti <strong>di</strong> seguito affrontati rivelano<br />
che a Hierapolis <strong>di</strong> Frigia già a partire dalla<br />
<strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong> erano in corso mutamenti sostanziali<br />
e profon<strong>di</strong>. Tali cambiamenti vennero molto probabilmente<br />
solo accelerati dagli effetti <strong>di</strong> un terremoto,<br />
collocabile dopo o durante il regno <strong>di</strong> Eraclio,<br />
che provocò danni gravissimi al tessuto urbano <strong>di</strong><br />
Hierapolis e delle vicine città della valle del Lykos.<br />
Come v<strong>ed</strong>remo, i dati recuperati dagli interventi <strong>di</strong><br />
scavo stratigrafico effettuati in vari punti del sito<br />
nel corso degli ultimi quin<strong>di</strong>ci anni <strong>di</strong> ricerca archeologica,<br />
hanno rivelato “modalità e tempi del<br />
cambiamento” analoghi a quelli ricostruibili per le<br />
abitazioni dell’insula 104 qui analizzate. Il quadro<br />
complessivo che ne emerge necessita ora <strong>di</strong> essere<br />
implementato dallo stu<strong>di</strong>o del territorio, delle sue<br />
risorse e delle modalità <strong>di</strong> occupazione <strong>di</strong> questo<br />
nel tempo: un tema sul quale si auspica possa concentrarsi<br />
la ricerca futura 5 .<br />
2. Il sito 6 e la Missione Archeologica Italiana a<br />
Hierapolis<br />
L’antico sito <strong>di</strong> Hierapolis ( fig. 1), oggi noto con<br />
il nome <strong>di</strong> Pamukkale 7 , è situato su un pianoro<br />
ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />
travertinico posto a circa 350 metri sul livello del<br />
mare, a strapiombo sulla sottostante vallata formata<br />
dal fiume Lykos (l’attuale Çürüksu), un tributario<br />
del Meandro (Büyük Menderes). Non lontano si<br />
trovano i resti delle città <strong>di</strong> Lao<strong>di</strong>cea 8 , Colosse 9 e<br />
Tripolis, collegate <strong>fra</strong> loro nell’<strong>antichità</strong> da un sistema<br />
viario che metteva in comunicazione i siti della<br />
valle con le regioni circostanti <strong>ed</strong> in particolare con<br />
la costa egea <strong>ed</strong> Efeso ad occidente, con il Golfo <strong>di</strong><br />
Antalya e Perge ad oriente 10 . Il paesaggio naturale<br />
è dominato da colline e rilievi: il Baba Dağ (monte<br />
Salbakos) 11 si staglia ad ovest del Lykos, mentre il<br />
Monte Honaz (l’antico Kadmos) svetta a sud-est 12 .<br />
Non lontana è la catena montuosa della Messogis,<br />
celebrata da Strabone per i vini <strong>di</strong> pregio ivi prodotti<br />
13 : d’altro canto la fertilità e la ricchezza <strong>di</strong> tutta<br />
la regione sono ben testimoniate dalle fonti documentarie<br />
antiche 14 .<br />
Hierapolis/Pamukkale è oggi assai rinomata sia<br />
per il suo patrimonio culturale <strong>ed</strong> archeologico 15 ,<br />
sia per la bellezza <strong>ed</strong> unicità del paesaggio naturale,<br />
costituito da caratteristiche formazioni calcaree<br />
bianche, <strong>di</strong>sposte lungo il pen<strong>di</strong>o che scende verso<br />
la sottostante vallata 16 : si tratta <strong>di</strong> depositi creati<br />
da acque termali calde, a seguito <strong>di</strong> un processo<br />
<strong>di</strong> rapida deposizione e se<strong>di</strong>mentazione, già noto<br />
dalle fonti scritte e tuttora in corso 17 . L’area, inoltre,<br />
è da sempre soggetta ad importanti fenomeni<br />
sismici dovuti alla presenza <strong>di</strong> una faglia tettonica<br />
che attraversa proprio il cuore della città classica e<br />
5 Indagini preliminari in tal senso sono state condotte a Hierapolis nel corso delle ultime campagne <strong>di</strong> lavoro secondo un progetto<br />
promosso dal Direttore della Missione F. D’Andria e condotto da G. Scardozzi.<br />
6 Per una dettagliata descrizione dell’area archeologica si rinvia a D’Andria 2003 (per l’età ellenistico-romana); Arthur 2006<br />
(per l’epoca bizantina e turca); Ritti 2007 e all’Atlante <strong>di</strong> Hierapolis (D’Andria, Scardozzi, Spanò 2008).<br />
7 In turco il nome moderno significa “Castello <strong>di</strong> Cotone”. Il sito è parte della provincia <strong>di</strong> Denizli situata a sud-est <strong>di</strong> Iz-<br />
mir.<br />
8 La città, una fondazione seleucide, è attualmente al centro delle ricerche <strong>di</strong> una Missione archeologica turca, <strong>di</strong>retta da C.<br />
Şimşek, Università <strong>di</strong> Pamukkale.<br />
9 Situata ai pie<strong>di</strong> del monte Kadmos, la città è già menzionata da Erodoto.<br />
10 Hierapolis è menzionata nell’Itinerarium Antonini e nella Tabula Peutingeriana. Cfr. Ramsey 1895, pp. 11-12; Traversari 2000,<br />
pp. 9-14.<br />
11 Sulle cui pen<strong>di</strong>ci si trovava l’antica Trapezopolis.<br />
12 Si tratta <strong>di</strong> una cima vulcanica che raggiunge i 2751 metri <strong>di</strong> altezza.<br />
13 Strabone, Geografia, 13, 4, 14; 14, 1, 15 e 47.<br />
14 Filostrato la definisce: “… …” (Philostratus, , II, 24). La fertilità del sito<br />
è esaltata anche in un epigramma rinvenuto nel cuneo centrale del teatro che recita: “ | | <br />
…” (cfr. CIG, 3909; Ritti 1985, p. 114, no. 1).<br />
15 Hierapolis è inserita dall’UNESCO nell’elenco dei siti patrimonio dell’umanità (D’Andria 2003, p. 31).<br />
16 Le formazioni calcaree assumono una caratteristica conformazione a vasche sovrapposte, da cui deriva l’attuale nome del<br />
sito: Pamukkale ovvero Castello <strong>di</strong> Cotone.<br />
17 Vitruvio, De Architectura, VII, 3; Strabone, Geografia 134, 14. Per una rassegna delle fonti antiche sul tema si rinvia a Ritti<br />
1985, pp. 16-22. Sulle proprietà delle acque termali <strong>di</strong> Hierapolis, che sgorgano da sorgenti naturali sotterranee alla temperatura<br />
<strong>di</strong> 35 gra<strong>di</strong> centigra<strong>di</strong>, e la loro composizione chimica, si v<strong>ed</strong>a Özkul et Alii 2000, pp. 337-339.
2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />
141<br />
fig. 1 - Pianta generale <strong>di</strong> Hierapolis (rielaborazione da F. D’Andria, G. Scardozzi, A. Spanò<br />
2008).
142<br />
bizantina: vari sono i terremoti attestati dalle fonti<br />
documentarie <strong>ed</strong> archeologiche 18 .<br />
Dal 1957 la città antica è oggetto <strong>di</strong> scavi e ricerche<br />
sistematiche da parte <strong>di</strong> una Missione Archeologica<br />
Italiana 19 (MAIER) che da poco ha celebrato<br />
i cinquant’anni <strong>di</strong> attività a Hierapolis. La<br />
missione è attualmente <strong>di</strong>retta da F. D’Andria 20 <strong>ed</strong><br />
è composta da team afferenti a varie istituzioni nazionali<br />
<strong>ed</strong> internazionali 21 . Nelle ultime campagne<br />
<strong>di</strong> lavoro 22 le ricerche sistematiche sono state in<strong>di</strong>rizzate,<br />
<strong>fra</strong> l’altro, all’indagine <strong>di</strong> due importantissimi<br />
complessi monumentali, cuore della vita religiosa<br />
<strong>di</strong> Hierapolis in epoche <strong>di</strong>verse: il Santuario<br />
<strong>di</strong> Apollo 23 <strong>ed</strong> il quartiere cristiano sorto sulla collina<br />
del Martyrion <strong>di</strong> San Filippo 24 . A seguito delle<br />
più recenti scoperte, lo stu<strong>di</strong>o delle trasformazioni<br />
della città <strong>fra</strong> <strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong> <strong>ed</strong> età bizantina è<br />
<strong>di</strong>venuto una delle priorità della ricerca scientifica<br />
della missione 25 .<br />
In questo filone <strong>di</strong> ricerca della MAIER si inserisce<br />
anche il presente contributo sull’insula 104,<br />
mirato a presentare un esempio specifico <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o<br />
integrato del paesaggio ierapolitano, dove l’analisi<br />
dei dati relativi alle stratigrafie, alle ceramiche<br />
antiche, alle tecniche costruttive <strong>ed</strong> ai sistemi decorativi,<br />
si salda allo stu<strong>di</strong>o dei dati formali planimetrici<br />
<strong>ed</strong> al più generale contesto urbano e stori-<br />
ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />
co. Le ricerche, nell’ambito dell’architettura privata<br />
a Hierapolis, rappresentano una delle recenti attività<br />
della Missione italiana, che ad iniziare dal 1989<br />
ha promosso, nel complesso generale <strong>di</strong> tutti gli<br />
impegni <strong>di</strong> carattere scientifico, indagini sul campo,<br />
interventi <strong>di</strong> restauro e ricerche mirate ad indagare<br />
lo spazio privato e le trasformazioni della<br />
fruizione del modo <strong>di</strong> abitare. Focalizzate in particolare<br />
sull’insula 104, dove una serie <strong>di</strong> case sono<br />
state portate alla luce, le indagini hanno investito<br />
anche gli apparati decorativi <strong>ed</strong> i reperti della cultura<br />
materiale 26 .<br />
3. Il contesto delle ricerche nell’insula 104: il paesaggio<br />
urbano ierapolitano <strong>fra</strong> romanità, <strong>tarda</strong><br />
<strong>antichità</strong> <strong>ed</strong> età bizantina ( fig. 1) (D.C.)<br />
Hierapolis venne fondata nel III secolo a.C. probabilmente<br />
ad opera dei Seleuci<strong>di</strong> 27 , tuttavia allo<br />
stato attuale poco è noto sia delle strutture della<br />
città ellenistica, sia <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> prima età imperiale,<br />
a causa <strong>di</strong> un violento terremoto che nel 60 d.C.<br />
danneggiò gravemente il centro urbano 28 . Dunque,<br />
l’impianto indagato archeologicamente risulta essere<br />
principalmente quello relativo alla ricostruzione<br />
avvenuta a partire dall’età flavia 29 , con la realizzazione<br />
della grande plateia monumentale con orien-<br />
18 La così detta faglia <strong>di</strong> Hierapolis attraversa la città antica da nord-ovest a sud-est all’altezza della Chiesa a Pilastri e delle<br />
gran<strong>di</strong> Terme-Ginnasio (cfr. fig. 1), a ca. trecento metri a sud dell’isolato 104. Tra i terremoti storici che coinvolsero Hierapolis<br />
sono attestati quello del 17 d.C., del 60 d.C., del 494 d.C. e del VII sec. d.C.: cfr. Altunel 2000, pp. 303, 311; Guidoboni 1994;<br />
Ritti 1985, pp. 23-28. Per il terremoto attestato archeologicamente nella seconda metà del IV secolo d.C. si v<strong>ed</strong>a D’Andria et<br />
Alii 2006, p. 351; per quello <strong>di</strong> VII secolo d.C. cfr. D’Andria 2003, pp. 39-40. Sulla sismicità dell’area: Altunel 2000, pp. 308-<br />
309; Ozkul et Alii 2000, pp. 333-334; Soysal et Alii 1981.<br />
19 Fondata da P. Verzone; per un quadro d’insieme sulle sue attività <strong>di</strong> ricerca si v<strong>ed</strong>a: Ronchetta 2005; per le indagini <strong>di</strong> Verzone<br />
a Hierapolis in particolare cfr. D’Andria 2005b.<br />
20 Università del Salento-Lecce.<br />
21 Per un quadro generale sulle recenti attività della Missione Archeologica Italiana a Hierapolis (MAIER) si v<strong>ed</strong>a D’Andria<br />
2007.<br />
22 Sui lavori <strong>di</strong> ricerca e l’interpretazione preliminare dei dati si v<strong>ed</strong>a D’Andria 2007.<br />
23 Cfr. D’Andria 2007; Semeraro 2007.<br />
24 Cfr. D’Andria 2007; Scardozzi 2007.<br />
25 A questo scopo sono state utilizzate anche le immagini telerilevate della città riprese dal satellite americano QuickBird, cfr.<br />
Scardozzi 2004.<br />
26 Le ricerche, condotte sotto la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> A. Zaccaria Ruggiu, secondo in<strong>di</strong>rizzi <strong>di</strong> ricerca sviluppati nell’Università Ca’ Foscari<br />
<strong>di</strong> Venezia, sono state presentate in questi ultimi anni in una serie <strong>di</strong> pubblicazioni, per le quali si rinvia in bibliografia<br />
ai nomi <strong>di</strong> Zaccaria Ruggiu e Cottica.<br />
27 Articolata è la bibliografia sull’attribuzione della fondazione <strong>di</strong> Hierapolis ai <strong>di</strong>nasti pergameni o seleuci<strong>di</strong>; per le più recenti<br />
interpretazioni si rinvia a Ritti 1985, pp. 119-120.<br />
28 Per le evidenze archeologiche relative alle fasi più antiche <strong>di</strong> Hierapolis si rinvia a D’Andria 2001. Per alcune sintesi recenti<br />
sull’urbanistica <strong>di</strong> Hierapolis si v<strong>ed</strong>a: Scardozzi 2006 e Id. 2008.<br />
29 Poche sono le tracce archeologiche riferibili all’età giulio-clau<strong>di</strong>a. Le indagini più recenti sembrano comunque suggerire che<br />
un notevole sforzo e<strong>di</strong>lizio in senso monumentale avesse caratterizzato l’urbanistica <strong>di</strong> Hierapolis già in età augusteo-tiberiana,<br />
quando venne progettato e realizzato il grande polo monumentale pubblico compreso <strong>fra</strong> l’agorà civile (situata nell’area oggi<br />
occupata dalla piscina del Pamukkale Termal) <strong>ed</strong> il Santuario ad Apollo (cfr. D’Andria 2007, pp. 32-33).
2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />
143<br />
tamento N-S, fulcro <strong>di</strong> un impianto regolare <strong>di</strong> vie<br />
<strong>ed</strong> isolati <strong>di</strong> tipo ippodameo 30 rimasto in uso, seppur<br />
con importantissime mo<strong>di</strong>fiche <strong>ed</strong> alterazioni,<br />
fino all’epoca protobizantina ( fig. 1).<br />
Dall’età flavia all’età severiana il centro conobbe<br />
un continuo sviluppo monumentale, interrotto<br />
da un nuovo catastrofico evento sismico collocabile,<br />
su base archeologica, nella seconda metà del IV<br />
secolo 31 . Questo terremoto provocò la <strong>di</strong>struzione<br />
<strong>di</strong> molti dei monumenti e dei complessi pubblici<br />
e privati della Hierapolis romana: l’agorà commerciale,<br />
con le sue stoai e la stoà-basilica, il ninfeo dei<br />
tritoni, le botteghe lungo la plateia <strong>di</strong> Frontino, gli<br />
e<strong>di</strong>fici termali, il Santuario <strong>di</strong> Apollo <strong>ed</strong> il teatro<br />
furono gravemente danneggiati, o ad<strong>di</strong>rittura abbattuti.<br />
Dopo l’evento sismico, l’agorà <strong>di</strong> Hierapolis<br />
venne sfruttata come cava <strong>di</strong> materiale e<strong>di</strong>lizio<br />
e tutto questo settore della città romana restò al <strong>di</strong><br />
fuori delle mura tardo antiche, realizzate <strong>fra</strong> tardo<br />
IV e gli inizi del V secolo d.C. 32 , e venne convertito<br />
in un quartiere artigianale suburbano per la manifattura<br />
<strong>di</strong> laterizi e ceramica 33 .<br />
Proprio gli eventi che accompagnarono il terremoto<br />
<strong>di</strong> IV secolo favorirono, e forse accelerarono,<br />
un sostanziale processo <strong>di</strong> trasformazione urbanistica,<br />
segnato da una nuova <strong>ed</strong> intensa attività<br />
e<strong>di</strong>lizia che doveva comprendere <strong>fra</strong> l’altro la<br />
risistemazione della plateia, la realizzazione della<br />
cinta muraria sopra menzionata, la ristrutturazione<br />
<strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici danneggiati 34 e la costruzione ex novo<br />
<strong>di</strong> al-tri, soprattutto a carattere religioso, quali la<br />
Catt<strong>ed</strong>rale <strong>di</strong> Hierapolis, la Chiesa a Pilastri <strong>ed</strong> il<br />
Marty rion <strong>di</strong> San Filippo, nonché la rifunzionalizzazione<br />
<strong>di</strong> monumenti sopravvissuti al sisma, come<br />
nel caso delle terme a nord dell’agorà convertite in<br />
chiesa cristiana. Un esempio chiarissimo delle tra-<br />
sformazioni urbanistiche avvenute nella <strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong>,<br />
ci è restituito dagli scavi attualmente in<br />
corso ad opera del team <strong>di</strong> archeologi dell’Università<br />
<strong>di</strong> Lecce alla guida <strong>di</strong> F. D’Andria e G. Semeraro<br />
nell’area del santuario <strong>di</strong> Apollo, cuore della<br />
città romana. Le indagini recenti hanno rivelato che<br />
il complesso religioso, danneggiato dal sisma, <strong>di</strong>venne<br />
oggetto <strong>di</strong> spoliazioni sistematiche 35 , chiaramente<br />
mirate a privare questo settore della città <strong>di</strong><br />
ogni memoria storica riferibile all’antico culto pagano<br />
36 .<br />
In questo stesso orizzonte cronologico venne<br />
progettato e realizzato il complesso del Martyrion<br />
<strong>di</strong> San Filippo 37 , per il quale gli urbanisti scelsero<br />
un’altura sovrastante l’abitato d’età classica, ovvero<br />
un’area non prec<strong>ed</strong>entemente urbanizzata ma in<br />
parte occupata da una delle necropoli della città romana.<br />
Le recenti indagini hanno evidenziato che la<br />
viabilità programmata in età classica per convergere<br />
nell’area del santuario <strong>di</strong> Apollo, in questa fase<br />
venne alterata in funzione della valorizzazione dei<br />
nuovi e<strong>di</strong>fici e quartieri cristiani 38 . F. D’Andria ha<br />
<strong>di</strong>mostrato come in questo nuovo assetto urbano il<br />
percorso processionale Catt<strong>ed</strong>rale-Martyrion abbia<br />
rivestito un ruolo centrale 39 . Il nuovo percorso riutilizzava<br />
sia l’antica plateia con orientamento nordsud<br />
che in età romana conduceva al Santuario <strong>di</strong><br />
Apollo, sia uno stenopòs 40 con andamento est-ovest<br />
che, evitando l’area del Santuario, ora trasformato<br />
in una cava <strong>di</strong> materiale e<strong>di</strong>lizio, collegava <strong>fra</strong> loro<br />
le Porte Nord e Sud, per poi <strong>di</strong>rigersi verso la Porta<br />
<strong>di</strong> San Filippo. Da questo punto la via processionale<br />
proc<strong>ed</strong>eva oltrepassando un torrente grazie<br />
ad un ponte a blocchi <strong>di</strong> travertino, per giungere<br />
ad un complesso termale ottagonale 41 e quin<strong>di</strong> risalire<br />
il pen<strong>di</strong>o della collina fino al monumentale<br />
30 Si ritiene che la griglia urbana <strong>di</strong> età flavia ricalchi quella antec<strong>ed</strong>ente l’evento sismico del 60 d.C. (D’Andria 2001, pp. 98-<br />
103; Id. 2003, pp. 33-41).<br />
31 D’Andria 2003, p. 37.<br />
32 D’Andria 2003, p. 37.<br />
33 D’Andria 2003, pp. 88-97; D’Andria et Alii 2007, p. 351.<br />
34 Si v<strong>ed</strong>ano in particolare le Terme Gran<strong>di</strong> ( fig. 1) che furono ristrutturate riutilizzando colonne del tempio <strong>di</strong> Apollo <strong>di</strong><br />
età tiberiana: cfr. D’Andria et Alii 2006, p. 351; D’Andria 2007, Fig. 31. Per le recenti indagini all’e<strong>di</strong>ficio termale si rinvia a<br />
Şimşek 2000.<br />
35 D’Andria et Alii 2006, pp. 351-353.<br />
36 Cfr. Semeraro 2007.<br />
37 E<strong>di</strong>ficato alla fine del IV secolo o agli inizi del V d.C. e <strong>di</strong>strutto forse in conseguenza <strong>di</strong> un evento sismico versificatosi verso<br />
la metà del VII secolo. Per una sintesi sull’e<strong>di</strong>ficio cfr. Verzone 1960; D’Andria 2003, pp. 184-190.<br />
38 Cfr. Scardozzi 2007.<br />
39 D’Andria et Alii 2006, pp. 355-358.<br />
40 Si tratta dello stenopòs 13.<br />
41 Lo scavo e lo stu<strong>di</strong>o dell’e<strong>di</strong>ficio sono tuttora in corso, cfr. D’Andria et Alii 2006, p. 355 e Fig. 4.
144<br />
e<strong>di</strong>ficio ottagonale che custo<strong>di</strong>va le spoglie <strong>di</strong> San<br />
Filippo 42 .<br />
In tal modo l’impianto urbano tardoantico, pur<br />
riutilizzando la griglia romana, si presentava come<br />
profondamente rinnovato sia dal punto <strong>di</strong> vista<br />
dell’or<strong>di</strong>ne gerarchico dei percorsi citta<strong>di</strong>ni, non<br />
più convergenti nelle aree pubbliche tra<strong>di</strong>zionali<br />
43 , sia dal punto <strong>di</strong> vista dei contenuti delle realizzazioni<br />
formali, ora tutte ispirate ad esprimere<br />
la religiosità cristiana, i valori della nuova classe<br />
dominante <strong>ed</strong> il crescente potere politico <strong>ed</strong> economico<br />
<strong>di</strong> Chiesa e vescovi. Le nuove arterie urbane<br />
in questa fase vennero a costituire un percorso<br />
“processionale” che non solo collegava <strong>fra</strong> loro le<br />
porte principali della città, ma veniva ad unificare<br />
in un percorso fluido e razionale i quartieri e gli<br />
e<strong>di</strong>fici più rappresentativi della città tardoantica:<br />
la Catt<strong>ed</strong>rale, la Chiesa a Pilastri 44 <strong>ed</strong> il Martyrion,<br />
mettendo al servizio della nuova identità religiosa<br />
i principi <strong>di</strong> progettazione urbana ere<strong>di</strong>tati dall’urbanistica<br />
romana 45 . Nel 535 d.C. Hierapolis <strong>di</strong>venne<br />
metropolis della Phrygia Pacatiana secunda v<strong>ed</strong>endo<br />
così aumentare il proprio prestigio e ruolo<br />
all’interno dell’organizzazione provinciale a <strong>di</strong>scapito<br />
della vicina Lao<strong>di</strong>cea.<br />
Naturalmente, l’intensa attività e<strong>di</strong>lizia <strong>di</strong> V e<br />
VI secolo non fu limitata ai soli e<strong>di</strong>fici pubblici ma<br />
interessò anche il settore privato, promuovendo la<br />
trasformazione dei modelli abitativi <strong>di</strong> derivazione<br />
classica in nuove forme del vivere e dell’organizzazione<br />
degli spazi domestici, come testimoniato<br />
dai dati relativi alle case nell’insula 104 oggetto <strong>di</strong><br />
questo scritto (cfr. in<strong>fra</strong> sezione 4).<br />
Gli scavi archeologici condotti in più luoghi della<br />
città hanno evidenziato la presenza <strong>di</strong> imponenti<br />
livelli <strong>di</strong> macerie relative agli e<strong>di</strong>fici della Hierapolis<br />
cristiana e tardoantica: i crolli sigillavano<br />
ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />
monete coniate durante il regno d’Eraclio fornendo<br />
una possibile data per un evento <strong>di</strong>sastroso <strong>di</strong> vasta<br />
portata. Gli stu<strong>di</strong>osi ritengono concordemente che<br />
si sia trattato <strong>di</strong> un evento naturale <strong>di</strong> tipo tellurico<br />
piuttosto che bellico 46 : tuttavia non si può escludere<br />
che più fattori si siano sovrapposti in un breve<br />
lasso <strong>di</strong> tempo, concorrendo ad innescare ulteriori<br />
processi <strong>di</strong> trasformazione del paesaggio urbano<br />
ben attestati dai dati <strong>di</strong> scavo 47 . Di fatto il VII<br />
secolo rappresentò un momento <strong>di</strong> svolta ra<strong>di</strong>cale<br />
nell’assetto dell’antica città e con tutta probabilità<br />
anche nel territorio circostante.<br />
Per quanto riguarda il periodo successivo le fonti<br />
documentarie non menzionano attacchi arabi nella<br />
valle del Lykos ma dal contesto storico e politico<br />
complessivo è noto che all’inizio dell’VIII secolo<br />
la valle del Meandro ebbe un ruolo strategico nel<br />
conflitto arabo-bizantino per il controllo delle aree<br />
costiere. Allo stato attuale delle ricerche il periodo<br />
compreso <strong>fra</strong> la fine VII e l’VIII secolo rappresenta<br />
ancora un vuoto nella documentazione archeologica<br />
ma proprio in questo periodo si registra,<br />
come v<strong>ed</strong>remo nel caso dell’insula 104, un punto<br />
<strong>di</strong> svolta nel paesaggio urbano e nelle modalità <strong>di</strong><br />
inse<strong>di</strong>amento 48 . Le evidenze archeologiche tornano<br />
ad essere chiare <strong>ed</strong> abbondanti attorno al IX-X secolo<br />
quando i dati a nostra <strong>di</strong>sposizione delineano<br />
un tipo <strong>di</strong> inse<strong>di</strong>amento sparso, costituito da piccole<br />
chiese e cappelle con annesse aree cimiteriali<br />
e abitazioni a carattere rurale che si inserivano <strong>fra</strong><br />
le macerie della città tardoantica, riutilizzandole a<br />
scopo e<strong>di</strong>lizio 49 . Il quadro inse<strong>di</strong>ativo v<strong>ed</strong>e un’ulteriore<br />
evoluzione nel corso dell’XI secolo, quando<br />
si registrano tracce <strong>di</strong> abbandono <strong>di</strong> alcuni e<strong>di</strong>fici<br />
me<strong>di</strong>o bizantini e <strong>di</strong> intere aree dell’abitato che<br />
non verranno più rioccupate. I dati sono forse una<br />
possibile conseguenza delle incursioni selgiuchi<strong>di</strong><br />
42 Sulla via processionale cfr. Scardozzi 2004, in particolare pp. 245-247.<br />
43 Agorai, Santuario <strong>di</strong> Apollo e teatro.<br />
44 Entrambi gli e<strong>di</strong>fici si inseriscono perfettamente all’interno delle maglie della griglia romana ancora in uso.<br />
45 Sulle trasformazioni delle città classiche da pagane a cristiane cfr. Harl 2001; Spieser 2001 (in particolare le sezioni I e<br />
III).<br />
46 Ovvero a conseguenze da riferirsi all’invasione sassanide del 616.<br />
47 Per il terremoto <strong>di</strong> VII si v<strong>ed</strong>ano in particolare: D’Andria 2003, 39-40; Arthur 2006, pp. 17-18 e p. 34.<br />
48 Forse anche Hierapolis vide il costituirsi <strong>di</strong> un centro fortificato nell’area del teatro romano donde provengono strutture,<br />
monete e ceramiche <strong>di</strong> età me<strong>di</strong>o bizantina, spesso purtroppo decontestualizzate; cfr. Arthur 2006, p. 44. Per evidenze dai<br />
recentissimi scavi stratigrafici nel teatro <strong>di</strong> Hierapolis databili <strong>fra</strong> X <strong>ed</strong> XI secolo si v<strong>ed</strong>a Polito 2007, p. 161. Cittadelle fortificate<br />
impiantate su prec<strong>ed</strong>enti e<strong>di</strong>fici scenici si sono identificate ad Aphro<strong>di</strong>sias, Mileto e Aspendos.<br />
49 Per recenti evidenze databili nel periodo compreso <strong>fra</strong> il X e l’XI secolo si v<strong>ed</strong>ano le case bizantine e le strutture produttive<br />
inse<strong>di</strong>atesi nell’area del cosiddetto “Grande E<strong>di</strong>ficio” (Caggia 2007, in part. Fig. 20; Arthur, Bruno 2007, pp. 511-519), le<br />
strutture identificate nell’area del santuario <strong>di</strong> Apollo (Semeraro 2007, Figg. 4 e 19) e quelle identificate nell’area del Ninfeo<br />
dei Tritoni (Silvestrelli 2007, Fig. 4).
