La colelitiasi in età pediatrica. Il punto di vista del clinico - SIGENP

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04.06.2013 Views

32 News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology a lunga catena in genere a livello individuale (1). Mentre per la sintesi dell’acido arachidonico tale assetto avrebbe notevole importanza, per il DHA i livelli circolanti rimarrebbero comunque maggiormente dipendenti dalla assunzione attraverso la dieta. Questo presumibilmente si spiega col fatto che la sintesi del DHA procede attraverso una via impegnativa dal punto di vista biochimico che coinvolge anche una tappa β-ossidativa in sede perossisomiale. La prova indiretta di questo meccanismo è stata fornita da alcune patologie congenite con assenza di perossisomi, come la sindrome di Zellweger, che sono caratterizzate da importanti deficit di DHA. DHA NELLA CRESCITA Il DHA entra a fare parte dei fosfolipidi di tutte le membrane cellulari dei vari tessuti e distretti corporei. Entro i fosfolipidi, la frazione maggiormente ricca di polinsaturi a lunga catena è rappresentata dalla fosfatidiletanolamina, ovvero la fase interna della membrana cellulare. Da tale frazione di membrana dipendono numerose attività enzimatiche e/o loro attivatori intracellulari, comprese le frazioni proteiche responsabili degli scambi di informazione col materiale genetico. Inoltre, il DHA arriva fino al 60% degli acidi grassi totali presenti in alcune cellule nervose (retina, bastoncelli soprattutto) ed è ampiamente rappresentato in alcune are di connessione ed organizzative della memoria nella corteccia prefrontale (2). L’accumulo del DHA si verifica in massimo grado durante l’ultimo trimestre di vita intra-uterina, ed è quindi il prematuro ad essere esposto (come anche per altri nutrienti) alla carenza di questo componente nutrizionale. Tuttavia, anche dopo la nascita si registra una notevole deposizione di DHA a livello delle strutture nervose, fino a tutto il secondo anno (3). L’apporto di DHA dietetico della madre diventa un elemento fondamentale per determinarne i livelli circolanti. Non solo l’apporto di DHA durante la gravidanza e l’allattamento, ma anche l’apporto precedente può avere un ruolo attraverso l’accumulo di DHA in depositi tessutali, ed il successivo passaggio al pool circolante di acidi grassi, da cui vengono estratti quelli che passano attraverso il funicolo. La supplementazione materna di DHA ad alte dosi nella seconda parte della gravidanza è quella risultata associata ai maggiori effetti positivi a distanza di tempo, sia a livello neuro cognitivo che della modulazione immuno-allergica (4,5). Tra i vari elementi negativi, sia l’alcool che il fumo di sigaretta si associano a minore passaggio di DHA al feto prima, ed al lattante dopo, per un impoverimento sia di grassi che di DHA stesso del latte materno. Il latte materno contiene DHA preformato, e si configura quindi come l’alimento ideale per il lattante (6). Anche nella fase dell’allattamento il diverso apporto di DHA alla madre si associa a tassi di DHA crescenti nel latte fino a raggiungere un plateau. L’assunzione di DHA attraverso la dieta permette ai neonati a termine allattati al seno di accumulare maggiori quantità di DHA nei lobi prefrontali (sede di aree associative di fondamentale importanza per la memoria e l’apprendimento) del sistema nervoso centrale in confronto a soggetti allattati artificialmente (2). Negli allattati artificialmente, infine, l’inserimento di DHA ristabilisce i livelli circolanti di DHA a valori analoghi a quelli degli allattati al seno, con effetti funzionali misurabili con test standardizzati dello sviluppo neuro cognitivo (7). Quindi, in assenza di un apporto esogeno, la sintesi endogena di DHA è insufficiente per ottenere nei compartimenti corporei livelli di DHA comparabili a quelli riscontrati nei neonati che non seguono il percorso fisiologico previsto (ovvero, termine della gravidanza con apporto di DHA massimale nel corso del terzo trimestre, e successivamente apporto di DHA attraverso il latte materno). DHA NELLO SVILUPPO Nel neonato prematuro l’apporto di DHA attraverso il latte materno o formule adattate supplementate è risultato associato ad un miglioramento della performance visiva misurata con metodologie diverse (potenziali evocati visivi, elettroretinogramma, ed altri ancora) perlomeno a breve termine, ovvero per la durata della supplementazione. Alcuni

