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quad. n. 98ù - Consiglio Superiore della Magistratura

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Premesso che entrambi gli indizi, quelli sufficienti e quelli gravi, sono elementi probatori<br />

rispetto ai quali si addice la definizione del CHELAZZI (G. Chelazzi, La valutazione <strong>della</strong> prova in<br />

fase istruttoria e in sede dibattimentale, in Quaderni del C.S.M., anno 2, n. 4, aprile 1987) secondo<br />

la quale “il termine indizio coglie la dimostrazione di verità nel suo divenire... postula una attività di<br />

acquisizione del dato probatorio che è in corso, (mentre) il termine prova presuppone il compimento<br />

di questa attività”, tuttavia deve essere rilevato che nell’ambito di questo work in progress, nel<br />

quale essi si collocano, il sufficiente indizio deve essere inteso soprattutto quale elemento indicativo<br />

di potenziali ulteriori acquisizioni di dati probatori che rendano probabile la colpevolezza<br />

dell’indagato: un dato certo esiste sufficiente a indicare una direzione che potrà poi essere seguita<br />

soltanto con il concorso di altri indizi, gravi appunto. La sufficienza dell’indizio si riferisce<br />

all’inizio del percorso da intraprendere ma dimostra la sua insufficienza nel consentire di<br />

raggiungerne la fine data da quella probabilità che l’indagato sia colpevole e che solo l’indizio<br />

grave può offrire.<br />

Questo giustifica l’esigenza avvertita dal legislatore che gli indizi dovessero essere, in tema di<br />

misure cautelari personali, ad esempio, gravi al fine di radicare a un dato certo provvisto di per sé di<br />

una rilevante forza significante la emissione di determinati provvedimenti in danno dell’indagato<br />

così da assicurare la prevenzione del pericolo che tale emissione potesse trovare causa non in<br />

elementi di reità di un certo rilievo ma in intenti strumentali al fine di acquisirli.<br />

La giurisprudenza formatasi sotto l’impero del codice di rito abrogato aveva, peraltro,<br />

sostanzialmente inteso per indizio sufficiente quello provvisto del contenuto proprio dell’attuale<br />

indizio grave ma era, comunque, opportuna la innovazione poi introdotta dal legislatore con<br />

riferimento a determinati provvedimenti rispetto ai quali l’esigenza, oggi avvertita, di salvaguardare<br />

la libertà personale in misura maggiore di quanto non accadesse in passato, imponeva una<br />

definizione legislativa che circoscrivesse rigorosamente i limiti entro i quali potessero essere<br />

adottati provvedimenti restrittivi <strong>della</strong> libertà personale al fine di escludere che la semplice<br />

previsione <strong>della</strong> sufficienza degli indizi consentisse una applicabilità delle misure più estesa.<br />

Le previsioni che tuttora richiedono sufficienti indizi per la emissione di determinati<br />

provvedimenti si giustificano con il fatto che esse sono contemplate nella normativa che riguarda la<br />

lotta contro la mafia dove o le persone nei cui confronti determinate misure devono essere adottate<br />

sono già “indiziate di appartenere ad associazioni di tipo mafioso”, o le indagini riguardano<br />

comunque delitti di criminalità organizzata o condotte tipiche degli appartenenti alla medesima.<br />

Qui la sufficienza degli indizi si colloca in un contesto che già di per sé offre fondati sospetti<br />

<strong>della</strong> esistenza di elementi di reità per cui la presenza di un dato certo dal quale avviare un processo<br />

inferenziale nel senso sopra descritto, legittima di per sé l’esigenza di un immediato<br />

approfondimento di indagini.<br />

L’indizio semplice, invece, non qualificato da alcuna aggettivazione, equivale a fondato<br />

sospetto e la differenza in tal senso risulta chiara dalla lettura dell’art. 269 codice di rito abrogato<br />

quando recita che “se la scarcerazione è ordinata per mancanza di sufficienti indizi, ma rimangono<br />

motivi di sospetto, può essere imposto all’imputato uno o più fra gli obblighi indicati nell’art. 282”.<br />

In tal senso anche l’art. 207 c.p.p. dove alla rubrica <strong>della</strong> norma: “testimoni sospettati di falsità<br />

o reticenza”, fa riscontro nel testo la precisazione di “indici del reato previsto dall’art. 372 c.p.”.<br />

Con l’indizio semplice siamo quindi nell’ambito del fondato sospetto che trova largo impiego<br />

in tema di misure di prevenzione dove “non trovano applicazione né la regola dell’art. 192, n. 2,<br />

c.p.p., dettata in tema di prova giudiziaria necessaria all’affermazione <strong>della</strong> responsabilità penale<br />

dell’imputato... né quella dell’art. 273 stesso codice, che consente l’applicazione di una misura<br />

cautelare personale a seguito <strong>della</strong> verifica dell’esistenza di gravi indizi di colpevolezza – intesi<br />

come elementi induttivi di elevata probabilità di una futura affermazione di responsabilità<br />

dell’indagato – in quanto entrambe estranee all’oggetto dell’indagine richiesta nel procedimento di<br />

prevenzione, anche in materia di criminalità mafiosa, in cui gli indizi si identificano con gli<br />

elementi di fondato sospetto, quantunque privi dei requisiti <strong>della</strong> precisione e <strong>della</strong> gravità (Cass. 30<br />

maggio 1995 n. 2019 sez. I)”.

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