2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />
145<br />
attestate dalle fonti a partire dalla sconfitta delle<br />
forze bizantine a Mantzikurt nel 1071 50 . È interessante<br />
notare che anche in questo caso, come già nella<br />
metà del settimo secolo, significativi mutamenti<br />
nel paesaggio urbano ierapolitano si verificano<br />
non solo in associazione ad un contesto storico caratterizzato<br />
dalla comparsa <strong>di</strong> minacce esterne, ma<br />
anche in concomitanza con un evento sismico documentabile<br />
archeologicamente 51 . Hierapolis, come<br />
abbiamo già avuto modo <strong>di</strong> osservare, è notoriamente<br />
un’area sismica e gli eventi tellurici sono<br />
piuttosto frequenti: tuttavia la concomitanza <strong>di</strong> un<br />
evento sismico particolarmente intenso con un’importante<br />
minaccia dall’esterno può almeno in parte<br />
spiegare improvvise, o marcate, alterazioni nell’assetto<br />
dell’inse<strong>di</strong>amento. Un ulteriore segno <strong>di</strong> cambiamento<br />
nel paesaggio urbano sembra potersi riconoscere<br />
nel nuovo quartiere fortificato costituitosi,<br />
proprio a partire dal tardo XI secolo, all’interno delle<br />
rovine delle Terme Gran<strong>di</strong> (cfr. fig. 1) e rimasto<br />
in uso fino al XIII secolo 52 e all’inse<strong>di</strong>amento dei<br />
Selgiuchi<strong>di</strong> a Hierapolis.<br />
4. Un caso specifico <strong>di</strong> analisi delle trasformazioni<br />
del paesaggio urbano: l’insula 104 (A.Z.R.)<br />
4.1. Le attività <strong>di</strong> scavo e ricerca nella Regio VIII,<br />
Insula 104 ( figg. 2-3)<br />
L’insula 104 <strong>di</strong> Hierapolis <strong>di</strong> Frigia rappresenta,<br />
allo stato attuale delle ricerche e delle indagini archeologiche,<br />
un esempio significativo sia delle trasformazioni<br />
del modo <strong>di</strong> abitare e dell’uso degli<br />
spazi domestici, sia dei mutamenti e degli adattamenti<br />
delle capacità costruttive applicate all’e<strong>di</strong>lizia<br />
privata tra l’età tardo-romana e il periodo bizan-<br />
tino. Questi fenomeni, marcatamente evidenti per<br />
un momento particolare della storia dell’architettura<br />
residenziale <strong>di</strong> questa città, in<strong>di</strong>viduabile tra il<br />
V secolo e i decenni iniziali del VII sec. d.C. ( fig.<br />
2), possono <strong>di</strong> fatto essere seguiti fino al X-XI secolo<br />
( fig. 3).<br />
L’isolato, un rettangolo allungato (73 × 26,5<br />
m.) 53 , evidenziato da quattro stenopoi ortogonali<br />
tra loro, è stato oggetto <strong>di</strong> numerose indagini<br />
stratigrafiche e costituisce un segmento del tessuto<br />
urbanistico regolare ellenistico-romano, conservatosi<br />
pressoché intatto almeno sino agli inizi del<br />
VII secolo d.C. Solamente dopo un evento sismico<br />
<strong>di</strong> proporzioni <strong>di</strong>sastrose per la città, l’insula fu abbandonata;<br />
sopra le macerie, tra l’VIII e il X secolo<br />
si registra una rioccupazione del suolo dapprima<br />
in forma non sistematica e poi, attorno al X secolo,<br />
secondo un’organizzazione più strutturata e stabile,<br />
ma con caratteri più marcatamente rurali piuttosto<br />
che urbani 54 .<br />
Gli scavi, in corso dal 1989, e le ricerche relative<br />
alle case portate alla luce all’interno dell’insula 55 ,<br />
l’informatizzazione dei dati <strong>di</strong> scavo, la registrazione<br />
completa dei reperti e gli stu<strong>di</strong> ormai avanzati<br />
sulle produzioni ceramiche 56 , hanno consentito <strong>di</strong><br />
chiarire alcuni degli aspetti formali e culturali legati<br />
alle trasformazioni succ<strong>ed</strong>utesi nell’area. L’isolato,<br />
situato a nord-ovest del teatro, tra questo <strong>ed</strong> il<br />
complesso agorà civile/Santuario <strong>di</strong> Apollo, era occupato<br />
da una serie <strong>di</strong> abitazioni che si elevavano<br />
su terrazzamenti artificiali <strong>di</strong>sposti da est a ovest<br />
sul pen<strong>di</strong>o che caratterizzava questo settore della<br />
città. Questi in età tardo antica risultano essere stati<br />
realizzati con lo sbancamento dei rilievi rocciosi,<br />
con il loro livellamento e con la costruzione <strong>di</strong><br />
fondazioni che in gran parte risultano appoggiate<br />
<strong>di</strong>rettamente sulla roccia e solo in parte su struttu-<br />
50 In questo periodo le case <strong>di</strong> X secolo dell’insula 104 <strong>di</strong> seguito presentate sembrano essere abbandonate, come pure il<br />
complesso chiesa e cimitero presso il lato orientale dell’agorà cfr. Arthur 2006, pp. 118-125; Arthur, Bruno 2007, pp. 527-<br />
528.<br />
51 In<strong>di</strong>zi per terremoti verificatisi <strong>fra</strong> X e XI secolo vengono dagli scavi nell’area del “Grande E<strong>di</strong>ficio” (cfr. Caggia 2007) e dal<br />
teatro (cfr. Polito 2007, p. 161). Sulla tematica in generale cfr. Arthur 2006, p. 34.<br />
52 Per gli scavi condotti in quest’area si v<strong>ed</strong>a: Verzone 1978, pp. 850-851; Şimşek 1997; Id. 2000.<br />
53 Per una superficie totale <strong>di</strong> 1934 metri quadrati ca.<br />
54 Cfr. in<strong>fra</strong>.<br />
55 Si v<strong>ed</strong>a in particolare Zaccaria Ruggiu 2005, pp. 321-331; D’Andria et Alii 2006, pp. 362-394; Zaccaria Ruggiu 2006a; Ead.<br />
2007. Il progetto <strong>di</strong> ricerca, l’organizzazione degli scavi e degli stu<strong>di</strong> che riguardano l’insula 104 sono sotto la responsabilità <strong>di</strong><br />
chi scrive. Al momento <strong>di</strong> iniziare le indagini archeologiche da parte dell’Università <strong>di</strong> Venezia, era già stata portata alla luce<br />
da altra équipe una serie <strong>di</strong> ambienti <strong>di</strong>sposti lungo lo stenopos 19: si tratta principalmente dei vani A 30, A 29, A 28, A 27 A<br />
26, A 32-33 in fig. 2. Queste attività <strong>di</strong> scavo, prive <strong>di</strong> metodologia stratigrafica, hanno compromesso il deposito archeologico<br />
<strong>di</strong> una vasta area lungo lo stenopos 19 e sullo stenopos stesso che è stato in quelle operazioni totalmente scavato.<br />
56 È in fase <strong>di</strong> ultimazione la pubblicazione delle ceramiche da parte <strong>di</strong> D. Cottica.
146<br />
ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />
fig. 2 - Pianta generale delle case tardo antiche nell’insula 104, aggiornata alla campagna <strong>di</strong> scavo 2006 (rilievo <strong>di</strong> R. Bortolin, con i<br />
contributi <strong>di</strong> I. F<strong>ed</strong>ele, A. Spanò, C. Bonfanti).
2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />
147<br />
fig. 3 - Pianta delle strutture me<strong>di</strong>o-bizantine nell’insula 104 (rielaborazione grafica <strong>di</strong> I. F<strong>ed</strong>ele).
148<br />
re risalenti ad una più antica fase <strong>di</strong> età imperiale.<br />
Infatti, le attività che portarono alla demolizione<br />
delle strutture <strong>di</strong> età imperiale arrivarono spesso ad<br />
intaccare la sottostante roccia travertinica, tuttora<br />
visibile in alcuni ambienti delle case <strong>di</strong> età protobizantina<br />
57 . Tali operazioni eliminarono quin<strong>di</strong> in<br />
più punti i muri e le pavimentazioni riferibili alle<br />
fasi prec<strong>ed</strong>enti.<br />
Allo stato attuale, le evidenze maggiormente<br />
conservate sono quelle relative alla ricostruzione<br />
post terremoto <strong>di</strong> seconda metà del IV sec. d.C.<br />
Si tratta <strong>di</strong> almeno tre case fino ad oggi messe in<br />
luce: la “Casa dei capitelli ionici” sul terrazzamento<br />
centrale dell’isolato, la “Casa del cortile dorico” su<br />
quello orientale e la “Casa dell’iscrizione <strong>di</strong>pinta”<br />
nel settore ovest dell’insula ( fig. 2). Quest’ultima è<br />
stata così denominata a seguito del rinvenimento<br />
<strong>di</strong> un’iscrizione <strong>di</strong>pinta recante il testo in greco della<br />
Preghiera <strong>di</strong> Manasse (tav. XXXVIII a), una delle<br />
O<strong>di</strong> <strong>di</strong> Salomone, testo apocrifo delle Sacre Scritture<br />
58 . Allo stato attuale delle conoscenze, per la<br />
“Casa dei capitelli ionici” non è ancora possibile<br />
in<strong>di</strong>viduare con esattezza la planimetria riferibile<br />
tanto al periodo imperiale quanto alle ristrutturazioni<br />
tardoantiche poiché, in un momento ascrivibile<br />
alla prima metà del VII sec. d.C., questa <strong>di</strong>mora<br />
sembra essere stata sud<strong>di</strong>visa in proprietà <strong>di</strong>fferenti,<br />
con il conseguente scorporamento <strong>di</strong> vari ambienti<br />
attuato con la chiusura <strong>di</strong> alcune delle porte<br />
che mettevano in comunicazione i vani <strong>di</strong> questo<br />
settore dell’insula ( fig. 2).<br />
Anche gli isolati a<strong>di</strong>acenti, a nord e a sud dell’insula<br />
104, orientati in senso est-ovest e <strong>di</strong>slocati sulle<br />
pen<strong>di</strong>ci collinari che delimitano il pianoro sul quale<br />
fu eretta la città, furono presumibilmente realizzati<br />
in modo analogo. Le facciate e gli stipiti delle<br />
porte che si v<strong>ed</strong>ono affiorare dal livello <strong>di</strong> cam-<br />
ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />
pagna sono infatti simili alle strutture portate alla<br />
luce nell’isolato 104. Dunque l’immagine che doveva<br />
rivelarsi a chi saliva dalla città bassa, ovvero dalla<br />
plateia <strong>di</strong> Frontino, verso il quartiere del teatro,<br />
presentava aree costruite a <strong>di</strong>fferenti quote con una<br />
serie <strong>di</strong> alti e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong>sposti a <strong>di</strong>versi livelli, con case<br />
a più piani. Queste, affacciate verso la valle dell’antico<br />
Lykos e prospettanti sulle vie est-ovest 18 e 19,<br />
erano aperte verso l’esterno con finestre tra loro <strong>di</strong>suguali<br />
ai piani alti. Gli ambienti ai piani superiori<br />
dovevano aprirsi verso occidente, ovvero sul lato<br />
corto dell’isolato, sovrastando l’abitazione posta a<br />
quota più bassa. Questa sistemazione dei complessi<br />
residenziali, organizzata a livelli <strong>di</strong>gradanti verso<br />
occidente, dava così luogo a effetti scenografici <strong>di</strong><br />
quinte teatrali, simili a quelli che caratterizzano le<br />
“Hanghaus” 1 e 2 del quartiere abitativo <strong>di</strong> Efeso<br />
lungo la via dei Coureti 59 .<br />
Gli scavi archeologici operati in <strong>di</strong>fferenti aree<br />
della città antica hanno restituito dati omogenei che<br />
permettono <strong>di</strong> chiarire gli aspetti cronologici relativi<br />
alla durata <strong>di</strong> vita del sito e le cause che presumibilmente<br />
ne hanno determinato la fine. Infatti, le<br />
modalità <strong>di</strong> giacitura degli strati in<strong>di</strong>viduati sopra i<br />
livelli pavimentali presentano analoghe <strong>di</strong>namiche<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione degli alzati, dei piani superiori e delle<br />
coperture dei tetti. Tali caratteristiche <strong>di</strong> omogeneità<br />
e contemporaneità si spiegano ipotizzando un<br />
evento catastrofico esteso a tutta la città che archeologicamente<br />
si può collocare intorno alla metà del<br />
VII secolo, o poco dopo 60 . Nell’insula 104 le monete<br />
rinvenute sui livelli d’uso e il tipo <strong>di</strong> vasellame<br />
proveniente dagli strati a contatto con i pavimenti<br />
tardo antichi sono riferibili, le une al 630-640 e gli<br />
altri ad un periodo collocabile tra la fine del VI e<br />
la metà del VII sec. d.C. 61<br />
In particolare gli strati <strong>di</strong> crollo del peristilio<br />
57 Come nel muro perimetrale ES 90 del kapeleion A 115/116 e nel muro orientale ES 124/162 del vano A 84 (cfr. fig. 2), dove si<br />
v<strong>ed</strong>e chiaramente lo spiccato dei muri <strong>di</strong>rettamente appoggiati per un tratto sul livello roccioso.<br />
58 Per questo importante documento della prima età cristiana in Asia Minore che rappresenta la copia quasi identica del testo<br />
conservato nel Co<strong>di</strong>ce Alessandrino del V sec. d.C., si v<strong>ed</strong>a la serie <strong>di</strong> interventi specialistici in D’Andria et Alii 2006 <strong>ed</strong> in<br />
particolare Zaccaria Ruggiu 2006b. Per la “Casa dell’iscrizione <strong>di</strong>pinta” si rinvia al contributo <strong>di</strong> Zaccaria Ruggiu in Zaccaria<br />
Ruggiu, Bortolin, Maratini 2008, pp. 101-108.<br />
59 Diversi elementi <strong>di</strong> finestra in travertino, <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti altezze (da 0,70 a 1,10 m) e caratterizzati da due piccole semicolonne<br />
alle due estremità, sono stati rivenuti in tutte le case dell’insula; essi fungevano da separatori <strong>di</strong> due o tre luci delle finestre<br />
che apparivano come una sorta <strong>di</strong> bifora, secondo una <strong>di</strong>sposizione che doveva risultare assai simile a quella <strong>di</strong> una tomba a<br />
casa della necropoli settentrionale (tav. XXVI, a). I pilastri delle finestre erano messi in opera sormontati da capitelli in travertino<br />
sopra i quali venivano poi collocati architravi rettilinei.<br />
60 Cfr. D’Andria 2001, p. 113.<br />
61 Nessuna monetazione successiva ad Eraclio è stata rinvenuta negli strati relativi agli ultimi livelli d’uso delle case. Per<br />
quanto riguarda i reperti ceramici <strong>di</strong> queste fasi si v<strong>ed</strong>a Cottica 2006; Ead. 2007a e l’intervento della stessa autrice in questa<br />
s<strong>ed</strong>e in<strong>fra</strong>.
2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />
149<br />
della “Casa dei capitelli ionici” mostrano molto<br />
chiaramente la <strong>di</strong>namica dell’evento sismico, la cui<br />
violenza sollevò verso l’alto le strutture verticali e<br />
le colonne dei due or<strong>di</strong>ni del portico, spezzandole<br />
in due o tre parti e scheggiandone il collarino <strong>di</strong><br />
base. Le colonne si abbatterono nello spazio della<br />
vasca del peristilio, uno spazio vuoto e quin<strong>di</strong><br />
strutturalmente il più debole <strong>di</strong> tutto il complesso,<br />
e i capitelli ionici rinvenuti poco <strong>di</strong>stanti, ciascuno<br />
presso il sommoscapo della colonna caduta,<br />
sono stati tutti recuperati durante l’intervento <strong>di</strong><br />
scavo. La registrazione grafica delle modalità del<br />
crollo ha permesso nel 1992 l’anastilosi del peristilio,<br />
con la ricollocazione in posto <strong>di</strong> tutte le colonne<br />
del primo or<strong>di</strong>ne con relativi capitelli e basi 62<br />
(tav. XXXVI, a).<br />
4.2. Le premesse e<strong>di</strong>lizie e <strong>di</strong> carattere ornamentale:<br />
l’età imperiale ( fig. 2)<br />
Poche tracce delle più antiche attività e<strong>di</strong>lizie<br />
sono riscontrabili nelle case dell’isolato 104, assai<br />
verosimilmente costruite nella prima età imperiale,<br />
in un periodo che non è ancora possibile circoscrivere,<br />
e con planimetrie non precisabili nei dettagli<br />
dal momento che attualmente, come sopra si<br />
è già segnalato, le ricostruzioni <strong>ed</strong> alterazioni <strong>di</strong><br />
V-VI secolo non consentono <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare le originarie<br />
strutture prec<strong>ed</strong>enti. Appaiono tuttavia pertinenti<br />
al periodo imperiale alcuni elementi ancora<br />
visibili:<br />
1. La tecnica degli alzati in opera quadrata 63 e forse<br />
anche quella in opera a telaio 64 presenti sia nella<br />
“Casa dei capitelli ionici”, sia nella “Casa del<br />
cortile dorico” (tavv. XXXIII, a; XXXI, b; XXXIV, b).<br />
2. I capitelli ionici in marmo bianco, databili alla<br />
prima metà del II sec. d.C. 65 assai probabilmente<br />
appartengono alla fase <strong>di</strong> età imperiale della<br />
casa stessa e, recuperati dopo il terremoto del IV<br />
secolo, furono messi in opera sulle colonne della<br />
nuova fase tardo antica (tav. XXXVI, a).<br />
3. Il cortile porticato con pavimentazione marmorea<br />
a lastre bianche con fascia marginale nera<br />
del cortile della “Casa del cortile dorico” e le<br />
colonne doriche in calcare su stilobate in marmo<br />
e in pietra scura, del peristilio a tre portici 66<br />
(tav. XXXVI, b). Non si sono recuperati i capitelli,<br />
probabilmente scomparsi a causa dei lavori<br />
<strong>di</strong> asportazione delle macerie della casa tardo<br />
antica intrapresi in età me<strong>di</strong>o bizantina, attuati<br />
al fine <strong>di</strong> preparare l’area per una nuova fase<br />
inse<strong>di</strong>ativa (cfr. in<strong>fra</strong>). I piccoli portici si sviluppavano<br />
sui lati nord, est e sud, ma solo <strong>di</strong> quelli<br />
orientale e settentrionale abbiamo la profon<strong>di</strong>tà<br />
originaria ( fig. 2).<br />
4. Alla <strong>tarda</strong> età imperiale va probabilmente assegnato<br />
su base stilistica il pavimento a mosaico<br />
figurato (tav. XXXVIII, b) della stanza A 26 della<br />
“Casa dei capitelli ionici “ ( fig. 2) 67 .<br />
4.3. La fase monumentale <strong>di</strong> V-VI sec. d.C.: le<br />
strutture<br />
La grande stagione e<strong>di</strong>lizia che caratterizza le<br />
abitazioni che si elevano nell’isolato 104 è il risultato<br />
<strong>di</strong> attività <strong>di</strong> ricostruzione, o <strong>di</strong> costruzione <strong>di</strong><br />
grande portata, resesi necessarie dopo il sisma della<br />
seconda metà del IV sec. d.C. per rendere nuovamente<br />
abitabili le case, ma costituì anche l’occasione<br />
per intervenire nell’organizzazione complessiva<br />
dello spazio residenziale secondo ormai nuove modalità<br />
abitative. Purtroppo, non è possibile valutare<br />
la portata <strong>di</strong> questi interventi e<strong>di</strong>lizi e l’entità delle<br />
mo<strong>di</strong>fiche rispetto alla situazione prec<strong>ed</strong>ente: infatti<br />
le strutture murarie, i livelli pavimentali e le<br />
in<strong>fra</strong>strutture attualmente visibili risalgono per la<br />
quasi totalità all’età proto-bizantina e le soprelevazioni<br />
murarie non risultano <strong>di</strong>fferenti per tecnica<br />
62 Il secondo or<strong>di</strong>ne non è stato ricollocato: le colonne sono depositate nell’area dello scavo, i capitelli nell’Antiquarium all’aperto<br />
del Museo Archeologico <strong>di</strong> Hierapolis-Pamukkale.<br />
63 Ve<strong>di</strong> in<strong>fra</strong> tecnica 5.<br />
64 Ve<strong>di</strong> in<strong>fra</strong> tecnica 2.<br />
65 In occasione del Convegno Internazionale “La scultura romana in Asia Minore” tenutosi a Cavallino (Lecce) nel 2007, sono<br />
state presentate le sculture provenienti dalla “Casa del cortile dorico” <strong>ed</strong> i relativi contesti stratigrafici: cfr. Zaccaria Ruggiu,<br />
Canazza c.s. La cronologia <strong>di</strong> questi pezzi si colloca tra il II e il III sec. d.C. (cfr. in<strong>fra</strong>).<br />
66 Con questo stilobate il lastricato marmoreo è ben connesso.<br />
67 Il mosaico, policromo, comprende due pannelli <strong>di</strong> carattere molto <strong>di</strong>verso l’uno dall’altro: quello più a est, e più lontano<br />
dalla porta <strong>di</strong> ingresso, è organizzato in forme geometriche che racchiudono animali, uccelli e due pancraziasti, mentre quello<br />
più a occidente, vicino all’entrata, presenta un’unica scena figurata che mostra il momento dell’arrivo dell’ambasceria dei<br />
principi greci alla tenda <strong>di</strong> Achille (Il., IX, 165 ss.). Per una prima presentazione della questione cfr. Zaccaria Ruggiu 2007,<br />
pp. 235-244 e Figg. 24-33.
150<br />
dai muri che possono essere identificati come <strong>di</strong><br />
età romana.<br />
Appare palese tuttavia l’intervento <strong>di</strong> restringimento,<br />
o <strong>di</strong> abolizione, dei portici e dei peristili originari<br />
che tra il V e la prima metà del VI secolo sono<br />
oggetto <strong>di</strong> restauri ra<strong>di</strong>cali: nella “Casa dei capitelli<br />
ionici”, viene fortemente ri<strong>di</strong>mensionato il portico<br />
orientale, quello meri<strong>di</strong>onale viene trasformato in<br />
una sala e si separano nettamente gli ambienti <strong>ed</strong><br />
i settori <strong>di</strong> rappresentanza da quelli <strong>di</strong> abitazione e<br />
da quelli utilizzati per le varie attività domestiche<br />
( fig. 2). Nella “Casa del cortile dorico” si elimina<br />
l’assetto porticato dello spazio scoperto, inglobando<br />
le colonne in nuovi muri, trasformando i portici<br />
in vestiboli <strong>di</strong> altre stanze e il peristilio in una piccola<br />
corte interna ( fig. 2 e tav. XXXVI, b).<br />
Infatti una serie <strong>di</strong> interventi ra<strong>di</strong>cali elimina il<br />
peristilio dorico dell’età imperiale e le colonne in<br />
calcare sono obliterate o inserite entro le nuove murature.<br />
I vecchi portici (con tre colonne per il lato<br />
est e due per i lati sud e nord) che circondavano su<br />
tre lati il cortile vengono cancellati e trasformati in<br />
vestiboli <strong>di</strong> accesso alla sala con gli affreschi A 1207<br />
e agli ambienti A 198 e A 176 originariamente in<br />
comunicazione <strong>fra</strong> loro ( fig. 2). Il braccio meri<strong>di</strong>onale<br />
del peristilio viene invece inglobato dal muro<br />
settentrionale della cucina A 119 e <strong>di</strong> esso rimane<br />
solo una traccia nell’impronta circolare dell’imposta<br />
della colonna sullo stilobate e nella colonna più<br />
a est, inserita nel muro settentrionale della cucina<br />
( fig. 2 e tav. XXXVI, b). Sono forse da datare a questo<br />
momento sia la ri-pavimentazione della vasca<br />
del cortile con tavelle quadrate a grande modulo<br />
che si sovrappone alla originaria pavimentazione<br />
a lastre marmoree bianche con bor<strong>di</strong> a fasce nere,<br />
sia i pavimenti del portico nord A 1214, a tavelle<br />
quadrate a piccolo modulo, sia l’opus spicatum della<br />
cucina A 119 ( fig. 2). La costruzione dei muri <strong>di</strong><br />
separazione dei vani costruiti in questa fase attorno<br />
al cortile va associata alla posa in opera dei pavimenti<br />
con i quali sono strutturalmente connessi.<br />
Le murature presentano per lo più la cosiddetta<br />
tecnica mista, in<strong>di</strong>cata <strong>di</strong> seguito come tecnica 1 e<br />
tecnica 3 (tavv. XXXI, a, XXXII, a).<br />
ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />
Le abitazioni tardoantiche protobizantine dell’insula<br />
si caratterizzano anche per la presenza <strong>di</strong><br />
sale <strong>di</strong> rappresentanza decorate con pitture (tav.<br />
XXXIX, b) e ricche pavimentazioni marmoree (tav.<br />
XXXIX, a); i quartieri abitativi e quelli deputati ad<br />
attività legate alla vita domestica si <strong>di</strong>spongono invece<br />
separatamente dagli ambienti <strong>di</strong> rappresentanza,<br />
mentre la circolazione interna viene delineata<br />
con precisione in ragione <strong>di</strong> funzioni <strong>di</strong>fferenziate.<br />
Al momento della ricostruzione successiva al terremoto<br />
<strong>di</strong> IV secolo, le abitazioni sembrano aver mantenuto<br />
un’articolazione dello spazio ancora <strong>di</strong> tipo<br />
classico, con area scoperta centrale porticata su tutti<br />
i lati come visibile nella “Casa dei capitelli ionici”,<br />
o gravitante su un cortile privo <strong>di</strong> portici come per<br />
la “Casa del cortile dorico”. Le colonne del peristilio<br />
della “Casa dei capitelli ionici” erano in breccia<br />
locale <strong>di</strong> un prevalente caldo colore arancio (tav.<br />
XXXVI, a), mentre basi e capitelli erano in marmo<br />
bianco. Gli architravi dovevano essere in legno perché<br />
nessun elemento, né in marmo né in pietra, è<br />
stato ritrovato, mentre l’or<strong>di</strong>ne superiore era costituito<br />
da colonnine lisce in alabastro fiorito (marmor<br />
hierapolitanum), anch’esso proveniente da cave locali<br />
68 , con piccoli capitelli ionici in marmo bianco 69 .<br />
La “Casa dell’iscrizione <strong>di</strong>pinta” si presenta<br />
anomala nel quadro dello sviluppo dell’architettura<br />
privata <strong>di</strong> Hierapolis. Quest’ultima doveva essere<br />
originariamente parte della “Casa dei capitelli<br />
ionici”, dalla quale venne separata probabilmente<br />
nell’ultimo periodo <strong>di</strong> occupazione dell’area (prima<br />
metà del VI sec. d.C. cfr. in<strong>fra</strong>) 70 . Pur non potendo<br />
ancora <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> una planimetria completa,<br />
in quanto l’esplorazione stratigrafica è ancora agli<br />
inizi, come abbiamo avuto modo <strong>di</strong> affermare in<br />
altra s<strong>ed</strong>e 71 dal punto <strong>di</strong> vista formale questo e<strong>di</strong>ficio<br />
non si presenta secondo le consuetu<strong>di</strong>ni della<br />
tra<strong>di</strong>zione classica <strong>ed</strong> ellenistica. Infatti la “Casa<br />
dell’iscrizione <strong>di</strong>pinta”, dalla serie <strong>di</strong> stanze messe<br />
in luce in due anni <strong>di</strong> scavi stratigrafici, apparirebbe<br />
caratterizzata da una doppia sequenza <strong>di</strong> vani<br />
<strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni ( fig. 2) 72 alla cui estremità, a<br />
oriente, si <strong>di</strong>spone la piccola stanza con l’iscrizione<br />
<strong>di</strong>pinta della preghiera <strong>di</strong> Manasse (A 1267 in fig.<br />
68 Lazzarini 2002, p. 253.<br />
69 Il piano superiore si raggiungeva tramite una scala in muratura posta nel braccio settentrionale del peristilio (ES 134). Se<br />
ne è conservato un tratto con cinque gra<strong>di</strong>ni (cfr. tav. XLV, a).<br />
70 Cfr. in<strong>fra</strong>.<br />
71 Cfr. Zaccaria Ruggiu 2006b e Ead. 2007.<br />
72 Cfr. A 1331 e un altro a ovest <strong>di</strong> questo lungo il lato settentrionale; A 1361 e A 1359 lungo il lato meri<strong>di</strong>onale.
2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />
151<br />
2), appartata e separata rispetto alla sequenza degli<br />
altri ambienti 73 . Tuttavia, pur segnalando l’impossibilità<br />
<strong>di</strong> fornire interpretazioni e letture definitive<br />
tanto dell’articolazione planimetrica e della funzione<br />
d’uso degli ambienti, quanto del significato del<br />
testo <strong>di</strong>pinto (tav. XXXVIII, a) in questo complesso<br />
architettonico, si possono segnalare alcuni dati che<br />
sembrano suggerire un’interpretazione che inserisce<br />
il complesso nel quadro dell’architettura privata:<br />
– L’aspetto delle tecniche costruttive impiegate, tipiche<br />
dell’architettura privata ierapolitana 74 ,<br />
– l’inserimento <strong>di</strong> questo “e<strong>di</strong>ficio” entro un’insula<br />
a carattere residenziale,<br />
– la mancanza allo stato attuale delle ricerche <strong>di</strong><br />
elementi certi sulla presenza <strong>di</strong> una cappella, <strong>di</strong><br />
una chiesa o <strong>di</strong> un luogo canonico <strong>di</strong> funzione<br />
analoga 75 .<br />
4.3.1. Le tecniche e<strong>di</strong>lizie <strong>di</strong> V-VI secolo<br />
Le tecniche e<strong>di</strong>lizie databili tra V e VI secolo<br />
nelle case dell’insula non sono riconducibili ad un<br />
solo tipo, anzi la straor<strong>di</strong>naria varietà dei meto<strong>di</strong><br />
costruttivi impiegati rende particolarmente <strong>di</strong>fficile<br />
in<strong>di</strong>viduare delle tipologie precise e delle sequenze<br />
cronologiche coerenti, dal momento che sembrerebbe<br />
frequente l’attestazione <strong>di</strong> un contemporaneo<br />
impiego degli stessi materiali (calcare locale<br />
o travertino, più o meno compatto), omogenei per<br />
<strong>di</strong>mensioni e per forme durante lunghi perio<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
attività, <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse tecniche in uno stesso muro, oltre<br />
che delle m<strong>ed</strong>esime tipologie strutturali in fasi<br />
cronologiche <strong>di</strong>fferenti. È <strong>di</strong>ffuso l’uso <strong>di</strong> mattoni<br />
o <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>fra</strong>mmenti <strong>di</strong> tegole <strong>di</strong>sposti a corsi sovrapposti<br />
più o meno regolarmente sia nelle strutture<br />
<strong>di</strong> V secolo, dove appaiono alternati a corsi <strong>di</strong><br />
travertino (tecnica 1, tav. XXXI, a) 76 , sia in quelle<br />
probabilmente più tarde (forse <strong>di</strong> pieno VI secolo)<br />
77 (tecnica 3, tavv. XXXII, a; XXXIV, a), in cui la<br />
presenza dei laterizi è <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa apparecchiatura,<br />
sia nelle tamponature tarde <strong>di</strong> vani e porte 78 (tecnica<br />
4, tav. XXXII, b) 79 .<br />
Tuttavia nella <strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong> si possono identificare<br />
alcune tecniche pr<strong>ed</strong>ominanti che sono riconducibili<br />
in parte alla tecnica 1, rappresentata da<br />
un’opera mista <strong>di</strong> corsi regolari <strong>di</strong> blocchi <strong>di</strong> me<strong>di</strong>e<br />
e piccole <strong>di</strong>mensioni alternati a corsi <strong>di</strong> due/quattro<br />
allineamenti <strong>di</strong> laterizi (mattoni o tavelle <strong>fra</strong>mmentate)<br />
e in parte alla tecnica cosiddetta a telaio (tecnica<br />
2, tav. XXXI, b) 80 , <strong>di</strong> vasta <strong>di</strong>ffusione in <strong>di</strong>verse<br />
aree dell’impero e <strong>di</strong> lunga sopravvivenza, com’è<br />
attestato dai muri pertinenti alle case-bottega della<br />
via <strong>di</strong> Frontino 81 e come in<strong>di</strong>cano alcune strutture<br />
perimetrali dell’insula 104.<br />
Queste strutture sono realizzate con parallelepipe<strong>di</strong><br />
verticali posti a <strong>di</strong>stanze non uguali, ma regolari,<br />
collegati da blocchi <strong>di</strong> me<strong>di</strong>e <strong>di</strong>mensioni approntati<br />
in allineamenti piuttosto regolari allettati<br />
con malta povera, mista ad argilla cruda, utilizzando<br />
il calcare locale (tav. XXXI, a, b). Ma non sempre<br />
si assiste ad una uniformità e regolarità tanto negli<br />
allineamenti quanto nei tagli dei blocchi lapidei e<br />
nel tipo e spessore delle malte: si v<strong>ed</strong>a ad esempio<br />
la tecnica 6 (tav. XXXIII, b) variante della tecnica 2<br />
(tav. XXVII, a) 82 . Lo stesso materiale fu utilizzato<br />
per erigere i muri in opera quadrata che v<strong>ed</strong>e alli-<br />
73 In essa non potevano essere presenti più <strong>di</strong> una/due persone alla volta in quanto il testo, apocrifo delle Sacre Scritture,<br />
una preghiera <strong>di</strong> carattere penitenziale, poteva essere letto solo con la porta chiusa e con l’unica finestra chiusa girando su<br />
se stessi per poter leggere le tre righe <strong>di</strong>pinte su tutte le quattro pareti. La preghiera, infatti, si presenta lacunosa <strong>di</strong> tutte le<br />
parti terminali delle tre righe proprio in corrispondenza della porta e della finestra e perciò doveva completarsi sulle superfici<br />
delle chiusure lignee sia della porta che della finestra. A conferma della posizione quasi nascosta, celata all’esterno (nessuna<br />
apertura è visibile dalla strada, né dalle altre stanze prima <strong>di</strong> arrivare davanti alla porta), contribuisce il rinvenimento<br />
all’interno dell’ambiente e sopra il pavimento, <strong>di</strong> due serrature in ferro e in bronzo, complete <strong>di</strong> chiave. Cfr. Zaccaria Ruggiu<br />
2006a, Zaccaria Ruggiu 2006b.<br />
74 Si v<strong>ed</strong>a più avanti la presentazione delle tecniche e<strong>di</strong>lizie.<br />
75 Mentre sembrerebbe esistere una sala con funzione <strong>di</strong> biblioteca, dotata <strong>di</strong> tre nicchie-arma<strong>di</strong>o (A 1361 in fig. 2).<br />
76 Si v<strong>ed</strong>ano ad esempio i muri ES 9, ES 48, ES 5 alternati a corsi <strong>di</strong> travertino nella “Casa dei capitelli ionici” <strong>ed</strong> ES 190 nella<br />
“Casa del cortile dorico” ( fig. 2).<br />
77 Come per i muri ES 1200 e ES 1205 nella Casa del cortile dorico in fig. 2.<br />
78 Come ad esempio in ES 1218 o in ES 48 in fig. 2.<br />
79 L’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> alcune specifiche tecniche e<strong>di</strong>lizie deve intendersi come un’in<strong>di</strong>cazione provvisoria, in quanto si sta proc<strong>ed</strong>endo<br />
allo stu<strong>di</strong>o sistematico delle strutture murarie delle case dell’insula e delle <strong>di</strong>verse fasi e<strong>di</strong>lizie <strong>di</strong> queste.<br />
80 Si v<strong>ed</strong>ano ad esempio in fig. 2 il muro sud ES 4, il muro orientale ES 90 e alcuni muri interni della “Casa dei capitelli ionici”<br />
(ES 51, ES 192) che sembrerebbero risalire ad un periodo pre-terremoto <strong>di</strong> fine IV secolo.<br />