L’Acido docosaesaenoico (DHA) studi hanno rilevato differenze funzionali anche dopo l’interruzione dell’alimentazione esclusivamente lattea, ma in ogni caso vi è ampio consenso che l’apporto di DHA dovrebbe essere assicurato almeno a tutti i prematuri. In tali soggetti il deficit può infatti essere molto più marcato per l’elevato apporto che viene trasferito attraverso il funicolo nell’ultimo trimestre di gravidanza, a concentrazioni progressivamente crescenti fino all’ultimo mese. Tuttavia l’eterogeneità dei disegni di studio di supplementazione rende ancora difficile secondo la Cochrane library arrivare a conclusioni positive (8). Nel neonato a termine le controversie sull’utilità o meno della supplementazione delle formule sono ancora vive nel mondo scientifico, e non vi è un consenso generale. Sono stati osservati risultati variabili, che in numerosi casi sono stati associati ad effetti positivi sia a test neurofunzionali visivi, che attraverso test di sviluppo neuro comportamentale (in particolare, il “problem solving test”). Tali trial clinici randomizzati hanno utilizzato disegni di studio diversificati relativamente a metodologie di indagine, tipo di supplementazione di DHA e sua provenienza, associazione o meno con altri acidi grassi polinsaturi derivati a lunga catena. Per tali motivi queste osservazioni non arrivano a supportare una supplementazione del neonato a termine (9). DHA NELLA PREVENZIONE E NELLA TERAPIA L’interesse verso il DHA è nato con le prime osservazioni epidemiologiche che mettevano in rilievo un’associazione negativa tra mortalità cardiovascolare e consumo di alimenti ittici in popolazioni esquimesi. Da allora si è sviluppata un’intensa mole di ricerche volte a definire gli effetti della supplementazione con olio di pesce in trial clinici controllati, e ad identificare quale dei componenti inclusi nei prodotti a base di grassi di pesce potesse essere il principale effettore degli effetti protettivi. Infatti, anche l’EPA è usualmente presente, in quantità anche superiori al DHA, in questi prodotti, a cui vengono ulteriormente aggiunte sostanze ad attività antiossidante. Secondo una serie di studi, il DHA potrebbe essere il principale effettore delle associazioni negative osservate, potendo contribuire sia all’abbassamento dei trigliceridi circolanti che alla prevenzione di eventi trombotici ed aritmie cardiache. Di maggiore rilevanza dal punto di vista della prevenzione in età pediatrica può essere considerato l’effetto di un arricchimento di acidi grassi polinsaturi a lunga catena delle membrane cellulari nei vari distretti tessutali corporei, ed in particolare nel tessuto muscolare. Infatti, la tolleranza glucidica e la sensibilità insulinica sono associate alle concentrazioni di tali molecole nelle membrane muscolari, che determinerebbero l’espressione dei recettori insulinici a livello di membrana, secondo osservazioni su soggetti adulti. Mentre sono in corso studi per confermare che una supplementazione con DHA possa avere effetti metabolici positivi anche nell’obesità, dati recenti dimostrano una regressione delle lesioni epatiche in corso di steatoepatite non alcoolica in adolescenti (10). Questo dato è consistente con l’osservazione di una associazione negativa tra durata dell’allattamento al seno e gravità dello stato di steatoepatite a distanza di anni, una conferma dell’imprinting epigenetico offerto dal latte materno (11). CONCLUSIONI Tra gli acidi grassi polinsaturi a lunga catena, il DHA presenta le maggiori potenzialità positive, dalla fase intrauterina alle fasi più tardive della vita [Tabella 1]. Una dieta varia e ricca comprende quote di DHA sufficienti ai bisogni di base. Tuttavia, nelle donne in età fertile, in particolare in gravidanza, nei bambini allattati artificialmente ed in situazioni particolari (in fisiologia così come in patologia) possono essere prese in considerazione schemi che prevedano un incremento dell’apporto di DHA con diete particolari e/o supplementazioni specifiche. Le fonti più pure e testate di DHA sono rappresentate oggi da organismi unicellulari e microalghe. Occorrerà quindi distinguere le preparazioni maggiormente sicure dal punto di vista tossicologico, per l’utilizzo nella terapia, così come nelle supplementazioni. 33

