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INFORMAZIONE PREVIDENZIALE - Inps

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I crediti previdenziali nel nuovo concordato preventivo 615<br />

Ha altresì introdotto una nuova ipotesi di approccio alla crisi dell’impresa, normando<br />

ed istituzionalizzando, con l’introduzione dell’art. 182-bis, gli “accordi di<br />

ristrutturazione dei debiti”, patti con i quali si regolava già antecedentemente in via<br />

stragiudiziale la “sistemazione” dei debiti dell’impresa e cui è ora attribuita una valenza<br />

giuridica tipica nonché il “piano di risanamento” (“il piano che appaia idoneo a<br />

consentire il risanamento della esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il<br />

riequilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza sia attestata da un<br />

professionista iscritto nei revisori contabili”, previsto, sia pur con disposizione indiretta,<br />

dall’art. 67 L.F. terzo comma lettera d ed esente da revocatoria).<br />

L’art. 160, come sostituito dal D.L. 35/2005 convertito in legge, con modificazioni,<br />

dalla legge n. 80/2005, ha previsto le condizioni per l’ammissione alla procedura di<br />

concordato preventivo, disponendo che, con finalità di prevenzione del fallimento,<br />

“L’imprenditore che si trova in stato di crisi può proporre ai creditori un concordato<br />

preventivo sulla base di un piano che può prevedere:<br />

a) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi<br />

forma, anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie, ivi<br />

compresa l’attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni,<br />

quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e<br />

titoli di debito;<br />

b) l’attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato<br />

ad un assuntore; possono costituirsi come assuntori anche i creditori o società da<br />

questi partecipate o da costituire nel corso della procedura, le azioni delle quali siano<br />

destinate ad essere attribuite ai creditori per effetto del concordato;<br />

c) la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi<br />

economici omogenei;<br />

d) trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse”.<br />

Già tale norma mostra chiaramente che il legislatore ha inteso introdurre nell’ordinamento<br />

una diversa e più ampia concezione della procedura di concordato preventivo,<br />

destinata, con finalità esdebitative, all’imprenditore in “stato di crisi”, senza ulteriori<br />

condizioni soggettive e prerequisiti di meritevolezza, in un obiettivo di mediazione<br />

tra gli interessi tradizionalmente contrapposti ma potenzialmente contemperabili di<br />

“tutela dei creditori e conservazione degli organismi produttivi” (sic relazione illustrativa<br />

al disegno di legge n.5736/2005, tra gli antecedenti della riforma poi attuata).<br />

La giurisprudenza e la dottrina si sono ampiamente spese nel tentativo di dare<br />

una lettura esaustiva del concetto di “stato di crisi”, dai più inteso come comprensivo<br />

di una condizione di insolvenza, ma da un indirizzo minoritario circoscritto ad una<br />

situazione, ad essa antecedente, di illiquidità reversibile e temporanea (“in assenza di<br />

definizioni normative, si dovrebbe fare ricorso al contenuto economico del termine<br />

crisi, e cioè “una situazione di stallo dell’economia dovuta a fattori di breve periodo<br />

cioè a cause contingenti di squilibrio o inefficienza” che precede l’insolvenza stessa<br />

ma che tendenzialmente risulta reversibile”, sic decreto Tribunale di Treviso, 22 luglio<br />

2005 o ancora decr. Trib. Milano 7 novembre 2005, in Il Fallimento 1/06, p. 51). Sul<br />

punto ed a risolvere le perplessità ermeneutiche è poi intervenuto il legislatore che, con<br />

norma di interpretazione autentica (art. 36 - Equiparazione dello stato di crisi a quello<br />

di insolvenza - del d.l. 30 dicembre 2005, n. 273 - c.d. decreto milleproroghe, converti-

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