81 Cfr. Mastronuzzi, Melissano 2007.<br />
82 Cfr. tavv. XXXIII, b; XXXI, b rispettivamente.
152<br />
neamenti <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> parallelepipe<strong>di</strong> pressoché quadrati<br />
accostati a secco (tecnica 5, tav. XXXIII, a; tav.<br />
XXXIV, b parte destra). In questa fase si usano blocchi<br />
<strong>di</strong> calcare <strong>di</strong>sposti regolarmente in corsi orizzontali,<br />
con zeppe <strong>di</strong> taglio più piccolo, anche <strong>di</strong><br />
laterizio. L’impiego esclusivo del laterizio negli alzati<br />
è cosa eccezionale (tecnica 4): lo si osserva ad<br />
esempio nella struttura ES 62 che occlude le luci<br />
dell’intercolumnio meri<strong>di</strong>onale del peristilio ionico<br />
(tav. XXXII, b) e nel muro W della stanza dell’iscrizione<br />
<strong>di</strong>pinta.<br />
Anche per la costruzione dei vani-porta, sono<br />
utilizzati gran<strong>di</strong> parallelepipe<strong>di</strong> <strong>di</strong> calcare, sovrapposti<br />
orizzontalmente per innalzare gli stipiti (tav.<br />
XLIV, a) 83 . Infine, il riutilizzo dei marmi negli alzati<br />
non è molto frequente nelle strutture tardo antiche.<br />
Spora<strong>di</strong>ci <strong>fra</strong>mmenti <strong>di</strong> colonne in calcare e<br />
in marmo <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni vennero usati in<br />
alcuni muri della “Casa dell’iscrizione <strong>di</strong>pinta” 84 e<br />
della “Casa dei capitelli ionici” 85 , mentre il riciclaggio<br />
è ben attestato nelle pavimentazioni marmoree,<br />
ove si notano crustae <strong>di</strong> reimpiego recanti iscrizioni,<br />
elementi <strong>di</strong> cornici e lastre modanate 86 . Come v<strong>ed</strong>remo<br />
in seguito, più frequente fu invece il riuso<br />
del marmo antico nelle strutture della case <strong>di</strong> età<br />
me<strong>di</strong>o-bizantina sia negli alzati sia nelle pavimen-<br />
ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />
tazioni, dove si ritrovano insieme <strong>fra</strong>mmenti <strong>di</strong> lastre<br />
marmoree, tavelle in terracotta e argilla cruda<br />
spalmata a formare i piani d’uso (cfr. tav. XLVII, b).<br />
4.3.2. Le pavimentazioni<br />
Tra il V e gli inizi del VII secolo erano in uso<br />
sostanzialmente quattro tipi <strong>di</strong> pavimentazione:<br />
1) Il tipo più <strong>di</strong>ffuso è il pavimento in tavelle<br />
quadrate <strong>di</strong> terracotta, presenti in due <strong>di</strong>fferenti<br />
misure, <strong>di</strong> taglio piccolo 87 e <strong>di</strong> taglio grande (tav.<br />
XXXVII, b; tav. XXXVI, b rispettivamente) 88 . Tali<br />
pavimentazioni sono associate alle trasformazioni<br />
e<strong>di</strong>lizie <strong>di</strong> cui furono oggetto la “Casa del cortile<br />
dorico” 89 e la “Casa dei capitelli ionici”: in particolare<br />
la messa in opera del pavimento in tavelle<br />
<strong>di</strong> terracotta dell’ambiente A 165 90 si colloca dopo<br />
il 512-517 d.C. 91 , mentre nella stanza A 26 il pavimento<br />
a tavelle <strong>di</strong> piccolo taglio, che ricopriva un<br />
più antico pavimento a mosaico ( fig. 2) 92 , può essere<br />
assegnato all’età giustinianea o post giustinianea<br />
93 .<br />
2) Abbastanza <strong>di</strong>ffusa è la pavimentazione in<br />
opus spicatum, formata da <strong>fra</strong>mmenti <strong>di</strong> tegole <strong>di</strong><br />
cui viene utilizzato il bordo più rilevato, che ven-<br />
83 In alcuni casi un unico lastrone <strong>di</strong> calcare fungeva da stipite, come nell’esempio della porta tra il peristilio e la stanza A 84<br />
della “Casa dei capitelli ionici”; in alternativa vennero impiegati gran<strong>di</strong> parallelepipe<strong>di</strong> in calcare messi in opera in verticale<br />
come elementi <strong>di</strong> base per costruire il vano-porta. L’utilizzazione <strong>di</strong> parallelepipe<strong>di</strong> ben squadrati <strong>di</strong> travertino connessi a<br />
secco in orizzontale, o con un sottile strato <strong>di</strong> malta mista ad argilla cruda per allettamento, è presente anche in due pilastri,<br />
che dovevano sostenere la travatura per la pavimentazione del piano superiore in<strong>di</strong>viduabile sopra il kapeleion bizantino, un<br />
esercizio privato destinato al pubblico con funzione <strong>di</strong> ristorante che secondo un’ipotesi altrove formulata, occupava il settore<br />
meri<strong>di</strong>onale della “Casa del cortile dorico” (cfr. fig. 2 e tav. XLIII, b). I due pilastri marcavano la separazione tra due zone<br />
che presentavano livelli pavimentali a quote <strong>di</strong>fferenti: A 116 e A 115, separati da un gra<strong>di</strong>no e sono probabile traccia <strong>di</strong> un<br />
arcone che sovrastava la linea <strong>di</strong> passaggio tra le due parti della sala.<br />
84 Cfr. ES 1266 in fig. 2.<br />
85 Cfr. ES 75 in fig. 2.<br />
86 Come testimonia l’opus sectile della stanza A 195 ( fig. 2). Per dettagli cfr. Cottica 2005b, p. 96 e Tav. XL c-e.<br />
87 Si v<strong>ed</strong>ano in fig. 2 le pavimentazioni nella parte a quota più bassa della sala degli affreschi A 1207, nel vestibolo <strong>di</strong> questa<br />
A 1214, nella sala a due livelli del kapeleion A 115/116, nel cubicolo A 1201 della “Casa del cortile dorico”; nell’ingresso<br />
dallo stenopos 19, A 113, nella stanza A 26 della “Casa dei capitelli ionici”, nella stanza A 1267 della “Casa dell’iscrizione <strong>di</strong>pinta”.<br />
88 Presenti nella sala cd. Biblioteca A 1361 della “Casa dell’iscrizione <strong>di</strong>pinta”, nel cubicolo A 165 della “Casa del cortile dorico”;<br />
si trovano anche negli ambienti A 28, A 29 e A 30 pertinenti alla “Casa dei capitelli ionici” e nell’ex<strong>ed</strong>ra A 1305 (cfr.<br />
fig. 2).<br />
89 Cfr. supra.<br />
90 Questo pavimento non è illustrato nella pianta in fig. 2.<br />
91 Il vespaio sottostante infatti conteneva, <strong>fra</strong> l’altro, una moneta <strong>di</strong> Anastasio.<br />
92 Per una prima presentazione <strong>di</strong> questo mosaico, che è costituito da due pannelli, uno con animali e pancraziasti entro esagoni,<br />
l’altro con una scena dell’Iliade, IX, 165 ss. cfr. Zaccaria Ruggiu 2007.<br />
93 Infatti, in occasione <strong>di</strong> un saggio praticato nel 2002 sotto la pavimentazione, entro l’argilla cruda usata per l’allettamento<br />
delle lastre <strong>di</strong> terracotta, è stato ritrovato un tesoretto <strong>di</strong> 58 monete <strong>di</strong> bronzo datate tra il IV secolo e l’età <strong>di</strong> Giustiniano, che<br />
si pone quin<strong>di</strong> come terminus post quem per l’obliterazione del sottostante mosaico pavimentale e la costruzione del pavimento<br />
in tavelle <strong>di</strong> terracotta.
2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />
153<br />
gono messi in opera in modo da formare lunghe fasce<br />
con motivo a spina <strong>di</strong> pesce o quadrati <strong>di</strong>sposti<br />
a losanga. L’opus spicatum costituisce il pavimento<br />
della stanza A 198 ( fig. 2) della “Casa del cortile<br />
dorico”, nella quale forma anche la pavimentazione<br />
della cucina A 119. Nella “Casa dei capitelli ionici”<br />
è presente in quattro casi: nella stanza A 79 94 ,<br />
nel pavimento dei portici del peristilio A 181, nel<br />
settore occidentale del pavimento della stanza A<br />
26 ( fig. 2) e infine nella stanza A 194 95 (tav. XL, a),<br />
in seguito scorporata dalla “Casa dei capitelli ionici”<br />
(cfr. in<strong>fra</strong>).<br />
Questi pavimenti sono in fase con alcune strutture<br />
murarie alle quali si connettono e con le quali<br />
costituiscono un saldo riferimento cronologico. In<br />
particolare, nella “Casa dei capitelli ionici” si osserva<br />
che la costruzione del muro ES 69-60, e quin<strong>di</strong><br />
della stanza A 79 e della sala <strong>di</strong> rappresentanza con<br />
opus sectile A 50, è ben connessa con le pavimentazioni<br />
in opus spicatum del portico settentrionale,<br />
occidentale e orientale i cui motivi geometrici in<br />
forma <strong>di</strong> cornici si concludono con molta precisione<br />
ai pie<strong>di</strong> delle strutture murarie ES 69/60, 132,<br />
126, 191, 62 e si inseriscono coerentemente entro<br />
l’area dei portici. Inoltre, la trasformazione dell’originale<br />
peristilio con quattro portici in uno spazio a<br />
due portici, con una sala chiusa al posto del portico<br />
meri<strong>di</strong>onale, v<strong>ed</strong>e l’immorsatura del muro che<br />
ingloba le colonne del portico meri<strong>di</strong>onale con il<br />
muro 60, cancellando così quasi totalmente le <strong>di</strong>mensioni<br />
e i volumi originari del portico orientale,<br />
ridotto in questo modo a uno spazio inutilizzato e<br />
non percorribile, ma mantenendo l’aspetto prestigioso<br />
del vecchio peristilio con le sue colonne pur<br />
sempre visibili.<br />
3) Di pregio doveva essere l’applicazione dell’opus<br />
sectile (tav. XXXIX, a), usato in tre occasioni:<br />
negli ambienti <strong>di</strong> rappresentanza e <strong>di</strong> prestigio della<br />
“Casa dei capitelli ionici” A 181, A 50 e A 195 e<br />
nell’ex<strong>ed</strong>ra A 1239. In questi vani è associato a pitture<br />
(nell’ex<strong>ed</strong>ra A 1239), a zoccolature in marmo<br />
(in A 181, A 195, A 1239, A 50) e a stucchi (in A<br />
195) 96 . Nelle due sale A 50 e A 195 l’organizzazio-<br />
ne del motivo è del tutto analoga, anche se la forma<br />
dei vani e le <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> queste variano: più<br />
tendente al quadrato la sala A 195 rispetto alla A<br />
50. Una pavimentazione in lastre <strong>di</strong> marmo bianco<br />
era invece presente anche nel cortile A 1258, su<br />
cui si apre l’es<strong>ed</strong>ra A 1239. Il cortile era decorato<br />
da un bacino <strong>di</strong> fontana anch’esso in marmo (tav.<br />
XXXV, b). La questione della <strong>di</strong>ffusione dei sectilia a<br />
pannelli geometrici tanto negli e<strong>di</strong>fici pubblici (specialmente<br />
chiese e basiliche), quanto nelle abitazioni<br />
private, connessa col sorgere <strong>di</strong> una classe <strong>di</strong>rigente<br />
<strong>di</strong> ispirazione cristiana, è stato affrontato in<br />
un recente stu<strong>di</strong>o 97 , mentre il problema cronologico<br />
si prospetta assai controverso a causa dell’assenza<br />
<strong>di</strong> significativi dati dai vari contesti archeologici. È<br />
possibile tuttavia in<strong>di</strong>viduare tra la metà del V e<br />
la metà del VI secolo il periodo <strong>di</strong> costruzione dei<br />
nostri esemplari ierapolitani.<br />
Alla “Casa dei capitelli ionici” va assegnata anche<br />
la pavimentazione in opus sectile con crustae <strong>di</strong><br />
risulta del piccolo cortile A 55 ( fig. 2). Nella vasca<br />
<strong>di</strong> questo, l’opus sectile, conservato solo per una porzione<br />
ridotta, è piuttosto grossolano, formato da<br />
materiale <strong>di</strong> reimpiego, in pessime con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />
conservazione. I dati <strong>di</strong> scavo permettono <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziare<br />
cronologicamente questa pavimentazione<br />
dalle altre e <strong>di</strong> ipotizzare la formazione <strong>di</strong> questo<br />
spazio, che è stato usato come spazio <strong>di</strong> servizio o<br />
cucina 98 , nel momento finale d’uso della casa nella<br />
prima metà del VII secolo.<br />
4) Infine, meno frequente è la pavimentazione in<br />
argilla cruda, a volte mescolata con calce, spalmata<br />
sul livello originario <strong>di</strong> roccia, come quella attestata<br />
nei vani <strong>di</strong> uso utilitaristico della “Casa del cortile<br />
dorico” A 176 (tav. XLI, a), in A 54 e, nella “Casa<br />
dei capitelli ionici”, nella stanza A 84, nel piccolo<br />
portico <strong>di</strong>sposto a squadra in A 55, usato come<br />
cucina, e nello spazio A 151 utilizzato anche come<br />
latrina (tav. XLI, b).<br />
Da questa breve rassegna è evidente che i due<br />
<strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> pavimentazioni in laterizio 99 non caratterizzano<br />
ambienti con funzioni <strong>di</strong>verse: infat-<br />
94 Caratterizzata da un lungo se<strong>di</strong>le alto cm 40, in muratura, con piano d’appoggio in tavelle <strong>di</strong> terracotta.<br />
95 Questa pavimentazione non è riportata nella pianta in fig. 2.<br />
96 Per tutti questi sectilia si rinvia alla presentazione dettagliata in Cottica 2005b.<br />
97 Cottica 2005b, in part. pp. 100-103.<br />
98 La presenza <strong>di</strong> un bancone e <strong>di</strong> una fossa per rifiuti ha fatto ipotizzare l’utilizzo come cucina <strong>di</strong> questo cortile, nel quale<br />
una colonna alla congiunzione dei due bracci est e nord fungeva da perno per la copertura dei due bracci del peristilio.<br />
99 A tavelle quadrate e in opus spicatum.
154<br />
ti in entrambi i casi si tratta <strong>di</strong> pavimenti messi<br />
in opera in vani <strong>di</strong> uso domestico e utilitaristico.<br />
Possiamo comunque precisare che nelle stanze con<br />
funzione domestica, o nei vani <strong>di</strong> intensa fruizione<br />
come il kapeleion A 115/116 (cfr. fig. 2), si preferisce<br />
l’uso delle tavelle in terracotta 100 . In genere,<br />
negli spazi <strong>di</strong> tipo utilitaristico o <strong>di</strong> uso costante<br />
come cucine 101 , depositi 102 e vani <strong>di</strong> passaggio parzialmente<br />
aperti 103 , vengono usate pavimentazioni<br />
più elaborate come l’opus spicatum, oppure assolutamente<br />
semplici come il battuto in argilla cruda e<br />
calce 104 . Tuttavia si può osservare che il maggiore<br />
impegno tecnico e l’esigenza <strong>di</strong> una maggiore abilità<br />
<strong>di</strong>segnativa e <strong>di</strong> una più controllata regolarità<br />
d’esecuzione delle pavimentazioni in opus spicatum,<br />
presuppongono anche capacità professionali maggiori<br />
e un costo superiore <strong>di</strong> queste rispetto ai pavimenti<br />
in tavelle e quin<strong>di</strong> un uso destinato a funzioni<br />
domestiche più selezionate.<br />
4.3.3. Piani superiori<br />
Le case dell’insula sono caratterizzate dalla presenza<br />
<strong>di</strong> un piano superiore, attestato nella “Casa<br />
dei capitelli ionici” sia da una scala in muratura<br />
nel braccio settentrionale del peristilio A 181 (tav.<br />
XLV, a), sia dal rinvenimento del secondo or<strong>di</strong>ne<br />
del peristilio stesso. Non sappiamo quanto si estendesse<br />
questo piano, tuttavia è possibile pensare che<br />
coprisse almeno le stanze <strong>di</strong>sposte attorno al peristilio<br />
e che in questi ambienti trovasse articolazione<br />
piena l’esigenza più privata e personale della<br />
famiglia, con le stanze per dormire e per le attività<br />
domestiche, poiché al piano terreno si trovano le<br />
sale <strong>di</strong> rappresentanza insieme a quelle con funzione<br />
strettamente utilitaristica (depositi, cucine, latrine).<br />
Inoltre, negli strati <strong>di</strong> crollo <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi ambienti<br />
sono state recuperate numerose tavelle in terracotta<br />
riferibili ad un piano pavimentale superiore.<br />
È soltanto ipotizzabile invece l’esistenza <strong>di</strong> un<br />
secondo piano per la “Casa del cortile dorico”,<br />
mancando qualsiasi elemento probante; ma l’esten-<br />
ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />
sione per tutto il piano terra degli spazi <strong>di</strong> rappresentanza<br />
(cfr. A 1207 in fig. 2) e <strong>di</strong> quelli lavorativi<br />
(cucina, depositi e ristorante/kapeleion), congiuntamente<br />
all’assenza al piano terra <strong>di</strong> spazi destinati<br />
alla vita quoti<strong>di</strong>ana, o per alloggiare le persone<br />
deputate alle attività lavorative, rendono plausibile<br />
l’ipotesi <strong>di</strong> un piano superiore anche in questa abitazione,<br />
forse raggiungibile con scale in legno e per<br />
questo non testimoniate dai dati archeologici.<br />
Per la “Casa dell’iscrizione <strong>di</strong>pinta” non è stata<br />
ancora in<strong>di</strong>viduata alcuna scala, tuttavia gli strati<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione sui livelli pavimentali hanno restituito<br />
numerose tavelle quadrate <strong>di</strong> piccolo modulo<br />
rendendo certa la presenza <strong>di</strong> un piano superiore, e<br />
consentendo la ricostruzione dell’intera pavimentazione<br />
sia dell’ambiente sopra la stanza <strong>di</strong> Manasse<br />
(A 1267), sia <strong>di</strong> quello sopra la cosiddetta Biblioteca<br />
(A1361).<br />
4.3.4. I sistemi decorativi delle case <strong>di</strong> V-VI secolo<br />
Delle pitture ad affresco che decoravano le pareti<br />
delle abitazioni <strong>di</strong> VI - inizi del VII secolo sono<br />
rimasti alcuni esempi in situ 105 e molti lacerti rinvenuti<br />
in crollo all’interno dei vani. L’apparato<br />
decorativo più straor<strong>di</strong>nario e meglio conservato<br />
proviene dalla sala A 1207 della “Casa del cortile<br />
dorico” (tav. XXXIX, b), una sala probabilmente da<br />
banchetti, con accesso <strong>di</strong>retto dallo stenopos 18, oltre<br />
che dall’interno dell’abitazione, me<strong>di</strong>ante una porta<br />
che nell’ultimo periodo della casa è stata chiusa<br />
(tav. XXVIII, a). Si tratta <strong>di</strong> una sequenza <strong>di</strong> colonne<br />
scanalate su basi attiche e plinti quadrati, <strong>di</strong>pinte<br />
come un trompe l’öil privo <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà spaziale,<br />
addossate a pareti decorate con pannelli <strong>di</strong><br />
finti marmi policromi, bordati da cornici <strong>di</strong> marmi<br />
a colori contrastanti 106 . Prevale la scelta <strong>di</strong> rappresentare<br />
il marmo prezioso locale: l’alabastro fiorito,<br />
o onice <strong>di</strong> Pamukkale.<br />
Al centro delle pareti est e nord, le meglio conservate,<br />
si evidenzia un emblema <strong>di</strong> forma <strong>di</strong>versa<br />
in ciascuna delle due pareti: sulla parete lunga set-<br />
100 Si v<strong>ed</strong>ano i cubicula A 1201 e A 165 in tavelle a piccolo modulo nella “Casa del cortile dorico” e la stanza A 26 in tavelle a<br />
piccolo modulo nella “Casa dei capitelli ionici”, in fig. 2.<br />
101 A 119 nella “Casa del cortile dorico” in fig. 2.<br />
102 A 198 nella “Casa del cortile dorico” in fig. 2.<br />
103 Come nel caso dei portici del peristilio della “Casa dei capitelli ionici” in fig. 2.<br />
104 Come nel vano con latrina A 151 nella “Casa dei capitelli ionici” e la stanza A 176 nella “Casa del cortile dorico” (cfr. fig.<br />
2; tav. XXXV, a).<br />
105 In realtà pochi, se si considera l’estensione della “Casa dei capitelli ionici”.<br />
106 Per alcune immagini a colori <strong>di</strong> questi affreschi si v<strong>ed</strong>a Zaccaria Ruggiu 2007, Figg. 10-18.
2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />
155<br />
tentrionale una losanga allungata, bordata da una<br />
cornice a “cani correnti” racchiude un <strong>di</strong>sco, mentre<br />
sulla parete corta orientale un pannello a losanga<br />
che contiene un pannello quadrato sorretto da delfini,<br />
con elementi <strong>di</strong> paesaggio, appena percepibili<br />
in una campitura verde. In un altro pannello che riproduce<br />
l’onice sono <strong>di</strong>pinte due piccole scene figurate<br />
realizzate con lo stesso colore che caratterizza le<br />
venature dell’onice: una rappresenta una danzatrice<br />
che suona una siringa, l’altra una coppia in atteggiamento<br />
erotico 107 . Pannelli <strong>di</strong> marmi venati sono<br />
<strong>di</strong>sposti tra una base e l’altra delle colonne. Solo le<br />
colonne della parete settentrionale sono avvolte da<br />
un velo trasparente, reso con sottili pennellate oblique<br />
a zig-zag <strong>di</strong> colore rosso. Gli stipiti delle porte<br />
sono decorati <strong>di</strong>versamente e anche se rimangono<br />
scarse tracce <strong>di</strong> questa pittura, sembra che la porta<br />
verso il cortile fosse incorniciata da stipiti a griglie<br />
ver<strong>di</strong> e la porta verso la strada da girali vegetali.<br />
Il soffitto della sala, da una prima analisi dei<br />
molti <strong>fra</strong>mmenti provenienti dallo strato <strong>di</strong> crollo,<br />
doveva essere <strong>di</strong>pinto con motivi floreali. La stessa<br />
articolazione <strong>di</strong> serie <strong>di</strong> colonne su sfondo <strong>di</strong> pannelli<br />
in finto marmo, ma in scala minore, compare<br />
su due pareti dell’es<strong>ed</strong>ra A 1239 della “Casa dei Capitelli<br />
ionici”, in precario stato <strong>di</strong> conservazione 108 .<br />
Le pitture sono associate in un caso a un pavimento<br />
in opus sectile (nell’ex<strong>ed</strong>ra A 1239) e nella sala<br />
<strong>di</strong> rappresentanza A 1207 ad un pavimento in tavelle<br />
quadrate <strong>di</strong> terracotta <strong>di</strong> piccolo modulo nel<br />
settore occidentale della sala, situato ad un livello<br />
più basso del settore orientale pavimentato invece<br />
in opus spicatum. Pavimenti e pitture sono coevi per<br />
una serie <strong>di</strong> ragioni <strong>di</strong> tipo stratigrafico. Lo scavo<br />
della sala con le pitture A 1207 ha anche restituito<br />
due sculture in marmo bianco che costituiscono<br />
il sostegno <strong>di</strong> trapezai, una piccola statua <strong>di</strong> Dioniso<br />
ebbro, privo della testa, sostenuto da un satiro<br />
mingens 109 , <strong>di</strong> cui è conservata parte del busto<br />
e delle gambe e da un satirello <strong>di</strong> cui rimangono<br />
solo i pie<strong>di</strong> e una piccola statua <strong>di</strong> Attis del tipo<br />
tristis 110 . Allo stato attuale si ritiene che questi oggetti,<br />
databili in un periodo che oscilla <strong>fra</strong> il II <strong>ed</strong><br />
il tardo III sec. d.C. non potessero far parte dell’arr<strong>ed</strong>o<br />
originario della casa ma fossero stati portati<br />
in quest’ambiente nella fase finale d’uso dell’insula,<br />
quando l’intero quartiere era ormai in stato <strong>di</strong><br />
abbandono <strong>ed</strong> utilizzato come cava per l’asporto <strong>di</strong><br />
materiale e<strong>di</strong>lizio <strong>di</strong> pregio e come area <strong>di</strong> calcinazione<br />
<strong>di</strong> marmi e deposito (temporaneo) <strong>di</strong> materiali<br />
pronti per essere riutilizzati 111 .<br />
4.3.5. L’approvvigionamento idrico e gli spazi <strong>di</strong><br />
servizio<br />
L’in<strong>di</strong>viduazione delle condutture <strong>di</strong> adduzione<br />
dell’acqua nelle case investe una ricerca che è<br />
soltanto agli inizi e che richi<strong>ed</strong>e interventi stratigrafici<br />
sotto i livelli pavimentali; gli scavi per ora<br />
hanno evidenziato alcune realtà che sembrano riferibili<br />
solo all’ultima fase <strong>di</strong> vita nell’area agli inizi<br />
del VII secolo, quando le case erano già in stato <strong>di</strong><br />
degrado e parziale abbandono. Negli ambienti <strong>di</strong><br />
accesso alle case si è accertato che le tubazioni fittili<br />
della rete idrica citta<strong>di</strong>na, poste in opera sotto<br />
alcune delle soglie indagate dell’insula, erano interrotte<br />
e non continuavano all’interno delle abitazioni:<br />
questo è evidente nell’ingresso A 54 della “Casa<br />
del cortile dorico” dallo stenopos 19, e nell’ambiente<br />
A 151 che si apre sullo stenopos 18 della “Casa dei<br />
capitelli ionici”. In questo grande vano, erano alloggiati<br />
tre gran<strong>di</strong> pithoi parzialmente interrati entro<br />
il livello pavimentale in battuto <strong>di</strong> calce e argilla<br />
cruda. In quest’ambiente <strong>di</strong> lavoro che poss<strong>ed</strong>eva<br />
anche un bancone in muratura lungo la parete est,<br />
i pithoi potevano sopperire alla necessità <strong>di</strong> acqua<br />
della casa costituendo delle riserve idriche, forse in<br />
attesa del ripristino delle tubazioni dell’acqu<strong>ed</strong>otto,<br />
alcuni elementi delle quali erano presenti sopra il<br />
bancone al momento dello scavo 112 (tav. XLI, b).<br />
107 Queste pitture sono state pubblicate in Zaccaria Ruggiu 2005 e Ead. 2007.<br />
108 Dal momento della scoperta, avvenuta nel 2001 una serie <strong>di</strong> interventi <strong>di</strong> restauro durati alcuni anni, hanno consentito la<br />
pulizia e il consolidamento <strong>di</strong> queste eccezionali testimonianze della presenza <strong>di</strong> ateliers <strong>di</strong> pittori a Hierapolis e della <strong>di</strong>ffusione<br />
<strong>di</strong> un gusto per la decorazione riproducente architetture, che per ora si conosceva in Turchia in abitazioni <strong>di</strong> Efeso e in<br />
Europa in chiese della Bulgaria. Tutte le pitture sono in situ.<br />
109 Cfr. Zaccaria Ruggiu 2007, Fig. 6.<br />
110 Cfr. Zaccaria Ruggiu 2007, Fig. 7.<br />
111 Sulle sculture provenienti dall’insula 104, e sulle problematiche relative alla loro datazione e significato all’interno del contesto<br />
<strong>di</strong> rinvenimento, si v<strong>ed</strong>a Zaccaria Ruggiu, Canazza, c.s.<br />
112 Ai due lati <strong>di</strong> uno <strong>di</strong> questi pithoi, due blocchi <strong>di</strong> travertino servivano presumibilmente per sostenere una struttura lignea<br />
che permetteva il prelievo dell’acqua (o <strong>di</strong> sostanze-derrate necessarie alla vita della casa).