L’Acido docosaesaenoico (DHA)<br />

stu<strong>di</strong> hanno rilevato <strong>di</strong>fferenze funzionali anche dopo l’<strong>in</strong>terruzione <strong>del</strong>l’alimentazione<br />

esclusivamente lattea, ma <strong>in</strong> ogni caso vi è ampio consenso che l’apporto <strong>di</strong> DHA dovrebbe<br />

essere assicurato almeno a tutti i prematuri. In tali soggetti il deficit può <strong>in</strong>fatti<br />

essere molto più marcato per l’elevato apporto che viene trasferito attraverso il funicolo<br />

nell’ultimo trimestre <strong>di</strong> gravidanza, a concentrazioni progressivamente crescenti f<strong>in</strong>o<br />

all’ultimo mese. Tuttavia l’eterogeneità dei <strong>di</strong>segni <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> supplementazione rende<br />

ancora <strong>di</strong>fficile secondo la Cochrane library arrivare a conclusioni positive (8).<br />

Nel neonato a term<strong>in</strong>e le controversie sull’utilità o meno <strong>del</strong>la supplementazione <strong>del</strong>le<br />

formule sono ancora vive nel mondo scientifico, e non vi è un consenso generale. Sono<br />

stati osservati risultati variabili, che <strong>in</strong> numerosi casi sono stati associati ad effetti positivi<br />

sia a test neurofunzionali visivi, che attraverso test <strong>di</strong> sviluppo neuro comportamentale (<strong>in</strong><br />

particolare, il “problem solv<strong>in</strong>g test”). Tali trial cl<strong>in</strong>ici randomizzati hanno utilizzato <strong>di</strong>segni<br />

<strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong>versificati relativamente a metodologie <strong>di</strong> <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e, tipo <strong>di</strong> supplementazione<br />

<strong>di</strong> DHA e sua provenienza, associazione o meno con altri aci<strong>di</strong> grassi pol<strong>in</strong>saturi<br />

derivati a lunga catena. Per tali motivi queste osservazioni non arrivano a supportare una<br />

supplementazione <strong>del</strong> neonato a term<strong>in</strong>e (9).<br />

DHA NELLA PREVENZIONE E NELLA TERAPIA<br />

L’<strong>in</strong>teresse verso il DHA è nato con le prime osservazioni epidemiologiche che mettevano<br />

<strong>in</strong> rilievo un’associazione negativa tra mortalità car<strong>di</strong>ovascolare e consumo <strong>di</strong> alimenti<br />

ittici <strong>in</strong> popolazioni esquimesi. Da allora si è sviluppata un’<strong>in</strong>tensa mole <strong>di</strong> ricerche<br />

volte a def<strong>in</strong>ire gli effetti <strong>del</strong>la supplementazione con olio <strong>di</strong> pesce <strong>in</strong> trial cl<strong>in</strong>ici controllati,<br />

e ad identificare quale dei componenti <strong>in</strong>clusi nei prodotti a base <strong>di</strong> grassi <strong>di</strong> pesce<br />

potesse essere il pr<strong>in</strong>cipale effettore degli effetti protettivi. Infatti, anche l’EPA è usualmente<br />

presente, <strong>in</strong> quantità anche superiori al DHA, <strong>in</strong> questi prodotti, a cui vengono<br />

ulteriormente aggiunte sostanze ad attività antiossidante.<br />

Secondo una serie <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>, il DHA potrebbe essere il pr<strong>in</strong>cipale effettore <strong>del</strong>le associazioni<br />

negative osservate, potendo contribuire sia all’abbassamento dei trigliceri<strong>di</strong> circolanti<br />

che alla prevenzione <strong>di</strong> eventi trombotici ed aritmie car<strong>di</strong>ache.<br />

