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quad. n. 98ù - Consiglio Superiore della Magistratura

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E i requisiti che gli indizi devono avere sono speculari al loro contrario: la non gravità, la<br />

imprecisione, la mancanza di concordanza che potrebbero accompagnarsi agli indizi sono i fattori di<br />

rischio che renderebbero inaffidabile il metodo seguito aperto così a ogni illazione, per cui proprio<br />

al fine di assicurare che l’inferenza logica, che da un fatto certo consente di pervenire alla<br />

dimostrazione di un fatto ignorato, resista a tali fattori di rischio, il legislatore li ha tradotti nella<br />

necessaria presenza positiva del loro contrario a salvaguardia <strong>della</strong> attendibilità del percorso logico<br />

che contrassegna l’indizio.<br />

A questo punto è evidente come trattandosi di una prova critica o indiretta il fatto dal quale essa<br />

trae origine deve essere ontologicamente certo, deve essere noto come espressamente prevede l’art.<br />

2727 c.c. per la presunzione: la sua certezza deve risultare da una prova diretta che non abbisogni di<br />

passaggi logico-argomentativi per essere dimostrata. La sola possibilità di congetturare sulla<br />

certezza storica dell’indizio quale fatto inficierebbe tutto il processo logico che da esso si diparte.<br />

In tal senso si è espressa pure la giurisprudenza di legittimità (Cass. sez. I, 10 gennaio 1995 n.<br />

118) secondo la quale “con la certezza dell’indizio viene postulata la verifica processuale circa la<br />

reale sussistenza dell’indizio stesso, giacché non potrebbe essere consentito fondare la prova critica<br />

(indiretta) su un fatto verosimilmente accaduto, supposto o intuito, e non accertato come realmente<br />

verificatosi, dal momento che con la regola di giudizio positivamente codificata, il procedimento<br />

probatorio fondato su elementi indiziari per sfociare nella prova del fatto ignoto – oggetto del<br />

“thema probandum” – deve fondarsi su circostanze di sicura verificazione storico-naturale”.<br />

“Altrimenti operando (Cass. 20 ottobre 1994 n. 1197), infatti, il procedimento indiziario<br />

sarebbe ‘in radice’ basato su mere congetture o soggettive impressioni, che indiscutibili postulati di<br />

civiltà giuridica hanno sempre escluso dall’ambito di utilizzabilità probatoria in sede di<br />

accertamento di responsabilità penale”.<br />

Principio questo del quale veniva fatta applicazione in tema di sequestro di persona, dove un<br />

indizio era costituito dal rinvenimento di una catena che sarebbe stata impiegata per immobilizzare<br />

la vittima, e rispetto alla quale l’imputato sarebbe incorso in contraddizioni sulla data e sul prezzo<br />

di acquisto (Cass. 8 febbraio 1991 n. 164): “non è conforme alle regole <strong>della</strong> logica giuridica far<br />

derivare, come un mero giudizio probabilistico, da una inesattezza dovuta al congruo tempo<br />

decorso, collegato ad un riferimento impreciso di modalità marginali riguardanti l’operazione di un<br />

acquisto, la certezza che quella catena fosse stata effettivamente usata ai predetti fini... Pertanto<br />

l’indizio in parola, così come è stato considerato, a parte il fatto coincidenziale dell’uso di una<br />

catena che immobilizzava il prigioniero, è privo di sicura e autonoma valenza probatoria.”<br />

A questo punto proprio per la essenzialità del dato potrebbe sorgere l’interrogativo del perché la<br />

certezza non figuri ricompresa tra i requisiti che connotano l’indizio.<br />

Al riguardo la risposta non è univoca in quanto se da un lato si afferma che la certezza<br />

dell’indizio è implicitamente ricompresa nella previsione del precetto, dall’altro si assume (vi è<br />

giurisprudenza di legittimità) che la certezza si identifica con il requisito <strong>della</strong> precisione.<br />

Questa seconda risposta potrebbe essere intesa quale sforzo diretto a colmare una lacuna che si<br />

ritiene ci sia nella norma per la mancata menzione <strong>della</strong> certezza tra i requisiti propri dell’indizio,<br />

per cui la si identifica con quello che meno impropriamente degli altri potrebbe ricomprenderla.<br />

Non solo però, come sarà più chiaro nella disamina dei singoli requisiti, una tale<br />

ricomprensione non è concettualmente ravvisabile, ma la ragione per cui la certezza non figura nella<br />

aggettivazione prevista nel 2° comma dell’art. 192 c.p.p. è dovuta al fatto che essa non è omogenea<br />

con gli altri requisiti.

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