156<br />
Elementi <strong>di</strong> tubi in terracotta sono stati recuperati<br />
impilati entro un vano (A 1268) ricavato<br />
dall’ex<strong>ed</strong>ra A 1239 nell’ultima fase d’uso, mentre<br />
due tubazioni fittili collocate verticalmente <strong>di</strong>etro<br />
la fontana del cortile della “Casa dei capitelli ionici”<br />
A 1258, erano la parte emergente del sistema<br />
necessario all’adduzione dell’acqua nella casa,<br />
al momento della sua ricostruzione nel V sec. d.C.<br />
Questa, immessa entro le tubazioni, si riversava<br />
in un piccolo bacino rivestito <strong>di</strong> lastrine <strong>di</strong> marmo<br />
(tav. XXXV, b) e da questo ad un grande bacino<br />
rettangolare in marmo.<br />
La questione dell’approvvigionamento dell’acqua<br />
nella fase finale d’uso <strong>di</strong> questo isolato nel VII<br />
secolo d.C. doveva costituire un grave problema: i<br />
dati <strong>di</strong> scavo sembrano attestare che poco prima<br />
della <strong>di</strong>struzione delle case fossero in corso lavori<br />
<strong>di</strong> sistemazione dell’acqu<strong>ed</strong>otto, come testimoniano<br />
i numerosi elementi fittili accuratamente accatastati<br />
nella “Casa dei capitelli ionici” e le tubazioni interrotte<br />
nel punto <strong>di</strong> ramificazione delle stesse dagli<br />
stenopoi entro le abitazioni. In alcune parti delle<br />
case si era invece già provv<strong>ed</strong>uto all’allacciamento<br />
a nuove condutture, collegate alla rete idrica citta<strong>di</strong>na<br />
che correva nell’invaso stradale dello stenopos<br />
18 e della strada D ( fig. 2) e che fu risistemata in<br />
<strong>di</strong>verse occasioni e in tempi <strong>di</strong>fferenti, come testimoniato<br />
dai saggi sulle due vie 113 . È il caso del tratto<br />
<strong>di</strong> tubazioni in<strong>di</strong>viduato entro l’ambiente A 198<br />
e che passa sotto il muro perimetrale est ES 90, per<br />
porre in opera il quale è stato tagliato <strong>ed</strong> eliminato<br />
il tratto corrispondente <strong>di</strong> pavimentazione in opus<br />
spicatum (cfr. fig. 2).<br />
Anche l’eliminazione delle acque pluviali, o la<br />
loro conservazione, costituiva un importante problema<br />
da risolvere, per la vita, la salute e l’igiene<br />
degli abitanti. Nel cortile dorico un tubo in terracotta<br />
<strong>di</strong> ca. 10 cm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro nel lato settentrionale<br />
della pavimentazione in tavelle rappresenta lo scarico<br />
del troppo-pieno della vasca, e nel cortile ionico<br />
una canalizzazione sotterranea coperta da lastre<br />
ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />
<strong>di</strong> pietra calcarea porta le acque reflue verso l’ingresso<br />
A 27 e l’uscita sullo stenopos 19 114 .<br />
Per quanto riguarda la presenza <strong>di</strong> cucine, ne è<br />
attestata l’esistenza sia nella “Casa del cortile dorico”,<br />
dove l’ambiente A 119 è dotato <strong>di</strong> un banco a L<br />
prossimo all’uscita verso il cortile A 142 in modo da<br />
facilitare la fuoriuscita dei fumi 115 , sia nella “Casa<br />
dei capitelli ionici”, tanto nell’ambiente con latrina<br />
A 151, quanto nel cortile A 55 ( fig. 2). Quest’ultimo<br />
è dotato <strong>di</strong> una colonna su alta base marmorea<br />
nell’angolo nord-est, così da formare un doppio<br />
piccolo portico sotto il quale si <strong>di</strong>spone un bancone<br />
in muratura <strong>di</strong> forma rettangolare. A lato <strong>di</strong> questo<br />
è stata rinvenuta una fossa per rifiuti, scavata<br />
nel livello pavimentale in roccia, e uno scarico per<br />
acque reflue è stato aperto a sinistra del bancone<br />
posto a ridosso del muro nord del cortile. La tubazione<br />
attraversa lo spessore del muro ES 161 e viene<br />
immessa entro la sala A 195 il cui pavimento in<br />
opus sectile è stato rotto per alloggiare la tubazione<br />
fittile 116 . L’opus sectile venne grossolanamente sostituito<br />
con pezzi <strong>di</strong> recupero. È possibile supporre<br />
che tale intervento rappresenti una delle ultime<br />
attività e<strong>di</strong>lizie operate nelle case prima del terremoto<br />
dell’età <strong>di</strong> Eraclio.<br />
Nella “Casa del cortile dorico” è stato portato<br />
alla luce un altro allestimento per cucinare, situato<br />
nel vano A 198, utilizzato come deposito nella<br />
fase <strong>di</strong> inizi VII secolo, e collocato a sinistra della<br />
porta <strong>di</strong> entrata, sotto una finestra. Si tratta <strong>di</strong><br />
un fornello doppio, formato da lastre <strong>di</strong> terracotta<br />
appoggiate sul pavimento, con alzate e separatore<br />
in tavelle poste <strong>di</strong> taglio (tav. XXXVII, a), nel<br />
quale sono stati rinvenuti <strong>fra</strong>mmenti <strong>di</strong> un’olla da<br />
fuoco. Altro vasellame da cucina recuperato nelle<br />
vicinanze era probabilmente <strong>di</strong>sposto sopra una<br />
mensola in legno, rinvenuta carbonizzata nello strato<br />
<strong>di</strong> crollo. Questo fornello e gli utensili ritrovati<br />
suggeriscono che nella sua fase finale d’uso l’ambiente<br />
fosse destinato allo stoccaggio <strong>di</strong> derrate <strong>ed</strong><br />
anche alla preparazione e cottura <strong>di</strong> cibi destinati<br />
113 Diversi sistemi <strong>di</strong> tubazioni fittili <strong>di</strong>sposti in senso nord-sud e a più livelli sono stati rinvenuti negli scavi della strada D,<br />
in un momento in cui il basolato stradale era già stato asportato. Le tubazioni dell’acqu<strong>ed</strong>otto romano erano interrate lungo<br />
i due lati delle strade della città e così è avvenuto anche per quelle in<strong>di</strong>viduate nello stenopos 18, mentre nello stenopos D le<br />
tubazioni si estendono nello spazio stesso della strada.<br />
114 Nelle campagne <strong>di</strong> scavo 2003-2004 sono stati operati interventi <strong>di</strong> indagine strumentale elettromagnetica da parte <strong>di</strong> geofisici<br />
dell’Università <strong>di</strong> Bari e <strong>di</strong> Lecce allo scopo <strong>di</strong> segnalare la presenza <strong>di</strong> condutture e <strong>di</strong> cisterne sotterranee, senza risultati<br />
apprezzabili.<br />
115 Una serie <strong>di</strong> dati archeologici conferma l’ipotesi della funzione d’uso: da quest’area vengono anche numerose olle da fuoco<br />
in crollo <strong>ed</strong> altro vasellame da cucina.<br />
116 Per questa si v<strong>ed</strong>a fig. 2 e Cottica 2004, Fig. 4.
2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />
157<br />
alla casa <strong>ed</strong> alla vita <strong>di</strong> un custode che si presume<br />
che qui vivesse 117 .<br />
Per ciò che riguarda le latrine, se ne è accertata<br />
la presenza solo nella “Casa dei capitelli ionici”<br />
dove lo spazio A 151, era organizzato come<br />
ambiente <strong>di</strong> attività <strong>di</strong> servizio alla vita domestica,<br />
perché oltre ai tre gran<strong>di</strong> pithoi già menzionati, conteneva<br />
un piano d’appoggio in muratura a nord e<br />
un bancone in muratura lungo il muro orientale,<br />
sul quale erano stati appoggiati elementi fittili <strong>di</strong><br />
tubazioni per l’acqua. Lungo il muro perimetrale<br />
nord si <strong>di</strong>sponeva inoltre una spessa lastra <strong>di</strong> pietra<br />
con tre fori tipici delle latrine, appoggiata su<br />
spallette in muratura, anteriormente aperta e posta<br />
vicino alla porta <strong>di</strong> ingresso dallo stenopos 18 (tav.<br />
XXXV, a). Sulla parte anteriore a terra erano collocate<br />
tre tavelle <strong>di</strong> terracotta e una rozza apertura verso<br />
l’esterno perforava il muro perimetrale, collegando<br />
lo scarico domestico con la cloaca della strada<br />
pubblica me<strong>di</strong>ante mattoni <strong>di</strong> risulta posti <strong>di</strong> taglio<br />
a formare una canaletta, sotto il livello in terra della<br />
via, che in questo tratto manca del basolato.<br />
La grossolana tecnica <strong>di</strong> costruzione che interrompe<br />
la regolarità del selciato stradale e alcuni<br />
piccoli unguentari in vetro 118 ritrovati nel condotto<br />
<strong>di</strong> scarico, collocano verso la metà ca. del VII secolo<br />
l’ultima fase <strong>di</strong> utilizzo <strong>di</strong> questo sistema <strong>di</strong> evacuazione<br />
delle acque nere 119 . Uno strato <strong>di</strong> carboni<br />
e ceneri sulla superficie del livello pavimentale <strong>di</strong><br />
A 151 (un battuto <strong>di</strong> calce e argilla cruda nell’area<br />
antistante alla latrina, in argilla in quella restante),<br />
fa ipotizzare la presenza <strong>di</strong> un tavolato ligneo attorno<br />
ad essa, bruciato nel momento del crollo in<br />
seguito al terremoto del VII secolo. Dalla “Casa del<br />
cortile dorico” invece nessuna struttura analoga è<br />
stata portata alla luce.<br />
4.4. Il momento finale delle case protobizantine:<br />
il VII secolo<br />
È questo l’ultimo periodo <strong>di</strong> vita delle case del-<br />
l’isolato 104, durante il quale si assiste ad un’ulteriore<br />
rifunzionalizzazione degli spazi alla quale<br />
abbiamo già in parte accennato, percepibile in particolare<br />
nella “Casa del cortile dorico”. Qui, tra la<br />
fine del VI e la prima metà del VII secolo nuovi<br />
muri e separazioni interne attestano un mutamento<br />
significativo dell’uso degli ambienti domestici:<br />
viene chiusa la porta <strong>di</strong> comunicazione della sala<br />
affrescata A 1207 con l’esterno (tav. XXVIII, a) 120 , si<br />
chiude anche il passaggio, già prec<strong>ed</strong>entemente ristretto,<br />
tra i due vani/depositi A 176 e A 198 (tav.<br />
XXVII, b), si costruisce un bancone in muratura in<br />
A 198 e un piccolo doppio focolare a terra (cfr. supra<br />
e tav. XXXVII, a). Infine, in questa stessa casa,<br />
viene eretto un setto murario obliquo nello spazio<br />
antistante i due depositi (tavv. XXVI, b; XXVII, a),<br />
tra questi e il cortile, per separare nettamente la<br />
circolazione tra il settore est <strong>ed</strong> ovest della casa<br />
( fig. 2). Il deposito A 176 viene così pre<strong>di</strong>sposto in<br />
funzione soprattutto della cucina A 119, mentre gli<br />
ambienti più a nord gravitano attorno e in <strong>di</strong>rezione<br />
della sala A 1207: la chiusura della porta sullo<br />
stenopos 18 avviene contemporaneamente a questo<br />
intervento in quanto è in conseguenza alla sua realizzazione<br />
che si mo<strong>di</strong>fica l’intero percorso interno<br />
della casa, in ragione delle mutate funzioni <strong>di</strong><br />
alcuni importanti ambienti quali la sala affrescata<br />
A 1207 e i vani A 115/116 che, sulla base dei dati<br />
<strong>di</strong> scavo, sembrano essere stati trasformati in aree<br />
<strong>di</strong> lavorazione (cfr. poco oltre).<br />
Dobbiamo probabilmente attribuire a questo<br />
momento una fase <strong>di</strong> regressione economica e <strong>di</strong><br />
cambiamenti sociali, che si riflettono anche sul<br />
modo <strong>di</strong> abitare e sulla funzione mutata <strong>di</strong> molti<br />
spazi delle case. Anche nella “Casa dei capitelli ionici”<br />
alcune porte vengono murate e certi ambienti<br />
vengono esclusi dalla circolazione (es. A 195, A<br />
28, A 29 in fig. 2), anche il passaggio dal cortile A<br />
55 agli ambienti ad ovest viene chiuso e parte della<br />
“Casa dei capitelli ionici” viene scorporata, venduta<br />
o affittata ad altri. A questo settore, in<strong>di</strong>pen-<br />
117 Per la funzione del vano e per i ritrovamenti che rafforzano questa interpretazione si v<strong>ed</strong>a Zaccaria Ruggiu 2005; Ead.<br />
2006a.<br />
118 Simili ad altri rinvenuti sui livelli pavimentali della “Casa dell’iscrizione <strong>di</strong>pinta” e che sono riferibili al momento finale<br />
dell’abitazione, poco prima del terremoto dell’età <strong>di</strong> Eraclio: cfr. Zaccaria Ruggiu 2006b, p. 372, Figg. 17a e 17b.<br />
119 Altre indagini stratigrafiche ci permetteranno <strong>di</strong> conoscere il momento in cui la latrina fu realizzata e quello al quale invece<br />
va attribuito il suo grossolano collegamento con gli scarichi stradali, in un momento in cui l’acqua della rete urbana non<br />
era più fruibile, poiché nessuna tubazione fittile è collegata alla latrina e proprio sotto la soglia della porta <strong>di</strong> uscita <strong>di</strong> A 151<br />
verso la strada se ne è rinvenuto un tratto privo <strong>di</strong> continuità con l’interno della casa.<br />
120 La tamponatura, piuttosto rozza, non si presenta intonacata, <strong>ed</strong> è realizzata con blocchi in travertino <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa taglia.
158<br />
dente dalla “Casa dei capitelli ionici” nell’ultimo<br />
periodo <strong>di</strong> vita dell’insula, si entrava dall’ingresso<br />
A 1268 dallo stenopos 18.<br />
Infine, i dati <strong>di</strong> scavo hanno <strong>di</strong>mostrato che<br />
nell’ultima fase <strong>di</strong> vita dell’isolato la maggioranza<br />
dei vani della “Casa dell’iscrizione <strong>di</strong>pinta” e della<br />
“Casa dei capitelli ionici” fu soggetta a spoliazione<br />
<strong>di</strong> ogni apparato decorativo e suppellettile 121 .<br />
Di contro la “Casa del cortile dorico” mostra invece<br />
evidenza <strong>di</strong> utilizzo, seppure con mutamenti<br />
rispetto ai tempi della sua fase monumentale, fino<br />
al terremoto <strong>di</strong> metà VII secolo. Fra le numerose attestazioni<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>fferente uso <strong>di</strong> questa casa rispetto<br />
al momento <strong>di</strong> ricostruzione tra V e inizi VI secolo,<br />
dobbiamo annoverare anche la presenza sui livelli<br />
pavimentali della sala con gli affreschi A 1207<br />
(zona orientale) e del deposito A 176 <strong>di</strong> una crosta<br />
<strong>di</strong> calce bianca, non uniformemente <strong>di</strong>stesa su tutta<br />
la superficie, ma sufficiente a suggerire un’utilizzazione<br />
<strong>di</strong> tipo artigianale <strong>di</strong> parte degli spazi<br />
domestici.<br />
Il rinvenimento <strong>di</strong> blocchi <strong>di</strong> calce, <strong>di</strong> matrici in<br />
stucco 122 , <strong>di</strong> lastre <strong>di</strong> marmo e <strong>di</strong> sculture in marmo<br />
mutilate (cfr. supra) nella sala A 1207 insieme a<br />
vasellame da cucina e non da mensa, contribuiscono<br />
ad avvalorare l’ipotesi che l’abitazione avesse<br />
cambiato proprietario o che comunque avesse subito<br />
trasformazioni d’uso sostanziali. Alcune stanze<br />
vennero rifunzionalizzate e destinate allo stoccaggio<br />
<strong>di</strong> generi alimentari ma anche alla macinazione<br />
<strong>di</strong> marmi per l’e<strong>di</strong>lizia. Dobbiamo sottolineare un<br />
aspetto importante connesso con la presenza dei<br />
vani-deposito: questi annessi avevano un ruolo rilevante<br />
dal punto <strong>di</strong> vista economico per il proprietario<br />
e per questo erano ben custo<strong>di</strong>ti, come attestano<br />
serrature, chiavi, ganci <strong>ed</strong> elementi <strong>di</strong> catene<br />
rinvenute presso le soglie <strong>di</strong> A 198 e A 176.<br />
Infine, attorno alla metà del VII secolo, o poco<br />
dopo, un violento terremoto provocò la <strong>di</strong>struzione<br />
<strong>di</strong> vari e<strong>di</strong>fici della città 123 e nell’insula 104 causò<br />
il crollo dei piani alti, dei tetti con le coperture<br />
in tegole e coppi e <strong>di</strong> parte delle strutture murarie<br />
dei piani terreni. L’alto strato <strong>di</strong> argilla giallastra<br />
che ingloba i materiali laterizi sia dei tetti che<br />
ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />
delle pavimentazioni in tavelle dei piani superiori,<br />
sembra collegabile con il sistema <strong>di</strong> costruzione<br />
degli elevati. Come abbiamo visto 124 , sappiamo che<br />
le case avevano un piano superiore, tuttavia negli<br />
strati <strong>di</strong> crollo mancano tutti quegli elementi in pietra<br />
riferibili all’alzato delle abitazioni, a causa dei<br />
lavori <strong>di</strong> livellamento delle rovine e del riutilizzo<br />
dei materiali da costruzione affioranti operati in età<br />
me<strong>di</strong>o bizantina (cfr. in<strong>fra</strong>). Era invece abbondantissima<br />
l’argilla giallastra che inglobava le strutture<br />
murarie del piano terra, le tegole e i coppi del tetto,<br />
le tavelle dei pavimenti del piano superiore. È<br />
possibile allora supporre che nella Hierapolis tardoantica<br />
l’e<strong>di</strong>lizia privata si avvalesse della tecnica<br />
<strong>di</strong> costruzione degli alzati in pisè, ovvero in cassoni<br />
lignei in cui veniva costipata l’argilla cruda impastata<br />
con paglia, fino a completo consolidamento<br />
<strong>di</strong> questa. In seguito si proc<strong>ed</strong>eva a intonacare<br />
la facciata esterna, secondo un sistema ancora oggi<br />
in vigore nei villaggi delle colline circostanti Hierapolis.<br />
I tratti murari relativi al piano terra, fino<br />
all’attacco delle pavimentazioni del primo piano,<br />
erano invece realizzati con le tecniche e<strong>di</strong>lizie che<br />
v<strong>ed</strong>ono prevalentemente l’uso dei blocchi squadrati<br />
in travertino, legati con malta grigia o con argilla<br />
e malta (tecnica 6, tav. XXXIII, b), oppure con l’alternanza<br />
<strong>di</strong> corsi <strong>di</strong> blocchi <strong>di</strong> travertino e corsi <strong>di</strong><br />
laterizi (tecnica 1 e 3, cfr. tavv. XXXI, a; XXXII, a;<br />
XXXIV, a, b).<br />
4.5. La ruralizzazione degli spazi urbani: tardo<br />
VII/VIII-X secolo<br />
Dagli scavi del 2004 si è presentata una situazione<br />
stratigrafica particolarmente interessante per<br />
questa parte della città che non aveva mai evidenziato<br />
la presenza <strong>di</strong> attività dopo il terremoto <strong>di</strong> VII<br />
secolo e prima della rioccupazione stabile dell’area<br />
attestata nel X secolo (cfr. in<strong>fra</strong>). I nuovi dati <strong>di</strong> scavo<br />
hanno infatti <strong>di</strong>mostrato che l’area in corrispondenza<br />
dell’ambiente della così detta Biblioteca della<br />
“Casa dell’iscrizione <strong>di</strong>pinta” (A 1361) era stata<br />
rioccupata non molto tempo dopo il terremoto <strong>di</strong><br />
VII, sistemando la superficie ondulata del terreno<br />
121 È questo il caso ad esempio della così detta biblioteca A 1361 e della sala A 1331 nella “Casa dell’iscrizione <strong>di</strong>pinta”, delle<br />
sale A 50, A 195 e A 26 della “Casa dei capitelli ionici” che al momento della <strong>di</strong>struzione erano già vuote da suppellettili e<br />
prive delle originarie decorazioni parietali marmoree.<br />
122 In A 115.<br />
123 Cfr. D’Andria 2003, pp. 39-40; D’Andria et Alii 2006, p. 358; Arthur 2006, p. 17.<br />
124 Cfr. supra.
2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />
159<br />
e le macerie relative ai crolli, senza tuttavia regolarizzarle<br />
perfettamente. Nell’angolo nord-orientale<br />
della Biblioteca fu ricavato un piccolo e<strong>di</strong>ficio che<br />
riutilizzava quanto emergeva dei vecchi alzati al <strong>di</strong><br />
sopra delle macerie che in questo punto costituivano<br />
cumuli e avvallamenti che i nuovi abitanti non<br />
mo<strong>di</strong>ficano, inse<strong>di</strong>andosi praticamente tra le rovine<br />
(tav. XLII, b). Il nuovo spazio ottenuto inserendosi<br />
entro gli antichi muri riadattati, con un livello pavimentale<br />
in argilla, venne utilizzato come deposito<br />
<strong>di</strong> cumuli <strong>di</strong> paglia o fieno. Lo scavo microstratigrafico<br />
ha dato risultati straor<strong>di</strong>nari, evidenziando<br />
una serie <strong>di</strong> stratificazioni <strong>di</strong> argilla combusta e <strong>di</strong><br />
cenere che documentano una successione <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>,<br />
l’ultimo dei quali, attestato da uno spesso strato<br />
<strong>di</strong> ceneri prive <strong>di</strong> carboni, rappresenta il momento<br />
finale dell’utilizzo <strong>di</strong> quest’area quale fienile collocabile,<br />
sulla base della sequenza stratigrafica, dopo<br />
un primo crollo strutturale delle case tardo antiche<br />
e prima della rioccupazione stabile dell’area sicuramente<br />
documentabile almeno per la seconda metà<br />
del X secolo 125 .<br />
Le analisi paleobotaniche 126 dei campioni <strong>di</strong> cenere<br />
confermano la presenza <strong>di</strong> ingenti quantità <strong>di</strong><br />
paglia o fieno, mentre il forte annerimento delle pareti<br />
e l’alterazione dei laterizi dei muri rivelano le<br />
<strong>di</strong>mensioni dell’incen<strong>di</strong>o avvenuto in situ. In seguito<br />
a questo fatto, o a causa <strong>di</strong> un nuovo terremoto,<br />
tra VIII e IX secolo gli alzati ancora stanti c<strong>ed</strong>ettero,<br />
formando uno strato <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione intaccato<br />
poi da successivi interventi fino alle attività <strong>di</strong><br />
sistemazione <strong>di</strong> tutta l’area, realizzati per costruire<br />
un nuovo inse<strong>di</strong>amento a carattere stabile sicuramente<br />
esistente, sulla base dei reperti numismatici,<br />
nel X secolo.<br />
4.6. Continuità e <strong>fra</strong>ttura: l’area in età me<strong>di</strong>o bizantina<br />
(IX-XI sec. d.C.)<br />
Ingenti lavori <strong>di</strong> spianamento dei cumuli <strong>di</strong> macerie<br />
con asportazione delle parti più emergenti <strong>di</strong><br />
queste, livellamento e trasporto <strong>di</strong> rovine e detriti,<br />
prepararono l’area ad ospitare nuovamente costruzioni<br />
<strong>ed</strong> abitazioni. Dell’antica città si mantenne<br />
l’orientamento e la <strong>di</strong>sposizione delle costruzioni e<br />
si e<strong>di</strong>ficò rialzando i muri che affioravano. Blocchi<br />
<strong>di</strong> travertino abbastanza squadrati furono prelevati<br />
dalle macerie sottostanti e posti in opera con malta<br />
grigia. Si sono in<strong>di</strong>viduati almeno due nuclei abitativi<br />
e <strong>di</strong>verse strutture isolate all’interno dell’insula<br />
prive <strong>di</strong> connessioni precise e <strong>di</strong> livelli pavimentali.<br />
I due nuclei, separati da spazi non e<strong>di</strong>ficati, sono<br />
<strong>di</strong>sposti uno ai margini orientali dell’isolato, l’altro<br />
più in basso verso occidente ( fig. 3). L’articolazione<br />
complessiva delle case si mostra <strong>di</strong> tipo rettangolare<br />
allungato, formata da serie <strong>di</strong> stanze allineate<br />
comunicanti tra loro. La forma delle case è chiusa,<br />
compatta, priva <strong>di</strong> spazi scoperti centrali, le abitazione<br />
sono affiancate o unite per i lati corti e poste<br />
a margine <strong>di</strong> un’area scoperta.<br />
Le strutture <strong>di</strong> questa fase sono dotate <strong>di</strong> soli<strong>di</strong><br />
muri costruiti con una buona tecnica e<strong>di</strong>lizia,<br />
ma privi <strong>di</strong> fondazioni (cfr. tav. XLVI, a). Solo in<br />
un caso è attestata con certezza la presenza <strong>di</strong> piani<br />
superiori, essendosi messa in luce parte <strong>di</strong> una<br />
scala (tav. XLIX). Gli spazi esterni in<strong>di</strong>viduati, per<br />
settori non estesi dell’area occupata dalle abitazioni,<br />
assumono l’aspetto <strong>di</strong> cortili mentre stra<strong>di</strong>ne<br />
costituite da battuti <strong>di</strong> pietra e argilla permettono<br />
<strong>di</strong> acc<strong>ed</strong>ere a questo nuovo quartiere: una strada<br />
dall’andamento non rettilineo corre in senso estovest,<br />
mentre un’altra con andamento nord-sud è<br />
stata localizzata nel settore sud-orientale <strong>di</strong> questo<br />
insieme <strong>di</strong> abitazioni (cfr. fig. 3). La massicciata della<br />
strada est-ovest è costituita da pietrame, pezzi<br />
<strong>di</strong> laterizi e dalla superficie d’uso affiorano anche<br />
blocchi delle costruzioni tardoantiche sottostanti.<br />
Una scala <strong>di</strong> cinque gra<strong>di</strong>ni, <strong>di</strong>sposta obliquamente<br />
tra i muri perimetrali dell’insula 104 e della 105<br />
attraverso la strada D, rappresenta il collegamento<br />
tra il villaggio costruito sopra l’insula 104 e altre<br />
abitazioni, non ancora in<strong>di</strong>viduate dagli scavi,<br />
erette probabilmente sopra l’area della 105 più a<br />
est, in modo da superare i <strong>di</strong>slivelli interni all’area<br />
dell’abitato. In questa nuova sistemazione dell’area<br />
è <strong>di</strong> grande interesse la presenza <strong>di</strong> spazi scoperti<br />
non molto estesi, apparentemente <strong>di</strong>sposti sul lato<br />
lungo delle abitazioni: questi potevano corrispondere<br />
a cortili comuni a più case secondo uno schema<br />
già attestato in Anatolia occidentale 127 e nella<br />
stessa Hierapolis 128 .<br />
Come fossero approntati gli alzati e come si pre-<br />
125 Cfr. in<strong>fra</strong> e Zaccaria Ruggiu 2006b, pp. 383-389.<br />
126 Le analisi sono state condotte da G. Fiorentino presso il laboratorio <strong>di</strong> Archeobotanica dell’Università <strong>di</strong> Lecce.<br />
127 Si v<strong>ed</strong>ano ad esempio le abitazioni bizantine in<strong>di</strong>viduate a Pergamo: Rheidt 1990.<br />
128 Arthur 2006, pp. 111-114.
160<br />
sentassero pareti e facciate non è facilmente ricostruibile<br />
poiché gli strati <strong>di</strong> crollo delle abitazioni,<br />
molto superficiali rispetto al livello <strong>di</strong> campagna attuale,<br />
hanno restituito poco materiale e<strong>di</strong>lizio per lo<br />
più costituito da piccoli blocchi <strong>di</strong> travertino e <strong>fra</strong>mmenti<br />
minuti <strong>di</strong> tegole. Possiamo pensare ad alzati<br />
in terra pressata, seccata e poi intonacata, co me<br />
per le abitazioni <strong>di</strong> età proto-bizantina, con alcune<br />
riserve relative al fatto che in questo caso è assente<br />
quell’ingente strato <strong>di</strong> argilla giallastra che connotava<br />
invece i crolli delle costruzioni <strong>di</strong> V-VII secolo.<br />
La rioccupazione dell’area è caratterizzata da<br />
imponenti lavori <strong>di</strong> spostamento e spianamento<br />
delle macerie delle case abbattute dal terremoto <strong>di</strong><br />
VII secolo 129 , per approntare l’area per i nuovi inse<strong>di</strong>amenti<br />
130 e preparare un vasto spazio adatto a<br />
nuove costruzioni abitative. I cumuli <strong>di</strong> materiali<br />
e<strong>di</strong>lizi e la terra vennero spostati e spianati, molte<br />
fosse piene <strong>di</strong> pietrame, ceneri e terra in<strong>di</strong>viduate<br />
nell’area dell’insula sono da leggere come frutto <strong>di</strong><br />
attività <strong>di</strong> seppellimento <strong>di</strong> macerie, o <strong>di</strong> prelievo <strong>di</strong><br />
blocchi da usare nelle nuove costruzioni. Non tutta<br />
l’area dell’isolato fu sistemata in questo modo; furono<br />
lasciate a vista ampie zone <strong>di</strong> macerie, come<br />
abbiamo verificato per un settore dell’area a nord<br />
della casa (o case 131 ) occidentale; qui molti gran<strong>di</strong><br />
blocchi affioravano senza peraltro intralciare i passaggi,<br />
come si è documentato per la strada est-ovest<br />
vicina alla casa orientale e per lo spazio aperto/cortile<br />
della casa orientale ( fig. 3).<br />
4.6.1. L’articolazione planimetrica: la casa occidentale<br />
( fig. 3)<br />
Nel settore occidentale dell’isolato, l’indagine<br />
ha rivelato una struttura composta da almeno tre<br />
vani (A 1254, A 1264, A 1255), uno dei quali (A 1254)<br />
è meglio conservato. La quota del livello d’uso è<br />
più bassa <strong>di</strong> cm 20 rispetto alla soglia <strong>di</strong> ingresso<br />
della casa, cosicché l’accesso a questa dall’esterno<br />
ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />
avviene me<strong>di</strong>ante una breve scala <strong>di</strong> tre gra<strong>di</strong>ni in<br />
pietra (tav. XLVII, b). L’attribuzione cronologica <strong>di</strong><br />
questa fase <strong>di</strong> rioccupazione è per ora solo genericamente<br />
collocabile, sulla base <strong>di</strong> reperti monetali<br />
e materiali ceramici, nel X secolo.<br />
Almeno tre vani sono stati fino ad ora in<strong>di</strong>viduati<br />
dalle campagne <strong>di</strong> scavo dell’Università <strong>di</strong><br />
Venezia, mentre altri sono solamente ipotizzabili,<br />
in quanto prec<strong>ed</strong>enti scavi intrapresi tra il 1972 e<br />
il 1974 hanno cancellato ogni traccia delle abitazioni<br />
riferibili a questo periodo che presumibilmente<br />
dovevano elevarsi sopra e in corrispondenza dei<br />
vani A 28, 29, 30, 32, 33 della casa tardo antica 132 .<br />
Fortunatamente una serie molto interessante <strong>di</strong> reperti<br />
ceramici, in con<strong>di</strong>zioni ottimali <strong>di</strong> conservazione<br />
e confrontabili con i materiali rinvenuti negli<br />
strati <strong>di</strong> uso e crollo delle case me<strong>di</strong>o bizantine,<br />
proviene dagli scavi effettuati in quegli anni negli<br />
ambienti A 28-33 ( fig. 2), a testimonianza <strong>di</strong> attività<br />
posteriori alla <strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong> anche in questo<br />
settore dell’isolato 133 .<br />
Per quanto riguarda l’articolazione planimetrica<br />
complessiva della casa, la presenza <strong>di</strong> una soglia,<br />
relativa a una porta che doveva mettere in comunicazione<br />
il vano A 1254 con un altro vano ubicato<br />
a sud <strong>di</strong> questo (A 1264) 134 , rende plausibile<br />
l’estensione <strong>di</strong> questa casa anche a sud dell’ambiente<br />
principale A 1254. Un’altra apertura collegava il<br />
vano A 1264 con A 1255, nel quale una piccola scala<br />
rea lizzata in blocchi <strong>di</strong> calcare conduceva a un<br />
ambiente al primo piano (tav. XLIX), cosicché questa<br />
parte della casa si configurava come una torre;<br />
del resto lo spessore doppio del muro <strong>di</strong> separazione<br />
tra A 1254 e A 1255 (tav. XLVII, a) giustifica<br />
questa ipotesi. Un altro ambiente posto a ovest <strong>di</strong> A<br />
1254, privo <strong>di</strong> comunicazione con la casa occidentale,<br />
fa supporre che un’altra struttura ad un solo<br />
vano, o forse un recinto per animali, si <strong>di</strong>sponesse<br />
a fianco <strong>di</strong> quella, così come possiamo meglio verificare<br />
nel sistema abitativo a est dell’insula.<br />
129 I cospicui <strong>ed</strong> estesi lavori <strong>di</strong> sbancamento delle macerie rappresentano anche la ragione della mancanza dei moduli superiori<br />
delle decorazioni pittoriche delle pareti della “Casa del cortile dorico” e dei dati sui piani superiori delle case protobizantine.<br />
130 US 579/1, US 576/1, US 572/1.<br />
131 Gli scavi in questo settore sono ancora in corso.<br />
132 Questa parte della “Casa dei capitelli ionici” è stata portata alla luce con veri e propri lavori <strong>di</strong> sterro, che hanno lasciato<br />
tuttora evidenti tracce <strong>di</strong> fosse e buche in seguito a interventi poi interrotti; <strong>ed</strong> è per questo motivo che il deposito stratigrafico<br />
