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quad. n. 98ù - Consiglio Superiore della Magistratura

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Si potrà pure dire che così la prova indiziaria finisce per essere una prova legale con<br />

l’avvertenza, però, di precisare che altrimenti il giudice non sarebbe in grado nella motivazione<br />

<strong>della</strong> sua decisione di dar conto dei risultati acquisiti e dei criteri adottati: parametri questi propri<br />

<strong>della</strong> valutazione di ogni prova e che sarebbe impossibile fossero osservati se in sede di prova<br />

indiziaria i fatti indizianti non avessero i requisiti previsti dall’art. 192, 2° comma, c.p.p..<br />

Sostanzialmente conforme con questa impostazione il GREVI (G. CONSO - V. GREVI, Profili<br />

del Nuovo Codice di Procedura Penale, Padova, p. 157) laddove riferisce il libero convincimento<br />

del giudice all’“area delle prove legittimamente ammesse ed acquisite, dunque utilizzabili”. I limiti<br />

di tipo normativo al principio del libero convincimento del giudice circoscrivono “la sfera di libero<br />

apprezzamento probatorio che la medesima disposizione (art. 192 c.p.p.) riconosce al giudice per la<br />

formazione del proprio convincimento”, per cui “quando si accerta una simile caratterizzazione<br />

degli indizi (gravi, precisi e concordati) entrati nella sfera conoscitiva del giudice, il divieto<br />

probatorio risulta ribaltato: gli indizi, cosi intesi nel loro organico complesso, assumono rilevanza di<br />

prova, e diventano senz’altro idonei ad integrare la piattaforma di convincimento, da cui può essere<br />

desunta la esistenza di un fatto”.<br />

“In definitiva la libertà del convincimento riguarda soltanto la sussistenza del convincimento<br />

stesso. Qualunque sia il “grado” di verosimiglianza o di probabilità raggiunto, si considera infatti il<br />

giudice libero di ritenersi “convinto” <strong>della</strong> verità dei fatti o meno (S. PATTI, Prove - Disposizioni<br />

generali, Bologna 1987, pag. 155)”.<br />

Similmente il NOBILI (Commento all’art. 192 c.p.p., in Commento al nuovo codice di<br />

procedura penale, coordinato da M. Chiavario, II Torino 1990, pag. 415 ss.) quando afferma che il<br />

“c.d. libero convincimento si estrinseca nel solo momento del valutare. E soprattutto, nelle residue e<br />

anteriori fasi in cui s’articola il procedimento probatorio – ammissione, acquisizione-formazione – è<br />

accolto (e sanzionato) un regime di legalità e non già qualsivoglia preteso regime ulteriore di ‘prova<br />

libera’”.<br />

Detto questo, una riflessione, peraltro, può farsi sull’ammissibilità dell’indizio mediato ed è che<br />

la questione da un lato non sempre viene posta nei suoi termini corretti, e dall’altro ha una rilevanza<br />

minore di quella che apparentemente potrebbe avere e che le viene attribuita solo si consideri che<br />

spesso vengono ritenuti indizi di 2° o di 3° grado quelli che in effetti sono di 1° grado.<br />

Sotto il primo aspetto il GIANTURCO (V. Gianturco, La prova indiziaria, Milano 1958, pag.<br />

145), osserva, ad esempio, che “se il giudice può, con il sistema probatorio vigente, aver per certo il<br />

fatto (circostanza indiziata) risultato dalla prima illazione... può bene – ove occorre per il giudizio –<br />

fondare su tale circostanza indiziata un’ulteriore inferenza”.<br />

Qui è evidente che si confonde la certezza del fatto indiziante con la certezza del fatto indiziato<br />

il che non è esatto stante che, a meno che non si tratti di un unica inferenza necessaria che dal fatto<br />

possa essere desunta, e allora di prova logica tout court si deve parlare e non di indizio, il fatto<br />

indiziato non può dirsi avere di per sé la certezza che si richiede sul piano storico – naturalistico al<br />

fatto indiziante, per cui esso può esprimere soltanto un elevato indice di probabilità, e ancora una<br />

volta non si tratta di considerare la prova presuntiva o indiziaria meno efficace delle altre prove –<br />

rilievo questo che il GIANTURCO rivolge a chi non ritiene ammissibile l’indizio mediato – ma<br />

semplicemente di definire con esattezza una struttura logica all’interno <strong>della</strong> quale soltanto sia<br />

possibile ritenere che un rapporto abduttivo possa avere rilevanza probatoria.<br />

Sul punto pure la Corte di Cassazione (sent. 6 luglio 1992 n. 601) si è espressa nel senso che “in<br />

presenza di una pluralità di elementi indiziari, il giudice dovrà certamente procedere all’esame di<br />

ciascuno di essi singolarmente preso trascurando gli altri e ciò al fine di acclararne la certezza<br />

storica” e soltanto dopo aver “esaurito questa indefettibile indagine preliminare, sarà suo compito<br />

quello di una valutazione unitaria degli stessi per valutarne la concordanza” dove è evidente che<br />

nessuna certezza storica può essere riconosciuta al fatto indiziato che come tale quindi non può<br />

fungere da indiziante di altro fatto ignoto.

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