quad. n. 98ù - Consiglio Superiore della Magistratura
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3) Si è fin qui esaminata la struttura <strong>della</strong> prova indiziaria, mezzo di prova il cui impiego in<br />
sede di indagine e di decisione trova sempre maggiore applicazione, <strong>della</strong> quale ora si illustreranno<br />
alcuni aspetti.<br />
Innanzitutto l’affinamento delle tecniche di indagini, che avviene anche con il concorso di<br />
strumentazioni tecnologiche, consente un rilevamento di dati che pone in grado chi osserva il teatro<br />
del reato – così come si esprime il FASSONE nel suo citato articolo – di formulare una prima<br />
ipotesi esplicativa collegando tra loro fatti compatibili con il thema probandum nel senso di essere<br />
idonei a darne una spiegazione, in una progressione che si arricchisce di contenuti e di concretezza<br />
via via la scoperta di un nuovo fatto svela relazioni con altri fatti dei quali prima non era dato<br />
conoscere la loro rilevanza.<br />
In questo contesto è evidente come sia l’indizio quel mezzo che apre vie percorribili su diversi<br />
piani: <strong>della</strong> persona o delle persone autori del crimine, delle tipologie delle condotte seguite, dei<br />
mezzi usati per la commissione del reato, dell’ambiente nel quale il crimine è maturato e, quindi,<br />
del retroterra del quale è espressione.<br />
È qui da ricordare come sotto tutti questi aspetti strumento efficacissimo sia oggi il sistema<br />
informatico. Le banche dati esistenti presso il Ministero degli Interni e presso gli Uffici Giudiziari,<br />
specie le Procure Nazionali e Distrettuali Antimafia, significano disponibilità di una massa di<br />
informazioni che in tempi reali rendono conosciuti fatti la acquisizione dei quali avrebbe altrimenti<br />
richiesto tempi lunghissimi seppure fosse poi risultata possibile.<br />
Gli indizi emersi possono venire così confrontati con altri simili rinvenuti in altri teatri di reato<br />
e che in quelle sedi avevano già consentito di accertare il thema probandun loro proprio.<br />
A questo punto il primo riferimento che può e deve essere fatto è quello ai reati associativi.<br />
Qui si può dire che la prova indiziaria è la sola che permette di accertare l’esistenza<br />
dell’associazione per delinquere, di tipo mafioso o non. Il vincolo associativo in quanto tale può<br />
essere desunto soltanto da altri fatti, da indizi appunto, che ne provino la esistenza.<br />
Come ha magistralmente rilevato Giovanni FALCONE (Tecniche di indagine in materia di<br />
mafia, in Cass. pen., 1983, p. 1038 ss.): “Il diritto penale non punisce le collettività criminose in<br />
quanto tali, bensì singoli individui che le compongono; pertanto, anche se le organizzazioni mafiose<br />
costituiscono associazioni per delinquere, non è sufficiente dimostrare, ai fini dell’affermazione di<br />
responsabilità per tale delitto, che il singolo imputato è mafioso, occorrendo precisare, invece, quali<br />
siano i delitti in relazione ai quali lo stesso si è associato. Si delinea, così, l’unico metodo di<br />
indagini corretto sotto il profilo giuridico e suscettibile di utili risultati: quello che pone l’accento<br />
sulla individuazione dei c.d. reati-fine per risalire poi al delitto di associazione per delinquere di<br />
tipo mafioso”.<br />
L’accertamento del reato-fine, pertanto, è il fatto certo dal quale si diparte quel processo<br />
inferenziale che riconduce al reato associativo del quale esso è espressione.<br />
L’attuale morfologia <strong>della</strong> criminalità organizzata è enormemente diversa da quella propria<br />
delle associazioni per delinquere di stampo tradizionale dove le parti si ponevano di fronte<br />
all’oggetto <strong>della</strong> loro attività illecita in una identica posizione cosicché il profitto ricavato da tale<br />
attività veniva diviso tra i partecipanti in proporzione dei singoli apporti.<br />
Oggi si è in presenza – è questo lo si verifica soprattutto nelle associazioni per delinquere<br />
finalizzate al traffico di sostanze stupefacenti – di vere e proprie multinazionali del crimine che si<br />
articolano in strutture differenziate operanti in ambiti internazionali e la cui riconduzione in un<br />
unico contesto associativo è quanto mai difficoltosa.<br />
Per esperienza avuta quale presidente di un collegio giudicante sono a conoscenza, ad esempio,<br />
di un traffico internazionale di ingenti quantitativi di morfina base che dalla Turchia, attraverso poi<br />
la Grecia e la Yugoslavia entravano in territorio italiano (dove nel Trentino vi era un deposito ) per<br />
scendere poi la Penisola e raggiungere i laboratori di raffinazione che la mafia aveva in Palermo. La<br />
morfina, raffinata in eroina, risaliva quindi l’Italia per essere distribuita soprattutto sulla piazza di<br />
Milano.