è risultato in <strong>di</strong>versi punti inquinato o danneggiato.<br />
133 I reperti in questione sono stati esaminati da D. Cottica.<br />
134 Del cui livello pavimentale non è però rimasta alcuna traccia.
2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />
161<br />
4.6.2. Le case orientali ( fig. 3)<br />
In questa parte della città, al momento della<br />
rioccupazione del sito non era stata cancellata<br />
del tutto la traccia del sistema urbanistico romano<br />
e tardoantico, con la sua <strong>di</strong>sposizione regolare<br />
<strong>di</strong> strade e <strong>di</strong> isolati, malgrado l’impressionante<br />
estensione dei cumuli <strong>di</strong> macerie dei crolli. Erano<br />
ancora in<strong>di</strong>viduabili gli invasi stradali degli stenopoi<br />
18 e 19, entro i quali, sopra gli strati <strong>di</strong> crollo,<br />
vengono elevati muri ortogonali ad essi, ma per i<br />
quali mancano le connessioni con livelli pavimentali<br />
e quin<strong>di</strong> non possono al momento essere interpretabili<br />
con certezza. Si tratta forse <strong>di</strong> strutture<br />
abitative, <strong>di</strong> case mono-vano, o <strong>di</strong> recinti per animali,<br />
trovandosi vicino alle case stesse, ma non comunicanti<br />
con esse.<br />
In questa parte orientale dell’insula furono e<strong>di</strong>ficate<br />
almeno due case per le quali in parte si riutilizzano<br />
i muri delle prec<strong>ed</strong>enti abitazioni <strong>di</strong> età<br />
proto-bizantina (ES 90, 186, 4 in fig. 3) rialzandoli<br />
con blocchi <strong>di</strong> travertino posti orizzontalmente (tav.<br />
XLVI, b), in parte se ne costruiscono <strong>di</strong> nuovi (ES<br />
93, 94, 160, 187, 125, 88, 99 in fig. 3), usando blocchi<br />
recuperati dalle rovine e allettandoli con malta<br />
e argilla. Le due abitazioni sono addossate per<br />
il lato corto, e ciascuna è formata da tre ambienti.<br />
La casa a sud, più piccola, è costituita dal vano A<br />
103 e del vano A 157, comunicanti e dotati <strong>di</strong> pavimenti<br />
in argilla cruda. Non si conoscano dati sulla<br />
delimitazione ad ovest, ma la presenza <strong>di</strong> un tratto<br />
stradale e <strong>di</strong> un cortile in questa parte fa ragionevolmente<br />
supporre la collocazione in questo luogo<br />
<strong>di</strong> un ingresso, forse me<strong>di</strong>ato da un piccolo portico<br />
allungato compreso tra le ES 99 e ES 88 in fig. 3.<br />
L’altra abitazione più a nord, è formata da tre ambienti:<br />
A 188, A 198 e un altro vano a ovest <strong>di</strong> questi.<br />
Per tutta la loro estensione erano pavimentati<br />
con un battuto <strong>di</strong> argilla come lo era pure la casa<br />
più a sud. L’unico elemento <strong>di</strong> arr<strong>ed</strong>o rinvenuto in<br />
queste case è costituito da un coperchio rovesciato<br />
<strong>di</strong> osteoteca in travertino riutilizzato come vaschetta,<br />
appoggiata al pavimento in battuto <strong>di</strong> argilla in<br />
A 103. Una strada dall’andamento sinuoso correva<br />
in <strong>di</strong>rezione est-ovest lungo il margine settentrionale<br />
dell’isolato collegandosi probabilmente con la<br />
scala sistemata tra i due muri perimetrali degli isolati<br />
104 e 105.<br />
4.6.3. Le tecniche costruttive degli alzati me<strong>di</strong>o bizantini<br />
(tavv. XLVI-XLIX)<br />
In questa fase si assiste ad uno sfruttamento intensivo<br />
delle rovine affioranti che vengono usate<br />
soprelevandole, oppure addossandovi nuovi tratti<br />
murari. Di una soprelevazione viene fatto oggetto<br />
il muro perimetrale est della casa orientale, ES 90,<br />
che è utilizzato così come si presentava, probabilmente<br />
eliminando le parti più elevate pericolanti e<br />
livellando le creste con la sovrapposizione <strong>di</strong> gran<strong>di</strong><br />
parallelepipe<strong>di</strong> in travertino posti in senso orizzontale<br />
anziché verticale come era stato fatto nelle<br />
strutture <strong>di</strong> età proto-bizantina da cui provenivano<br />
(tav. XLVI, b).<br />
Negli strati <strong>di</strong> crollo della casa occidentale 135<br />
l’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> blocchi informi <strong>di</strong> travertino e<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>verso materiale <strong>di</strong> reimpiego utilizzato per gli<br />
alzati, ha permesso <strong>di</strong> ipotizzare che la maggior<br />
parte delle strutture (muri e pavimenti) fosse stata<br />
realizzata con pezzi prelevati dalle case <strong>di</strong> età<br />
prec<strong>ed</strong>ente. Anche in quest’area le nuove strutture<br />
abitative furono costruite usando in parte ciò che<br />
rimaneva degli alzati delle abitazioni <strong>di</strong> età proto-bizantina<br />
che vennero soprelevati 136 , e in parte<br />
provv<strong>ed</strong>endo all’e<strong>di</strong>ficazione <strong>di</strong> nuovi muri che,<br />
privi <strong>di</strong> fondazioni, riutilizzano pezzi architettonici<br />
in marmo, blocchi <strong>di</strong> travertino, elementi <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa<br />
natura e <strong>di</strong>mensione, estratti dalle macerie 137<br />
(tav. XLVI, a).<br />
Si verifica anche un altro frequente fenomeno<br />
che v<strong>ed</strong>e l’affiancamento <strong>di</strong> nuove strutture a preesistenti<br />
muri, costituendo così potenti muri <strong>di</strong> spessore<br />
doppio come avviene per il muro nord-sud<br />
ES 1326 che si addossa al muro proto-bizantino ES<br />
1251 (tav. XLVII, a) che era ancora visibile, seppure<br />
in crollo, al <strong>di</strong> sopra delle macerie, o per il muro<br />
ES 6 che raddoppia lo spessore del preesistente ES<br />
15. Solo in un caso possiamo ipotizzare la presenza<br />
<strong>di</strong> un piano superiore che giustifichi le <strong>di</strong>mensioni<br />
eccezionali <strong>di</strong> alcune <strong>di</strong> queste strutture murarie:<br />
infatti la presenza <strong>di</strong> una scala (tav. XLIX) fa<br />
supporre che il vano A 1255 della casa occidentale<br />
135 US 593 e US 594.<br />
136 Si v<strong>ed</strong>ano ad esempio i muri delle cantine o terme A 32 e A 33 per la casa occidentale, muri perimetrali ES 90, 166, ES 4<br />
per la casa orientale in fig. 3.<br />
137 E in particolare dai muri ES 90, ES 1251 e ES 1252.
162<br />
e quello al piano superiore si presentassero come<br />
una “casa a torre”.<br />
Per quanto riguarda il materiale e<strong>di</strong>lizio reimpiegato<br />
dalle strutture tardo antiche, si tratta per<br />
la maggior parte <strong>di</strong> materiali lapidei <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni<br />
legati con malta e <strong>di</strong>sposti in corsi regolari<br />
sub-orizzontali, con frequente presenza <strong>di</strong> pezzi<br />
architettonici in marmo (colonne in particolare) e <strong>di</strong><br />
<strong>fra</strong>mmenti <strong>di</strong> sculture in marmo: un sostegno <strong>fra</strong>mmentario<br />
<strong>di</strong> trapeza in marmo è stato riciclato nel<br />
muro ES 171 che, costruito sopra lo strato <strong>di</strong> crollo<br />
della “Casa dei capitelli ionici”, sbarrava il corridoio<br />
<strong>di</strong> ingresso A 27 che ancora era visibile nel<br />
suo ingombro complessivo e che è forse da collegare<br />
a strutture abitative vicine a quelle della Casa<br />
occidentale, non più documentabili. Sono riutilizzati<br />
anche gran<strong>di</strong> parallelepipe<strong>di</strong> in calcare che vengono<br />
collocati in opera orizzontalmente, come nel<br />
caso della soprelevazione del muro ES 90. Nel complesso<br />
la tecnica costruttiva impiegata nelle abitazioni<br />
me<strong>di</strong>o bizantine è buona con allettamento dei<br />
blocchi lapidei con malta; gli allineamenti sono regolari<br />
e notevoli gli spessori dei muri.<br />
4.6.4. Le pavimentazioni<br />
Le pavimentazioni per lo più sono costituite da<br />
battuti <strong>di</strong> argilla cruda, ma si trovano anche alcuni<br />
esempi <strong>di</strong> tipo più elaborato. Per uno dei vani<br />
della casa occidentale, A 1254, è accertato l’uso <strong>di</strong><br />
pezzi <strong>di</strong> reimpiego posti in opera irregolarmente e<br />
non in modo uniforme (tav. XLII, a): vengono riciclate<br />
lastre <strong>fra</strong>mmentarie <strong>di</strong> marmo, tavelle <strong>di</strong> terracotta<br />
nella parte orientale del vano, mentre lastre,<br />
blocchi <strong>di</strong> pietra e un battuto <strong>di</strong> argilla si estende<br />
per la restante parte del vano. In questo ambiente<br />
c’era un focolare realizzato con tavelle <strong>di</strong> terracotta<br />
e due sponde costituite da blocchi <strong>di</strong> travertino, appoggiato<br />
sul piano pavimentale ai pie<strong>di</strong> del muro<br />
orientale ES 1326 (tav. XLVIII, a). I livelli pavimentali<br />
degli altri ambienti dovevano essere probabilmente<br />
in argilla cruda, mentre una parte <strong>di</strong> quello<br />
in A 1255 era costituito da un livello <strong>di</strong>sgregato <strong>di</strong><br />
<strong>fra</strong>ntumi <strong>di</strong> intonaci, malta sbriciolata, terra e calce<br />
polverizzata.<br />
138 Come US 602, US 605, US 607.<br />
139 Rappresentati da US 572/1 e US 579/1.<br />
ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />
Le soglie sono in pietra, spesso <strong>di</strong> reimpiego (cfr.<br />
tav. XLVIII, b): quelle <strong>di</strong> passaggio interno nelle case<br />
sono piuttosto strette come è verificato nella casa<br />
orientale tra le <strong>di</strong>verse stanze che sono comunicanti<br />
tra loro e nella casa occidentale tra il vano A 1264<br />
e A 1254 ( fig. 3). Nelle case orientali tutti i livelli<br />
d’uso sono in argilla battuta.<br />
4.6.5. Aree esterne: cortili e vie<br />
Allo stato attuale delle ricerche, sembra che<br />
una sola fosse la porta <strong>di</strong> entrata dall’esterno delle<br />
case e che un solo ambiente costituisse lo spazio<br />
<strong>di</strong> accesso; per la casa occidentale è attestato che<br />
in questo fosse collocato il focolare. L’area esterna<br />
che fronteggia queste costruzioni, non appare occupata<br />
da altre abitazioni e si presenta, in modo<br />
molto chiaro per la casa occidentale, come un’estesa<br />
zona dal livello abbastanza irregolare, non uniforme,<br />
formata da terra, <strong>fra</strong>mmenti <strong>di</strong> laterizi e da<br />
pietrame, costipati e pressati con emergenze qua e<br />
là <strong>di</strong> blocchi affioranti. Questo livello è stato realizzato<br />
spianando, asportando e sistemando i cumuli<br />
<strong>di</strong> macerie della parte più occidentale della<br />
“Casa dei capitelli ionici”. I lavori <strong>di</strong> spostamento,<br />
asportazione e sistemazione dei crolli condotti insieme<br />
a lavori <strong>di</strong> livellamento con gettate <strong>di</strong> terra<br />
e materiali <strong>di</strong> risulta, sono rappresentati da <strong>di</strong>verse<br />
unità stratigrafiche 138 , sulle quali sono state poi<br />
stesi uniformemente altri strati 139 , fino a raggiungere<br />
a nord i cumuli del crollo delle strutture della<br />
“Casa dei capitelli ionici”, che tuttavia, malgrado<br />
la presenza <strong>di</strong> abitazioni, vennero lasciati visibili<br />
( fig. 3).<br />
La zona aperta realizzata con lo spianamento<br />
<strong>di</strong> macerie doveva essere usata come un cortile o<br />
come un’area <strong>di</strong> fruizione collettiva (mancano per<br />
ora evidenze <strong>di</strong> altre case presenti), analogamente<br />
a quanto avvenne nell’area sistemata sopra i crolli<br />
della “Casa del cortile dorico”, nel settore orientale<br />
dell’isolato, dove due abitazioni si <strong>di</strong>sponevano<br />
su uno spazio aperto, da interpretare come un<br />
cortile, sul quale forse convergevano le strade qui<br />
in<strong>di</strong>viduate <strong>ed</strong> anch’esse databili all’età me<strong>di</strong>o bizantina.
2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />
163<br />
5. Trasformazioni del paesaggio urbano e reperti<br />
della cultura materiale 140 (D.C.)<br />
5.1. Contesti <strong>ed</strong> orizzonti cronologici nell’insula<br />
104 141<br />
Alcuni elementi utili a comprendere il paesaggio<br />
culturale e socio-economico <strong>di</strong> Hierapolis tardoantica<br />
e me<strong>di</strong>o bizantina vengono dallo stu<strong>di</strong>o<br />
delle ceramiche dell’insula 104. Per la natura stessa<br />
dei contesti e dei depositi analizzati il materiale<br />
ceramico in questione non può considerarsi rappresentativo<br />
della circolazione e produzione ceramica<br />
nell’intero abitato e quin<strong>di</strong> non si presta ad una<br />
ricostruzione <strong>di</strong> modelli economici e commerciali<br />
complessi, sebbene ci permetta <strong>di</strong> cogliere elementi<br />
significativi in merito alle principali fasi <strong>di</strong> attività<br />
in quest’area.<br />
I contesti analizzati si possono sostanzialmente<br />
ricondurre alle seguenti tipologie formative:<br />
– riempimenti associati ad interventi e risistemazioni<br />
della <strong>di</strong>sposizione interna <strong>di</strong> pavimenti <strong>ed</strong><br />
ambienti delle case <strong>di</strong> V- inizi VII secolo d.C. 142<br />
(orizzonte cronologico 1).<br />
– Strati relativi alle fasi finali <strong>di</strong> vita delle case tardoantiche,<br />
in gran parte già soggette ad abbandono,<br />
spoliazione e degrado. Si tratta degli strati<br />
rinvenuti a contatto con i livelli pavimentali<br />
del piano inferiore, sigillati dai crolli strutturali<br />
causati dall’evento sismico <strong>di</strong> VII secolo d.C.<br />
già menzionato in prec<strong>ed</strong>enza (orizzonte cronologico<br />
2).<br />
– Strati relativi al riutilizzo <strong>di</strong> alcune strutture tardoantiche<br />
ancora stanti (ad esempio il cosiddetto<br />
fienile) 143 sigillate dal crollo finale delle m<strong>ed</strong>esime,<br />
forse collocabili <strong>fra</strong> il tardo VII e l’VIII secolo<br />
d.C. (orizzonte cronologico 3).<br />
– Strati relativi ad attività spora<strong>di</strong>che <strong>ed</strong> isolate,<br />
anche connesse con la presenza <strong>di</strong> trincee <strong>di</strong> spoliazione<br />
e fosse <strong>di</strong> scarico <strong>di</strong> ceneri che prec<strong>ed</strong>ono<br />
la rioccupazione stabile dell’area nel X secolo<br />
d.C. (orizzonte cronologico 4).<br />
– Strati <strong>di</strong> macerie tardoantiche intaccati da livellamenti<br />
e attività <strong>di</strong> spianamento <strong>di</strong> macerie prima<br />
della rioccupazione stabile dell’area (orizzonte<br />
cronologico 5).<br />
– Strati e livelli relativi alla costruzione <strong>di</strong> muri<br />
e pavimenti della seconda fase <strong>di</strong> abitazione<br />
nell’area, in età me<strong>di</strong>o bizantina, o riconducibili<br />
a scarichi <strong>di</strong> materiale ad uso domestico connessi<br />
con la frequentazione dell’area. Tali attività sono<br />
attestate con sicurezza almeno per il tardo X secolo<br />
d.C. 144 (orizzonte cronologico 6).<br />
– Strati a contatto con i livelli pavimentali in argilla<br />
delle case me<strong>di</strong>o bizantine, relativi all’ultima fase<br />
<strong>di</strong> vita o all’abbandono delle stesse. Questi livelli<br />
sono sigillati dal crollo strutturale delle m<strong>ed</strong>esime<br />
(orizzonte cronologico 7).<br />
– Strati <strong>di</strong> macerie me<strong>di</strong>o bizantine esposti agli<br />
agenti naturali nel periodo <strong>di</strong> definitivo abbandono<br />
dell’area. Dalle case orientali viene un terminus<br />
post quem per questi livelli determinato dal<br />
rinvenimento <strong>di</strong> un follis anonimo (classe A2) della<br />
zecca <strong>di</strong> Costantinopoli, databile <strong>fra</strong> 976(?)-<br />
1030/35 d.C. 145 (orizzonte archeologico 8).<br />
5.2. Le ceramiche dalla fase <strong>di</strong> fine VI - inizi del<br />
VII secolo ( figg. 4, 6-8)<br />
Lo stu<strong>di</strong>o morfologico dei <strong>fra</strong>mmenti relativi<br />
alle fasi <strong>di</strong> sistemazione <strong>ed</strong> uso delle case tardoantiche<br />
dell’insula 104, unitamente all’analisi degli<br />
impasti, ci restituisce un interessante quadro dominato<br />
dalla presenza <strong>di</strong> ceramica <strong>di</strong> produzione<br />
regionale 146 , micro-regionale (Valle del Lykos) e locale.<br />
Di questa tendenza è testimonianza la premi-<br />
140 Per ulteriori dettagli sui reperti ceramici si rinvia alla pubblicazione monografica delle ceramiche dall’insula 104 in preparazione<br />
ad opera <strong>di</strong> chi scrive.<br />
141 Per ulteriori dettagli su contesti ceramici <strong>ed</strong> elementi datanti ve<strong>di</strong> Cottica 2007a.<br />
142 Si tratta <strong>di</strong> strati che in genere contenevano abbondante materiale ceramico, prevalentemente <strong>fra</strong>mmentario, utilizzato come<br />
vespaio o riempimento in funzione <strong>di</strong> attività <strong>di</strong> costruzione quali: sopraelevazioni pavimentali, allettamento <strong>di</strong> battuti in argilla,<br />
sistemazione <strong>di</strong> scale e banconi.<br />
143 Cfr. supra.<br />
144 Con testimonia un follis anonimo databile 970-976 (?) d.C., della zecca <strong>di</strong> Costantinopoli, rinvenuto nell’US 520 corrispondente<br />
alla rimozione del battuto d’argilla (ES 1204) e del suo strato <strong>di</strong> preparazione nell’ambiente tardo A 198 delle case me<strong>di</strong>o-bizantine<br />
orientali.<br />
145 Tutti i dati relativi alle monete me<strong>di</strong>o-bizantine qui presentati sono stati forniti da M. Asolati e C. Crisafulli che hanno effettuato<br />
lo stu<strong>di</strong>o in situ delle monete in questione.<br />
146 Questa definizione si deve intendere riferita all’area micro-asiatica e specialmente alla Valle del Meandro.
164<br />
ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />
fig. 4 - Vasellame dai livelli <strong>di</strong> tardo VI - inizi del VII secolo nell’insula 104. a-c) Late Roman<br />
unguentaria; d) LRA 1; e) eulogia a vernice rossa; f ) anfora <strong>fra</strong>mmentaria tipo sar<strong>di</strong>s amphora;<br />
g-h) tipica anfora da vino ierapolitana (<strong>di</strong>segni <strong>di</strong> S. Bologna, F. Broilo, A. Miotto, R. Trovò,<br />
fotografia <strong>di</strong> D. Cottica).
2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />
165<br />
fig. 5 - Grafici <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione delle ceramiche fini microasiatiche negli orizzonti archeologici dell’insula 104. a: <strong>di</strong>stribuzione<br />
dell’impasto detto 50.1 tipico <strong>di</strong> forme databili <strong>fra</strong> tardo ellenismo e prima età imperiale, residue in contesti<br />
più tar<strong>di</strong>. b: <strong>di</strong>stribuzione degli impasti del gruppo 32, associabili sia a ceramiche <strong>di</strong> produzione romana sia a R<strong>ed</strong> Slip<br />
Wares e lucerne tardoantiche (elaborazione grafica <strong>di</strong> D. Cottica).<br />
nenza <strong>fra</strong> le sigillate tardoantiche <strong>di</strong> vasellame <strong>di</strong><br />
produzione micro-asiatica ( fig. 5 a-b) 147 non riconducibile<br />
alle ben note attestazioni <strong>di</strong> LRC, CRSW,<br />
SRSW, nè alle produzioni efesine 148 , né a quelle rinvenute<br />
a Priene 149 . Il confronto <strong>fra</strong> i dati <strong>di</strong>sponibili<br />
per l’insula 104 e quelli relativi ad altri contesti<br />
tardoantichi a Hierapolis, quali i livelli <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione<br />
del Martyrion <strong>di</strong> San Filippo 150 , del Ninfeo<br />
dei Tritoni 151 e delle case bizantine sul lato ovest<br />
dell’agorà 152 , evidenzia l’importanza del fenomeno<br />
della circolazione <strong>di</strong> produzioni regionali tardoantiche<br />
e la loro varietà (cfr. fig. 6 f-g).<br />
Produzioni micro-asiatiche furono in<strong>di</strong>viduate<br />
già da Hayes nel suo Late Roman Pottery 153 e sono<br />
se gnalate, seppur non sempre caratterizzate archeometricamente,<br />
in varie pubblicazioni relative a siti<br />
dell’attuale Anatolia occidentale da Costantinopoli<br />
154 ad Efeso 155 , Sar<strong>di</strong>s 156 , Aphro<strong>di</strong>sias 157 , Amorion<br />
158 , Limyra 159 , Perge 160 e Anemurium 161 , fino al<br />
caso della ben nota produzione <strong>di</strong> Sagalassos 162 .<br />
147 Per uno stu<strong>di</strong>o archeometrico preliminare <strong>di</strong> questo gruppo si v<strong>ed</strong>a: Poblome et Alii 2001.<br />
148 Cfr. Ladstätter e Sauer 2005.<br />
149 Cfr. Yilmaz 2007.<br />
150 I materiali degli scavi condotti da P. Verzone presso il Martyrion sono stati esaminati da chi scrive per gentile concessione<br />
<strong>di</strong> D. De Bernar<strong>di</strong> Ferrero.<br />
151 Per una selezione <strong>di</strong> reperti significativi dagli scavi nell’area del Ninfeo dei Tritoni cfr. Silvestrelli 2007.<br />
152 Cfr. Mastronuzzi, Melissano 2007.<br />
153 Hayes 1972.<br />
154 Hayes 1992, p. 8.<br />
155 Ladstätter, Sauer 2002.<br />
156 Rautman 1995a.<br />
157 L’autrice desidera ringraziare U. Outschar per le informazioni fornite sulle ceramiche tardoantiche <strong>di</strong> Aphro<strong>di</strong>sias, profonda<br />
gratitu<strong>di</strong>ne va anche a R. R. R. Smith e C. Rattè, <strong>di</strong>rettori della Missione Archeologica ad Aphro<strong>di</strong>sias, per aver permesso<br />
l’esame autoptico dei reperti.<br />
158 Chi scrive desidera ringraziare R. Tomber per aver con<strong>di</strong>viso dati <strong>ed</strong> impressioni sulle ceramiche fini tardoantiche <strong>di</strong> Amorion.<br />
159 Vroom 2004, p. 294.<br />
160 Cfr. Poblome et Alii 2001, pp. 120-122; Firat 2000; Ead. 2003.<br />
161 Williams 1989, pp. 50-53.<br />
162 Poblome 1999.
166<br />
ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />
fig. 6 - Ceramiche fini micro-asiatiche dai livelli <strong>di</strong> VI - inizi del VII secolo dell’insula 104. a-e) R<strong>ed</strong> Slip Wares; f-g) microfotografie<br />
<strong>di</strong> <strong>fra</strong>mmenti <strong>di</strong> impasto micro-asiatico (<strong>di</strong>segni <strong>di</strong> A. Miotto, microfotografie <strong>di</strong> D. Cottica).
2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />
167<br />
Produzioni micro-asiatiche <strong>di</strong> varia provenienza<br />
vengono sempre più frequentemente segnalate, sebbene<br />
in quantità variabili, sia presso siti costieri e<br />
gran<strong>di</strong> emporia, sia nella stessa capitale Costantinopoli,<br />
sia in centri urbani situati nelle valli e nelle<br />
piane interne dell’Anatolia occidentale. In alcuni<br />
casi queste produzioni, ancora poco note e stu<strong>di</strong>ate,<br />
sono presenti con percentuali interessanti rispetto<br />
alla circolazione totale <strong>di</strong> ceramica fine, come <strong>di</strong>mostrano<br />
i dati relativi ai siti <strong>di</strong> Sar<strong>di</strong>s e Hierapolis.<br />
A Sar<strong>di</strong>s Rautman 163 ha notato un costante aumento<br />
delle produzioni regionali <strong>di</strong> sigillata <strong>tarda</strong><br />
<strong>fra</strong> la fine del VI e gli inizi del VII secolo; a Hierapolis<br />
è certa una preponderante presenza <strong>di</strong> produzioni<br />
fini micro-asiatiche <strong>fra</strong> il VI secolo e gli inizi del<br />
VII come testimoniato dai dati quantitativi a <strong>di</strong>sposizione<br />
164 . In un sito ubicato in quota <strong>ed</strong> in posizione<br />
remota come è il caso <strong>di</strong> Sagalassos, situato <strong>fra</strong><br />
le montagne della Pisi<strong>di</strong>a, la produzione locale <strong>di</strong><br />
ceramica fine arrivò a coprire la quasi totalità delle<br />
esigenze del mercato locale e fu anche in grado <strong>di</strong><br />
produrre un surplus per l’esportazione 165 .<br />
A Hierapolis le produzioni regionali sono attestate<br />
in associazione a basse percentuali <strong>di</strong> prodotti<br />
provenienti dai tra<strong>di</strong>zionali gran<strong>di</strong> centri produttori<br />
<strong>ed</strong> esportatori <strong>di</strong> ceramica fine: le importazioni<br />
più tarde sono rappresentate dalla forma <strong>di</strong> LRC<br />
Hayes 10B 166 e dall’africana (ARSW) Hayes 104B 167 .<br />
Numerose sono invece le “imitazioni” regionali <strong>di</strong><br />
tutte le produzioni note: le forme più tarde sono<br />
ispirate alla LRC forma Hayes 10C 168 (cfr. fig. 6 e),<br />
all’ARSW forma Hayes 104C, 105 e 106 ( fig. 6 c) 169<br />
e alla forma Anemurium Well 170 ( fig. 6 a) della ceramica<br />
cipriota (CRSW). Nei contesti tardo antichi<br />
sono <strong>di</strong>ffusi anche tipi per ora privi <strong>di</strong> confronti<br />
<strong>di</strong>retti nell’e<strong>di</strong>to 171 e coperchi del tipo cosiddetto a<br />
salsiera, oltre che lucerne riproducenti motivi decorativi<br />
e tipologie formali ben note in Anatolia e<br />
nell’Egeo (cfr. fig. 7 h-i).<br />
Dal punto <strong>di</strong> vista degli impasti, a Hierapolis è<br />
attestata una varietà <strong>di</strong> produzioni regionali <strong>di</strong> ceramica<br />
fine: queste sono presenti già a partire dal<br />
tardo ellenismo e dalla prima età imperiale ( fig. 5<br />
a), confermando che il fenomeno della circolazione<br />
<strong>di</strong> ceramiche fini micro-asiatiche a Hierapolis<br />
non caratterizza specificatamente la <strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong><br />
( fig. 5 b e fig. 6 f-g) 172 . Fra i materiali residui rinvenuti<br />
nei contesti <strong>di</strong> abbandono e <strong>di</strong>struzione delle<br />
case tardoantiche, si notano infatti imitazioni <strong>di</strong><br />
ESB e della SRSW 173 . È inoltre nota una produzione<br />
locale <strong>di</strong> coppe a rilievo (o così dette “magaresi”)<br />
174 delle quali si sono rinvenute le matrici e le<br />
stampiglie 175 per la decorazione (cfr. tav. XXVIII, b,<br />
c), oltre che una ricchissima serie <strong>di</strong> prodotti finiti<br />
(tav. XXVIII, d). D’altro canto nella valle del Lykos<br />
la produzione <strong>di</strong> vasellame non era limitata alla<br />
sola Hierapolis: ad esempio anche dalla vicina Lao<strong>di</strong>cea<br />
proviene evidenza per la manifattura <strong>di</strong> coppe<br />
a rilievo 176 . Per quanto riguarda la ceramica tardoantica,<br />
i dati fino ad ora raccolti per Hierapolis<br />
sembrano attribuire gli impasti campionati <strong>ed</strong> esaminati<br />
a molteplici aree <strong>di</strong> produzione 177 .<br />
Nell’ambito delle ceramiche da cucina dominano<br />
le produzioni locali/micro-regionali, fatto non<br />
163 Rautman 1995a.<br />
164 Cfr. Cottica 2007a Figg. 4-5.<br />
165 Cfr. Poblome 1998; Poblome et Alii 1998, in particolare pp. 58-58. Per un esempio da Hierapolis si v<strong>ed</strong>a fig. 6 c che illustra<br />
un esemplare <strong>di</strong> SRSW forma 1C140 dall'insula 104.<br />
166 Prodotta <strong>fra</strong> 570 e gli inizi del VII d.C.<br />
167 Hayes data la produzione <strong>fra</strong> 570 e 600; Fulford, sulla base dei dati relativi agli scavi inglesi a Cartagine, ha proposto una<br />
collocazione della produzione <strong>di</strong> questa forma <strong>fra</strong> 500 e 600/625, con una maggior <strong>di</strong>ffusione <strong>fra</strong> inizi VI <strong>ed</strong> inizi VII secolo.<br />
Sono poi numerosi, <strong>fra</strong> le produzioni <strong>di</strong> VI secolo, piatti e ciotole con orlo a tesa <strong>di</strong> ispirazione africana (cfr. fig. 6 b, d).<br />
168 Cfr. Cottica 2007a, fig. 7, 1. Il prodotto originale si colloca nella prima metà del VII secolo.<br />
169 Le produzioni africane si datano rispettivamente <strong>fra</strong> 550-625; 580/600-660 e 600-660 d.C.<br />
170 La forma originale si data <strong>fra</strong> VII e VIII secolo.<br />
171 Ad esempio ciotole e piatti con decorazione incisa, o con orlo a tesa variamente rifinito, piatti e ciotole con orli in<strong>di</strong>stinti<br />
o appena ingrossati.<br />
172 In particolare un gruppo <strong>di</strong> impasti <strong>fra</strong> loro affini risulta prevalente rispetto agli altri: cfr. Cottica 2007a, Fig. 8, 1-2. Per i<br />
risultati delle analisi preliminari condotte su questo gruppo <strong>di</strong> impasti si rinvia a Poblome et Alii 2001.<br />
173 Per un’imitazione <strong>di</strong> SRSW variante 1B191 si rinvia a Cottica 2007a Fig. 7, n. 2.<br />
174 Cfr. Semeraro 2003; Ead. 2005.<br />
175 Queste ultime sono presenti anche <strong>fra</strong> i materiali residui relativi agli scavi della “Casa dei capitelli ionici”.<br />
176 Cfr. Gelichi, Negrelli 2000, pp. 159-160 e Figg. 34.1 e 40. Si v<strong>ed</strong>a anche Gelichi, Negrelli 2004, p. 239.<br />
177 Poblome et Alii 2001; Daszkiewicz, Cottica, Bobryk, Schneider, c.s. b. Ulteriori indagini archeometriche sono in corso<br />
presso i laboratori <strong>di</strong> Berlino (G. Schneider) e Varsavia (M. Daszkiewicz).
