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Il pensiero federalista di Gianfranco Miglio - Consiglio Regionale ...

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134 <strong>Il</strong> <strong>pensiero</strong> <strong>federalista</strong> <strong>di</strong> <strong>Gianfranco</strong> <strong>Miglio</strong><br />

le. Però era un’ipotesi come tante, uno strumento. Per questo<br />

io insisto che si deve costruire dal basso, dalla cultura, perché<br />

ogni inclinazione <strong>di</strong> popolo reagisce in modo <strong>di</strong>verso agli stimoli<br />

che la politica dà: questo è il percorso che noi <strong>di</strong>segnamo per il<br />

Veneto. Magari quello che possiamo dare ai lombar<strong>di</strong> piuttosto<br />

che ai siciliani è uguale, ma queste due genti possono reagire<br />

in maniera <strong>di</strong>versa, perché la cultura influenza fortemente l’inclinazione<br />

del popolo, del territorio, della socialità. Alcune leggi<br />

possono andare bene per alcune zone del sud e non del nord,<br />

ma anche del nord est e non del nord ovest, perché abbiamo culture<br />

non identiche. <strong>Il</strong> fatto <strong>di</strong> stare insieme significa che abbiamo<br />

un destino in qualche misura comune, che ripercorre ciò che è<br />

accaduto nell’ultimo mezzo secolo, ad esempio con l’Unione Europea.<br />

Noi oggi siamo membri dell’Unione Europea e, paradossalmente,<br />

anche il <strong>di</strong>battito che facciamo all’interno dello Stato<br />

italiano sul federalismo fiscale e sull’applicazione dell’art. 119 è<br />

miope, se non prende in considerazione il ruolo dei territori in un<br />

panorama europeo. Non si tratta del rapporto tra la fiscalità dello<br />

Stato, della Regione, delle Province e dei Comuni, ma <strong>di</strong> quello<br />

che possono fare ad esempio le Regioni nella competitività rispetto<br />

alle gran<strong>di</strong> Regioni europee. Questo è il vero obiettivo.<br />

Se noi riduciamo il federalismo ad una semplice risposta tecnica,<br />

ad una ristrutturazione dello Stato italiano al suo interno,<br />

ren<strong>di</strong>amo miope il destino che ha il nostro territorio rispetto all’Unione<br />

Europea.<br />

Molti stu<strong>di</strong>osi, (ne cito due: “Formica Lizza <strong>di</strong> Catania” piuttosto<br />

che l’Università <strong>di</strong> Torino) in<strong>di</strong>viduano la competitività dell’Unione<br />

Europea attraverso delle gran<strong>di</strong> macroaree industrializzate:<br />

la Baviera, il centro della Francia, il sud dei paesi scan<strong>di</strong>navi,<br />

i Paesi Bassi, la zona carbonifera del Belgio, la Slesia, la<br />

Sassonia, le Asturie fino ai Paesi Baschi, tutto il nord dell’Italia,<br />

che rendono competitivo il sistema europeo rispetto al mondo<br />

asiatico da una parte e al mondo statunitense dall’altra. Questa è<br />

la battaglia, questo è lo scenario, e il Nord Italia sta in questa <strong>di</strong>rezione.<br />

Questo è il <strong>di</strong>alogo, la competitività tra territori europei,<br />

non semplicemente il rapporto tra Stato e Regione, Stato e Provincia,<br />

Stato e Comuni. Questa è la competitività tra territori.<br />

Oggi però non è così, se anche leggiamo la sentenza che ha<br />

riguardato le Azzorre nel settembre 2006, dove questa Regione<br />

del Portogallo <strong>di</strong>ce: “Cara Unione Europea, ho bisogno <strong>di</strong> attrarre<br />

finanziamenti, imprese, risorse nel mio territorio perché non

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