Di maggiore rilevanza dal <strong>punto</strong> <strong>di</strong> <strong>vista</strong> <strong>del</strong>la prevenzione <strong>in</strong> <strong>età</strong> <strong>pe<strong>di</strong>atrica</strong> può essere<br />

considerato l’effetto <strong>di</strong> un arricchimento <strong>di</strong> aci<strong>di</strong> grassi pol<strong>in</strong>saturi a lunga catena <strong>del</strong>le<br />

membrane cellulari nei vari <strong>di</strong>stretti tessutali corporei, ed <strong>in</strong> particolare nel tessuto muscolare.<br />

Infatti, la tolleranza gluci<strong>di</strong>ca e la sensibilità <strong>in</strong>sul<strong>in</strong>ica sono associate alle concentrazioni<br />

<strong>di</strong> tali molecole nelle membrane muscolari, che determ<strong>in</strong>erebbero l’espressione<br />

dei recettori <strong>in</strong>sul<strong>in</strong>ici a livello <strong>di</strong> membrana, secondo osservazioni su soggetti adulti.<br />

Mentre sono <strong>in</strong> corso stu<strong>di</strong> per confermare che una supplementazione con DHA possa<br />

avere effetti metabolici positivi anche nell’obesità, dati recenti <strong>di</strong>mostrano una regressione<br />

<strong>del</strong>le lesioni epatiche <strong>in</strong> corso <strong>di</strong> steatoepatite non alcoolica <strong>in</strong> adolescenti (10). Questo<br />

dato è consistente con l’osservazione <strong>di</strong> una associazione negativa tra durata <strong>del</strong>l’allattamento<br />

al seno e gravità <strong>del</strong>lo stato <strong>di</strong> steatoepatite a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> anni, una conferma<br />

<strong>del</strong>l’impr<strong>in</strong>t<strong>in</strong>g epigenetico offerto dal latte materno (11).<br />

CONCLUSIONI<br />

Tra gli aci<strong>di</strong> grassi pol<strong>in</strong>saturi a lunga catena, il DHA presenta le maggiori potenzialità<br />

positive, dalla fase <strong>in</strong>trauter<strong>in</strong>a alle fasi più tar<strong>di</strong>ve <strong>del</strong>la vita [Tabella 1]. Una <strong>di</strong>eta varia e<br />

ricca comprende quote <strong>di</strong> DHA sufficienti ai bisogni <strong>di</strong> base. Tuttavia, nelle donne <strong>in</strong> <strong>età</strong><br />

fertile, <strong>in</strong> particolare <strong>in</strong> gravidanza, nei bamb<strong>in</strong>i allattati artificialmente ed <strong>in</strong> situazioni<br />

particolari (<strong>in</strong> fisiologia così come <strong>in</strong> patologia) possono essere prese <strong>in</strong> considerazione<br />

schemi che prevedano un <strong>in</strong>cremento <strong>del</strong>l’apporto <strong>di</strong> DHA con <strong>di</strong>ete particolari e/o<br />

supplementazioni specifiche. Le fonti più pure e testate <strong>di</strong> DHA sono rappresentate oggi<br />

da organismi unicellulari e microalghe. Occorrerà qu<strong>in</strong><strong>di</strong> <strong>di</strong>st<strong>in</strong>guere le preparazioni<br />

maggiormente sicure dal <strong>punto</strong> <strong>di</strong> <strong>vista</strong> tossicologico, per l’utilizzo nella terapia, così come<br />

nelle supplementazioni.<br />

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