168<br />
ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />
fig. 7 - Ceramiche acrome e lucerne dai livelli <strong>di</strong> VI - inizi del VII secolo nell’insula 104. a, c) coperchi;<br />
b) ciotola; d) olla da stoccaggio; e) brocca; f-g) bacili; h-i) lucerne (<strong>di</strong>segni <strong>di</strong> F. Broilo e A.<br />
Miotto, foto <strong>di</strong> D. Cottica).
2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />
169<br />
certo sorprendente in un sito ubicato in una valle<br />
interna <strong>ed</strong> in un territorio ricco <strong>di</strong> cave d’argilla<br />
178 . La produzione <strong>di</strong> ceramica da fuoco v<strong>ed</strong>e la<br />
preminenza <strong>di</strong> vasellame caratterizzato da una tipica<br />
matrice argillosa ferrosa con inclusi ben assortiti<br />
<strong>di</strong> abbondante quarzo angolare e muscovite,<br />
presenti accanto a biotite <strong>ed</strong> inclusi litici <strong>di</strong> origine<br />
metamorfica. In minori quantità sono presenti anche<br />
epidoto, calcite, ossi<strong>di</strong> <strong>ed</strong> idrossi<strong>di</strong> <strong>di</strong> ferro, anfiboli<br />
e plagioclase 179 . Il repertorio morfologico associato<br />
a questa produzione, comprende brocche a<br />
fondo umbelicato ( fig. 8 g), a fondo piano ( fig. 8 d,<br />
f), casseruole con orlo estroflesso, coperchi, imbuti<br />
( fig. 8 e) <strong>ed</strong> olle da fuoco e da stoccaggio. Queste<br />
ricorrono in quantità assai abbondante e presentano<br />
morfologie ricorrenti: particolarmente tipiche<br />
dei contesti <strong>di</strong> VI - inizi del VII secolo sono olle <strong>di</strong><br />
circa 15 cm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro all’imboccatura, con orlo<br />
leggermente estroflesso, breve collare, fondo concavo<br />
e corpo globulare, superficie esterna costolata,<br />
spesso annerita internamente <strong>ed</strong> esternamente nella<br />
fase <strong>di</strong> cottura in fornace, oltre che per esposizione<br />
al fuoco durante la fase <strong>di</strong> vita dei vasi stessi<br />
(cfr. fig. 8 a-c). Il tipo si presenta sia in versione<br />
biansata che priva <strong>di</strong> anse; quando presenti le anse<br />
hanno una caratteristica forma ad orecchio con sezione<br />
rettangolare con le estremità appiattite e ribassamento<br />
centrale. Le misurazioni effettuate per<br />
verificare la permeabilità <strong>di</strong> questi recipienti hanno<br />
rivelato che essi erano in grado <strong>di</strong> conservare<br />
al loro interno liqui<strong>di</strong> per svariate ore e, nei prodotti<br />
<strong>di</strong> miglior qualità, anche per giorni 180 . Nel-<br />
lo stesso impasto ferroso e micaceo erano prodotte<br />
anche olle con orlo sagomato per ricevere un coperchio<br />
181 . La presenza ancor oggi <strong>di</strong> abbondanti<br />
quantità <strong>di</strong> argilla lavorabile nelle colline attorno a<br />
Hierapolis 182 , potrebbe spiegare non solo la quantità<br />
<strong>di</strong> ceramica “da fuoco” rinvenuta nei contesti tardoantichi,<br />
ma anche la specificità della produzione<br />
ierapolitana 183 . In effetti il materiale da fuoco è, per<br />
impasto e morfologia, assai <strong>di</strong>verso sia dal coevo<br />
materiale in uso ad Efeso 184 , sia dai materiali delle<br />
vicine Aphro<strong>di</strong>sias 185 e Sar<strong>di</strong>s 186 .<br />
Accanto alla massiccia quantità <strong>di</strong> vasellame da<br />
fuoco altamente standar<strong>di</strong>zzato sopra esemplificato<br />
( fig. 8), sono attestati anche alcuni tipi morfologici<br />
presenti in piccole percentuali, attribuibili (sulla<br />
base dell’analisi degli impasti) ad ambienti caratterizzati<br />
da un intenso metamorfismo 187 , tipico <strong>di</strong> gran<br />
parte della valle del Meandro. Anche questo dato<br />
fornisce un’importante testimonianza sull’esistenza<br />
<strong>di</strong> stretti rapporti <strong>di</strong> scambio a livello regionale oltre<br />
che micro-regionale. Quest’ultimo aspetto è forse<br />
ancor più percepibile dallo stu<strong>di</strong>o delle anfore, ove<br />
alcuni ricorrenti tipi morfologici, altamente standar<strong>di</strong>zzati,<br />
risultano associati a vari impasti sia <strong>di</strong> probabile<br />
produzione locale, sia <strong>di</strong> più generica produzione<br />
regionale e micro-regionale 188 . Sulla base<br />
delle loro caratteristiche mineralogiche, tutti questi<br />
impasti sono ancora una volta riconducibili ad un<br />
ambiente ad intenso metamorfismo come la Valle<br />
Meandro (e del Lykos), tuttavia ogni produzione in<strong>di</strong>viduata<br />
presenta alcune caratteristiche proprie nella<br />
<strong>di</strong>stribuzione, natura e frequenza degli inclusi 189 .<br />
178 I dati raccolti in occasione <strong>di</strong> una ricognizione dei bacini argillosi affioranti oggi visibili nelle aree circostanti il sito <strong>di</strong> Hierapolis,<br />
in<strong>di</strong>cano che almeno due gruppi principali <strong>di</strong> argille sono presenti: delle argille ad alto contenuto ferroso (microscopicamente<br />
confrontabili con l’argilla delle antiche ceramiche da fuoco) e delle argille calcaree (confrontabili con le argille della<br />
ceramica acroma antica) cfr. Daszkiewicz, Cottica, Bobryk, Schneider, c.s. a; Cottica et Alii 2008, Figg. 1-2.<br />
179 La <strong>di</strong>mensione me<strong>di</strong>a degli inclusi varia <strong>fra</strong> 0.1 e 0.25 mm ma occasionalmente alcuni cristalli <strong>di</strong> quarzo possono arrivare<br />
a 1.5 mm. Cfr. Cottica 2005a, Fig. 1 A e B; Ead. 2007, Fig. 14, 1 e 5.<br />
180 Chi scrive desidera ringraziare M. Daszkiewicz e G. Schneider per aver fornito dati preliminari sulle analisi attualmente in<br />
corso (cfr. Daszkiewicz, Cottica, Bobryk, Schneider, c.s. b).<br />
181 Cottica 2000a, Fig. 4, n. 33.<br />
182 Cfr. anche Cottica et Alii 2008, pp. 114-115 e Figg. 1-2; Daszkiewicz, Cottica, Bobryk, Schneider, c.s. a. Tuttavia è importante<br />
sottolineare che allo stato attuale delle indagini archeometriche non si è ancora identificato il bacino argilloso utilizzato<br />
in antico per la manifattura della ceramica da fuoco ierapolitana.<br />
183 Restano fino ad oggi pochissime le ceramiche da cucina d’importazione (del tipo “Aegean cooking ware”, vasellame da fuoco<br />
<strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione cipriota-levantina etc.) rinvenute nei contesti dell’insula 104.<br />
184 Cfr. Turnovsky 2005.<br />
185 Si ringrazia U. Outschar per i dati ine<strong>di</strong>ti messi a <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> chi scrive.<br />
186 Cfr. Rautman 1995a.<br />
187 Cfr. Cottica 2000a, Fig. 4, nn. 36-37.<br />
188 Cfr. Cottica 2007a, Fig. 10. Non si conoscono ancora i luoghi <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> queste anfore, forse da ricercarsi nel territorio<br />
circostante Hierapolis in particolare nelle alture e pianori d’alta quota ubicati ad est dell’antica città.<br />
189 Cfr. Cottica 2005a, p. 658 e Fig. 2; Ead. 2007, Figg. 10 e 11.
170<br />
ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />
fig. 8 - Ceramica da fuoco dai livelli <strong>di</strong> VI - inizi del VII secolo nell’insula 104. a-c) olle da fuoco;<br />
d) brocca; e) imbuto; f-g) brocche (<strong>di</strong>segni <strong>di</strong> F. Broilo e A. Miotto, foto <strong>di</strong> D. Cottica).
2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />
171<br />
Le analisi sui residui, quando positive, hanno<br />
rivelato che tali anfore contenevano vino 190 : la tipica<br />
anfora cosiddetta ierapolitana presenta un corpo<br />
ovoide, collo cilindrico <strong>ed</strong> orlo <strong>di</strong>ritto, a volte leggermente<br />
ingrossato, anse a sezione ovale e fondo<br />
su basso pi<strong>ed</strong>e ad anello <strong>ed</strong> umbelicato (cfr. fig.<br />
4 g-h) 191 . Queste anfore sembrano morfologicamente<br />
adatte sopratutto al trasporto a breve <strong>di</strong>stanza,<br />
mentre la presenza <strong>di</strong> forme altamente simili ma<br />
con impasti <strong>di</strong>versi ci permette <strong>di</strong> intrav<strong>ed</strong>ere l’esistenza<br />
<strong>di</strong> una rete <strong>di</strong> scambi regionali a corto/me<strong>di</strong>o<br />
raggio, la cui natura non è ancora precisabile nel<br />
dettaglio. Forse la lettura e lo stu<strong>di</strong>o dei graffiti 192<br />
che spesso ricorrono sulle spalle <strong>di</strong> questi contenitori<br />
aiuteranno a meglio comprendere le <strong>di</strong>namiche<br />
legate alla produzione e commercializzazione del<br />
vino nella Hierapolis tardoantica.<br />
È interessante sottolineare come <strong>fra</strong> i materiali<br />
dell’insula 104 vi siano ben poche importazioni<br />
riconducibili alle più note produzioni <strong>di</strong>ffuse nei<br />
circuiti <strong>di</strong> scambio del Me<strong>di</strong>terraneo orientale mentre<br />
al contempo sono numerosi gli impasti ine<strong>di</strong>ti<br />
presenti. Fra le anfore <strong>di</strong> importazione prevalgono<br />
significativamente i contenitori <strong>di</strong> produzione<br />
egeo-orientale e micro-asiatica come nel caso delle<br />
LRA 1 ( fig. 4 d), LRA 3 e LRA 4. È inoltre da evidenziare<br />
la presenza <strong>di</strong> un certo numero <strong>di</strong> anfore<br />
morfologicamente affini al tipo Sar<strong>di</strong>s Amphora B<br />
( fig. 4 f) 193 . Fra il vasellame d’importazione si inseriscono<br />
anche pochi mortaria, forse <strong>di</strong> produzione<br />
siriana, e numerosi unguentari tardoantichi (cfr.<br />
fig. 4 a-c), probabilmente <strong>di</strong> produzione efesina e<br />
micro-asiatica 194 .<br />
Purtroppo i dati a nostra <strong>di</strong>sposizione sono principalmente<br />
relativi a livelli <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione piuttosto<br />
che d’uso: dunque indubbiamente riflettono in<br />
modo parziale la composizione <strong>di</strong> merci e derrate<br />
che arrivavano al porto <strong>di</strong> Efeso 195 e ai centri della<br />
costa prospicienti il golfo <strong>di</strong> Antalya, <strong>ed</strong> in particolare<br />
a Perge 196 , con i quali Hierapolis era collegata<br />
attraverso un network <strong>di</strong> vie che univano da un<br />
lato il sito alla valle del Meandro e quin<strong>di</strong> a Tralles<br />
(Ay<strong>di</strong>n) e alla costa egea, e che dall’altro, grazie<br />
ad una via menzionata nell’Itinerarium Antonini e<br />
nella Tabula Peutingeriana collegavano, superando<br />
un passaggio montuoso, Sar<strong>di</strong>s a Lao<strong>di</strong>cea passando<br />
per Hierapolis. Verso est la regione era inoltre<br />
collegata attraverso la Pisi<strong>di</strong>a alla costa panfilica<br />
<strong>ed</strong> all’antica Attaleia (ora Antalya) grazie alla via<br />
Lao<strong>di</strong>cea-Side. Tuttavia l’abbondanza <strong>di</strong> vasellame<br />
privo <strong>di</strong> confronti nell’e<strong>di</strong>to 197 in pressoché tutte le<br />
classi ceramiche non può essere ignorato <strong>ed</strong> il fenomeno<br />
sembra evidenziare un paesaggio economico<br />
caratterizzato da una vivacità produttiva e da una<br />
sinergia <strong>di</strong> scambi a livello micro-regionale.<br />
Anche la gran parte del vasellame acromo in<br />
circolazione nella <strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong> è attribuibile alle<br />
manifatture locali/micro-regionali che producevano<br />
una ricca serie <strong>di</strong> brocche ( fig. 7 e), bottiglie, olle<br />
da stoccaggio ( fig. 7 d), ciotole, piatti ( fig. 7 b), coperchi<br />
( fig. 7 a, c) e bacili: proprio <strong>di</strong> questi ultimi<br />
sono stati ritrovati <strong>ed</strong> analizzati anche gli scarti 198 e<br />
si sono in<strong>di</strong>viduati i bacini <strong>di</strong> approvvigionamento<br />
delle argille 199 . I bacili ierapolitani ( fig. 7 f-g) presentano<br />
un caratteristico orlo ingrossato sottolineato<br />
da un breve listello spesso decorato con nastri<br />
190 Cfr. Cottica et Alii 2008, p. 116 e Fig. 5.<br />
191 Il tipo rientra in una famiglia morfologica <strong>di</strong> lunga <strong>ed</strong> ampia tra<strong>di</strong>zione in Anatolia occidentale, <strong>ed</strong> è confrontabile con<br />
Degeest 2000, Figg. 191-192 che a Sagalassos si rinviene in livelli databili dal IV alla metà del VII secolo (ma è più comune<br />
<strong>fra</strong> V e VI).<br />
192 Attualmente in corso.<br />
193 L’autrice desidera ringraziare M. Rautman per aver esaminato macroscopicamente alcuni campioni <strong>di</strong> queste anfore. Allo<br />
stato attuale gli esemplari ierapolitani non sembrano avere lo stesso impasto degli esemplari rinvenuti a Sar<strong>di</strong>s.<br />
194 Per gli unguentari <strong>di</strong> Hierapolis cfr. Cottica 1998; Ead. 2000b. Per i rinvenimenti efesini si v<strong>ed</strong>ano: Lochner et Alii 2005;<br />
Sauer, Ladstätter 2005; Metaxas 2005.<br />
195 Cfr. in particolare Bezeczky 2005.<br />
196 Per i materiali dalle case tardoantiche <strong>di</strong> Perge si v<strong>ed</strong>a: Fırat s.d.; Ead. 2003.<br />
197 Soprattutto dal punto <strong>di</strong> vista dell’impasto, piuttosto che del confronto morfologico.<br />
198 Gli scavi condotti nell’area dell’agorà hanno portato alla luce alcune fornaci anche per la cottura <strong>di</strong> vasi cfr. Arthur 2006,<br />
pp. 109-110; Mastronuzzi, Melissano 2007, pp. 576-577 e Fig. 2. Chi scrive desidera ringraziare il Direttore della Missione<br />
F. D’Andria per aver concesso la possibilità <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are scarti e <strong>fra</strong>mmenti mal cotti dalle fornaci. Per un confronto preliminare<br />
<strong>fra</strong> i dati relativi alle analisi PIXE condotte su campioni ceramici, scarti e <strong>fra</strong>mmenti <strong>di</strong> vasi mal cotti si v<strong>ed</strong>a: Cottica<br />
et Alii 2006, in particolare Fig. 2. Per i risultati <strong>di</strong> recenti analisi archeometriche e mineropetrografiche condotte su scarti e<br />
prodotti finiti presso i laboratori già menzionati <strong>di</strong> Varsavia e Berlino si rinvia a Daszkiewicz, Cottica, Bobryk, Schneider,<br />
c.s. b.<br />
199 Cfr. Daszkiewicz, Cottica, Bobryk, Schneider, c.s. a.
172<br />
incisi, il corpo è in genere costolato <strong>ed</strong> il fondo è<br />
piano. Interessante è segnalare la presenza <strong>di</strong> alcuni<br />
coperchi tipici <strong>di</strong> contesti databili <strong>fra</strong> il VI secolo<br />
e l’occupazione finale dell’insula agli inizi del VII.<br />
La loro morfologia è contrad<strong>di</strong>stinta dalla forma a<br />
campana del corpo 200 , con presa a bottone <strong>di</strong> notevoli<br />
<strong>di</strong>mensioni (cfr. fig. 7 a, c): <strong>di</strong> fatto l’oggetto in<br />
questione, se capovolto, assomiglia ad un bicchiere.<br />
Le sue <strong>di</strong>mensioni e le peculiarità delle rifiniture<br />
interne sembrano renderlo perfettamente adatto<br />
ad appoggiarsi alle anfore domestiche <strong>di</strong> cui sopra<br />
(cfr. fig. 4 g-h) 201 , ma non a chiudere ermeticamente:<br />
sembra dunque almeno ipotizzabile un duplice<br />
uso <strong>di</strong> tali manufatti come coperchi/bicchieri analogamente<br />
ad alcune bottiglie con simili coperchi/<br />
bicchieri tuttora prodotte in fornaci <strong>di</strong> tipo tra<strong>di</strong>zionale<br />
nelle colline attorno a Denizli (cfr. in<strong>fra</strong> tav.<br />
XXX, a, b).<br />
5.3. I contesti post terremoto <strong>di</strong> metà VII secolo<br />
Nell’insula 104 il paesaggio urbano subì profon<strong>di</strong><br />
cambiamenti attorno alla metà del VII secolo<br />
d.C.: le più tarde monete attestate nei livelli <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>struzione delle case dell’insula 104 si datano al<br />
regno dell’imperatore Eraclio e simili dati vengono<br />
da interventi <strong>di</strong> scavo in altri settori dell’abitato. Lo<br />
stu<strong>di</strong>o degli elementi in crollo relativi alla <strong>di</strong>struzione<br />
delle case tardoantiche ha <strong>di</strong>mostrato che fu<br />
un sisma, verificatosi attorno o dopo la metà del<br />
VII secolo, a causarne la <strong>di</strong>struzione.<br />
Le indagini archeologiche presso l’insula 104<br />
hanno anche rivelato che l’area al momento del si-<br />
ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />
sma era già in gran parte abbandonata <strong>ed</strong> in corso<br />
<strong>di</strong> spoliazione e che l’isolato non venne rioccupato<br />
stabilmente fino al X secolo: solo in quest’epoca<br />
infatti è certa la presenza <strong>di</strong> nuove strutture<br />
abitative. Hierapolis dunque, come molti altri siti<br />
dell’Asia Minore, dalle vicine Lao<strong>di</strong>cea <strong>ed</strong> Afro<strong>di</strong>sias,<br />
ad Efeso, Sar<strong>di</strong>s, Sagalassos etc., nel corso del<br />
VII secolo subì trasformazioni considerevoli, percepibili<br />
attraverso lo stu<strong>di</strong>o del paesaggio urbano<br />
antico come pure dei contesti ceramici. Proprio i<br />
mutamenti nella morfologia del vasellame, in associazione<br />
alle variazioni del quadro <strong>di</strong>stributivo degli<br />
impasti e congiuntamente all’apparire <strong>di</strong> nuove<br />
forme e tecnologie decorative, rivelano e presuppongono<br />
cambiamenti socio-economici e culturali<br />
<strong>di</strong> vasta portata, attestati e riconoscibili per il X secolo<br />
ma per i quali tuttavia al momento non possiamo<br />
rintracciare né le origini precise, né le <strong>di</strong>namiche<br />
evolutive.<br />
Nei livelli <strong>di</strong> cenere combusta 202 relativi al riutilizzo<br />
dell’ambiente A 1361 quale fienile si sono rinvenute<br />
ceramiche residue <strong>di</strong> età romana e tardoantica,<br />
accanto ad alcuni esemplari (cfr. fig. 9 a-b) che<br />
sembrano anticipare tipi morfologici che saranno<br />
in seguito tipici dei livelli relativi alla costruzione<br />
e <strong>di</strong>struzione 203 delle case me<strong>di</strong>o bizantine 204 . Al<br />
contempo nei livelli <strong>di</strong> crollo soprastanti l’incen<strong>di</strong>o<br />
del fienile 205 appaiono i primi <strong>fra</strong>mmenti <strong>di</strong> ceramica<br />
micacea sovra<strong>di</strong>pinta 206 (cfr. fig. 9 c, f, i-m),<br />
assieme a morfologie ancora una volta precorritrici<br />
<strong>di</strong> tipi ben attestati nelle fasi successive, come le<br />
anforette con anse a nastro ( fig. 9 g) 207 <strong>ed</strong> i pithoi<br />
( fig. 9 e) 208 .<br />
200 Il corpo può avere pareti perfettamente <strong>di</strong>ritte o leggermente svasate cfr. fig. 7 a, c. Anche il collo delle anfore può avere<br />
pareti più o meno <strong>di</strong>ritte.<br />
201 Queste avevano una capacità variabile <strong>fra</strong> i 34 <strong>ed</strong> i 44.5 litri.<br />
202 Si tratta degli strati US 760/1 <strong>ed</strong> US 853.<br />
203 Ad esempio la pentola in fig. 9 a è confrontabile con il simile vaso in fig. 10 b (il pezzo proviene dal riempimento <strong>di</strong> una<br />
fossa al <strong>di</strong> sotto della case <strong>di</strong> X secolo = orizzonte 4) e con la pentola illustrata in Cottica 1998, Fig. 2, n. 9 dai livelli <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione<br />
delle case me<strong>di</strong>o bizantine. L’olla in fig. 9 b (dai livelli <strong>di</strong> cenere combusta nel fienile) è invece confrontabile con il<br />
vaso in fig. 11 d (dai livelli d’uso delle case me<strong>di</strong>evali).<br />
204 Per un approfon<strong>di</strong>mento sui materiali relativi a queste fasi <strong>ed</strong> al passaggio <strong>fra</strong> l’occupazione tardoantica e le case <strong>di</strong> X secolo<br />
d.C. si v<strong>ed</strong>a: Cottica 2006.<br />
205 Si tratta degli strati US 843 e US 687/1-3. Per quanto riguarda le profonde mo<strong>di</strong>fiche dell’area successivamente alla <strong>di</strong>struzione<br />
del VII secolo e la sua trasformazione in senso agricolo, cfr. Zaccaria Ruggiu 2006b, pp. 383, 389.<br />
206 Per la ceramica micacea sovra<strong>di</strong>pinta, tipica degli orizzonti me<strong>di</strong>o bizantini a Hierapolis cfr. in<strong>fra</strong> sezione 5.4 e per una dettagliata<br />
presentazione della classe cf. Cottica 2007b.<br />
207 Questo pezzo è confrontabile con quelli in fig. 10 g (dal riempimento <strong>di</strong> una fossa al <strong>di</strong> sotto della case <strong>di</strong> X secolo = orizzonte<br />
4) e in fig. 13 g (il <strong>fra</strong>mmento illustrato proviene dalla pulizia <strong>di</strong> una sezione nell’area dello scavo delle case me<strong>di</strong>evali<br />
orientali <strong>ed</strong> è rappresentativo <strong>di</strong> molti altri <strong>fra</strong>mmenti, meno conservati, provenienti dai livelli <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione delle case <strong>di</strong> X<br />
secolo).<br />
208 Il <strong>fra</strong>mmento in questione è confrontabile con i pezzi illustrati in fig. 11 b (dai livelli d’uso delle case me<strong>di</strong>evali) <strong>ed</strong> in fig.<br />
13 a, c (dagli orizzonti 7 <strong>ed</strong> 8).
2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />
173<br />
fig. 9 - Ceramiche dai livelli relativi al così detto fienile <strong>ed</strong> alla sua <strong>di</strong>struzione (ca. fine VII/VIII secolo).<br />
a-b) olle; c) parete con decorazione <strong>di</strong>pinta in bianco; d) olla; e) pithos con orlo con forellini;<br />
f ) brocca/bottiglia con decorazione <strong>di</strong>pinta a fasce rosse e bianche; g) anforetta; h) olla; i) bottiglia<br />
con decorazione a fasce <strong>di</strong>pinte rosse; l-m) bottiglia con decorazione <strong>di</strong>pinta bianca e rossa (<strong>di</strong>segni<br />
<strong>di</strong> A. Miotto, fotografia <strong>di</strong> D. Cottica).
174<br />
ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />
fig. 10 - Ceramiche me<strong>di</strong>o-bizantine dai livelli sottostanti le case <strong>di</strong> X secolo. a) olla; b) pentola;<br />
c) olla; d) base a fondo quasi piano; e) brocca/bottiglia; f ) coperchio; g) anforetta; h) brocca/bottiglia;<br />
i-l) bottiglie; m) pithos (<strong>di</strong>segni <strong>di</strong> F. Broilo).
2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />
175<br />
Le sovra<strong>di</strong>pinture si presentano sia in bianco sia<br />
in colore rosso 209 : quest’ultimo tuttavia non compare<br />
nei successivi livelli relativi alle case me<strong>di</strong>o<br />
bizantine, a <strong>di</strong>fferenza del colore bianco il cui uso<br />
“… si inserisce a pieno titolo nello sviluppo delle<br />
produzioni comuni d’area anatolica nell’età me<strong>di</strong>obizantina<br />
e nell’epoca ottomana …”, come osservato<br />
da S. Gelichi 210 . Non è ancora possibile stabilire<br />
con esattezza quando siano state introdotte a<br />
Hierapolis ceramiche <strong>di</strong>pinte a fasce e nastri ma<br />
sulla base dei dati sopra esposti è possibile ipotizzarne<br />
la comparsa <strong>fra</strong> fine VII e VIII secolo. La<br />
presenza <strong>di</strong> decori <strong>di</strong>pinti bianchi e rossi è tipica<br />
<strong>di</strong> vari orizzonti culturali già nella <strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong>,<br />
come attestato dalla <strong>di</strong>ffusione della così detta<br />
“Monastic Ware” <strong>di</strong> Alahan 211 , della “ceramica sovra<strong>di</strong>pinta<br />
bizantina” <strong>di</strong> Gortina 212 , delle ceramiche<br />
<strong>di</strong>pinte <strong>ed</strong> incise <strong>di</strong> Giordania 213 . Motivi incisi<br />
e <strong>di</strong>pinti sono <strong>di</strong>ffusi nella tra<strong>di</strong>zione islamica, specialmente<br />
in epoca omayyade 214 e bizantina 215 . La<br />
circolazione <strong>di</strong> ceramica micacea sovra<strong>di</strong>pinta, confrontabile<br />
con quella ierapolitana, è per ora attestata<br />
con certezza nella vicina Lao<strong>di</strong>cea 216 , nel castello<br />
bizantino <strong>di</strong> Çardak vicino a Denizli 217 , a Pergamo<br />
in livelli <strong>di</strong> XI-XII secolo 218 e a Limyra 219 .<br />
5.4. Il materiale ceramico me<strong>di</strong>o bizantino<br />
La rioccupazione dell’area nel X secolo è associata<br />
all’abbondante presenza <strong>di</strong> ceramica caratterizza-<br />
ta da un’argilla ferrosa molto micacea, macroscopicamente<br />
affine a quella utilizzata per la produzione<br />
<strong>di</strong> ceramica da fuoco in età tardo antica ma, a <strong>di</strong>fferenza<br />
<strong>di</strong> quest’ultima, dotata <strong>di</strong> inclusi <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni<br />
maggiori e più abbondanti 220 . Gli impasti utilizzati<br />
nel periodo me<strong>di</strong>o bizantino 221 non compaiono<br />
nei livelli relativi alla costruzione <strong>ed</strong> uso primario<br />
delle case <strong>di</strong> V - inizi VII secolo, sono presenti in<br />
piccole quantità nei livelli <strong>di</strong> spianamento <strong>di</strong> macerie<br />
protobizantine e risultano frequenti nei livelli<br />
d’uso ( fig. 11) e soprattutto <strong>di</strong> abbandono/<strong>di</strong>struzione<br />
( figg. 12-13) delle case <strong>di</strong> X secolo. L’impasto<br />
in questione compare in relazione a specifici<br />
tipi morfologici: si tratta <strong>di</strong> olle <strong>ed</strong> ollette <strong>di</strong> varie<br />
<strong>di</strong>mensioni, con o senza anse 222 ( fig. 11 c-f e fig.<br />
12 c-e), boccalini mono-ansati ( fig. 12 f), anforette<br />
con corpo globulare e fondo piano, con larghe anse<br />
a nastro <strong>ed</strong> orlo ingrossato ( fig. 11 o; fig. 12 g; fig.<br />
13 g), e ancora bottiglie ( fig. 11 h), coperchi piani<br />
con presa a bottone ( fig. 12 b) e pithoi dal caratteristico<br />
orlo a tesa orizzontale ingrossato ( fig. 11 a-b<br />
e fig. 13 a, c). Dal punto <strong>di</strong> vista morfologico, alcuni<br />
dei materiali ierapolitani trovano confronti nelle<br />
ceramiche bizantine <strong>di</strong> Costantinopoli, Pergamo <strong>ed</strong><br />
in particolare Amorion 223 .<br />
A questo repertorio morfologico è spesso associato<br />
l’uso <strong>di</strong> un particolare tipo <strong>di</strong> decorazione: si<br />
tratta <strong>di</strong> motivi sovra<strong>di</strong>pinti <strong>di</strong> colore bianco, utilizzati<br />
a comporre fasce, nastri e motivi circolari 224<br />
( fig. 11 h-m, o) ai quali spesso si vengono ad aggiungere<br />
nastri incisi a crudo ( fig. 11 c, i-l, o), o de-<br />
209 Per la compresenza <strong>di</strong> colore bianco e rosso si v<strong>ed</strong>a fig. 9 f, i-m.<br />
210 Gelichi, Negrelli 2004, p. 254. Per maggiori dettagli su questa classe cfr. in<strong>fra</strong>.<br />
211 Williams 1985.<br />
212 Dello Preite 1997; Vitale 2001.<br />
213 Uscatescu 1996a, lam. XIV-XV; Ead. 1996b Figg. 1 e 2.<br />
214 Si tratta della nota <strong>di</strong>nastia <strong>di</strong> califfi arabi che resse l’impero musulmano dal 661 al 750. Per alcune ceramiche significative<br />
<strong>di</strong> questo periodo <strong>ed</strong> ai fini della presente trattazione si v<strong>ed</strong>ano: Gawlikowski 1995; McNicoll et Alii 1982; Delougaz,<br />
Haines 1960.<br />
215 Per l’Italia bizantina cfr. ad esempio Saguì 1998 e Patittucci Uggeri 1977. Per l’Anatolia cfr. Spieser 1996; Gelichi, Negrelli<br />
2004.<br />
216 Gelichi, Negrelli 2004, pp. 251-254.<br />
217 Barnes, Whittow 1998.<br />
218 Spieser 1996, Taf. 46, pp. 426-427.<br />
219 Gentilmente segnalato da J. Vroom che chi scrive desidera ringraziare.<br />
220 Cfr. Cottica 2007a, Figg. 14.2 e 14.6. I dati archeometrici sembrano evidenziare una minor standar<strong>di</strong>zzazione nella lavorazione<br />
e produzione delle ceramiche “da fuoco e cucina” me<strong>di</strong>o bizantine, rispetto a quelle tardoantiche: cfr. Daszkiewicz,<br />
Cottica, Bobryk, Schneider, c.s. b.<br />
221 Cfr. Daszkiewicz, Cottica, Bobryk, Schneider, c.s. a.<br />
222 Queste, quando presenti, sono sempre impostate sull’orlo.<br />
223 Per i confronti cfr. Cottica 2007b in particolare p. 262 nota 33.<br />
224 Da qui deriva la denominazione <strong>di</strong> questa classe “Micaceous White Paint<strong>ed</strong> Ware”. Per dettagli su questa classe si rinvia a<br />
Cottica 2007b.
