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quad. n. 98ù - Consiglio Superiore della Magistratura

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Sulla necessità <strong>della</strong> ricorrenza <strong>della</strong> concordanza e, quindi, <strong>della</strong> pluralità degli indizi si sono<br />

espresse pure le Sez. Un. (Cass. 3 febbraio 1990) secondo le quali gli indizi devono essere gravi,<br />

precisi e concordanti: “con il ché si è voluta fissare la regola secondo la quale la prova<br />

dell’esistenza di un fatto deve essere necessariamente fornita da una pluralità di indizi aventi le<br />

caratteristiche accennate, e si è inteso richiamare l’attenzione su quei requisiti – mutuati dalla<br />

disciplina civilistica (art. 2729 c.c.) – che consentono appunto all’indizio di assumere il valore di<br />

prova piena sulla base di quelle regole di esperienza per cui appare possibile e verosimile il diretto<br />

collegamento tra il fatto o la circostanza da provare e l’indizio”.<br />

Sul punto esattamente il SAMMARCO, nel suo citato articolo, definisce la concordanza “una<br />

regola di valutazione, cioè un criterio che il giudice deve seguire nell’attribuire valore di prova<br />

all’elemento acquisito agli atti. Si tratta di una regola di ricerca, un canone metodologico da<br />

osservare nella ricostruzione storica dei fatti processualmente rilevanti... Il 2° comma dell’art. 192<br />

definisce dunque da un lato i caratteri tipici <strong>della</strong> prova indiziaria, e dall’altro enuncia il criterio per<br />

la sua valutazione... la concordanza presuppone l’esistenza di una pluralità di elementi dotati di<br />

valore probatorio che tra loro convergono verso un unico risultato. Inoltre la norma richiede che la<br />

concordanza risulti tra “indizi”, escludendo cosi la concordanza con altri elementi di diversa natura<br />

rispetto alla prova indiziaria”.<br />

Sarebbe ben strano che un tale criterio non dovesse connotare necessariamente la prova<br />

indiziaria quando esso costituisce il momento conclusivo <strong>della</strong> medesima perché offre il risultato<br />

cui la inferenza abduttiva è giunta dopo una verifica complessiva che sola consente di superare il<br />

piano <strong>della</strong> probabilità, oltre il quale il singolo indizio non può condurre, per elevarsi a quello <strong>della</strong><br />

certezza intesa in senso logico-giuridico.<br />

E la dottrina, che condivide tale impostazione, precisa che “l’effetto rafforzativo <strong>della</strong><br />

convergenza degli indizi si verifica solo nel caso di concorso di vari indizi autonomi, posti sul<br />

medesimo piano orizzontale, e non nella concorrenza di indizi mediati (GIANTURCO, op. cit. p.<br />

151)”, e similmente il SIRACUSANO ( D. Siracusano, voce Prova nel nuovo codice di procedura<br />

penale, in Enc. giur., vol. XXV°, Roma, 1991, citato da F. M. Molinari in Riv it. proc. pen. 1997, p.<br />

1147) il quale rileva che “si deve trattare di una pluralità di indizi e di una effettiva pluralità di<br />

indizi basata su distinte circostanze indizianti, e non di indizi combinati tra di loro secondo un<br />

doppio o triplo ‘passaggio’ inferenziale: è questo il caso dell’indizio mediato, dell’indizio cioè che<br />

discende da un altro indizio”.<br />

A contrastare la necessità di una pluralità di indizi e, quindi, la necessaria concorrenza del<br />

requisito <strong>della</strong> concordanza, si suole addurre il caso dello indizio necessario “dotato (così il<br />

SAMMARCO nel citato articolo) di efficacia probatoria piena, uguale se non superiore a quella<br />

propria <strong>della</strong> prova storica o rappresentativa... In presenza di un elemento che configura il<br />

cosiddetto indizio necessario non può dunque richiedersi la presenza di uno o più indizi ulteriori che<br />

ne confermino il contenuto, poiché il tema di prova è sufficientemente dimostrato dall’unico<br />

elemento acquisito”.<br />

Della ricorrenza di un indizio necessario si è già fatto cenno nel senso che, se effettivamente<br />

una tale fattispecie ci fosse, certamente quell’indizio avrebbe in se una forza probatoria sufficiente a<br />

provare da solo il thema probandum ma, come si ripete, di indizio in senso tecnico-giuridico non si<br />

potrebbe parlare e lo evidenzia l’aggettivo necessario che annulla praticamente il percorso<br />

inferenziale proprio del processo indiziario al quale, quindi, soltanto apparentemente può dirsi che<br />

si faccia riferimento: se dal fatto noto non può che discendere, senza possibilità che soluzioni<br />

diverse o alternative possano essere neppure prospettate, il fatto ignorato, è evidente come il<br />

collegamento tra i due fatti è semplicemente sufficiente constatarlo e non istituirlo con un<br />

operazione mentale nella quale il rischio è connaturale.<br />

“Rimane da chiedersi – è sempre SAMMARCO – se questa conclusione possa valere anche in<br />

ipotesi diverse rispetto a quella dell’indizio necessario, ed in particolare quando sussista agli atti un<br />

unico indizio grave e preciso”, e ad una tale domanda si risponde affermativamente citando due<br />

esempi che peraltro non sembrano del tutto pertinenti.

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