04.06.2013 Views

quad. n. 98ù - Consiglio Superiore della Magistratura

quad. n. 98ù - Consiglio Superiore della Magistratura

quad. n. 98ù - Consiglio Superiore della Magistratura

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Nella deduzione regola e caso si conoscono e si intende ricavarne il risultato, mentre nella<br />

abduzione risultato e regola si conoscono e si va alla ricerca del caso: ma è proprio questa seconda<br />

la fattispecie di cui si discute. La pericolosità sociale non si presume ma deve essere concretamente<br />

provata: quale che sia l’organo che vi provvede essa non può essere applicata senza un previo<br />

esame da parte del magistrato di sorveglianza (art. 679 c.p.p.). Per farlo il giudice deve procedere<br />

alla valutazione di determinati elementi – di fatti – i quali abbiano la capacità dimostrativa idonea a<br />

ritenere probabile la commissione da parte del condannato – o del prosciolto nei casi di cui all’art.<br />

222 c.p. – di nuovi fatti preveduti dalla legge come reato. Da fatti certi e concreti riguardanti la<br />

personalità del soggetto quale estrinsecatasi in determinati comportamenti e condotte passati, si<br />

desume la probabilità (non la certezza) <strong>della</strong> commissione da parte sua di altri reati: un processo<br />

abduttivo esiste, solo che da fatti certi non si risale a un fatto ignoto collocato nel passato ma a un<br />

fatto ignoto collocato nel presente. Non deve trarre in inganno il riferimento alla probabilità di<br />

commettere in futuro altri reati in quanto l’accertamento verte sulla attuale probabilità di<br />

commettere altri reati, e proprio la peculiarità di tale fatto esige che esso sia accertato attraverso una<br />

prova indiziaria: i mezzi di prova che possono essere utilizzati – previsti dagli artt. 666 n. 5 c.p.p. e<br />

185 disp. att. c.p.p., in via peraltro esemplificativa – seppure possano consistere anche in<br />

testimonianze, non sono direttamente rappresentativi del thema probandum per cui soltanto dal<br />

concorso di una pluralità di indizi sarà dato accertare la attuale pericolosità sociale del soggetto.<br />

Il richiamo agli indizi di cui all’art. 192, 2° comma c.p.p. è del tutto pertinente in quanto si<br />

tratta pur sempre di una valutazione di prove nell’ambito di un processo che è sostanzialmente<br />

identico a quello che si conclude con una sentenza di condanna o di assoluzione. Così il<br />

GUARNIERI (G. Guarnieri, Il processo delle misure di sicurezza, Torino, 1953, p. 105 ss.) il quale<br />

sottolinea che il giudizio di pericolosità funzionalmente non si differenzia se non per elementi del<br />

tutto secondari dal giudizio penale stante che non è vero che quest’ultimo “si volga esclusivamente<br />

al passato (reato commesso) e sia chiuso a qualsiasi considerazione relativa alla presumibile<br />

condotta del giudicabile dopo la sentenza. Infatti in caso di condanna e qualora la pena inflitta non<br />

superi certi limiti, il giudice può e deve fare una prognosi di pericolosità dipendendo la concessione<br />

del perdono giudiziale e <strong>della</strong> sospensione condizionale <strong>della</strong> pena dall’accertamento che, avuto<br />

riguardo alle circostanze indicate nell’art. 133 c.p., si possa presumere che il colpevole si asterrà dal<br />

commettere ulteriori reati. Ma oltre che in queste ipotesi, che potrebbero definirsi marginali, il<br />

giudice deve sempre porsi tale problema in sede di individuazione <strong>della</strong> pena in concreto, in quanto<br />

deve tener conto <strong>della</strong> capacità criminale e questa non sussiste fuori dal riferimento alla futura<br />

condotta del giudicabile... Così accade che nella misura e nella scelta <strong>della</strong> pena si tenga conto<br />

anche delle qualità personali del reo che, senza riflettersi nel singolo episodio criminoso,<br />

costituiscono un indizio <strong>della</strong> sua capacità a delinquere, cioè <strong>della</strong> possibilità maggiore o minore<br />

che egli commetta nell’avvenire altri reati”.<br />

Certo l’assetto normativo del processo di esecuzione, applicabile anche a quello proprio <strong>della</strong><br />

magistratura di sorveglianza, esigerebbe, è proprio il caso di dire, un riassetto se non altro “a<br />

seguito dell’entrata in vigore <strong>della</strong> normativa sull’ordinamento penitenziario e in relazione alle<br />

necessità applicative delle disposizioni in punto di misure alternative alla detenzione. Difatti, con la<br />

legge n. 354 del 1975 e le sue successive modificazioni, il legislatore aveva per la prima volta<br />

configurato un procedimento, quello di sorveglianza, diretto a consentire a un giudice, dopo la<br />

sentenza definitiva di condanna, un intervento determinante sulla qualità e modalità di esecuzione<br />

<strong>della</strong> pena, oltre che in punto di misure di sicurezza...

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!