176<br />
ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />
fig. 11 - Ceramiche dai livelli d’uso delle case me<strong>di</strong>o bizantine. a-b) pithoi; c-f ) olle e ollette; g) ansa apicata;<br />
h) bottiglia; i-m) pareti con decorazioni sovra<strong>di</strong>pinte <strong>ed</strong> incise; n) <strong>fra</strong>mmento in vetrina pesante;<br />
o) anforetta <strong>di</strong>pinta <strong>fra</strong>mmentaria (<strong>di</strong>segni <strong>di</strong> S. Bologna, F. Broilo e A. Miotto, foto <strong>di</strong> D. Cottica).
2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />
177<br />
fig. 12 - Vasellame ceramico dai livelli <strong>di</strong> crollo delle case me<strong>di</strong>o bizantine. a) olla; b) coperchio; c-e) olle<br />
e ollette; f ) boccalino; g) corpo <strong>di</strong> anforetta; h) piatto (<strong>di</strong>segni <strong>di</strong> S. Bologna e A. Miotto).
178<br />
cori a tacche ( fig. 12 d, f); frequenti sono anche anse<br />
<strong>di</strong> tipo apicato ( fig. 11 g e fig. 13 d) 225 e la presenza<br />
<strong>di</strong> forellini praticati sugli orli dei pithoi ( fig. 9 e; fig.<br />
13 a) e su certe anse ( fig. 13 g). Negli stessi impasti<br />
erano anche prodotti i pochi <strong>fra</strong>mmenti a vetrina<br />
pesante ( fig. 11 n) portati alla luce e presenti esclusivamente<br />
nei livelli successivi al crollo delle case<br />
tardoantiche: si tratta prevalentemente <strong>di</strong> scaldavivande<br />
226 , piatti e brocche.<br />
La produzione sovra<strong>di</strong>pinta, <strong>di</strong> certo in uso alla<br />
fine del X secolo 227 sembra <strong>di</strong>minuire considerevolmente<br />
fino a scomparire a partire dai contesti <strong>di</strong><br />
tardo XI secolo scavati e stu<strong>di</strong>ati da P. Arthur 228 e<br />
C. Şimşek 229 , caratterizzati invece dalla presenza <strong>di</strong><br />
vasellame, sempre con lo stesso impasto micaceo,<br />
decorato con cordoni plastici applicati 230 .<br />
Come abbiamo visto, gli scavi recentemente<br />
condotti, e tuttora in corso, nel settore occidentale<br />
dell’insula 104 <strong>ed</strong> in particolare nell’ambiente A<br />
1361, hanno rivelato un’interessante sequenza <strong>di</strong> attività<br />
che includono sia l’utilizzo a fienile degli e<strong>di</strong>fici<br />
in rovina della prec<strong>ed</strong>ente casa tardoantica (cfr.<br />
supra sezione 4.5), testimonianza della ruralizzazione<br />
degli spazi urbani, sia una serie <strong>di</strong> piani d’uso<br />
e fosse situati <strong>fra</strong> la <strong>di</strong>struzione del fienile <strong>ed</strong> i livelli<br />
pavimentali in battuto della soprastante casa<br />
me<strong>di</strong>evale. I relativi contesti ceramici (illustrati in<br />
fig. 10), oltre al consueto materiale residuo romano<br />
e proto-bizantino (non illustrato), presentano vasel-<br />
ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />
lame dall’impasto e dalla morfologia <strong>di</strong>rettamente<br />
confrontabili con i materiali dai livelli d’uso e <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>struzione delle case <strong>di</strong> X secolo. Questi includono<br />
pithoi con massiccio orlo a tesa ( fig. 10 m), olle<br />
a fondo quasi piano ( fig. 10 d), anforette con collo<br />
cilindrico <strong>ed</strong> anse a nastro ( fig. 10 g), coperchi<br />
( fig. 10 f), brocche e bottiglie ( fig. 10 e, h-l) <strong>ed</strong> infine<br />
olle ( fig. 10 a-c) dal breve collare, orlo estroflesso,<br />
spesso dotate <strong>di</strong> anse a sezione rettangolare <strong>ed</strong><br />
impostate sull’orlo, morfologicamente assai vicine<br />
alle forme più tipiche dagli orizzonti 6-8 illustrati<br />
nelle figg. 11-13.<br />
5.5. I reperti ceramici <strong>fra</strong> <strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong> e me<strong>di</strong>oevo<br />
a confronto<br />
Il confronto <strong>di</strong>retto <strong>fra</strong> i contesti ceramici pertinenti<br />
alle due principali fasi <strong>di</strong> costruzione, uso<br />
<strong>ed</strong> abbandono delle case nell’insula 104 rivela importanti<br />
cambiamenti: nella forma, e quin<strong>di</strong> nella<br />
funzionalità, del vasellame, nella varietà degli impasti<br />
in circolazione, nelle tecniche decorative e <strong>di</strong><br />
manifattura 231 . La produzione me<strong>di</strong>o bizantina, a<br />
<strong>di</strong>fferenza della prec<strong>ed</strong>ente, si avvaleva quasi esclusivamente<br />
<strong>di</strong> argilla micacea, ferrosa e ricca <strong>di</strong> quarzo<br />
verosimilmente estratta da bacini situati nelle<br />
colline ad est dell’abitato. 232 L’utilizzo <strong>di</strong> un’argilla<br />
ferrosa macroscopicamente simile a quella ancor<br />
oggi localmente abbondante, è per altro attestato<br />
225 Per confronti si v<strong>ed</strong>ano le anse apicate in Delougaz, Haines 1960, 39, pl. 43 e specialmente nn. 29-32 da livelli tardo antichi<br />
e pre-omayya<strong>di</strong>.<br />
226 Cfr. Cottica 1998, Fig. 4 n. 13; Ead. 2007, Fig. 16 nn. 3-4.<br />
227 Per esemplari da altri scavi a Hierapolis cfr.: Arthur 1997; Caggia 2007, Figg. 18-19; Polito 2007, Figg. 10-11.<br />
228 Si tratta della chiesa bizantina situata sul lato orientale dell’agorà, cfr. Arthur 2006, pp. 118-125. Per i materiali, decorati<br />
con cordoni applicati, cfr. Arthur 2002, Fig. 3.<br />
229 Şimşek 2000.<br />
230 Questi cordoni presentano spesso una decorazione <strong>di</strong>gitata cfr. Arthur 2002, Fig. 3; Id. 2006, p. 80, Fig. 26. Per simili rinvenimenti<br />
a Lao<strong>di</strong>cea cfr. Gelichi, Negrelli 2004, p. 254 e nota 192 per ulteriori confronti. L’esemplare da Lao<strong>di</strong>cea presenta sia la<br />
decorazione plastica sia la sovra<strong>di</strong>pintura bianca. Per un’analoga combinazione <strong>di</strong> motivi decorativi a Pergamo cfr. Spieser 1996,<br />
Taf. 44-45, no. 425. Vasellame con cordoni applicati sembra essere presente a Hierapolis dall’XI secolo per tutto il periodo tardobizantino,<br />
come testimoniato dagli esemplari rinvenuti negli scavo delle Terme Gran<strong>di</strong> <strong>di</strong> Hierapolis ( fig. 1), cfr. Şimşek 1997,<br />
Res. 21. A Hierapolis non sono per ora noti esemplari che presentino sia il cordone applicato sia la sovra<strong>di</strong>pintura bianca.<br />
231 Vasta è la letteratura scientifica sullo stu<strong>di</strong>o dei reperti della cultura materiale come strumento essenziale <strong>di</strong> analisi <strong>di</strong> processi<br />
culturali. Per in<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong> metodo <strong>ed</strong> esempi <strong>di</strong> applicazioni si v<strong>ed</strong>ano <strong>fra</strong> gli altri i seguenti lavori: Arnold 1985; Appadurai<br />
1986 (in particolare Part V “Historical transformations and commo<strong>di</strong>ty codes”); Cumberpatch, Blinkhorn 1997; Schiffer<br />
1999; Miracle, Milner 2002; DeMarrais, Gosden, Renfrew 2004; Arnold 2005; Poblome, Malfitana, Lund 2007.<br />
232 Ove a tutt’oggi vi sono cave <strong>di</strong> argilla ferrosa in uso cfr. Cottica et Alii 2008, Fig. 1 C-D. Le indagini archeometriche <strong>ed</strong> i<br />
campionamenti fino ad ora effettuati non hanno portato all’identificazione del bacino <strong>di</strong> provenienza delle argille micacee utilizzate<br />
per la manifattura del vasellame me<strong>di</strong>o bizantino. Tuttavia le caratteristiche delle argille moderne esaminate permettono<br />
<strong>di</strong> ipotizzare che la provenienza del vasellame a componente micacea e ferrosa potesse essere locale: i bacini argillosi me<strong>di</strong>o<br />
bizantini (come quelli tardoantichi) potrebbero non essere più visibili oggi, oppure potrebbero essersi esauriti nel tempo. Solo<br />
per le ceramiche acrome tardoantiche si sono invece identificate alcune cave con caratteristiche chimiche e minero-petrografiche<br />
pressoché identiche alla matrice argillosa dei manufatti cfr. Daszkiewicz, Cottica, Bobryk, Schneider, c.s. a in part. Fig. 4.
2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />
179<br />
fig. 13 - Vasellame ceramico dai livelli <strong>di</strong> crollo delle case me<strong>di</strong>o bizantine. a) pithos; b) bottiglia; c) pithos con forellini<br />
sulla sommità dell’orlo; d) bottiglia con anse apicate; e-f ) bottiglia; g) anforetta con forellini sulle anse; h) bottiglia; i-l) pareti<br />
<strong>fra</strong>mmentarie con decorazione sovra<strong>di</strong>pinta <strong>ed</strong> incisa (<strong>di</strong>segni <strong>di</strong> S. Bologna e A. Miotto, fotografia <strong>di</strong> D. Cottica).
180<br />
per tutto il periodo bizantino e fino all’età moderna<br />
e contemporanea 233 . Questo dato si contrappone<br />
alla varietà delle produzioni regionali e microregionali<br />
attestate fino alla metà del VII secolo. Il<br />
quadro ben rispecchia il mutato scenario politico<br />
che v<strong>ed</strong>e nella valle del Lykos una via <strong>di</strong> penetrazione<br />
per le incursioni arabe e poi selgiuchi<strong>di</strong> e<br />
non più una via <strong>di</strong> naturale collegamento <strong>fra</strong> siti e<br />
vallate contigue.<br />
L’argilla ferrosa permetteva <strong>di</strong> produrre vasellame<br />
resistente al calore <strong>ed</strong> adatto, come <strong>di</strong>mostrato<br />
dalle analisi <strong>di</strong> laboratorio 234 , a contenere liqui<strong>di</strong><br />
per un tempo prolungato. Il vasellame era funzionale<br />
all’esposizione al fuoco ma anche allo stoccaggio<br />
<strong>di</strong> derrate, comprese quelle liquide. Non ci sorprende<br />
dunque se nel X secolo con quest’unico tipo<br />
<strong>di</strong> materia prima fu prodotta una varietà <strong>di</strong> forme<br />
funzionali: dai vasi potori, alle pentole, ai coperchi,<br />
ai tegami e contenitori <strong>di</strong> varie <strong>di</strong>mensioni (pithoi e<br />
olle). Le olle, con il loro corpo globulare dalle pareti<br />
<strong>di</strong> ridotto spessore, a volte costolate, il breve collare<br />
e l’orlo leggermente ingrossato <strong>ed</strong> estroflesso,<br />
sembrano evolvere dalla morfologia dei loro corrispettivi<br />
tardoantichi 235 .<br />
Tuttavia il fondo piano dei vasi me<strong>di</strong>o bizantini<br />
236 e le ampie anse a nastro impostate sull’orlo si<br />
<strong>di</strong>fferenziano notevolmente dei loro corrispettivi <strong>di</strong><br />
VI - inizi del VII secolo, <strong>ed</strong> attestano per l’età me<strong>di</strong>evale<br />
<strong>di</strong>verse modalità <strong>di</strong> cottura dei cibi e <strong>di</strong> utilizzo<br />
del vasellame in questione. L’esistenza <strong>di</strong> un<br />
ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />
cambiamento nella preparazione e nel consumo degli<br />
alimenti 237 è evidenziata anche dalla comparsa,<br />
in età me<strong>di</strong>evale, <strong>di</strong> forme ceramiche nuove come<br />
i boccalini e le ollette <strong>di</strong> ridotte <strong>di</strong>mensioni 238 ( fig.<br />
12 e-f), o ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> forme completamente ignote<br />
al mondo greco-romano come lo scaldavivande 239 e<br />
i così detti attingitoi/versatoi 240 . P. Arthur ha ipotizzato<br />
che l’introduzione <strong>di</strong> nuove morfologie funzionali<br />
sia stata una concreta conseguenza del periodo<br />
iconoclastico, della penetrazione araba, e forse<br />
dell’introduzione <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zioni culinarie orientali in<br />
Frigia 241 . Dunque Hierapolis, nonostante il processo<br />
<strong>di</strong> ruralizzazione non rimase estranea ad alcune<br />
importanti trasformazioni culturali occorse in età<br />
me<strong>di</strong>o bizantina. Anzi, la presenza <strong>di</strong> una produzione<br />
locale o microregionale <strong>di</strong> ceramica a vetrina<br />
pesante (cfr. fig. 11 n) e <strong>di</strong> imitazioni <strong>di</strong> ceramica<br />
che potemmo definire sgraffita 242 , congiuntamente<br />
all’introduzione nel repertorio morfologico <strong>di</strong> forme<br />
prima sconosciute, come appunto lo scaldavivande,<br />
contribuisce a rafforzare l’immagine <strong>di</strong> una<br />
comunità produttiva, vivace e ricettiva dal punto<br />
<strong>di</strong> vista culturale, capace <strong>di</strong> adeguarsi al nuovo gusto<br />
dell’epoca producendo localmente il vasellame<br />
più richiesto e “alla moda”, quale doveva appunto<br />
essere la ceramica a vetrina pesante. Al contempo,<br />
in età me<strong>di</strong>o bizantina gli scambi a livello regionale<br />
sembrano quasi del tutto assenti: i rari prodotti<br />
d’importazione sono costituiti da ceramica invetriata<br />
proveniente dalla capitale Costantinopoli 243 ,<br />
233 Fornaci tra<strong>di</strong>zionali ancora in funzione nel villaggio <strong>di</strong> Sarinishar presso Denizli (cfr. tav. XXX, a), utilizzano un’argilla con<br />
caratteristiche e proprietà confrontabili a quelle utilizzate in età me<strong>di</strong>o bizantina; questa viene oggi impiegata per confezionare<br />
soprattutto <strong>di</strong> recipienti destinati a contenere liqui<strong>di</strong>, quali brocche e bottiglie (cfr. tav. XXX, b per un esempio moderno).<br />
Nel moderno villaggio <strong>di</strong> Pamukkale Köy è tuttora in uso un tipo <strong>di</strong> samovar prodotto con argilla ferrosa e micacea: quest’oggetto,<br />
com’è noto, è utilizzato per la preparazione del tè, funzione che sfrutta al meglio le proprietà un’argilla resistente al<br />
calore <strong>ed</strong> al contempo impermeabile.<br />
234 Cfr. Daszkiewicz, Cottica, Bobryk, Schneider, c.s. b.<br />
235 Si confronti fig. 8 a-c con fig. 12 a, e.<br />
236 Fra i materiali relativi ai livelli anteriori alle case <strong>di</strong> X secolo si rinvengono fon<strong>di</strong> quasi piani (cfr. fig. 10 d), mentre negli<br />
strati d’uso e <strong>di</strong>struzione delle abitazioni si trovano prevalentemente fon<strong>di</strong> piani (cfr. fig. 12 e).<br />
237 Per un commento generale sui cambiamenti alimentari nella Hierapolis me<strong>di</strong>evale cfr. Arthur 2006, pp. 75-76. Dati interessanti<br />
provengono anche dalle analisi dei residui effettuate da F. Notarstefano e M. Lettieri presso il Laboratorio <strong>di</strong> Chimica<br />
Organica, Dipartimento <strong>di</strong> Biologia e Scienze Ambientali e Tecnologia (Di.S.Te.B.A.) dell’Universià del Salento (gas chromatography<br />
GC, combinata con mass spectrometry MS) e dai Laboratori dell’IBAM - CNR <strong>di</strong> Lecce, in corso <strong>di</strong> elaborazione.<br />
238 Arthur propone che queste potessero essere utilizzate per cuocere legumi: cfr. Arthur 1997, p. 539.<br />
239 Gli scaldavivande dall’insula 104 sono tutti realizzati in argilla ferrosa e micacea e sono ricoperti con vetrina pesante.<br />
240 Cfr. Cottica 2007a, Fig. 16, nn. 5-6 e per una <strong>di</strong>scussione sulla possibile funzione <strong>di</strong> questi contenitori come attingitoi/versatoi<br />
Ead. 2007b, in particolare Figg. 8-9, 14 nn. 6-7 e Fig. 10 a-b. Arthur invece ipotizza si tratti <strong>di</strong> alambicchi per la <strong>di</strong>stillazione,<br />
cfr. Arthur 2006, pp. 80-81.<br />
241 Cfr. Arthur 2006, p. 77.<br />
242 Dall’insula 104 proviene un solo <strong>fra</strong>mmento <strong>di</strong> questo tipo, con decorazione a nastro inciso e vetrina <strong>di</strong> colore verde oliva.<br />
243 Nel caso dell’insula 104 si tratta <strong>di</strong> GWW I e II. Per un quadro generale delle importazioni a Hierapolis in età me<strong>di</strong>evale e<br />
post me<strong>di</strong>evale si v<strong>ed</strong>a Arthur 2006, pp. 73-88.
2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />
181<br />
mentre la produzione locale <strong>di</strong> ceramica supplisce<br />
alla gran parte delle esigenze della popolazione.<br />
La preponderanza delle forme chiuse su quelle<br />
aperte 244 , pressoché assenti <strong>fra</strong> il vasellame ceramico<br />
post tardoantico, e l’abbondanza <strong>di</strong> contenitori<br />
potori (brocche, anforette, bottiglie), conferma<br />
l’ipotesi <strong>di</strong> avvenute trasformazioni nelle abitu<strong>di</strong>ni<br />
alimentari <strong>ed</strong> in generale nello stile <strong>di</strong> vita domestico.<br />
Allo stesso tempo la scomparsa delle “r<strong>ed</strong> slip<br />
wares” e l’uso della vetrina pesante presuppongo<br />
un’evoluzione nella tecnologia ceramica. Parte <strong>di</strong><br />
queste trasformazioni sarebbero alla base <strong>di</strong> alcuni<br />
aspetti tipici dell’attuale stile alimentare anatolico<br />
come testimoniato dal confronto <strong>fra</strong> la funzione<br />
dello scaldavivande bizantino <strong>ed</strong> il mangal turco 245 .<br />
Se dunque da un lato possiamo affermare che dal<br />
materiale me<strong>di</strong>o bizantino venne meno l’impronta<br />
della tra<strong>di</strong>zione romana, ancora chiaramente percepibile<br />
nei contesti <strong>di</strong> V - inizio del VII secolo 246 ,<br />
dall’altro è anche evidente, come si è visto sopra,<br />
che la tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong>pinta me<strong>di</strong>o bizantina e post me<strong>di</strong>evale,<br />
affonda le sue ra<strong>di</strong>ci nei sistemi decorativi<br />
<strong>di</strong>ffusi nella <strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong>, specialmente <strong>fra</strong> VII e<br />
VIII secolo 247 .<br />
6. Osservazioni conclusive <strong>ed</strong> ipotesi <strong>di</strong> lavoro<br />
(D.C.)<br />
In sintesi dunque, abbiamo visto come le planimetrie<br />
delle case tardoantiche dell’insula 104 si<br />
<strong>di</strong>scostino dall’assetto delle originarie abitazioni <strong>di</strong><br />
età romana e tardo romana concepite attorno ad<br />
un peristilio centrale 248 . Le ristrutturazioni operate<br />
nel VI secolo alterarono profondamente l’organizzazione<br />
degli spazi delle abitazioni prec<strong>ed</strong>enti, in<br />
funzione della necessità <strong>di</strong> una nuova <strong>di</strong>sposizione<br />
degli stessi: in questa fase i peristili persero la loro<br />
valenza unificante e flui<strong>di</strong>ficante dei percorsi all’interno<br />
della sfera domestica. I dati <strong>di</strong> scavo testimoniano<br />
un bisogno <strong>di</strong> realizzare separazioni funzionali<br />
nette <strong>fra</strong> i vari settori della casa, espressione <strong>di</strong><br />
una società caratterizzata da valori, ritmi e “rituali”<br />
<strong>di</strong> vita nuovi, o <strong>di</strong>versi 249 . In questa fase (VI secolo)<br />
gli e<strong>di</strong>fici esistenti vengono adattati alle nuove<br />
esigenze utilizzando come specifico strumento<br />
architettonico la costruzione <strong>di</strong> partizioni interne:<br />
proprio quest’operazione è stata riconosciuta da S.<br />
Ellis come espressione <strong>di</strong> uno stile architettonico<br />
tipicamente protobizantino 250 .<br />
Nell’e<strong>di</strong>to, planimetrie confrontabili con quelle<br />
dell’insula 104 sono in<strong>di</strong>viduabili a Sar<strong>di</strong>s nella così<br />
detta “Casa dei bronzi” 251 e nel complesso indagato<br />
da Rautman nel settore MMS 252 . Differente,<br />
ma complementare, è invece il quadro offerto dagli<br />
scavi presso le abitazioni <strong>di</strong> metà V - inizi del<br />
VII secolo ubicate sul lato ovest dell’agorà <strong>di</strong> Hierapolis<br />
253 che, nella loro organizzazione planimetrica,<br />
riflettono le esigenze <strong>di</strong> un gruppo sociale <strong>di</strong>verso<br />
da quello che risi<strong>ed</strong>eva nell’isolato 104. Le<br />
case presso l’agorà erano situate imme<strong>di</strong>atamente<br />
al <strong>di</strong> fuori della Porta Bizantina Nord, parte <strong>di</strong> un<br />
quartiere sub-urbano produttivo, abitato da artigiani<br />
impegnati nella manifattura <strong>di</strong> vasellame cera-<br />
244 Per uno dei rarissimi esemplari noti dai livelli me<strong>di</strong>evali dell’insula si v<strong>ed</strong>a fig. 12 h, sempre in argilla ferrosa e micacea.<br />
245 Tale somiglianza è evidenziata in Arthur 2006, p. 77. Il mangal è utilizzato per la cottura della carne <strong>di</strong> montone spe-<br />
ziata.<br />
246 Fra V e VII secolo d.C. si nota anche la persistenza <strong>di</strong> certe produzioni su larga scala <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione romana, come nel caso<br />
del vasellame da mensa con rivestimento rosso (le cosiddette R<strong>ed</strong> Slip Wares o Late Roman Pottery <strong>di</strong> J. Hayes), e <strong>di</strong> tipologie,<br />
ad esempio <strong>di</strong> contenitori anforici e <strong>di</strong> lucerne, <strong>di</strong>scendenti da prototipi romani (cfr. la serie delle Late Roman Amphorae).<br />
247 Cfr. supra Sezione 5.3.<br />
248 Sul perdurare del modello della casa a peristilio nella <strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong> fino alla metà circa del VI secolo cfr. Ellis 2004,<br />
p. 38.<br />
249 Lo stu<strong>di</strong>o dell’e<strong>di</strong>lizia privata nella prima età bizantina e specialmente in Anatolia è ancora agli inizi, cfr. Ellis 1997; Id.<br />
2004.<br />
250 Cfr. Ellis 2004, p. 47: “The key point about sub<strong>di</strong>vision is that it represents a definitive architectural style. It does not represent a<br />
random <strong>di</strong>stribution of walls above an older buil<strong>di</strong>ng. … There is a definitive attempt to use the earlier architecture to create a new context,<br />
and in housing terms new living space …”.<br />
251 Greenewalt et Alii 1983.<br />
252 Cfr. Rautman 1995b, in questo sito si notano per altro <strong>di</strong>namiche <strong>di</strong> trasformazione confrontabili con quelle stabilite per<br />
l’insula 104. Interessante è anche il complesso parzialmente messo in luce nel settore MMS/S con pannelli geometrici in opus<br />
sectile e pavimenti in tavelle <strong>di</strong> terracotta comparabili con quelli delle case <strong>di</strong> Hierapolis cfr. Crawford et Alii 1998, Figg. 9-10<br />
e 12.<br />
253 Cfr. Mastronuzzi, Melissano 2007.
182<br />
mico e laterizi 254 . L’insula 104 invece, localizzata in<br />
una posizione cruciale all’interno della città romana,<br />
sull’asse agorà civile, Santuario <strong>di</strong> Apollo e teatro<br />
(cfr. fig. 1), nella rinnovata città cristiana venne<br />
a trovarsi a ridosso del cantiere <strong>di</strong> spoliazione<br />
del Santuario, poi utilizzato come area <strong>di</strong> scarico<br />
<strong>di</strong> rifiuti 255 , in uno spazio urbano sul quale non<br />
convergevano più assi viari nodali ma dove tuttavia<br />
restava importante affermare con forza i nuovi<br />
valori cristiani. Le mutate circostanze sono ancora<br />
una volta riflesse nell’abbondante presenza <strong>di</strong> simboli<br />
e riferimenti al mondo cristiano 256 e <strong>di</strong> oggetti<br />
legati alla nuova <strong>di</strong>mensione religiosa 257 .<br />
Le trasformazioni rintracciabili nell’architettura<br />
domestica dell’insula 104 si affiancano a quelle, ben<br />
documentate, relative al paesaggio urbano ierapolitano<br />
nel suo complesso, brevemente sintetizzate<br />
nella parte iniziale del presente stu<strong>di</strong>o 258 . Dai dati<br />
della ricerca più recente emerge, <strong>fra</strong> V e VI secolo,<br />
una riorganizzata città cristiana e bizantina che<br />
riflette sul piano architettonico, come nella sua organizzazione<br />
urbanistica, le trasformazioni sociali,<br />
ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />
culturali, economiche, politiche e religiose che globalmente<br />
interessarono il mondo romano/bizantino<br />
in oriente 259 .<br />
Tuttavia nell’isolato 104 nuove alterazioni, per<br />
altro sostanziali, delle modalità inse<strong>di</strong>ative ebbero<br />
luogo nel corso della prima metà del VII secolo: in<br />
questa fase molti ambienti vennero chiusi <strong>ed</strong> abbandonati<br />
e le case occidentali furono oggetto <strong>di</strong><br />
spoliazione 260 , mentre alcuni degli spazi originari<br />
situati nella porzione orientale dell’insula furono<br />
convertiti in aree <strong>di</strong> lavorazione 261 , con annessi<br />
quartieri abitativi 262 . In questa fase gli spazi domestici<br />
erano allestiti in modo polifunzionale, come<br />
testimonia la compresenza nell’ambiente A 198 <strong>di</strong><br />
un’area <strong>di</strong> cottura e <strong>di</strong> un deposito <strong>di</strong> derrate 263 .<br />
Proprio la lettura integrata <strong>di</strong> dati strutturali/architettonici<br />
e reperti in contesto ha permesso <strong>di</strong> chiarire<br />
le <strong>di</strong>namiche temporali del cambiamento e <strong>di</strong><br />
leggere appieno le trasformazioni funzionali degli<br />
spazi abitativi, a loro volta portatrici <strong>di</strong> importanti<br />
implicazioni sociali che in questa s<strong>ed</strong>e non possono<br />
essere approfon<strong>di</strong>te 264 .<br />
254 Forse si può anche ipotizzare che gli spianamenti delle macerie dell’agorà fossero stati funzionali non solo al costituirsi <strong>di</strong><br />
un polo artigianale ma anche alla creazione <strong>di</strong> uno spazio <strong>di</strong> mercato non monumentalizzato. La scelta <strong>di</strong> costruire abitazioni<br />
con annessa area artigianale e fornaci proprio in prossimità della via <strong>di</strong> Frontino doveva infatti essere strategica in funzione<br />
del trasporto sia della materia prima (argilla), sia dei prodotti finiti.<br />
255 Cfr. Semeraro 2007.<br />
256 Come la presenza <strong>di</strong> croci incise in più luoghi delle case (soprattutto nei sectilia cfr. Cottica 2004 Tav. XL c <strong>ed</strong> f), oltre<br />
all’esistenza della così detta stanza della preghiera o dell’iscrizione <strong>di</strong>pinta (cfr. Zaccaria Ruggiu 2006b).<br />
257 Unguentari tardo antichi, eulogiae (cfr. fig. 9 e) e croci graffite sul vasellame ceramico.<br />
258 Cfr. supra. La città cristiana era ancora fortemente con<strong>di</strong>zionata dalle elaborazioni d’età classica, pur progressivamente mo<strong>di</strong>ficate,<br />
trasformate e rinnovate. Esempi ne sono sia la nuova viabilità della Hierapolis tardoantica, ancora legata alla programmazione<br />
urbanistica <strong>di</strong> età imperiale <strong>ed</strong> al tempo stesso espressione <strong>di</strong> rinnovate esigenze progettuali, sia le mo<strong>di</strong>fiche<br />
apportate all’assetto del tipo <strong>di</strong> casa a peristilio, esemplificate dalle abitazioni oggetto <strong>di</strong> questo contributo.<br />
259 Ampia è la letteratura scientifica sulla città nella <strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong>; per delle sintesi bibliografiche si rinvia a Lavan 2001; Id.<br />
2003; Liebeschuetz 2001.<br />
260 Sulla base dei dati <strong>di</strong> scavo, è possibile ipotizzare che al momento del terremoto <strong>di</strong> VII secolo, le case occidentali fossero<br />
già state spoliate della loro decorazione marmorea parietale, mentre era in corso lo smantellamento dei sectilia pavimentali<br />
nella porzione più ad ovest dell’area scavata, ovvero in corrispondenza degli ambienti A. 1238 e A 1258 (cfr. fig. 2).<br />
261 Connesse con il riutilizzo del materiale e<strong>di</strong>lizio.<br />
262 Si tratta delle aree <strong>di</strong> lavorazione A 1207 e A 116/15, con gli annessi vani deposito A 198 <strong>ed</strong> A 176 (ottenuti tamponando<br />
l’apertura originaria <strong>fra</strong> questi due ambienti) e l’area <strong>di</strong> cucina A 119. In questa fase anche il portico orientale dell’originario<br />
peristilio <strong>di</strong> età romana, già alterato nelle ricostruzioni tardoantiche, venne definitivamente obliterato (cfr. fig. 2); i vani ad<br />
uso esclusivamente residenziale dovevano invece essere situati al piano superiore. Una compresenza <strong>di</strong> spazi residenziali <strong>ed</strong><br />
aree <strong>di</strong> attività artigianale è stata rilevata anche nella fase finale delle case sul lato ovest dell’agora, sopra menzionate. Queste<br />
non solo erano connesse alle fornaci, ma all’interno un m<strong>ed</strong>esimo vano (1101) si è rinvenuto un deposito d’argilla <strong>ed</strong> un’area<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>spensa. Cfr. Mastronuzzi, Melissano 2007, pp. 546-547 e 578. Simili compresenze sono state recentemente messe in evidenza<br />
anche a Sar<strong>di</strong>s: cfr. Harris 2004.<br />
263 Rappresentato da anfore e grosse olle da stoccaggio, qui rinvenute al momento dello scavo. Ancora una volta è possibile<br />
proporre un parallelo <strong>fra</strong> questa fase della casa orientale dell’insula 104 e le case presso l’agorà: infatti nell’ambiente 1048 <strong>di</strong><br />
una <strong>di</strong> queste, si è identificata sia una zona <strong>di</strong> cucina, sia un’area <strong>di</strong> deposito <strong>di</strong> derrate.<br />
264 Sulla necessità <strong>di</strong> una lettura sistematicamente integrata <strong>di</strong> reperti e contesto, e per i relativi orientamenti metodologici e<br />
teorici, si rinvia a: Papaconstantinou 2006 (in particolare Part 2 “Archaeological context and material culture”). Per un esempio<br />
pratico relativo ad e<strong>di</strong>fici ad uso residenziali nella <strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong> cfr. Harris 2004.
2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />
183<br />
Dalla seconda metà del VII secolo si nota una<br />
vera e propria cesura nella continuità abitativa <strong>di</strong><br />
quest’area che, gravemente danneggiata da uno o<br />
più terremoti, venne defunzionalizzata e subì un<br />
processo <strong>di</strong> ruralizzazione 265 . Il fenomeno non è<br />
però limitato a questo solo settore della città antica:<br />
grazie agli sforzi della Missione Archeologica<br />
Italiana, <strong>ed</strong> in particolare alle più recenti ricerche<br />
condotte alla guida del <strong>di</strong>rettore F. D’Andria 266 nei<br />
livelli tardoantichi e me<strong>di</strong>oevali <strong>di</strong> vaste porzioni<br />
dell’abitato, è possibile affermare che simili meccanismi<br />
interessarono, e trasformarono, tutta la città<br />
<strong>di</strong> Hierapolis, evidentemente in risposta ad uno stato<br />
<strong>di</strong> “crisi”, o meglio <strong>di</strong> trasformazione socio-politica<br />
<strong>ed</strong> economica, che andò ben oltre il caso specifico<br />
qui preso in esame, sulle cui cause storici <strong>ed</strong><br />
archeologi stanno da tempo <strong>di</strong>battendo 267 .<br />
Il periodo successivo fu portatore <strong>di</strong> importanti<br />
cambiamenti: in quest’arco <strong>di</strong> tempo infatti il modo<br />
<strong>di</strong> concepire <strong>ed</strong> organizzare l’abitare si mo<strong>di</strong>ficò ulteriormente<br />
come testimoniato dall’instaurarsi, attorno<br />
al X secolo, <strong>di</strong> spazi abitativi ricavati <strong>fra</strong> i<br />
crolli ancora emergenti delle case tardo antiche, occupati<br />
da strutture abitative <strong>di</strong> ridotte <strong>di</strong>mensioni,<br />
organizzate attorno a spazi aperti, probabilmente<br />
utilizzati per posizionarvi recinti per animali, stalle,<br />
abbeveratoi, mangiatoie, fienili e simili strutture<br />
funzionali 268 . L’aspetto <strong>di</strong> queste abitazioni <strong>di</strong> X se-<br />
colo doveva nel complesso non essere molto lontano<br />
da quello <strong>di</strong> certe case rurali turche tuttora presenti<br />
nei villaggi attorno a Hierapolis, un esempio<br />
delle quali è illustrato in tav. XXIX, a-c 269 . Ancora<br />
una volta il quadro che emerge così puntualmente<br />
dalle ricerche nell’insula 104 non resta isolato nel<br />
paesaggio circostante, anzi ben si inserisce nel panorama<br />
generale della Hierapolis me<strong>di</strong>evale 270 , caratterizzata<br />
da un tipo <strong>di</strong> inse<strong>di</strong>amento sparso, costituito<br />
da gruppi <strong>di</strong> abitazioni gravitanti attorno<br />
ad aree sacre (prevalentemente cappelle) che trova<br />
confronti in altri siti dell’Anatolia occidentale 271 .<br />
È molto interessante notare come identiche modalità<br />
e analoghi tempi del cambiamento si riscontrino<br />
non solo nell’insula 104 ma anche nell’area<br />
dell’agorà <strong>di</strong> Hierapolis, <strong>ed</strong> in particolare nel suo<br />
lato occidentale 272 . Anche qui la monumentalizzazione<br />
<strong>di</strong> età romana venne cancellata dal terremoto<br />
<strong>di</strong> metà IV secolo 273 ; successivamente, verso la metà<br />
del V secolo l’area venne trasformata in un quartiere<br />
abitativo/artigianale che subì varie alterazioni<br />
nel corso del VI secolo. Fra la fine del VI e gli inizi<br />
del VII secolo alcune delle porte delle case tardoantiche<br />
sulla via <strong>di</strong> Frontino vennero tamponate<br />
e tutta l’area sembra essere stata abbandonata al<br />
momento delle <strong>di</strong>struzioni causate dal terremoto <strong>di</strong><br />
ca. metà VII secolo 274 . Successivamente questo settore<br />
della città vide una fase <strong>di</strong> ruralizzazione che<br />
265 Come <strong>di</strong>mostra l’inse<strong>di</strong>arsi <strong>di</strong> un fienile <strong>fra</strong> le strutture ancora emergenti: cfr. supra.<br />
266 Per queste si v<strong>ed</strong>ano i vari interveneti in D’Andria, Caggia 2007 <strong>ed</strong> i relativi riferimenti bibliografici.<br />
267 Si v<strong>ed</strong>ano, <strong>fra</strong> gli altri, Každan 1954; Ostrogorsky 1959; Claude 1969; Foss 1977; Angold 1985; Ward-Perkins 1996a; Id.<br />
1996b; Brandes 1999; Haldon 1999; Whittow 2001. Per una sintesi bibliografica sul <strong>di</strong>battito cfr. Lavan 2001.<br />
268 Potrebbero infatti essere così interpretate le tracce <strong>di</strong> strutture, apparentemente non connesse ai vani d’abitazione, costituite<br />
da pochi filari <strong>di</strong> piccole pietre e probabilmente caratterizzate da alzati in legno e/o argilla cruda, rinvenuti durante lo<br />
scavo (cfr. fig. 3 ES 1220 <strong>ed</strong> ES 129).<br />
269 In tav. XXIX, a è visibile un piccolo e<strong>di</strong>ficio rustico, costituito da una porzione destinata ad uso abitativo che si caratterizza<br />
per la presenza all’esterno <strong>di</strong> un intonaco bianco. A<strong>di</strong>acente a questa struttura si trova un ricovero per animali e forse anche<br />
per attrezzi: questo presenta un muro perimetrale realizzato in piccoli blocchi <strong>di</strong> pietra allettati con argilla cruda; il tetto<br />
in tegole è sorretto da un sistema <strong>di</strong> travature lignee. Questa struttura è poi connessa ad un’antistante corte delimitata da un<br />
muretto realizzato a secco con blocchi <strong>di</strong> riutilizzo e argilla cruda, sormontato da una palizzata lignea. Il cancello <strong>di</strong> accesso<br />
alla recinzione per animali domestici è costituito da un intreccio <strong>di</strong> rami (cfr. tav. XXIX, b). Tutto il piccolo complesso (parte<br />
abitativa e rustica) si sviluppa e gravita su un’area aperta (cortile) attraversata da un piccolo viottolo posto in corrispondenza<br />
dell’accesso principale al settore abitativo e collegato anche al complesso recinto/ricovero per animali. Il viottolo è pavimentato<br />
con pietre <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni allettate su uno strato argilloso, grossolanamente livellato (cfr. tav. XXIX, c) e qui è situato<br />
un abbeveratoio in metallo. Alcuni alberi d’ulivo completano l’allestimento dello spazio aperto. Le analogie <strong>fra</strong> queste strutture<br />
rustiche tra<strong>di</strong>zionali d’età contemporanea e quelle me<strong>di</strong>evali sono evidenti: nei materiali e<strong>di</strong>lizi utilizzati, in parte nelle<br />
tecniche <strong>di</strong> costruzione, <strong>ed</strong> ancor più nella <strong>di</strong>sposizione <strong>ed</strong> organizzazione degli spazi e delle loro funzioni.<br />
270 Cfr. Arthur 2007.<br />
271 Per Pergamo cfr. Rheidt 1990; sul carattere delle città me<strong>di</strong>o bizantine cfr. Id. 1996.<br />
272 È da sottolineare come già Russell avesse ipotizzato analoghi tempi del cambiamento: “… we may conjecture a once pros perous<br />
city suffering a sharp decline in the last decades of the sixth century, accompani<strong>ed</strong> probably by serious depopulation. Nonetheless it retain<strong>ed</strong><br />
sufficient momentum to sustain a modest but effective e<strong>xi</strong>stence well into the eight century …” Russell 1986, pp. 149-150.<br />
273 Per una sintesi delle sequenze <strong>di</strong> eventi in quest’area cfr. D’Andria 2003, pp. 88-96; Arthur 2006, pp. 117-118.<br />
274 Cfr. Mastronuzzi, Melissano 2007, p. 578.
184<br />
culminò con la costruzione <strong>di</strong> una nuova struttura<br />
databile <strong>fra</strong> X <strong>ed</strong> XII secolo: si tratta <strong>di</strong> una casa a<br />
cortile confrontabile, tipologicamente con le abitazioni<br />
<strong>di</strong> X secolo rinvenute nell’insula 104 275 .<br />
Dati complementari, utili per una ricostruzione<br />
del paesaggio economico <strong>di</strong> Hierapolis provengono<br />
dallo stu<strong>di</strong>o dei contesti ceramici. Questi per la<br />
<strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong> rivelano la compresenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti<br />
realtà produttive e <strong>di</strong> meccanismi <strong>di</strong> scambio <strong>di</strong>versificati<br />
276 . In questa fase la grande percentuale<br />
<strong>di</strong> prodotti locali e micro-regionali sembra rivelare<br />
non solo un fiorente artigianato, specializzato nella<br />
manifattura <strong>di</strong> vasi ceramici, ma lascia anche intrav<strong>ed</strong>ere<br />
l’ipotesi <strong>di</strong> un’economia locale consolidata,<br />
per altro ben attestata dalle fonti documentarie 277 ,<br />
non totalmente <strong>di</strong>pendente dalle importazioni <strong>di</strong><br />
viveri e materie prime dall’esterno e fortemente inserita<br />
in meccanismi <strong>di</strong> scambio regionale. Vivace è<br />
anche il quadro delle produzioni regionali presenti<br />
nei contesti esaminati. Nella <strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong> <strong>fra</strong> le<br />
ceramiche <strong>di</strong> importazione un ruolo <strong>di</strong> primo piano<br />
è ricoperto dal vasellame <strong>di</strong> provenienza microasiatica<br />
<strong>ed</strong> Egea (specialmente anfore e ceramiche<br />
fini 278 ); allo stato attuale non è possibile delineare<br />
con precisione l’aerale <strong>di</strong> approvvigionamento in<br />
questione, ma esso certamente comprendeva sia le<br />
aree <strong>di</strong> produzione del gruppo della LRA 3 e affini<br />
(incluso il tipo Sar<strong>di</strong>s), sia della LRA 1, sia le<br />
coste dell’Egeo occidentale donde proveniva la cosiddetta<br />
LRC (o PRSW). Accanto a questi materiali<br />
si segnala un assai esiguo numero <strong>di</strong> importazioni<br />
(ancora presenti alle soglie del VII secolo) frutto<br />
<strong>di</strong> traffici a lunga <strong>di</strong>stanza <strong>fra</strong> le coste dell’Anatolia,<br />
il Levante <strong>ed</strong> il Nord Africa. Simili rapporti<br />
<strong>fra</strong> produzioni locali, regionali e transmarine si<br />
sono riscontrati nei livelli tardoantichi a Sar<strong>di</strong>s,<br />
ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />
do ve Rautman 279 nota una progressiva riduzione<br />
delle importazioni da lunga <strong>di</strong>stanza proprio nei<br />
livelli a ridosso del VII secolo d.C.<br />
L’articolato quadro <strong>di</strong> VI <strong>ed</strong> inizi VII secolo,<br />
muta notevolmente <strong>fra</strong> il tardo VII secolo e il X/XI<br />
secolo: sebbene i passaggi interme<strong>di</strong> siano ancora<br />
poco noti 280 , la ricerca ha rivelato che nel X secolo<br />
la produzione locale/micro-regionale suppliva<br />
pressoché a tutte le esigenze <strong>di</strong> vasellame ceramico,<br />
delineando una nuova realtà economica dove il modello<br />
autarchico prevale, mentre le poche importazioni<br />
presenti sembrano riflettere il nuovo assetto<br />
dell’Impero bizantino, fortemente incentrato sulla<br />
sua capitale Bisanzio e nella lotta contro nuove realtà<br />
politico-culturali.<br />
Dunque da un confronto <strong>fra</strong> vasellame <strong>di</strong> produzione<br />
locale, regionale e supra-regionale, sembra<br />
sia possibile ipotizzare che <strong>fra</strong> V <strong>ed</strong> inizi del VII<br />
secolo la piattaforma socio-economica <strong>di</strong> Hierapolis<br />
fosse costituita da una sinergia <strong>fra</strong> produzione<br />
agricola e produzione urbana, mentre merci frutto<br />
<strong>di</strong> importazioni transmarine arrivavano in piccole<br />
quantità nel territorio, a seguito <strong>di</strong> una complessa<br />
rete <strong>di</strong> ri-<strong>di</strong>stribuzione dagli emporia ai mercati<br />
e alle fiere regionali e locali. Proprio questi ultimi<br />
dovevano giocare un ruolo <strong>di</strong> primo piano sia nello<br />
scambio e nella circolazione <strong>di</strong> prodotti <strong>fra</strong> città<br />
e campagna 281 , sia nelle transazioni a livello regionale<br />
<strong>fra</strong> i siti della valle del Lykos 282 e, sebbene<br />
su scala <strong>di</strong>versa, <strong>fra</strong> questi e le vicine regioni della<br />
Messogis e della valle del Meandro.<br />
Questo tipo <strong>di</strong> economia a forte interazione micro-regionale<br />
e regionale doveva sfruttare al meglio<br />
le vie <strong>di</strong> comunicazione <strong>fra</strong> centri urbani e territorio.<br />
Non ci sorprende dunque notare un quadro<br />
<strong>di</strong> circolazione e produzione ceramica com-<br />
275 D’Andria 2003, p. 92; Arthur 2006, pp. 111-114.<br />
276 Per un confronto con il più ampio contesto dell’economia nel Me<strong>di</strong>terraneo orientale tardoantico si v<strong>ed</strong>a: Kingsley, Decker<br />
2001; Ward-Perkins 2001.<br />
277 Cfr. Ritti 1985.<br />
278 Inseriamo in questo gruppo le ceramiche fini <strong>di</strong> varia produzione micro-asiatica, così comuni nei livelli tardoantichi a Hierapolis,<br />
pur senza escludere la possibilità che i luoghi <strong>di</strong> produzione potessero essere situati nella valle del Menandro.<br />
279 I dati sono stati esposti in un intervento dal titolo “From Mainstream to Margin in the Late Roman Amphoras of Sar<strong>di</strong>s” in occasione<br />
del ROCT- workshop “From Amphorae to Modelling the Late Roman Economy”, Ghent, 5-6 Dicembre 2005 i cui atti sono<br />
in preparazione. Tendenze simili erano comunque già state notate dallo stu<strong>di</strong>oso cfr. Rautman 1995a.<br />
280 Per alcune ipotesi <strong>di</strong> lavoro sulle <strong>di</strong>namiche <strong>di</strong> occupazione e trasformazione dell’area nelle Dark Ages si v<strong>ed</strong>a Cottica<br />
2006.<br />
281 Purtroppo gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione sono ancora agli inizi e poco è noto del paesaggio rurale tardoantico in Anatolia.<br />
282 Vi sono infatti numerosi elementi comuni, sia dal punto <strong>di</strong> vista degli impasti sia da quello morfologico, <strong>fra</strong> le ceramiche<br />
rinvenute a Hierapolis e quelle dalle vicine Lao<strong>di</strong>cea, Tripolis e Colossae, come chi scrive ha potuto <strong>di</strong>rettamente constatare<br />
(si desidera ringraziare C. Şimşek per aver permesso <strong>di</strong> visionare i materiali dai suoi recenti scavi a Lao<strong>di</strong>cea).
2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />
185<br />
pletamente <strong>di</strong>verso proprio attorno alla metà del<br />
VII secolo, quanto la sicurezza della percorribilità<br />
<strong>di</strong> tali vie venne minacciata dagli attacchi persiani<br />
prima e dalle incursioni arabe poi. Il fatto dovette<br />
avere forti ripercussioni sui legami <strong>fra</strong> città e territorio<br />
283 .<br />
A partire dal X a Hierapolis è documentato un<br />
rinnovato repertorio morfologico-funzionale, segno<br />
dell’introduzione <strong>di</strong> nuove abitu<strong>di</strong>ni alimentari<br />
e culinarie. Come si è visto, alcuni precursori<br />
<strong>di</strong> questo nuovo repertorio si possono identificare<br />
già nei livelli <strong>di</strong> tardo VII/VIII secolo (cfr. supra).<br />
Similmente, le ceramiche del periodo me<strong>di</strong>o bizantino<br />
a partire già dai secoli bui (o “Dark Ages”), si<br />
caratterizzano per un rinnovato gusto e repertorio<br />
decorativo, dominato dalla presenza <strong>di</strong> sovra<strong>di</strong>pinture<br />
bianche e <strong>di</strong> motivi incisi, segni <strong>di</strong> contatti e<br />
trasformazioni culturali in atto. Proprio in merito<br />
all’origine <strong>di</strong> questo nuovo stile decorativo ci è sembrato<br />
possibile intrav<strong>ed</strong>ere elementi <strong>di</strong> continuità<br />
<strong>fra</strong> <strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong> <strong>ed</strong> età bizantina, fino ai moderni<br />
prodotti della manifattura artigianale tra<strong>di</strong>zionale<br />
(cfr. tav. XXX, b) 284 .<br />
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le ceramiche in uso <strong>di</strong> un repertorio formale e decorativo<br />
nuovo, ormai ben consolidato e “maturo”,<br />
sembrano riflettere una situazione <strong>di</strong> rinnovata<br />
prosperità nella valle del Lykos e del Meandro.<br />
Quest’ultima è in parte testimoniata dalle fonti, in<br />
parte dall’evidenza archeologica restituita dall’insieme<br />
degli scavi me<strong>di</strong>evali a Hierapolis 285 e dai<br />
dati relativi alla survey dei castelli della Valle del<br />
Meandro operata M. Whittow che, in quest’area, ha<br />
notato una rioccupazione <strong>fra</strong> X <strong>ed</strong> XI secolo degli<br />
antichi villaggi rurali prec<strong>ed</strong>entemente abbandonati<br />
286 . Nel complesso dunque, lo stu<strong>di</strong>o integrato <strong>di</strong><br />
strutture e reperti della cultura materiale nel contesto<br />
urbano e nella sfera degli spazi ad uso domestico,<br />
ci fornisce tasselli importanti non solo per formulare<br />
alcune considerazioni sulle trasformazioni<br />
del paesaggio urbano ierapolitano, ma anche per<br />
proporre alcune ipotesi <strong>di</strong> lavoro sull’evoluzione<br />
<strong>di</strong> meccanismi economici e <strong>di</strong> modelli culturali in<br />
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283 Proprio dal Bosforo provengono le poche importazioni identificate <strong>fra</strong> tardo VII e X/XI secolo a Hierapolis (cfr. supra e Arthur<br />
2006, pp. 73-81).<br />
284 Cfr. supra.<br />
285 Cfr. Arthur 2007.<br />
286 Barnes, Whittow 1998.
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maggio 2007, JRS suppl. (in corso <strong>di</strong> stampa).
TAV. XXVI [RdA 31, 2007]<br />
a)<br />
b)<br />
ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />
a) Hierapolis, necropoli nord, tomba a casa; b) Struura muraria <strong>di</strong> VII secolo. A 1201<br />
muro obliquo ES 1209. Foto A. Zaccaria Ruggiu.
ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />
[RdA 31, 2007] TAV. XXVII<br />
a)<br />
b)<br />
Struure murarie <strong>di</strong> VII secolo; a) A 1201 muro obliquo ES 1209 <strong>ed</strong> ES 1200;<br />
b) Porta tamponata <strong>fra</strong> A 198 <strong>ed</strong> A 179. Foto A. Zaccaria Ruggiu.
TAV. XXVIII [RdA 31, 2007] ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />
a)<br />
b)<br />
c)<br />
a) Struura murarie <strong>di</strong> VII secolo. Porta tamponata nella sala A 1207; b-d) Produzione ierapolitana<br />
<strong>di</strong> ceramica a rilievo <strong>di</strong> prima età imperiale, residuale nei livelli tardoantichi dell'insula 104.<br />
b-c) Stampiglia per motivo decorativo con scena <strong>di</strong> bancheo; d) Frammento <strong>di</strong> coppa a vernice<br />
rossa con la m<strong>ed</strong>esima scena <strong>di</strong> bancheo. Foto A. Mioo (b-c), A. Zaccaria Ruggiu (a, d).<br />
d)
ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />
a)<br />
b)<br />
c)<br />
[RdA 31, 2007] TAV. XXIX<br />
Tipica abitazione rurale turca sulle alture ad est <strong>di</strong> Hierapolis; a) Visione d'insieme;<br />
b) Deaglio dell'area della stalla con recinto esterno; c) Deaglio della corte esterna.<br />
Foto D. Coica.
TAV. XXX [RdA 31, 2007] ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />
a)<br />
b)<br />
a) Ceramista all’opera in una fornace tra<strong>di</strong>zionale a Serinhisar (Denizli, Turchia), una località situata<br />
a poca <strong>di</strong>stanza da Pamukkale/Hierapolis. Per la manifaura dei vasi vengono impiegate le<br />
argille locali ad alto contenuto ferroso; b) Boiglia e bicchiere in ceramica ferrosa e micacea con<br />
decorazione sovra<strong>di</strong>pinta bianca e motivi incisi, proveniente da una fornace tra<strong>di</strong>zionale tuora<br />
operante in un villaggio presso Denizli. Foto D. Coica.
ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />
a)<br />
b)<br />
Tecniche e<strong>di</strong>lizie nelle case <strong>di</strong> V-VI secolo. a) Tecnica 1 opera mista ES 5;<br />
b) Tecnica 2 opera a telaio A 50 ES 51. Foto A. Zaccaria Ruggiu.<br />
[RdA 31, 2007] TAV. XXXI
TAV. XXXII [RdA 31, 2007] ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />
a)<br />
b)<br />
Tecniche e<strong>di</strong>lizie nelle case <strong>di</strong> V-VI secolo. a) Tecnica 3 opera alternata ES 1205;<br />
b) Tecnica 4 opera laterizia ES 62. Foto A. Zaccaria Ruggiu.
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a)<br />
b)<br />
[RdA 31, 2007] TAV. XXXIII<br />
Tecniche e<strong>di</strong>lizie nelle case <strong>di</strong> V-VI secolo. a) Tecnica 5 opera quadrata A 29 ES 12;<br />
b) Tecnica 6 opera a blocchei A 29 ES 25. Foto A. Zaccaria Ruggiu.
TAV. XXXIV [RdA 31, 2007] ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />
a)<br />
b)<br />
Tecniche e<strong>di</strong>lizie nelle case <strong>di</strong> V-VI secolo. a) Tecnica 3 opera alternata ES 1200;<br />
b) Tecnica 1+2+5 ES 9. Foto A. Zaccaria Ruggiu.
ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />
a)<br />
b)<br />
[RdA 31, 2007] TAV. XXXV<br />
a) Latrina in A 151; b) Fontana in marmo in A 1258. Foto A. Zaccaria Ruggiu.
TAV. XXXVI [RdA 31, 2007] ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />
a)<br />
b)<br />
a) Colonne in breccia del primo or<strong>di</strong>ne del peristilio A 181; b) la corte A 142 dopo le<br />
trasformazioni struurali protobizantine. Foto A. Zaccaria Ruggiu.
ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />
a)<br />
b)<br />
[RdA 31, 2007] TAV. XXXVII<br />
a) Doppio fornello in A 198; b) Tavelle <strong>di</strong> terracoa in A 1201 . Foto A. Zaccaria Ruggiu.
TAV. XXXVIII [RdA 31, 2007]<br />
a)<br />
b)<br />
ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ…<br />
a) A 1267 parete nord, iscrizione <strong>di</strong>pinta con la preghiera <strong>di</strong> Manasse in situ; b) Parte <strong>di</strong><br />
pannello musivo in A 26, con Fenice, Briseide, Aiace. Foto A. Zaccaria Ruggiu.
ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ… [RdA 31, 2007] TAV. XXXIX<br />
a)<br />
b)<br />
a) Opus sectile in A 195; b) A 1207 ES 185 parete affrescata in situ.<br />
Foto A. Zaccaria Ruggiu.
TAV. XL [RdA 31, 2007] ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />
a)<br />
b)<br />
a) Opus spicatum in A 194; b) Bauto in argilla in parte <strong>di</strong> A 1201, dall’insula 104.<br />
Foto A. Zaccaria Ruggiu.
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a)<br />
b)<br />
[RdA 31, 2007] TAV. XLI<br />
a) Bauto in argilla in A 176, dall’insula 104; b) bauto in argilla in A 151, dall’insula 104.<br />
Foto A. Zaccaria Ruggiu.
TAV. XLII [RdA 31, 2007] ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />
a)<br />
b)<br />
a) Bauto in argilla e materiale <strong>di</strong> riutilizzo dalla casa me<strong>di</strong>o-bizantina occidentale A 1254, dall’insula<br />
104; Foto A. Zaccaria Ruggiu. b) E<strong>di</strong>ficio rustico/fienile e bauto in argilla nella fase <strong>di</strong> fine<br />
VII-VIII (?) secolo in A 1361, dall’insula 104. Disegno I. F<strong>ed</strong>ele.
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b)<br />
a)<br />
[RdA 31, 2007] TAV. XLIII<br />
Elementi struurali dalle fasi <strong>di</strong> V- inizi del VII secolo. a) Bancone in A 79; b) A 115/116 pilastro<br />
interno. Foto A. Zaccaria Ruggiu.
TAV. XLIV [RdA 31, 2007] ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />
a)<br />
b)<br />
Elementi struurali dalle fasi <strong>di</strong> V- inizi del VII secolo; a) Stipiti <strong>di</strong> porta <strong>fra</strong> A 198 lato<br />
ovest; b) Se<strong>di</strong>le in A 79 prima del restauro. Foto A. Zaccaria Ruggiu.
ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />
a)<br />
b)<br />
[RdA 31, 2007] TAV. XLV<br />
Elementi struurali dalle fasi <strong>di</strong> V- inizi del VII secolo; a) Scala ES 134 nel peristilio<br />
A 181; b) Se<strong>di</strong>le in A 1214. Foto A. Zaccaria Ruggiu.
TAV. XLVI [RdA 31, 2007] ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />
b)<br />
a)<br />
a) Muro ES 1250 della casa me<strong>di</strong>obizantina occidentale; b) Casa orientale sopraelevazione<br />
dell’ultimo corso del muro ES 90 (X secolo). Foto A. Zaccaria Ruggiu.
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b)<br />
a)<br />
[RdA 31, 2007] TAV. XLVII<br />
Elementi struurali dalle case <strong>di</strong> X secolo; a) Casa occidentale muro doppio<br />
ES 1326+ES 1251; b) Casa occidentale A 1254: muro est-ovest, scala interna e<br />
pavimento ES 1259. Foto A. Zaccaria Ruggiu.
TAV. XLVIII [RdA 31, 2007] ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />
a)<br />
b)<br />
Elementi struurali dalle case <strong>di</strong> X secolo; a) Focolare <strong>di</strong> X secolo in A1254; b) Casa occidentale<br />
sarcofago riutilizzato come soglia in A1254. Foto A. Zaccaria Ruggiu.
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[RdA 31, 2007] TAV. XLIX<br />
Elementi struurali dalle case <strong>di</strong> X secolo; A 1255 ES 1265 scala al piano superiore. Foto<br />
A. Zaccaria Ruggiu.